Gennaio-Febbraio N° 1-2 - 2004 - Salute per tutti
Gennaio-Febbraio N° 1-2 - 2004 - Salute per tutti
Gennaio-Febbraio N° 1-2 - 2004 - Salute per tutti
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
<strong>Gennaio</strong>-<strong>Febbraio</strong> - Anno 7 - n. 1-2 - <strong>2004</strong><br />
La diagnostica nefrologica<br />
oltre l’ecografia:<br />
quali altri metodi di imaging?<br />
Linee guida all’impiego<br />
delle metodiche radiologiche<br />
Rita Golfieri, Domenico Barone<br />
Erisipela<br />
Stefano Veraldi<br />
Sindrome metabolica:<br />
aspetti clinici<br />
e prospettive terapeutiche<br />
Fulvio Muzio<br />
Spedizione in abbonamento postale - 45% - art. 2 comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Milano<br />
PRIMO PIANO<br />
Candidiasi vaginale:<br />
una patologia anche allergica<br />
Igea D’Agnano<br />
AMBULATORIO<br />
Lo scompenso cardiaco<br />
nella pratica clinica<br />
Pietro Cazzola
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
1<br />
Scripta MEDICA<br />
La diagnostica nefrologica oltre l’ecografia:<br />
quali altri metodi di imaging?<br />
Linee guida all’impiego delle metodiche radiologiche<br />
Rita Golfieri, Domenico Barone<br />
pag.3<br />
Direttore Responsabile<br />
Pietro Cazzola<br />
Direzione Marketing<br />
Armando Mazzù<br />
Registrazione<br />
Tribunale di Milano n.383<br />
del 28/05/1998<br />
Iscrizione al Registro Nazionale<br />
della Stampa n.10.000<br />
Redazione e Amministrazione<br />
Scripta Manent s.n.c.<br />
Via Bassini, 41 - 20133 Milano<br />
Tel. 0270608091 - 0270608060<br />
Fax 0270606917<br />
E-mail: scriman@tin.it<br />
Consulenza Amministrativa<br />
Cristina Brambilla<br />
Erisipela<br />
Stefano Veraldi<br />
Sindrome metabolica:<br />
aspetti clinici e prospettive terapeutiche<br />
Fulvio Muzio<br />
pag.21<br />
pag.27<br />
Consulenza grafica<br />
Piero Merlini<br />
Impaginazione<br />
Felice Campo<br />
Stampa<br />
Parole Nuove s.r.l. Brugherio (MI)<br />
PRIMO PIANO<br />
Candidiasi vaginale: una patologia anche allergica<br />
Igea D’Agnano pag. 35<br />
È vietata la riproduzione totale o parziale,<br />
con qualsiasi mezzo, di articoli, illustrazioni<br />
e fotografie pubblicati su Scripta MEDICA<br />
senza autorizzazione scritta dell’Editore.<br />
L’Editore non risponde dell’opinione<br />
espressa dagli Autori degli articoli.<br />
AMBULATORIO<br />
Lo scompenso cardiaco nella pratica clinica<br />
Pietro Cazzola pag. 41<br />
Edizioni Scripta Manent pubblica inoltre:<br />
ARCHIVIO ITALIANO<br />
DI UROLOGIA E ANDROLOGIA<br />
RIVISTA ITALIANA DI MEDICINA<br />
DELL’ADOLESCENZA<br />
INFORMED, CADUCEUM, IATROS, EUREKA<br />
La raccolta dei fascicoli del 2003 di Scripta Medica<br />
è disponibile in CD (file PDF) versando 30 Euro<br />
sul c/c postale n. 20350682 intestato a Edizioni Scripta Manent s.n.c.<br />
Diffusione gratuita. Ai sensi della legge 675/96 è possibile in qualsiasi momento<br />
opporsi all’invio della rivista comunicando <strong>per</strong> iscritto la propria decisione a:<br />
Edizioni Scripta Manent s.n.c. Via Bassini, 41 - 20133 Milano
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
3<br />
La diagnostica nefrologica oltre l’ecografia:<br />
quali altri metodi di imaging? Linee guida<br />
all’impiego delle metodiche radiologiche<br />
Rita Golfieri, Domenico Barone<br />
L’imaging nella patologia uro-nefrologica<br />
segue iter diagnostici differenziati a seconda<br />
del quadro clinico: nella presente trattazione<br />
considereremo i cinque principali scenari di<br />
presentazione clinica:<br />
malattia reno-vascolare: ischemica o i<strong>per</strong>tensiva;<br />
ematuria;<br />
pielonefrite acuta;<br />
insufficienza renale acuta e cronica;<br />
colica renale.<br />
Malattia reno-vascolare<br />
La malattia reno-vascolare ha due principali<br />
espressioni cliniche:<br />
i<strong>per</strong>tensione reno-vascolare: è caratterizzata<br />
da i<strong>per</strong>tensione sistemica e sostenuta<br />
da stenosi delle arterie renali su base aterosclerotica<br />
o displasica<br />
nefropatia ischemica: si caratterizza <strong>per</strong><br />
una prevalente alterazione della funzione<br />
renale ed è di solito dovuta a stenosi<br />
mono o bilaterale su base aterosclerotica.<br />
Rappresenta una potenziale causa d’insufficienza<br />
renale cronica.<br />
L’iter diagnostico prevede come indagine di<br />
1° livello l’US-colorDoppler, di provata<br />
attendibilità ad eccezione dei pazienti obesi<br />
o con meteorismo marcato. L’US-Doppler ha<br />
un’accuratezza variabile nella diagnosi di<br />
stenosi ostiale dell’arteria renale che va<br />
incrementandosi all’aumentare della stenosi:<br />
è, infatti, maggiore nelle stenosi su<strong>per</strong>iori<br />
Unità O<strong>per</strong>ativa di Radiologia Diagnostica,<br />
Interventistica e Medicina Nucleare<br />
Ospedali GB Morgagni-L. Pierantoni, Forlì.<br />
all’80% (1, 2). Ciò rende necessario il completamento<br />
con Angio-TC o Angio-RM.<br />
Se l’US-Doppler risulta negativo ed il quadro<br />
clinico è suggestivo <strong>per</strong> nefropatia ischemica,<br />
è raccomandabile l’esecuzione di un’indagine<br />
di 2° livello quale l’Angio-TC o<br />
l’Angio-RM (o una scintigrafia sequenziale<br />
con ACE-inibitori) (3).<br />
L’Angio-TC Spirale è la 1° scelta solo se la<br />
funzione renale non è compromessa (creatinina<br />
< 2,5 mg/dl): essa consente un’accurata<br />
stima dell’anatomia vascolare, della <strong>per</strong>centuale<br />
di stenosi, oltre che delle varianti anatomiche<br />
e delle calcificazioni parietali.<br />
Nei pazienti con creatininemia di 2-2,5<br />
mg/dl diviene indagine di 1° scelta l’Angio-<br />
RM, che evita di esporre il paziente al rischio<br />
di nefrotossicità da mezzo di contrasto<br />
(mdc) iodato (4, 5).<br />
L’Angio-RM è l’indagine d’elezione in <strong>tutti</strong> i<br />
pazienti anziani i<strong>per</strong>tesi con insufficienza<br />
renale evolutiva e forte sospetto clinico di<br />
nefropatia ischemica, poiché è metodica<br />
ripetibile, esente da rischi nefrotossici, mentre<br />
non è idonea <strong>per</strong> lo screening in pazienti<br />
i<strong>per</strong>tesi con bassa probabilità di stenosi<br />
(Figura 1). L’Angio RM è affidabile solo <strong>per</strong> il<br />
tratto prossimale dell’arteria renale e <strong>per</strong><br />
documentare stenosi serrate.<br />
Se l’US-Doppler risulta positivo, <strong>per</strong> la certezza<br />
diagnostica è necessario effettuare l’arteriografia<br />
DSA (Digital Subtraction Angiography)<br />
<strong>per</strong> definire l’entità della stenosi.<br />
La DSA è ancor oggi il “gold standard” <strong>per</strong> la<br />
documentazione della patologia stenoostruttiva,<br />
consentendo la quantificazione<br />
delle stenosi delle arterie renali e dei rami<br />
principali mediante metodiche “rotational” e<br />
3D oltre alla valutazione della vascolarizzazione<br />
intraparenchimale. è metodica sempre
4<br />
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
necessaria prima di una rivascolarizzazione<br />
chirurgica o di una PTRA associata o meno a<br />
stenting.<br />
Studio della stenosi dell’arteria renale:<br />
metodiche di imaging<br />
e loro principali indicazioni<br />
Angio RM (o MRA): può essere effettuata con<br />
due tecniche diverse: quella del “tempo di<br />
volo” TOF (Time of Flight) e quella del “contrasto<br />
di fase” PC (Phase-Contrast). Un notevole<br />
miglioramento è stato apportato alla<br />
metodica con l’uso di un mezzo di contrasto<br />
(il gadolinio: Gd-DTPA) che consente di<br />
abbreviare il tempo di rilasciamento dei protoni<br />
con conseguente più rapida acquisizione<br />
dell’immagine. I primi studi effettuati con<br />
l’Angio-RM con tecnica TOF apparvero promettenti<br />
con sensibilità oscillante fra il 77 ed<br />
il 100% (6, 7) <strong>per</strong> identificare le stenosi dei<br />
primi 3-3,5 cm dell’arteria renale. Gli studi<br />
basati sulla PC Angio-RM hanno dimostrato<br />
un’accuratezza diagnostica maggiore. La sensibilità<br />
<strong>per</strong> stenosi maggiori de1l’80% è oggi<br />
compresa fra 1’80 ed il l00% e la specificità<br />
fra il 93 ed il 99% (8, 9) (Figura 1).<br />
Uno studio comparativo delle due tecniche<br />
di Angio-RM con la DSA ha dimostrato una<br />
sensibilità del l00% ed una specificità del<br />
90% limitatamente al tratto prossimale dell’arteria<br />
(10). Gli studi condotti con l’impiego<br />
di Gd-DTPA hanno dimostrato sensibilità<br />
e specificità su<strong>per</strong>iori al 90% anche <strong>per</strong> stenosi<br />
di rami accessori (4, 11). L’Angio-RM<br />
con Gd-DTPA e la DSA hanno accuratezza<br />
analoga <strong>per</strong> le stenosi prossimali (primi 2<br />
cm) dell’arteria renale quando il gradiente<br />
pressorio trans-stenotico è maggiore di 15<br />
mmHg (12). L’affidabilità della metodica è<br />
limitata tuttavia al tratto prossimale dell’arteria.<br />
Il vantaggio dell’Angio-RM è la sua ripetibilità<br />
senza rischi di nefrotossicità nel<br />
paziente con insufficienza renale.<br />
Nei soggetti con stenosi dell’arteria renale<br />
aterosclerotica questa generalmente riguarda<br />
i primi 2 cm dell’arteria, area adeguatamente<br />
visualizzata dall’Angio-RM: tale indagine<br />
<strong>per</strong>tanto può essere considerata come la<br />
prima procedura non invasiva negli anziani<br />
i<strong>per</strong>tesi presentanti un aggravamento dell’insufficienza<br />
renale. Al momento l’Angio-RM<br />
non può essere considerata metodica di<br />
screening in pazienti i<strong>per</strong>tesi se la probabilità<br />
di stenosi dell’arteria renale è scarsa, mentre<br />
essa trova un’indicazione precisa in pazienti<br />
con VFG ridotto e forte sospetto clinico di<br />
nefropatia ischemica. La DSA resta in ogni<br />
modo lo studio definitivo <strong>per</strong> la diagnosi di<br />
steno-ostruzione dell’arteria renale.<br />
Angio-TC spirale delle arterie renali: è una tecnica<br />
recente che richiede l’uso di mezzo di<br />
contrasto, iniettato endovena in quantità pari a<br />
100-150 ml con una velocità di 3-4 ml/sec<br />
(13). Si conduce eseguendo una scansione a<br />
strato sottile (2-5 mm) poco dopo l’inizio (25-<br />
30 secondi) dell’iniezione di mdc endovenoso,<br />
in quantità 100-150 ml iniettati a flusso rapido<br />
(3-4 ml/sec). Utilizza le acquisizioni volumetriche<br />
continue della TC spirale condotte<br />
durante il tempo di opacizzazione arteriosa: le<br />
immagini assiali ottenute vengono poi ricostruite<br />
con tecnica Multiplanare 2D (MPR) o<br />
3D di su<strong>per</strong>ficie (SSD) (Figura 2).<br />
La sensibilità dell’Angio-TC spirale è del 92-<br />
98% con specificità variabile dal 83-94% (14)<br />
e rispetto alla DSA è più precisa nel definire l’anatomia<br />
vascolare (15), nell’identificazione<br />
delle arterie accessorie e soprattutto consente<br />
di identificare le calcificazioni ateromasiche<br />
parietali (16) con conseguente vantaggio in<br />
caso di intervento chirurgico (Figura 2b).<br />
La presenza di placche ateromasiche calcifiche<br />
comporta un rischio di sottostima della stenosi<br />
sottostante, su<strong>per</strong>abile solo mediante accu-<br />
Figura 1.<br />
Angio RM<br />
con tecnica PC<br />
con mdc ev<br />
(Gd-DTPA):<br />
stenosi del 70%<br />
dell’arteria renale<br />
sinistra.
Scripta MEDICA<br />
La diagnostica nefrologica oltre l’ecografia<br />
5<br />
Figura 2.<br />
Angio-TC spirale:<br />
arterie renali di<br />
calibro regolare:<br />
a, b: tecnica di<br />
ricostruzione MPR:<br />
evidenza di<br />
calcificazioni<br />
ateromasiche in b.<br />
c: tecnica di<br />
ricostruzione 3D<br />
"volume rendering"<br />
di su<strong>per</strong>ficie.<br />
A<br />
B<br />
C<br />
rata comparazione delle immagini assiali con<br />
quelle ottenute dalla ricostruzione MIP o<br />
MPR. Un’altro limite dell’Angio TC è la necessità<br />
d’impiego di elevate quantità di mdc, che<br />
ne limita l’uso nell’insufficienza renale, condizione<br />
in cui <strong>per</strong>altro l’Angio-TC è leggermente<br />
meno sensibile e specifica (13). Tuttavia<br />
quando l’insufficienza renale non è severa<br />
(creatininemia inferiore a 2,05 mg/dl) la tecnica<br />
sembra essere relativamente affidabile.<br />
Arteriografia renale (DSA): è considerata la<br />
metodica “gold standard” <strong>per</strong> la diagnosi della<br />
patologia steno-ostruttiva dell’arteria renale:<br />
essa possiede la massima sensibilità e consente<br />
l’identificazione precisa delle stenosi<br />
dell’arteria renale principale e dei rami segmentari<br />
o subsegmentari, oltre alla valutazione<br />
della vascolarizzazione intraparenchimale<br />
(Figura 3).<br />
L’angiografia è indispensabile quando è in<br />
programma un intervento di rivascolarizzazione<br />
renale, sia chirurgico sia mediante<br />
PTRA con eventuale stenting. La DSA non<br />
richiede analgesia e può essere eseguita<br />
ambulatorialmente (<strong>per</strong> approccio brachiale<br />
o ascellare).<br />
Oggi, lo standard è rappresentato dalla tecnica<br />
digitale intrarteriosa con utilizzo di<br />
cateteri di piccolo calibro (3-4 French),<br />
meno traumatici, e di una minore quantità<br />
di contrasto rispetto al passato (iniezioni di<br />
20 ml di mdc alla velocità di 10 ml/sec) (17).<br />
Lo studio angiografico deve essere eseguito<br />
Figura 3.<br />
DSA.<br />
a: stenosi displasica<br />
a diaframma<br />
dell’arteria renale<br />
sinistra;<br />
b: stenosi dei rami<br />
segmentari.<br />
Dettagli dimostrabili<br />
esclusivamente<br />
dallo studio DSA<br />
e non evidenziati<br />
preliminarmente<br />
dall’US.<br />
A<br />
B
6<br />
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1, <strong>2004</strong><br />
in più proiezioni (generalmente anteroposteriore<br />
e oblique), al fine di ottenere<br />
informazioni sulla sede e sulla morfologia<br />
della lesione e sui rapporti tra aorta e ostio<br />
renale. L’invasività della metodica comporta<br />
un rischio basso ma ben definito di complicanze:<br />
la più importante, oltre alle comuni<br />
reazioni allergiche da mdc ed a quelle legate<br />
alla manovra (ateroembolismo colesterinico,<br />
dissezione intimale, ematoma o pseudoaneurisma<br />
nella sede della puntura dell’arteria<br />
femorale o trombosi arteriosa) è la nefrotossicità<br />
da mezzo di contrasto (comune <strong>per</strong>altro<br />
anche all’Angio-TC).<br />
Per nefrotossicità da mezzo di contrasto<br />
(NMC) s’intende sia un aumento <strong>per</strong>centuale<br />
della creatinina del 25% o del 50%, sia un<br />
aumento assoluto di 0,5-1 mg/dl entro 48 o 72<br />
ore dall’infusione del mezzo di contrasto (3).<br />
Oltre all’insufficienza renale (creatinina > 2<br />
mg/dl), altri fattori di rischio <strong>per</strong> la comparsa<br />
di NMC sono il diabete mellito, l’insufficienza<br />
cardiaca, la disidratazione. In passato (fino agli<br />
anni ‘80), con l’impiego di mezzi di contrasto<br />
ionici ed i<strong>per</strong>osmolari l’incidenza di NMC raggiungeva<br />
il 20% nei pazienti con insufficienza<br />
renale (18).<br />
Attualmente l’impiego estensivo di mezzi di<br />
contrasto a bassa osmolarità ha dimezzato<br />
l’incidenza di NMC, in presenza di insufficienza<br />
renale; poiché la nefrotossicità è dosedipendente,<br />
anche la possibilità di impiego di<br />
dosi minori sia in angiografia che in TC ha<br />
ulteriormente contribuito alla ridotta incidenza<br />
di NMC.<br />
Per prevenire la NMC l’idratazione con somministrazione<br />
endovenosa di liquidi è la procedura<br />
più utilizzata. Studi retrospettivi e<br />
non controllati hanno suffragato l’efficacia di<br />
questa tecnica, che è su<strong>per</strong>iore all’infusione<br />
di soluzione di NaCl 0,45% (1 ml/kg/h <strong>per</strong><br />
12 ore prima e 12 ore dopo l’iniezione del<br />
mezzo di contrasto) da sola o associata a<br />
infusione di mannitolo (50 g prima dell’iniezione<br />
del mezzo di contrasto) o di furosemide<br />
(80 mg 30 minuti prima dell’iniezione del<br />
mezzo di contrasto): il gruppo trattato con la<br />
sola infusione di soluzione salina ebbe la<br />
minore incidenza di NMC (19).<br />
Pertanto, i pazienti candidati ad arteriografia<br />
renale dovrebbero sospendere 24 ore prima<br />
dell’esame l’assunzione di diuretici e devono<br />
essere sottoposti a idratazione mediante<br />
somministrazione endovenosa di fluidi<br />
(soluzione salina 0,45% oppure soluzione<br />
salina 0,9% + soluzione glucosata 5% oppure<br />
soluzione elettrolitica), indicativamente<br />
1000 ml nelle 6-12 ore precedenti l’infusione<br />
del mezzo di contrasto. da ripetersi nelle<br />
6-12 ore successive. In pazienti con creatinina<br />
elevata anche il trattamento dialitico,<br />
effettuato 1-3 ore dopo l’infusione di mdc,<br />
previene l’insorgenza di NMC (20).<br />
Scintigrafia renale sequenziale: la scintigrafia<br />
sequenziale con test provocativo con ACE-inibitori<br />
(Capoten) è una delle metodiche d’imaging<br />
utilizzate nella diagnostica della stenosi<br />
dell’arteria renale: ha il vantaggio di scarsa<br />
invasività, facilità di esecuzione ed assenza di<br />
complicanze. L’indagine utilizza radiocomposti<br />
che, somministrati <strong>per</strong> via venosa, vengono<br />
eliminati <strong>per</strong> filtrazione glomerulare e/o secrezione<br />
tubulare <strong>per</strong>mettendo la valutazione sia<br />
della funzione depuratrice del parenchima<br />
renale sia della <strong>per</strong>vietà delle vie escretrici.<br />
Mediante diverse procedure di calcolo è possibile<br />
quantificare il filtrato glomerulare, la portata<br />
plasmatica renale effettiva e la funzionalità<br />
tubulare ed escretrice dei reni separatamente.<br />
Ciascuno dei traccianti presenta caratteristiche<br />
cinetiche proprie che consentono la<br />
valutazione di diverse funzioni renali:<br />
il Tc-99m DTPA (acido dietilen-tetraaminopentacetico)<br />
<strong>per</strong> la determinazione<br />
del Volume del filtrato glomerulare<br />
(VFG) (funzione glomerulare);<br />
il Tc-99m MAG3 (acido mercapto-acetiltriglicinico)<br />
<strong>per</strong> la valutazione della funzione<br />
tubulare e del flusso renale ematico;<br />
I’Hippuran (orto-iodio-ippurato di sodio)<br />
marcato con I-131 o I-123 <strong>per</strong> la determinazione<br />
del flusso plasmatico effettivo:<br />
l’Hippuran subisce una filtrazione glomerulare,<br />
una captazione da parte delle cellule<br />
del tubulo prossimale attraverso i capillari<br />
<strong>per</strong>itubulari ed una successiva secrezione<br />
a livello del tubulo prossimale.<br />
La cinetica del MAG3 e dell’Hippuran rendono<br />
questi traccianti indicati <strong>per</strong> l’esecuzione<br />
della scintigrafia renale anche in pazienti con<br />
riduzione della funzionalità renale.<br />
La curva di uno scintigramma normale ela-
Scripta MEDICA<br />
La diagnostica nefrologica oltre l’ecografia<br />
7<br />
Figura 4.<br />
Scintigrafia renale<br />
con Tc-99 DTPA:<br />
ostruzione acuta<br />
dell’arteria renale<br />
destra.<br />
A<br />
B<br />
borata dal computer è caratterizzata da una<br />
fase iniziale rapida di captazione (segmento<br />
vascolare), in funzione del flusso ematico,<br />
che raggiunge un picco <strong>per</strong> poi decrescere<br />
quando l’escrezione del tracciante inizia ad<br />
essere su<strong>per</strong>iore alla captazione (segmento di<br />
estrazione glomerulare). Dopo il picco si<br />
assiste ad un decremento graduale della<br />
curva che rappresenta la fase di escrezione<br />
(segmento di eliminazione) (21) (Figura 4).<br />
I parametri di maggiore interesse nella diagnostica<br />
della stenosi dell’arteria renale sono:<br />
il contributo <strong>per</strong>centuale di ciascun rene (il<br />
contributo di un rene inizia ad essere considerato<br />
patologico se è inferiore al 40%);<br />
l’area sotto la curva di ciascun rene fra l<br />
minuto e mezzo e 2 minuti e mezzo<br />
(uptake);<br />
il tempo di picco (time to peak) (valore<br />
normale tra i 3 e 6 minuti);<br />
<strong>per</strong>centuale del picco di uptake dopo 15<br />
minuti (<strong>per</strong>cent of peak retained).<br />
Il rene portatore di una stenosi dell’arteria<br />
renale presenta una comparsa del picco ritardata,<br />
un’entità del picco minore ed una <strong>per</strong>sistenza<br />
