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La TempesTa perfeTTa: è iL momenTo deLL'open source - Magirus

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– Segue<br />

Security<br />

Parola di legale<br />

sonali dovrà anche verificare all’interno<br />

dell’azienda la corretta applicazione delle<br />

misure di sicurezza implementate ed in<br />

particolare l’osservanza delle direttive<br />

impartite ai propri dipendenti (per esempio<br />

attraverso regolamenti sull’utilizzo<br />

delle strumentazioni informatiche ecc).<br />

Occorre infatti considerare che l’azienda<br />

potrebbe essere tenuta a risarcire i danni<br />

arrecati a terzi dalla perdita o distruzione<br />

dei dati conservati, anche nel caso di comportamento<br />

di un dipendente che abbia<br />

omesso (colposamente o dolosamente) di<br />

adottare le misure di sicurezza o le regole<br />

di comportamento a lui prescritte. Ai<br />

sensi dell’art. 2049 c.c. (“Responsabilità<br />

dei padroni e dei committenti”), infatti, “I<br />

padroni e i committenti sono responsabili<br />

per i danni arrecati dal fatto illecito dei<br />

loro domestici e commessi nell’esercizio<br />

delle incombenze a cui sono adibiti”. Si<br />

tratta in sostanza di un caso di responsabilità<br />

indiretta (o per fatto altrui) del datore<br />

di lavoro per i danni arrecati a terzi dal<br />

fatto illecito del dipendente in occasione<br />

dell’esercizio delle proprie mansioni. <strong>La</strong><br />

giurisprudenza ha interpretato quest’ultimo<br />

requisito in modo molto amplio<br />

stabilendo, per esempio che “il rapporto di<br />

‘occasionalità necessaria” tra l’illecito ed il<br />

rapporto datore di lavoro-dipendente sussi-<br />

ste anche qualora il dipendente abbia ecceduto<br />

i limiti delle sue mansioni o incombenze,<br />

finanche trasgredendo gli ordini<br />

ricevuti, sempre che egli abbia perseguito<br />

finalità coerenti con quelle in vista delle<br />

quali le mansioni o incombenze gli furono<br />

affidate” (da ultimo Cassazione Civile,<br />

sentenza n. 6632 del 12 marzo 2008). Il<br />

fondamento di questa forma di responsabilità<br />

era originariamente individuato dalla<br />

dottrina nella colpa presunta del datore di<br />

lavoro per non aver correttamente scelto<br />

il dipendente o vigilato sulla sua attività.<br />

L’attuale orientamento dottrinale ritiene<br />

invece che in realtà questa norma abbia<br />

l’obiettivo principale di meglio tutelare gli<br />

interessi dei terzi accollando la responsabilità<br />

in capo al soggetto che si avvale delle<br />

attività dei dipendenti.<br />

Fermo restando quanto sopra, in alcuni<br />

casi le condotte del dipendente volte a<br />

cancellare o distruggere i dati conservati<br />

dall’azienda possono comunque avere una<br />

rilevanza in sede penalistica. Si consideri,<br />

a titolo meramente esemplificativo quanto<br />

disposto dall’art. 635 bis c.p., recentemente<br />

sostituito dall’art. 5 l. 18 marzo<br />

2008, n. 48 (“Ratifica ed esecuzione della<br />

Convenzione del Consiglio d’Europa sulla<br />

criminalità informatica, fatta a Budapest<br />

il 23 novembre 2001, e norme di adeguamento<br />

dell’ordinamento interno”). In base<br />

all’articolo citato (“Danneggiamento di<br />

informazioni, dati e programmi informatici”)<br />

“Salvo che il fatto costituisca più grave<br />

reato, chiunque distrugge, deteriora, cancella,<br />

altera o sopprime informazioni, dati<br />

o programmi informatici altrui <strong>è</strong> punito, a<br />

querela della persona offesa, con la reclusione<br />

da sei mesi a tre anni”. In questi casi,<br />

fermo restando la responsabilità diretta del<br />

dipendente in sede penale, sarà comunque<br />

importante per l’azienda poter dimostrare<br />

di aver comunque adottato tutte le misure<br />

minime ed idonee a tutela dei dati personali<br />

trattati, per evitare che alla stessa<br />

possano essere attribuite diverse responsabilità<br />

per la mancata osservanza delle<br />

disposizioni di cui al d.lgs 196/2003.

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