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MARIO Il nostro amico e fratello Mario ha fatto ritorno alla casa del ...

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<strong>MARIO</strong><br />

<strong>Il</strong> <strong>nostro</strong> <strong>amico</strong> e <strong>fratello</strong> <strong>Mario</strong> <strong>ha</strong> <strong>fatto</strong> <strong>ritorno</strong> <strong>alla</strong> <strong>casa</strong> <strong>del</strong> Padre. Ci ritorna come figlio amato, lavato<br />

nelle acque <strong>del</strong> Battesimo, consacrato dal crisma <strong>del</strong>lo Spirito, nutrito dal Pane <strong>del</strong>la vita eterna. In questo<br />

giorno non possiamo esser tristi, come quelli che sono senza speranza, ma dobbiamo avere fede in Dio,<br />

come ci <strong>ha</strong> detto il Vangelo. Nella fede anche l’abbraccio gelido <strong>del</strong>la morte, che ci strappa via le persone<br />

care, è in realtà un’onda salutifera, che avvolge il <strong>nostro</strong> <strong>amico</strong> e <strong>fratello</strong> <strong>Mario</strong>, e lo trasferisce per sempre<br />

dentro l’amore eterno <strong>del</strong> Padre e <strong>del</strong> Figlio. Lui che fra di noi è stato prima figlio, quindi sposo e poi padre.<br />

E lo vogliamo ricordare così: come figlio, come sposo, come padre.<br />

FIGLIO<br />

Caro <strong>Mario</strong>, anzitutto sei stato figlio. Figlio <strong>del</strong>la tua famiglia naturale, dei tuoi genitori, con le tue sorelle.<br />

Ed è bello pensare a quel ricongiungimento familiare che si realizza oggi in cielo. La tua mamma (che<br />

affettuosamente ti chiamava ul Mè <strong>Mario</strong>) può nuovamente stringerti a sé, come nel giorno in cui ti diede<br />

<strong>alla</strong> luce (che era esattamente come domani, il 26 maggio <strong>del</strong> 1946).<br />

Sei stato poi figlio di questa parrocchia, di questa comunità parrocchiale di Rebbio. Un legame forte di<br />

appartenenza. Se adesso ci troviamo qui – e non in Cattedrale, come l’afflusso massiccio di tanta gente<br />

avrebbe consigliato (e lo dico soprattutto a voi che siete in piedi o lì fuori) – è solo per una tua precisa<br />

disposizione (“qui sono nato, qui ho vissuto, qui voglio essere funerato”). Figlio di questa comunità che in<br />

molti modi <strong>ha</strong>i cercato di servire, dal consiglio pastorale, <strong>alla</strong> banda, al cine-teatro, <strong>alla</strong> commissione<br />

liturgica.<br />

Figlio dei sacerdoti di questa comunità cristiana. Cresciuto <strong>alla</strong> scuola dei don Scacchi e don Magnoni (oltre<br />

che <strong>del</strong> compianto don Bruno Ricca di Lucino), <strong>ha</strong>i sempre manifestato un rispetto assoluto, una<br />

venerazione vecchia maniera per la teoria di “prevosti” che si sono negli anni succeduti <strong>alla</strong> guida di questa<br />

parrocchia. E non solo per loro, ma in generale <strong>ha</strong>i sempre manifestato una grande considerazione per tutti<br />

i sacerdoti, per i vicari, e per i diversi “don” con i quali per un motivo o per l’altro, spesso a causa<br />

<strong>del</strong>l’organizzazione di viaggi e pellegrinaggi, sei venuto a contatto. Ai prevosti di Rebbio (tutti, fino a don<br />

Tullio, don Renato e don Giusto) non <strong>ha</strong>i mai risparmiato le tue critiche, se <strong>del</strong> caso, ma sempre<br />

anteponendo il rispetto dovuto al ruolo e lasciando la parola ultima all’obbedienza filiale. Con noi preti eri<br />

uno <strong>alla</strong> vecchia maniera, <strong>Mario</strong>, e non lo dimenticheremo.<br />

