Appropriatezza diagnostico-terapeutica in oncologia - Quaderni del ...

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29.12.2014 Views

Ministero della Salute 7.5. Terapia del linfoma di Hodgkin (Tabella 7.6) L’uso combinato di chemioterapia e radioterapia permette oggi di raggiungere percentuali di guarigione superiori all’80%, con variazioni sulla base dello stadio iniziale. L’alto tasso di guarigioni impone grande attenzione nell’evitare effetti collaterali a distanza. Per quanto riguarda la chemioterapia sono da valutare, oltre al rischio di leucemie secondarie e sterilità indotte dagli alchilanti, anche altre tossicità d’organo come quella polmonare della bleomicina o quella cardiaca delle antracicline. D’altro canto, il ruolo della radioterapia, che è stata per decenni il cardine del trattamento, è ora in fase di ridimensionamento per le seguenti evidenze: a) maggior numero di recidive negli stadi precoci dopo trattamento con radioterapia da sola, con teorica necessità di stadiazione patologica (laparosplenectomia); b) presunto incremento a distanza di neoplasie secondarie in territorio irradiato. La miglior strategia terapeutica è perciò quella che per ogni situazione combina entità e dosi di chemioterapia e radioterapia nella forma più efficace, ma meno tossica possibile. Stadi localizzati (IA e IIA). L’associazione di chemioterapia e radioterapia è superiore alla sola ra- dioterapia a campi estesi. Ciò vale anche per gli stadi precoci favorevoli. Una strategia combinata di chemioterapia e radioterapia è quindi considerata lo standard delle forme sia favorevoli che sfavorevoli. In associazione a 4 cicli di chemioterapia ABVD o ABVD-like, una radioterapia extended field non è necessaria ed è sufficiente una radioterapia involved field a 30 Gy. I risultati non ancora consolidati del trial HD11 del gruppo cooperativo tedesco orientano a pensare che, in associazione a 2 o 4 ABVD, dosi di radioterapia anche di soli 20 Gy siano sufficienti. Un’ulteriore riduzione dei campi di radioterapia dall’involved field all’involved nodal irradiation è attualmente in fase di indagine da parte di studi internazionali. Nelle forme favorevoli non è al momento dimostrata l’equivalente efficacia di schemi chemioterapici meno aggressivi dell’ABVD, pur essendo in corso un importante studio del gruppo cooperativo tedesco sull’argomento. Nelle forme sfavorevoli non è dimostrato che strategie chemioterapiche più aggressive di 4 ABVD, quali per esempio 4 BEACOPP oppure 2 BEACOPP + 2 ABVD, siano superiori, come emerge da dati preliminari del gruppo cooperativo tedesco (trials HD11 e HD14). Il tentativo di abolire la radioterapia, incrementando il numero di cicli chemioterapici ad almeno 6, ha prodotto risultati contra- Tabella 7.6 Terapia del linfoma di Hodgkin Gruppi di pazienti Stadi precoci (IA e IIA) favorevoli Stadi precoci (IA e IIA) sfavorevoli Stadi avanzati (IB, IIB, III, IV) Anziani (> 70 anni) Terapia di seconda linea (salvataggio) Terapia 3-4 cicli ABVD + RT involved field 30 Gy 4-6 cicli ABVD + RT involved field 30 Gy 6-8 cicli ABVD ± RT sulle aree bulky • Evitare l’associazione di RT involved field sistematica post-chemioterapia • Non fragili in stadio precoce: 2-4 ABVD + RT involved field 30 Gy • Non fragili in stadio avanzato: 6 ABVD • Fragili: schemi a intensità ridotta e/o radioterapia palliativa • Debulking con chemioterapie che consentano reclutamento e congelamento di cellule staminali periferiche (DHAP, IGEV, ICE, HDS ecc.) seguito da successivo autotrapianto • I pazienti non responsivi alla chemioterapia di debulking possono beneficiare di un doppio autotrapianto o di un trapianto allogenico 128

