Appropriatezza diagnostico-terapeutica in oncologia - Quaderni del ...

Appropriatezza diagnostico-terapeutica in oncologia - Quaderni del ... Appropriatezza diagnostico-terapeutica in oncologia - Quaderni del ...

quadernidellasalute.it
from quadernidellasalute.it More from this publisher
29.12.2014 Views

Ministero della Salute Terapia del linfoma di Burkitt e del linfoma linfoblastico. Pur rari alle nostre latitudini (non > 4% di tutti i linfomi), sono molto ben caratterizzati dal punto di vista biologico, clinico e terapeutico. La loro aggressività clinica impone un approccio urgente al paziente, analogo a quello delle leucemie acute. All’esordio è indispensabile la valutazione del liquido cefalorachidiano e l’inizio del trattamento in tempi molto rapidi. Indispensabile la gestione del paziente in Centri specialistici di riferimento. Il trattamento deve comprendere le rachicentesi terapeutiche con metotrexato e/o ARA- C e steroidi, con frequenza dipendente dalla presenza o meno di malattia a livello meningeo. Per l’elevato rischio di sindrome da lisi tumorale da chemioterapia, è preferibile somministrare farmaci a basso dosaggio nelle prime fasi del trattamento (ciclofosfamide, vincristina e prednisone), oltre all’applicazione degli usuali protocolli di iperidratazione, alcalinizzazione ed eventuale terapia antiuricemica/uricosurica. I protocolli di trattamento utilizzati nel linfoma di Burkitt includono: il prostico negativo, purché siano soddisfatti i criteri clinici di idoneità al trattamento, volti a definire la fragilità del paziente anziano. Per pianificare il trattamento non è sufficiente tenere solamente conto dell’età anagrafica del paziente, ma anche delle comorbilità e di sistemi più complessi di valutazione della fragilità dell’anziano: questi fattori nell’insieme danno luogo alla cosiddetta CGA (Comprehensive Geriatric Assessement), che assegna i pazienti alle categorie “fit” o “frail”. Lo standard terapeutico di riferimento è CHOP + rituximab. Alcuni studi hanno dimostrato come R-CHOP- 14 possa dare risultati ancora più soddisfacenti anche se, chiaramente, quest’ultimo protocollo può aumentare la tossicità nel paziente anziano. Il paziente tra i 61 e i 70 anni con il massimo del punteggio secondo CGA può essere avviato al medesimo trattamento del giovane, compreso il consolidamento ad alte dosi per casi ad alto rischio. Tra i 70 e gli 80 anni d’età, a parte le alte dosi, può essere applicato il medesimo criterio, mentre al di sopra degli 80 anni è mandatoria una riduzione delle dosi dei farmaci indipendentemente dalla “fitness” del paziente. Terapia dei linfomi mantellari. Costituiscono non più del 6-7% di tutti i linfomi e fino a pochi anni fa erano considerati tra i sottogruppi a prognosi più infausta. Pertanto – nonostante l’istologia “a piccoli linfociti”– sono di fatto da considerarsi clinicamente aggressivi. Più spesso si presentano in stadio avanzato con una particolare tendenza alle localizzazioni al tratto gastroenterico, al midollo osseo, al sangue periferico e al sistema nervoso centrale per la variante cosiddetta “blastoide”. Attualmente la prognosi di un linfoma mantellare nel giovane (< 65 anni) ha possibilità di guarigione significativamente migliori rispetto al passato, con sopravvivenza libera da progressione fino al 70-80% a due anni dalla diagnosi nelle casistiche più recenti. Il trattamento deve necessariamente essere intensivo e prevedere l’utilizzo di ARA-C a dosi intermedio-alte, di rituximab e di una fase ad alte dosi con supporto di cellule staminali autologhe, oltre al monitoraggio della malattia residua minima (bcl-1, prodotto della traslocazione 11;14) tramite PCR. Al momento dell’eventuale recidiva sono da prendere in considerazione il trapianto allogenico a condizionamento ridotto per i pazienti candidabili e i nuovi farmaci ad azione biologica, in particolare bortezomib e lenalidomide. La complessità del trattamento, la necessità della fase ad alte dosi e il monitoraggio della malattia residua minima rendono indispensabile la gestione del paziente con linfoma mantellare in Centri specialistici con adeguate strutture dedicate. 132