Sei stato figlio non solo <strong>del</strong>la comunità di Rebbio, ma anche <strong>del</strong>la Chiesa madre di Gerusalemme. Sappiamo<br />

quanto profondamente il tuo cuore fosse legato <strong>alla</strong> terra di Gesù. Prima come pellegrino, poi come<br />

cavaliere <strong>del</strong>l’Ordine <strong>del</strong> Santo Sepolcro, di cui <strong>ha</strong>i percorso il cursus honorum fino al grado di Gran Croce,<br />

sempre con le porte spalancate <strong>del</strong>la generosità e <strong>del</strong>la beneficienza, talvolta anche <strong>del</strong>la munificenza.<br />

Dalle suore di Effatà al seminario di Beit Jala sono molti i poveri di Palestina che ti ricorderanno, e molte le<br />

realtà cristiane cattoliche di Terra Santa che ti annovereranno nel giardino dei giusti. <strong>Mario</strong> avevi doti di<br />

architetto <strong>del</strong>la carità, sapendo coinvolgere e ingaggiare forze e competenze diverse attorno ad un preciso<br />

obiettivo benefico, si trattasse di carpentieri, idraulici, elettricisti o <strong>del</strong>la semplice oblazione <strong>del</strong>la vedova<br />

donata a sostegno <strong>del</strong>le opere di Terra Santa. La presenza qui <strong>del</strong> Vescovo di Nazareth e la vicinanza <strong>del</strong><br />

patriarca latino di Gerusalemme sono qui a testimoniare la riconoscenza <strong>del</strong>la Chiesa madre di<br />

Gerusalemme per questo figlio venuto da lontano ma carico di passione, entusiasmo e capacità<br />

organizzativa.


SPOSO<br />

Dopo che figlio, e prima di essere padre, <strong>Mario</strong> sei stato sposo e marito. E qui il pensiero va a te, Cristina.<br />

Solo tu custodirai nel cuore che tipo di sposo e marito è stato il tuo <strong>Mario</strong>. Noi oggi possiamo solo dirti<br />

grazie. Aggiungendo – a prezzo di apparire banali – che dietro un grande uomo c’è sempre una grande<br />

donna. Nel modo tenero e forte con cui tu gli sei stata accanto, soprattutto negli ultimi, dolenti giorni <strong>del</strong>la<br />

sua parabola di vita, ci <strong>ha</strong>i mostrato come sa amare una sposa. Grazie.<br />

Uno sposo sostiene la sua <strong>casa</strong> con la forza <strong>del</strong> suo lavoro. Figlio <strong>del</strong>la nostra terra laboriosa ed economa,<br />

<strong>Mario</strong> <strong>ha</strong>i lavorato alacremente, con ingegno, passione e vitalità grande, per quella che volevi fosse assai<br />

più che una agenzia di viaggi. Nei Viaggi di Oscar ricercavi ovviamente la giusta mercede, ma insieme la<br />

tessitura di una rete di relazioni fra le persone, e non senza un’attenzione a quella dimensione di<br />

evangelizzazione così strettamente connessa o connettibile ai viaggi, al turismo, ai pellegrinaggi. Mi sia<br />

consentita un’osservazione. A noi che stiamo rievocando il 50° anniversario <strong>del</strong>l’apertura <strong>del</strong> Concilio<br />

Vaticano II, la riscoperta fatta dal Concilio <strong>del</strong>la vocazione profetica, sacerdotale e regale dei fe<strong>del</strong>i laici,<br />

chiamati, in forza <strong>del</strong> loro battesimo, ad animare le realtà <strong>del</strong> mondo, a permeare di spirito evangelico il<br />

mondo <strong>del</strong> lavoro, <strong>del</strong>l’economia, <strong>del</strong>la cultura, <strong>del</strong> tempo libero, insomma ogni quotidiana attività che<br />

l’uomo suda sotto il sole, possiamo dire che l’<strong>amico</strong> e <strong>fratello</strong> <strong>Mario</strong>, nel modo con cui <strong>ha</strong> interpretato e<br />

vissuto la sua vocazione professionale, il Concilio l’<strong>ha</strong> a suo modo incarnato e vissuto. Capire che dietro ogni<br />

viaggio o pellegrinaggio non c’era solo un business da monetizzare, ma una rete di rapporti da tessere, un<br />

veicolo di evangelizzazione, un gruppo per il quale appassionarsi, questo rappresenta un’intuizione “laica”<br />

<strong>del</strong>la quale ti siamo debitori. Noi chiamati ad essere nel mondo non semplici turisti ma pellegrini, come chi<br />

sa di non avere quaggiù una dimora stabile, ma cammina con la nostalgia <strong>del</strong> <strong>ritorno</strong> <strong>alla</strong> <strong>casa</strong> paterna.


