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Gennaio-Febbraio N° 1-2 - 2004 - Salute per tutti

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<strong>Gennaio</strong>-<strong>Febbraio</strong> - Anno 7 - n. 1-2 - <strong>2004</strong><br />

La diagnostica nefrologica<br />

oltre l’ecografia:<br />

quali altri metodi di imaging?<br />

Linee guida all’impiego<br />

delle metodiche radiologiche<br />

Rita Golfieri, Domenico Barone<br />

Erisipela<br />

Stefano Veraldi<br />

Sindrome metabolica:<br />

aspetti clinici<br />

e prospettive terapeutiche<br />

Fulvio Muzio<br />

Spedizione in abbonamento postale - 45% - art. 2 comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Milano<br />

PRIMO PIANO<br />

Candidiasi vaginale:<br />

una patologia anche allergica<br />

Igea D’Agnano<br />

AMBULATORIO<br />

Lo scompenso cardiaco<br />

nella pratica clinica<br />

Pietro Cazzola


Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

1<br />

Scripta MEDICA<br />

La diagnostica nefrologica oltre l’ecografia:<br />

quali altri metodi di imaging?<br />

Linee guida all’impiego delle metodiche radiologiche<br />

Rita Golfieri, Domenico Barone<br />

pag.3<br />

Direttore Responsabile<br />

Pietro Cazzola<br />

Direzione Marketing<br />

Armando Mazzù<br />

Registrazione<br />

Tribunale di Milano n.383<br />

del 28/05/1998<br />

Iscrizione al Registro Nazionale<br />

della Stampa n.10.000<br />

Redazione e Amministrazione<br />

Scripta Manent s.n.c.<br />

Via Bassini, 41 - 20133 Milano<br />

Tel. 0270608091 - 0270608060<br />

Fax 0270606917<br />

E-mail: scriman@tin.it<br />

Consulenza Amministrativa<br />

Cristina Brambilla<br />

Erisipela<br />

Stefano Veraldi<br />

Sindrome metabolica:<br />

aspetti clinici e prospettive terapeutiche<br />

Fulvio Muzio<br />

pag.21<br />

pag.27<br />

Consulenza grafica<br />

Piero Merlini<br />

Impaginazione<br />

Felice Campo<br />

Stampa<br />

Parole Nuove s.r.l. Brugherio (MI)<br />

PRIMO PIANO<br />

Candidiasi vaginale: una patologia anche allergica<br />

Igea D’Agnano pag. 35<br />

È vietata la riproduzione totale o parziale,<br />

con qualsiasi mezzo, di articoli, illustrazioni<br />

e fotografie pubblicati su Scripta MEDICA<br />

senza autorizzazione scritta dell’Editore.<br />

L’Editore non risponde dell’opinione<br />

espressa dagli Autori degli articoli.<br />

AMBULATORIO<br />

Lo scompenso cardiaco nella pratica clinica<br />

Pietro Cazzola pag. 41<br />

Edizioni Scripta Manent pubblica inoltre:<br />

ARCHIVIO ITALIANO<br />

DI UROLOGIA E ANDROLOGIA<br />

RIVISTA ITALIANA DI MEDICINA<br />

DELL’ADOLESCENZA<br />

INFORMED, CADUCEUM, IATROS, EUREKA<br />

La raccolta dei fascicoli del 2003 di Scripta Medica<br />

è disponibile in CD (file PDF) versando 30 Euro<br />

sul c/c postale n. 20350682 intestato a Edizioni Scripta Manent s.n.c.<br />

Diffusione gratuita. Ai sensi della legge 675/96 è possibile in qualsiasi momento<br />

opporsi all’invio della rivista comunicando <strong>per</strong> iscritto la propria decisione a:<br />

Edizioni Scripta Manent s.n.c. Via Bassini, 41 - 20133 Milano


Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

3<br />

La diagnostica nefrologica oltre l’ecografia:<br />

quali altri metodi di imaging? Linee guida<br />

all’impiego delle metodiche radiologiche<br />

Rita Golfieri, Domenico Barone<br />

L’imaging nella patologia uro-nefrologica<br />

segue iter diagnostici differenziati a seconda<br />

del quadro clinico: nella presente trattazione<br />

considereremo i cinque principali scenari di<br />

presentazione clinica:<br />

malattia reno-vascolare: ischemica o i<strong>per</strong>tensiva;<br />

ematuria;<br />

pielonefrite acuta;<br />

insufficienza renale acuta e cronica;<br />

colica renale.<br />

Malattia reno-vascolare<br />

La malattia reno-vascolare ha due principali<br />

espressioni cliniche:<br />

i<strong>per</strong>tensione reno-vascolare: è caratterizzata<br />

da i<strong>per</strong>tensione sistemica e sostenuta<br />

da stenosi delle arterie renali su base aterosclerotica<br />

o displasica<br />

nefropatia ischemica: si caratterizza <strong>per</strong><br />

una prevalente alterazione della funzione<br />

renale ed è di solito dovuta a stenosi<br />

mono o bilaterale su base aterosclerotica.<br />

Rappresenta una potenziale causa d’insufficienza<br />

renale cronica.<br />

L’iter diagnostico prevede come indagine di<br />

1° livello l’US-colorDoppler, di provata<br />

attendibilità ad eccezione dei pazienti obesi<br />

o con meteorismo marcato. L’US-Doppler ha<br />

un’accuratezza variabile nella diagnosi di<br />

stenosi ostiale dell’arteria renale che va<br />

incrementandosi all’aumentare della stenosi:<br />

è, infatti, maggiore nelle stenosi su<strong>per</strong>iori<br />

Unità O<strong>per</strong>ativa di Radiologia Diagnostica,<br />

Interventistica e Medicina Nucleare<br />

Ospedali GB Morgagni-L. Pierantoni, Forlì.<br />

all’80% (1, 2). Ciò rende necessario il completamento<br />

con Angio-TC o Angio-RM.<br />

Se l’US-Doppler risulta negativo ed il quadro<br />

clinico è suggestivo <strong>per</strong> nefropatia ischemica,<br />

è raccomandabile l’esecuzione di un’indagine<br />

di 2° livello quale l’Angio-TC o<br />

l’Angio-RM (o una scintigrafia sequenziale<br />

con ACE-inibitori) (3).<br />

L’Angio-TC Spirale è la 1° scelta solo se la<br />

funzione renale non è compromessa (creatinina<br />

< 2,5 mg/dl): essa consente un’accurata<br />

stima dell’anatomia vascolare, della <strong>per</strong>centuale<br />

di stenosi, oltre che delle varianti anatomiche<br />

e delle calcificazioni parietali.<br />

Nei pazienti con creatininemia di 2-2,5<br />

mg/dl diviene indagine di 1° scelta l’Angio-<br />

RM, che evita di esporre il paziente al rischio<br />

di nefrotossicità da mezzo di contrasto<br />

(mdc) iodato (4, 5).<br />

L’Angio-RM è l’indagine d’elezione in <strong>tutti</strong> i<br />

pazienti anziani i<strong>per</strong>tesi con insufficienza<br />

renale evolutiva e forte sospetto clinico di<br />

nefropatia ischemica, poiché è metodica<br />

ripetibile, esente da rischi nefrotossici, mentre<br />

non è idonea <strong>per</strong> lo screening in pazienti<br />

i<strong>per</strong>tesi con bassa probabilità di stenosi<br />

(Figura 1). L’Angio RM è affidabile solo <strong>per</strong> il<br />

tratto prossimale dell’arteria renale e <strong>per</strong><br />

documentare stenosi serrate.<br />

Se l’US-Doppler risulta positivo, <strong>per</strong> la certezza<br />

diagnostica è necessario effettuare l’arteriografia<br />

DSA (Digital Subtraction Angiography)<br />

<strong>per</strong> definire l’entità della stenosi.<br />

La DSA è ancor oggi il “gold standard” <strong>per</strong> la<br />

documentazione della patologia stenoostruttiva,<br />

consentendo la quantificazione<br />

delle stenosi delle arterie renali e dei rami<br />

principali mediante metodiche “rotational” e<br />

3D oltre alla valutazione della vascolarizzazione<br />

intraparenchimale. è metodica sempre


4<br />

Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

necessaria prima di una rivascolarizzazione<br />

chirurgica o di una PTRA associata o meno a<br />

stenting.<br />

Studio della stenosi dell’arteria renale:<br />

metodiche di imaging<br />

e loro principali indicazioni<br />

Angio RM (o MRA): può essere effettuata con<br />

due tecniche diverse: quella del “tempo di<br />

volo” TOF (Time of Flight) e quella del “contrasto<br />

di fase” PC (Phase-Contrast). Un notevole<br />

miglioramento è stato apportato alla<br />

metodica con l’uso di un mezzo di contrasto<br />

(il gadolinio: Gd-DTPA) che consente di<br />

abbreviare il tempo di rilasciamento dei protoni<br />

con conseguente più rapida acquisizione<br />

dell’immagine. I primi studi effettuati con<br />

l’Angio-RM con tecnica TOF apparvero promettenti<br />

con sensibilità oscillante fra il 77 ed<br />

il 100% (6, 7) <strong>per</strong> identificare le stenosi dei<br />

primi 3-3,5 cm dell’arteria renale. Gli studi<br />

basati sulla PC Angio-RM hanno dimostrato<br />

un’accuratezza diagnostica maggiore. La sensibilità<br />

<strong>per</strong> stenosi maggiori de1l’80% è oggi<br />

compresa fra 1’80 ed il l00% e la specificità<br />

fra il 93 ed il 99% (8, 9) (Figura 1).<br />

Uno studio comparativo delle due tecniche<br />

di Angio-RM con la DSA ha dimostrato una<br />

sensibilità del l00% ed una specificità del<br />

90% limitatamente al tratto prossimale dell’arteria<br />

(10). Gli studi condotti con l’impiego<br />

di Gd-DTPA hanno dimostrato sensibilità<br />

e specificità su<strong>per</strong>iori al 90% anche <strong>per</strong> stenosi<br />

di rami accessori (4, 11). L’Angio-RM<br />

con Gd-DTPA e la DSA hanno accuratezza<br />

analoga <strong>per</strong> le stenosi prossimali (primi 2<br />

cm) dell’arteria renale quando il gradiente<br />

pressorio trans-stenotico è maggiore di 15<br />

mmHg (12). L’affidabilità della metodica è<br />

limitata tuttavia al tratto prossimale dell’arteria.<br />

Il vantaggio dell’Angio-RM è la sua ripetibilità<br />

senza rischi di nefrotossicità nel<br />

paziente con insufficienza renale.<br />

Nei soggetti con stenosi dell’arteria renale<br />

aterosclerotica questa generalmente riguarda<br />

i primi 2 cm dell’arteria, area adeguatamente<br />

visualizzata dall’Angio-RM: tale indagine<br />

<strong>per</strong>tanto può essere considerata come la<br />

prima procedura non invasiva negli anziani<br />

i<strong>per</strong>tesi presentanti un aggravamento dell’insufficienza<br />

renale. Al momento l’Angio-RM<br />

non può essere considerata metodica di<br />

screening in pazienti i<strong>per</strong>tesi se la probabilità<br />

di stenosi dell’arteria renale è scarsa, mentre<br />

essa trova un’indicazione precisa in pazienti<br />

con VFG ridotto e forte sospetto clinico di<br />

nefropatia ischemica. La DSA resta in ogni<br />

modo lo studio definitivo <strong>per</strong> la diagnosi di<br />

steno-ostruzione dell’arteria renale.<br />

Angio-TC spirale delle arterie renali: è una tecnica<br />

recente che richiede l’uso di mezzo di<br />

contrasto, iniettato endovena in quantità pari a<br />

100-150 ml con una velocità di 3-4 ml/sec<br />

(13). Si conduce eseguendo una scansione a<br />

strato sottile (2-5 mm) poco dopo l’inizio (25-<br />

30 secondi) dell’iniezione di mdc endovenoso,<br />

in quantità 100-150 ml iniettati a flusso rapido<br />

(3-4 ml/sec). Utilizza le acquisizioni volumetriche<br />

continue della TC spirale condotte<br />

durante il tempo di opacizzazione arteriosa: le<br />

immagini assiali ottenute vengono poi ricostruite<br />

con tecnica Multiplanare 2D (MPR) o<br />

3D di su<strong>per</strong>ficie (SSD) (Figura 2).<br />

La sensibilità dell’Angio-TC spirale è del 92-<br />

98% con specificità variabile dal 83-94% (14)<br />

e rispetto alla DSA è più precisa nel definire l’anatomia<br />

vascolare (15), nell’identificazione<br />

delle arterie accessorie e soprattutto consente<br />

di identificare le calcificazioni ateromasiche<br />

parietali (16) con conseguente vantaggio in<br />

caso di intervento chirurgico (Figura 2b).<br />

La presenza di placche ateromasiche calcifiche<br />

comporta un rischio di sottostima della stenosi<br />

sottostante, su<strong>per</strong>abile solo mediante accu-<br />

Figura 1.<br />

Angio RM<br />

con tecnica PC<br />

con mdc ev<br />

(Gd-DTPA):<br />

stenosi del 70%<br />

dell’arteria renale<br />

sinistra.


Scripta MEDICA<br />

La diagnostica nefrologica oltre l’ecografia<br />

5<br />

Figura 2.<br />

Angio-TC spirale:<br />

arterie renali di<br />

calibro regolare:<br />

a, b: tecnica di<br />

ricostruzione MPR:<br />

evidenza di<br />

calcificazioni<br />

ateromasiche in b.<br />

c: tecnica di<br />

ricostruzione 3D<br />

"volume rendering"<br />

di su<strong>per</strong>ficie.<br />

A<br />

B<br />

C<br />

rata comparazione delle immagini assiali con<br />

quelle ottenute dalla ricostruzione MIP o<br />

MPR. Un’altro limite dell’Angio TC è la necessità<br />

d’impiego di elevate quantità di mdc, che<br />

ne limita l’uso nell’insufficienza renale, condizione<br />

in cui <strong>per</strong>altro l’Angio-TC è leggermente<br />

meno sensibile e specifica (13). Tuttavia<br />

quando l’insufficienza renale non è severa<br />

(creatininemia inferiore a 2,05 mg/dl) la tecnica<br />

sembra essere relativamente affidabile.<br />

Arteriografia renale (DSA): è considerata la<br />

metodica “gold standard” <strong>per</strong> la diagnosi della<br />

patologia steno-ostruttiva dell’arteria renale:<br />

essa possiede la massima sensibilità e consente<br />

l’identificazione precisa delle stenosi<br />

dell’arteria renale principale e dei rami segmentari<br />

o subsegmentari, oltre alla valutazione<br />

della vascolarizzazione intraparenchimale<br />

(Figura 3).<br />

L’angiografia è indispensabile quando è in<br />

programma un intervento di rivascolarizzazione<br />

renale, sia chirurgico sia mediante<br />

PTRA con eventuale stenting. La DSA non<br />

richiede analgesia e può essere eseguita<br />

ambulatorialmente (<strong>per</strong> approccio brachiale<br />

o ascellare).<br />

Oggi, lo standard è rappresentato dalla tecnica<br />

digitale intrarteriosa con utilizzo di<br />

cateteri di piccolo calibro (3-4 French),<br />

meno traumatici, e di una minore quantità<br />

di contrasto rispetto al passato (iniezioni di<br />

20 ml di mdc alla velocità di 10 ml/sec) (17).<br />

Lo studio angiografico deve essere eseguito<br />

Figura 3.<br />

DSA.<br />

a: stenosi displasica<br />

a diaframma<br />

dell’arteria renale<br />

sinistra;<br />

b: stenosi dei rami<br />

segmentari.<br />

Dettagli dimostrabili<br />

esclusivamente<br />

dallo studio DSA<br />

e non evidenziati<br />

preliminarmente<br />

dall’US.<br />

A<br />

B


6<br />

Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1, <strong>2004</strong><br />

