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Frammento 4Q1, contenendo Gn, 11-21 (anno 125 a 100 a.C.) e giara di terracotta trovato in una delle grotte della regione (sec. I a.C. a anno 70 d.C.) Mirabile esattezza nelle traduzioni del greco, latino ed ebraico L’esegesi biblica è una delle discipline più beneficiate dai Manoscritti del Mar Morto. Prendendoli come punto di riferimento, fino a che punto sono precise le ulteriori traduzioni in greco e latino dei primi tempi della Chiesa? Vi sono contraddizioni o discrepanze tra loro e i manoscritti del Mar Morto? Pnina Shor risponde: “Non vi sono contraddizioni, visto che stiamo parlando della trasmissione di un testo. Questa è fatta da persone e, pertanto, è normale che con il tempo vi siano differenze dovute alle modificazioni del pensiero e delle capacità umane, potendo persino apparire un qualche errore. Ma penso che dobbiamo analizzare la questione da un altro lato. Quello che è impressionante in questo caso è che il materiale sia stato preservato nella traduzione greca. Più tardi fu tradotto in latino, per essere in seguito tradotto nuovamente in ebraico. Quando i manoscritti sono stati trovati, è stato emozionante verificare l’esattezza delle traduzioni, realmente ammirevole”. Alcuni scritti erano finora sconosciuti Interrogata sul contenuto dei manoscritti, unicamente libri canonici come oggi li conosciamo o altro, Pnina Shor chiarisce: “No, i manoscritti contengono molto di più dei libri canonici. C’è una grande varietà di scritti, precedentemente sconosciuti. Questo risveglia l’interesse dei ricercatori e studiosi della materia”. Come esempio di questi testi non canonici, Pnina Shor menziona “il cosiddetto Barkhi Napshi, un salmo apocrifo che è in sintonia con le scritture canoniche, ma che non era conosciuto precedentemente”. “Stiamo parlando dell’esistenza di più di 900 manoscritti. Possiamo allora congetturare che essi contengano molti testi sconosciuti in precedenza. Questo attrae investigatori del mondo intero, di tutte le denominazioni religiose”. Tre preziosi elementi architettonici del Tempio L’esposizione di Toronto non si restringe solamente ai Manoscritti del Mar Morto, ma anche ad altri artefatti archeologici la cui importanza è messa bene in risalto dalla specialista israeliana. “Nel passeggiare per l’esposizione, abbiamo l’impressione affascinante percorrere il deserto dalla Galilea a Gerusalemme. Tutti gli oggetti sono affascinanti — a me non piacerebbe metterli in un ordine di precedenza— ma penso che valga la pena prestare attenzione a tre elementi architettonici. “Il primo è la pietra angolare del Monte del Tempio di Gerusalemme. È la pietra dove il sacerdote saliva per suonare la tromba che convocava tutti per commemorare il sabato e le altre feste. Possiamo dedurre la sua autenticità dall’iscrizione che vi si trova, con lo stesso tipo di lettera dei manoscritti — pertanto, dello stesso periodo — che afferma essere questa ‘la pietra angolare dove suona la tromba’”. Il secondo elemento appartiene al Tempio Erodiano, che era diviso in vari patii. “Al patio principale, chiunque poteva avere accesso, dopo un certo punto poteveno entrare solamente i giudei, più avanti solamente gli uomini e nel Santo dei Santi, il sommo sacerdote e soltanto una volta l’anno, nel giorno della Riconciliazione, lo Yom Kippur. Il confine oltre il quale solo i giudei potevano entrare, era segnato da una pietra con un’iscrizione. Anch’essa fa parte dell’ esposizione. “Il terzo elemento di interesse sono i tre resti architettonici del triplice portone dell’entrata principale del Monte del Tempio. Tutti questi oggetti sono stati scoperti durante diversi scavi nella zona. “Nessuno di noi ha conosciuto il Tempio.Lo conosciamo attraverso le Scritture e successivamente attraverso le nostre investigazioni. Tuttavia, qui abbiamo oggetti tangibili che lo rendono nuovamente vivo tra noi” — conclude Pnina Shor. Lungo processo verso la pubblicazione Qualunque sia l’origine dei Manoscritti del Mar Morto, non vi sono dubbi sul loro immenso valore e sull’urgente necessità della loro preservazione e restauro. Questo è il campo proprio del lavoro di Pnina Shor. Ecco come spiega la sfida affrontata dal suo Dipartimento di Antichità di Israele: “La conservazione e il restauro di manoscritti è un processo minuzioso, faticoso e interminabile. Conosciamo specialisti che dedicano la loro carriera accademica solamente a questo. “La prima e principale ragione è che stiamo parlando di manoscrit- 50 Salvami Regina · Settembre 2009

