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Ghiaroni-Giulia-Violenza-assistita-intrafamiliare

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fratelli testimoni generalmente provano. Tale protezione può però assumere aspetti e<br />

suggerire comportamenti differenziati e con esiti contraddittori.<br />

In alcuni casi, per esempio, la protezione attuata da un fratello nei confronti della<br />

vittima può essere violenta e distruttiva, ovvero portare all’uccisione del familiare<br />

maltrattante; in altri casi, lo “spettatore” si impegna in comportamenti “cattivi” per<br />

concentrare su di sé le ire del genitore, invece che sul fratello, così da proteggerlo.<br />

L’impatto con la violenza subita dai fratelli può provocare un impulso di fuga e<br />

negazione. I fratelli cosiddetti “buoni” possono in un primo momento avere solo un<br />

sospetto di ciò che li circonda, intuendo qualcosa, ma senza capire, impossibilitati a dare<br />

voce ai propri inquietanti pensieri. Ne deriva, un comportamento omertoso, che a volte,<br />

sfocia in complicità o copertura del/i genitore/i maltrattante/i, per conquistare l’affetto,<br />

altrimenti negato.<br />

Può accadere, infatti, che in situazioni di deprivazione affettiva o di assenza di rapporti<br />

empatici da parte dei genitori, gli abusi fisici o psicologici siano comunque visti dai<br />

minori come espressione di interessamento nei loro confronti (Pedrocco Biancardi,<br />

2005).<br />

Nelle situazioni di violenza domestica può accadere, inoltre, che il fratello “buono”<br />

si senta in dovere di punire il fratello “cattivo”, maturando sentimenti ostili e mettendo<br />

in atto comportamenti aggressivi nei confronti della vittima abusata/maltrattata. In<br />

questi casi, si assiste ad una vera e propria identificazione del fratello “spettatore” con<br />

l’aggressore, in cui il primo imita i comportamenti aggressivi, gli atteggiamenti<br />

squalificanti e persecutori del secondo.<br />

Un bambino può anche identificarsi con il fratello abusato, mettendo in atto i suoi<br />

comportamenti, probabilmente per uscire dall’invisibilità assegnatagli dai “giochi”<br />

familiari (Pedrocco Biancardi, 2005).<br />

Nei percorsi di intervento rivolti ai minori maltrattati e ai minori che assistono ad<br />

episodi di violenza è necessario, come segnalano Soavi e Carini (2001), dedicare uno<br />

spazio individuale ad ogni fratello del nucleo familiare, in modo che possa essere<br />

valutato il suo grado di consapevolezza rispetto all’accaduto, le sue reazioni emotive, le<br />

alleanze stabilite con gli altri membri della famiglia, il vissuto di impotenza e la<br />

frustrazione affettiva e accuditiva presente in lui.<br />

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