in più proiezioni (generalmente anteroposteriore<br />

e oblique), al fine di ottenere<br />

informazioni sulla sede e sulla morfologia<br />

della lesione e sui rapporti tra aorta e ostio<br />

renale. L’invasività della metodica comporta<br />

un rischio basso ma ben definito di complicanze:<br />

la più importante, oltre alle comuni<br />

reazioni allergiche da mdc ed a quelle legate<br />

alla manovra (ateroembolismo colesterinico,<br />

dissezione intimale, ematoma o pseudoaneurisma<br />

nella sede della puntura dell’arteria<br />

femorale o trombosi arteriosa) è la nefrotossicità<br />

da mezzo di contrasto (comune <strong>per</strong>altro<br />

anche all’Angio-TC).<br />

Per nefrotossicità da mezzo di contrasto<br />

(NMC) s’intende sia un aumento <strong>per</strong>centuale<br />

della creatinina del 25% o del 50%, sia un<br />

aumento assoluto di 0,5-1 mg/dl entro 48 o 72<br />

ore dall’infusione del mezzo di contrasto (3).<br />

Oltre all’insufficienza renale (creatinina > 2<br />

mg/dl), altri fattori di rischio <strong>per</strong> la comparsa<br />

di NMC sono il diabete mellito, l’insufficienza<br />

cardiaca, la disidratazione. In passato (fino agli<br />

anni ‘80), con l’impiego di mezzi di contrasto<br />

ionici ed i<strong>per</strong>osmolari l’incidenza di NMC raggiungeva<br />

il 20% nei pazienti con insufficienza<br />

renale (18).<br />

Attualmente l’impiego estensivo di mezzi di<br />

contrasto a bassa osmolarità ha dimezzato<br />

l’incidenza di NMC, in presenza di insufficienza<br />

renale; poiché la nefrotossicità è dosedipendente,<br />

anche la possibilità di impiego di<br />

dosi minori sia in angiografia che in TC ha<br />

ulteriormente contribuito alla ridotta incidenza<br />

di NMC.<br />

Per prevenire la NMC l’idratazione con somministrazione<br />

endovenosa di liquidi è la procedura<br />

più utilizzata. Studi retrospettivi e<br />

non controllati hanno suffragato l’efficacia di<br />

questa tecnica, che è su<strong>per</strong>iore all’infusione<br />

di soluzione di NaCl 0,45% (1 ml/kg/h <strong>per</strong><br />

12 ore prima e 12 ore dopo l’iniezione del<br />

mezzo di contrasto) da sola o associata a<br />

infusione di mannitolo (50 g prima dell’iniezione<br />

del mezzo di contrasto) o di furosemide<br />

(80 mg 30 minuti prima dell’iniezione del<br />

mezzo di contrasto): il gruppo trattato con la<br />

sola infusione di soluzione salina ebbe la<br />

minore incidenza di NMC (19).<br />

Pertanto, i pazienti candidati ad arteriografia<br />

renale dovrebbero sospendere 24 ore prima<br />

dell’esame l’assunzione di diuretici e devono<br />

essere sottoposti a idratazione mediante<br />

somministrazione endovenosa di fluidi<br />

(soluzione salina 0,45% oppure soluzione<br />

salina 0,9% + soluzione glucosata 5% oppure<br />

soluzione elettrolitica), indicativamente<br />

1000 ml nelle 6-12 ore precedenti l’infusione<br />

del mezzo di contrasto. da ripetersi nelle<br />

6-12 ore successive. In pazienti con creatinina<br />

elevata anche il trattamento dialitico,<br />

effettuato 1-3 ore dopo l’infusione di mdc,<br />

previene l’insorgenza di NMC (20).<br />

Scintigrafia renale sequenziale: la scintigrafia<br />

sequenziale con test provocativo con ACE-inibitori<br />

(Capoten) è una delle metodiche d’imaging<br />

utilizzate nella diagnostica della stenosi<br />

dell’arteria renale: ha il vantaggio di scarsa<br />

invasività, facilità di esecuzione ed assenza di<br />

complicanze. L’indagine utilizza radiocomposti<br />

che, somministrati <strong>per</strong> via venosa, vengono<br />

eliminati <strong>per</strong> filtrazione glomerulare e/o secrezione<br />

tubulare <strong>per</strong>mettendo la valutazione sia<br />

della funzione depuratrice del parenchima<br />

renale sia della <strong>per</strong>vietà delle vie escretrici.<br />

Mediante diverse procedure di calcolo è possibile<br />

quantificare il filtrato glomerulare, la portata<br />

plasmatica renale effettiva e la funzionalità<br />

tubulare ed escretrice dei reni separatamente.<br />

Ciascuno dei traccianti presenta caratteristiche<br />

cinetiche proprie che consentono la<br />

valutazione di diverse funzioni renali:<br />

il Tc-99m DTPA (acido dietilen-tetraaminopentacetico)<br />

<strong>per</strong> la determinazione<br />

del Volume del filtrato glomerulare<br />

(VFG) (funzione glomerulare);<br />

il Tc-99m MAG3 (acido mercapto-acetiltriglicinico)<br />

<strong>per</strong> la valutazione della funzione<br />

tubulare e del flusso renale ematico;<br />

I’Hippuran (orto-iodio-ippurato di sodio)<br />

marcato con I-131 o I-123 <strong>per</strong> la determinazione<br />

del flusso plasmatico effettivo:<br />

l’Hippuran subisce una filtrazione glomerulare,<br />

una captazione da parte delle cellule<br />

del tubulo prossimale attraverso i capillari<br />

<strong>per</strong>itubulari ed una successiva secrezione<br />

a livello del tubulo prossimale.<br />

La cinetica del MAG3 e dell’Hippuran rendono<br />

questi traccianti indicati <strong>per</strong> l’esecuzione<br />

della scintigrafia renale anche in pazienti con<br />

riduzione della funzionalità renale.<br />

La curva di uno scintigramma normale ela-


Scripta MEDICA<br />

La diagnostica nefrologica oltre l’ecografia<br />

7<br />

Figura 4.<br />

Scintigrafia renale<br />

con Tc-99 DTPA:<br />

ostruzione acuta<br />

dell’arteria renale<br />

destra.<br />

A<br />

B<br />

borata dal computer è caratterizzata da una<br />

fase iniziale rapida di captazione (segmento<br />

vascolare), in funzione del flusso ematico,<br />

che raggiunge un picco <strong>per</strong> poi decrescere<br />

quando l’escrezione del tracciante inizia ad<br />

essere su<strong>per</strong>iore alla captazione (segmento di<br />

estrazione glomerulare). Dopo il picco si<br />

assiste ad un decremento graduale della<br />

curva che rappresenta la fase di escrezione<br />

(segmento di eliminazione) (21) (Figura 4).<br />

I parametri di maggiore interesse nella diagnostica<br />

della stenosi dell’arteria renale sono:<br />

il contributo <strong>per</strong>centuale di ciascun rene (il<br />

contributo di un rene inizia ad essere considerato<br />

patologico se è inferiore al 40%);<br />

l’area sotto la curva di ciascun rene fra l<br />

minuto e mezzo e 2 minuti e mezzo<br />

(uptake);<br />

il tempo di picco (time to peak) (valore<br />

normale tra i 3 e 6 minuti);<br />

<strong>per</strong>centuale del picco di uptake dopo 15<br />

minuti (<strong>per</strong>cent of peak retained).<br />

Il rene portatore di una stenosi dell’arteria<br />

renale presenta una comparsa del picco ritardata,<br />

un’entità del picco minore ed una <strong>per</strong>sistenza<br />

del tracciante più prolungata rispetto<br />

al rene sano.<br />

L’American Society or Hy<strong>per</strong>tension Working<br />

Group (22) ha stabilito i seguenti criteri <strong>per</strong><br />

considerare positivo il test provocativo al<br />

Capoten:<br />

1. Time to peak > 6 minuti e, comunque, ritardato<br />

di almeno 120 secondi rispetto al basale;<br />

2. Riduzione dell’uptake > del 10% rispetto<br />

al basale dal lato affetto;<br />

3. Asimmetria della ritenzione dopo 15<br />

minuti di almeno il 15% su<strong>per</strong>iore rispetto<br />

al basale.<br />

Le <strong>per</strong>centuali di sensibilità e specificità della<br />

scintigrafia sono variabili secondo le casistiche<br />

(22, 23) e sono inferiori in presenza di<br />

insufficienza renale: recenti contributi (24,<br />

25) documentano un drammatico calo dell’accuratezza<br />

in pazienti con creatinina su<strong>per</strong>iore<br />

a 1,5-1,8 mg/dl.<br />

Definizione dell’entità della stenosi (DSA,<br />

Angio-TC)<br />

Se l’angio-RM dimostra una stenosi dell’arteria<br />

renale e/o dei suoi rami è necessario precisarne<br />

l’entità mediante Angio-TC o DSA in<br />

quanto è documentata l’evolutività verso<br />

l’occlusione completa del vaso quando la stenosi<br />

è su<strong>per</strong>iore al 85-90% (26). In questi c’è<br />

indicazione all’intervento di rivascolarizzazione<br />

o, in alternativa, ad una PTRA. Se invece<br />

la stenosi è quantificabile tra il 60 ed il<br />

90% sia la scelta conservativa con follow-up<br />

ravvicinato che quella interventistica possono<br />

ritenersi corrette.<br />

I criteri che fanno prevedere un recu<strong>per</strong>o<br />

della funzionalità renale dopo PTRA o rivascolarizzazione<br />

chirurgica, che devono essere<br />

evidenziati preliminarmente dalle metodiche<br />

d’imaging, sono:<br />

il riempimento dell’albero arterioso a


8<br />

Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

valle della stenosi all’arteriografia;<br />

le dimensioni del rene (diametro longitudinale<br />

> 9 cm in stratigrafia o > 8 cm in US);<br />

la capacità di estrarre e concentrare il<br />

mezzo di contrasto all’urografia o il<br />

radioisotopo alla scintigrafia;<br />

la condizione di rene unico funzionale.<br />

L’angioplastica (PTA) è raccomandabile nelle<br />

stenosi non ostiali e nei pazienti in cui sarebbe<br />

indicata la rivascolarizzazione, ma presentano<br />

un rischio o<strong>per</strong>atorio molto elevato<br />

(27-30). In caso di ristenosi e/o di lesione<br />

ostiale è indicato il completamento dell’angioplastica<br />

con posizionamento di stent<br />

(PTAS) o la rivascolarizzazione chirurgica.<br />

La rivascolarizzazione chirurgica viene considerata<br />

in caso di fallimento della PTA o<br />

quando coesistano altre necessità chirurgiche<br />

(<strong>per</strong> esempio aneurisma aortico e/o dell’arteria<br />

renale). Prima dell’intervento chirurgico<br />

di rivascolarizzazione è importante<br />

valutare accuratamente i rischi tromboembolici<br />

cardiaci e cerebrali.<br />

In conclusione, l’imaging diagnostico dell’i<strong>per</strong>tensione<br />

reno-vascolare è strettamente<br />

dipendente dal sospetto clinico e dalla funzione<br />

renale del paziente.<br />

Se i rilievi clinici pongono un forte<br />

sospetto di stenosi dell’arteria renale e<br />

con funzione renale normale deve essere<br />

programmata una DSA, o in alternativa<br />

un eco-Doppler o una scintigrafia con<br />

ACE-inibitori (Captopril), se l’angiografia<br />

non è desiderata dal paziente o se è controindicata<br />

<strong>per</strong> allergia al mdc.<br />

In presenza di un forte sospetto clinico,<br />

ma con funzione renale alterata, il<br />

rischio di NMC pone una controindicazione<br />

all’angiografia e le indagini da<br />

preferirsi <strong>per</strong> lo screening saranno l’US<br />

duplex Doppler e la scintigrafia con<br />

ACE-inibitori. L’angio-RM può essere<br />

utile in un gruppo selezionato di<br />

pazienti anziani i<strong>per</strong>tesi ad alta probabilità<br />

di avere una stenosi dell’arteria<br />

renale prossimale<br />

In pazienti i<strong>per</strong>tesi con bassa probabilità<br />

di stenosi arteriosa, non è strettamente<br />

necessario un protocollo d’imaging poiché<br />

molto probabilmente si tratta d’i<strong>per</strong>tensione<br />

essenziale controllabile farmacologicamente.<br />

Ematuria<br />

L’ematuria è uno dei più comuni sintomi di<br />

presentazione <strong>per</strong> una vasta gamma di malattie<br />

renali: da questa trattazione sono escluse le<br />

ematurie dell’infanzia e quelle conseguenti a<br />

trauma, infezioni renali, insufficienza renale,<br />

litiasi, masse espansive e prostatismo.<br />

La prima decisione iniziale, rappresentata dalla<br />

scelta se procedere o meno a valutazione<br />

mediante imaging in <strong>tutti</strong> i pazienti con ematuria,<br />

trova opinioni contrapposte: secondo<br />

alcuni una microematuria minima in giovane<br />

asintomatico non necessita di valutazione<br />

mediante imaging (31) mentre secondo altri<br />

qualunque ematuria deve essere ritenuta indicativa<br />

di lesione maligna fino a prova contraria<br />

e quindi richiede un workup completo<br />

mediante imaging (32, 33). Poiché non esiste<br />

un valore definito di ematuria che rappresenti<br />

un “cut off” di identificazione della popolazione<br />

a basso rischio, è imprudente non eseguire<br />

uno studio diagnostico semplicemente <strong>per</strong> la<br />

giovane età del paziente o <strong>per</strong> la ematuria di<br />

scarsa entità. Esistono tuttavia alcune popolazioni<br />

di pazienti, quali le giovani donne con<br />

cistite emorragica, che non necessitano di un<br />

completo studio radiologico.<br />

Nel workup radiologico del paziente con<br />

ematuria:<br />

in presenza di forte sospetto clinico di<br />

glomerulonefrite, dopo uno studio US<br />

preliminare (<strong>per</strong> definire sede e numero<br />

dei reni prima della biopsia, <strong>per</strong> lo screening<br />

di eventuali anomalie renali associate<br />

e <strong>per</strong> l’esclusione di una lesione chirurgica<br />

sanguinante) è indicata l’esecuzione<br />

di una radiografia del torace <strong>per</strong> ricercare<br />

altre manifestazioni associate alla glomerulonefrite<br />

(cardiomegalia, versamento<br />

pleuro-<strong>per</strong>icardico, congestione polmonare<br />

ed edema, emorragia polmonare): è<br />

infine indispensabile il ricorso alla biopsia<br />

renale (34, 35)<br />

in <strong>tutti</strong> gli altri casi, nell’adulto, è necessario<br />

eseguire in prima istanza un’US <strong>per</strong><br />

screening, insieme alla citologia urinaria


Scripta MEDICA<br />

La diagnostica nefrologica oltre l’ecografia<br />

9<br />

Figura 5.<br />

Rx-urografia:<br />

neoplasia uroteliale<br />

responsabile<br />

di ematuria;<br />

lesioni vegetanti<br />

diffuse lungo<br />

la pelvi renale<br />

e l’intero uretere.<br />

ed alla cistoscopia (<strong>per</strong> ricerca di anomalie<br />

urinarie: neoplasie urinarie, calcoli,<br />

flogosi, anomalie congenite, lesioni<br />

vascolari, uropatia ostruttiva). La cistoscopia<br />

possiede la massima sensibilità <strong>per</strong><br />

lesioni delle vie urinarie distali, che costituiscono<br />

la più frequente causa di ematuria:<br />

di fronte al riscontro di una cistite<br />

emorragica in giovani donne il protocollo<br />

diagnostico deve interrom<strong>per</strong>si.<br />

Sulla metodica di imaging da impiegarsi in<br />

1° istanza non c’è accordo in letteratura (36,<br />

37): secondo alcuni è preferibile ricorrere<br />

direttamente all’urografia, poiché l’US possiede<br />

falsi negativi: può misconoscere piccoli<br />

calcoli ureterali non ostruenti. In questo<br />

caso l’associazione di una radiografia diretta<br />

dell’addome aumenta la sensibilità diagnostica<br />

dell’US. D’altronde anche l’urografia presenta<br />

falsi negativi in caso di piccole masse<br />

esofitiche anteriori o posteriori o piccole<br />

neoformazioni vescicali (38, 39).<br />

La Scintigrafia Urinaria ha risoluzione spaziale<br />

insufficiente: evidenzia solo lesioni<br />

intrarenali ampie o forme ostruttive (35).<br />

Se la causa di ematuria rimane oscura, con<br />

re<strong>per</strong>ti di negatività US, in presenza di positività<br />

dell’esame citologico urinario è opportuno<br />

procedere all’urografia (Figura 5);<br />

molto recentemente , la messa a punto della<br />

Uro-TC (studio TC spirale in fase urografica<br />

con ricostruzione sul piano coronale delle<br />

vie escretrici urinarie) ha reso tale metodica<br />

proponibile in sostituzione dell’urografia, in<br />

quanto meglio di questa documenta la<br />

morfologia renale con sensibilità e specificità<br />

su<strong>per</strong>iori, svelando masse renali occulte e<br />

dimostrando estesamente l’intero decorso<br />

delle vie escretrici (Figure 6, 7) (40).<br />

La RM è indagine costosa, poco accessibile e<br />

non sufficientemente sensibile <strong>per</strong> rappresentare<br />

esame di 1 a scelta: una tecnica analoga<br />

all’Uro-TC è stata sviluppata recentemente<br />

mediante RM (Uro-RM), potenzialmente<br />

utile <strong>per</strong> documentare alterazioni responsabili<br />

di ematuria: tale tecnica non è tuttavia<br />

ancora adottata diffusamente nella pratica<br />

clinica e non è quindi raccomandabile <strong>per</strong><br />

uno studio di screening.<br />

Pielonefrite acuta<br />

La flogosi delle vie urinarie è tra le patologie<br />

più diffuse del genere umano: nella maggior<br />

parte degli adulti essa resta confinata alle vie<br />

urinarie basse e la diagnosi è clinico-laboratoristica,<br />

senza necessità di ricorrere all’imaging.<br />

Le condizioni che predispongono a flogosi<br />

ascendenti sono il reflusso vescico-ureterale,<br />

la litiasi reno-ureterale, alterazioni<br />

funzionali vescicali, anomalie congenite urinarie.<br />

Di solito la flogosi renale consegue ad<br />

infezioni ascendenti dalle basse vie urinarie<br />

ed è sostenuta da patogeni enterogeni Gram-<br />

(di solito l’Escherichia coli): il termine pielonefrite<br />

esprime il quadro anatomo-patologico<br />

di un coinvolgimento contemporaneo del<br />

parenchima e della pelvi renale. Nella maggioranza<br />

dei casi, la pielonefrite non complicata<br />

viene subito diagnosticata clinicamente<br />

e risponde prontamente alla terapia antibiotica:<br />

se la terapia è impostata con ritardo o il<br />

paziente è diabetico o immunodepresso, i<br />

microascessi che si formano nella fase acuta<br />

possono confluire e dar luogo ad un ascesso<br />

renale, che può estendersi nello spazio <strong>per</strong>irenale.


10<br />

Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

A<br />

B<br />

Figura 6.<br />

Uro-TC:<br />

re<strong>per</strong>ti normali.<br />

Si parla di pielonefrosi quando l’infezione è<br />

confinata ad un sistema collettore ostruito. I<br />

pazienti diabetici, oltre ad una maggiore predisposizione<br />

alle complicanze flogistiche,<br />

sono di più difficile inquadramento clinico<br />

<strong>per</strong> l’assenza dei sintomi tipici di presentazione<br />

(dolore al fianco) in oltre il 50% dei<br />

casi (41).<br />

L’imaging viene riservato ai casi di sicura flogosi<br />

renale o ai casi di incerta diagnosi differenziale<br />

tra infezioni delle basse vie urinarie<br />

e pielonefrite (Tabella 1).<br />

L’urografia rappresenta la 1° scelta sia tradizionalmente<br />

sia <strong>per</strong> un miglior rapporto<br />

costo-beneficio: il suo impiego ha utilità non<br />

tanto <strong>per</strong> la diagnosi di pielonefrite ma <strong>per</strong><br />

ricercare le anomalie anatomiche predisponenti<br />

all’infezione e che hanno ostacolato la<br />

risposta immediata alla terapia (calcoli,<br />

necrosi papillare, ostruzione urinaria) o <strong>per</strong><br />

identificare una complicanza dell’infezione<br />

quale un’ascesso renale o <strong>per</strong>irenale.<br />

Figura 7.<br />

Uro-TC: ematuria <strong>per</strong> neoplasia uroteliale della pelvi renale. La TC consente una completa stadiazione<br />

locoregionale mediante l’analisi delle scansioni assiali (A) oltre alla valutazione "Uro-TC" ottenibile dalle<br />

ricostruzioni sul piano coronale. B: Voluminosa neoplasia a partenza dalla pelvi renale destra<br />

con infiltrazione extracapsulare ed invasione della vena renale.<br />

A<br />

B


Scripta MEDICA<br />

La diagnostica nefrologica oltre l’ecografia<br />

11<br />

Figura 8.<br />

TC dopo mdc:<br />

raccolta urinosa<br />

<strong>per</strong>irenale<br />

ascessualizzata<br />

secondaria<br />

ad uropatia<br />

ostruttiva<br />

in paziente<br />

diabetico.<br />

Tabella 1.<br />

Pielonefrite acuta:<br />

workup<br />

diagnostico.<br />

Pazienti non complicati:<br />

Pazienti con anamnesi +<br />

<strong>per</strong> calcoli o altra<br />

patologia urologica,<br />

pregressa chirurgia,<br />

episodi di pielonefrite<br />

ripetuti<br />

Pazienti diabetici<br />

o immunodepressi<br />

risposta in 72 ore → STOP<br />

non risposta:<br />

urografia 1 a scelta<br />

(US: in sospetto di pionefrosi<br />

o se mdc è rischioso)<br />

Urografia nelle 24 ore<br />

TC pre+post mdc nelle 24 ore<br />

(≠ rischio ascessi<br />

ed estensione flogosi <strong>per</strong>irenale)<br />

Il ricorso all’imaging nella pielonefrite acuta<br />

è riservato ai pazienti che non rispondono<br />

alla terapia antibiotica entro le prime 72 ore:<br />

è dimostrato che circa il 95% di pazienti con<br />

pielonefrite non complicata diviene apiretico<br />

dopo 48 ore di appropriata antibioticoterapia<br />

e quasi il 100% nelle prime 72 ore. Nei<br />

pazienti con pielonefrite l’urografia effettuata<br />

di routine non modifica la condotta clinica<br />

nel 90% dei casi mentre, al contrario, se l’indagine<br />

viene riservata solo ai pazienti che<br />

<strong>per</strong>mangono i<strong>per</strong>piretici dopo 72 ore di antibioticoterapia,<br />