del tracciante più prolungata rispetto<br />
al rene sano.<br />
L’American Society or Hy<strong>per</strong>tension Working<br />
Group (22) ha stabilito i seguenti criteri <strong>per</strong><br />
considerare positivo il test provocativo al<br />
Capoten:<br />
1. Time to peak > 6 minuti e, comunque, ritardato<br />
di almeno 120 secondi rispetto al basale;<br />
2. Riduzione dell’uptake > del 10% rispetto<br />
al basale dal lato affetto;<br />
3. Asimmetria della ritenzione dopo 15<br />
minuti di almeno il 15% su<strong>per</strong>iore rispetto<br />
al basale.<br />
Le <strong>per</strong>centuali di sensibilità e specificità della<br />
scintigrafia sono variabili secondo le casistiche<br />
(22, 23) e sono inferiori in presenza di<br />
insufficienza renale: recenti contributi (24,<br />
25) documentano un drammatico calo dell’accuratezza<br />
in pazienti con creatinina su<strong>per</strong>iore<br />
a 1,5-1,8 mg/dl.<br />
Definizione dell’entità della stenosi (DSA,<br />
Angio-TC)<br />
Se l’angio-RM dimostra una stenosi dell’arteria<br />
renale e/o dei suoi rami è necessario precisarne<br />
l’entità mediante Angio-TC o DSA in<br />
quanto è documentata l’evolutività verso<br />
l’occlusione completa del vaso quando la stenosi<br />
è su<strong>per</strong>iore al 85-90% (26). In questi c’è<br />
indicazione all’intervento di rivascolarizzazione<br />
o, in alternativa, ad una PTRA. Se invece<br />
la stenosi è quantificabile tra il 60 ed il<br />
90% sia la scelta conservativa con follow-up<br />
ravvicinato che quella interventistica possono<br />
ritenersi corrette.<br />
I criteri che fanno prevedere un recu<strong>per</strong>o<br />
della funzionalità renale dopo PTRA o rivascolarizzazione<br />
chirurgica, che devono essere<br />
evidenziati preliminarmente dalle metodiche<br />
d’imaging, sono:<br />
il riempimento dell’albero arterioso a
8<br />
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
valle della stenosi all’arteriografia;<br />
le dimensioni del rene (diametro longitudinale<br />
> 9 cm in stratigrafia o > 8 cm in US);<br />
la capacità di estrarre e concentrare il<br />
mezzo di contrasto all’urografia o il<br />
radioisotopo alla scintigrafia;<br />
la condizione di rene unico funzionale.<br />
L’angioplastica (PTA) è raccomandabile nelle<br />
stenosi non ostiali e nei pazienti in cui sarebbe<br />
indicata la rivascolarizzazione, ma presentano<br />
un rischio o<strong>per</strong>atorio molto elevato<br />
(27-30). In caso di ristenosi e/o di lesione<br />
ostiale è indicato il completamento dell’angioplastica<br />
con posizionamento di stent<br />
(PTAS) o la rivascolarizzazione chirurgica.<br />
La rivascolarizzazione chirurgica viene considerata<br />
in caso di fallimento della PTA o<br />
quando coesistano altre necessità chirurgiche<br />
(<strong>per</strong> esempio aneurisma aortico e/o dell’arteria<br />
renale). Prima dell’intervento chirurgico<br />
di rivascolarizzazione è importante<br />
valutare accuratamente i rischi tromboembolici<br />
cardiaci e cerebrali.<br />
In conclusione, l’imaging diagnostico dell’i<strong>per</strong>tensione<br />
reno-vascolare è strettamente<br />
dipendente dal sospetto clinico e dalla funzione<br />
renale del paziente.<br />
Se i rilievi clinici pongono un forte<br />
sospetto di stenosi dell’arteria renale e<br />
con funzione renale normale deve essere<br />
programmata una DSA, o in alternativa<br />
un eco-Doppler o una scintigrafia con<br />
ACE-inibitori (Captopril), se l’angiografia<br />
non è desiderata dal paziente o se è controindicata<br />
<strong>per</strong> allergia al mdc.<br />
In presenza di un forte sospetto clinico,<br />
ma con funzione renale alterata, il<br />
rischio di NMC pone una controindicazione<br />
all’angiografia e le indagini da<br />
preferirsi <strong>per</strong> lo screening saranno l’US<br />
duplex Doppler e la scintigrafia con<br />
ACE-inibitori. L’angio-RM può essere<br />
utile in un gruppo selezionato di<br />
pazienti anziani i<strong>per</strong>tesi ad alta probabilità<br />
di avere una stenosi dell’arteria<br />
renale prossimale<br />
In pazienti i<strong>per</strong>tesi con bassa probabilità<br />
di stenosi arteriosa, non è strettamente<br />
necessario un protocollo d’imaging poiché<br />
molto probabilmente si tratta d’i<strong>per</strong>tensione<br />
essenziale controllabile farmacologicamente.<br />
Ematuria<br />
L’ematuria è uno dei più comuni sintomi di<br />
presentazione <strong>per</strong> una vasta gamma di malattie<br />
renali: da questa trattazione sono escluse le<br />
ematurie dell’infanzia e quelle conseguenti a<br />
trauma, infezioni renali, insufficienza renale,<br />
litiasi, masse espansive e prostatismo.<br />
La prima decisione iniziale, rappresentata dalla<br />
scelta se procedere o meno a valutazione<br />
mediante imaging in <strong>tutti</strong> i pazienti con ematuria,<br />
trova opinioni contrapposte: secondo<br />
alcuni una microematuria minima in giovane<br />
asintomatico non necessita di valutazione<br />
mediante imaging (31) mentre secondo altri<br />
qualunque ematuria deve essere ritenuta indicativa<br />
di lesione maligna fino a prova contraria<br />
e quindi richiede un workup completo<br />
mediante imaging (32, 33). Poiché non esiste<br />
un valore definito di ematuria che rappresenti<br />
un “cut off” di identificazione della popolazione<br />
a basso rischio, è imprudente non eseguire<br />
uno studio diagnostico semplicemente <strong>per</strong> la<br />
giovane età del paziente o <strong>per</strong> la ematuria di<br />
scarsa entità. Esistono tuttavia alcune popolazioni<br />
di pazienti, quali le giovani donne con<br />
cistite emorragica, che non necessitano di un<br />
completo studio radiologico.<br />
Nel workup radiologico del paziente con<br />
ematuria:<br />
in presenza di forte sospetto clinico di<br />
glomerulonefrite, dopo uno studio US<br />
preliminare (<strong>per</strong> definire sede e numero<br />
dei reni prima della biopsia, <strong>per</strong> lo screening<br />
di eventuali anomalie renali associate<br />
e <strong>per</strong> l’esclusione di una lesione chirurgica<br />
sanguinante) è indicata l’esecuzione<br />
di una radiografia del torace <strong>per</strong> ricercare<br />
altre manifestazioni associate alla glomerulonefrite<br />
(cardiomegalia, versamento<br />
pleuro-<strong>per</strong>icardico, congestione polmonare<br />
ed edema, emorragia polmonare): è<br />
infine indispensabile il ricorso alla biopsia<br />
renale (34, 35)<br />
in <strong>tutti</strong> gli altri casi, nell’adulto, è necessario<br />
eseguire in prima istanza un’US <strong>per</strong><br />
screening, insieme alla citologia urinaria
Scripta MEDICA<br />
La diagnostica nefrologica oltre l’ecografia<br />
9<br />
Figura 5.<br />
Rx-urografia:<br />
neoplasia uroteliale<br />
responsabile<br />
di ematuria;<br />
lesioni vegetanti<br />
diffuse lungo<br />
la pelvi renale<br />
e l’intero uretere.<br />
ed alla cistoscopia (<strong>per</strong> ricerca di anomalie<br />
urinarie: neoplasie urinarie, calcoli,<br />
flogosi, anomalie congenite, lesioni<br />
vascolari, uropatia ostruttiva). La cistoscopia<br />
possiede la massima sensibilità <strong>per</strong><br />
lesioni delle vie urinarie distali, che costituiscono<br />
la più frequente causa di ematuria:<br />
di fronte al riscontro di una cistite<br />
emorragica in giovani donne il protocollo<br />
diagnostico deve interrom<strong>per</strong>si.<br />
Sulla metodica di imaging da impiegarsi in<br />
1° istanza non c’è accordo in letteratura (36,<br />
37): secondo alcuni è preferibile ricorrere<br />
direttamente all’urografia, poiché l’US possiede<br />
falsi negativi: può misconoscere piccoli<br />
calcoli ureterali non ostruenti. In questo<br />
caso l’associazione di una radiografia diretta<br />
dell’addome aumenta la sensibilità diagnostica<br />
dell’US. D’altronde anche l’urografia presenta<br />
falsi negativi in caso di piccole masse<br />
esofitiche anteriori o posteriori o piccole<br />
neoformazioni vescicali (38, 39).<br />
La Scintigrafia Urinaria ha risoluzione spaziale<br />
insufficiente: evidenzia solo lesioni<br />
intrarenali ampie o forme ostruttive (35).<br />
Se la causa di ematuria rimane oscura, con<br />
re<strong>per</strong>ti di negatività US, in presenza di positività<br />
dell’esame citologico urinario è opportuno<br />
procedere all’urografia (Figura 5);<br />
molto recentemente , la messa a punto della<br />
Uro-TC (studio TC spirale in fase urografica<br />
con ricostruzione sul piano coronale delle<br />
vie escretrici urinarie) ha reso tale metodica<br />
proponibile in sostituzione dell’urografia, in<br />
quanto meglio di questa documenta la<br />
morfologia renale con sensibilità e specificità<br />
su<strong>per</strong>iori, svelando masse renali occulte e<br />
dimostrando estesamente l’intero decorso<br />
delle vie escretrici (Figure 6, 7) (40).<br />
La RM è indagine costosa, poco accessibile e<br />
non sufficientemente sensibile <strong>per</strong> rappresentare<br />
esame di 1 a scelta: una tecnica analoga<br />
all’Uro-TC è stata sviluppata recentemente<br />
mediante RM (Uro-RM), potenzialmente<br />
utile <strong>per</strong> documentare alterazioni responsabili<br />
di ematuria: tale tecnica non è tuttavia<br />
ancora adottata diffusamente nella pratica<br />
clinica e non è quindi raccomandabile <strong>per</strong><br />
uno studio di screening.<br />
Pielonefrite acuta<br />
La flogosi delle vie urinarie è tra le patologie<br />
più diffuse del genere umano: nella maggior<br />
parte degli adulti essa resta confinata alle vie<br />
urinarie basse e la diagnosi è clinico-laboratoristica,<br />
senza necessità di ricorrere all’imaging.<br />
Le condizioni che predispongono a flogosi<br />
ascendenti sono il reflusso vescico-ureterale,<br />
la litiasi reno-ureterale, alterazioni<br />
funzionali vescicali, anomalie congenite urinarie.<br />
Di solito la flogosi renale consegue ad<br />
infezioni ascendenti dalle basse vie urinarie<br />
ed è sostenuta da patogeni enterogeni Gram-<br />
(di solito l’Escherichia coli): il termine pielonefrite<br />
esprime il quadro anatomo-patologico<br />
di un coinvolgimento contemporaneo del<br />
parenchima e della pelvi renale. Nella maggioranza<br />
dei casi, la pielonefrite non complicata<br />
viene subito diagnosticata clinicamente<br />
e risponde prontamente alla terapia antibiotica:<br />
se la terapia è impostata con ritardo o il<br />
paziente è diabetico o immunodepresso, i<br />
microascessi che si formano nella fase acuta<br />
possono confluire e dar luogo ad un ascesso<br />
renale, che può estendersi nello spazio <strong>per</strong>irenale.
10<br />
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
A<br />
B<br />
Figura 6.<br />
Uro-TC:<br />
re<strong>per</strong>ti normali.<br />
Si parla di pielonefrosi quando l’infezione è<br />
confinata ad un sistema collettore ostruito. I<br />
pazienti diabetici, oltre ad una maggiore predisposizione<br />
alle complicanze flogistiche,<br />
sono di più difficile inquadramento clinico<br />
<strong>per</strong> l’assenza dei sintomi tipici di presentazione<br />
(dolore al fianco) in oltre il 50% dei<br />
casi (41).<br />
L’imaging viene riservato ai casi di sicura flogosi<br />
renale o ai casi di incerta diagnosi differenziale<br />
tra infezioni delle basse vie urinarie<br />
e pielonefrite (Tabella 1).<br />
L’urografia rappresenta la 1° scelta sia tradizionalmente<br />
sia <strong>per</strong> un miglior rapporto<br />
costo-beneficio: il suo impiego ha utilità non<br />
tanto <strong>per</strong> la diagnosi di pielonefrite ma <strong>per</strong><br />
ricercare le anomalie anatomiche predisponenti<br />
all’infezione e che hanno ostacolato la<br />
risposta immediata alla terapia (calcoli,<br />
necrosi papillare, ostruzione urinaria) o <strong>per</strong><br />
identificare una complicanza dell’infezione<br />
quale un’ascesso renale o <strong>per</strong>irenale.<br />
Figura 7.<br />
Uro-TC: ematuria <strong>per</strong> neoplasia uroteliale della pelvi renale. La TC consente una completa stadiazione<br />
locoregionale mediante l’analisi delle scansioni assiali (A) oltre alla valutazione "Uro-TC" ottenibile dalle<br />
ricostruzioni sul piano coronale. B: Voluminosa neoplasia a partenza dalla pelvi renale destra<br />
con infiltrazione extracapsulare ed invasione della vena renale.<br />
A<br />
B
Scripta MEDICA<br />
La diagnostica nefrologica oltre l’ecografia<br />
11<br />
Figura 8.<br />
TC dopo mdc:<br />
raccolta urinosa<br />
<strong>per</strong>irenale<br />
ascessualizzata<br />
secondaria<br />
ad uropatia<br />
ostruttiva<br />
in paziente<br />
diabetico.<br />
Tabella 1.<br />
Pielonefrite acuta:<br />
workup<br />
diagnostico.<br />
Pazienti non complicati:<br />
Pazienti con anamnesi +<br />
<strong>per</strong> calcoli o altra<br />
patologia urologica,<br />
pregressa chirurgia,<br />
episodi di pielonefrite<br />
ripetuti<br />
Pazienti diabetici<br />
o immunodepressi<br />
risposta in 72 ore → STOP<br />
non risposta:<br />
urografia 1 a scelta<br />
(US: in sospetto di pionefrosi<br />
o se mdc è rischioso)<br />
Urografia nelle 24 ore<br />
TC pre+post mdc nelle 24 ore<br />
(≠ rischio ascessi<br />
ed estensione flogosi <strong>per</strong>irenale)<br />
Il ricorso all’imaging nella pielonefrite acuta<br />
è riservato ai pazienti che non rispondono<br />
alla terapia antibiotica entro le prime 72 ore:<br />
è dimostrato che circa il 95% di pazienti con<br />
pielonefrite non complicata diviene apiretico<br />
dopo 48 ore di appropriata antibioticoterapia<br />
e quasi il 100% nelle prime 72 ore. Nei<br />
pazienti con pielonefrite l’urografia effettuata<br />
di routine non modifica la condotta clinica<br />
nel 90% dei casi mentre, al contrario, se l’indagine<br />
viene riservata solo ai pazienti che<br />
<strong>per</strong>mangono i<strong>per</strong>piretici dopo 72 ore di antibioticoterapia,<br />
il numero di pazienti con<br />
rilievi urografici significativi dal punto di<br />
vista clinico sale al 36% (41, 42).<br />
La validità del <strong>per</strong>iodo di osservazione di 72<br />
ore prima della partenza del protocollo d’imaging<br />
è stata validata anche utilizzando<br />
come prima metodica lo studio TC (43).<br />
Unica eccezione all’attesa di 72 ore è da osservarsi<br />
in pazienti immunodepressi e diabetici,<br />
in cui la pielonefrite acuta non risponde di<br />
solito in modo pronto alla terapia, in cui l’urografia<br />
mostra alterazioni morfologiche e funzionali<br />
severe con probabilità 5 volte su<strong>per</strong>iore<br />
alla restante popolazione (42): in tale ristretto<br />
gruppo di pazienti è im<strong>per</strong>ativo ricorrere<br />
direttamente ad uno studio Uro-TC.<br />
Per la diagnosi delle complicanze dell’infezione<br />
(quali ascessi renali, <strong>per</strong>irenali o enfisema<br />
renale) e nei pazienti diabetici o immunodepressi,<br />
c’è ampia concordanza in letteratura<br />
sull’ampia su<strong>per</strong>iorità della TC con mdc<br />
come esame di prima scelta rispetto all’US<br />
che mostra una scarsa attendibilità <strong>per</strong> l’identificazione<br />
degli ascessi intra e <strong>per</strong>irenali(41,43-47).<br />
Nonostante la maggiore accuratezza della TC<br />
dopo mdc <strong>per</strong> l’identificazione delle complicanze<br />
ascessuali parenchimali e <strong>per</strong>irenali, il<br />
loro rilievo spesso non altera l’impostazione<br />
terapeutica.<br />
La cosiddetta Uro-TC con mdc è il metodo<br />
più accurato <strong>per</strong> lo studio delle alterazioni<br />
parenchimali, delle pielonefriti atipiche e <strong>per</strong><br />
ricerca di complicanze (ascesso <strong>per</strong>inefrico o<br />
enfisema renale) spesso non evidenziate<br />
dagli US: tale metodo dovrebbe essere di<br />
prima scelta nei pazienti diabetici ed immunodepressi,<br />
<strong>per</strong> una pronta identificazione<br />
delle complicanze (Figura<br />
6) (46, 47).<br />
I recenti sviluppi in campo<br />
ecografico, con l’introduzione<br />
dei software con doppie<br />
armoniche combinati all’uso<br />
di mezzi di contrasto gassoso<br />
sembrano incrementare la<br />
sensibilità dell’ecografia nell’identificazione<br />
di piccoli<br />
ascessi renali o <strong>per</strong>irenali<br />
che con la tecnica tradizionale<br />
erano scarsamente identificabili<br />
(43, 48).<br />
Il test diagnostico più specifico<br />
<strong>per</strong> la diagnosi di flogosi<br />
delle vie escretrici (pielonefrosi)<br />
resta ancora comun-
12<br />
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
que l’agoaspirato pielo-caliceale, che è generalmente<br />
eseguito come primo momento della<br />
nefrostomia <strong>per</strong>cutanea nelle forme ostruttive<br />
(Figura 9).<br />
La RM non sembra presentare vantaggi diagnostici<br />
rispetto alla TC (49) ed inoltre presenta<br />
il limite del mancato riconoscimento di<br />
piccoli calcoli: è raccomandabile solo nei<br />
pazienti in cui sia da evitarsi l’impiego di<br />
mdc iodato o la radioesposizione.<br />
La pielografia retrograda è indicata nei pazienti<br />
con infezione severa ed ostruzione urinaria<br />
evidenziabile solo con metodiche invasive.<br />
La cistouretrografia minzionale <strong>per</strong> studio<br />
del reflusso vescico-ureterale ha un uso di<br />
routine solo in pazienti pediatrici.<br />
La scintigrafia renale statica (con DMSA Tc-<br />
99 ,espressione della filtrazione glomerulare)<br />
si è recentemente rivelata su<strong>per</strong>iore all’US<br />
nei pazienti pediatrici, <strong>per</strong> la valutazione<br />
dello stato della corticale renale e quindi <strong>per</strong><br />
l’identificazione di cicatrici corticali nella<br />
pielonefrite da reflusso (specificità 100%,<br />
sensibilità 86%) e nella valutazione comparativa<br />
della funzione tubulare, con forti limiti<br />
nella definizione della sede dell’infezione<br />
(renale o <strong>per</strong>irenale) (50) (Figura 10).<br />
L’acido dimercaptosuccinico (DMSA), marcato<br />
con Tecnezio-99m, è una molecola che si<br />
accumula nella corticale renale e la sua<br />
distribuzione consente di visualizzare sede e<br />
morfologia del parenchima renale funzionante.<br />
Le sue principali indicazioni sono:<br />
malformazioni renali congenite: individuazione<br />
delle anomalie e delle sedi ectopiche;<br />
pielonefriti: dimostrazione della presenza<br />
di cicatrici corticali che confermano la<br />
patologia pielonefritica e la sua evoluzione;<br />
traumi: identificazione di contusioni o<br />
rotture e quadro di base <strong>per</strong> controlli successivi;<br />
ricerca di rene ectopico e/o sospetta agenesia<br />
renale monolaterale;<br />
malattia renale cistica: diagnosi differenziale<br />
di masse addominali laterali e conferma<br />
diagnostica del rene policistico<br />
infantile;<br />
idronefrosi: nelle idronefrosi massive, con<br />
rene escluso alle indagini con altre metodiche,<br />
valutazione dell’eventuale esistenza<br />
di parenchima funzionante; indagine<br />
di secondo livello dopo studio renale<br />
sequenziale.<br />
La scintigrafia renale dinamica o sequenziale<br />
con i traccianti 99Tc-DTPA (Figura 4), il 99Tc-<br />
MAG3 ed il I311-Hippuran, già descritta <strong>per</strong> lo<br />
studio dell’i<strong>per</strong>tensione nefrovascolare, consente<br />
una quantificazione della funzione renale<br />
separata mediante determinazione del filtrato<br />
glomerulare, del flusso plasmatico renale effettivo<br />
e della funzione tubulare ed ha le seguenti<br />
indicazioni <strong>per</strong> lo studio della pielonefrite:<br />
nefro-uropatie ostruttive: valutazione della<br />
funzione residua dei reni e/o localizzazione<br />
del danno a livello escretorio. La scintigrafia<br />
renale sequenziale associata al test con<br />
Furosemide è utilizzata <strong>per</strong> differenziare<br />
una stenosi organica da un’atonia marcata<br />
della pelvi o ristagno <strong>per</strong> dilatazione.<br />
Figura 9.<br />
Agoaspirato<br />
caliceale<br />
diagnostico,<br />
preliminare<br />
a pielostomia<br />
<strong>per</strong>cutanea:<br />
litiasi a stampo<br />
della pelvi renale<br />
con ostruzione<br />
del calice su<strong>per</strong>iore.<br />
Figura 10.<br />
Scintigrafia renale<br />
statica con DMSA<br />
Tc-99: cicatrici<br />
corticali multiple<br />
a sinistra.