Linfomi 7 stanti in differenti studi, la maggior parte dei quali tende però a confermare un vantaggio in termini di relapse free survival della terapia combinata rispetto alla chemioterapia da sola. Sulla base di quanto espresso, le strategie consigliate dalle principali linee guida internazionali sono: • stadi precoci favorevoli: 2 o 4 cicli ABVD seguiti da radioterapia involved field a 30 Gy; • stadi precoci sfavorevoli: 4 o 6 cicli ABVD seguiti da radioterapia involved field a 30 Gy. Stadi avanzati (IIB, III, IV). La prognosi degli stadi avanzati è meno favorevole e più del 20% di casi non risponde o recidiva dopo la terapia di prima linea con ABVD, che costituisce da anni l’approccio chemioterapico standard, in numero di 6-8 cicli seguiti da radioterapia sulle aree a risposta incompleta e/o inizialmente bulky. Il BEA- COPP intensificato si dimostra superiore in termini di remissioni e freedom from progression rispetto al COPP-ABVD e all’ABVD, ma è gravato da maggiore tossicità e la sua capacità di ottenere miglioramenti complessivi di sopravvivenza è dubbia. Due studi randomizzati del GELA e dell’EORTC dimostrano che l’utilizzo sistematico della radioterapia involved field dopo 6 o 8 cicli di chemioterapia non migliora i risultati ed è perciò da evitare nei pazienti in risposta completa al termine della chemioterapia. Più controversa è la necessità di irradiare le aree bulky iniziali, anche se i risultati, per il momento preliminari, dello studio tedesco HD12 sembrano suggerire la possibilità di risparmiare questo tipo di irradiazione. La recente valorizzazione del ruolo prognostico della negatività PET dopo 2 soli cicli di chemioterapia suggerisce l’utilità di una modulazione della terapia sulla base della PET precoce, ma questa strategia dovrebbe per il momento essere limitata a studi clinici controllati e non far già parte della strategia convenzionale. Pazienti anziani. I soggetti con più di 70 anni hanno una prognosi peggiore per la difficoltà a essere trattati in modo adeguato e ottenere una remissione completa. I pazienti che entrano in remissione hanno tuttavia un relapse free survival simile a quello dei giovani e la guarigione non è impossibile. Chemioterapie più intense dell’ABVD sono inaccettabili. Gli schemi di chemioterapia a intensità ridotta rispetto all’ABVD sono ben tollerati, ma producono risultati inferiori in termini di efficacia. I pazienti giudicati “fit” si possono avvalere della stessa chemioterapia ABVD utilizzata per i giovani, mentre per quelli considerati fragili possono essere utili cicli a ridotta intensità e/o radioterapia palliativa. Terapia di seconda linea. La resistenza alla terapia di prima linea e la recidiva entro i primi 12 mesi costituiscono un pessimo fattore prognostico. La chemioterapia di salvataggio convenzionale offre in questi casi risultati deludenti e un approccio con chemioterapia ad alte dosi con supporto di cellule staminali autologhe è da preferire. La chemioterapia convenzionale senza autotrapianto dovrebbe perciò essere riservata a pochi casi selezionati, recidivati dopo sola radioterapia o molto tardi. L’approccio suggerito è una chemioterapia di debulking con schemi che contengano farmaci non cross-resistenti (citarabina o ifosfamide in particolare) e che consentano il reclutamento e il congelamento di cellule staminali periferiche (es. DHAP, IGEV, ICE, alte dosi sequenziali ecc.). A questa fase iniziale si fa quindi seguire una terapia ad alte dosi seguita da reinfusione delle cellule staminali autologhe precedentemente raccolte e congelate (lo schema di condizionamento più in uso è il BEAM). I pazienti che non raggiungono la negatività PET dopo la chemioterapia iniziale di debulking e prima dell’autotrapianto hanno la prognosi peggiore e potrebbero beneficiare di un doppio autotrapianto o 129

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stanti <strong>in</strong> differenti studi, la maggior parte dei quali<br />

tende però a confermare un vantaggio <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i<br />

di relapse free survival <strong>del</strong>la terapia comb<strong>in</strong>ata rispetto<br />

alla chemioterapia da sola. Sulla base di<br />

quanto espresso, le strategie consigliate dalle pr<strong>in</strong>cipali<br />

l<strong>in</strong>ee guida <strong>in</strong>ternazionali sono:<br />

• stadi precoci favorevoli: 2 o 4 cicli ABVD seguiti<br />

da radioterapia <strong>in</strong>volved field a 30 Gy;<br />

• stadi precoci sfavorevoli: 4 o 6 cicli ABVD seguiti<br />

da radioterapia <strong>in</strong>volved field a 30 Gy.<br />

Stadi avanzati (IIB, III, IV). La prognosi degli<br />

stadi avanzati è meno favorevole e più <strong>del</strong> 20% di<br />

casi non risponde o recidiva dopo la terapia di<br />

prima l<strong>in</strong>ea con ABVD, che costituisce da anni<br />

l’approccio chemioterapico standard, <strong>in</strong> numero<br />

di 6-8 cicli seguiti da radioterapia sulle aree a risposta<br />

<strong>in</strong>completa e/o <strong>in</strong>izialmente bulky. Il BEA-<br />