il numero di pazienti con<br />

rilievi urografici significativi dal punto di<br />

vista clinico sale al 36% (41, 42).<br />

La validità del <strong>per</strong>iodo di osservazione di 72<br />

ore prima della partenza del protocollo d’imaging<br />

è stata validata anche utilizzando<br />

come prima metodica lo studio TC (43).<br />

Unica eccezione all’attesa di 72 ore è da osservarsi<br />

in pazienti immunodepressi e diabetici,<br />

in cui la pielonefrite acuta non risponde di<br />

solito in modo pronto alla terapia, in cui l’urografia<br />

mostra alterazioni morfologiche e funzionali<br />

severe con probabilità 5 volte su<strong>per</strong>iore<br />

alla restante popolazione (42): in tale ristretto<br />

gruppo di pazienti è im<strong>per</strong>ativo ricorrere<br />

direttamente ad uno studio Uro-TC.<br />

Per la diagnosi delle complicanze dell’infezione<br />

(quali ascessi renali, <strong>per</strong>irenali o enfisema<br />

renale) e nei pazienti diabetici o immunodepressi,<br />

c’è ampia concordanza in letteratura<br />

sull’ampia su<strong>per</strong>iorità della TC con mdc<br />

come esame di prima scelta rispetto all’US<br />

che mostra una scarsa attendibilità <strong>per</strong> l’identificazione<br />

degli ascessi intra e <strong>per</strong>irenali(41,43-47).<br />

Nonostante la maggiore accuratezza della TC<br />

dopo mdc <strong>per</strong> l’identificazione delle complicanze<br />

ascessuali parenchimali e <strong>per</strong>irenali, il<br />

loro rilievo spesso non altera l’impostazione<br />

terapeutica.<br />

La cosiddetta Uro-TC con mdc è il metodo<br />

più accurato <strong>per</strong> lo studio delle alterazioni<br />

parenchimali, delle pielonefriti atipiche e <strong>per</strong><br />

ricerca di complicanze (ascesso <strong>per</strong>inefrico o<br />

enfisema renale) spesso non evidenziate<br />

dagli US: tale metodo dovrebbe essere di<br />

prima scelta nei pazienti diabetici ed immunodepressi,<br />

<strong>per</strong> una pronta identificazione<br />

delle complicanze (Figura<br />

6) (46, 47).<br />

I recenti sviluppi in campo<br />

ecografico, con l’introduzione<br />

dei software con doppie<br />

armoniche combinati all’uso<br />

di mezzi di contrasto gassoso<br />

sembrano incrementare la<br />

sensibilità dell’ecografia nell’identificazione<br />

di piccoli<br />

ascessi renali o <strong>per</strong>irenali<br />

che con la tecnica tradizionale<br />

erano scarsamente identificabili<br />

(43, 48).<br />

Il test diagnostico più specifico<br />

<strong>per</strong> la diagnosi di flogosi<br />

delle vie escretrici (pielonefrosi)<br />

resta ancora comun-


12<br />

Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

que l’agoaspirato pielo-caliceale, che è generalmente<br />

eseguito come primo momento della<br />

nefrostomia <strong>per</strong>cutanea nelle forme ostruttive<br />

(Figura 9).<br />

La RM non sembra presentare vantaggi diagnostici<br />

rispetto alla TC (49) ed inoltre presenta<br />

il limite del mancato riconoscimento di<br />

piccoli calcoli: è raccomandabile solo nei<br />

pazienti in cui sia da evitarsi l’impiego di<br />

mdc iodato o la radioesposizione.<br />

La pielografia retrograda è indicata nei pazienti<br />

con infezione severa ed ostruzione urinaria<br />

evidenziabile solo con metodiche invasive.<br />

La cistouretrografia minzionale <strong>per</strong> studio<br />

del reflusso vescico-ureterale ha un uso di<br />

routine solo in pazienti pediatrici.<br />

La scintigrafia renale statica (con DMSA Tc-<br />

99 ,espressione della filtrazione glomerulare)<br />

si è recentemente rivelata su<strong>per</strong>iore all’US<br />

nei pazienti pediatrici, <strong>per</strong> la valutazione<br />

dello stato della corticale renale e quindi <strong>per</strong><br />

l’identificazione di cicatrici corticali nella<br />

pielonefrite da reflusso (specificità 100%,<br />

sensibilità 86%) e nella valutazione comparativa<br />

della funzione tubulare, con forti limiti<br />

nella definizione della sede dell’infezione<br />

(renale o <strong>per</strong>irenale) (50) (Figura 10).<br />

L’acido dimercaptosuccinico (DMSA), marcato<br />

con Tecnezio-99m, è una molecola che si<br />

accumula nella corticale renale e la sua<br />

distribuzione consente di visualizzare sede e<br />

morfologia del parenchima renale funzionante.<br />

Le sue principali indicazioni sono:<br />

malformazioni renali congenite: individuazione<br />

delle anomalie e delle sedi ectopiche;<br />

pielonefriti: dimostrazione della presenza<br />

di cicatrici corticali che confermano la<br />

patologia pielonefritica e la sua evoluzione;<br />

traumi: identificazione di contusioni o<br />

rotture e quadro di base <strong>per</strong> controlli successivi;<br />

ricerca di rene ectopico e/o sospetta agenesia<br />

renale monolaterale;<br />

malattia renale cistica: diagnosi differenziale<br />

di masse addominali laterali e conferma<br />

diagnostica del rene policistico<br />

infantile;<br />

idronefrosi: nelle idronefrosi massive, con<br />

rene escluso alle indagini con altre metodiche,<br />

valutazione dell’eventuale esistenza<br />

di parenchima funzionante; indagine<br />

di secondo livello dopo studio renale<br />

sequenziale.<br />

La scintigrafia renale dinamica o sequenziale<br />

con i traccianti 99Tc-DTPA (Figura 4), il 99Tc-<br />

MAG3 ed il I311-Hippuran, già descritta <strong>per</strong> lo<br />

studio dell’i<strong>per</strong>tensione nefrovascolare, consente<br />

una quantificazione della funzione renale<br />

separata mediante determinazione del filtrato<br />

glomerulare, del flusso plasmatico renale effettivo<br />

e della funzione tubulare ed ha le seguenti<br />

indicazioni <strong>per</strong> lo studio della pielonefrite:<br />

nefro-uropatie ostruttive: valutazione della<br />

funzione residua dei reni e/o localizzazione<br />

del danno a livello escretorio. La scintigrafia<br />

renale sequenziale associata al test con<br />

Furosemide è utilizzata <strong>per</strong> differenziare<br />

una stenosi organica da un’atonia marcata<br />

della pelvi o ristagno <strong>per</strong> dilatazione.<br />

Figura 9.<br />

Agoaspirato<br />

caliceale<br />

diagnostico,<br />

preliminare<br />

a pielostomia<br />

<strong>per</strong>cutanea:<br />

litiasi a stampo<br />

della pelvi renale<br />

con ostruzione<br />

del calice su<strong>per</strong>iore.<br />

Figura 10.<br />

Scintigrafia renale<br />

statica con DMSA<br />

Tc-99: cicatrici<br />

corticali multiple<br />

a sinistra.


Scripta MEDICA<br />

La diagnostica nefrologica oltre l’ecografia<br />

13<br />

Tabella 2.<br />

Insufficienza<br />

renale:<br />

work-up<br />

diagnostico.<br />

US<br />

IR reversibile (dimensioni renali, ecogenicità,<br />

idronefrosi, malattia cistica)<br />

+ Duplex Doppler (flusso renale)<br />

Scintigrafia (potenziale reversibilità IR)<br />

TC se:<br />

US equivoca <strong>per</strong> ostruzione o malattia cistica<br />

Trauma con IRA<br />

Angio-RM: in paziente i<strong>per</strong>teso se duplex Doppler US (o scintigrafia<br />

con ACE-I) positivo o dubbio (se IR elevata =<br />

paziente non candidabile a DSA <strong>per</strong> rischio NMC)<br />

Le cause dell’insufficienza renale sono tradizionalmente<br />

distinte in tre categorie: prerenali,<br />

intra-renali e post-renali. Le cause<br />

intrarenali includono la necrosi tubulare, le<br />

nefropatie interstiziali e glomerulari o le<br />

vasculopatie. La patologia ostruttiva è usualmente<br />

la causa delle forme post-renali e l’ipo<strong>per</strong>fusione<br />

(da stenosi arteriosa) o l’ipovolemia<br />

quella delle forme pre-renali.<br />

La distinzione tra insufficienza renale acuta<br />

(IRA) o cronica (IRC) può talvolta essere<br />

impostata su base clinica prima dell’ausilio<br />

dei metodi di imaging: una preliminare valutazione<br />

ecografica delle dimensioni renali è<br />

comunque di grande ausilio, dimostrando<br />

reni piccoli ed i<strong>per</strong>ecogeni in caso di IRC, e<br />

dimostrando anche la sua causa post-renale<br />

se è presente idronefrosi.<br />

Se non è evidente un’idronefrosi, il paziente<br />

non è i<strong>per</strong>teso e nell’anamnesi sono assenti<br />

re<strong>per</strong>ti suggestivi di stenosi dell’arteria renale,<br />

spesso il work-up diagnostico viene interrotto.<br />

Al contrario, se i reni hanno dimensioni conservate<br />

ed ecogenicità<br />

aumentata o normale, può<br />

essere presente una IRA<br />

reversibile, e ciò impone<br />

una prosecuzione diagnostica:<br />

la scintigrafia con un<br />

agente tubulare (Hippuran,<br />

MAG-3) può orientare<br />

verso la potenziale reversibilità<br />

del quadro.<br />

Se poi viene sospettata una<br />

stenosi o un’ostruzione<br />

arteriosa, un’Angio-RM può<br />

essere indicata, evitando<br />

così il rischio nefrotossico<br />

dei mdc organoiodati impiegati<br />

in angiografia ed in<br />

TC (Tabella 2).<br />

nefro-uropatie infiammatorie: valutazione<br />

del danno escretorio;<br />

nefro-uropatie congenite: valutazione<br />

della funzione renale pre e/o post-o<strong>per</strong>atoria.<br />

Insufficienza renale<br />

Insufficienza renale acuta (IRA)<br />

Il 75% dei casi di IRA hanno causa prerenale<br />

o intrarenale.<br />

Il protocollo d’imaging dell’IRA inizia, come<br />

anticipato, con un esame ecografico che può<br />

subito identificare la causa ostruttiva e definire<br />

il volume renale: reni piccoli ecogeni nell’IRC<br />

e reni grandi ipo-i<strong>per</strong>ecogeni nell’IRA.<br />

L’associazione poi dell’US-Doppler consente<br />

di valutare la <strong>per</strong>fusione renale e quindi di<br />

distinguere l’IRA pre-renale, con indici di<br />

resistenza normali, dall’IRA a causa intrarenale<br />

da nefropatie tubulo-interstiziali, con<br />

indici di resistenza elevati, mentre nelle<br />

forme intrarenali a genesi glomerulare e<br />

nell’IRA pre-renale sono normali.<br />

La più frequente causa di IRA post-renale, la<br />

patologia ostruttiva, vede come metodica<br />

principe l’US-Doppler che documenta direttamente<br />

l’idronefrosi associata ad indici di<br />

resistenza elevati dopo le prime 6 ore.<br />

In caso di negatività US la metodica successiva<br />

può essere la scintigrafia renale con Tc-<br />

99. Il tracciante standard glomerulare (Tc-99<br />

DTPA) non differenzia tra IRA e IRC ma differenzia<br />

la necrosi corticale da quella tubulare:<br />

un accumulo progressivo del tracciante<br />

senza escrezione depone <strong>per</strong> necrosi tubulare,<br />

mentre un’assente captazione <strong>per</strong> necrosi<br />

corticale o glomerulonefrite acuta. Il tracciante<br />

tubulare (Hippuran, Tc 99MAG-3)<br />

definisce il livello della funzione renale e la


14<br />

Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

reversibilità dell’IR. Inoltre la valutazione del<br />

flusso plasmatico renale effettivo (ERPF) ha<br />

significato prognostico: se l’ERPF è maggiore<br />

di 125 ml/min e la captazione è buona la<br />

prognosi è migliore, mentre se l’uptake è<br />

scarso la prognosi è infausta, con prospettiva<br />

di dialisi o trapianto (51, 52)<br />

Il trauma renale rappresenta un’unica condizione<br />

di IRA pre-intra-post-renale: in questo<br />

contesto la TC è metodica di 1 a scelta <strong>per</strong><br />

documentare sia l’eventuale occlusione<br />

vascolare, sia l’ematoma intra o <strong>per</strong>irenale e<br />

l’eventuale ostruzione ureterale da coaguli;<br />

analogamente, la TC è l’indagine di 1 a scelta<br />

nella necrosi tubulare acuta da farmaci o da<br />

shock prolungato con precipitazione di emoglobina<br />

o mioglobina nei tubuli renali (53).<br />

L’Angio-RM, grazie alla minore nefrotossicità<br />

del Gd-DTPA rispetto ai mezzi di contrasto<br />

iodati (54-56), è metodica d’elezione nell’IRA<br />

vascolare: nella sospetta stenosi delle arterie<br />

renali in pazienti i<strong>per</strong>tesi con Doppler positivo<br />

o dubbio, o nella trombosi della vena renale e,<br />

in genere, in <strong>tutti</strong> i pazienti non indicati a studio<br />

con mdc iodati.<br />

L’urografia non ha ruolo nella diagnosi differenziale<br />

delle cause di IRA.<br />

Insufficienza renale cronica (IRC)<br />

L’insufficienza renale cronica spesso si presenta<br />

in modo insidioso ed è caratterizzata<br />

da un lento declino del volume del filtrato<br />

glomerulare. Le cause più frequenti che portano<br />

ad IRC terminale e che pongono l’indicazione<br />

al trapianto sono: glomerulonefrite<br />

cronica, nefropatia diabetica, nefropatia i<strong>per</strong>tensiva,<br />

rene policistico, pielonefrite cronica,<br />

calcolosi renale (57). Nei pazienti pediatrici<br />

le cause più comuni sono la glomerulonefrite<br />

e la pielonefrite (58).<br />

Nell’insufficienza renale cronica (IRC) l’US è<br />

l’indagine di prima scelta <strong>per</strong> distinguere le<br />

forme terminali irreversibili da quelle passibili<br />

di recu<strong>per</strong>o, definendo dimensioni ed ecogenicità<br />

renale, presenza d’idronefrosi ed identificando<br />

l’eventuale patologia espansiva (1, 2).<br />

Quando l’IRC ha genesi ostruttiva, l’US ha<br />

una sensibilità <strong>per</strong> la diagnosi d’idronefrosi<br />

attorno al 100% nelle forme moderato-severe,<br />

con una quota di falsi positivi nel 26% dei<br />

casi, causati da reflusso vescico-ureterale,<br />

riempimento vescicale, cisti parapieliche,<br />

incrocio vascolare nella pelvi renale: la diagnosi<br />

differenziale si pone in tali casi con<br />

l’aggiunta dell’US-Doppler.<br />

Poiché la nefropatia i<strong>per</strong>tensiva rappresenta<br />

oltre il 25% delle cause di IRC, le metodiche<br />

di imaging si devono cimentare con l’identificazione<br />

e la quantificazione delle stenosi<br />

dell’arteria renale: l’US-Doppler definisce<br />

bene la <strong>per</strong>fusione renale ma non è sufficientemente<br />

accurata <strong>per</strong> la diagnosi delle stenosi<br />

dell’arteria renale, specie ostiale, con attendibilità<br />

maggiore all’aumentare del grado<br />

della stenosi, specie se su<strong>per</strong>a l’80% (2): in<br />

tal caso si ravvede la necessità di completamento<br />

mediante Angio-TC spirale o, in caso<br />

di IRC severa che controindichi l’iniezione di<br />

mdc, di Angio-RM.<br />

La TC è indicata solo in caso di studio US<br />

equivoco <strong>per</strong> patologia ostruttiva o cistica: in<br />

tali casi la TC senza mdc ha accuratezza<br />

su<strong>per</strong>iore all’US <strong>per</strong> lo studio delle cisti renali,<br />

le emorragie e le neoplasie dei pazienti<br />

con IRC in dialisi, <strong>per</strong> identificare la necrosi<br />

papillare (calcificazioni lungo la linea papillare<br />

e lungo il contorno renale) e <strong>per</strong> definire<br />

i calcoli ureterali.<br />

La scintigrafia sequenziale con Tc-99 DTPA<br />

può essere utilmente impiegata poiché fornisce<br />

una valutazione globale della funzione<br />

renale e della potenziale reversibilità dell’IR.<br />

Lo studio dopo ACE-inibitori, che possiede<br />

un’elevata sensibilità nell’identificazione<br />

della stenosi dell’arteria renale in pazienti<br />

con funzione renale normale, è sconsigliabile<br />

nell’IRC in quanto meno accurata, poiché<br />

il DTPA è un tracciante glomerulare che<br />

risente della scarsa filtrazione glomerulare in<br />

presenza di VFG inferiore a 15 ml/min.<br />

Colica renale<br />

Un calcolo renale abbastanza piccolo da passare<br />

nell’uretere può causare il blocco del flusso<br />

d’urina con distensione delle vie escretrici a<br />

monte: le più frequenti sedi di ritenzione di<br />

calcoli sono la giunzione ureteropelvica, l’incrocio<br />

con i vasi iliaci e lo sbocco ureterovescicale.<br />

La probabilità del passaggio spontaneo in


Scripta MEDICA<br />

La diagnostica nefrologica oltre l’ecografia<br />

15<br />

vescica di un calcolo ureterale è molto alta <strong>per</strong><br />

calcoli inferiori a 5 mm mentre è molto bassa<br />

se su<strong>per</strong>ano il centimetro: da ciò nasce la<br />

costante richiesta dei clinici di definire<br />

mediante imaging le dimensioni del calcolo.<br />

Il radiogramma diretto dell’addome può<br />

essere sufficiente <strong>per</strong> diagnosticare l’ureterolitiasi<br />

in paziente litiasico già accertato in<br />

precedenza, mentre è nota la sua bassa accuratezza<br />

<strong>per</strong> la prima diagnosi: recenti studi<br />

retrospettivi (59, 60) e, soprattutto, di comparazione<br />

con la TC spirale (61) hanno<br />

dimostrato sensibilità non su<strong>per</strong>iori al 58-<br />

62%. Tale metodica ha quindi una scarsa utilità<br />

se impiegata come unica indagine diagnostica,<br />

mentre conserva un ruolo come<br />

fase preliminare dell’urografia.<br />

L’ecografia dimostra la litiasi ostruttiva come<br />

re<strong>per</strong>to secondario all’ectasia pielocaliceale<br />

ed ureterale (62-64): poiché queste si manifestano<br />

dopo alcune ore, l’US in fase acuta<br />

può mancare in oltre il 30% dei casi la dimostrazione<br />

di calcoli se i pazienti non sono<br />

adeguatamente idratati.<br />

L’idronefrosi secondaria ad ureterolitiasi è<br />

stata rilevata in pazienti non idratati in quote<br />

variabili dal 35 al 73% (65-66).<br />

L’associazione dell’US-Doppler renale può<br />

migliorare l’identificazione precoce dell’ostruzione,<br />

registrando elevati indici di resistenza<br />

in reni con sistema collettore non<br />

ancora dilatato (67, 68).<br />

L’urografia, in quanto su<strong>per</strong>iore all’US <strong>per</strong> diagnosticare<br />