Linfomi 7 tocollo Magrath, originariamente applicato nell’età pediatrica (schema CODOX-M +/- in alternanza con schema IVAC), oppure lo schema Hyper- CVAD. Per il trattamento dei linfomi linfoblastici, si fa oggi riferimento ai regimi utilizzati nella leucemia linfoblastica acuta. Terapia dei linfomi a cellule T periferiche. Rappresentano il 15% circa di tutti i linfomi non- Hodgkin nel mondo occidentale e storicamente sono legati a una prognosi più infausta rispetto ai linfomi B. L’approccio terapeutico è analogo a quello per i linfomi a cellule B, prevedendo lo schema CHOP come cardine del trattamento iniziale. Sono attualmente in corso protocolli che confrontano lo schema CHOP con lo stesso schema associato all’anticorpo monoclonale anti- CD52 (alemtuzumab). Gli stadi avanzati dei linfomi a cellule T, indipendentemente dall’indice prognostico, vengono avviati a un consolidamento ad alte dosi in prima linea dopo induzione con CHOP o analoghi. Alla recidiva, il trapianto allogenico a condizionamento ridotto rappresenta pressoché l’unica chance di guarigione, tanto che se ne sta studiando l’indicazione in prima linea. Tra i farmaci attivi nei linfomi a cellule T periferiche va tenuta in considerazione la gemcitabina, che potrebbe far parte in un futuro non lontano dei protocolli di prima linea. 7.7. Terapia dei linfomi follicolari Il linfoma follicolare rappresenta approssimativamente il 20-25% di tutti i LNH e generalmente interessa la 5 a e 6 a decade di età. La presentazione clinica di tali pazienti è con adenopatie diffuse di piccole o medie dimensioni, spesso misconosciute dal paziente perché asintomatico. Talvolta, invece, la lenta crescita delle adenopatie in aree quali retroperitoneo, mesentere e fosse iliache può provo- care segni e sintomi quali dolore, linfedema, senso di ingombro addominale, dispepsia ecc. Il coinvolgimento mediastinico è raro, come quello di organi extranodali, a eccezione del midollo osseo, che è coinvolto in più del 50% dei casi. Con le terapie in uso oggi la sopravvivenza mediana è approssimativamente di 8-10 anni. Le differenti strategie terapeutiche utilizzate fino alla metà degli anni Novanta non hanno influenzato significativamente l’aspettativa di vita di tali pazienti. L’introduzione degli anticorpi monoclonali anti- CD20, dopo la metà degli anni Novanta, ha profondamente cambiato la prognosi dei linfomi follicolari. Negli ultimi anni è stato definito un sistema prognostico specifico per i linfomi follicolari chiamato FLIPI. Il FLIPI identifica 5 semplici e indipendenti fattori di rischio: numero di sedi nodali > 4, LDH > norma, età > 60, stadio III-IV ed emoglobina < 12 g/dl. Tali fattori permettono di separare tre gruppi di pazienti con differente probabilità di sopravvivenza. Il FLIPI è di rapida e facile applicazione per il clinico ed è diventato essenziale per un corretto inquadramento prognostico del paziente e la sua definizione va considerata come essenziale per l’inquadramento diagnostico di un paziente con linfoma follicolare. Indicazioni a iniziare la terapia. Numerosi studi hanno evidenziato che ritardare l’inizio del trattamento nei pazienti con linfoma follicolare in stadio avanzato, con malattia asintomatica e stabile, non influenza la loro sopravvivenza. Questo atteggiamento di “watch and wait” è ancora oggi valido ed è necessario valutare il paziente e iniziare la terapia solo in presenza di almeno uno dei seguenti criteri di malattia attiva, secondo linee guida della Società Italiana di Ematologia (SIE): • sintomi sistemici B; • malattia extranodale; • citopenia conseguente a infiltrazione midollare; 133

L<strong>in</strong>fomi 7<br />

tocollo Magrath, orig<strong>in</strong>ariamente applicato nell’età<br />

pediatrica (schema CODOX-M +/- <strong>in</strong> alternanza<br />

con schema IVAC), oppure lo schema Hyper-<br />

CVAD. Per il trattamento dei l<strong>in</strong>fomi l<strong>in</strong>foblastici,<br />

si fa oggi riferimento ai regimi utilizzati nella leucemia<br />

l<strong>in</strong>foblastica acuta.<br />

Terapia dei l<strong>in</strong>fomi a cellule T periferiche. Rappresentano<br />

il 15% circa di tutti i l<strong>in</strong>fomi non-<br />

Hodgk<strong>in</strong> nel mondo occidentale e storicamente<br />

sono legati a una prognosi più <strong>in</strong>fausta rispetto ai<br />

l<strong>in</strong>fomi B. L’approccio terapeutico è analogo a<br />

quello per i l<strong>in</strong>fomi a cellule B, prevedendo lo<br />

schema CHOP come card<strong>in</strong>e <strong>del</strong> trattamento <strong>in</strong>iziale.<br />

Sono attualmente <strong>in</strong> corso protocolli che<br />

confrontano lo schema CHOP con lo stesso<br />

schema associato all’anticorpo monoclonale anti-<br />

CD52 (alemtuzumab). Gli stadi avanzati dei l<strong>in</strong>fomi<br />

a cellule T, <strong>in</strong>dipendentemente dall’<strong>in</strong>dice<br />

prognostico, vengono avviati a un consolidamento<br />

ad alte dosi <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea dopo <strong>in</strong>duzione con<br />