Scripta MEDICA<br />
La diagnostica nefrologica oltre l’ecografia<br />
13<br />
Tabella 2.<br />
Insufficienza<br />
renale:<br />
work-up<br />
diagnostico.<br />
US<br />
IR reversibile (dimensioni renali, ecogenicità,<br />
idronefrosi, malattia cistica)<br />
+ Duplex Doppler (flusso renale)<br />
Scintigrafia (potenziale reversibilità IR)<br />
TC se:<br />
US equivoca <strong>per</strong> ostruzione o malattia cistica<br />
Trauma con IRA<br />
Angio-RM: in paziente i<strong>per</strong>teso se duplex Doppler US (o scintigrafia<br />
con ACE-I) positivo o dubbio (se IR elevata =<br />
paziente non candidabile a DSA <strong>per</strong> rischio NMC)<br />
Le cause dell’insufficienza renale sono tradizionalmente<br />
distinte in tre categorie: prerenali,<br />
intra-renali e post-renali. Le cause<br />
intrarenali includono la necrosi tubulare, le<br />
nefropatie interstiziali e glomerulari o le<br />
vasculopatie. La patologia ostruttiva è usualmente<br />
la causa delle forme post-renali e l’ipo<strong>per</strong>fusione<br />
(da stenosi arteriosa) o l’ipovolemia<br />
quella delle forme pre-renali.<br />
La distinzione tra insufficienza renale acuta<br />
(IRA) o cronica (IRC) può talvolta essere<br />
impostata su base clinica prima dell’ausilio<br />
dei metodi di imaging: una preliminare valutazione<br />
ecografica delle dimensioni renali è<br />
comunque di grande ausilio, dimostrando<br />
reni piccoli ed i<strong>per</strong>ecogeni in caso di IRC, e<br />
dimostrando anche la sua causa post-renale<br />
se è presente idronefrosi.<br />
Se non è evidente un’idronefrosi, il paziente<br />
non è i<strong>per</strong>teso e nell’anamnesi sono assenti<br />
re<strong>per</strong>ti suggestivi di stenosi dell’arteria renale,<br />
spesso il work-up diagnostico viene interrotto.<br />
Al contrario, se i reni hanno dimensioni conservate<br />
ed ecogenicità<br />
aumentata o normale, può<br />
essere presente una IRA<br />
reversibile, e ciò impone<br />
una prosecuzione diagnostica:<br />
la scintigrafia con un<br />
agente tubulare (Hippuran,<br />
MAG-3) può orientare<br />
verso la potenziale reversibilità<br />
del quadro.<br />
Se poi viene sospettata una<br />
stenosi o un’ostruzione<br />
arteriosa, un’Angio-RM può<br />
essere indicata, evitando<br />
così il rischio nefrotossico<br />
dei mdc organoiodati impiegati<br />
in angiografia ed in<br />
TC (Tabella 2).<br />
nefro-uropatie infiammatorie: valutazione<br />
del danno escretorio;<br />
nefro-uropatie congenite: valutazione<br />
della funzione renale pre e/o post-o<strong>per</strong>atoria.<br />
Insufficienza renale<br />
Insufficienza renale acuta (IRA)<br />
Il 75% dei casi di IRA hanno causa prerenale<br />
o intrarenale.<br />
Il protocollo d’imaging dell’IRA inizia, come<br />
anticipato, con un esame ecografico che può<br />
subito identificare la causa ostruttiva e definire<br />
il volume renale: reni piccoli ecogeni nell’IRC<br />
e reni grandi ipo-i<strong>per</strong>ecogeni nell’IRA.<br />
L’associazione poi dell’US-Doppler consente<br />
di valutare la <strong>per</strong>fusione renale e quindi di<br />
distinguere l’IRA pre-renale, con indici di<br />
resistenza normali, dall’IRA a causa intrarenale<br />
da nefropatie tubulo-interstiziali, con<br />
indici di resistenza elevati, mentre nelle<br />
forme intrarenali a genesi glomerulare e<br />
nell’IRA pre-renale sono normali.<br />
La più frequente causa di IRA post-renale, la<br />
patologia ostruttiva, vede come metodica<br />
principe l’US-Doppler che documenta direttamente<br />
l’idronefrosi associata ad indici di<br />
resistenza elevati dopo le prime 6 ore.<br />
In caso di negatività US la metodica successiva<br />
può essere la scintigrafia renale con Tc-<br />
99. Il tracciante standard glomerulare (Tc-99<br />
DTPA) non differenzia tra IRA e IRC ma differenzia<br />
la necrosi corticale da quella tubulare:<br />
un accumulo progressivo del tracciante<br />
senza escrezione depone <strong>per</strong> necrosi tubulare,<br />
mentre un’assente captazione <strong>per</strong> necrosi<br />
corticale o glomerulonefrite acuta. Il tracciante<br />
tubulare (Hippuran, Tc 99MAG-3)<br />
definisce il livello della funzione renale e la
14<br />
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
reversibilità dell’IR. Inoltre la valutazione del<br />
flusso plasmatico renale effettivo (ERPF) ha<br />
significato prognostico: se l’ERPF è maggiore<br />
di 125 ml/min e la captazione è buona la<br />
prognosi è migliore, mentre se l’uptake è<br />
scarso la prognosi è infausta, con prospettiva<br />
di dialisi o trapianto (51, 52)<br />
Il trauma renale rappresenta un’unica condizione<br />
di IRA pre-intra-post-renale: in questo<br />
contesto la TC è metodica di 1 a scelta <strong>per</strong><br />
documentare sia l’eventuale occlusione<br />
vascolare, sia l’ematoma intra o <strong>per</strong>irenale e<br />
l’eventuale ostruzione ureterale da coaguli;<br />
analogamente, la TC è l’indagine di 1 a scelta<br />
nella necrosi tubulare acuta da farmaci o da<br />
shock prolungato con precipitazione di emoglobina<br />
o mioglobina nei tubuli renali (53).<br />
L’Angio-RM, grazie alla minore nefrotossicità<br />
del Gd-DTPA rispetto ai mezzi di contrasto<br />
iodati (54-56), è metodica d’elezione nell’IRA<br />
vascolare: nella sospetta stenosi delle arterie<br />
renali in pazienti i<strong>per</strong>tesi con Doppler positivo<br />
o dubbio, o nella trombosi della vena renale e,<br />
in genere, in <strong>tutti</strong> i pazienti non indicati a studio<br />
con mdc iodati.<br />
L’urografia non ha ruolo nella diagnosi differenziale<br />
delle cause di IRA.<br />
Insufficienza renale cronica (IRC)<br />
L’insufficienza renale cronica spesso si presenta<br />
in modo insidioso ed è caratterizzata<br />
da un lento declino del volume del filtrato<br />
glomerulare. Le cause più frequenti che portano<br />
ad IRC terminale e che pongono l’indicazione<br />
al trapianto sono: glomerulonefrite<br />
cronica, nefropatia diabetica, nefropatia i<strong>per</strong>tensiva,<br />
rene policistico, pielonefrite cronica,<br />
calcolosi renale (57). Nei pazienti pediatrici<br />
le cause più comuni sono la glomerulonefrite<br />
e la pielonefrite (58).<br />
Nell’insufficienza renale cronica (IRC) l’US è<br />
l’indagine di prima scelta <strong>per</strong> distinguere le<br />
forme terminali irreversibili da quelle passibili<br />
di recu<strong>per</strong>o, definendo dimensioni ed ecogenicità<br />
renale, presenza d’idronefrosi ed identificando<br />
l’eventuale patologia espansiva (1, 2).<br />
Quando l’IRC ha genesi ostruttiva, l’US ha<br />
una sensibilità <strong>per</strong> la diagnosi d’idronefrosi<br />
attorno al 100% nelle forme moderato-severe,<br />
con una quota di falsi positivi nel 26% dei<br />
casi, causati da reflusso vescico-ureterale,<br />
riempimento vescicale, cisti parapieliche,<br />
incrocio vascolare nella pelvi renale: la diagnosi<br />
differenziale si pone in tali casi con<br />
l’aggiunta dell’US-Doppler.<br />
Poiché la nefropatia i<strong>per</strong>tensiva rappresenta<br />
oltre il 25% delle cause di IRC, le metodiche<br />
di imaging si devono cimentare con l’identificazione<br />
e la quantificazione delle stenosi<br />
dell’arteria renale: l’US-Doppler definisce<br />
bene la <strong>per</strong>fusione renale ma non è sufficientemente<br />
accurata <strong>per</strong> la diagnosi delle stenosi<br />
dell’arteria renale, specie ostiale, con attendibilità<br />
maggiore all’aumentare del grado<br />
della stenosi, specie se su<strong>per</strong>a l’80% (2): in<br />
tal caso si ravvede la necessità di completamento<br />
mediante Angio-TC spirale o, in caso<br />
di IRC severa che controindichi l’iniezione di<br />
mdc, di Angio-RM.<br />
La TC è indicata solo in caso di studio US<br />
equivoco <strong>per</strong> patologia ostruttiva o cistica: in<br />
tali casi la TC senza mdc ha accuratezza<br />
su<strong>per</strong>iore all’US <strong>per</strong> lo studio delle cisti renali,<br />
le emorragie e le neoplasie dei pazienti<br />
con IRC in dialisi, <strong>per</strong> identificare la necrosi<br />
papillare (calcificazioni lungo la linea papillare<br />
e lungo il contorno renale) e <strong>per</strong> definire<br />
i calcoli ureterali.<br />
La scintigrafia sequenziale con Tc-99 DTPA<br />
può essere utilmente impiegata poiché fornisce<br />
una valutazione globale della funzione<br />
renale e della potenziale reversibilità dell’IR.<br />
Lo studio dopo ACE-inibitori, che possiede<br />
un’elevata sensibilità nell’identificazione<br />
della stenosi dell’arteria renale in pazienti<br />
con funzione renale normale, è sconsigliabile<br />
nell’IRC in quanto meno accurata, poiché<br />
il DTPA è un tracciante glomerulare che<br />
risente della scarsa filtrazione glomerulare in<br />
presenza di VFG inferiore a 15 ml/min.<br />
Colica renale<br />
Un calcolo renale abbastanza piccolo da passare<br />
nell’uretere può causare il blocco del flusso<br />
d’urina con distensione delle vie escretrici a<br />
monte: le più frequenti sedi di ritenzione di<br />
calcoli sono la giunzione ureteropelvica, l’incrocio<br />
con i vasi iliaci e lo sbocco ureterovescicale.<br />
La probabilità del passaggio spontaneo in
Scripta MEDICA<br />
La diagnostica nefrologica oltre l’ecografia<br />
15<br />
vescica di un calcolo ureterale è molto alta <strong>per</strong><br />
calcoli inferiori a 5 mm mentre è molto bassa<br />
se su<strong>per</strong>ano il centimetro: da ciò nasce la<br />
costante richiesta dei clinici di definire<br />
mediante imaging le dimensioni del calcolo.<br />
Il radiogramma diretto dell’addome può<br />
essere sufficiente <strong>per</strong> diagnosticare l’ureterolitiasi<br />
in paziente litiasico già accertato in<br />
precedenza, mentre è nota la sua bassa accuratezza<br />
<strong>per</strong> la prima diagnosi: recenti studi<br />
retrospettivi (59, 60) e, soprattutto, di comparazione<br />
con la TC spirale (61) hanno<br />
dimostrato sensibilità non su<strong>per</strong>iori al 58-<br />
62%. Tale metodica ha quindi una scarsa utilità<br />
se impiegata come unica indagine diagnostica,<br />
mentre conserva un ruolo come<br />
fase preliminare dell’urografia.<br />
L’ecografia dimostra la litiasi ostruttiva come<br />
re<strong>per</strong>to secondario all’ectasia pielocaliceale<br />
ed ureterale (62-64): poiché queste si manifestano<br />
dopo alcune ore, l’US in fase acuta<br />
può mancare in oltre il 30% dei casi la dimostrazione<br />
di calcoli se i pazienti non sono<br />
adeguatamente idratati.<br />
L’idronefrosi secondaria ad ureterolitiasi è<br />
stata rilevata in pazienti non idratati in quote<br />
variabili dal 35 al 73% (65-66).<br />
L’associazione dell’US-Doppler renale può<br />
migliorare l’identificazione precoce dell’ostruzione,<br />
registrando elevati indici di resistenza<br />
in reni con sistema collettore non<br />
ancora dilatato (67, 68).<br />
L’urografia, in quanto su<strong>per</strong>iore all’US <strong>per</strong> diagnosticare<br />
i calcoli renali, fin dall’inizio degli<br />
anni ‘90 è stata considerata l’esame d’elezione<br />
nel sospetto di colica renale. Negli anni ‘92-93<br />
è stato proposto di sostituire l’urografia, nel<br />
primo approccio, con l’associazione di US<br />
dopo idratazione e radiogramma diretto dell’addome<br />
(69, 70), riservando successivamente<br />
l’urografia solo ai casi non conclusivi, stimati<br />
attorno al 28% del totale (71), quali:<br />
l) idronefrosi all’US senza evidenza di calcoli<br />
né all’US, né al radiogramma diretto;<br />
2) sospetto di calcolo al radiogramma diretto<br />
ma non evidenza di calcoli né d’idronefrosi<br />
all’US;<br />
3) <strong>per</strong>sistenza della sintomatologia senza<br />
espulsione di calcoli a fronte di una negatività<br />
di US e radiogramma diretto;<br />
4) necessità di una visualizzazione panoramica<br />
delle vie escretrici in previsione di<br />
una terapia interventistica.<br />
La TC spirale senza mdc è stata proposta nei<br />
pazienti con sospetta colica renale <strong>per</strong> la prima<br />
volta nel ‘95 (72): da allora molti studi hanno<br />
dimostrato l’elevatissima sensibilità (95-96%)<br />
e specificità (98%) di tale indagine (73-84) ed<br />
il suo impiego è stato raccomandato in sostituzione<br />
dell’urografia, nei casi non risolti dallo<br />
studio US e dal radiogramma dell’addome preliminare<br />
in fase acuta (85).<br />
Nel sospetto di colica renale la TC spirale è<br />
quindi da considerarsi indagine di elezione, in<br />
quanto porta ad una conclusione diagnostica<br />
immediata, documentando la litiasi e differenziandola<br />
dai fleboliti pelvici (Figura 11).<br />
La TC spirale è in grado di evidenziare quasi<br />
<strong>tutti</strong> i calcoli urinari (73-84) (Figura 12)<br />
mentre l’urografia ha una <strong>per</strong>centuale di falsi<br />
negativi compresa tra il 31 e il 48% a seconda<br />
degli Autori (75, 85-90).<br />
Inoltre, sulla base della sede e della misura<br />
delle esatte dimensioni del calcolo, la TC spirale<br />
consente di prevedere se il calcolo sarà eliminato<br />
spontaneamente o se sarà necessaria<br />
una terapia interventistica. La TC spirale è in<br />
grado di identificare anche microcalcoli renali<br />
e quindi una diatesi litiasica subclinica.<br />
Lo studio con TC spirale durante una colica<br />
addominale consente inoltre l’identificazione<br />
di eventuali patologie urinarie non litiasiche<br />
o di patologie extraurinarie insospettate,<br />
responsabili della sintomatologia quali ad<br />
esempio appendicite, diverticolite o torsione<br />
di masse ovariche (77, 91).<br />
Infine, l’indagine TC è meglio accettata dal<br />
paziente, non essendo necessaria una preliminare<br />
pulizia intestinale né l’iniezione di<br />
mdc ed essendo più rapida dell’urografia<br />
(92), e non essendo o<strong>per</strong>atore-dipendente<br />
come l’US.<br />
I punti che ancora oggi depongono a favore<br />
dell’urografia sono rappresentati esclusivamente<br />
dalla dose e dai costi: la TC spirale<br />
eroga una dose che varia tra 2,82 e 6,4 mSv,<br />
maggiore da 1,33 a 3,94 volte rispetto all’urografia<br />
(85) ed, inoltre, il protocollo che<br />
prevede US e radiogramma diretto dell’addome<br />
e, solo nei casi selezionati (28%), la<br />
TC spirale ha un costo pari a 64,91 Euro,<br />
cioè inferiore del 12% rispetto al protocollo
16<br />
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
A<br />
B<br />
Figura 11.<br />
Colica renale:<br />
TC assiale<br />
senza mdc.<br />
A: flebolita,<br />
con vena dilatata<br />
a monte;<br />
B: calcolo,<br />
con dilatazione<br />
dell’uretere distale.<br />
che prevede la TC spirale in prima battuta<br />
(74,00 Euro).<br />
È possibile poi che nel prossimo futuro l’urografia<br />
venga completamente sostituita<br />
dall’Uro-TC anche <strong>per</strong> valutare le possibili<br />
cause di un’ematuria e <strong>per</strong> documentare in<br />
assoluto altre patologie genito-urinarie (86).<br />
Attualmente è ancora in uso grazie alla resistenza<br />
di molti clinici che non apprezzano<br />
appieno il miglior dettaglio anatomico delle<br />
vie urinarie ottenibile con la metodica TC.<br />
L’Uro-TC deve essere considerata come un’evoluzione<br />
dell’urografia, che combina il dettaglio<br />
anatomico assiale della TC alla visualizzazione<br />
sul piano frontale delle vie escretrici<br />
fornito dall’urografia. La transizione<br />
verso un’uso estensivo dell’Uro-TC in sostituzione<br />
dell’urografia avverrà in alcuni anni<br />
A<br />
ed in pochi casi l’urografia resterà forse indagine<br />
appropriata: nello studio di anomalie<br />
congenite complesse, nella dimostrazione<br />
delle ricostruzioni chirurgiche delle vie urinarie<br />
e nel follow-up di pazienti con pregresso<br />
carcinoma a cellule transizionali (86).<br />
Mentre è ancora in corso la messa a punto del<br />
ruolo della TC spirale nella colica renale, sta<br />
comparendo all’orizzonte delle metodiche di<br />
imaging l’Uro-RM, che si sta dimostrando<br />
metodica competitiva in questo settore (93-<br />
95), fornendo dettagli anatomici di elevata<br />
accuratezza (documentazione dell’ostruzione<br />
e dell’edema <strong>per</strong>irenale con sensibilità 100%)<br />
e con specifiche indicazioni in gravidanza,<br />
nei pazienti pediatrici ed in <strong>tutti</strong> i casi in cui<br />
non è indicata la radioesposizione e l’iniezione<br />
di mdc iodato (Figure 13, 14).<br />
B<br />
Figura 12.<br />
TC Spirale senza<br />
mdc.<br />
A: studio assiale<br />
e B: ricostruzione<br />
coronale:<br />
voluminosa<br />
formazione<br />
litiasica della pelvi<br />
renale sinistra.
Scripta MEDICA<br />
La diagnostica nefrologica oltre l’ecografia<br />
17<br />
Figura 13.<br />
Uro-RM.<br />
A. Studio RM T2-<br />
pesato (sequenza<br />
RARE assiale:<br />
dimostrazione del<br />
calcolo ostruttivo<br />
incuneato nella<br />
pelvi renale con<br />
edema <strong>per</strong>irenale)<br />
B. Stesso caso.<br />
RM T1-pesata+<br />
Gd-DTPA<br />
(sequenza FLASH<br />
sul piano coronale:<br />
migliore evidenza<br />
del calcolo e<br />
dell’ostruzione<br />
pielo-caliceale).<br />
A<br />
B<br />
Figura 14.<br />
A. Urografia<br />
tradizionale e<br />
B.Uro-RM (T2W<br />
senza mdc,<br />
tecnica RARE).<br />
Lo studio urografico<br />
dimostra<br />
un doppio<br />
distretto<br />
pielo-caliceale<br />
a sinistra<br />
e l’esclusione del<br />
rene destro;<br />
l’uro-RM dimostra,<br />
a destra,<br />
idroureteronefrosi<br />
<strong>per</strong> ostacolo<br />
a livello dell’uretere<br />
terminale.<br />
A<br />
B<br />
Grazie all’elevato segnale (i<strong>per</strong>intenso) in T2<br />
dei fluidi statici è inoltre possibile ottenere<br />
un’Uro–RM senza impiego di mdc documentando<br />
anche reni esclusi all’urografia (Figura<br />
14). Le attuali indicazioni all’Uro-RM sono<br />
infatti costituite dallo studio del rene escluso,<br />
della colica renale e di <strong>tutti</strong> i casi in cui<br />
l’impiego di mdc iodati è controindicato.
