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[Natura]
YANTA
la sua essenza a quella stessa delle creature.
Così della sua donna il poeta può dire che
«di mare e di terra ti costruii cantando.(...)
La terra era piena/di grappoli sacri. Mare
e terra nelle tue mani/esplodevano/con i
doni maturi. (...) E così, la terra,/il fiore e il
frutto, fosti,/così dal mare venivi».
Figlio di una terra precolombiana, in
parte una volta compresa nell’impero
Inca, e dei padri Araucani sterminati dai
Conquistadores, già nel Canto General
Neruda è penetrato sempre più a fondo
nella fusione tra madre terra e uomo,
tipica della cultura india, dove tutto è
collegato in un grande abbraccio invisibile.
Non si può recar danno, un singolo
danno, senza che il tutto ne risenta e
soffra. E ciò che di male l’uomo fa alla
terra, lo fa a se stesso. Neruda lotterà
sempre, servendo il popolo con l’azione e
la poesia, non solo per ideali di giustizia,
ma anche per contribuire a restituire un
Il sogno di un’isola
È edito da La Conchiglia il bel libro di Teresa Cirillo,
Neruda a Capri. Sogno di un’isola, una ricostruzione
dei giorni trascorsi sull’isola dal poeta cileno basata su
documenti e testimonianze in parte inediti e
pubblicato a cinquant’anni dal soggiorno di
Neruda a Capri. Teresa Cirillo è docente di
Lingua e letteratura ispanoamericana nella
facoltà di Lettere e filosofia dell’Università
degli studi di Napoli L’Orientale.
An Island Dream
Teresa Cirillo’s fascinating Neruda a Capri.
Sogno di un’isola, a reconstruction of the
Chilean poet’s stays on the island, based in
part on unpublished documentation and research,
and appearing fifty years after the poet visited
Capri, is published by La Conchiglia. Teresa Cirillo
is Professor of Hispanic-American Language and
Literature at Naples’ University of Oriental Studies.
equilibrio all’universo turbato.
Viaggiando, vedendo e ascoltando con
nel cuore la nostalgia dell’esule e “il suo
amore lontano”, il poeta scopre che tutti
i popoli sono uguali nelle loro aspirazioni
più vere. E per accomunarli sceglie gli
elementi della terra più semplici ed universali,
così fondamentali anche a Capri e
the soil, the flower, and the fruit,/
and so you came from the sea.”
Child of a pre-Colombian land, part
of which had belonged
to the Inca Empire; child,
as well, of the Araucan
priests massacred by the
Conquistadores, Neruda
would penetrate deeper
and deeper into the fusion
between Mother Earth
and mankind, so typical of
the Native Indian culture,
where everything is joined
in one ample, invisible
embrace, and not the
slightest thing can be hurt without
affecting - and afflicting - the whole.
The harm man does to the earth,
he does to himself. Serving the
people with action as well as poetry,
Neruda would always struggle not
only to achieve his ideas of justice,
but also to help restore a balance to
a disjointed universe.
In his travels, as he listened carefully and
observed the passing parade, with his exile’s
homesickness and his “far-off love” always in
his heart, the poet learned that as far as their
most intimate aspirations were concerned, all
peoples were alike. And to express what they
had in common, Neruda chose the simplest
and most universal features of the earth, on
Capri as elsewhere, the same things Matilde
now held in her hands: grapes in the plural, to
underline the idea of breadth and plenty; and
the wind, which knows no master.
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