“Quando i manoscritti sono stati trovati, è stato emozionante verificare l’esattezza delle traduzioni, realmente ammirevole” ti che hanno più di duemila anni. Essi sono nati e si sono preservati in caverne nel deserto. Grazie al clima, alla temperatura e alla mancanza di luce, essi si sono conservati e hanno attraversato i secoli. Quando sono stati prelevati dalle caverne, è cominciato o è continuato il deterioramento naturale ed essi si sono frammentati in un’enorme quantità di pezzetti. Sono 900 documenti divisi in migliaia e migliaia di frammenti. “Portandoli via dagli scavi, come lunghi fogli di carta, si è via via tentato di mettere insieme i pezzi, come se si trattasse di un enormegioco di incastri. A quel tempo, gli specialisti erano interessati a conoscere il contenuto dei manoscritti; non c’era alcuna preoccupazione sulla necessità di conservarli e preservarli” — spiega la Dott. ssa. Shor. Così, è stato usato nastro adesivo per unire i frammenti, cosa che ha accelerato il loro deterioramento. I manoscritti sono molto fragili: l’80% è di pergamena organica, mentre l’altro 20% è scritto su papiri. Se non sono conservati e manipolati con la dovuta attenzione, essi si riseccano e si screpolano. Negli anni 60 e 70 gli studiosi continuarono a decifrare il contenuto dei manoscritti, ma è sorta la preoccupazione di conservarli, ricorrendo ai migliori metodi conosciuti all’epoca. “Alla fine degl anni 80, il Dipartimento di Antichità di Israele è stato costituito con l’obiettivo di preservare i manoscritti, come pure di pubblicarne il contenuto. All’ inizio, ne sono stati pubblicati molto pochi, poiché erano pochi gli specialisti che vi lavoravano, come oggi sappiamo, sono più di 900”. Quello che il Dipartimento ha fatto, informa la Dott.ssa. Shor, è stato distribuire il materiale disponibile tra 80 specialisti del mondo intero, di diverse religioni, dando loro un decennio per pubblicare il materiale ricevuto. Conservare quello che si è preservato per duemila anni “È bene che tutta la materia sia pubblicata, ma è anche indispensabile preservare i manoscritti per le generazioni a venire. Questo è il compito del Dipartimento di Antichità di Israele”, afferma la Dott.ssa Shor. Specialisti esperti, come i responsabili della conservazione della Library of Congress e del Getty Conservation Institute si sono recati in Israele per aiutare a determinare i migliori processi da impiegare. “Il primo e principale compito è rimuovere i manoscritti dai vetri in cui sono stati posti e togliere i residui di nastro adesivo, che hanno causato il danno maggiore. È necessario lavorare placca per placca, manoscritto per manoscritto, frammento per frammento...”. Si tratta di un processo portato avanti con molta cura, già da18 anni. Mirando alla sua revisione e perfezionamento, il Dipartimento di Antichità ha chiesto la collaborazione anche del Ministero della Cultura Italiano e dell’Istituto Centrale per la Patologia del Libro, tra gli altri. “Partiamo dal principio che se i Manoscritti sono stati preservati per duemila anni, è nostro dovere conservarli, per lo meno, per altri duemila” così dice Pnina Shor. Infatti, alla fin fine, sono “Parole che hanno cambiato il mondo!”. 1 Conviene ricordare che, nel 1972, il papirologo gesuita spagnolo Jiè O’Callaghan Martínez identificò i versetti 52 e 53 del capitolo sesto di San Marco nel frammento 7Q5 Questi manoscritti, risvegliando nei circoli dei specialisti un’ enorme polemica, che perdura fino ad oggi. 2 FUCHS, Aimé. Les manuscrits de la Mer Morte. Strasbourg: Institut de Recherche Matématique Avancée, 2000, pag. 2 – traduzione nostra. 3 Prof. Eleazar Lipa Sukenik (1899- 1953), archelogo israeliano e professore dell’Università Ebraica di Gerusalemme. Frammento dell’iscrizione, in greco, che impediva l’ingresso dei non giudei oltre al patio dei gentili, nel Tempio Erodiano (sec. I a.C.) Settembre 2009 · Salvami Regina 51