COPP <strong>in</strong>tensificato si dimostra superiore <strong>in</strong> term<strong>in</strong>i<br />

di remissioni e freedom from progression rispetto<br />

al COPP-ABVD e all’ABVD, ma è gravato<br />

da maggiore tossicità e la sua capacità di ottenere<br />

miglioramenti complessivi di sopravvivenza è dubbia.<br />

Due studi randomizzati <strong>del</strong> GELA e <strong>del</strong>l’EORTC<br />

dimostrano che l’utilizzo sistematico<br />

<strong>del</strong>la radioterapia <strong>in</strong>volved field dopo 6 o 8 cicli<br />

di chemioterapia non migliora i risultati ed è perciò<br />

da evitare nei pazienti <strong>in</strong> risposta completa al<br />

term<strong>in</strong>e <strong>del</strong>la chemioterapia. Più controversa è la<br />

necessità di irradiare le aree bulky <strong>in</strong>iziali, anche<br />

se i risultati, per il momento prelim<strong>in</strong>ari, <strong>del</strong>lo<br />

studio tedesco HD12 sembrano suggerire la possibilità<br />

di risparmiare questo tipo di irradiazione.<br />

La recente valorizzazione <strong>del</strong> ruolo prognostico<br />

<strong>del</strong>la negatività PET dopo 2 soli cicli di chemioterapia<br />

suggerisce l’utilità di una modulazione<br />

<strong>del</strong>la terapia sulla base <strong>del</strong>la PET precoce, ma<br />

questa strategia dovrebbe per il momento essere<br />

limitata a studi cl<strong>in</strong>ici controllati e non far già<br />

parte <strong>del</strong>la strategia convenzionale.<br />

Pazienti anziani. I soggetti con più di 70 anni<br />

hanno una prognosi peggiore per la difficoltà a<br />

essere trattati <strong>in</strong> modo adeguato e ottenere una<br />

remissione completa. I pazienti che entrano <strong>in</strong> remissione<br />

hanno tuttavia un relapse free survival<br />

simile a quello dei giovani e la guarigione non è<br />

impossibile. Chemioterapie più <strong>in</strong>tense <strong>del</strong>l’ABVD<br />

sono <strong>in</strong>accettabili. Gli schemi di chemioterapia<br />

a <strong>in</strong>tensità ridotta rispetto all’ABVD<br />

sono ben tollerati, ma producono risultati <strong>in</strong>feriori<br />

<strong>in</strong> term<strong>in</strong>i di efficacia. I pazienti giudicati “fit” si<br />

possono avvalere <strong>del</strong>la stessa chemioterapia ABVD<br />

utilizzata per i giovani, mentre per quelli considerati<br />

fragili possono essere utili cicli a ridotta <strong>in</strong>tensità<br />

e/o radioterapia palliativa.<br />

Terapia di seconda l<strong>in</strong>ea. La resistenza alla terapia<br />

di prima l<strong>in</strong>ea e la recidiva entro i primi 12 mesi<br />

costituiscono un pessimo fattore prognostico. La<br />

chemioterapia di salvataggio convenzionale offre<br />

<strong>in</strong> questi casi risultati <strong>del</strong>udenti e un approccio con<br />

chemioterapia ad alte dosi con supporto di cellule<br />

stam<strong>in</strong>ali autologhe è da preferire. La chemioterapia<br />

convenzionale senza autotrapianto dovrebbe perciò<br />

essere riservata a pochi casi selezionati, recidivati<br />

dopo sola radioterapia o molto tardi. L’approccio<br />

suggerito è una chemioterapia di debulk<strong>in</strong>g con<br />

schemi che contengano farmaci non cross-resistenti<br />

(citarab<strong>in</strong>a o ifosfamide <strong>in</strong> particolare) e che consentano<br />

il reclutamento e il congelamento di cellule<br />

stam<strong>in</strong>ali periferiche (es. DHAP, IGEV, ICE, alte<br />

dosi sequenziali ecc.). A questa fase <strong>in</strong>iziale si fa<br />

qu<strong>in</strong>di seguire una terapia ad alte dosi seguita da<br />

re<strong>in</strong>fusione <strong>del</strong>le cellule stam<strong>in</strong>ali autologhe precedentemente<br />

raccolte e congelate (lo schema di condizionamento<br />

più <strong>in</strong> uso è il BEAM). I pazienti<br />

che non raggiungono la negatività PET dopo la<br />

chemioterapia <strong>in</strong>iziale di debulk<strong>in</strong>g e prima <strong>del</strong>l’autotrapianto<br />

hanno la prognosi peggiore e potrebbero<br />

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