18<br />
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
Bibliografia<br />
1. Schwerk WB, Resrepo IK, Stellwaag M, et al. Renal<br />
artery stenosis: grading with image directed Doppler US<br />
evaluation of renal resistive index. Radiology 1994;<br />
190:785<br />
2. Kliewer MA, Tupler RH, Carroll BA, et al. Renal<br />
artery stenosis: analysis of Doppler waveform parameters<br />
and tardus-parvus pattern. Radiology 1993; 189:779<br />
3. Boero R, Degli Esposti E, Galli G, et al. Linee guida<br />
<strong>per</strong> la nefropatia ischemica aterosclerotica. Giornale<br />
Italiano di Nefrologia 1999; 16:14<br />
4. Debatin J. Spritzer CE. Grist TM, et al. Imaging of the<br />
renal arteries: value of MR angiography. AJR 1991;<br />
174:727<br />
5. Schoenberg SO, Knopp MV. Bock M, et al. Renal<br />
artery stenosis. Grading of haemodinamic changes with<br />
cine phase-contrast MR blood flow measurements.<br />
Radiology 1997; 203:45<br />
6. Kim D, Edelman R, Kenl K, et al. Abdominal aorta<br />
and renal artery stenosis: evaluation with MR angiography.<br />
Radiology 1990; 174:727<br />
7. Loubeyre P, Revel D, Garcia P Delignette A, el al.<br />
Screening patients for renal artery stenosis: value of threedimensional<br />
lime-of-f1ight MR angiography. AJR 1994;<br />
162:847<br />
8. Debatin JF, Spritzer CE, Grist TM, el al. Imaging of<br />
the renal arteries: value of MR angiography. AJR 1991;<br />
157:981<br />
9. Schoenberg SO, Knopp MV, Bock M, et al. Renal<br />
artery stenosis. Grading of haemodinamic changes wilh<br />
cine phase-contrast MR blood flow measurements.<br />
Radiology 1997; 203:45<br />
10. Louberyre P, Trolliet P, Cahen R, et al. MR angiography<br />
of renal artery stenosis: value of the combination of<br />
three-dimensional time-of-flight and three-dimensional<br />
phase.contrast MR angiography sequences. AJR 1996;<br />
167:484<br />
11. Holland GA, Dougherty L. Carpenter JP, el al. Breathhold<br />
ultrafast three dimensional gadolinium enhanced MR<br />
angiography of the aorta and the renal and other visceral<br />
abdominal arteries. AJR 1996; 166:971<br />
12. Wasser MN, Westenberg J, Hulsl VP, el al.<br />
Haemodinamic significance of renal artery stenosis: digital<br />
subtraction angiography versus systolically gated threedimensional<br />
phase-contrast MR angiography. Radiology<br />
1997; 202:333<br />
13. Olbricht CJ. Paul K Prokop M, el al. Minimally<br />
invasive diagnosis of renal artery stenosis by spiral<br />
Computed Tomography angiography. Kidney Int 1995;<br />
48:1332<br />
14. Rubin GD, Dake MD Napel S, el al. Spiral CT of<br />
renal artery senosis: comparison of three-dimensional rendering<br />
techniques. Radiology 1994; 190:181<br />
15. Olbricht CJ, Galanski M, Chavan A, Prokop M.<br />
SpiraI CT angiographycan we forget about arteriography<br />
to diagnose renal artery stenosis? Neprol Dial Transplant<br />
1996; 11:1227<br />
16. Platts AD. CT angiography and spiral angiography. In:<br />
Novick AC. Scoble J, Hamilton G eds. Renal Vascular<br />
Disease. London: WB Saunders 1996;143<br />
17. ACR Standards. Diagnostic arteriography. Circulation<br />
1994; 89:1481<br />
18. Davidson CJ, Hlaty M, Morris KG, et al. Cardiovascular<br />
and renal toxicity of a nonionic radiographic contrast<br />
agent after cardiac catheterization: A prospective<br />
Trial. Ann Intern Med 1989; 110:119<br />
19. Solomon RC, Werner C, Mann D, et al. Effects of<br />
saline, mannitol, and furosemide on acute decreases in<br />
renal function induced by radiocontrast agents. N Engl J<br />
Med 1994; 331:1416<br />
20. Moon SS, Back S. Kurkus J. Nillson-Ehle P. Hemodialysis<br />
for elimination of the nonionic contrast medium<br />
ioexol after angiography with impaired renal function.<br />
Nephron 1995: 70:430<br />
21. Mann SJ, Pickering TG, Sos TA, el al. Captopril<br />
renography in the diagnosis of renal artery stenosis: accuracy<br />
and limitations. Am J Med 1991; 90:30<br />
22. Nally JV, Chen C, Fine E, el al. Diagnostic criteria of<br />
renovascular hy<strong>per</strong>tension with captopril renography. Am J<br />
Hy<strong>per</strong>tens 1991; 4:s749<br />
23. Taylor A, Nally JV. Clinical applications of renal scintigraphy.<br />
AJR 1995; 164:31<br />
24. Selaro JF, Saddler MC, Chen CC, el al. Simplified<br />
captopril renography in diagnosis and treatment of renal<br />
artery stenosis. Hy<strong>per</strong>tension 1991; 18:289<br />
25. Erbsolh-Moller B, Dumas A, Roth D, Sfakianakis<br />
GN, Bourgoignie JJ. Furosemide 1311-Hippuran renography<br />
after angiotensin converting enzime inhibition for<br />
the diagnosis of renovascular hy<strong>per</strong>tension. Am J Med<br />
1991; 90:23<br />
26. Schreiber MJ, Pohl MA, Novick AC. The natural<br />
history of atherosclerotic and fibrous renal artery disease.<br />
Urol Clin Norh Am 1984; 11:383<br />
27. Textor SC. Revascularilation in atherosclerotic renal<br />
artery disease. Kidney Int 1998; 53:799<br />
28. Middleton JP. Ischemic disease of the kidney: how and<br />
why to consider revascularization. J Nephrol 1998; 11:123<br />
29. Novick AC. Options for therapy of ischemic nephropathy:<br />
role of angioplasty and surgery. Sem Nephrol 1996;<br />
16:53<br />
30. Plouin PF, La Batide Alanore A. Management of the<br />
patient with atherosclerotic renal artery stenosis. New<br />
information from randomized trials. Nephrol Dial<br />
Transplant 1999; 14:1623<br />
31. Froom P , Ribak J, Benbassat J, et al. Significance of<br />
hematuria in young adult men. Br Med 1984; 288:20
Scripta MEDICA<br />
La diagnostica nefrologica oltre l’ecografia<br />
19<br />
32. Lowe FG, Brendler CB. Evaluation of the urologic<br />
patient. In: Walsh PC et al (eds), Campbell’s Urology.<br />
Philadelphia: WB Saunders; 1992; 307<br />
33. Messing EM, et al. The significance of asymptomatic<br />
microhematuria in men 50 or more years old. J Urol 1987;<br />
137:919<br />
34. Abuelo JG. Evaluation of hematuria. Urology 1983;<br />
21:215<br />
35. Chisholm RA. The investigation of painless hematuria<br />
– A comparison of intravenous urography and DMSA scintingraphy.<br />
Clin Radiol 1988; 39:494<br />
36. Corwin HL, Silverstein MD. The diagnosis of neoplasia<br />
in patients with microscopic hematuria. J Urol 1988;<br />
139:1002<br />
37. Murakami S, Igarashi T, Shigeru H, et al. Strategies<br />
for asymptomatic microscopic hematuria: a prospective<br />
study of 1,034 patients. J Urol 1990; 144:99<br />
38. Benson GS, Brewer ED. Hematuria: algorithms for<br />
diagnosis. JAMA 1981; 246:993<br />
39. Glen DA, Gilbert FJ, Bayliss AP, et al. Renal carcinoma<br />
missed by urography. Br J Urol 1989; 63:457<br />
40. McNicholas MM, Raptopoulos VD, Schwartz RK,<br />
et al. Excretory phase CT urography for opacification of<br />
the urinary collecting system. Am J Roentgenol 1998;<br />
170:1261<br />
41. June CH, Browning MD, Srnith LP, et al. Ultrasonography<br />
and computed tomography in severe urinary<br />
tract infection. Arch Intern Med 1985; 145:841<br />
42. Kanel KT, Korboth FJ, Schwentker FN, Lecky JW.<br />
The intravenous pyelogram in acute pyelonephritis. Arch<br />
Intern Med 1988; 148:2144<br />
43. Soulen MC, Fishman EK, Goldman SM, Gatewood<br />
OM. Bacterial renal infection: role of CT. Radiology 1989;<br />
171:703<br />
44. Zaontz MR, Pahira JJ, Wolfman M, et al. Acute focal<br />
bacterial nephritis: a systemic approach to diagnosis and<br />
treatment. J Urol 1985; 133:752<br />
45. Benson M, Li Puma JP, Resnick MI. The role of imaging<br />
studies in urinary tract infection. Urol Clin North Am<br />
1986; 13:605<br />
46. Bova JG, Potter JL, Arevalos E, et al. Renal and <strong>per</strong>irenal<br />
infection: the role of computed tomography. J Urol<br />
1985; 133:375<br />
47. Dalla-Palma L, Pozzi-Mucelli F, Pozzi-Mucelli RS.<br />
Delayed CT findings in acute renal infection. Clin Radiol<br />
1995; 50:364<br />
48. Kim B, Lim HK, Choi MH, et al. Detection of parenchymal<br />
abnormalities in acute pyelonephritis by pulse<br />
inversion harmonic imaging with or without microbubble<br />
ultrasonographic contrast agent: correlation with computed<br />
tomography. J Ultrasound Med 2001; 20:5<br />
49. Goldman SM, Fishman EK. Up<strong>per</strong> urinary tract<br />
infection: the current role of CT, ultrasound and MR1.<br />
Semin US CT MR 1991; 12:335<br />
50. Kass EJ, Fink-Bennett D, Cacciarelli AA, et al. The<br />
sensitivity of renal scintigraphy and sonography in detecting<br />
nonobstructive acute pyelonephritis. J Urol 1992;<br />
148:606<br />
51. Fresco GF, Di Giorgio F, Curti GL. Simultaneous estimation<br />
of glomerular filtration rate and renal plasma flow.<br />
J Nucl Med 1995; 36:1701<br />
52. Taylor AJ, Manatunga A, Morton K, et al.<br />
Multicenter trial validation of a camera-based method to<br />
measure Tc-99m mercaptoacetyltriglycine, or Tc-99m<br />
MAG3, clearance. Radiology 1997; 204:47<br />
53. Stene JK. Renal failure in the trauma patient. Crit<br />
Care Clin 1990; 6:111<br />
54. Prince MR, Arnoldus C, Frisoli JK. Nephrotoxicity of<br />
high-dose gadolinium compared with iodinated contrast. J<br />
Magn Reson Imaging 1996; 6:162<br />
55. Bellin MF Deray G, Assogba U, et al. Gd-DPTA:<br />
evaluation of its renal tolerance in patients with chronic<br />
renal failure. Magn Reson Imaging 1992; 10:115<br />
56. Bakker J, Beek FJ, Beutler JJ, et al. Renal artery stenosis<br />
and accessory renal arteries: accuracy of detection<br />
and visualization with gadolinium-enhanced breath-hold<br />
MR angiography. Radiology 1998;207:497<br />
57. Kabler RL, Cerny JC. Pre-transplant urologic investigation<br />
and treatment of end stage renal disease. J Urol<br />
1983; 129:475<br />
58. Frankel DG, Narla D. Imaging of children with chronic<br />
renal failure. J Pediatr 1996; 129:s33<br />
59. Roth CS, Bowyer BA, Berquist TH. Utility of the<br />
plain abdominal radiograph for diagnosing ureteral calculi.<br />
Ann Emerg Med 1985; 14:311<br />
60. Mutgi A, Williams JW, Nettleman M. Renal colic utility<br />
of the plain abdominal roentgenogram. Arch Intern<br />
Med 1991; 151:1589<br />
61. Levine JA, Neitlich J, Verga M, et al. Ureteral calculi<br />
in patients with flank pain: correlation of plain radiography<br />
with unenhanced helical CT. Radiology 1997; 204:27<br />
62. Erwin BC, Carroll BA, Sommer FG. Renal colic: the<br />
role of ultrasound in initial evaluation. Radiology 1984;<br />
152:147<br />
63. Hill MC, Rich JI, Mardiat JG, Finder CA.<br />
Sonography vs. excretory urography in acute flank pain.<br />
AJR 1985; 144:1235<br />
64. Amis ES, Cronan JJ, Pfister RC, Yoder IC. Ultrasonic<br />
inaccuracies in diagnosing renal obstruction. Urology<br />
1982; 19:101<br />
65. Laing FC, Jeffrey RB, Wing VW. Ultrasound versus<br />
excretory urography in evaluating acute flank pain.<br />
Radiology 1985; 154:613<br />
66. Svedstrom E, Alanen A, Nurmi M. Radiologic diagnosis<br />
of renal colic: the role of plain films, excretory uro-
20<br />
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
graphy and sonography. Eur J Radiol 1990; 11:180<br />
67. Platt JF, Rubin JM, Ellis JH. Acute renal obstruction:<br />
evaluation with intrarenal duplex Doppler and conventional<br />
US. Radiology 1993; 18:685<br />
68. Rodgers PM, Bates JA, Irving HC. Intrarenal<br />
Doppler ultrasound studies in normal and acutely obstructed<br />
kidneys. Br J Radiol 1992; 65:207<br />
69. Haddad MC. Sharif HS, Shaded MS, et al. Renal<br />
colic: diagnosis and outcome. Radiology 1992; 184:83<br />
70. Dalla Palma L, Stacul F, Bazzocchi M, et al. Ultrasonography<br />
and plain film versus intravenous urography in<br />
ureteric colic. Clin Radiol 1993; 47:333<br />
71. Dalla Palma L, Stacul F. Cova M, et al. Linee guida<br />
<strong>per</strong> lo studio della colica renale.Radiol Med 1997; 94:143<br />
72. Smith RC, Essenmacher KR, Rosenfield AT, et al.<br />
Acute f1ank pain; comparison of non-contrast-enhanced<br />
CT and intravenous urography. Radiology 1995; 194:789<br />
73. Boulayl, Holtz P, FoleyW, et al. Ureteral calculi; diagnostic<br />
efficacy of helical CT and implications for treatment<br />
of patients. AJR 1998;172:1485<br />
74. Dalrymple NC, Verga M. Anderson K, et al. The<br />
value of unhenhanced helical CT in the management of<br />
patients with acute flank pain. J Urol 1997;159:735<br />
75. Yilmaz S, Sindel T, Arslan G, et al. Renal colic: comparison<br />
of spiral CT, US and IVU in the detection of ureteral<br />
calculi. Eur Radiol 1998; 18:212<br />
76. Sommer FG, Jeffrey RB Jr, Rubin GD, et al.<br />
Detection of ureteral calculi in patients with suspected<br />
renal colic: value of reformatted noncontrast helical CT.<br />
AJR 1995; 165:509<br />
77. Smith, RC, Verga M, McCarthy S, Rosenfield AT.<br />
Diagnosis of acute flank pain: value of unenhanced helical<br />
CT. AJR 1996; 166:97<br />
78. Dalrymple NC, Verga M, Anderson KR, et al. The<br />
value of unenhanced helical computerized tomography in<br />
the management of acute flank pain. J Urol 1998; 159:735<br />
79. Fielding JR, Fox LA, Heller H, et al. Spiral CT in the<br />
evaluation of flank pain: overall accuracy and feature<br />
analysis. J Comput Assist Tomogr 1997; 21:635<br />
80. Sourtzis S, Thibeau JF, Damry N, et al. Radiologic<br />
investigation of renal colic: unenhanced helical CT compared<br />
with excretory urography. AJR 1999; 172:1491<br />
81. Smith RC, Verga M, Dalrymple N, et al. Acute ureteral<br />
obstruction: value of secondary signs of helical<br />
unenhanced CT. AJR 1996; 167:1109<br />
82. Boridy IC, Kawashima A, Goldman SM, Sandler<br />
CM. Acute ureterolithiasis: Nonenhanced helical CT findings<br />
of <strong>per</strong>inephric edema for prediction of degree of ureteral<br />
obstruction. Radiology 1999; 213:663<br />
83. Abramson S, Walders N, Applegate KE, et al.<br />
Impact in the emergency department of unenhanced CT on<br />
diagnostic confidence and therapeutic efficacy in patients<br />
with suspected renal colic: a prospective survey. AJR 2000;<br />
175:1689<br />
84. Katz DS, Lane MJ, Sommer FG. Unenhanced helical<br />
CT of ureteral stones: incidence of associated urinary tract<br />
findings. AJR 1996; 166:1319<br />
85. Dalla Palma L, Stacul F, Mosconi E, Pozzi-Mucelli<br />
R. Ecografia e radiogramma diretto dell’addome nella diagnostica<br />
della colica renale: un approccio ancora valido?<br />
Radiol Med 2001; 102:222<br />
86. Amis ES. Epitaph for the Urogram (Editorial).<br />
Radiology 1999; 213:639<br />
87. Chen MY, Zagoria RJ, Saunders HS, et al. Trends in<br />
the use of unenhanced helical CT for acute urinary colic.<br />
AJR 1999; 173:1447<br />
88. Fielding JR, Fox LA, Heller H, et al. Spiral CT in the<br />
evaluation of the flank pain: overall accuracy and feature<br />
analysis. J Comput Assist Tomogr 1997; 21:635<br />
89. Sourtzis S. Thibeau F, Damry N, et al. Radiology<br />
investigation of renal colic: unenhanced helical CT compared<br />
with excretory urography. AJR 1999; 172:149<br />
90. Niall O, Russel J, McGregor R, et al. A comparison<br />
of non contrast computed tomography with excretory urography<br />
in the assessment of acute flank pain. J Urol 1999;<br />
161:534<br />
91. Takahashi N, Kawashima A, Ernst RD, et al.<br />
Ureterolithiasis: can clinical outcome be predicted with<br />
unenhanced helical CT? Radiology 1998; 208:97<br />
92. Grisi G, Stacul F, Cuttin R. Cost analysis of different<br />
protocols for imaging in patient with acute flank pain. Eur<br />
Radiol 2000; l0:1620<br />
93. Sudah M, Vanninen RL, Partanen K, et al. Patients<br />
with acute flank pain: comparison of MR Urography with<br />
unenhanced Helical CT. Radiology 2002; 223:98<br />
94. Regan F, Bohlman ME, Khazan R, et al. MR urography<br />
using HASTE imaging in the assessment of ureteric<br />
obstruction. AJR 1996; 167:1115<br />
95. Roy C, Saussine C, LeBras Y, et al. Assessment of<br />
painful ureterohydronephrosis during pregnancy by MR<br />
urography. Europ Radiol 1996; 6:334<br />
Tratto da:<br />
ATTI 14° Congresso Società Italiana di Ecografia<br />
Urologica, Nefrologica e Andrologica
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
21<br />
Erisipela<br />
Stefano Veraldi<br />
Introduzione<br />
L’erisipela (o eresipela o, popolarmente,<br />
risippola) è una malattia batterica acuta del<br />
derma e del sottocute.<br />
Il termine di cellulite non è sinonimo di erisipela:<br />
<strong>per</strong> cellulite si intende infatti, genericamente,<br />
una malattia infiammatoria<br />
acuta, a eziologia infettiva o non, dei tessuti<br />
molli (1).<br />
Epidemiologia<br />
Nel nostro Paese, l’erisipela colpiva in passato<br />
le classi socio-economiche meno abbienti.<br />
Negli ultimi decenni, con il miglioramento<br />
delle condizioni igienico-sanitarie, la malattia<br />
è diventata più rara. È <strong>per</strong>altro da rilevare<br />
che l’erisipela ha continuato a essere frequente<br />
nei Paesi dell’Europa dell’Est, soprattutto<br />
la Romania. Inoltre, negli ultimi anni, è<br />
stata osservata in Francia un’incidenza<br />
annuale in costante crescita (2-5).<br />
La malattia è più frequente nelle femmine e<br />
dopo i 60 anni.<br />
Fattori predisponenti<br />
I fattori predisponenti generali sono rappresentati,<br />
secondo alcuni Autori (6), dall’alcolismo<br />
e dal diabete insulino-dipendente.<br />
Tuttavia, è più probabile che, più che l’alcolismo<br />
in senso stretto, sia la scarsa igiene<br />
<strong>per</strong>sonale e dell’abitazione, molto spesso<br />
Istituto di Scienze Dermatologiche, I.R.C.C.S.<br />
Università di Milano<br />
associata all’alcolismo, a predisporre all’erisipela.<br />
In uno studio di Crickx et al. (6), l’alcolismo<br />
era presente nel 33% dei pazienti e il<br />
diabete nel 15%. Recentemente è stata data<br />
importanza anche al clima caldo-umido (7).<br />
Crickx et al. (6) hanno individuato anche una<br />
serie di fattori predisponenti locali, come<br />
l’insufficienza venosa cronica (riscontrata nel<br />
47% dei pazienti), le intertrigini micotiche<br />
degli spazi interdigitali dei piedi (26% dei<br />
casi), le ulcere post-traumatiche e quelle da<br />
insufficienza venosa cronica (24 e 21%,<br />
rispettivamente), concomitanti dermatiti<br />
(16%) e il linfedema (4%). In particolare,<br />
negli ultimi anni, è stata data grande importanza<br />
alla tinea pedis, subclinica o asintomatica,<br />
come porta d’ingresso, e quindi come<br />
fattore predisponente di importanza determinante<br />
(2-9).<br />
Fino a oggi, è stato pubblicato un unico studio<br />
caso-controllo sui fattori di rischio <strong>per</strong><br />
l’erisipela delle gambe (10). In base ai risultati<br />
di questo studio, il linfedema delle<br />
gambe è il fattore predisponente più importante,<br />
seguito dall’insufficienza venosa cronica,<br />
dall’obesità, dalle intertrigini micotiche<br />
degli spazi interdigitali dei piedi e dall’assunzione<br />
degli anti-infiammatori non<br />
steroidei (10).<br />
Eziologia e patogenesi<br />
L’erisipela è, storicamente, una malattia<br />
streptococcica. Lo streptococco β-emolitico<br />
di gruppo A è responsabile, a seconda degli<br />
studi, del 38-67% dei casi; seguono il gruppo<br />
G (23-25%), il gruppo B (2-9%), il gruppo<br />
C (5-7%) e il gruppo D (≤ 1%) (4, 11).<br />
In uno studio francese pubblicato nel 1995 (4),
22<br />
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
gli streptococchi erano<br />
risultati gli agenti eziologici<br />
nel 79% dei casi<br />
(Streptococcus pyogenes<br />
nel 67%) e Staphylococcus<br />
aureus nel 31%.<br />
Negli ultimissimi anni, i<br />
casi di erisipela causata<br />
da Staphylococcus aureus<br />
sembrano più frequenti.<br />
Attualmente, si stima<br />
che, nei Paesi occidentali,<br />
i casi di erisipela causati<br />
dallo stafilococco, da<br />
solo o associato agli streptococchi,<br />
costituiscano<br />
circa il 40%: gli stafilococchi<br />
sono quindi batteri<br />
emergenti nell’eziologia<br />
della malattia. Non<br />
sembra <strong>per</strong>altro esistano<br />
differenze cliniche tra l’erisipela<br />
causata dagli<br />
streptococchi e quella<br />
dovuta agli stafilococchi. In quasi il 20% dei<br />
casi, nonostante l’utilizzo di due o più metodiche<br />
diagnostiche, l’eziologia rimane sconosciuta<br />
(11).<br />
Inoltre, negli ultimi anni, altri batteri sono<br />
stati riscontrati come responsabili di infezioni<br />
batteriche acute del derma e del sottocute.<br />
Tra questi: Pseudomonas aeruginosa; Haemophilus<br />
influenzae, che causa una caratteristica<br />
forma di cellulite nel bambino a carico delle<br />
palpebre e dell’area orbitaria; Vibrio vulnificus,<br />
responsabile di una cellulite provocata<br />
dall’ingestione di crostacei crudi, di riscontro<br />
non eccezionale negli Stati Uniti e di notevole<br />
gravità.<br />
I batteri responsabili dell’erisipela sono solitamente<br />
saprofiti del condotto uditivo esterno<br />
(soprattutto Pseudomonas spp.), del faringe<br />
e delle tonsille (soprattutto gli streptococchi)<br />
e delle fosse nasali anteriori (soprattutto<br />
gli stafilococchi). Da queste sedi i batteri raggiungono<br />
con le mani la cute e vi penetrano<br />
attraverso soluzioni continuo. Come riferito<br />
precedentemente (2, 6, 8, 9), un’altra possibilità<br />
di contagio, ritenuta in questi ultimi<br />
anni di grandissima importanza nella patogenesi<br />
dell’erisipela degli arti inferiori, è la<br />
penetrazione dei germi attraverso le lesioni<br />
di intertrigini degli spazi interdigitali dei<br />
piedi. In questi casi, quindi, la penetrazione<br />
dei batteri è esogena, nei casi precedenti è<br />
<strong>per</strong> autoinoculazione.<br />
Clinica<br />
L’erisipela è preceduta da una sintomatologia<br />
aspecifica, seppur tipica, caratterizzata da<br />
astenia, febbre e brividi. La febbre è sempre<br />
presente, sebbene possa essere di grado assai<br />
variabile e di durata altrettanto variabile.<br />
La malattia è caratterizzata dalla comparsa<br />
acuta di una lesione eritematosa infiltrata,<br />
spesso di notevoli dimensioni, di colore rosso<br />
acceso (Figure 1, 2).<br />
I bordi sono caratteristicamente netti e regolari,<br />
a scalino. La lesione tende rapidamente ad<br />
estendersi in senso centrifugo. La consistenza è<br />
parenchimatosa-dura. Il paziente riferisce<br />
dolore. Nelle forme localizzate alle gambe si<br />
riscontrano spesso lesioni purpuriche (nel<br />
13% dei casi nello studio di Crickx et al.) (6),<br />
vescicolo-bollose (nel 30% dei casi nello stesso<br />
studio) (6), pustolose, erosive (Figura 3).<br />
Figura 1.<br />
Erisipela del volto.