i calcoli renali, fin dall’inizio degli<br />

anni ‘90 è stata considerata l’esame d’elezione<br />

nel sospetto di colica renale. Negli anni ‘92-93<br />

è stato proposto di sostituire l’urografia, nel<br />

primo approccio, con l’associazione di US<br />

dopo idratazione e radiogramma diretto dell’addome<br />

(69, 70), riservando successivamente<br />

l’urografia solo ai casi non conclusivi, stimati<br />

attorno al 28% del totale (71), quali:<br />

l) idronefrosi all’US senza evidenza di calcoli<br />

né all’US, né al radiogramma diretto;<br />

2) sospetto di calcolo al radiogramma diretto<br />

ma non evidenza di calcoli né d’idronefrosi<br />

all’US;<br />

3) <strong>per</strong>sistenza della sintomatologia senza<br />

espulsione di calcoli a fronte di una negatività<br />

di US e radiogramma diretto;<br />

4) necessità di una visualizzazione panoramica<br />

delle vie escretrici in previsione di<br />

una terapia interventistica.<br />

La TC spirale senza mdc è stata proposta nei<br />

pazienti con sospetta colica renale <strong>per</strong> la prima<br />

volta nel ‘95 (72): da allora molti studi hanno<br />

dimostrato l’elevatissima sensibilità (95-96%)<br />

e specificità (98%) di tale indagine (73-84) ed<br />

il suo impiego è stato raccomandato in sostituzione<br />

dell’urografia, nei casi non risolti dallo<br />

studio US e dal radiogramma dell’addome preliminare<br />

in fase acuta (85).<br />

Nel sospetto di colica renale la TC spirale è<br />

quindi da considerarsi indagine di elezione, in<br />

quanto porta ad una conclusione diagnostica<br />

immediata, documentando la litiasi e differenziandola<br />

dai fleboliti pelvici (Figura 11).<br />

La TC spirale è in grado di evidenziare quasi<br />

<strong>tutti</strong> i calcoli urinari (73-84) (Figura 12)<br />

mentre l’urografia ha una <strong>per</strong>centuale di falsi<br />

negativi compresa tra il 31 e il 48% a seconda<br />

degli Autori (75, 85-90).<br />

Inoltre, sulla base della sede e della misura<br />

delle esatte dimensioni del calcolo, la TC spirale<br />

consente di prevedere se il calcolo sarà eliminato<br />

spontaneamente o se sarà necessaria<br />

una terapia interventistica. La TC spirale è in<br />

grado di identificare anche microcalcoli renali<br />

e quindi una diatesi litiasica subclinica.<br />

Lo studio con TC spirale durante una colica<br />

addominale consente inoltre l’identificazione<br />

di eventuali patologie urinarie non litiasiche<br />

o di patologie extraurinarie insospettate,<br />

responsabili della sintomatologia quali ad<br />

esempio appendicite, diverticolite o torsione<br />

di masse ovariche (77, 91).<br />

Infine, l’indagine TC è meglio accettata dal<br />

paziente, non essendo necessaria una preliminare<br />

pulizia intestinale né l’iniezione di<br />

mdc ed essendo più rapida dell’urografia<br />

(92), e non essendo o<strong>per</strong>atore-dipendente<br />

come l’US.<br />

I punti che ancora oggi depongono a favore<br />

dell’urografia sono rappresentati esclusivamente<br />

dalla dose e dai costi: la TC spirale<br />

eroga una dose che varia tra 2,82 e 6,4 mSv,<br />

maggiore da 1,33 a 3,94 volte rispetto all’urografia<br />

(85) ed, inoltre, il protocollo che<br />

prevede US e radiogramma diretto dell’addome<br />

e, solo nei casi selezionati (28%), la<br />

TC spirale ha un costo pari a 64,91 Euro,<br />

cioè inferiore del 12% rispetto al protocollo


16<br />

Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

A<br />

B<br />

Figura 11.<br />

Colica renale:<br />

TC assiale<br />

senza mdc.<br />

A: flebolita,<br />

con vena dilatata<br />

a monte;<br />

B: calcolo,<br />

con dilatazione<br />

dell’uretere distale.<br />

che prevede la TC spirale in prima battuta<br />

(74,00 Euro).<br />

È possibile poi che nel prossimo futuro l’urografia<br />

venga completamente sostituita<br />

dall’Uro-TC anche <strong>per</strong> valutare le possibili<br />

cause di un’ematuria e <strong>per</strong> documentare in<br />

assoluto altre patologie genito-urinarie (86).<br />

Attualmente è ancora in uso grazie alla resistenza<br />

di molti clinici che non apprezzano<br />

appieno il miglior dettaglio anatomico delle<br />

vie urinarie ottenibile con la metodica TC.<br />

L’Uro-TC deve essere considerata come un’evoluzione<br />

dell’urografia, che combina il dettaglio<br />

anatomico assiale della TC alla visualizzazione<br />

sul piano frontale delle vie escretrici<br />

fornito dall’urografia. La transizione<br />

verso un’uso estensivo dell’Uro-TC in sostituzione<br />

dell’urografia avverrà in alcuni anni<br />

A<br />

ed in pochi casi l’urografia resterà forse indagine<br />

appropriata: nello studio di anomalie<br />

congenite complesse, nella dimostrazione<br />

delle ricostruzioni chirurgiche delle vie urinarie<br />

e nel follow-up di pazienti con pregresso<br />

carcinoma a cellule transizionali (86).<br />

Mentre è ancora in corso la messa a punto del<br />

ruolo della TC spirale nella colica renale, sta<br />

comparendo all’orizzonte delle metodiche di<br />

imaging l’Uro-RM, che si sta dimostrando<br />

metodica competitiva in questo settore (93-<br />

95), fornendo dettagli anatomici di elevata<br />

accuratezza (documentazione dell’ostruzione<br />

e dell’edema <strong>per</strong>irenale con sensibilità 100%)<br />

e con specifiche indicazioni in gravidanza,<br />

nei pazienti pediatrici ed in <strong>tutti</strong> i casi in cui<br />

non è indicata la radioesposizione e l’iniezione<br />

di mdc iodato (Figure 13, 14).<br />

B<br />

Figura 12.<br />

TC Spirale senza<br />

mdc.<br />

A: studio assiale<br />

e B: ricostruzione<br />

coronale:<br />

voluminosa<br />

formazione<br />

litiasica della pelvi<br />

renale sinistra.


Scripta MEDICA<br />

La diagnostica nefrologica oltre l’ecografia<br />

17<br />

Figura 13.<br />

Uro-RM.<br />

A. Studio RM T2-<br />

pesato (sequenza<br />

RARE assiale:<br />

dimostrazione del<br />

calcolo ostruttivo<br />

incuneato nella<br />

pelvi renale con<br />

edema <strong>per</strong>irenale)<br />

B. Stesso caso.<br />

RM T1-pesata+<br />

Gd-DTPA<br />

(sequenza FLASH<br />

sul piano coronale:<br />

migliore evidenza<br />

del calcolo e<br />

dell’ostruzione<br />

pielo-caliceale).<br />

A<br />

B<br />

Figura 14.<br />

A. Urografia<br />

tradizionale e<br />

B.Uro-RM (T2W<br />

senza mdc,<br />

tecnica RARE).<br />

Lo studio urografico<br />

dimostra<br />

un doppio<br />

distretto<br />

pielo-caliceale<br />

a sinistra<br />

e l’esclusione del<br />

rene destro;<br />

l’uro-RM dimostra,<br />

a destra,<br />

idroureteronefrosi<br />

<strong>per</strong> ostacolo<br />

a livello dell’uretere<br />

terminale.<br />

A<br />

B<br />

Grazie all’elevato segnale (i<strong>per</strong>intenso) in T2<br />

dei fluidi statici è inoltre possibile ottenere<br />

un’Uro–RM senza impiego di mdc documentando<br />

anche reni esclusi all’urografia (Figura<br />

14). Le attuali indicazioni all’Uro-RM sono<br />

infatti costituite dallo studio del rene escluso,<br />

della colica renale e di <strong>tutti</strong> i casi in cui<br />

l’impiego di mdc iodati è controindicato.


18<br />

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Tratto da:<br />

ATTI 14° Congresso Società Italiana di Ecografia<br />

Urologica, Nefrologica e Andrologica


Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

21<br />

Erisipela<br />

Stefano Veraldi<br />

Introduzione<br />

L’erisipela (o eresipela o, popolarmente,<br />

risippola) è una malattia batterica acuta del<br />

derma e del sottocute.<br />

Il termine di cellulite non è sinonimo di erisipela:<br />

<strong>per</strong> cellulite si intende infatti, genericamente,<br />

una malattia infiammatoria<br />

acuta, a eziologia infettiva o non, dei tessuti<br />

molli (1).<br />

Epidemiologia<br />

Nel nostro Paese, l’erisipela colpiva in passato<br />

le classi socio-economiche meno abbienti.<br />

Negli ultimi decenni, con il miglioramento<br />

delle condizioni igienico-sanitarie, la malattia<br />

è diventata più rara. È <strong>per</strong>altro da rilevare<br />

che l’erisipela ha continuato a essere frequente<br />

nei Paesi dell’Europa dell’Est, soprattutto<br />

la Romania. Inoltre, negli ultimi anni, è<br />

stata osservata in Francia un’incidenza<br />

annuale in costante crescita (2-5).<br />

La malattia è più frequente nelle femmine e<br />

dopo i 60 anni.<br />

Fattori predisponenti<br />

I fattori predisponenti generali sono rappresentati,<br />

secondo alcuni Autori (6), dall’alcolismo<br />

e dal diabete insulino-dipendente.<br />

Tuttavia, è più probabile che, più che l’alcolismo<br />

in senso stretto, sia la scarsa igiene<br />

<strong>per</strong>sonale e dell’abitazione, molto spesso<br />

Istituto di Scienze Dermatologiche, I.R.C.C.S.<br />

Università di Milano<br />

associata all’alcolismo, a predisporre all’erisipela.<br />

In uno studio di Crickx et al. (6), l’alcolismo<br />

era presente nel 33% dei pazienti e il<br />

diabete nel 15%. Recentemente è stata data<br />

importanza anche al clima caldo-umido (7).<br />

Crickx et al. (6) hanno individuato anche una<br />

serie di fattori predisponenti locali, come<br />

l’insufficienza venosa cronica (riscontrata nel<br />

47% dei pazienti), le intertrigini micotiche<br />

degli spazi interdigitali dei piedi (26% dei<br />

casi), le ulcere post-traumatiche e quelle da<br />

insufficienza venosa cronica (24 e 21%,<br />

rispettivamente), concomitanti dermatiti<br />

(16%) e il linfedema (4%). In particolare,<br />

negli ultimi anni, è stata data grande importanza<br />

alla tinea pedis, subclinica o asintomatica,<br />

come porta d’ingresso, e quindi come<br />

fattore predisponente di importanza determinante<br />

(2-9).<br />

Fino a oggi, è stato pubblicato un unico studio<br />

caso-controllo sui fattori di rischio <strong>per</strong><br />

l’erisipela delle gambe (10). In base ai risultati<br />

di questo studio, il linfedema delle<br />

gambe è il fattore predisponente più importante,<br />

seguito dall’insufficienza venosa cronica,<br />

dall’obesità, dalle intertrigini micotiche<br />

degli spazi interdigitali dei piedi e dall’assunzione<br />

degli anti-infiammatori non<br />

steroidei (10).<br />

Eziologia e patogenesi<br />

L’erisipela è, storicamente, una malattia<br />

streptococcica. Lo streptococco β-emolitico<br />

di gruppo A è responsabile, a seconda degli<br />

studi, del 38-67% dei casi; seguono il gruppo<br />

G (23-25%), il gruppo B (2-9%), il gruppo<br />

C (5-7%) e il gruppo D (≤ 1%) (4, 11).<br />

In uno studio francese pubblicato nel 1995 (4),


22<br />

Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

gli streptococchi erano<br />

risultati gli agenti eziologici<br />

nel 79% dei casi<br />

(Streptococcus pyogenes<br />

nel 67%) e Staphylococcus<br />

aureus nel 31%.<br />

Negli ultimissimi anni, i<br />

casi di erisipela causata<br />

da Staphylococcus aureus<br />

sembrano più frequenti.<br />

Attualmente, si stima<br />

che, nei Paesi occidentali,<br />

i casi di erisipela causati<br />

dallo stafilococco, da<br />

solo o associato agli streptococchi,<br />

costituiscano<br />

circa il 40%: gli stafilococchi<br />

sono quindi batteri<br />

emergenti nell’eziologia<br />

della malattia. Non<br />

sembra <strong>per</strong>altro esistano<br />

differenze cliniche tra l’erisipela<br />

causata dagli<br />

streptococchi e quella<br />

dovuta agli stafilococchi. In quasi il 20% dei<br />

casi, nonostante l’utilizzo di due o più metodiche<br />

diagnostiche, l’eziologia rimane sconosciuta<br />

(11).<br />

Inoltre, negli ultimi anni, altri batteri sono<br />

stati riscontrati come responsabili di infezioni<br />

batteriche acute del derma e del sottocute.<br />

Tra questi: Pseudomonas aeruginosa; Haemophilus<br />

influenzae, che causa una caratteristica<br />

forma di cellulite nel bambino a carico delle<br />

palpebre e dell’area orbitaria; Vibrio vulnificus,<br />

responsabile di una cellulite provocata<br />

dall’ingestione di crostacei crudi, di riscontro<br />

non eccezionale negli Stati Uniti e di notevole<br />

gravità.<br />

I batteri responsabili dell’erisipela sono solitamente<br />

saprofiti del condotto uditivo esterno<br />

(soprattutto Pseudomonas spp.), del faringe<br />

e delle tonsille (soprattutto gli streptococchi)<br />

e delle fosse nasali anteriori (soprattutto<br />

gli stafilococchi). Da queste sedi i batteri raggiungono<br />

con le mani la cute e vi penetrano<br />

attraverso soluzioni continuo. Come riferito<br />

precedentemente (2, 6, 8, 9), un’altra possibilità<br />

di contagio, ritenuta in questi ultimi<br />

anni di grandissima importanza nella patogenesi<br />

dell’erisipela degli arti inferiori, è la<br />

penetrazione dei germi attraverso le lesioni<br />

di intertrigini degli spazi interdigitali dei<br />

piedi. In questi casi, quindi, la penetrazione<br />

dei batteri è esogena, nei casi precedenti è<br />

<strong>per</strong> autoinoculazione.<br />

Clinica<br />

L’erisipela è preceduta da una sintomatologia<br />

aspecifica, seppur tipica, caratterizzata da<br />

astenia, febbre e brividi. La febbre è sempre<br />

presente, sebbene possa essere di grado assai<br />

variabile e di durata altrettanto variabile.<br />

La malattia è caratterizzata dalla comparsa<br />

acuta di una lesione eritematosa infiltrata,<br />

spesso di notevoli dimensioni, di colore rosso<br />

acceso (Figure 1, 2).<br />

I bordi sono caratteristicamente netti e regolari,<br />

a scalino. La lesione tende rapidamente ad<br />

estendersi in senso centrifugo. La consistenza è<br />

parenchimatosa-dura. Il paziente riferisce<br />

dolore. Nelle forme localizzate alle gambe si<br />

riscontrano spesso lesioni purpuriche (nel<br />

13% dei casi nello studio di Crickx et al.) (6),<br />

vescicolo-bollose (nel 30% dei casi nello stesso<br />

studio) (6), pustolose, erosive (Figura 3).<br />

Figura 1.<br />

Erisipela del volto.