CHOP o analoghi. Alla recidiva, il trapianto allogenico<br />

a condizionamento ridotto rappresenta<br />

pressoché l’unica chance di guarigione, tanto che<br />

se ne sta studiando l’<strong>in</strong>dicazione <strong>in</strong> prima l<strong>in</strong>ea.<br />

Tra i farmaci attivi nei l<strong>in</strong>fomi a cellule T periferiche<br />

va tenuta <strong>in</strong> considerazione la gemcitab<strong>in</strong>a,<br />

che potrebbe far parte <strong>in</strong> un futuro non lontano<br />

dei protocolli di prima l<strong>in</strong>ea.<br />

7.7. Terapia dei l<strong>in</strong>fomi follicolari<br />

Il l<strong>in</strong>foma follicolare rappresenta approssimativamente<br />

il 20-25% di tutti i LNH e generalmente<br />

<strong>in</strong>teressa la 5 a e 6 a decade di età. La presentazione<br />

cl<strong>in</strong>ica di tali pazienti è con adenopatie diffuse di<br />

piccole o medie dimensioni, spesso misconosciute<br />

dal paziente perché as<strong>in</strong>tomatico. Talvolta, <strong>in</strong>vece,<br />

la lenta crescita <strong>del</strong>le adenopatie <strong>in</strong> aree quali retroperitoneo,<br />

mesentere e fosse iliache può provo-<br />

care segni e s<strong>in</strong>tomi quali dolore, l<strong>in</strong>fedema, senso<br />

di <strong>in</strong>gombro addom<strong>in</strong>ale, dispepsia ecc. Il co<strong>in</strong>volgimento<br />

mediast<strong>in</strong>ico è raro, come quello di<br />

organi extranodali, a eccezione <strong>del</strong> midollo osseo,<br />

che è co<strong>in</strong>volto <strong>in</strong> più <strong>del</strong> 50% dei casi. Con le terapie<br />

<strong>in</strong> uso oggi la sopravvivenza mediana è approssimativamente<br />

di 8-10 anni. Le differenti strategie<br />

terapeutiche utilizzate f<strong>in</strong>o alla metà degli<br />

anni Novanta non hanno <strong>in</strong>fluenzato significativamente<br />

l’aspettativa di vita di tali pazienti. L’<strong>in</strong>troduzione<br />

degli anticorpi monoclonali anti-<br />

CD20, dopo la metà degli anni Novanta, ha profondamente<br />

cambiato la prognosi dei l<strong>in</strong>fomi follicolari.<br />

Negli ultimi anni è stato def<strong>in</strong>ito un sistema<br />

prognostico specifico per i l<strong>in</strong>fomi follicolari<br />

chiamato FLIPI. Il FLIPI identifica 5 semplici e<br />

<strong>in</strong>dipendenti fattori di rischio: numero di sedi nodali<br />

> 4, LDH > norma, età > 60, stadio III-IV ed<br />

emoglob<strong>in</strong>a < 12 g/dl. Tali fattori permettono di<br />

separare tre gruppi di pazienti con differente probabilità<br />

di sopravvivenza. Il FLIPI è di rapida e facile<br />

applicazione per il cl<strong>in</strong>ico ed è diventato essenziale<br />

per un corretto <strong>in</strong>quadramento prognostico<br />

<strong>del</strong> paziente e la sua def<strong>in</strong>izione va considerata<br />

come essenziale per l’<strong>in</strong>quadramento <strong>diagnostico</strong><br />

di un paziente con l<strong>in</strong>foma follicolare.<br />

Indicazioni a <strong>in</strong>iziare la terapia. Numerosi studi<br />

hanno evidenziato che ritardare l’<strong>in</strong>izio <strong>del</strong> trattamento<br />

nei pazienti con l<strong>in</strong>foma follicolare <strong>in</strong> stadio<br />

avanzato, con malattia as<strong>in</strong>tomatica e stabile, non<br />

<strong>in</strong>fluenza la loro sopravvivenza. Questo atteggiamento<br />

di “watch and wait” è ancora oggi valido<br />

ed è necessario valutare il paziente e <strong>in</strong>iziare la terapia<br />

solo <strong>in</strong> presenza di almeno uno dei seguenti<br />

criteri di malattia attiva, secondo l<strong>in</strong>ee guida <strong>del</strong>la<br />

Società Italiana di Ematologia (SIE):<br />

• s<strong>in</strong>tomi sistemici B;<br />

• malattia extranodale;<br />

• citopenia conseguente a <strong>in</strong>filtrazione midollare;<br />

133

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!