Scripta MEDICA<br />
Erisipela<br />
23<br />
Figura 2.<br />
Particolare<br />
della Figura 1.<br />
face) (3); meno frequente è<br />
la localizzazione agli arti<br />
su<strong>per</strong>iori e ai genitali; ancora<br />
più rara è la localizzazione<br />
al tronco. Nel complesso,<br />
gli arti inferiori sono<br />
colpiti in ol-tre l’85% dei<br />
casi e il volto in circa il 10%<br />
(2, 6, 12).<br />
L’erisipela è talvolta accompagnata<br />
da una linfangite;<br />
tuttavia, nella maggior parte<br />
dei casi, la flogosi della<br />
parete dei linfatici non è clinicamente<br />
apprezzabile, in<br />
quanto sono coinvolti i linfatici<br />
profondi. Anche l’interessamento<br />
dei linfonodi<br />
regionali, sotto forma di linfadenite,<br />
non è frequente.<br />
Figura 3.<br />
Lesioni<br />
vescicolo-bollose<br />
ed erosive.<br />
Meno frequente è lo sviluppo di vere e proprie<br />
ulcere: in questi casi si deve prendere in<br />
considerazione la possibilità di una fasciite<br />
necrotizzante.<br />
Le sedi più colpite sono, nell’ordine, la<br />
gamba, la coscia e il volto (la cosiddetta red<br />
Esami di laboratorio<br />
e strumentali<br />
Le alterazioni di laboratorio sono aspecifiche.<br />
Solitamente si osservano leucocitosi<br />
con neutrofilia e aumento della velocità di<br />
eritrosedimentazione, della proteina C-reattiva<br />
e dell’α1-glicoproteina acida. Si possono<br />
inoltre riscontrare i<strong>per</strong>-γ-globulinemia e<br />
aumento del titolo anti-streptolisinico o<br />
anti-stafilolisinico, a seconda che gli agenti<br />
eziologici siano streptococchi o stafilococchi.<br />
Tuttavia, l’incremento di questi titoli<br />
non è frequente nè marcato.<br />
La diagnosi di erisipela è fondamentalmente<br />
clinica. In uno studio di Bernard et al. (4),<br />
l’immunofluorescenza diretta era positiva<br />
nel 64% dei pazienti, l’agglutinazione su lattice<br />
nel 47%, la coltura del materiale ottenuto<br />
con l’agoaspirato nel 28%, l’incremento<br />
del titolo anti-streptolisinico nel 12% e l’emocoltura<br />
nel 5%. Risultati sovrapponibili<br />
sono stati ottenuti da altri Autori (2).<br />
Nella nostra es<strong>per</strong>ienza, abbiamo riscontrato<br />
che la coltura del materiale ottenuto con l’agoaspirato<br />
è positiva in quasi la metà dei<br />
casi: il “segreto” consiste nel far penetrare<br />
l’ago della siringa nel bordo della lesione, in<br />
profondità, fino al derma profondo e al sot-
24<br />
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
tocute, e di eseguire almeno tre prelievi.<br />
La coltura del tampone cutaneo, come già<br />
rilevato da vari autori (4), è sistematicamente<br />
negativa anche nelle forme localizzate alle<br />
gambe, che sono spesso caratterizzate da<br />
lesioni vescicolo-bollose, pustolose ed erosive:<br />
infatti, la localizzazione dei batteri è sempre<br />
profonda.<br />
Complicanze<br />
Le complicanze dell’erisipela non sono frequenti,<br />
soprattutto se una diagnosi corretta e<br />
precoce è seguita da una terapia antibiotica<br />
altrettanto precisa e rapida. Secondo Crickx<br />
et al. (6), la terapia tardiva costituisce la<br />
causa principale delle complicanze.<br />
In quattro studi francesi (2, 4, 6, 12), le complicanze<br />
erano comprese tra il 7 e il 14%.<br />
Secondo Chartier e Grosshans (2), la glomerulonefrite<br />
acuta rappresenta la complicanza<br />
sistemica più frequente (1% dei casi).<br />
La sepsi e l’endocardite sono state osservate<br />
nello 0.2% dei casi. Tuttavia, è da sottolineare<br />
che la febbre che precede e/o accompagna<br />
l’erisipela non è altro che un marker clinico<br />
di sepsi: quest’ultima non può quindi essere<br />
considerata una vera complicanza dell’erisipela.<br />
Rarissima è la toxic-strep syndrome.<br />
L’ascesso costituisce la complicanza locale<br />
più frequente (6% dei pazienti nello studio<br />
di Chartier e Grosshans) (2): sarebbe più frequente<br />
nei pazienti con diabete insulinodipendente<br />
e sarebbe causato soprattutto da<br />
stafilococchi resistenti alle penicilline) (6) ed<br />
è seguito dalla gangrena su<strong>per</strong>ficiale o<br />
profonda (4%). Anche le tromboflebiti<br />
su<strong>per</strong>ficiali e profonde, osservate da Chartier<br />
e Grosshans (2) nel 2% dei pazienti, non<br />
sono in realtà una complicanza della malattia,<br />
bensì un fattore predisponente. La linfangite<br />
e la linfadenite regionale non sono<br />
comuni, osservandosi nel 2-3% dei pazienti.<br />
Molto più frequente è un linfedema cronico<br />
(elephantiasis nostra streptogenes), dovuto a<br />
ripetute recidive di erisipela; è inizialmente<br />
monolaterale, ma col tempo diventa bilaterale.<br />
La cute appare ispessita, pachidermica,<br />
papillomatosa, con su<strong>per</strong>ficie tesa, rugosa e<br />
xerotica e consistenza dura. L’elefantiasi è talvolta<br />
di enormi dimensioni. Frequente è lo<br />
sviluppo di ulcere con scarsa tendenza alla<br />
guarigione spontanea e, anzi, notevole resistenza<br />
ai vari trattamenti.<br />
La fasciite necrotizzante, considerata in passato<br />
come una possibile complicanza dell’erisipela,<br />
è ormai ritenuta come una malattia<br />
a se stante.<br />
L’erisipela è recidivante nel 23.5% dei casi<br />
(6). La morte si verifica nello 0.2-0.8% dei<br />
pazienti (2, 12).<br />
Diagnosi<br />
La diagnosi di erisipela è clinica e solitamente<br />
facile. I caratteri clinici più importanti <strong>per</strong><br />
la diagnosi sono rappresentati dalle manifestazioni<br />
cutanee (singola lesione eritematoinfiltrativa<br />
a comparsa acuta e a rapida estensione<br />
centrifuga, con bordi netti e regolari,<br />
localizzata agli arti inferiori o al volto) e dalla<br />
febbre.<br />
Come riferito precedentemente, gli esami di<br />
laboratorio sono di scarso aiuto.<br />
La malattia entra in diagnosi differenziale<br />
con altre malattie infettive o parassitarie (3)<br />
(come l’erisipeloide, la fasciite necrotizzante<br />
e la trichinosi), malattie infiammatorie e<br />
allergiche (come la dermatite irritante/allergica<br />
da contatto, la fotodermatite tossica/allergica<br />
da contatto, l’edema di<br />
Quincke, la rosacea, l’edema cronico facciale,<br />
la sindrome di Melkerson-Rosenthal, la sindrome<br />
di Sweet, la sindrome di Wells, le<br />
tromboflebiti), malattie immuno-mediate<br />
(come il lupus eritematoso sistemico e la<br />
dermatomiosite).<br />
Terapia<br />
Terapia sistemica<br />
Antibiotici.<br />
Numerosissimi sono gli studi clinici, controllati<br />
e non, relativi all’antibioticoterapia<br />
dell’erisipela. In generale, è consigliato l’utilizzo<br />
delle penicilline, come, <strong>per</strong> esempio, la<br />
penicillina G, <strong>per</strong> via intramuscolare o endovenosa,<br />
a dosaggio pieno e <strong>per</strong> almeno 10<br />
giorni (6,12).
Scripta MEDICA<br />
Erisipela<br />
25<br />
In alternativa si possono utilizzare i macrolidi<br />
(5), come la claritromicina <strong>per</strong> via orale (1<br />
g/die <strong>per</strong> almeno 10 giorni), oppure l’associazione<br />
amoxicillina-acido clavulanico <strong>per</strong><br />
via orale (2-3 g/ die <strong>per</strong> almeno 10 giorni).<br />
Anti-infiammatori non steroidei.<br />
Teoricamente, questi farmaci potrebbero<br />
essere utili <strong>per</strong> ridurre la flogosi e l’infiltrazione<br />
locale, favorendo quindi la penetrazione<br />
degli antibiotici, e il dolore. Tuttavia, in<br />
numerosi studi è stata ipotizzata un’associazione<br />
tra l’utilizzo di questi farmaci e la progressione<br />
di infezioni streptococciche, in<br />
particolare la fasciite necrotizzante.<br />
Sulla base di questi risultati, l’utilizzo degli<br />
anti-infiammatori non steroidei non è consigliato<br />
nella terapia dell’erisipela (13).<br />
Anticoagulanti.<br />
Le eparine sono spesso utilizzate sia nella<br />
terapia sia nella prevenzione dell’erisipela<br />
localizzata agli arti inferiori al fine di evitare<br />
le complicanze tromboemboliche, in<br />
particolare la trombosi venosa profonda (6,<br />
12, 14). Tuttavia, un recente studio (14) ha<br />
dimostrato che non esiste un’indicazione<br />
all’utilizzo delle eparine né <strong>per</strong> la terapia<br />
né <strong>per</strong> la profilassi dell’erisipela.<br />
Terapia topica<br />
La terapia topica non è generalmente necessaria.<br />
Solamente nelle forme degli arti inferiori<br />
caratterizzate da vescicole, bolle, pustole,<br />
erosioni o ulcere, possono essere utili impacchi<br />
con <strong>per</strong>manganato di potassio (250 mg in<br />
1,5-3 l d’acqua: 2-3 impacchi/ die).<br />
Profilassi<br />
Numerosissimi sono gli antibiotici e gli schemi<br />
terapeutici proposti; tra <strong>tutti</strong>, la penicillina<br />
benzatina <strong>per</strong> via intramuscolare ogni due<br />
settimane sembra essere il farmaco più efficace<br />
(15).<br />
Bibliografia<br />
1. Grosshans E. Classification anatomoclinique, terminologie.<br />
Ann Dermatol Venereol 2001; 128:307<br />
2. Chartier C, Grosshans E. Erysipelas. Int J Dermatol<br />
1990; 29:459<br />
3. Grosshans EM. The red face: erysipelas. Clin Dermatol<br />
1993; 11:307<br />
4. Bernard P, Bedane C, Mounier M et al.<br />
Dermohypodermites bactériennes de l’adulte. Incidence et<br />
place de l’étiologie streptococcique. Ann Dermatol Venereol<br />
1995; 122:495<br />
5. Chartier C, Grosshans E. Erysipelas: an update. Int J<br />
Dermatol 1996; 35:779<br />
6. Crickx B, Chevron F, Sigal-Nahum M et al. Érysipèle:<br />
données épidémiologiques, cliniques et therapeutique<br />
(111 observations). Ann Dermatol Venereol 1991; 118:11<br />
7. Macario-Barrel A, Young P, Hautemanière A et al.<br />
Influence des données météreologiques sur l’incidence des<br />
érysipèles. Ann Dermatol Venereol 2000; 127:4S51<br />
8. Dupuy A. Épidémiologie descriptive et connaissance des<br />
facteurs de risque de l’érysipèle. Ann Dermatol Venereol<br />
2001; 128:312<br />
9. Roujeau JC. Case-control study to evaluate the association<br />
between dermatophytosis of the foot and bacterial cellulitis<br />
of the leg. J Eur Acad Dermatol Venereol 2002; 16<br />
(Suppl 1):234<br />
10.Dupuy A, Benchikhi H, Roujeau JC et al. Risk factors<br />
for erysipelas of the leg (cellulitis): case-control study.<br />
Br Med J 1999; 318:1591<br />
11.Denis F, Martin C, Ploy MC. L’érysipèle: données<br />
microbiologiques et pathogéniques. Ann Dermatol Venereol<br />
2001; 128:317<br />
12.Schmit JL. Enquête prospective. Érysipèle et cellulites<br />
nécrosante: quelle prise en charge en milieu hospitalier?<br />
Ann Dermatol Venereol 2001; 128: 334<br />
13.Jaussaud R, Kaeppler E, Strady C et al. Existe-t-il<br />
une place pour le AINS/corticoïdes dans la prise en charge<br />
del’érysipèle? Ann Dermatol Venereol 2001; 128:348<br />
14.Perrot JL, Perrot S, Laporte Simitsidis S. Existe-t-il<br />
une place pour les anticoagulants dans le traitement de<br />
l’érysipèle? Ann Dermatol Venereol 2001; 128:352<br />
15.Granier F. Érysipèle: quelle prise en charge? Ann<br />
Dermatol Venereol 2001; 128:429
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
27<br />
Sindrome metabolica:<br />
aspetti clinici e prospettive terapeutiche<br />
Fulvio Muzio<br />
Definizione<br />
Il termine “sindrome metabolica” (SM) identifica<br />
una condizione caratterizzata dalla<br />
contemporanea associazione di diversi fattori<br />
di rischio metabolici e non metabolici in<br />
uno stesso paziente.<br />
I principali componenti sono:<br />
Insulino-resistenza: condizione di ridotta<br />
sensibilità cellulare agli effetti dell’insulina;<br />
Intolleranza glucidica: comprende la ridotta<br />
tolleranza glucidica e il diabete mellito<br />
di tipo 2;<br />
Dislipidemia: incremento dei trigliceridi,<br />
riduzione del colesterolo-HDL, aumento<br />
del colesterolo LDL e VLDL;<br />
I<strong>per</strong>tensione arteriosa;<br />
Obesità addominale.<br />
Altre componenti verosimilmente implicate<br />
nella genesi della sindrome:<br />
I<strong>per</strong>uricemia;<br />
Microalbuminuria;<br />
Alterazioni della fibrinolisi.<br />
Nel corso degli anni in letteratura sono comparsi<br />
molti termini ideati <strong>per</strong> descrivere l’aggregazione<br />
di più disordini metabolici nello<br />
stesso individuo.<br />
Jean Vague nel 1956 definì “Sindrome dell’obesità<br />
androide” l’associazione di obesità<br />
addominale, diabete e gotta (1).<br />
Alcuni anni più tardi, ricerche effettuate<br />
presso la Facoltà di Medicina dell’Università<br />
di Padova, hanno portato all’introduzione<br />
del termine “Sindrome Plurimetabolica” <strong>per</strong><br />
descrivere un evento patologico caratterizza-<br />
Responsabile Dietologia<br />
Ospedale G. Salvini, Garbagnate Milanese<br />
to da obesità, diabete, i<strong>per</strong>lipidemia e i<strong>per</strong>tensione<br />
(2).<br />
Gerald Reaven, nel 1988, ha enfatizzato l’esistenza<br />
di questa aggregazione e ha proposto il<br />
termine di “Sindrome X” <strong>per</strong> definire l’associazione<br />
di ridotta tolleranza glucidica, insulinoresistenza,<br />
dislipidemia e i<strong>per</strong>tensione (3).<br />
Nel 1998, una commissione consultiva<br />
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità<br />
(WHO) ha proposto il termine di “Sindrome<br />
Metabolica” <strong>per</strong> definire l’aggregazione di<br />
più disordini metabolici (4).<br />
Il definitivo riconoscimento della SM come<br />
entità nosologica autonoma può essere fatto<br />
corrispondere al 2001, anno in cui i Centres<br />
for Disease Control americani le hanno attribuito<br />
uno specifico numero di codice ICD-9-<br />
CM, il 277.7.<br />
Eziopatogenesi<br />
La Sindrome Metabolica può essere considerata<br />
l’espressione clinica di tante anomalie<br />
metaboliche collegate l’una con l’altra da un<br />
fitto intreccio di relazioni esercitanti spesso<br />
reciproche influenze, nell’ambito delle quali<br />
non è attualmente possibile formulare un<br />
giudizio di priorità o identificare con chiarezza<br />
un “primum movens”.<br />
Le due ipotesi patogenetiche prevalenti attribuiscono<br />
questo ruolo rispettivamente:<br />
1. all’insulinoresistenza, in quanto responsabile<br />
non solo dei difetti di captazione del<br />
glucosio da parte dei tessuti (5), ma<br />
anche della soppressione della mobilizzazione<br />
degli acidi grassi liberi (6);<br />
2. all’adiposità centrale (viscerale), a sua volta<br />
all’origine dell’aumentato flusso di acidi<br />
grassi liberi e dell’i<strong>per</strong>insulinismo (7).
28<br />
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
Benché attualmente non vi siano ancora gli<br />
elementi che possano portare alla formulazione<br />
di una teoria unificante, essa dovrà in<br />
ogni caso tener conto anche del ruolo fondamentale<br />
svolto dal patrimonio genetico individuale<br />
(8).<br />
Criteri diagnostici<br />
In letteratura, oltre ai termini “Sindrome<br />
dell’Obesità androide” (1), “Sindrome Plurimetabolica”<br />
(2), e “Sindrome X” (3), sono<br />
comparse negli anni diverse denominazione<br />
<strong>per</strong> descrivere l’aggregazione di più disordini<br />
metabolici nello stesso individuo. È possibile<br />
trovare, infatti, i termini “Sindrome Metabolica”<br />
proposto da Ferrannini (9), “Sindrome<br />
GDH” (iniziali di Glucose intolerance,<br />
Dyslipidemia e Hy<strong>per</strong>tension) (10), “Sindrome<br />
GHO” (acronimo di Glucose intolerance,<br />
Hy<strong>per</strong>tension e Obesity) (11), “Sindrome Metabolica<br />
Cardiovascolare” e “Sindrome Aterotrombotica”,<br />
nomi coniati da Hjiermann<br />
(12), “Quartetto Mortale”, descritto da<br />
Kaplan e costituito da intolleranza glucidica,<br />
obesità centrale, i<strong>per</strong>tensione, i<strong>per</strong>trigliceridemia<br />
(13), e infine di “Sindrome dismetabolica<br />
cardiovascolare” (14).<br />
Come risulta dalla Tabella 1, questi termini<br />
non sono esattamente sovrapponibili.<br />
La Tabella 2 riporta i parametri e i criteri più<br />
comunemente adottati <strong>per</strong> identificare e definire<br />
la SM.<br />
I criteri suggeriti dall’Organizzazione Mondiale<br />
della Sanità (WHO) (4) sono stati criticati<br />
dal Gruppo di Studio Europeo dell’Insulinoresistenza<br />
(EGIR), soprattutto <strong>per</strong>ché<br />
alcuni di essi sono di difficile valutazione<br />
nella pratica clinica.<br />
L’EGIR ha <strong>per</strong>tanto suggerito criteri alternativi<br />
<strong>per</strong> identificare la sindrome in questione<br />
che, <strong>per</strong> inciso, ha definito come “Sindrome<br />
dell’Insulinoresistenza” (15).<br />
Anche il National Cholesterol Education<br />
Program (NCEP), Adult Treatment Panel III<br />
(ATP-III) ha proposto una definizione <strong>per</strong> l’identificazione<br />
dei pazienti affetti da SM.<br />
I criteri promulgati dal NCEP ATP-III, risultano<br />
attualmente i più conosciuti e comunemente<br />
adottati (16).<br />
Implicazioni cliniche<br />
La rilevanza clinica della SM è senza dubbio<br />
legata alle sue implicazioni cardiovascolari.<br />
Dato che è stato ampiamente dimostrato<br />
come alcuni dei componenti della sindrome,<br />
quali i<strong>per</strong>tensione arteriosa, alterata tolleranza<br />
glucidica, basso colesterolo HDL, sono di<br />
<strong>per</strong> sé consolidati fattori di rischio cardiova-<br />
Tabella 1.<br />
Caratteri clinici principali delle varie sindromi con disordini metabolici descritte in letteratura.<br />
Obesità IGT Dislipidemia I<strong>per</strong>tensione I<strong>per</strong>uricemia Insulino<br />
o diabete<br />
resistenza<br />
tipo 2<br />
Sindrome<br />
dell’obesità androide + + +<br />
Sindrome<br />
plurimetabolica +/– + + + + +/–<br />
Sindrome X + + + +<br />
Sindrome metabolica +/– +/– +/– +/– +<br />
Quartetto Mortale + + + +<br />
Sindrome GDH +/– + + +<br />
Sindrome GHO + + + +
Scripta MEDICA<br />
Sindrome metabolica: aspetti clinici e prospettive terapeutiche<br />
29<br />
Tabella 2. La Sindrome metabolica come definita da OMS, EGIR e ATP-III.<br />
OMS EGIR ATP-III<br />
Glucosio Diabete mellito Glicemia a digiuno Glicemia a digiuno<br />
o alterata tolleranza tra 110 e 126 mg/dl >110 mg/dl<br />
al glucosio<br />
I<strong>per</strong>tensione ≥160/90 mmHg ≥140/90 mmHg >130/85 mmHg<br />
o assunzione<br />
o assunzione<br />
di anti-i<strong>per</strong>tensivi<br />
di anti-i<strong>per</strong>tensivi<br />
I<strong>per</strong>trigliceridemia ≥150 mg/dl >175 mg/dl >150 mg/dl<br />
HDL Colesterolo 88 cm nelle<br />
femmine<br />
femmine<br />
Microalbuminuria U-AER ≥20 µg/min – –<br />
o rapporto<br />
albumina/creatinina<br />
≥20 mg/g<br />
Criteri Diabete di tipo 2 Insulinoresistenza Tre o più di<br />
<strong>per</strong> la diagnosi o IGT più 2 qualsiasi o i<strong>per</strong>insulinemia qualsiasi dei disturbi<br />
dei criteri sopra citati più due tra gli altri sopra citati<br />
disturbi sopra citati<br />
scolare, risulta logico pensare che la loro<br />
aggregazione produca una condizione di<br />
rischio particolarmente elevata.<br />
Resta ancora da provare la possibile azione<br />
aterogena diretta dell’insulina. Non è chiaro,<br />
infatti, se l’i<strong>per</strong>insulinemia di <strong>per</strong> sé sia un<br />
fattore di rischio cardiovascolare, o piuttosto<br />
solo un indicatore di rischio, in quanto<br />
marker di insulinoresistenza.<br />
Attualmente si può sostenere che l’i<strong>per</strong>insulinemia<br />
è complessivamente un debole predittore<br />
di malattia coronarica (17), a cui è<br />
tuttavia possibile attribuire la valenza di<br />
“indicatore di rischio”, in quanto marker<br />
dell’insulino-resistenza, e fattore verosimilmente<br />
favorente la comparsa delle anomalie<br />
caratterizzanti la SM.<br />
Terapia<br />
della sindrome metabolica<br />
L’elevato rischio cardiovascolare associato<br />
alla SM determina la necessità di interventi<br />
precoci, mirati da una parte a migliorare l’insulino-sensibilità<br />
e dall’altra a correggere/prevenire<br />
le alterazioni metaboliche e<br />
emodinamiche associate.<br />
La maggior parte dei pazienti con SM sono in<br />
sovrappeso o obesi, <strong>per</strong> cui un obiettivo<br />
prioritario deve essere quello di ridurre il<br />
peso corporeo. La riduzione del peso è infatti<br />
di <strong>per</strong> sé capace di migliorare l’insulinosensibilità,<br />
e <strong>per</strong>tanto di esercitare effetti<br />
benefici su tutte le alterazioni che caratterizzano<br />
la sindrome.