PADRE<br />

<strong>Il</strong> <strong>nostro</strong> <strong>amico</strong> e <strong>fratello</strong> <strong>Mario</strong> è stato soprattutto un padre. Padre anzitutto dei tuoi figli, Michel e Myriam<br />

(che affettuosamente chiamavi la Tata). Figli che erano il centro e il cuore <strong>del</strong>la tua dedizione paterna. Figli<br />

nel cui nome (Michel in onore <strong>del</strong>l’<strong>amico</strong> fraterno e storico patriarca di Gerusalemme Michel Sabba;<br />

Myryam in ricordo <strong>del</strong>la Madre di Dio regina di Palestina) già si annunciava la tua paternità ben più grande<br />

ed estesa di quella biologica, in particolare una paternità di aiuto e di sostegno alle vocazioni sacerdotali<br />

<strong>del</strong>la giovane e vivace comunità cattolica di Terra Santa. Oggi questi figli adottivi sono qui: Aziz, Nidal,<br />

Wissam, sacerdoti di Cristo. Loro potrebbero raccontarci <strong>del</strong>l’affetto, <strong>del</strong>la premura, <strong>del</strong>l’amore di<br />

predilizione che <strong>ha</strong>nno ricevuto dal loro padrino <strong>Mario</strong>. Loro potrebbero narrarci quanto <strong>del</strong>la loro<br />

vocazione si possa ascrivere all’adozione a distanza degli amici di Rebbio. Un mo<strong>del</strong>lo che <strong>ha</strong> contagiato<br />

anche altre parrocchie <strong>del</strong>la nostra Diocesi spingendole ad intraprendere la stessa strada. I preti di<br />

Palestina, tuoi figli.<br />

E qui permettetemi un ricordo personale. Quando arrivai a Rebbio, prete novello, 21 anni or sono, pochi<br />

possedevano un telefono cellulare. <strong>Mario</strong> era uno di questi. Bene, se ora andaste a spulciare nella rubrica<br />

<strong>del</strong> mio telefono cellulare vanamente vi cerchereste il numero <strong>del</strong> <strong>Mario</strong>. Perché non ho mai avuto bisogno<br />

di registrarlo, quel 2268351 348, a furia di digitarlo sul telefono fisso ho finito per memorizzarlo in fretta.<br />

Fra me e te c’è stato da subito un legame bello, frequente e importante. Augurerei a ogni sacerdote<br />

giovane di poter incontrare, nei primi anni di ministero, una vicinanza così soda, schietta, leale e di grande<br />

sostegno. Quando circa venti giorni fa ci siamo incontrati a <strong>casa</strong> tua, e ci siamo detti senza tanti giri di<br />

parole che per te era cominciato il conto <strong>alla</strong> rovescia, l’ultimo tratto di strada, che non sapevamo quanto<br />

sarebbe stato lungo, ma che certamente sarebbe stato l’ultimo, <strong>Mario</strong> io mi sono sentito di dirti grazie,<br />

perché in questi 21 anni in te avevo trovato come un padre. E credo che tanti preti transitati per la<br />

parrocchia di Rebbio potrebbero ripetere la stessa cosa.<br />

La tua paternità <strong>Mario</strong> l’<strong>ha</strong>i espressa poi in quella che possiamo considerare la tua creatura prediletta: il<br />