Frammento 4Q1, contenendo Gn, 11-21<br />

(anno 125 a 100 a.C.) e giara di terracotta<br />

trovato in una delle grotte <strong>della</strong> regione<br />

(sec. I a.C. a anno 70 d.C.)<br />

Mirabile esattezza nelle traduzioni<br />

del greco, latino ed ebraico<br />

L’esegesi biblica è una delle discipline<br />

più beneficiate dai Manoscr<strong>it</strong>ti<br />

del Mar Morto. Prendendoli come<br />

punto di riferimento, fino a che punto<br />

sono precise le ulteriori traduzioni<br />

in greco e latino dei primi tempi<br />

<strong>della</strong> Chiesa? Vi sono contraddizioni<br />

o discrepanze tra loro e i manoscr<strong>it</strong>ti<br />

del Mar Morto?<br />

Pnina Shor risponde: “Non vi sono<br />

contraddizioni, visto che stiamo parlando<br />

<strong>della</strong> trasmissione di un testo.<br />

Questa è fatta da persone e, pertanto,<br />

è normale che con il tempo vi siano<br />

differenze dovute alle modificazioni<br />

del pensiero e delle capac<strong>it</strong>à umane,<br />

potendo persino apparire un qualche<br />

errore. Ma penso che dobbiamo analizzare<br />

la questione da un altro lato.<br />

Quello che è impressionante in questo<br />

caso è che il materiale sia stato preservato<br />

nella traduzione greca. Più tardi<br />

fu tradotto in latino, per essere in segu<strong>it</strong>o<br />

tradotto nuovamente in ebraico.<br />

Quando i manoscr<strong>it</strong>ti sono stati<br />

trovati, è stato emozionante verificare<br />

l’esattezza delle traduzioni, realmente<br />

ammirevole”.<br />

Alcuni scr<strong>it</strong>ti erano<br />

finora sconosciuti<br />

Interrogata sul contenuto dei manoscr<strong>it</strong>ti,<br />

unicamente libri canonici<br />

come oggi li conosciamo o altro, Pnina<br />

Shor chiarisce: “No, i manoscr<strong>it</strong>ti<br />

contengono molto di più dei libri canonici.<br />

C’è una grande varietà di scr<strong>it</strong>ti,<br />

precedentemente sconosciuti. Questo<br />

risveglia l’interesse dei ricercatori e studiosi<br />

<strong>della</strong> materia”.<br />

Come esempio di questi testi non<br />

canonici, Pnina Shor menziona “il cosiddetto<br />

Barkhi Napshi, un salmo apocrifo<br />

che è in sintonia con le scr<strong>it</strong>ture<br />

canoniche, ma che non era conosciuto<br />

precedentemente”.<br />

“Stiamo parlando dell’esistenza di<br />

più di 900 manoscr<strong>it</strong>ti. Possiamo allora<br />

congetturare che essi contengano<br />

molti testi sconosciuti in precedenza.<br />

Questo attrae investigatori del<br />

mondo intero, di tutte le denominazioni<br />

religiose”.<br />

Tre preziosi elementi<br />

arch<strong>it</strong>ettonici<br />

del Tempio<br />

L’esposizione di<br />

Toronto non si restringe<br />

solamente ai<br />

Manoscr<strong>it</strong>ti del Mar<br />

Morto, ma anche ad altri artefatti<br />

archeologici la cui importanza<br />

è messa bene in risalto dalla<br />