30<br />
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
L’approccio terapeutico è quindi basato su<br />
una modifica dello stile di vita (a sua volta<br />
incentrato sulla terapia dietetica e sull’incremento<br />
dell’attività fisica) e/o sull’utilizzo di<br />
appropriati farmaci.<br />
Da non sottovalutare infine l’importanza<br />
della terapia comportamentale, costituita da<br />
strategie basate sui principi dell’apprendimento.<br />
La dietoterapia<br />
Attualmente la dieta relativamente ricca di<br />
carboidrati e povera di lipidi è ritenuta il<br />
presidio dietoterapico di scelta <strong>per</strong> il trattamento<br />
dei dismetabolismi maggiori (16,<br />
18, 19).<br />
Un regime alimentare di questo tipo <strong>per</strong>mette<br />
un miglioramento della tolleranza ai carboidrati,<br />
ed effetti ipolipidemizzanti promossi<br />
sia dalla diminuzione dei lipidi sia<br />
dall’aumento del consumo di fibra.<br />
Nettamente in contrasto è la posizione di<br />
Reaven (20) il quale ha proposto <strong>per</strong> il trattamento<br />
della SM, una dieta ristretta in carboidrati<br />
(40% dell’energia totale giornaliera) e<br />
ricca in lipidi (in particolare mono e polinsaturi),<br />
sostenendo che una dieta ricca in carboidrati<br />
comporterebbe un aggravamento<br />
delle conseguenze metaboliche dell’insulinoresistenza.<br />
L’attività fisica<br />
L’attività fisica aumenta il consumo d’energia<br />
è <strong>per</strong>tanto è in grado di influenzare il<br />
bilancio energetico, contribuendo a conservare<br />
la massa magra durante una dieta ipocalorica.<br />
Tuttavia, <strong>per</strong> avere un effetto clinicamente<br />
significativo sul peso corporeo, è necessario<br />
che essa sia combinata con un intervento<br />
nutrizionale, producendo in tal modo un<br />
effetto additivo sul calo ponderale.<br />
L’attività fisica abituale si associa ad una<br />
modificazione positiva della maggior parte<br />
dei componenti della SM: oltre ad un miglioramento<br />
della sensibilità insulinica (indipendentemente<br />
dalla riduzione del peso corporeo),<br />
si verifica una riduzione della pressione<br />
arteriosa, della glicemia e dei lipidi plasmatici<br />
(in particolar modo si riducono i trigliceridi<br />
e aumentano le HDL).<br />
La terapia comportamentale<br />
Verso la fine degli anni ‘80 alcuni autori, tra<br />
cui Stunkard (21) e Garrow (22), posero le<br />
basi del cosiddetto “trattamento integrato<br />
dell’obesità” in cui le terapie comportamentali-psicologiche,<br />
attuate <strong>per</strong> mi-gliorare l’autostima,<br />
e quelle educazionali in campo<br />
nutrizionale, devono compenetrarsi e rafforzarsi<br />
vicendevolmente.<br />
L’attuazione di questo tipo di terapia, può<br />
configurarsi nella creazione di gruppi di<br />
pazienti in numero limitato (10-15) che si<br />
riuniscono con una certa frequenza (15 o 30<br />
giorni).<br />
L’obiettivo, oltre a quelli sopra citati, è quello<br />
di migliorare e far mantenere nel tempo la<br />
compliance dietetica.<br />
La terapia integrata<br />
Un programma di terapia integrata nutrizionale<br />
e comportamentale deve proporre quindi<br />
obiettivi possibili e condivisibili ad ogni soggetto.<br />
I principali obiettivi si orientano verso il<br />
miglioramento dello stile alimentare con l’acquisizione<br />
o la riacquisizione di abitudini alimentari<br />
sane, l’aumento dell’attività fisica, la<br />
capacità di non utilizzare il cibo come strumento<br />
di autoconsolazione e/o comunicazione<br />
affettiva, l’aumento dell’autostima, la riduzione<br />
del disagio psicologico, l’incremento<br />
delle attività di socializzazione.<br />
A questo proposito la nostra es<strong>per</strong>ienza di<br />
Carboidrati<br />
55%<br />
7%<br />
SFA<br />
Proteine<br />
15%<br />
3%<br />
PUFA<br />
20%<br />
MUFA<br />
Figura 1.<br />
Composizione media<br />
della dieta fornita.
Scripta MEDICA<br />
La terapia conservativa dell’insufficenza renale cronica<br />
31<br />
Figura 2.<br />
Variazioni di peso (kg)<br />
e BMI dall’inizio<br />
al termine<br />
dello studio.<br />
88<br />
86<br />
84<br />
86<br />
35<br />
30<br />
25<br />
33,5<br />
30,5<br />
82<br />
20<br />
80<br />
78<br />
79<br />
15<br />
10<br />
76<br />
5<br />
74<br />
Peso (kg)<br />
0<br />
BMI<br />
applicazione di tale terapia su pazienti nonospedalizzati<br />
si è rivelata positiva: in un<br />
recente studio (23) abbiamo trattato 161<br />
soggetti (115 donne e 46 uomini) di età<br />
media pari ad 52±15 anni di cui 124 affetti<br />
da obesità (BMI >30) e 37 da soprappeso<br />
(BMI >25). I pazienti sono stati inseriti in un<br />
programma comprendente terapia comportamentale<br />
di gruppo, educazione alimentare,<br />
e un piano nutrizionale che prevedeva una<br />
riduzione di circa 500 KCal rispetto al fabbisogno<br />
energetico abituale, stimato in<br />
2045±277 KCal.<br />
L’apporto nutrizionale medio fornito è stato<br />
<strong>per</strong>tanto di KCal 1500±200, di cui glucidi<br />
55%, lipidi 30%, proteine 15% (Figura1).<br />
Dopo un <strong>per</strong>iodo di trattamento di circa 6<br />
mesi (171±133 giorni) il calo ponderale è<br />
risultato pari a 7 kg (da 86±16 a 79±14,<br />
p
32<br />
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
%<br />
5<br />
0<br />
BMI<br />
Peso<br />
Circonferenza vita<br />
PAD<br />
PAS<br />
Trigliceridi<br />
1%<br />
Colesterolo totale<br />
Colesterolo HDL<br />
Glucosio<br />
Insulina<br />
Figura 4.<br />
Variazione<br />
dei parametri<br />
antropometrici<br />
e metabolici<br />
dopo<br />
trattamento).<br />
–5<br />
–10<br />
–15<br />
–8% –9%<br />
–5%<br />
–11%<br />
–12%<br />
–7%<br />
–11%<br />
–20<br />
–25<br />
–30<br />
–26%<br />
–26%<br />
Tutti i componenti della sindrome sono<br />
risultati significativamente ridotti al termine<br />
dello studio (p
Scripta MEDICA<br />
Sindrome metabolica: aspetti clinici e prospettive terapeutiche<br />
33<br />
Conclusioni<br />
Riconoscere e valorizzare la SM corrisponde<br />
a riconoscere le connessioni esistenti tra i<br />
numerosi elementi patogenetici, metabolici,<br />
emodinamici e di altra natura che conducono<br />
all’aterosclerosi e alle malattie cardiovascolari.<br />
Oggi si ritiene che queste ultime<br />
siano sempre più diffuse nel mondo occidentale<br />
e industrializzato e possano essere<br />
arginate solo intervenendo in maniera decisa,<br />
con misure di prevenzione e di terapia<br />
efficace sulle anomalie metaboliche ed emodinamiche<br />
che le determinano.<br />
Bibliografia<br />
1. Vague J. The degree of masculine differentiation of obesities:<br />
a factor determining predisposition to diabetes, atherosclerosis,<br />
gout and uric calculus disease. Am. J Clin Nutr<br />
1956; 15:255-67<br />
2. Avogaro P, Crepaldi G, Enzi G, Tiengo A. Associazione<br />
di i<strong>per</strong>lipemia, diabete mellito e obesità di medio<br />
grado. Acta Diabetol Lat 1967; 4:572-90<br />
3. Reaven GM. Role of insulin resistance in humans.<br />
Diabetes 1988; 37:1595-607<br />
4. WHO. Definition, Diagnosis and Classification of<br />
Diabetes Mellitus and its Complications Report of a WHO<br />
Consultation Part 1: Diagnosis and Classification of Diabetes<br />
Mellitus World Health Organization Department of Noncommunicable<br />
Disease Surveillance Geneva: WHO 1999<br />
5. De Fronzo RA, Ferrannini E. Insulin resistance: a multifaceted<br />
syndrome responsible for NIDDM, obesity, hy<strong>per</strong>tension,<br />
dyslipidemia, and atherosclerotic cardiovascular<br />
disease. Diabetes Care 1992; 14:173-194<br />
6. Laws A. Free fatty acids, insulin resistance and lipoprotein<br />
metabolism. Curr Opin Lipidol 1996; 7:172-7<br />
7. Despres J-P, Lemieux S, Lamarche B, Prud’Homme<br />
D, Moorjani S, Brun LD, Gagne C, Lupien JD. The insulin<br />
resistance-dyslipidemic syndrome: contribution of visceral<br />
obesity and therapeutic implication. Int J Obes 1995;<br />
191(Suppl 1):S74-S96<br />
8. Bouchard C, Tremblay A, Despres J-P, Nadeau A,<br />
Lupien PJ, Theriault G, Dussault J, Moojari J, Pinault<br />
S, Fournier G. The response to long-term overfeeding in<br />
identical twins. N Engl J Med 1990; 14:1940-45<br />
9. Ferrannini E, Haffner SM, Mitchell BD, Stern MP.<br />
Hy<strong>per</strong>insulinemia: the key feature of a cardiovascular and<br />
metabolic syndrome. Diabetologia, 1991; 34:416-22<br />
10. Zimmet PZ. Hy<strong>per</strong>insulinemia. How innocent a<br />
bystander? Diabetes Care 1993; 161(Suppl.3):56-70<br />
11. Modan M, Halkin H, Almong S, Luski A, Eshkol A,<br />
Shefi M, et al. Hy<strong>per</strong>insulinemia. A link between hy<strong>per</strong>tension<br />
obesity, and glucose intolerance. J Clin Invest 1985;<br />
75:809-17<br />
12. Hjiermann I. The Metabolic Cardiovascular<br />
Syndrome: Syndrome X, Reaven’s Syndrome, Insulin<br />
Resistance Syndrome, and Atherothrombotic Syndrome. J<br />
Cardiovasc Pharmacol 1992; 201(Suppl.8):S5-10<br />
13. Kaplan NM. The deadly quartet: up<strong>per</strong> body obesity,<br />
glucose intolerance, hy<strong>per</strong>triglyceridemia and hy<strong>per</strong>tension.<br />
Arch Intern Med 1989; 149:1514-20<br />
14. Fagan TC, Deedwania PC. The cardiovascular<br />
dysmetabolic syndrome. Am J Med 1998; 105:77S-82S<br />
15. Balkau B, Charles MA for the European Group for<br />
the Study of Insulin Resistance. Comment to the previsional<br />
report from the WHO Consultation. Diabetic Med<br />
1999; 16:442-3<br />
16. Ex<strong>per</strong>t panel on detection, evaluation, and treatment<br />
of high blood cholesterol in adults. Executive summary<br />
of the third report of the national cholesterol education<br />
program 1.NCEP-ATP III). JAMA 2001; 285:2486-97<br />
17. Ruige JB, Assendelft WJJ, Dekker JM, Kostense PJ,<br />
Heine RJ, Bouter LM. Insulin and risk of cardiovascular<br />
disease: a meta-analysis. Circulation 1998; 97:996-1001<br />
18. ADA nutritional recommendation and principles<br />
for individuals with diabetes mellitus. Diabetes Care<br />
1997; 20(Suppl.1):S15-18<br />
19. Anderson JW Smith BM, Gustafson NJ. Health<br />
benefits and practical aspects of high-fiber diets. Am J Clin<br />
Nutr 1994; 59(Suppl.1):S1242-7<br />
20. Reaven GM. Do high carbohydrate diets prevent the<br />
development or attenuate the manifestations 1.or both) of<br />
syndrome X? A viewpoint strongly against. Curr Opin<br />
Lipidol 1997; 8:23-7<br />
21. Stunkard AJ. Conservative treatments for obesity. Am<br />
J Clin Nutr 1987; 45:1142-54<br />
22. Garrow JS. The management of obesity: another view.<br />
Int J Obes. 1992; 161(2):S59-S63<br />
23. Muzio F, Colombo C, Passaro E, Ferri D, Ubezio G,<br />
Nalini C, Sormani A, Bottoli M, Sommariva D, Branchi<br />
A. Prevalenza e remissione della sindrome plurimetabolica<br />
in pazienti affetti da eccesso ponderale. ADI Magazine<br />
2003; 3:601<br />
24. Torgerson JS, Boldrin MN, Hauptman J, Sjostrom<br />
L. XENical in the prevention of Diabetes in Obese Subjects<br />
(XENDOS) study. A randomized study of orlistat as an<br />
adjunct to lifestyle changes for the prevention of type 2 diabetes<br />
in obese patients. Diabetes Care <strong>2004</strong>; 27:155-161
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
35<br />
Candidiasi vaginale: una patologia anche allergica<br />
Igea D’Agnano<br />
Introduzione<br />
Le differenti malattie allergiche<br />
sono caratterizzate da un substrato<br />
infiammatorio comune le cui<br />
manifestazioni cliniche in genere<br />
sono dipendenti dalla sede del<br />
contatto tra l’allergene e le cellule<br />
del sistema immunitario.<br />
Analogamente a quanto accade<br />
<strong>per</strong> l’occhio, il naso, il polmone e<br />
la cute, anche la mucosa vaginale,<br />
è in grado di montare una risposta<br />
allergica nei confronti di diversi<br />
antigeni (liquido seminale, s<strong>per</strong>micidi,<br />
saponi, miceti, parassiti,<br />
ecc.) ed il quadro clinico che ne<br />
consegue è quello della vaginite.<br />
Immunologia<br />
della vagina<br />
L’epitelio vaginale (Figura 1) è formato<br />
da cinque strati di cellule<br />
che a partire dal lume sono così<br />
definiti:<br />
su<strong>per</strong>ficiale;<br />
transizionale;<br />
intermedio;<br />
parabasale;<br />
basale.<br />
I primi tre strati sono costituiti da<br />
circa dieci file di cellule squamose,<br />
mentre gli strati parabasale e<br />
basale contengono uno o due file<br />
di cellule di aspetto colonnare.<br />
L’epitelio vaginale è attraversato<br />
da un sistema di canali intercellulari<br />
che consentono alle macromolecole<br />
e ai fluidi di migrare<br />
dalla lamina basale alla su<strong>per</strong>ficie<br />
e viceversa (2).<br />
Nella lamina basale si possono<br />
inoltre osservare macrofagi, cellule<br />
di Langerhans, linfociti e plasmacellule<br />
IgG, IgA secernenti:<br />
ciò indica la possibilità che anche<br />
nella vagina si possa realizzare una<br />
efficace risposta immunitaria (3).<br />
Quando quest’ultima è particolarmente<br />
intensa il quadro clinico<br />
Figura 1.<br />
Immagine istologica<br />
dell’epitelio vaginale.<br />
assume i connotati di una vera e<br />
propria vaginite la cui ricorrenza<br />
può essere la conseguenza di un<br />
meccanismo patogenetico IgEmediato,<br />
come dimostrato dall’isolamento<br />
di questi anticorpi nel<br />
fluido vaginale di donne con tale<br />
patologia (4, 5).<br />
Infatti l’esposizione all’allergene<br />
nel lume vaginale è seguita dal<br />
suo trasporto attraverso i canali<br />
intercellulari fino ai mastociti IgEleganti.<br />
L’interazione con quest’ultimi<br />
provoca la liberazione di istamina<br />
Consiglio Nazionale delle Ricerche
36<br />
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
e di altri mediatori della flogosi<br />
(Figura 2).<br />
Tra questi una particolare menzione<br />
spetta alla prostaglandina<br />
E2 (PGE2) che, esplicando un’azione<br />
antiproliferativa nei confronti<br />
dei macrofagi, riduce l’immunità<br />
cellulo-mediata, meccanismo<br />
di difesa primario nei confronti<br />
delle infezioni fungine (es.<br />
Candida albicans).<br />
Mastocita<br />
Allergeni<br />
IgE<br />
Vaginite<br />
da Candida albicans<br />
La Candida albicans è un lievito generalmente<br />
presente come commensale<br />
delle membrane mucose<br />
del tratto digestivo e della vagina.<br />
Si tratta di un microorganismo dimorfo,<br />
Gram-positivo, a bassa virulenza<br />
che può manifestare sia<br />
l’aspetto a pseudoife che quello a<br />
blastospore (Figura 3).<br />
In circa il 20% delle donne la<br />
Candida albicans alberga nella vagina<br />
senza dare segni di sé.<br />
Durante la trasformazione da spora<br />
in ifa la Candida albicans acquista<br />
la capacità di penetrare nell’epitelio<br />
dando origine all’infezione<br />
caratterizzata da prurito, bruciori<br />
e leucorrea, che talora può assumere<br />
un aspetto francamente caseoso<br />
(Figura 4).<br />
È da sottolineare che non sono<br />
noti i meccanismi con cui la trasformazione<br />
da ife a spore causa<br />
la comparsa della patogenicità.<br />
La candidiasi rappresenta la più<br />
frequente infezione vaginale dal<br />
momento che il 75% delle donne<br />
soffre di questa patologia almeno<br />
una volta nella vita (6).<br />
La vaginite da Candida è rara prima<br />
del menarca, ma a 25 anni<br />
Contenuto liberato<br />
dai granuli<br />
– istamina<br />
– triptasi<br />
– chimasi<br />
– eparina<br />
– TNF<br />
Mediatori lipidici<br />
derivati dalla membrana<br />
nucleare<br />
– prostaglandine<br />
e trombossani<br />
– PAF<br />
Produzione di citochine<br />
– IL-1,3,4,5,6,8<br />
– TNF<br />
Figura 2.<br />
Anche a livello vaginale l’interazione tra allergene ed IgE presenti sui mastociti<br />
provoca la liberazione di mediatori con effetti proflogogeni.<br />
Figura 3.<br />
Candida albicans: pseudoife e spore in essudato vaginale.