Scripta MEDICA<br />

Erisipela<br />

23<br />

Figura 2.<br />

Particolare<br />

della Figura 1.<br />

face) (3); meno frequente è<br />

la localizzazione agli arti<br />

su<strong>per</strong>iori e ai genitali; ancora<br />

più rara è la localizzazione<br />

al tronco. Nel complesso,<br />

gli arti inferiori sono<br />

colpiti in ol-tre l’85% dei<br />

casi e il volto in circa il 10%<br />

(2, 6, 12).<br />

L’erisipela è talvolta accompagnata<br />

da una linfangite;<br />

tuttavia, nella maggior parte<br />

dei casi, la flogosi della<br />

parete dei linfatici non è clinicamente<br />

apprezzabile, in<br />

quanto sono coinvolti i linfatici<br />

profondi. Anche l’interessamento<br />

dei linfonodi<br />

regionali, sotto forma di linfadenite,<br />

non è frequente.<br />

Figura 3.<br />

Lesioni<br />

vescicolo-bollose<br />

ed erosive.<br />

Meno frequente è lo sviluppo di vere e proprie<br />

ulcere: in questi casi si deve prendere in<br />

considerazione la possibilità di una fasciite<br />

necrotizzante.<br />

Le sedi più colpite sono, nell’ordine, la<br />

gamba, la coscia e il volto (la cosiddetta red<br />

Esami di laboratorio<br />

e strumentali<br />

Le alterazioni di laboratorio sono aspecifiche.<br />

Solitamente si osservano leucocitosi<br />

con neutrofilia e aumento della velocità di<br />

eritrosedimentazione, della proteina C-reattiva<br />

e dell’α1-glicoproteina acida. Si possono<br />

inoltre riscontrare i<strong>per</strong>-γ-globulinemia e<br />

aumento del titolo anti-streptolisinico o<br />

anti-stafilolisinico, a seconda che gli agenti<br />

eziologici siano streptococchi o stafilococchi.<br />

Tuttavia, l’incremento di questi titoli<br />

non è frequente nè marcato.<br />

La diagnosi di erisipela è fondamentalmente<br />

clinica. In uno studio di Bernard et al. (4),<br />

l’immunofluorescenza diretta era positiva<br />

nel 64% dei pazienti, l’agglutinazione su lattice<br />

nel 47%, la coltura del materiale ottenuto<br />

con l’agoaspirato nel 28%, l’incremento<br />

del titolo anti-streptolisinico nel 12% e l’emocoltura<br />

nel 5%. Risultati sovrapponibili<br />

sono stati ottenuti da altri Autori (2).<br />

Nella nostra es<strong>per</strong>ienza, abbiamo riscontrato<br />

che la coltura del materiale ottenuto con l’agoaspirato<br />

è positiva in quasi la metà dei<br />

casi: il “segreto” consiste nel far penetrare<br />

l’ago della siringa nel bordo della lesione, in<br />

profondità, fino al derma profondo e al sot-


24<br />

Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

tocute, e di eseguire almeno tre prelievi.<br />

La coltura del tampone cutaneo, come già<br />

rilevato da vari autori (4), è sistematicamente<br />

negativa anche nelle forme localizzate alle<br />

gambe, che sono spesso caratterizzate da<br />

lesioni vescicolo-bollose, pustolose ed erosive:<br />

infatti, la localizzazione dei batteri è sempre<br />

profonda.<br />

Complicanze<br />

Le complicanze dell’erisipela non sono frequenti,<br />

soprattutto se una diagnosi corretta e<br />

precoce è seguita da una terapia antibiotica<br />

altrettanto precisa e rapida. Secondo Crickx<br />

et al. (6), la terapia tardiva costituisce la<br />

causa principale delle complicanze.<br />

In quattro studi francesi (2, 4, 6, 12), le complicanze<br />

erano comprese tra il 7 e il 14%.<br />

Secondo Chartier e Grosshans (2), la glomerulonefrite<br />

acuta rappresenta la complicanza<br />

sistemica più frequente (1% dei casi).<br />

La sepsi e l’endocardite sono state osservate<br />

nello 0.2% dei casi. Tuttavia, è da sottolineare<br />

che la febbre che precede e/o accompagna<br />

l’erisipela non è altro che un marker clinico<br />

di sepsi: quest’ultima non può quindi essere<br />

considerata una vera complicanza dell’erisipela.<br />

Rarissima è la toxic-strep syndrome.<br />

L’ascesso costituisce la complicanza locale<br />

più frequente (6% dei pazienti nello studio<br />

di Chartier e Grosshans) (2): sarebbe più frequente<br />

nei pazienti con diabete insulinodipendente<br />

e sarebbe causato soprattutto da<br />

stafilococchi resistenti alle penicilline) (6) ed<br />

è seguito dalla gangrena su<strong>per</strong>ficiale o<br />

profonda (4%). Anche le tromboflebiti<br />

su<strong>per</strong>ficiali e profonde, osservate da Chartier<br />

e Grosshans (2) nel 2% dei pazienti, non<br />

sono in realtà una complicanza della malattia,<br />

bensì un fattore predisponente. La linfangite<br />

e la linfadenite regionale non sono<br />

comuni, osservandosi nel 2-3% dei pazienti.<br />

Molto più frequente è un linfedema cronico<br />

(elephantiasis nostra streptogenes), dovuto a<br />

ripetute recidive di erisipela; è inizialmente<br />

monolaterale, ma col tempo diventa bilaterale.<br />

La cute appare ispessita, pachidermica,<br />

papillomatosa, con su<strong>per</strong>ficie tesa, rugosa e<br />

xerotica e consistenza dura. L’elefantiasi è talvolta<br />

di enormi dimensioni. Frequente è lo<br />

sviluppo di ulcere con scarsa tendenza alla<br />

guarigione spontanea e, anzi, notevole resistenza<br />

ai vari trattamenti.<br />

La fasciite necrotizzante, considerata in passato<br />

come una possibile complicanza dell’erisipela,<br />

è ormai ritenuta come una malattia<br />

a se stante.<br />

L’erisipela è recidivante nel 23.5% dei casi<br />

(6). La morte si verifica nello 0.2-0.8% dei<br />

pazienti (2, 12).<br />

Diagnosi<br />

La diagnosi di erisipela è clinica e solitamente<br />

facile. I caratteri clinici più importanti <strong>per</strong><br />

la diagnosi sono rappresentati dalle manifestazioni<br />

cutanee (singola lesione eritematoinfiltrativa<br />

a comparsa acuta e a rapida estensione<br />

centrifuga, con bordi netti e regolari,<br />

localizzata agli arti inferiori o al volto) e dalla<br />

febbre.<br />

Come riferito precedentemente, gli esami di<br />

laboratorio sono di scarso aiuto.<br />

La malattia entra in diagnosi differenziale<br />

con altre malattie infettive o parassitarie (3)<br />

(come l’erisipeloide, la fasciite necrotizzante<br />

e la trichinosi), malattie infiammatorie e<br />

allergiche (come la dermatite irritante/allergica<br />

da contatto, la fotodermatite tossica/allergica<br />

da contatto, l’edema di<br />

Quincke, la rosacea, l’edema cronico facciale,<br />

la sindrome di Melkerson-Rosenthal, la sindrome<br />

di Sweet, la sindrome di Wells, le<br />

tromboflebiti), malattie immuno-mediate<br />

(come il lupus eritematoso sistemico e la<br />

dermatomiosite).<br />

Terapia<br />

Terapia sistemica<br />

Antibiotici.<br />

Numerosissimi sono gli studi clinici, controllati<br />

e non, relativi all’antibioticoterapia<br />

dell’erisipela. In generale, è consigliato l’utilizzo<br />

delle penicilline, come, <strong>per</strong> esempio, la<br />

penicillina G, <strong>per</strong> via intramuscolare o endovenosa,<br />

a dosaggio pieno e <strong>per</strong> almeno 10<br />

giorni (6,12).


Scripta MEDICA<br />

Erisipela<br />

25<br />

In alternativa si possono utilizzare i macrolidi<br />

(5), come la claritromicina <strong>per</strong> via orale (1<br />

g/die <strong>per</strong> almeno 10 giorni), oppure l’associazione<br />

amoxicillina-acido clavulanico <strong>per</strong><br />

via orale (2-3 g/ die <strong>per</strong> almeno 10 giorni).<br />

Anti-infiammatori non steroidei.<br />

Teoricamente, questi farmaci potrebbero<br />

essere utili <strong>per</strong> ridurre la flogosi e l’infiltrazione<br />

locale, favorendo quindi la penetrazione<br />

degli antibiotici, e il dolore. Tuttavia, in<br />

numerosi studi è stata ipotizzata un’associazione<br />

tra l’utilizzo di questi farmaci e la progressione<br />

di infezioni streptococciche, in<br />

particolare la fasciite necrotizzante.<br />

Sulla base di questi risultati, l’utilizzo degli<br />

anti-infiammatori non steroidei non è consigliato<br />

nella terapia dell’erisipela (13).<br />

Anticoagulanti.<br />

Le eparine sono spesso utilizzate sia nella<br />

terapia sia nella prevenzione dell’erisipela<br />

localizzata agli arti inferiori al fine di evitare<br />

le complicanze tromboemboliche, in<br />

particolare la trombosi venosa profonda (6,<br />

12, 14). Tuttavia, un recente studio (14) ha<br />

dimostrato che non esiste un’indicazione<br />

all’utilizzo delle eparine né <strong>per</strong> la terapia<br />

né <strong>per</strong> la profilassi dell’erisipela.<br />

Terapia topica<br />

La terapia topica non è generalmente necessaria.<br />

Solamente nelle forme degli arti inferiori<br />

caratterizzate da vescicole, bolle, pustole,<br />

erosioni o ulcere, possono essere utili impacchi<br />

con <strong>per</strong>manganato di potassio (250 mg in<br />

1,5-3 l d’acqua: 2-3 impacchi/ die).<br />

Profilassi<br />

Numerosissimi sono gli antibiotici e gli schemi<br />

terapeutici proposti; tra <strong>tutti</strong>, la penicillina<br />

benzatina <strong>per</strong> via intramuscolare ogni due<br />

settimane sembra essere il farmaco più efficace<br />

(15).<br />

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Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

27<br />

Sindrome metabolica:<br />

aspetti clinici e prospettive terapeutiche<br />

Fulvio Muzio<br />

Definizione<br />

Il termine “sindrome metabolica” (SM) identifica<br />

una condizione caratterizzata dalla<br />

contemporanea associazione di diversi fattori<br />

di rischio metabolici e non metabolici in<br />

uno stesso paziente.<br />

I principali componenti sono:<br />

Insulino-resistenza: condizione di ridotta<br />

sensibilità cellulare agli effetti dell’insulina;<br />

Intolleranza glucidica: comprende la ridotta<br />

tolleranza glucidica e il diabete mellito<br />

di tipo 2;<br />

Dislipidemia: incremento dei trigliceridi,<br />

riduzione del colesterolo-HDL, aumento<br />

del colesterolo LDL e VLDL;<br />

I<strong>per</strong>tensione arteriosa;<br />

Obesità addominale.<br />

Altre componenti verosimilmente implicate<br />

nella genesi della sindrome:<br />

I<strong>per</strong>uricemia;<br />

Microalbuminuria;<br />

Alterazioni della fibrinolisi.<br />

Nel corso degli anni in letteratura sono comparsi<br />

molti termini ideati <strong>per</strong> descrivere l’aggregazione<br />

di più disordini metabolici nello<br />

stesso individuo.<br />

Jean Vague nel 1956 definì “Sindrome dell’obesità<br />

androide” l’associazione di obesità<br />

addominale, diabete e gotta (1).<br />

Alcuni anni più tardi, ricerche effettuate<br />

presso la Facoltà di Medicina dell’Università<br />

di Padova, hanno portato all’introduzione<br />

del termine “Sindrome Plurimetabolica” <strong>per</strong><br />

descrivere un evento patologico caratterizza-<br />

Responsabile Dietologia<br />

Ospedale G. Salvini, Garbagnate Milanese<br />

to da obesità, diabete, i<strong>per</strong>lipidemia e i<strong>per</strong>tensione<br />

(2).<br />

Gerald Reaven, nel 1988, ha enfatizzato l’esistenza<br />

di questa aggregazione e ha proposto il<br />

termine di “Sindrome X” <strong>per</strong> definire l’associazione<br />

di ridotta tolleranza glucidica, insulinoresistenza,<br />

dislipidemia e i<strong>per</strong>tensione (3).<br />

Nel 1998, una commissione consultiva<br />

dell’Organizzazione Mondiale della Sanità<br />

(WHO) ha proposto il termine di “Sindrome<br />

Metabolica” <strong>per</strong> definire l’aggregazione di<br />

più disordini metabolici (4).<br />

Il definitivo riconoscimento della SM come<br />

entità nosologica autonoma può essere fatto<br />

corrispondere al 2001, anno in cui i Centres<br />

for Disease Control americani le hanno attribuito<br />

uno specifico numero di codice ICD-9-<br />

CM, il 277.7.<br />

Eziopatogenesi<br />

La Sindrome Metabolica può essere considerata<br />

l’espressione clinica di tante anomalie<br />

metaboliche collegate l’una con l’altra da un<br />

fitto intreccio di relazioni esercitanti spesso<br />

reciproche influenze, nell’ambito delle quali<br />

non è attualmente possibile formulare un<br />

giudizio di priorità o identificare con chiarezza<br />

un “primum movens”.<br />

Le due ipotesi patogenetiche prevalenti attribuiscono<br />

questo ruolo rispettivamente:<br />

1. all’insulinoresistenza, in quanto responsabile<br />

non solo dei difetti di captazione del<br />

glucosio da parte dei tessuti (5), ma<br />

anche della soppressione della mobilizzazione<br />

degli acidi grassi liberi (6);<br />

2. all’adiposità centrale (viscerale), a sua volta<br />

all’origine dell’aumentato flusso di acidi<br />

grassi liberi e dell’i<strong>per</strong>insulinismo (7).


28<br />

Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

Benché attualmente non vi siano ancora gli<br />

elementi che possano portare alla formulazione<br />

di una teoria unificante, essa dovrà in<br />

ogni caso tener conto anche del ruolo fondamentale<br />

svolto dal patrimonio genetico individuale<br />

(8).<br />

Criteri diagnostici<br />

In letteratura, oltre ai termini “Sindrome<br />

dell’Obesità androide” (1), “Sindrome Plurimetabolica”<br />

(2), e “Sindrome X” (3), sono<br />

comparse negli anni diverse denominazione<br />

<strong>per</strong> descrivere l’aggregazione di più disordini<br />

metabolici nello stesso individuo. È possibile<br />

trovare, infatti, i termini “Sindrome Metabolica”<br />

proposto da Ferrannini (9), “Sindrome<br />

GDH” (iniziali di Glucose intolerance,<br />

Dyslipidemia e Hy<strong>per</strong>tension) (10), “Sindrome<br />

GHO” (acronimo di Glucose intolerance,<br />

Hy<strong>per</strong>tension e Obesity) (11), “Sindrome Metabolica<br />

Cardiovascolare” e “Sindrome Aterotrombotica”,<br />

nomi coniati da Hjiermann<br />

(12), “Quartetto Mortale”, descritto da<br />

Kaplan e costituito da intolleranza glucidica,<br />

obesità centrale, i<strong>per</strong>tensione, i<strong>per</strong>trigliceridemia<br />

(13), e infine di “Sindrome dismetabolica<br />

cardiovascolare” (14).<br />

Come risulta dalla Tabella 1, questi termini<br />

non sono esattamente sovrapponibili.<br />

La Tabella 2 riporta i parametri e i criteri più<br />

comunemente adottati <strong>per</strong> identificare e definire<br />

la SM.<br />

I criteri suggeriti dall’Organizzazione Mondiale<br />

della Sanità (WHO) (4) sono stati criticati<br />

dal Gruppo di Studio Europeo dell’Insulinoresistenza<br />

(EGIR), soprattutto <strong>per</strong>ché<br />

alcuni di essi sono di difficile valutazione<br />

nella pratica clinica.<br />

L’EGIR ha <strong>per</strong>tanto suggerito criteri alternativi<br />

<strong>per</strong> identificare la sindrome in questione<br />

che, <strong>per</strong> inciso, ha definito come “Sindrome<br />

dell’Insulinoresistenza” (15).<br />

Anche il National Cholesterol Education<br />

Program (NCEP), Adult Treatment Panel III<br />

(ATP-III) ha proposto una definizione <strong>per</strong> l’identificazione<br />

dei pazienti affetti da SM.<br />

I criteri promulgati dal NCEP ATP-III, risultano<br />

attualmente i più conosciuti e comunemente<br />

adottati (16).<br />

Implicazioni cliniche<br />

La rilevanza clinica della SM è senza dubbio<br />

legata alle sue implicazioni cardiovascolari.<br />

Dato che è stato ampiamente dimostrato<br />

come alcuni dei componenti della sindrome,<br />

quali i<strong>per</strong>tensione arteriosa, alterata tolleranza<br />

glucidica, basso colesterolo HDL, sono di<br />

<strong>per</strong> sé consolidati fattori di rischio cardiova-<br />

Tabella 1.<br />

Caratteri clinici principali delle varie sindromi con disordini metabolici descritte in letteratura.<br />

Obesità IGT Dislipidemia I<strong>per</strong>tensione I<strong>per</strong>uricemia Insulino<br />

o diabete<br />

resistenza<br />

tipo 2<br />

Sindrome<br />

dell’obesità androide + + +<br />

Sindrome<br />

plurimetabolica +/– + + + + +/–<br />

Sindrome X + + + +<br />

Sindrome metabolica +/– +/– +/– +/– +<br />

Quartetto Mortale + + + +<br />

Sindrome GDH +/– + + +<br />

Sindrome GHO + + + +


Scripta MEDICA<br />

Sindrome metabolica: aspetti clinici e prospettive terapeutiche<br />

29<br />

Tabella 2. La Sindrome metabolica come definita da OMS, EGIR e ATP-III.<br />

OMS EGIR ATP-III<br />

Glucosio Diabete mellito Glicemia a digiuno Glicemia a digiuno<br />

o alterata tolleranza tra 110 e 126 mg/dl >110 mg/dl<br />

al glucosio<br />

I<strong>per</strong>tensione ≥160/90 mmHg ≥140/90 mmHg >130/85 mmHg<br />

o assunzione<br />

o assunzione<br />

di anti-i<strong>per</strong>tensivi<br />

di anti-i<strong>per</strong>tensivi<br />

I<strong>per</strong>trigliceridemia ≥150 mg/dl >175 mg/dl >150 mg/dl<br />

HDL Colesterolo 88 cm nelle<br />

femmine<br />

femmine<br />

Microalbuminuria U-AER ≥20 µg/min – –<br />

o rapporto<br />

albumina/creatinina<br />

≥20 mg/g<br />

Criteri Diabete di tipo 2 Insulinoresistenza Tre o più di<br />

<strong>per</strong> la diagnosi o IGT più 2 qualsiasi o i<strong>per</strong>insulinemia qualsiasi dei disturbi<br />

dei criteri sopra citati più due tra gli altri sopra citati<br />

disturbi sopra citati<br />

scolare, risulta logico pensare che la loro<br />

aggregazione produca una condizione di<br />

rischio particolarmente elevata.<br />

Resta ancora da provare la possibile azione<br />

aterogena diretta dell’insulina. Non è chiaro,<br />

infatti, se l’i<strong>per</strong>insulinemia di <strong>per</strong> sé sia un<br />

fattore di rischio cardiovascolare, o piuttosto<br />

solo un indicatore di rischio, in quanto<br />

marker di insulinoresistenza.<br />

Attualmente si può sostenere che l’i<strong>per</strong>insulinemia<br />

è complessivamente un debole predittore<br />

di malattia coronarica (17), a cui è<br />

tuttavia possibile attribuire la valenza di<br />

“indicatore di rischio”, in quanto marker<br />

dell’insulino-resistenza, e fattore verosimilmente<br />

favorente la comparsa delle anomalie<br />

caratterizzanti la SM.<br />

Terapia<br />

della sindrome metabolica<br />

L’elevato rischio cardiovascolare associato<br />

alla SM determina la necessità di interventi<br />

precoci, mirati da una parte a migliorare l’insulino-sensibilità<br />

e dall’altra a correggere/prevenire<br />

le alterazioni metaboliche e<br />

emodinamiche associate.<br />

La maggior parte dei pazienti con SM sono in<br />

sovrappeso o obesi, <strong>per</strong> cui un obiettivo<br />

prioritario deve essere quello di ridurre il<br />

peso corporeo. La riduzione del peso è infatti<br />

di <strong>per</strong> sé capace di migliorare l’insulinosensibilità,<br />

e <strong>per</strong>tanto di esercitare effetti<br />

benefici su tutte le alterazioni che caratterizzano<br />

la sindrome.