GTR, Gruppo Turistico Rebbiese. Un Gruppo che superficialmente qualcuno potrebbe considerare<br />

un’allegra brigata dove si va a spasso, si mangia e si beve, ma che per il quale, invece, solo un nome appare<br />

veramente appropriato: fraternità cristiana. <strong>Mario</strong> <strong>ha</strong>i voluto il GTR come insieme di persone legate da<br />

un’amicizia inossidabile, fiorita nel grembo genuino <strong>del</strong>la fede, e che vince il tempo. <strong>Il</strong> segno distintivo di<br />

questa amicizia non sono mai state le battellate o i viaggi, ma, per tua espressa volontà, la vicinanza ai<br />

malati e il ricordo dei defunti <strong>del</strong> GTR. Quanto sia importante restare vicini ai malati, lo avevi appreso in<br />

particolare dagli insegnamenti di don Magnoni, e lo <strong>ha</strong>i trasmesso a tanti di noi (io sono fra questi). Ancora<br />

ti ricordiamo quando, nei giorni <strong>del</strong>l’Epifania di quest’anno, volesti testardamente trascinarti, pagando non<br />

poco lo sforzo fisico, al quarto piano di un condominio senza ascensore per portare l’ultimo saluto all’<strong>amico</strong><br />

Enrico Roncoroni. I defunti che con grande insistenza tu ci invitavi a ricordare ti accolgono oggi alle porte<br />

<strong>del</strong> Paradiso. A novembre, presso il cimitero di Rebbio, quando si farà l’annuale appello degli amici <strong>del</strong> GTR<br />

che non ci sono più, avremo un altro nome da declamare forte, il primo di una lunga lista.<br />

Certo, come padre sapevi essere a volte anche un po’ padrone. Uomo di tempra forte, uomo di governo,<br />

non troppo avezzo alle mediazioni, talvolta <strong>ha</strong>i pagato e <strong>fatto</strong> pagare la dura scorza con il prezzo di qualche<br />

scontro. Per es. mai tenero con gli autisti <strong>del</strong>le auto in cammino, sotto la tua guida, verso Lourdes. Ma<br />

anche in questi frangenti, nei quali le corde <strong>del</strong>la nostra umanità facilmente entravano in tensione, era<br />

impossibile non apprezzare la tua schiettezza, il piglio diretto, il senso di giustizia, l’amore <strong>alla</strong> verità, la<br />

correttezza, la fe<strong>del</strong>tà <strong>alla</strong> parola data.


Questo breve accenno ci porta all’ultima cosa, quella che per te <strong>Mario</strong> è sempre stato il fiore all’occhiello<br />

<strong>del</strong> GTR, l’opera di cui andavi giustamente fiero: il Gruppo Uomini di Lourdes. Quanti ne <strong>ha</strong>i accompagnati,<br />

in 29 anni, a sciacquare il torbido di un’umanità fragile e peccatrice nelle acque cristalline <strong>del</strong> Gave. Caro<br />

<strong>Mario</strong> sono tutti qui i tuoi uomini, ad accompagnarti nell’ultimo viaggio, tu che tante volte li <strong>ha</strong>i<br />

accompagnati incontro <strong>alla</strong> Madonna. Ancora ci sembra di sentire la tua voce gracchiare perentoria e<br />

sibilante nelle rice-trasmettenti per tirare le fila <strong>del</strong> plotone in viaggio. Ancora ci sembra di vederti con<br />

colbacco, in testa al gruppo, a cantare l’Ave Maria di Lourdes e innalzare al cielo la fiaccola accesa nella<br />

processione aux flambeau. E forse oggi non è solo il Signore, sei anche tu a dirci, con le parole <strong>del</strong> Vangelo,<br />

“vado a prepararvi un posto”. Chissà, magari quando ci incontreremo di nuovo in Paradiso, non voglio<br />

togliere il posto a san Pietro, ma forse ci sarai lì tu ad assegnarci il posto, come quando, nell’atrio<br />

<strong>del</strong>l’albergo, ci chiamavi con voce squillante per assegnarci le camere: “don Angelo e don italo, camera<br />

numero…”. E quel giorno anche il Fernando potrà dire: “stavolta…”.<br />

Ecco questo è quanto. Dal cielo veglia sulla tua famiglia, sulla parrocchia, sui sacerdoti, sul GTR, sulla Terra<br />

Santa. <strong>Il</strong> grande viaggio è finito. Hai terminato la corsa, <strong>ha</strong>i conservato la fede. <strong>Il</strong> Cristo che ti <strong>ha</strong> chiamato<br />

ora ti introduce nel riposo eterno <strong>del</strong> Padre.

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