specialista israeliana.<br />

“Nel passeggiare per l’esposizione,<br />

abbiamo l’impressione affascinante<br />

percorrere il deserto dalla<br />

Galilea a Gerusalemme. Tutti gli<br />

oggetti sono affascinanti — a me<br />

non piacerebbe metterli in un ordine<br />

di precedenza— ma penso che valga la<br />

pena prestare attenzione a tre elementi<br />

arch<strong>it</strong>ettonici.<br />

“Il primo è la pietra angolare del<br />

Monte del Tempio di Gerusalemme.<br />

È la pietra dove il sacerdote saliva per<br />

suonare la tromba che convocava tutti<br />

per commemorare il sabato e le altre<br />

feste. Possiamo dedurre la sua autentic<strong>it</strong>à<br />

dall’iscrizione che vi si trova, con<br />

lo stesso tipo di lettera dei manoscr<strong>it</strong>ti<br />

— pertanto, dello stesso periodo — che<br />

afferma essere questa ‘la pietra angolare<br />

dove suona la tromba’”.<br />

Il secondo elemento appartiene al<br />

Tempio Erodiano, che era diviso in<br />

vari patii. “Al patio principale, chiunque<br />

poteva avere accesso, dopo un certo<br />

punto poteveno entrare solamente i<br />

giudei, più avanti solamente gli uomini<br />

e nel Santo dei Santi, il sommo sacerdote<br />

e soltanto una volta l’anno, nel<br />

giorno <strong>della</strong> Riconciliazione, lo Yom<br />

Kippur. Il confine oltre il quale solo i<br />

giudei potevano entrare, era segnato da<br />

una pietra con un’iscrizione. Anch’essa<br />

fa parte dell’ esposizione.<br />

“Il terzo elemento di interesse sono<br />

i tre resti arch<strong>it</strong>ettonici del triplice portone<br />

dell’entrata principale del Monte<br />

del Tempio. Tutti questi oggetti sono<br />

stati scoperti durante diversi scavi nella<br />

zona.<br />

“Nessuno di noi ha conosciuto il<br />

Tempio.Lo conosciamo attraverso le<br />

Scr<strong>it</strong>ture e successivamente attraverso<br />

le nostre investigazioni. Tuttavia, qui<br />

abbiamo oggetti tangibili che lo rendono<br />

nuovamente vivo tra noi” — conclude<br />

Pnina Shor.<br />

Lungo processo verso<br />

la pubblicazione<br />

Qualunque sia l’origine dei Manoscr<strong>it</strong>ti<br />

del Mar Morto, non vi sono<br />

dubbi sul loro immenso valore e<br />

sull’urgente necess<strong>it</strong>à <strong>della</strong> loro preservazione<br />

e restauro. Questo è il<br />

campo proprio del lavoro di Pnina<br />

Shor. Ecco come spiega la sfida affrontata<br />

dal suo Dipartimento di Antich<strong>it</strong>à<br />

di Israele:<br />

“La conservazione e il restauro di<br />

manoscr<strong>it</strong>ti è un processo minuzioso,<br />

faticoso e interminabile. Conosciamo<br />

specialisti che dedicano la loro carriera<br />

accademica solamente a questo.<br />

“La prima e principale ragione è<br />

che stiamo parlando di manoscr<strong>it</strong>-<br />

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