30<br />

Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

L’approccio terapeutico è quindi basato su<br />

una modifica dello stile di vita (a sua volta<br />

incentrato sulla terapia dietetica e sull’incremento<br />

dell’attività fisica) e/o sull’utilizzo di<br />

appropriati farmaci.<br />

Da non sottovalutare infine l’importanza<br />

della terapia comportamentale, costituita da<br />

strategie basate sui principi dell’apprendimento.<br />

La dietoterapia<br />

Attualmente la dieta relativamente ricca di<br />

carboidrati e povera di lipidi è ritenuta il<br />

presidio dietoterapico di scelta <strong>per</strong> il trattamento<br />

dei dismetabolismi maggiori (16,<br />

18, 19).<br />

Un regime alimentare di questo tipo <strong>per</strong>mette<br />

un miglioramento della tolleranza ai carboidrati,<br />

ed effetti ipolipidemizzanti promossi<br />

sia dalla diminuzione dei lipidi sia<br />

dall’aumento del consumo di fibra.<br />

Nettamente in contrasto è la posizione di<br />

Reaven (20) il quale ha proposto <strong>per</strong> il trattamento<br />

della SM, una dieta ristretta in carboidrati<br />

(40% dell’energia totale giornaliera) e<br />

ricca in lipidi (in particolare mono e polinsaturi),<br />

sostenendo che una dieta ricca in carboidrati<br />

comporterebbe un aggravamento<br />

delle conseguenze metaboliche dell’insulinoresistenza.<br />

L’attività fisica<br />

L’attività fisica aumenta il consumo d’energia<br />

è <strong>per</strong>tanto è in grado di influenzare il<br />

bilancio energetico, contribuendo a conservare<br />

la massa magra durante una dieta ipocalorica.<br />

Tuttavia, <strong>per</strong> avere un effetto clinicamente<br />

significativo sul peso corporeo, è necessario<br />

che essa sia combinata con un intervento<br />

nutrizionale, producendo in tal modo un<br />

effetto additivo sul calo ponderale.<br />

L’attività fisica abituale si associa ad una<br />

modificazione positiva della maggior parte<br />

dei componenti della SM: oltre ad un miglioramento<br />

della sensibilità insulinica (indipendentemente<br />

dalla riduzione del peso corporeo),<br />

si verifica una riduzione della pressione<br />

arteriosa, della glicemia e dei lipidi plasmatici<br />

(in particolar modo si riducono i trigliceridi<br />

e aumentano le HDL).<br />

La terapia comportamentale<br />

Verso la fine degli anni ‘80 alcuni autori, tra<br />

cui Stunkard (21) e Garrow (22), posero le<br />

basi del cosiddetto “trattamento integrato<br />

dell’obesità” in cui le terapie comportamentali-psicologiche,<br />

attuate <strong>per</strong> mi-gliorare l’autostima,<br />

e quelle educazionali in campo<br />

nutrizionale, devono compenetrarsi e rafforzarsi<br />

vicendevolmente.<br />

L’attuazione di questo tipo di terapia, può<br />

configurarsi nella creazione di gruppi di<br />

pazienti in numero limitato (10-15) che si<br />

riuniscono con una certa frequenza (15 o 30<br />

giorni).<br />

L’obiettivo, oltre a quelli sopra citati, è quello<br />

di migliorare e far mantenere nel tempo la<br />

compliance dietetica.<br />

La terapia integrata<br />

Un programma di terapia integrata nutrizionale<br />

e comportamentale deve proporre quindi<br />

obiettivi possibili e condivisibili ad ogni soggetto.<br />

I principali obiettivi si orientano verso il<br />

miglioramento dello stile alimentare con l’acquisizione<br />

o la riacquisizione di abitudini alimentari<br />

sane, l’aumento dell’attività fisica, la<br />

capacità di non utilizzare il cibo come strumento<br />

di autoconsolazione e/o comunicazione<br />

affettiva, l’aumento dell’autostima, la riduzione<br />

del disagio psicologico, l’incremento<br />

delle attività di socializzazione.<br />

A questo proposito la nostra es<strong>per</strong>ienza di<br />

Carboidrati<br />

55%<br />

7%<br />

SFA<br />

Proteine<br />

15%<br />

3%<br />

PUFA<br />

20%<br />

MUFA<br />

Figura 1.<br />

Composizione media<br />

della dieta fornita.


Scripta MEDICA<br />

La terapia conservativa dell’insufficenza renale cronica<br />

31<br />

Figura 2.<br />

Variazioni di peso (kg)<br />

e BMI dall’inizio<br />

al termine<br />

dello studio.<br />

88<br />

86<br />

84<br />

86<br />

35<br />

30<br />

25<br />

33,5<br />

30,5<br />

82<br />

20<br />

80<br />

78<br />

79<br />

15<br />

10<br />

76<br />

5<br />

74<br />

Peso (kg)<br />

0<br />

BMI<br />

applicazione di tale terapia su pazienti nonospedalizzati<br />

si è rivelata positiva: in un<br />

recente studio (23) abbiamo trattato 161<br />

soggetti (115 donne e 46 uomini) di età<br />

media pari ad 52±15 anni di cui 124 affetti<br />

da obesità (BMI >30) e 37 da soprappeso<br />

(BMI >25). I pazienti sono stati inseriti in un<br />

programma comprendente terapia comportamentale<br />

di gruppo, educazione alimentare,<br />

e un piano nutrizionale che prevedeva una<br />

riduzione di circa 500 KCal rispetto al fabbisogno<br />

energetico abituale, stimato in<br />

2045±277 KCal.<br />

L’apporto nutrizionale medio fornito è stato<br />

<strong>per</strong>tanto di KCal 1500±200, di cui glucidi<br />

55%, lipidi 30%, proteine 15% (Figura1).<br />

Dopo un <strong>per</strong>iodo di trattamento di circa 6<br />

mesi (171±133 giorni) il calo ponderale è<br />

risultato pari a 7 kg (da 86±16 a 79±14,<br />

p


32<br />

Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

%<br />

5<br />

0<br />

BMI<br />

Peso<br />

Circonferenza vita<br />

PAD<br />

PAS<br />

Trigliceridi<br />

1%<br />

Colesterolo totale<br />

Colesterolo HDL<br />

Glucosio<br />

Insulina<br />

Figura 4.<br />

Variazione<br />

dei parametri<br />

antropometrici<br />

e metabolici<br />

dopo<br />

trattamento).<br />

–5<br />

–10<br />

–15<br />

–8% –9%<br />

–5%<br />

–11%<br />

–12%<br />

–7%<br />

–11%<br />

–20<br />

–25<br />

–30<br />

–26%<br />

–26%<br />

Tutti i componenti della sindrome sono<br />

risultati significativamente ridotti al termine<br />

dello studio (p


Scripta MEDICA<br />

Sindrome metabolica: aspetti clinici e prospettive terapeutiche<br />

33<br />

Conclusioni<br />

Riconoscere e valorizzare la SM corrisponde<br />

a riconoscere le connessioni esistenti tra i<br />

numerosi elementi patogenetici, metabolici,<br />

emodinamici e di altra natura che conducono<br />

all’aterosclerosi e alle malattie cardiovascolari.<br />

Oggi si ritiene che queste ultime<br />

siano sempre più diffuse nel mondo occidentale<br />

e industrializzato e possano essere<br />

arginate solo intervenendo in maniera decisa,<br />

con misure di prevenzione e di terapia<br />

efficace sulle anomalie metaboliche ed emodinamiche<br />

che le determinano.<br />

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Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

35<br />

Candidiasi vaginale: una patologia anche allergica<br />

Igea D’Agnano<br />

Introduzione<br />

Le differenti malattie allergiche<br />

sono caratterizzate da un substrato<br />

infiammatorio comune le cui<br />

manifestazioni cliniche in genere<br />

sono dipendenti dalla sede del<br />

contatto tra l’allergene e le cellule<br />

del sistema immunitario.<br />

Analogamente a quanto accade<br />

<strong>per</strong> l’occhio, il naso, il polmone e<br />

la cute, anche la mucosa vaginale,<br />

è in grado di montare una risposta<br />

allergica nei confronti di diversi<br />

antigeni (liquido seminale, s<strong>per</strong>micidi,<br />

saponi, miceti, parassiti,<br />

ecc.) ed il quadro clinico che ne<br />

consegue è quello della vaginite.<br />

Immunologia<br />

della vagina<br />

L’epitelio vaginale (Figura 1) è formato<br />

da cinque strati di cellule<br />

che a partire dal lume sono così<br />

definiti:<br />

su<strong>per</strong>ficiale;<br />

transizionale;<br />

intermedio;<br />

parabasale;<br />

basale.<br />

I primi tre strati sono costituiti da<br />

circa dieci file di cellule squamose,<br />

mentre gli strati parabasale e<br />

basale contengono uno o due file<br />

di cellule di aspetto colonnare.<br />

L’epitelio vaginale è attraversato<br />

da un sistema di canali intercellulari<br />

che consentono alle macromolecole<br />

e ai fluidi di migrare<br />

dalla lamina basale alla su<strong>per</strong>ficie<br />

e viceversa (2).<br />

Nella lamina basale si possono<br />

inoltre osservare macrofagi, cellule<br />

di Langerhans, linfociti e plasmacellule<br />

IgG, IgA secernenti:<br />

ciò indica la possibilità che anche<br />

nella vagina si possa realizzare una<br />

efficace risposta immunitaria (3).<br />

Quando quest’ultima è particolarmente<br />

intensa il quadro clinico<br />

Figura 1.<br />

Immagine istologica<br />

dell’epitelio vaginale.<br />

assume i connotati di una vera e<br />

propria vaginite la cui ricorrenza<br />

può essere la conseguenza di un<br />

meccanismo patogenetico IgEmediato,<br />

come dimostrato dall’isolamento<br />

di questi anticorpi nel<br />

fluido vaginale di donne con tale<br />

patologia (4, 5).<br />

Infatti l’esposizione all’allergene<br />

nel lume vaginale è seguita dal<br />

suo trasporto attraverso i canali<br />

intercellulari fino ai mastociti IgEleganti.<br />

L’interazione con quest’ultimi<br />

provoca la liberazione di istamina<br />

Consiglio Nazionale delle Ricerche


36<br />

Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

e di altri mediatori della flogosi<br />

(Figura 2).<br />

Tra questi una particolare menzione<br />

spetta alla prostaglandina<br />

E2 (PGE2) che, esplicando un’azione<br />

antiproliferativa nei confronti<br />

dei macrofagi, riduce l’immunità<br />

cellulo-mediata, meccanismo<br />

di difesa primario nei confronti<br />

delle infezioni fungine (es.<br />

Candida albicans).<br />

Mastocita<br />

Allergeni<br />

IgE<br />

Vaginite<br />

da Candida albicans<br />

La Candida albicans è un lievito generalmente<br />

presente come commensale<br />

delle membrane mucose<br />

del tratto digestivo e della vagina.<br />

Si tratta di un microorganismo dimorfo,<br />

Gram-positivo, a bassa virulenza<br />

che può manifestare sia<br />

l’aspetto a pseudoife che quello a<br />

blastospore (Figura 3).<br />

In circa il 20% delle donne la<br />

Candida albicans alberga nella vagina<br />

senza dare segni di sé.<br />

Durante la trasformazione da spora<br />

in ifa la Candida albicans acquista<br />

la capacità di penetrare nell’epitelio<br />

dando origine all’infezione<br />

caratterizzata da prurito, bruciori<br />

e leucorrea, che talora può assumere<br />

un aspetto francamente caseoso<br />

(Figura 4).<br />

È da sottolineare che non sono<br />

noti i meccanismi con cui la trasformazione<br />

da ife a spore causa<br />

la comparsa della patogenicità.<br />

La candidiasi rappresenta la più<br />

frequente infezione vaginale dal<br />

momento che il 75% delle donne<br />

soffre di questa patologia almeno<br />

una volta nella vita (6).<br />

La vaginite da Candida è rara prima<br />

del menarca, ma a 25 anni<br />

Contenuto liberato<br />

dai granuli<br />

– istamina<br />

– triptasi<br />

– chimasi<br />

– eparina<br />

– TNF<br />

Mediatori lipidici<br />

derivati dalla membrana<br />

nucleare<br />

– prostaglandine<br />

e trombossani<br />

– PAF<br />

Produzione di citochine<br />

– IL-1,3,4,5,6,8<br />

– TNF<br />

Figura 2.<br />

Anche a livello vaginale l’interazione tra allergene ed IgE presenti sui mastociti<br />

provoca la liberazione di mediatori con effetti proflogogeni.<br />

Figura 3.<br />

Candida albicans: pseudoife e spore in essudato vaginale.


Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

37<br />

Figura 4.<br />

Essudato di aspetto caseoso<br />

in cervico-vaginite da Candida albicans.<br />

Nel liquido di lavaggio vaginale di<br />

donne con vaginite recidivante<br />

Witkin et al. (4) hanno isolato IgE<br />

specifiche <strong>per</strong> la Candida albicans<br />

(detti anticorpi non erano presenti<br />

nel siero) e discreti livelli di<br />

PGE2: questi dati hanno indotto<br />

gli Autori a ipotizzare l’esistenza<br />

di una risposta di i<strong>per</strong>sensibilità<br />

vaginale locale che attraverso l’inibizione<br />

PGE2-mediata dell’immunità<br />

cellulare favorisce le ricadute<br />

infettive.<br />

Analoghe osservazioni sono state<br />

effettuate da Regulez et al. (11) che<br />

hanno inoltre segnalato una riduzione<br />

dei livelli vaginali di IgE<br />

Candida-specifiche congiuntamente<br />

al declino dei sintomi clinici.<br />

A conferma dell’esistenza di candidiasi<br />

vaginali recidivanti su base<br />

allergica vi sono inoltre i confortanti<br />

risultati ottenuti con l’immunoterapia<br />

specifica nei casi in cui<br />

altri trattamenti avevano fallito<br />

(12, 13).<br />

quasi la metà delle donne ha avuto<br />

almeno un episodio di tale infezione<br />

(1).<br />

Sebbene la candidiasi si manifesti<br />

anche in soggetti vergini, la sua incidenza<br />

aumenta con l’inizio dell’attività<br />

sessuale (7, 8).<br />

Circa il 5% delle donne va incontro<br />

a candidiasi vaginale ricorrente<br />

(definita come quattro o più<br />

episodi infettivi <strong>per</strong> anno) e tale<br />

condizione è facilitata dalla gravidanza,<br />

dal diabete, dalle malattie<br />

della tiroide, dall’anemia e da fattori<br />

iatrogenici (antibiotici, corticosteroidi,<br />

contraccettivi orali,<br />

farmaci immunosoppressori).<br />

Nel 25% dei casi di candidiasi vaginale<br />

ricorrente anche il partner<br />

maschile ha evidenziato la presenza<br />

di Candida albicans in colture<br />

di campioni penieni, ma tale<br />

re<strong>per</strong>to è stato giudicato essere la<br />

conseguenza piuttosto che la causa<br />

dell’infezione vaginale (6).<br />

Ruolo allergizzante<br />

della Candida albicans<br />

Esistono evidenze che indicano la<br />

che la Candida albicans è un potente<br />

allergene: infatti sia la frazione<br />

proteica che quella carboidratica<br />

delle spore contengono allergeni<br />

in grado di provocare reazioni<br />

allergiche a livello polmonare,<br />

nasale e cutaneo (9, 10)<br />

Candidiasi vaginale<br />

ricorrente<br />

e rinite allergica<br />

La candidiasi vaginale ricorrente è<br />

un’affezione che compisce nel<br />

mondo milioni di donne.<br />

Tuttavia il motivo <strong>per</strong> cui parecchie<br />

donne, pur in assenza dei<br />

classici fattori predisponenti (diabete,<br />

gravidanza, uso di corticosteroidi,<br />

ecc.), vanno incontro a<br />

questi ripetuti episodi infettivi vaginali<br />

non è noto.<br />

Nella letteratura scientifica del<br />

passato esistono segnalazioni di<br />

casi di allergia respiratoria associata<br />

a candidiasi vaginale ricorrente<br />

(14, 15), ma è solo più re-


Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

38<br />

centemente che il legame tra queste<br />

due patologie è stato indagato<br />

con uno studio prospettico in cui<br />

95 donne con candidiasi vaginale<br />

recidivante e 100 pazienti con allergia,<br />

ma senza candidiasi vaginale<br />

(gruppo di controllo), sono<br />

state seguite <strong>per</strong> 28 mesi (6).<br />

Durante tale <strong>per</strong>iodo il 67,3%<br />

delle donne del gruppo con candidiasi<br />

ha sviluppato anche una<br />

rinite allergica, mentre nel gruppo<br />

di controllo ciò è accaduto nel<br />

42% dei casi (p < 0,0001); <strong>per</strong><br />

quanto riguarda le altre malattie<br />

allergiche non sono state osservate<br />

correlazioni statisticamente significative<br />

(6) (Figura 5).<br />

Questi dati sembrano <strong>per</strong>tanto indicare<br />

che nella patogenesi della<br />

candidiasi vaginale recidivante<br />

l’allergia svolge un ruolo determinante<br />

(6).<br />

nienti da pazienti con vaginite ricorrente<br />

da Candida ripristina<br />

prontamente la risposta proliferativa<br />

delle cellule mononucleate,<br />

mentre l’incubazione con acido<br />

nordiidroguaiaretico (inibitore del<br />

metabolismo dell’acido arachidonico<br />

<strong>per</strong> via lipossigenasica) non provoca<br />

alcuna stimolazione della crescita<br />

cellulare (16). Drago et al.<br />

(17) hanno inoltre evidenziato<br />

che l’ibuprofene isobutanolammonio<br />

non solo inibisce in vitro la<br />

crescita delle colonie di Candida<br />

Figura 5.<br />

Incidenza delle malattie<br />

allergiche in 95 donne<br />

con candidiasi vaginale<br />

ricorrente<br />

e in 100 controlli.<br />

albicans, ma che esso possiede anche<br />

un’azione fungicida diretta.<br />

Gli stessi Autori hanno poi osservato<br />

che l’associazione di questo<br />

FANS con un azolo ne potenzia in<br />

vitro l’azione antifungina (18).<br />

Questi dati hanno <strong>per</strong>tanto indotto<br />

Lanza et al. (19) a verificare l’efficacia<br />

clinica di questa terapia combinata<br />

nei casi di candidiasi vaginale<br />

recidivante: i risultati ottenuti indicano<br />

che l’aggiunta all’antimicotico<br />

<strong>per</strong> via orale ad un trattamento topico<br />

con ibuprofene-isobutanolam-<br />

Ibuprofene<br />

isobutanolammonio<br />

nel trattamento della<br />

candidiasi vaginale<br />

ricorrente<br />

Poiché la PGE2 che viene liberata<br />

nella flogosi allergica esplica un<br />

effetto deprimente l’immunità<br />

cellulo-mediata, che a sua volta<br />

favorisce la diffusione della<br />

Candida, è logico attendersi che<br />

l’impiego locale di un inibitore<br />

della biosintesi delle prostaglandine,<br />

come l’ibuprofene, possa<br />

contribuire a ripristinare tale deficit<br />

immunitario, favorendo il controllo<br />

della sintomatologia.<br />

A questo proposito studi condotti<br />

in vitro hanno dimostrato che<br />

l’aggiunta di ibuprofene alle colture<br />

di macrofagi e di linfociti prove-<br />

%<br />

70<br />

60<br />

50<br />

40<br />

30<br />

20<br />

10<br />

0<br />

Riniti<br />

* p < 0,0001<br />

Riniti e asma<br />

*<br />

Asma<br />

Altre allergie<br />

Candidiasi ricorrenti<br />

Controllo<br />

Senza allergie


Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

39<br />

Miconazolo+ibuprofene-isobutanolammonio<br />

Miconazolo<br />

2,50<br />

2,00<br />

2,33<br />

p < 0,01<br />

2,07 2,07<br />

2,00<br />

1,83<br />

p < 0,01<br />

1,95<br />

2,27 2,27<br />

p < 0,05<br />

1,93<br />

Valutazione<br />

1,50<br />

1,00<br />

0,50<br />

1,17<br />

p < 0,05<br />

0,62<br />

1,25<br />

p < 0,05<br />

0,68<br />

1,47<br />

p < 0,05<br />

0,53<br />

1,00<br />

0<br />

Basale<br />

0,04<br />

3 gg 7 gg<br />

Prurito<br />

0,12<br />

Basale 3 gg 7 gg<br />

Bruciore<br />

Basale 3 gg 7 gg<br />

Leucorrea<br />

Figura 6. Vaginite da miceti: andamento dei sintomi<br />

dopo trattamento con antimicotico da solo o associato a ibuprofene-isobutanolammonio.<br />