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
37<br />
Figura 4.<br />
Essudato di aspetto caseoso<br />
in cervico-vaginite da Candida albicans.<br />
Nel liquido di lavaggio vaginale di<br />
donne con vaginite recidivante<br />
Witkin et al. (4) hanno isolato IgE<br />
specifiche <strong>per</strong> la Candida albicans<br />
(detti anticorpi non erano presenti<br />
nel siero) e discreti livelli di<br />
PGE2: questi dati hanno indotto<br />
gli Autori a ipotizzare l’esistenza<br />
di una risposta di i<strong>per</strong>sensibilità<br />
vaginale locale che attraverso l’inibizione<br />
PGE2-mediata dell’immunità<br />
cellulare favorisce le ricadute<br />
infettive.<br />
Analoghe osservazioni sono state<br />
effettuate da Regulez et al. (11) che<br />
hanno inoltre segnalato una riduzione<br />
dei livelli vaginali di IgE<br />
Candida-specifiche congiuntamente<br />
al declino dei sintomi clinici.<br />
A conferma dell’esistenza di candidiasi<br />
vaginali recidivanti su base<br />
allergica vi sono inoltre i confortanti<br />
risultati ottenuti con l’immunoterapia<br />
specifica nei casi in cui<br />
altri trattamenti avevano fallito<br />
(12, 13).<br />
quasi la metà delle donne ha avuto<br />
almeno un episodio di tale infezione<br />
(1).<br />
Sebbene la candidiasi si manifesti<br />
anche in soggetti vergini, la sua incidenza<br />
aumenta con l’inizio dell’attività<br />
sessuale (7, 8).<br />
Circa il 5% delle donne va incontro<br />
a candidiasi vaginale ricorrente<br />
(definita come quattro o più<br />
episodi infettivi <strong>per</strong> anno) e tale<br />
condizione è facilitata dalla gravidanza,<br />
dal diabete, dalle malattie<br />
della tiroide, dall’anemia e da fattori<br />
iatrogenici (antibiotici, corticosteroidi,<br />
contraccettivi orali,<br />
farmaci immunosoppressori).<br />
Nel 25% dei casi di candidiasi vaginale<br />
ricorrente anche il partner<br />
maschile ha evidenziato la presenza<br />
di Candida albicans in colture<br />
di campioni penieni, ma tale<br />
re<strong>per</strong>to è stato giudicato essere la<br />
conseguenza piuttosto che la causa<br />
dell’infezione vaginale (6).<br />
Ruolo allergizzante<br />
della Candida albicans<br />
Esistono evidenze che indicano la<br />
che la Candida albicans è un potente<br />
allergene: infatti sia la frazione<br />
proteica che quella carboidratica<br />
delle spore contengono allergeni<br />
in grado di provocare reazioni<br />
allergiche a livello polmonare,<br />
nasale e cutaneo (9, 10)<br />
Candidiasi vaginale<br />
ricorrente<br />
e rinite allergica<br />
La candidiasi vaginale ricorrente è<br />
un’affezione che compisce nel<br />
mondo milioni di donne.<br />
Tuttavia il motivo <strong>per</strong> cui parecchie<br />
donne, pur in assenza dei<br />
classici fattori predisponenti (diabete,<br />
gravidanza, uso di corticosteroidi,<br />
ecc.), vanno incontro a<br />
questi ripetuti episodi infettivi vaginali<br />
non è noto.<br />
Nella letteratura scientifica del<br />
passato esistono segnalazioni di<br />
casi di allergia respiratoria associata<br />
a candidiasi vaginale ricorrente<br />
(14, 15), ma è solo più re-
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
38<br />
centemente che il legame tra queste<br />
due patologie è stato indagato<br />
con uno studio prospettico in cui<br />
95 donne con candidiasi vaginale<br />
recidivante e 100 pazienti con allergia,<br />
ma senza candidiasi vaginale<br />
(gruppo di controllo), sono<br />
state seguite <strong>per</strong> 28 mesi (6).<br />
Durante tale <strong>per</strong>iodo il 67,3%<br />
delle donne del gruppo con candidiasi<br />
ha sviluppato anche una<br />
rinite allergica, mentre nel gruppo<br />
di controllo ciò è accaduto nel<br />
42% dei casi (p < 0,0001); <strong>per</strong><br />
quanto riguarda le altre malattie<br />
allergiche non sono state osservate<br />
correlazioni statisticamente significative<br />
(6) (Figura 5).<br />
Questi dati sembrano <strong>per</strong>tanto indicare<br />
che nella patogenesi della<br />
candidiasi vaginale recidivante<br />
l’allergia svolge un ruolo determinante<br />
(6).<br />
nienti da pazienti con vaginite ricorrente<br />
da Candida ripristina<br />
prontamente la risposta proliferativa<br />
delle cellule mononucleate,<br />
mentre l’incubazione con acido<br />
nordiidroguaiaretico (inibitore del<br />
metabolismo dell’acido arachidonico<br />
<strong>per</strong> via lipossigenasica) non provoca<br />
alcuna stimolazione della crescita<br />
cellulare (16). Drago et al.<br />
(17) hanno inoltre evidenziato<br />
che l’ibuprofene isobutanolammonio<br />
non solo inibisce in vitro la<br />
crescita delle colonie di Candida<br />
Figura 5.<br />
Incidenza delle malattie<br />
allergiche in 95 donne<br />
con candidiasi vaginale<br />
ricorrente<br />
e in 100 controlli.<br />
albicans, ma che esso possiede anche<br />
un’azione fungicida diretta.<br />
Gli stessi Autori hanno poi osservato<br />
che l’associazione di questo<br />
FANS con un azolo ne potenzia in<br />
vitro l’azione antifungina (18).<br />
Questi dati hanno <strong>per</strong>tanto indotto<br />
Lanza et al. (19) a verificare l’efficacia<br />
clinica di questa terapia combinata<br />
nei casi di candidiasi vaginale<br />
recidivante: i risultati ottenuti indicano<br />
che l’aggiunta all’antimicotico<br />
<strong>per</strong> via orale ad un trattamento topico<br />
con ibuprofene-isobutanolam-<br />
Ibuprofene<br />
isobutanolammonio<br />
nel trattamento della<br />
candidiasi vaginale<br />
ricorrente<br />
Poiché la PGE2 che viene liberata<br />
nella flogosi allergica esplica un<br />
effetto deprimente l’immunità<br />
cellulo-mediata, che a sua volta<br />
favorisce la diffusione della<br />
Candida, è logico attendersi che<br />
l’impiego locale di un inibitore<br />
della biosintesi delle prostaglandine,<br />
come l’ibuprofene, possa<br />
contribuire a ripristinare tale deficit<br />
immunitario, favorendo il controllo<br />
della sintomatologia.<br />
A questo proposito studi condotti<br />
in vitro hanno dimostrato che<br />
l’aggiunta di ibuprofene alle colture<br />
di macrofagi e di linfociti prove-<br />
%<br />
70<br />
60<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
Riniti<br />
* p < 0,0001<br />
Riniti e asma<br />
*<br />
Asma<br />
Altre allergie<br />
Candidiasi ricorrenti<br />
Controllo<br />
Senza allergie
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
39<br />
Miconazolo+ibuprofene-isobutanolammonio<br />
Miconazolo<br />
2,50<br />
2,00<br />
2,33<br />
p < 0,01<br />
2,07 2,07<br />
2,00<br />
1,83<br />
p < 0,01<br />
1,95<br />
2,27 2,27<br />
p < 0,05<br />
1,93<br />
Valutazione<br />
1,50<br />
1,00<br />
0,50<br />
1,17<br />
p < 0,05<br />
0,62<br />
1,25<br />
p < 0,05<br />
0,68<br />
1,47<br />
p < 0,05<br />
0,53<br />
1,00<br />
0<br />
Basale<br />
0,04<br />
3 gg 7 gg<br />
Prurito<br />
0,12<br />
Basale 3 gg 7 gg<br />
Bruciore<br />
Basale 3 gg 7 gg<br />
Leucorrea<br />
Figura 6. Vaginite da miceti: andamento dei sintomi<br />
dopo trattamento con antimicotico da solo o associato a ibuprofene-isobutanolammonio.<br />
Tratto da: Gazz Med It - Arch Sci Med 2000; 159:71<br />
monio riduce più rapidamente (3<br />
giorni) i sintomi e i segni flogistici<br />
tipici di tale patologia (prurito, bruciore,<br />
leucorrea, arrossamento delle<br />
mucose) (Figura 6).<br />
Bibliografia<br />
1.Moraes PSA, Taketomi EA. Allergic vulvovaginitis.<br />
Ann Allergy Asthma Immunol<br />
2000; 85:253<br />
2. Burgos MH, Roig de Vargas-Linares<br />
CE. Ultrastructure of the vaginal mucosa.<br />
In: Hafez ESE, Evans ET (eds). The human<br />
vagina. Amsterdam, Elsevier 1978:63<br />
3 Witkin SS. Immunology of the vagina.<br />
Clin Obstet Gynecol 1993; 36: 122<br />
4. Witkin SS, Jeremias J, Ledger WJ. A localized<br />
vaginal allergic response in women<br />
with recurrent vaginitis. J Allergy Clin<br />
Immunol 1988; 81:412<br />
5. Witkin SS, Jeremias J, Ledger WJ.<br />
Vaginal eosinophils and IgE antibodies to<br />
Candida albicans in women with recurrent<br />
vaginitis. J Med Vet Mycol 1989; 27: 57<br />
6. Moraes PS. Recurrent vaginal candidiasis<br />
and allergic rhinitis: a common association.<br />
Ann Allergy Asthma Immunol 1998; 81: 165<br />
7. Sobel JD. Vaginitis. N Engl J Med 1997;<br />
337:1896<br />
8. Rein MF. Vulvovaginitis and cervicitis. In:<br />
Mandel D e Bennet’s (eds). Principles and<br />
practice of infectious diseases. 5th edition.<br />
New York , Churchil Livingstone 2000:1218<br />
9. Akiyama K, Shida T, Yasueda H, et al.<br />
Allergenicity of acid protease secreted by<br />
Candida albicans. Allergy 1996; 51:887<br />
10. Savolainen J, Kortekangas-Savolainen<br />
O, Nermes M, et al. IgE, IgA, and IgG responses<br />
to common yeasts in atopic patients.<br />
Allergy 1998; 53:506<br />
11. Regulez P, Garcia Fernandez JF,<br />
Mora-gues MD et al. Detection of anti-<br />
Candida albicans IgE antibodies in vaginal<br />
washes from patients with acute vulvovaginal<br />
candidiasis. Gynecol Obstet Invest<br />
1994; 37:110<br />
12. Rosedale N, Browne K. Hyposensitisation<br />
in the management of recurring vaginal<br />
candidiasis. Ann Allergy. 1979; 43:250<br />
13. Rigg D, Miller MM, Metzger WJ.<br />
Recurrent allergic vulvovaginitis: treatment<br />
with Candida albicans allergen immunotherapy.<br />
Am J Obstet Gynecol 1990; 162:332<br />
14. Kuldelko N. Allergy in chronic monilial<br />
vaginitis. Ann Allergy 1971; 29:266<br />
15. Palacios H. Hy<strong>per</strong>sensitivity as a course<br />
of dermatologic and vaginal monilians resistan<br />
to typical therapy. J Allergy Clin<br />
Immunol 1976; 37:110<br />
16. Witkin SS, Hirsch J, Ledger WJ. A<br />
macrophage defect in women with recurrent<br />
Candida vaginitis and its reversal in vitro by<br />
prostaglandin inhibitors. Am J Obstet<br />
Gynecol 1986; 155:790<br />
17. Drago L, Tocalli L, Fassina MC, et al.<br />
Attività antimicrobica di ibuprofene isobutanolammonio<br />
nei confronti di germi isolati da<br />
campioni vaginali. Farmaci & Terapia<br />
1999; 16:16<br />
18. Drago L. De Vecchi E, Fassina MC, et<br />
al. Antimycotic activity and phgocytosis effects<br />
of econazole in combination with ibuprofen<br />
isobuthanolammonium against vaginal<br />
strains. J Chemoter 2000; 12:509<br />
19. Lanza P, Corea D, Mastrantonio P. Miconazolo<br />
versus miconazolo+ibuprofene-isobutanolammonio<br />
nella terapia delle vaginiti da miceti.<br />
Gazz Med Ital-Arch Sci Med 2000; 159:71
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
41<br />
Lo scompenso cardiaco nella pratica clinica<br />
Pietro Cazzola<br />
Introduzione<br />
Lo scompenso cardiaco è un quadro<br />
clinico che sta diventando<br />
sempre più frequente <strong>per</strong> due<br />
motivi essenziali:<br />
Invecchiamento della popolazione<br />
(1);<br />
Riduzione della mortalità <strong>per</strong><br />
eventi coronarici acuti (2).<br />
Come si definisce lo<br />
scompenso cardiaco?<br />
Le linee guida dell’American College<br />
of Cardiology/American Heart Association<br />
definiscono lo scompenso<br />
cardiaco una sindrome clinica<br />
complessa derivante da ogni alterazione<br />
strutturale o funzionale del<br />
cuore che causa un ostacolo nel<br />
riempimento o nello svuotamento<br />
ventricolare (3).<br />
porre diagnosi di scompenso cardiaco<br />
devono essere soddisfatti i<br />
seguenti criteri (4):<br />
Presenza di sintomi di scompenso<br />
cardiaco (a riposo o durante<br />
l’esercizio fisico);<br />
e<br />
Presenza di segni oggettivi di<br />
disfunzione cardiaca (a riposo);<br />
e (in caso di diagnosi dubbia)<br />
Risposta clinica al trattamento<br />
dello scompenso cardiaco<br />
Mentre i due primi criteri dovrebbero<br />
essere sempre soddisfatti, il terzo<br />
da solo non è sufficiente a far diagnosticare<br />
uno scompenso cardiaco.<br />
Occorre tuttavia ricordare che lo<br />
scompenso cardiaco è una malattia<br />
progressiva che inizia prima che<br />
sintomi e segni diventino evidenti<br />
e le linee guida dell’American College<br />
of Cardiology/American Heart<br />
Association ne hanno definito i<br />
quattro stadi evolutivi (Figura 1).<br />
stono alcuni fattori di rischio che<br />
predispongono allo sviluppo<br />
dello scompenso cardiaco; essi<br />
sono (3):<br />
I<strong>per</strong>tensione arteriosa;<br />
Diabete mellito;<br />
Storia familiare<br />
di cardiomiopatia;<br />
Uso di farmaci cardiotossici.<br />
Quali alterazioni<br />
cardiache favoriscono<br />
lo scompenso cardiaco?<br />
Anche in assenza di sintomi di<br />
scompenso cardiaco, i pazienti con:<br />
Precedente infarto miocardico;<br />
Disfunzione sistolica<br />
del ventricolo sinistro;<br />
Valvulopatia asintomatica;<br />
hanno un elevato rischio di andare<br />
incontro ad uno scompenso cardiaco<br />
sintomatico (3).<br />
Quali sono i criteri<br />
<strong>per</strong> porre diagnosi di<br />
scompenso cardiaco?<br />
Secondo le linee guida dell’European<br />
Society of Cardiology <strong>per</strong> poter<br />
Quali sono i fattori<br />
di rischio dello<br />
scompenso cardiaco?<br />
Analogamente a quanto accade<br />
<strong>per</strong> la cardiopatia coronarica esi-<br />
Quali sono i sintomi<br />
dello scompenso<br />
cardiaco? (5)<br />
Le principali manifestazioni cliniche<br />
dello scompenso cardiaco sono:<br />
Stadio A<br />
Alto rischio<br />
di scompenso cardiaco<br />
Assenza di alterazioni<br />
strutturali cardiache;<br />
assenza di sintomi<br />
di scompenso<br />
Figura 1.<br />
Stadi evolutivi dello scompenso cardiaco. (3)<br />
Stadio B<br />
Presenza di alterazioni<br />
cardiache strutturali<br />
Assenza di sintomi<br />
di scompenso<br />
Stadio C<br />
Presenza di alterazioni<br />
cardiache strutturali note<br />
Sintomi di scompenso<br />
cardiaco precedenti<br />
o in corso<br />
Stadio D<br />
Scompenso cardiaco<br />
refrattario<br />
Necessità di interventi<br />
specialistici
42<br />
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
Dispnea: è importante approfondire<br />
le caratteristiche con cui<br />
essa si manifesta. Bisogna chiedere<br />
al paziente da quanto<br />
tempo ne ha notato la comparsa,<br />
se essa è in rapporto all’attività<br />
fisica e a quale entità di attività.<br />
Per inquadrare correttamente il<br />
sintomo dispnea da sforzo è<br />
necessario rendersi conto del<br />
tipo di attività fisica svolta abitualmente<br />
dal paziente. La<br />
dispnea da sforzo può essere<br />
assente nel soggetto sedentario, o<br />
nei pazienti che hanno altre<br />
patologie limitanti l’attività fisica,<br />
come l’angina pectoris da sforzo,<br />
la claudicatio intermittens agli<br />
arti inferiori, o l’artrosi invalidante.<br />
L’ortopnea è quel tipo di<br />
dispnea che compare rapidamente,<br />
generalmente in pochi<br />
minuti, quando il paziente assume<br />
il clinostatismo e che tende a<br />
ridursi o a scomparire con l’ortostatismo.<br />
Il decubito può divenire<br />
ortopnoico obbligato e può<br />
costringere il paziente a passare<br />
le notti seduto su una sedia.<br />
L’ortopnea è un sintomo frequente,<br />
ma poco specifico nel paziente<br />
con scompenso cardiaco.<br />
Infatti si verifica anche in presenza<br />
di una capacità vitale ridotta o<br />
di una ascite. La dispnea parossistica<br />
notturna si verifica abbastanza<br />
rapidamente ed è accompagnata<br />
da un senso di ansietà e di<br />
soffocamento. Spesso il respiro,<br />
oltre che affannoso, è sibilante<br />
<strong>per</strong> la presenza di broncospasmo,<br />
e rende ragione del termine<br />
di asma cardiaco.<br />
Tosse: è un sintomo presente<br />
molto frequentemente nel paziente<br />
con scompenso cardiaco,<br />
in genere di tipo non produttivo,<br />
ma in certi casi associata ad<br />
emottisi. La tosse è scatenata<br />
dagli stessi fattori della dispnea,<br />
quali lo sforzo fisico, il decubito<br />
supino o il riposo notturno. La<br />
diagnosi differenziale con la tosse<br />
di altra origine, da patologie polmonari<br />
o neurologiche, o secondaria<br />
a terapia con ACE-inibitori<br />
è spesso difficile.<br />
In corso di ACE-inibizione si<br />
manifesta occasionalmente una<br />
tosse secca e stizzosa, non in rapporto<br />
con le cause che provocano<br />
la tosse da scompenso.<br />
Astenia: con la facile affaticabilità<br />
è un sintomo che spesso<br />
domina il quadro clinico dello<br />
scompenso, soprattutto da<br />
quando è entrato nell’uso corrente<br />
il trattamento precoce con<br />
diuretici e con ACE inibitori, che<br />
minimizzano i sintomi e i segni<br />
clinici di congestione sistemica e<br />
polmonare. Sia l’astenia che la<br />
facile affaticabilità non sono sintomi<br />
specifici e possono essere<br />
provocati da altre patologie (es.<br />
anemia).<br />
Quali sono i segni<br />
obiettivi dello<br />
scompenso cardiaco? (5)<br />
La esame obiettivo del paziente con<br />
scompenso cardiaco non deve<br />
prendere in considerazione solo gli<br />
elementi specifici relativi al cuore.<br />
Lo spettro dei re<strong>per</strong>ti patologici<br />
può essere molto ampio e non limitato<br />
all’apparato cardiovascolare.<br />
Esame generale<br />
L’aspetto generale del paziente è<br />
usualmente normale nelle fasi iniziali<br />
dello scompenso, nelle quali<br />
la comparsa di edema agli arti inferiori<br />
costituisce il più frequente<br />
riscontro clinico. L’aspetto, invece,<br />
può essere marcatamente alterato<br />
nelle fasi avanzate, con dispnea<br />
anche a riposo, segni di i<strong>per</strong>attivazione<br />
adrenergica come cute pallida,<br />
fredda e sudata, e cianosi <strong>per</strong>iferica,<br />
ittero di varia intensità,<br />
stato di ansia e di agitazione. Lo<br />
stato di nutrizione può essere gravemente<br />
compromesso nei pazienti<br />
con scompenso cardiaco cronico di<br />
lunga durata e in fase avanzata, sino<br />
a configurare una condizione di<br />
vera e propria cachessia cardiaca.<br />
Segni vitali<br />
La pressione arteriosa deve essere<br />
misurata a paziente supino e in<br />
piedi, <strong>per</strong> rilevare un’eventuale<br />
ipotensione ortostatica, frequente<br />
durante trattamento vaso-dilatatore.<br />
Il valore di pressione arteriosa<br />
differenziale è spesso ridotto nello<br />
scompenso severo, ed una riduzione<br />
del rapporto tra pressione differenziale<br />
e pressione sistolica inferiore<br />
al 25% costituisce un segno<br />
attendibile di riduzione dell’indice<br />
cardiaco al di sotto di 2,2 l/min/m 2 .<br />
La determinazione della frequenza<br />
cardiaca al polso è essenziale, in<br />
quanto una tachicardia a riposo<br />
suggerisce un’i<strong>per</strong>attivazione adrenergica,<br />
ed un polso irregolare<br />
indica la necessità di una precisazione<br />
diagnostica dell’aritmia con<br />
elettrocardiogramma. Le caratteristiche<br />
del polso possono fornire<br />
ulteriori indicazioni sull’esistenza<br />
di una grave compromissione della<br />
funzione cardiaca. In questo caso il<br />
polso può essere debole oppure<br />
alternante. Il polso alternante consiste<br />
nel rilievo al polso <strong>per</strong>iferico<br />
(meglio all’arteria femorale o carotidea),<br />
eseguito in pazienti con<br />
ritmo regolare, di una pulsazione<br />
debole alternata con una più forte.<br />
L’intervallo di tempo regolare tra le<br />
due pulsazioni distingue il polso<br />
alternante dal polso dei pazienti<br />
con bigeminismo extrasistolico. Il<br />
polso alternante è espressione di<br />
una compromissione avanzata<br />
della funzione ventricolare e spesso<br />
è associato a ritmo di galoppo e<br />
a tachicardia.
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
43<br />
Nei pazienti con scompenso cardiaco<br />
avanzato può essere rilevato<br />
un lieve rialzo della tem<strong>per</strong>atura,<br />
in genere inferiore a 38 °C, <strong>per</strong> una<br />
vasocostrizione <strong>per</strong>iferica nei distretti<br />
cutanei che impedisce la<br />
dis<strong>per</strong>sione del calore endogeno.<br />
Tem<strong>per</strong>ature su<strong>per</strong>iori a 38 °C devono<br />
far sospettare la coesistenza<br />
di processi infiammatori o infettivi.<br />
Per quanto riguarda il respiro è<br />
importante analizzarne la frequenza<br />
e il tipo. Nelle fasi di peggioramento<br />
dello scompenso si rileva<br />
spesso una tachipnea, mentre nelle<br />
fasi molto severe può essere osservato<br />
un respiro <strong>per</strong>iodico o di<br />
Cheyne-Stokes.<br />
Il respiro <strong>per</strong>iodico è caratterizzato<br />
da una fase di aumento di profondità<br />
del respiro con concomitante<br />
aumento della frequenza respiratoria,<br />
seguita da una fase di apnea, di<br />
durata variabile sino a diversi<br />
secondi.<br />
Obiettività cardiaca<br />
Una cardiomegalia può essere<br />
sospettata sulla base del riscontro<br />
di un itto della punta spostato a<br />
sinistra, tuttavia si tratta di un<br />
re<strong>per</strong>to difficile da valutare.<br />
All’ascoltazione nello scompenso<br />
cardiaco il primo tono cardiaco è<br />
in genere attutito e il secondo<br />
tono, se vi è i<strong>per</strong>tensione polmonare,<br />
accentuato. La presenza di<br />
un tono cardiaco aggiunto protodiastolico,<br />
o terzo tono, è comunemente<br />
considerata un segno di<br />
scompenso cardiaco grave.<br />
Il re<strong>per</strong>to è probabilmente secondario<br />
ad un'elevata pressione atriale,<br />
che condiziona un elevato gradiente<br />
atrio-ventricolare ed un’elevata<br />
velocità protodiastolica di<br />
riempimento ventricolare, con<br />
brusca decelerazione dell’afflusso<br />
di sangue immediatamente dopo<br />
la fase di riempimento rapido.<br />
Nella genesi del fenomeno entra<br />
anche un’alterata distensibilità<br />
delle pareti ventricolari. Il terzo<br />
tono di origine ventricolare sinistra<br />
si ascolta con particolare evidenza<br />
dopo l’inspirazione in regione<br />
apicale e con il paziente in<br />
decubito laterale sinistro, mentre il<br />
terzo tono di origine ventricolare<br />
destra si apprezza durante l’inspirazione<br />
in regione parasternale<br />
sinistra ed in decubito supino.<br />
Il terzo tono è a bassa frequenza e<br />
sordo, più apprezzabile alla palpazione<br />
che all’ascoltazione e si<br />
apprezza meglio con la campana<br />
dello stetoscopio appena appoggiata<br />
sul torace; il miglior punto di<br />
ascoltazione è quello sovrastante<br />
all’impulso ventricolare con il<br />
paziente in parziale decubito laterale<br />
sinistro.<br />
Il terzo tono non è tuttavia un<br />
re<strong>per</strong>to specifico dello scompenso<br />
cardiaco (può essere presente in<br />
soggetti sani con età
44<br />
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
Come già detto <strong>per</strong> il terzo tono, il<br />
rilievo di una pressione venosa<br />
giugulare elevata ha un significato<br />
prognostico negativo.<br />
Un reflusso epato-giugulare o<br />
addomino-giugulare si definisce<br />
come una chiara distensione delle<br />
vene del collo in seguito ad una<br />
compressione dell’addome, delicata<br />
ma decisa, e prolungata <strong>per</strong> circa<br />
1 minuto, evitando che il paziente<br />
trattenga il respiro. Il fenomeno è<br />
espressione sia della congestione<br />
epatica e addominale, sia dell’incapacità<br />
del cuore destro di accogliere<br />
ed espellere un ritorno venoso<br />
transitoriamente aumentato.<br />
Epatomegalia<br />
In caso di scompenso cardiaco<br />
destro, a causa dell’i<strong>per</strong>tensione<br />
venosa sistemica si può sviluppare<br />
un’epatomegalia congestizia, spesso<br />
prima della comparsa di edemi<br />
<strong>per</strong>iferici.<br />
L’epatomegalia viene apprezzata<br />
con palpazione e <strong>per</strong>cussione e, in<br />
caso di insufficienza della tricuspide,<br />
viene <strong>per</strong>cepita una pulsazione<br />
sistolica. Una minima quantità di<br />
liquido ascitico è frequentemente<br />
dimostrata dalle indagini con ultrasuoni<br />
dell’addome, ma un versamento<br />
ascitico clinicamente rilevante<br />
si forma solo nei casi di i<strong>per</strong>tensione<br />
venosa importante e di<br />
lunga durata.<br />
Edema<br />
L’edema <strong>per</strong>iferico è tradizionalmente<br />
considerato una delle manifestazioni<br />
cliniche principali dello<br />
scompenso cardiaco fin dalle sue<br />
fasi iniziali, anche se con l’impiego<br />
precoce della terapia diuretica<br />
viene riscontrato meno frequentemente.<br />
Inoltre la correlazione tra<br />
edema <strong>per</strong>iferico e grado di pressione<br />
venosa sistemica è molto<br />
modesta. Nei pazienti con scompenso<br />
cardiaco cronico a bassa gittata,<br />
con volume extracellulare già<br />
notevolmente espanso, aumenti<br />
anche modesti della pressione<br />
venosa sistemica possono provocare<br />
edema <strong>per</strong>iferico.<br />
Generalmente prima che compaia<br />
il fenomeno si verifica un accumulo<br />
di almeno 5 litri in eccesso del<br />
volume extra-cellulare. Le manifestazioni<br />
cliniche sono a carico<br />
delle parti declivi, piedi e caviglie,<br />
bilateralmente, a comparsa lenta e<br />
progressiva nell’arco della giornata,<br />
dopo che il paziente è rimasto<br />
in piedi, e a regressione con il<br />
riposo notturno.<br />
Nei pazienti allettati l’edema <strong>per</strong>iferico<br />
compare inizialmente in<br />
regione sacrale. Nelle fasi avanzate<br />
dello scompenso l’edema <strong>per</strong>iferico<br />
può aggravarsi e divenire generalizzato,<br />
sino a configurare uno<br />
stato anasarcatico. L’edema di<br />
lunga durata provoca fenomeni<br />
locali di indurimento e di i<strong>per</strong>pigmentazione.<br />
Come si classifica<br />
la gravità dello<br />
scompenso cardiaco?<br />
Una volta posta diagnosi di scompenso<br />
cardiaco, i suoi sintomi possono<br />
essere utilizzati <strong>per</strong> classificarne<br />
la gravità e <strong>per</strong> monitorare<br />
gli effetti della terapia (4).<br />
La classificazione più utilizzata è<br />
quella della New York Heart<br />
Association (NYHA) (Tabella 1).<br />
Quali sono le indagini<br />
di primo livello? (4)<br />
Elettrocardiogramma (ECG)<br />
Un tracciato ECG normale deve<br />
indurre a riconsiderare la diagnosi<br />
Tabella 1. Classificazione dello scompenso<br />
secondo la New York Heart Association (NYHA).<br />
Classe I<br />
Pazienti con cardiopatia ma senza limitazione dell’attività<br />
fisica. L’attività fisica ordinaria non causa affaticamento, dispnea,<br />
palpitazioni o dolori anginosi.<br />
Classe II<br />
Pazienti con cardiopatia condizionante una lieve limitazione<br />
dell’attività fisica. Asintomatici a riposo. L’attività fisica ordinaria<br />
provoca affaticamento, palpitazioni, dispnea o dolori anginosi.<br />
Classe III<br />
Pazienti con cardiopatia condizionante una marcata limitazione<br />
dell’attività fisica. Asintomatici a riposo. Un’attività fisica<br />
minore dell’ordinaria provoca affaticamento, palpitazioni, dispnea<br />
o dolori anginosi.<br />
Classe IV<br />
Pazienti con cardiopatia condizionante un’incapacità a<br />
svolgere qualsiasi attività fisica senza sintomi. I sintomi di scompenso<br />
cardiaco o di sindrome anginosa possono essere presenti<br />
anche a riposo. Qualsiasi tipo di attività fisica incrementa i sintomi.
