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Notiziario n.2 Novembre 2008 - Per gli altri

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NOTIZIARIO<br />

La pagina scientifica<br />

Mielodisplasie:<br />

il punto e le novità che ci riguardano<br />

Nonostante le mielodis plasie, o sindromi mielodisplastiche,<br />

siano un disordine dell’emopoie si descritto<br />

e conosciu to da oltre un secolo, i contorni diagnostici,<br />

classificativi e terapeuti ci che le definiscono<br />

sono rimasti a lungo confusi non solo per la maggior<br />

parte dei medici, ma anche per una buona parte de<strong>gli</strong><br />

specialisti ematologi. Eppure le mielo displasie rappresentano<br />

una delle patologie neoplastiche ematologiche<br />

più comuni, con circa 2500-3000 casi annui attesi solo<br />

in Italia: si tratta, cioè, di condizioni più fre quenti di<br />

tutte le leucemie acute dell’adul to. Inoltre, l’inci denza<br />

è in netto incre mento per varie ragioni: l’aumento<br />

dell’età media dello popolazione; la progressiva mi<strong>gli</strong>ore<br />

capacità di porre una diagnosi cor retta; la maggiore<br />

frequenza delle forme secondarie a trattamenti<br />

chemio-radiotera pici, inevitabile prezzo da pagare<br />

all’impie go di procedure terapeutiche divenute sem pre<br />

più aggressive nella concreta prospetti va di mi<strong>gli</strong>orare i<br />

risultati in diverse neopla sie ematologiche.<br />

Le ragioni del moderato interesse dei clinici per le mielodisplasie<br />

sono molteplici, ma riconducibili a diverse<br />

cause: si tratta di forme con presentazione e decorso<br />

clinico eterogenei, con caratteristiche diagnostiche, cliniche,<br />

laboratoristiche e morfologiche talora mal definibili<br />

nelle fasi iniziali se non accuratamente ricercate;<br />

insorgono in età avanzata (media 70 anni); sul piano<br />

tera peutico si avvalgono prevalentemente del supporto<br />

trasfusionale. Alla luce invece delle nuove conoscenze<br />

biologiche e farmacologiche oggi l’approccio clinico<br />

deve essere diverso: la diagnosi può esse re acquisita<br />

con certezza, definita sulla base di criteri classificativi<br />

ampiamente condivisi, basata su una serie di elementi<br />

oggettivi (laboratoristici, clinici, morfologici, biologici,<br />

citogenetici) in grado di stabilire anche la classe di<br />

rischio del singolo paziente in termini di evoluzione<br />

clinica; il tutto per impostare una strategia terapeu tica<br />

che sia adatta al singolo paziente, che va dalla semplice<br />

osservazione clinica al sup porto trasfusionale adeguato<br />

e sempre associato a ferrochelazione, all ‘uso di fatto ri<br />

di crescita emopoietici, alla terapia immu nosoppressiva,<br />

al ricorso a nuovi farmaci “biologici” (agenti ipometilanti,<br />

fattori antiangiogenici, inibitori di tirosin chinasi,<br />

ini bitori della farnesil transferasi ecc.), o trat tamenti<br />

mieloablativi con trapianto di cellu le staminali.<br />

Le mielodisplasie sono certamente malat tie ancora non<br />

guaribili nella maggior parte dei casi. Gli obiettivi generali<br />

del trattamento delle MDS sono in primo luogo il<br />

prolungamento della sopravvivenza, quindi il mi<strong>gli</strong>oramento<br />

del quadro ematologico e della qualità della vita.<br />

Questo implica che le diverse fasce di rischio richiedano<br />

un approccio differente. <strong>Per</strong> esempio, nel gruppo a<br />

basso rischio occorre soprattutto gestire le complicanze<br />

dovute alla citopenia. Di conseguenza in questo gruppo<br />

il trattamento deve basarsi principalmente sul controllo<br />

di quest’ultima, mentre terapie aggressive non risultano<br />

consi<strong>gli</strong>abili. Invece, la progressione della MDS è più<br />

frequente nei pazienti del gruppo ad alto rischio ed in<br />

questa categoria di soggetti occorre sia control lare la<br />

citopenia sia rallentare l’evoluzione della MDS con un<br />

trattamento adeguato. Attualmente il trapianto allogenico<br />

di cellule staminali è l’unico intervento curativo<br />

per la MDS. Tuttavia, è necessario che il trapianto<br />

avvenga in una fase precoce della malattia per poter essere<br />

efficace. Inoltre, il trapianto è indicato solo nei pazienti<br />

più giovani (età inferiore ai 60 anni) e rappresenta<br />

in ogni caso un intervento ad alto rischio di fallimento<br />

o di eventi fatali. È possibile valutare attorno al 10%<br />

la percentuale di pazienti che, tra tutti quelli affetti da<br />

mie lodisplasia, possono aspirare a una guari gione definitiva<br />

con il trapianto allogenico di midollo osseo. Sicuramente<br />

pochi, ma abbastanza per un segnale incoraggiante<br />

di speranza. Nei pazienti per i quali il trapianto<br />

non è indicato si ricorre a trattamenti specifici, con<br />

l’obiettivo di ridurre i fenomeni emorragici, le infezioni,<br />

la frequenza delle trasfusioni, che possono essere<br />

associate a sovraccarico di ferro, al fine di mi <strong>gli</strong>orare la<br />

qualità della vita. In questo contesto terapeutico, due<br />

sono le novità di rilievo, e che in casi selezionati sono<br />

accessibili anche nella nostra realtà. Da un lato l’utilizzo<br />

di agenti ipometilanti, e dall’ altro la deferoxamina,<br />

chelante orale del ferro.<br />

Agenti ipometilanti<br />

Azacitidina è il primo agente ipometilante a essere stato<br />

approvato dalla Food and Drug Administration<br />

(FDA) per il trattamento delle MDS. Questo è avvenuto<br />

in seguito ai risultati di tre studi clinici (2 di fase II e un<br />

trial randomizzato di fase III) in cui azacitidina veniva<br />

somministrata al dosaggio di 75 mg/m 2 /die per 7 giorni<br />

ogni 28 giorni per infusione endovenosa o per via sottocutanea.<br />

Nel complesso, sono stati arruolati 309 pazienti<br />

nei tre studi. Le percentuali di risposta sono risultate<br />

di circa il 47% (risposta complessiva). Sembra essere<br />

necessaria la somministrazione di almeno quattro<br />

cicli di terapia con agenti ipometilanti per ottenere una<br />

buona risposta terapeutica. La terapia va poi proseguita<br />

fino a durare 6-7 anni e ancora non è possibile dire se il<br />

trattamento possa poi essere sospeso. La terapia comporta<br />

de<strong>gli</strong> eventi avversi, il più frequente dei quali è<br />

mielosoppressione ( in particolare leucopenia, granulocitopenia<br />

e trombocitopenia) di tipo transitorio. Inoltre<br />

si possono verificare eventi di natura gastroin testinale,<br />

febbre, reazioni locali e artralgia. Nel complesso l’utilizzo<br />

di un agente ipometilante potrà essere un punto di<br />

svolta sia per la terapia delle MDS sia per il trattamento<br />

di altre forme di cancro.<br />

Terapia ferrochelante<br />

La quantità di ferro accumulata con le trasfusioni può<br />

avere un impatto su<strong>gli</strong> obiettivi terapeutici poiché non<br />

esistono sistemi fisiologici che prevedono la rimozione<br />

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