Tratto da: Gazz Med It - Arch Sci Med 2000; 159:71<br />

monio riduce più rapidamente (3<br />

giorni) i sintomi e i segni flogistici<br />

tipici di tale patologia (prurito, bruciore,<br />

leucorrea, arrossamento delle<br />

mucose) (Figura 6).<br />

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Gazz Med Ital-Arch Sci Med 2000; 159:71


Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

41<br />

Lo scompenso cardiaco nella pratica clinica<br />

Pietro Cazzola<br />

Introduzione<br />

Lo scompenso cardiaco è un quadro<br />

clinico che sta diventando<br />

sempre più frequente <strong>per</strong> due<br />

motivi essenziali:<br />

Invecchiamento della popolazione<br />

(1);<br />

Riduzione della mortalità <strong>per</strong><br />

eventi coronarici acuti (2).<br />

Come si definisce lo<br />

scompenso cardiaco?<br />

Le linee guida dell’American College<br />

of Cardiology/American Heart Association<br />

definiscono lo scompenso<br />

cardiaco una sindrome clinica<br />

complessa derivante da ogni alterazione<br />

strutturale o funzionale del<br />

cuore che causa un ostacolo nel<br />

riempimento o nello svuotamento<br />

ventricolare (3).<br />

porre diagnosi di scompenso cardiaco<br />

devono essere soddisfatti i<br />

seguenti criteri (4):<br />

Presenza di sintomi di scompenso<br />

cardiaco (a riposo o durante<br />

l’esercizio fisico);<br />

e<br />

Presenza di segni oggettivi di<br />

disfunzione cardiaca (a riposo);<br />

e (in caso di diagnosi dubbia)<br />

Risposta clinica al trattamento<br />

dello scompenso cardiaco<br />

Mentre i due primi criteri dovrebbero<br />

essere sempre soddisfatti, il terzo<br />

da solo non è sufficiente a far diagnosticare<br />

uno scompenso cardiaco.<br />

Occorre tuttavia ricordare che lo<br />

scompenso cardiaco è una malattia<br />

progressiva che inizia prima che<br />

sintomi e segni diventino evidenti<br />

e le linee guida dell’American College<br />

of Cardiology/American Heart<br />

Association ne hanno definito i<br />

quattro stadi evolutivi (Figura 1).<br />

stono alcuni fattori di rischio che<br />

predispongono allo sviluppo<br />

dello scompenso cardiaco; essi<br />

sono (3):<br />

I<strong>per</strong>tensione arteriosa;<br />

Diabete mellito;<br />

Storia familiare<br />

di cardiomiopatia;<br />

Uso di farmaci cardiotossici.<br />

Quali alterazioni<br />

cardiache favoriscono<br />

lo scompenso cardiaco?<br />

Anche in assenza di sintomi di<br />

scompenso cardiaco, i pazienti con:<br />

Precedente infarto miocardico;<br />

Disfunzione sistolica<br />

del ventricolo sinistro;<br />

Valvulopatia asintomatica;<br />

hanno un elevato rischio di andare<br />

incontro ad uno scompenso cardiaco<br />

sintomatico (3).<br />

Quali sono i criteri<br />

<strong>per</strong> porre diagnosi di<br />

scompenso cardiaco?<br />

Secondo le linee guida dell’European<br />

Society of Cardiology <strong>per</strong> poter<br />

Quali sono i fattori<br />

di rischio dello<br />

scompenso cardiaco?<br />

Analogamente a quanto accade<br />

<strong>per</strong> la cardiopatia coronarica esi-<br />

Quali sono i sintomi<br />

dello scompenso<br />

cardiaco? (5)<br />

Le principali manifestazioni cliniche<br />

dello scompenso cardiaco sono:<br />

Stadio A<br />

Alto rischio<br />

di scompenso cardiaco<br />

Assenza di alterazioni<br />

strutturali cardiache;<br />

assenza di sintomi<br />

di scompenso<br />

Figura 1.<br />

Stadi evolutivi dello scompenso cardiaco. (3)<br />

Stadio B<br />

Presenza di alterazioni<br />

cardiache strutturali<br />

Assenza di sintomi<br />

di scompenso<br />

Stadio C<br />

Presenza di alterazioni<br />

cardiache strutturali note<br />

Sintomi di scompenso<br />

cardiaco precedenti<br />

o in corso<br />

Stadio D<br />

Scompenso cardiaco<br />

refrattario<br />

Necessità di interventi<br />

specialistici


42<br />

Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

Dispnea: è importante approfondire<br />

le caratteristiche con cui<br />

essa si manifesta. Bisogna chiedere<br />

al paziente da quanto<br />

tempo ne ha notato la comparsa,<br />

se essa è in rapporto all’attività<br />

fisica e a quale entità di attività.<br />

Per inquadrare correttamente il<br />

sintomo dispnea da sforzo è<br />

necessario rendersi conto del<br />

tipo di attività fisica svolta abitualmente<br />

dal paziente. La<br />

dispnea da sforzo può essere<br />

assente nel soggetto sedentario, o<br />

nei pazienti che hanno altre<br />

patologie limitanti l’attività fisica,<br />

come l’angina pectoris da sforzo,<br />

la claudicatio intermittens agli<br />

arti inferiori, o l’artrosi invalidante.<br />

L’ortopnea è quel tipo di<br />

dispnea che compare rapidamente,<br />

generalmente in pochi<br />

minuti, quando il paziente assume<br />

il clinostatismo e che tende a<br />

ridursi o a scomparire con l’ortostatismo.<br />

Il decubito può divenire<br />

ortopnoico obbligato e può<br />

costringere il paziente a passare<br />

le notti seduto su una sedia.<br />

L’ortopnea è un sintomo frequente,<br />

ma poco specifico nel paziente<br />

con scompenso cardiaco.<br />

Infatti si verifica anche in presenza<br />

di una capacità vitale ridotta o<br />

di una ascite. La dispnea parossistica<br />

notturna si verifica abbastanza<br />

rapidamente ed è accompagnata<br />

da un senso di ansietà e di<br />

soffocamento. Spesso il respiro,<br />

oltre che affannoso, è sibilante<br />

<strong>per</strong> la presenza di broncospasmo,<br />

e rende ragione del termine<br />

di asma cardiaco.<br />

Tosse: è un sintomo presente<br />

molto frequentemente nel paziente<br />

con scompenso cardiaco,<br />

in genere di tipo non produttivo,<br />

ma in certi casi associata ad<br />

emottisi. La tosse è scatenata<br />

dagli stessi fattori della dispnea,<br />

quali lo sforzo fisico, il decubito<br />

supino o il riposo notturno. La<br />

diagnosi differenziale con la tosse<br />

di altra origine, da patologie polmonari<br />

o neurologiche, o secondaria<br />

a terapia con ACE-inibitori<br />

è spesso difficile.<br />

In corso di ACE-inibizione si<br />

manifesta occasionalmente una<br />

tosse secca e stizzosa, non in rapporto<br />

con le cause che provocano<br />

la tosse da scompenso.<br />

Astenia: con la facile affaticabilità<br />

è un sintomo che spesso<br />

domina il quadro clinico dello<br />

scompenso, soprattutto da<br />

quando è entrato nell’uso corrente<br />

il trattamento precoce con<br />

diuretici e con ACE inibitori, che<br />

minimizzano i sintomi e i segni<br />

clinici di congestione sistemica e<br />

polmonare. Sia l’astenia che la<br />

facile affaticabilità non sono sintomi<br />

specifici e possono essere<br />

provocati da altre patologie (es.<br />

anemia).<br />

Quali sono i segni<br />

obiettivi dello<br />

scompenso cardiaco? (5)<br />

La esame obiettivo del paziente con<br />

scompenso cardiaco non deve<br />

prendere in considerazione solo gli<br />

elementi specifici relativi al cuore.<br />

Lo spettro dei re<strong>per</strong>ti patologici<br />

può essere molto ampio e non limitato<br />

all’apparato cardiovascolare.<br />

Esame generale<br />

L’aspetto generale del paziente è<br />

usualmente normale nelle fasi iniziali<br />

dello scompenso, nelle quali<br />

la comparsa di edema agli arti inferiori<br />

costituisce il più frequente<br />

riscontro clinico. L’aspetto, invece,<br />

può essere marcatamente alterato<br />

nelle fasi avanzate, con dispnea<br />

anche a riposo, segni di i<strong>per</strong>attivazione<br />

adrenergica come cute pallida,<br />

fredda e sudata, e cianosi <strong>per</strong>iferica,<br />

ittero di varia intensità,<br />

stato di ansia e di agitazione. Lo<br />

stato di nutrizione può essere gravemente<br />

compromesso nei pazienti<br />

con scompenso cardiaco cronico di<br />

lunga durata e in fase avanzata, sino<br />

a configurare una condizione di<br />

vera e propria cachessia cardiaca.<br />

Segni vitali<br />

La pressione arteriosa deve essere<br />

misurata a paziente supino e in<br />

piedi, <strong>per</strong> rilevare un’eventuale<br />

ipotensione ortostatica, frequente<br />

durante trattamento vaso-dilatatore.<br />

Il valore di pressione arteriosa<br />

differenziale è spesso ridotto nello<br />

scompenso severo, ed una riduzione<br />

del rapporto tra pressione differenziale<br />

e pressione sistolica inferiore<br />

al 25% costituisce un segno<br />

attendibile di riduzione dell’indice<br />

cardiaco al di sotto di 2,2 l/min/m 2 .<br />

La determinazione della frequenza<br />

cardiaca al polso è essenziale, in<br />

quanto una tachicardia a riposo<br />

suggerisce un’i<strong>per</strong>attivazione adrenergica,<br />

ed un polso irregolare<br />

indica la necessità di una precisazione<br />

diagnostica dell’aritmia con<br />

elettrocardiogramma. Le caratteristiche<br />

del polso possono fornire<br />

ulteriori indicazioni sull’esistenza<br />

di una grave compromissione della<br />

funzione cardiaca. In questo caso il<br />

polso può essere debole oppure<br />

alternante. Il polso alternante consiste<br />

nel rilievo al polso <strong>per</strong>iferico<br />

(meglio all’arteria femorale o carotidea),<br />

eseguito in pazienti con<br />

ritmo regolare, di una pulsazione<br />

debole alternata con una più forte.<br />

L’intervallo di tempo regolare tra le<br />

due pulsazioni distingue il polso<br />

alternante dal polso dei pazienti<br />

con bigeminismo extrasistolico. Il<br />

polso alternante è espressione di<br />

una compromissione avanzata<br />

della funzione ventricolare e spesso<br />

è associato a ritmo di galoppo e<br />

a tachicardia.


Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

43<br />

Nei pazienti con scompenso cardiaco<br />

avanzato può essere rilevato<br />

un lieve rialzo della tem<strong>per</strong>atura,<br />

in genere inferiore a 38 °C, <strong>per</strong> una<br />

vasocostrizione <strong>per</strong>iferica nei distretti<br />

cutanei che impedisce la<br />

dis<strong>per</strong>sione del calore endogeno.<br />

Tem<strong>per</strong>ature su<strong>per</strong>iori a 38 °C devono<br />

far sospettare la coesistenza<br />

di processi infiammatori o infettivi.<br />

Per quanto riguarda il respiro è<br />

importante analizzarne la frequenza<br />

e il tipo. Nelle fasi di peggioramento<br />

dello scompenso si rileva<br />

spesso una tachipnea, mentre nelle<br />

fasi molto severe può essere osservato<br />

un respiro <strong>per</strong>iodico o di<br />

Cheyne-Stokes.<br />

Il respiro <strong>per</strong>iodico è caratterizzato<br />

da una fase di aumento di profondità<br />

del respiro con concomitante<br />

aumento della frequenza respiratoria,<br />

seguita da una fase di apnea, di<br />

durata variabile sino a diversi<br />

secondi.<br />

Obiettività cardiaca<br />

Una cardiomegalia può essere<br />

sospettata sulla base del riscontro<br />

di un itto della punta spostato a<br />

sinistra, tuttavia si tratta di un<br />

re<strong>per</strong>to difficile da valutare.<br />

All’ascoltazione nello scompenso<br />

cardiaco il primo tono cardiaco è<br />

in genere attutito e il secondo<br />

tono, se vi è i<strong>per</strong>tensione polmonare,<br />

accentuato. La presenza di<br />

un tono cardiaco aggiunto protodiastolico,<br />

o terzo tono, è comunemente<br />

considerata un segno di<br />

scompenso cardiaco grave.<br />

Il re<strong>per</strong>to è probabilmente secondario<br />

ad un'elevata pressione atriale,<br />

che condiziona un elevato gradiente<br />

atrio-ventricolare ed un’elevata<br />

velocità protodiastolica di<br />

riempimento ventricolare, con<br />

brusca decelerazione dell’afflusso<br />

di sangue immediatamente dopo<br />

la fase di riempimento rapido.<br />

Nella genesi del fenomeno entra<br />

anche un’alterata distensibilità<br />

delle pareti ventricolari. Il terzo<br />

tono di origine ventricolare sinistra<br />

si ascolta con particolare evidenza<br />

dopo l’inspirazione in regione<br />

apicale e con il paziente in<br />

decubito laterale sinistro, mentre il<br />

terzo tono di origine ventricolare<br />

destra si apprezza durante l’inspirazione<br />

in regione parasternale<br />

sinistra ed in decubito supino.<br />

Il terzo tono è a bassa frequenza e<br />

sordo, più apprezzabile alla palpazione<br />

che all’ascoltazione e si<br />

apprezza meglio con la campana<br />

dello stetoscopio appena appoggiata<br />

sul torace; il miglior punto di<br />

ascoltazione è quello sovrastante<br />

all’impulso ventricolare con il<br />

paziente in parziale decubito laterale<br />

sinistro.<br />

Il terzo tono non è tuttavia un<br />

re<strong>per</strong>to specifico dello scompenso<br />

cardiaco (può essere presente in<br />

soggetti sani con età


44<br />

Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

Come già detto <strong>per</strong> il terzo tono, il<br />

rilievo di una pressione venosa<br />

giugulare elevata ha un significato<br />

prognostico negativo.<br />

Un reflusso epato-giugulare o<br />

addomino-giugulare si definisce<br />

come una chiara distensione delle<br />

vene del collo in seguito ad una<br />

compressione dell’addome, delicata<br />

ma decisa, e prolungata <strong>per</strong> circa<br />

1 minuto, evitando che il paziente<br />

trattenga il respiro. Il fenomeno è<br />

espressione sia della congestione<br />

epatica e addominale, sia dell’incapacità<br />

del cuore destro di accogliere<br />

ed espellere un ritorno venoso<br />

transitoriamente aumentato.<br />

Epatomegalia<br />

In caso di scompenso cardiaco<br />

destro, a causa dell’i<strong>per</strong>tensione<br />

venosa sistemica si può sviluppare<br />

un’epatomegalia congestizia, spesso<br />

prima della comparsa di edemi<br />

<strong>per</strong>iferici.<br />

L’epatomegalia viene apprezzata<br />

con palpazione e <strong>per</strong>cussione e, in<br />

caso di insufficienza della tricuspide,<br />

viene <strong>per</strong>cepita una pulsazione<br />

sistolica. Una minima quantità di<br />

liquido ascitico è frequentemente<br />

dimostrata dalle indagini con ultrasuoni<br />

dell’addome, ma un versamento<br />

ascitico clinicamente rilevante<br />

si forma solo nei casi di i<strong>per</strong>tensione<br />

venosa importante e di<br />

lunga durata.<br />

Edema<br />

L’edema <strong>per</strong>iferico è tradizionalmente<br />

considerato una delle manifestazioni<br />

cliniche principali dello<br />

scompenso cardiaco fin dalle sue<br />

fasi iniziali, anche se con l’impiego<br />

precoce della terapia diuretica<br />

viene riscontrato meno frequentemente.<br />

Inoltre la correlazione tra<br />

edema <strong>per</strong>iferico e grado di pressione<br />

venosa sistemica è molto<br />

modesta. Nei pazienti con scompenso<br />

cardiaco cronico a bassa gittata,<br />

con volume extracellulare già<br />

notevolmente espanso, aumenti<br />

anche modesti della pressione<br />

venosa sistemica possono provocare<br />

edema <strong>per</strong>iferico.<br />

Generalmente prima che compaia<br />

il fenomeno si verifica un accumulo<br />

di almeno 5 litri in eccesso del<br />

volume extra-cellulare. Le manifestazioni<br />

cliniche sono a carico<br />

delle parti declivi, piedi e caviglie,<br />

bilateralmente, a comparsa lenta e<br />

progressiva nell’arco della giornata,<br />

dopo che il paziente è rimasto<br />

in piedi, e a regressione con il<br />

riposo notturno.<br />

Nei pazienti allettati l’edema <strong>per</strong>iferico<br />

compare inizialmente in<br />

regione sacrale. Nelle fasi avanzate<br />

dello scompenso l’edema <strong>per</strong>iferico<br />

può aggravarsi e divenire generalizzato,<br />

sino a configurare uno<br />

stato anasarcatico. L’edema di<br />

lunga durata provoca fenomeni<br />

locali di indurimento e di i<strong>per</strong>pigmentazione.<br />

Come si classifica<br />

la gravità dello<br />

scompenso cardiaco?<br />

Una volta posta diagnosi di scompenso<br />

cardiaco, i suoi sintomi possono<br />

essere utilizzati <strong>per</strong> classificarne<br />

la gravità e <strong>per</strong> monitorare<br />

gli effetti della terapia (4).<br />

La classificazione più utilizzata è<br />

quella della New York Heart<br />

Association (NYHA) (Tabella 1).<br />

Quali sono le indagini<br />

di primo livello? (4)<br />

Elettrocardiogramma (ECG)<br />

Un tracciato ECG normale deve<br />

indurre a riconsiderare la diagnosi<br />

Tabella 1. Classificazione dello scompenso<br />

secondo la New York Heart Association (NYHA).<br />

Classe I<br />

Pazienti con cardiopatia ma senza limitazione dell’attività<br />

fisica. L’attività fisica ordinaria non causa affaticamento, dispnea,<br />

palpitazioni o dolori anginosi.<br />

Classe II<br />

Pazienti con cardiopatia condizionante una lieve limitazione<br />

dell’attività fisica. Asintomatici a riposo. L’attività fisica ordinaria<br />

provoca affaticamento, palpitazioni, dispnea o dolori anginosi.<br />

Classe III<br />

Pazienti con cardiopatia condizionante una marcata limitazione<br />

dell’attività fisica. Asintomatici a riposo. Un’attività fisica<br />

minore dell’ordinaria provoca affaticamento, palpitazioni, dispnea<br />

o dolori anginosi.<br />

Classe IV<br />

Pazienti con cardiopatia condizionante un’incapacità a<br />

svolgere qualsiasi attività fisica senza sintomi. I sintomi di scompenso<br />

cardiaco o di sindrome anginosa possono essere presenti<br />

anche a riposo. Qualsiasi tipo di attività fisica incrementa i sintomi.


Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

45<br />

di scompenso cardiaco. Infatti in<br />

questa condizione patologica sono<br />

frequenti le alterazione dell’ECG.<br />

La presenza di onde Q anteriori e<br />

di un blocco di branca sinistra in<br />

pazienti con cardiopatia ischemica<br />

sono predittori di una ridotta frazione<br />

d’eiezione. L’ECG è inoltre<br />

cruciale <strong>per</strong> svelare una fibrillazione,<br />

un flutter atriale o un’aritmia<br />

ventricolare che possono essere la<br />

causa o l’elemento favorente lo<br />

scompenso cardiaco.<br />

Radiografia (Rx) del torace<br />

Questo esame consente di osservare<br />

la presenza di un ingrossamento<br />

cardiaco e di una congestione<br />

polmonare che sono utili<br />

indicatori di un’alterata funzione<br />

cardiaca<br />

Inoltre è possibile rilevare un<br />

edema interstiziale e alveolare che<br />

sono espressione di grave disfunzione<br />

ventricolare sinistra.<br />

L’Rx del torace consente anche di<br />

escludere la presenza di una<br />

malattia polmonare come possibile<br />

causa dei sintomi respiratori.<br />

Esami di laboratorio<br />

È raccomandata l’esecuzione dei<br />

seguenti esami di laboratorio:<br />

emocromo, elettroliti, creatininemia,<br />

glicemia, transaminasi ed<br />

esame urine. Ulteriori esami da<br />

prendere in considerazione sono:<br />

proteina C reattiva (PCR), TSH,<br />

uricemia e azotemia.<br />

Nella processo diagnostico dello<br />

scompenso cardiaco può essere<br />

utile il dosaggio di alcuni peptidi<br />

natriuretici: ANP (atrial natriuretic<br />

peptide), BNP (brain natriuretic<br />

peptide). Infatti sulla base della<br />

concentrazione plasmatica di questi<br />

peptidi è possibile selezionare i<br />

pazienti, in cui si sospetta uno<br />

scompenso cardiaco, da sottoporre<br />

ad ulteriori accertamenti (es.<br />

ecocardiografia (Figura 2).<br />

Figura 2. Algoritmi e indagini strumentali e di laboratorio<br />

<strong>per</strong> la diagnosi dello scompenso cardiaco.<br />

Algoritmo diagnostico attuale<br />

Paziente con presunto<br />

scompenso cardiaco<br />

ECG<br />

Rx del torace<br />

Funzionalità respiratoria<br />

Emocromo<br />

Funzionalità tiroidea<br />

Biochimica<br />

Ecocardiografia<br />

Algoritmo diagnostico futuro<br />

Paziente con presunto<br />

scompenso cardiaco<br />

Normale<br />

Scompenso<br />

improbabile<br />

BNP<br />

Aumentato<br />

Ecocardiografia<br />

BNP = Dosaggio brain natriuretic peptide<br />

Ecocardiografia<br />

Con questa indagine è possibile<br />

evidenziare in modo oggettivo la<br />

presenza di una disfunzione cardiaca.<br />

L’ecocardiografia transtoracica è di<br />

rapida esecuzione, sicura e ampiamente<br />

disponibile.<br />

Essa consente la valutazione delle<br />

dimensioni delle camere cardiache,<br />

dello spessore e della geometria<br />

della parete, degli indici della<br />

funzione cardiaca.<br />

Il parametro più importante della<br />

funzione ventricolare è rappresentato<br />

dalla frazione d’eiezione del<br />

ventricolo sinistro.<br />

L’ecocardiografia <strong>per</strong>mette inoltre<br />

una stima semi-quantitativa della<br />

funzione delle valvole cardiache<br />

(soprattutto mitralica, tricuspidale<br />

e aortica).<br />

L’ecocardiografia transesofagea<br />

non è raccomandata routinariamente;<br />

essa può essere utile nei<br />

pazienti con un’inadeguata finestra<br />

eco, in quelli con valvulopatie<br />

complicate o con malfunzionamento<br />

delle protesi valvolari.<br />

Quali sono i farmaci<br />

<strong>per</strong> lo scompenso<br />

cardiaco?<br />

Le più recenti linee guida dell’American<br />

College of Cardiology/American<br />

Heart Association indicano che i<br />

pazienti con disfunzione ventricolare<br />

sinistra sintomatica dovrebbero<br />

essere routinariamente trattati<br />

combinando 4 tipi di farmaci (3):<br />

ACE-inibitore;<br />

Diuretico;<br />

β-bloccante;<br />

Glicoside cardioattivo.<br />

È da sottolineare che ACE-inibitore<br />

e β-bloccante dovrebbero essere<br />

prescritti anche se il paziente<br />

risponde favorevolmente al diuretico,<br />

in quanto questi farmaci


46<br />

Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

hanno mostrato di influenzare la<br />

prognosi a lungo termine dello<br />

scompenso cardiaco (3).<br />

ACE-inibitori<br />

Sono i farmaci di prima scelta nel<br />

trattamento farmacologico dello<br />

scompenso cardiaco, indipendentemente<br />

dallo stadio evolutivo (3).<br />

Le dosi raccomandate sono illustrate<br />

nella Tabella 2, tuttavia occorre<br />

sottolineare che la dose target dovrebbe<br />

essere quella che si è dimostrata<br />

efficace negli studi clinici (4).<br />

Gli effetti collaterali più importanti<br />

degli ACE-inibitori sono: ipotensione,<br />

episodi sincopali, insufficienza<br />

renale, i<strong>per</strong>kaliemia, angioedema<br />

e tosse (4).<br />

Antagonisti dei recettori dell’angiotensina<br />

II .<br />

Questi nuovi inibitori del sistema<br />

renina-angiotensina-aldosterone<br />

sono utili nei pazienti che non tollerano<br />

la terapia con ACE-inibitori,<br />

o possono essere somministrati in<br />

associazione a quest’ultimi <strong>per</strong> rafforzare<br />

il blocco del sistema (4, 6).<br />

Diuretici<br />

Sono essenziali nei casi di scompenso<br />

cardiaco sintomatico, quando<br />

è presente un sovraccarico di<br />

liquidi che si manifesta con congestione<br />

polmonare ed edema <strong>per</strong>iferico;<br />

il loro uso esita in un rapido<br />

miglioramento della dispnea ed<br />

una migliore tolleranza dello sforzo<br />

fisico (4).<br />

Lo scompenso lieve può essere<br />

trattato con i tiazidici, ma nelle<br />

forme più gravi sono necessari i<br />

diuretici dell’ansa (4).<br />

Quest’ultimi sono acidi organici<br />

(acido etracrinico, bumetanide,<br />

furosemide, torasemide) che dal<br />

punto di vista farmacocinetico,<br />

accanto a proprietà comuni (es. l’elevato<br />

legame con le sieroproteine)<br />

si differenziano tra loro <strong>per</strong> alcune<br />

Tabella 2. ACE-inibitori: dosi raccomandate nello scompenso cardiaco.<br />

ACE-inibitore Dose iniziale Dose di mantenimento<br />

Benazepril 2,5 mg 5-1O mg b.i.d.<br />

Captopril 6,25 mg t.i.d. 25-50 mg t.i.d.<br />

Enalapril 2,5 mg die 10 mg b.i.d.<br />

Lisinopril 2,5 mg die 5-20 mg die<br />

Quinapril 2,5-5 mg die 5-10 mg die<br />

Perindopril 2 mg die 4 mg die<br />

Ramipril 1,25-2,5 mg die 2,5-5 mg b.i.d.<br />

Cilazapril 0,5 mg die 1-2,5 mg die<br />

Fosinopril 10 mg die 20 mg die<br />

Trandolapril 1 mg die 4 mg die<br />

caratteristiche come biodisponibilità,<br />

effetto del cibo sull’assorbimento<br />

ed emivita plasmatica (Tabella 3).<br />

Biodisponibiltà più elevata e<br />

costante ed emivita plasmatica più<br />

prolungata rappresentano le peculiarità<br />

farmacocinetiche più evidenti<br />

della torasemide somministrata<br />

<strong>per</strong> via orale (5, 7).<br />

Il recente studio TORIC (TORasemide<br />

In Congestive heart failure) ha<br />

inoltre evidenziato che nei pazienti<br />

con scompenso cardiaco in classe<br />

NYHA II-III la torasemide ha ridotto<br />

del 59,7% i decessi cardiaci, rispetto<br />

a quanto registrato <strong>per</strong> la<br />

furosemide e gli altri diuretici (8), e<br />

ciò potrebbe essere ascritto alla sue<br />

proprietà antialdosteroniche (9-11).<br />

I diuretici risparmiatori di potassio<br />

secondo le attuali linee guida<br />

europee dovrebbero essere prescritti<br />

solo in caso di <strong>per</strong>sistente ipokaliemia<br />

anche dopo terapia con<br />

ACE-inibitori (4).<br />

Le dosi raccomandate <strong>per</strong> i diuretici<br />

sono indicate nella Tabella 4.<br />

β-bloccanti<br />

I β-bloccanti sono farmaci ampiamente<br />

utilizzati e raccomandati nel<br />

trattamento dell’i<strong>per</strong>tensione arteriosa<br />

(12, 13), che, come precedentemente<br />

esposto, rappresenta<br />

uno dei principali fattori di rischio<br />

dello scompenso cardiaco (3).<br />

Questa classe di farmaci in passato<br />

è stata ritenuta controindicata nel<br />

Tabella 3.<br />

Caratteristiche farmacocinetiche di alcuni diuretici dell’ansa.<br />

Bumetanide Furosemide Piretanide Torasemide<br />

Biodisponibilità (%) 58-89 11-90 80* 79-91<br />

Emivita (ore) 1,2 1,0 0,8 3,3<br />

Tmax (ore) 1,3 1,6 1,2 1,0<br />

Vd (l/kg) 0,17 0,16 0,27 0,16<br />

Ae (%) 65 60 51* 27<br />

Tmax = tempo della concentrazione plasmatica al picco;<br />

Vd = Volume di distribuzione; Ae = Percentuale escreta immodificata; * = Stima.


Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

47<br />

Grave Lieve o moderata<br />

Tabella 4 Diuretici: dosi raccomandate nello scompenso cardiaco.<br />

Dose iniziale Dose giornaliera<br />

(mg)<br />

massima (mg)<br />

Diuretici dell’ansa<br />

Furosemide 20-40 250-500<br />

Bumetanide 0,5-1,0 5-10<br />

Torasemide 5-10 100-200<br />

Tiazidici<br />

Idroclorotiazide 25 50-75<br />

Metolazone 2,5 10<br />

lndapamide 2,5 2,5<br />

Risparmiatori di K +ACE-i –ACE-i +ACE-i –ACE-i<br />

Amiloride 2,5 5 20 40<br />

Triamterene 25 50 100 200<br />

Spironolattone 25 50 50 100-200<br />

β-bloccante<br />

Tabella 5.<br />

Risultati dei trial con i β-bloccanti sulla mortalità<br />

nello scompenso cardiaco.<br />

Trial n. Rischio relativo<br />

(95% CI)<br />

MERIT-HF 3.991 0,66 (0,53-0,81)<br />

US Carvedilol Progr. 1.094 0,35 (0,20-0,61)<br />

CIBIS II 2.647 0,66 (0,54-0,81)<br />

BEST 2.708 0.90 (0,78-1,02)<br />

COPERNICUS 2.289 0,65 (0,52-0,81)<br />

Tabella 6.<br />

Caratteristiche farmacologiche dei principali β-bloccanti.<br />

β 1 -blocco β 2 -blocco α 1 -blocco ISA Effetti<br />

ancillari*<br />

Carvedilolo +++ +++ +++ – +++<br />

Metoprololo +++ – – – –<br />

Bisoprololo +++ – – – –<br />

Bucindololo +++ – – – (+) –<br />

* = Antiossidante, antiendotelina, antiproliferativo<br />

0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0<br />

trattamento dello scompenso cardiaco<br />

in quanto rallenta la frequenza<br />

cardiaca.<br />

Negli ultimi anni, tuttavia, i nuovi β-<br />

bloccanti hanno mostrato di ridurre<br />

significativamente la mortalità nei<br />

pazienti con scompenso cardiaco<br />

che già sono in terapia con ACE-inibitori<br />

e con diuretici (14-20)<br />

Per questo motivo essi ora compaiono<br />

tra i farmaci raccomandati<br />

sia nei pazienti asintomatici con<br />

recente infarto miocardico o con<br />

ridotta frazione d’eiezione (Stadio<br />

B) (3, 4), sia in in quelli con scompenso<br />

cardiaco sintomatico lieve,<br />

moderato e grave (3, 4).<br />

Sebbene i grandi trial clinici abbiano<br />

dimostrato che carvedilolo,<br />

bisoprololo e metoprololo miglorano<br />

la prognosi dei pazienti con<br />

scompenso cardiaco, esistono delle<br />

sostanziali differenze nell’entità<br />

dei risultati ottenuti, sia <strong>per</strong> quanto<br />

riguarda la sopravvivenza, sia<br />

<strong>per</strong> quanto concerne l’ospedalizzazione<br />

(14-19).<br />

La loro comparazione infatti evidenzia<br />

che il carvedilolo è più vantaggioso<br />

sia del bisoprololo sia del<br />

metoprololo (Tabella 5) e queste<br />

differenze sono attribuibili alle<br />

diversità del profilo farmacologico<br />

di questi tre farmaci antiadrenergici<br />

(Tabella 6)<br />

La supremazia del carvedilolo è<br />

stata recentemente confermata dai<br />

risultati dello studio COMET<br />

(Carvedilol Or Metoprolol European<br />

Trial): da questo ampio studio di<br />

confronto diretto è emerso che nei<br />

pazienti con scompenso cardiaco<br />

sintomatico il trattamento con carvedilolo<br />

riduce, rispetto a metoprololo,<br />

del 17% la mortalità <strong>per</strong><br />

tutte le cause e del 21% la mortalità<br />

<strong>per</strong> cause cardiovascolari (21).<br />

Nella Tabella 7 sono raccolte le<br />

raccomandazioni <strong>per</strong> l’impiego del<br />

carvedilolo nello scompenso cardiaco.


Scripta MEDICA<br />

Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />

48<br />

Tabella 7. Raccomandazioni<br />

<strong>per</strong> l’impiego del carvedilolo<br />

nello scompenso cardiaco<br />

Trattare i pazienti con disfunzione ventricolare<br />

ischemica in fase presintomatica<br />

e quelli con scompenso cardiaco<br />

cronico di grado lieve, moderato o<br />

grave, solo se clinicamente stabili.<br />

Iniziare precocemente il trattamento<br />

(anche in presenza di scompenso di<br />

grado lieve), anziché rimandarlo alle<br />

fasi avanzate.<br />

Utilizzare dosi iniziali estremamente<br />

basse (3,125 mg x 2/die) e incrementare<br />

il dosaggio ogni 15 giorni fino a<br />

raggiungere la dose massima di 25<br />

mg x 2/die.<br />

Controllare la pressione arteriosa e la<br />

frequenza cardiaca subito dopo ogni<br />

incremento di dose.<br />

Ridurre il dosaggio degli ACE-inibitori<br />

in caso di ipotensione.<br />

Aumentare il dosaggio dei diuretici in<br />

caso di ritenzione idrica o lieve peggioramento<br />

dei sintomi.<br />

Sospendere il trattamento con digitale<br />

e amiodarone in caso di bradicardia.<br />

Raggiungere un β-blocco efficace (frequenza<br />

a riposo tra 50 e 60 battiti/minuto).<br />

Considerare inefficaci dosi di mantenimento<br />

< 12,5 mg/die.<br />

Non attendersi risultati immediati.<br />

Antagonisti dell’aldosterone<br />

Lo spironolattone è un diuretico<br />

risparmiatore di potassio con attività<br />

antialdosteronica.<br />

Lo studio RALES (The Randomized<br />

Aldactone Evaluation Study) ha evidenziato<br />

che l’aggiunta alla terapia<br />

standard di spironolattone a basso<br />

dosaggio (12,5-50 mg) migliora la<br />

sopravvivenza nei pazienti con<br />

scompenso cardiaco in classe III-<br />

IV NYHA (22).<br />

Per tale motivo le attuali linee<br />

guida raccomandano l’impiego<br />

dell’antialdosteronico nei pazienti<br />

con scompenso cardiaco in fase<br />

avanzata (3, 4).<br />

I principali effetti collaterali della<br />

terapia con spironolattone sono la<br />

ginecomastia e l’i<strong>per</strong>kaliemia.<br />

Glicosidi cardioattivi<br />

I glicosidi cardioattivi (digossina e<br />

digitossina) sono utilizzati nello<br />

scompenso cardiaco <strong>per</strong> ridurre i<br />

sintomi e migliorare lo stato clinico<br />

(3, 4).<br />

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Study Investigators. N Engl J Med 1999;<br />

341: 709

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