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
45<br />
di scompenso cardiaco. Infatti in<br />
questa condizione patologica sono<br />
frequenti le alterazione dell’ECG.<br />
La presenza di onde Q anteriori e<br />
di un blocco di branca sinistra in<br />
pazienti con cardiopatia ischemica<br />
sono predittori di una ridotta frazione<br />
d’eiezione. L’ECG è inoltre<br />
cruciale <strong>per</strong> svelare una fibrillazione,<br />
un flutter atriale o un’aritmia<br />
ventricolare che possono essere la<br />
causa o l’elemento favorente lo<br />
scompenso cardiaco.<br />
Radiografia (Rx) del torace<br />
Questo esame consente di osservare<br />
la presenza di un ingrossamento<br />
cardiaco e di una congestione<br />
polmonare che sono utili<br />
indicatori di un’alterata funzione<br />
cardiaca<br />
Inoltre è possibile rilevare un<br />
edema interstiziale e alveolare che<br />
sono espressione di grave disfunzione<br />
ventricolare sinistra.<br />
L’Rx del torace consente anche di<br />
escludere la presenza di una<br />
malattia polmonare come possibile<br />
causa dei sintomi respiratori.<br />
Esami di laboratorio<br />
È raccomandata l’esecuzione dei<br />
seguenti esami di laboratorio:<br />
emocromo, elettroliti, creatininemia,<br />
glicemia, transaminasi ed<br />
esame urine. Ulteriori esami da<br />
prendere in considerazione sono:<br />
proteina C reattiva (PCR), TSH,<br />
uricemia e azotemia.<br />
Nella processo diagnostico dello<br />
scompenso cardiaco può essere<br />
utile il dosaggio di alcuni peptidi<br />
natriuretici: ANP (atrial natriuretic<br />
peptide), BNP (brain natriuretic<br />
peptide). Infatti sulla base della<br />
concentrazione plasmatica di questi<br />
peptidi è possibile selezionare i<br />
pazienti, in cui si sospetta uno<br />
scompenso cardiaco, da sottoporre<br />
ad ulteriori accertamenti (es.<br />
ecocardiografia (Figura 2).<br />
Figura 2. Algoritmi e indagini strumentali e di laboratorio<br />
<strong>per</strong> la diagnosi dello scompenso cardiaco.<br />
Algoritmo diagnostico attuale<br />
Paziente con presunto<br />
scompenso cardiaco<br />
ECG<br />
Rx del torace<br />
Funzionalità respiratoria<br />
Emocromo<br />
Funzionalità tiroidea<br />
Biochimica<br />
Ecocardiografia<br />
Algoritmo diagnostico futuro<br />
Paziente con presunto<br />
scompenso cardiaco<br />
Normale<br />
Scompenso<br />
improbabile<br />
BNP<br />
Aumentato<br />
Ecocardiografia<br />
BNP = Dosaggio brain natriuretic peptide<br />
Ecocardiografia<br />
Con questa indagine è possibile<br />
evidenziare in modo oggettivo la<br />
presenza di una disfunzione cardiaca.<br />
L’ecocardiografia transtoracica è di<br />
rapida esecuzione, sicura e ampiamente<br />
disponibile.<br />
Essa consente la valutazione delle<br />
dimensioni delle camere cardiache,<br />
dello spessore e della geometria<br />
della parete, degli indici della<br />
funzione cardiaca.<br />
Il parametro più importante della<br />
funzione ventricolare è rappresentato<br />
dalla frazione d’eiezione del<br />
ventricolo sinistro.<br />
L’ecocardiografia <strong>per</strong>mette inoltre<br />
una stima semi-quantitativa della<br />
funzione delle valvole cardiache<br />
(soprattutto mitralica, tricuspidale<br />
e aortica).<br />
L’ecocardiografia transesofagea<br />
non è raccomandata routinariamente;<br />
essa può essere utile nei<br />
pazienti con un’inadeguata finestra<br />
eco, in quelli con valvulopatie<br />
complicate o con malfunzionamento<br />
delle protesi valvolari.<br />
Quali sono i farmaci<br />
<strong>per</strong> lo scompenso<br />
cardiaco?<br />
Le più recenti linee guida dell’American<br />
College of Cardiology/American<br />
Heart Association indicano che i<br />
pazienti con disfunzione ventricolare<br />
sinistra sintomatica dovrebbero<br />
essere routinariamente trattati<br />
combinando 4 tipi di farmaci (3):<br />
ACE-inibitore;<br />
Diuretico;<br />
β-bloccante;<br />
Glicoside cardioattivo.<br />
È da sottolineare che ACE-inibitore<br />
e β-bloccante dovrebbero essere<br />
prescritti anche se il paziente<br />
risponde favorevolmente al diuretico,<br />
in quanto questi farmaci
46<br />
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
hanno mostrato di influenzare la<br />
prognosi a lungo termine dello<br />
scompenso cardiaco (3).<br />
ACE-inibitori<br />
Sono i farmaci di prima scelta nel<br />
trattamento farmacologico dello<br />
scompenso cardiaco, indipendentemente<br />
dallo stadio evolutivo (3).<br />
Le dosi raccomandate sono illustrate<br />
nella Tabella 2, tuttavia occorre<br />
sottolineare che la dose target dovrebbe<br />
essere quella che si è dimostrata<br />
efficace negli studi clinici (4).<br />
Gli effetti collaterali più importanti<br />
degli ACE-inibitori sono: ipotensione,<br />
episodi sincopali, insufficienza<br />
renale, i<strong>per</strong>kaliemia, angioedema<br />
e tosse (4).<br />
Antagonisti dei recettori dell’angiotensina<br />
II .<br />
Questi nuovi inibitori del sistema<br />
renina-angiotensina-aldosterone<br />
sono utili nei pazienti che non tollerano<br />
la terapia con ACE-inibitori,<br />
o possono essere somministrati in<br />
associazione a quest’ultimi <strong>per</strong> rafforzare<br />
il blocco del sistema (4, 6).<br />
Diuretici<br />
Sono essenziali nei casi di scompenso<br />
cardiaco sintomatico, quando<br />
è presente un sovraccarico di<br />
liquidi che si manifesta con congestione<br />
polmonare ed edema <strong>per</strong>iferico;<br />
il loro uso esita in un rapido<br />
miglioramento della dispnea ed<br />
una migliore tolleranza dello sforzo<br />
fisico (4).<br />
Lo scompenso lieve può essere<br />
trattato con i tiazidici, ma nelle<br />
forme più gravi sono necessari i<br />
diuretici dell’ansa (4).<br />
Quest’ultimi sono acidi organici<br />
(acido etracrinico, bumetanide,<br />
furosemide, torasemide) che dal<br />
punto di vista farmacocinetico,<br />
accanto a proprietà comuni (es. l’elevato<br />
legame con le sieroproteine)<br />
si differenziano tra loro <strong>per</strong> alcune<br />
Tabella 2. ACE-inibitori: dosi raccomandate nello scompenso cardiaco.<br />
ACE-inibitore Dose iniziale Dose di mantenimento<br />
Benazepril 2,5 mg 5-1O mg b.i.d.<br />
Captopril 6,25 mg t.i.d. 25-50 mg t.i.d.<br />
Enalapril 2,5 mg die 10 mg b.i.d.<br />
Lisinopril 2,5 mg die 5-20 mg die<br />
Quinapril 2,5-5 mg die 5-10 mg die<br />
Perindopril 2 mg die 4 mg die<br />
Ramipril 1,25-2,5 mg die 2,5-5 mg b.i.d.<br />
Cilazapril 0,5 mg die 1-2,5 mg die<br />
Fosinopril 10 mg die 20 mg die<br />
Trandolapril 1 mg die 4 mg die<br />
caratteristiche come biodisponibilità,<br />
effetto del cibo sull’assorbimento<br />
ed emivita plasmatica (Tabella 3).<br />
Biodisponibiltà più elevata e<br />
costante ed emivita plasmatica più<br />
prolungata rappresentano le peculiarità<br />
farmacocinetiche più evidenti<br />
della torasemide somministrata<br />
<strong>per</strong> via orale (5, 7).<br />
Il recente studio TORIC (TORasemide<br />
In Congestive heart failure) ha<br />
inoltre evidenziato che nei pazienti<br />
con scompenso cardiaco in classe<br />
NYHA II-III la torasemide ha ridotto<br />
del 59,7% i decessi cardiaci, rispetto<br />
a quanto registrato <strong>per</strong> la<br />
furosemide e gli altri diuretici (8), e<br />
ciò potrebbe essere ascritto alla sue<br />
proprietà antialdosteroniche (9-11).<br />
I diuretici risparmiatori di potassio<br />
secondo le attuali linee guida<br />
europee dovrebbero essere prescritti<br />
solo in caso di <strong>per</strong>sistente ipokaliemia<br />
anche dopo terapia con<br />
ACE-inibitori (4).<br />
Le dosi raccomandate <strong>per</strong> i diuretici<br />
sono indicate nella Tabella 4.<br />
β-bloccanti<br />
I β-bloccanti sono farmaci ampiamente<br />
utilizzati e raccomandati nel<br />
trattamento dell’i<strong>per</strong>tensione arteriosa<br />
(12, 13), che, come precedentemente<br />
esposto, rappresenta<br />
uno dei principali fattori di rischio<br />
dello scompenso cardiaco (3).<br />
Questa classe di farmaci in passato<br />
è stata ritenuta controindicata nel<br />
Tabella 3.<br />
Caratteristiche farmacocinetiche di alcuni diuretici dell’ansa.<br />
Bumetanide Furosemide Piretanide Torasemide<br />
Biodisponibilità (%) 58-89 11-90 80* 79-91<br />
Emivita (ore) 1,2 1,0 0,8 3,3<br />
Tmax (ore) 1,3 1,6 1,2 1,0<br />
Vd (l/kg) 0,17 0,16 0,27 0,16<br />
Ae (%) 65 60 51* 27<br />
Tmax = tempo della concentrazione plasmatica al picco;<br />
Vd = Volume di distribuzione; Ae = Percentuale escreta immodificata; * = Stima.
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
47<br />
Grave Lieve o moderata<br />
Tabella 4 Diuretici: dosi raccomandate nello scompenso cardiaco.<br />
Dose iniziale Dose giornaliera<br />
(mg)<br />
massima (mg)<br />
Diuretici dell’ansa<br />
Furosemide 20-40 250-500<br />
Bumetanide 0,5-1,0 5-10<br />
Torasemide 5-10 100-200<br />
Tiazidici<br />
Idroclorotiazide 25 50-75<br />
Metolazone 2,5 10<br />
lndapamide 2,5 2,5<br />
Risparmiatori di K +ACE-i –ACE-i +ACE-i –ACE-i<br />
Amiloride 2,5 5 20 40<br />
Triamterene 25 50 100 200<br />
Spironolattone 25 50 50 100-200<br />
β-bloccante<br />
Tabella 5.<br />
Risultati dei trial con i β-bloccanti sulla mortalità<br />
nello scompenso cardiaco.<br />
Trial n. Rischio relativo<br />
(95% CI)<br />
MERIT-HF 3.991 0,66 (0,53-0,81)<br />
US Carvedilol Progr. 1.094 0,35 (0,20-0,61)<br />
CIBIS II 2.647 0,66 (0,54-0,81)<br />
BEST 2.708 0.90 (0,78-1,02)<br />
COPERNICUS 2.289 0,65 (0,52-0,81)<br />
Tabella 6.<br />
Caratteristiche farmacologiche dei principali β-bloccanti.<br />
β 1 -blocco β 2 -blocco α 1 -blocco ISA Effetti<br />
ancillari*<br />
Carvedilolo +++ +++ +++ – +++<br />
Metoprololo +++ – – – –<br />
Bisoprololo +++ – – – –<br />
Bucindololo +++ – – – (+) –<br />
* = Antiossidante, antiendotelina, antiproliferativo<br />
0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0<br />
trattamento dello scompenso cardiaco<br />
in quanto rallenta la frequenza<br />
cardiaca.<br />
Negli ultimi anni, tuttavia, i nuovi β-<br />
bloccanti hanno mostrato di ridurre<br />
significativamente la mortalità nei<br />
pazienti con scompenso cardiaco<br />
che già sono in terapia con ACE-inibitori<br />
e con diuretici (14-20)<br />
Per questo motivo essi ora compaiono<br />
tra i farmaci raccomandati<br />
sia nei pazienti asintomatici con<br />
recente infarto miocardico o con<br />
ridotta frazione d’eiezione (Stadio<br />
B) (3, 4), sia in in quelli con scompenso<br />
cardiaco sintomatico lieve,<br />
moderato e grave (3, 4).<br />
Sebbene i grandi trial clinici abbiano<br />
dimostrato che carvedilolo,<br />
bisoprololo e metoprololo miglorano<br />
la prognosi dei pazienti con<br />
scompenso cardiaco, esistono delle<br />
sostanziali differenze nell’entità<br />
dei risultati ottenuti, sia <strong>per</strong> quanto<br />
riguarda la sopravvivenza, sia<br />
<strong>per</strong> quanto concerne l’ospedalizzazione<br />
(14-19).<br />
La loro comparazione infatti evidenzia<br />
che il carvedilolo è più vantaggioso<br />
sia del bisoprololo sia del<br />
metoprololo (Tabella 5) e queste<br />
differenze sono attribuibili alle<br />
diversità del profilo farmacologico<br />
di questi tre farmaci antiadrenergici<br />
(Tabella 6)<br />
La supremazia del carvedilolo è<br />
stata recentemente confermata dai<br />
risultati dello studio COMET<br />
(Carvedilol Or Metoprolol European<br />
Trial): da questo ampio studio di<br />
confronto diretto è emerso che nei<br />
pazienti con scompenso cardiaco<br />
sintomatico il trattamento con carvedilolo<br />
riduce, rispetto a metoprololo,<br />
del 17% la mortalità <strong>per</strong><br />
tutte le cause e del 21% la mortalità<br />
<strong>per</strong> cause cardiovascolari (21).<br />
Nella Tabella 7 sono raccolte le<br />
raccomandazioni <strong>per</strong> l’impiego del<br />
carvedilolo nello scompenso cardiaco.
Scripta MEDICA<br />
Volume 7, n. 1-2, <strong>2004</strong><br />
48<br />
Tabella 7. Raccomandazioni<br />
<strong>per</strong> l’impiego del carvedilolo<br />
nello scompenso cardiaco<br />
Trattare i pazienti con disfunzione ventricolare<br />
ischemica in fase presintomatica<br />
e quelli con scompenso cardiaco<br />
cronico di grado lieve, moderato o<br />
grave, solo se clinicamente stabili.<br />
Iniziare precocemente il trattamento<br />
(anche in presenza di scompenso di<br />
grado lieve), anziché rimandarlo alle<br />
fasi avanzate.<br />
Utilizzare dosi iniziali estremamente<br />
basse (3,125 mg x 2/die) e incrementare<br />
il dosaggio ogni 15 giorni fino a<br />
raggiungere la dose massima di 25<br />
mg x 2/die.<br />
Controllare la pressione arteriosa e la<br />
frequenza cardiaca subito dopo ogni<br />
incremento di dose.<br />
Ridurre il dosaggio degli ACE-inibitori<br />
in caso di ipotensione.<br />
Aumentare il dosaggio dei diuretici in<br />
caso di ritenzione idrica o lieve peggioramento<br />
dei sintomi.<br />
Sospendere il trattamento con digitale<br />
e amiodarone in caso di bradicardia.<br />
Raggiungere un β-blocco efficace (frequenza<br />
a riposo tra 50 e 60 battiti/minuto).<br />
Considerare inefficaci dosi di mantenimento<br />
< 12,5 mg/die.<br />
Non attendersi risultati immediati.<br />
Antagonisti dell’aldosterone<br />
Lo spironolattone è un diuretico<br />
risparmiatore di potassio con attività<br />
antialdosteronica.<br />
Lo studio RALES (The Randomized<br />
Aldactone Evaluation Study) ha evidenziato<br />
che l’aggiunta alla terapia<br />
standard di spironolattone a basso<br />
dosaggio (12,5-50 mg) migliora la<br />
sopravvivenza nei pazienti con<br />
scompenso cardiaco in classe III-<br />
IV NYHA (22).<br />
Per tale motivo le attuali linee<br />
guida raccomandano l’impiego<br />
dell’antialdosteronico nei pazienti<br />
con scompenso cardiaco in fase<br />
avanzata (3, 4).<br />
I principali effetti collaterali della<br />
terapia con spironolattone sono la<br />
ginecomastia e l’i<strong>per</strong>kaliemia.<br />
Glicosidi cardioattivi<br />
I glicosidi cardioattivi (digossina e<br />
digitossina) sono utilizzati nello<br />
scompenso cardiaco <strong>per</strong> ridurre i<br />
sintomi e migliorare lo stato clinico<br />
(3, 4).<br />
Bibliografia<br />
1. Dominguez LJ, Parrinello G, Amato P,<br />
Licata G. Trends of congestive heart failure,<br />
epidemiology: contrast with clinical trial<br />
results. Cardiologia 1999; 44:801<br />
2. Adams KF Jr, Zannad F, France N.<br />
Clinical definition and epidemiology of<br />
advanced heart failure. Am Heart J 1998;<br />
135:S204<br />
3. Hunt SA, Baker DW, Chin MH, et al.<br />
ACC/AHH guidelines for the evaluation and<br />
management of chronic heart failure in the<br />
adult: executive summary: a report of the<br />
American College of Cardiology/American<br />
Heart Association Task Force on Practice<br />
Guidelines (Committee to Revise the 1995<br />
Guidelines for the Evaluation and Management<br />
of Heart failure). Circulation 2001;<br />
104:2996<br />
4. Task Force for the Diagnosis and Treatment<br />
of Chronic Heart Failure, European<br />
Society of Cardiology. Guidelines for the<br />
diagnosis and treatment of chronic heart failure.<br />
Eur Heart J 2001; 22:1527<br />
5. Gavazzi A. Lo scompenso cardiaco. Roche -<br />
Edizioni Scripta Manent, Milano 2002<br />
6. DiBianco R. Update on therapy for heart<br />
failure. Am J Med 2003; 115:480<br />
7. Brater DC. Clinical pharmacology of loop<br />
diuretics. Drugs 1991; 41 (Suppl. 3):14<br />
8. Cosin J, Diez J, TORIC Investigators.<br />
Torasemide in chronic heart failure: results of<br />
the TORIC study. Eur J Heart Fail 2002; 4:507<br />
9. Goodfriend TL, Ball DL, Oelkers W,<br />
Bahr V. Torasemide inhibits aldosterone<br />
secretion in vitro. Life Sci 1998; 63:PL45<br />
10. Uchida T, Yamanaga K, Nishikawa M,<br />
et al. Anti-aldosteronergic effect of torasemide.<br />
Eur J Pharmacol 1991; 205:145<br />
11. Uchida T, Yamanaga K, Kido H, et al.<br />
Diuretic and vasodilating actions of torasemide.<br />
Cardiology 1994; 84:14<br />
12. Chobanian AV, Bakris GL, Black HR, et<br />
al. The Senventh Report of the Joint National<br />
Committee on Prevention, Detection,<br />
Evaluation, and Treatment of High Blood<br />
Pressure. The JNC 7 Report. JAMA 2003;<br />
289:2560<br />
13. Guidelines Committee. 2003 European<br />
Society of Hy<strong>per</strong>tension - European Society of<br />
Cardiology guidelines for the management of<br />
arterial hy<strong>per</strong>tension. J Hy<strong>per</strong>tens 2003;<br />
21:1011<br />
14. CIBIS-II Investigators and Committees.<br />
The Cardiac Insufficiency Bisoprolol<br />
Study II (CIBIS II): a randomised trial.<br />
Lancet 1999; 353:9<br />
15. The MERIT-HF Study Group. Effect of<br />
metoprolol CR/XL in chronic heart failure:<br />
Metoprolol CR/XL Randomised Intervention<br />
Trial in Congestive Heart Failure. (MERIT-<br />
HF). Lancet 1999; 353:2001<br />
16. Hjalmarson A, Goldstein S, Fagerberg<br />
B, et al. Effects of controlled-release metoprolol<br />
on total mortality, hospitalizations, and<br />
well-being in patients with heart failure: the<br />
Metoprolol CR/XL Randomized Intervention<br />
Trial in congestive heart failure (MERIT-HF).<br />
MERIT-HF Study Group. JAMA 2000;<br />
283:1295<br />
17. Goldstein S, Fagerberg B, Hjalmarson<br />
A, et al. Metoprolol controlled release/extended<br />
release in patients with severe heart failure:<br />
analysis of the ex<strong>per</strong>ience in the MERIT-<br />
HF study. J Am Coll Cardiol 2001; 38:932<br />
18. Domanski MJ for the BEST Investigators.<br />
Beta-blocker Evaluation of Survival<br />
Trial (BEST). J Am Coll Cardiol 2000;<br />
35:202A<br />
19. Packer M, Coats AJ, Fowler MB et al.<br />
Effect of carvedilol on survival in severe chronic<br />
heart failure. N Engl J Med. 2001;<br />
344:1651<br />
20. Dargie HJ. Effect of carvedilol on outcome<br />
after myocardial infarction in patients<br />
with left-ventricular dysfunction: the CAPRI-<br />
CORN randomised trial. Lancet. 2001;<br />
357:1385<br />
21. Poole-Wilson PA, Swedberg K, Cle-land<br />
JG, et al. Comparison of carvedilol and metoprolol<br />
on clinical outcomes in patients with<br />
chronic heart failure in the Carvedilol Or<br />
Metoprolol European Trial (COMET): randomised<br />
controlled trial. Lancet 2003; 362:7<br />
22. Pitt B, Zannad F, Remme WJ, et al.<br />
The effect of spironolactone on morbidity<br />
and mortality in patients with severe heart<br />
failure. Randomized Aldactone Evaluation<br />
Study Investigators. N Engl J Med 1999;<br />
341: 709