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preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

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Le amministrazioni locali nel Goriziano e nel Monfalconese nel secondo dopoguerra 87<br />

realtà rurali, può riassumersi in quattro obbiettivi fondamentali: il rifornimento di generi di<br />

prima necessità, il mantenimento dell’amministrazione periferica italiana, la gradualità nei<br />

provvedimenti di licenziamento e la concessione di finanziamenti all’industria. Solo successivamente<br />

gli alleati compresero che la crisi economica doveva essere affrontata in modo più<br />

strutturale ed organizzato, in quanto essa inevitabilmente si accompagnava ad una crisi politica.<br />

Nell’immediato dopoguerra, agli occhi di chi amministrava, la realtà dei piccoli centri urbani<br />

si presentava alquanto desolante: si registrava la rarefazione delle merci di prima necessità<br />

(come ad esempio il latte) e si avvertiva il fallimento del sistema di conferimento ai centri di<br />

raccolta della produzione agricola locale. La povertà endemica e la disoccupazione diffusa si<br />

accompagnavano ad una carenza di servizi, di impianti di edifici pubblici e privati. Non era una<br />

condizione dovuta soltanto al conflitto bellico appena concluso, perché il problema trovava le<br />

sue radici nella politica locale operata dal fascismo, come avremo modo di vedere, già a partire<br />

dagli anni Trenta. Così il presidente comunale di Ronchi dei Legionari, Antonio Tambarin, si<br />

rivolgeva al commissario del Governo Militare Alleato nel novembre 1945:<br />

Sebbene questo Comune non abbia avuto fabbricati distrutti o resi inabilitati in dipendenza di<br />

azioni belliche, ciò non pertanto la situazione degli alloggi è seria e preoccupante. Vi sono delle<br />

famiglie composte da 8 – 10 persone che sono costrette di abitare in due unici vani, 1 camera e 1<br />

cucina. Altre famiglie poi che vengono disdettate dall’abitazione che occupano perché la stessa<br />

deve essere occupata o rioccupata dalla famiglia del proprietario che rientra dalla prigionia o<br />

dall’internamento o dal comune in cui era sfollata, non riescono in nessun modo procurarsi altra<br />

abitazione. Non si può pensare a sistemazioni di famiglie presso altre famiglie perché i vani a<br />

disposizione sono nella stragrande maggioranza dei casi appena sufficienti. – Molte donne nella<br />

imminenza del parto devono essere inviate all’ospedale, con forte spesa del comune, perché, non<br />

disponendo che di un solo vano non possono essere lasciate partorire a casa in una stanza in<br />

comune con tutti i familiari 10 .<br />

Si verificò nel periodo un forte fenomeno di trasmigrazione dall’attività agricola a quella<br />

industriale, ma la manodopera, però, venne solo in minima parte assorbita dal bacino industriale.<br />

Dal Friuli, «ove non meno di 50.000 famiglie contadine vivevano poveramente e dove<br />

l’apparato produttivo pagava lo scotto delle condizioni di arretratezza e di carenza dei mezzi<br />

tecnici» 11 numerosi furono i trasferimenti nella speranza di un inserimento lavorativo all’interno<br />

del cantiere navale di Monfalcone o forse anche solo alla ricerca di condizioni di vita meno<br />

disastrose. La condizione nell’immediato dopoguerra dell’industria monfalconese era però<br />

precaria, la ricostruzione e il riavvio della produzione mancavano dei piani di riorganizzazione<br />

a lungo termine.<br />

A titolo di esempio merita riportare una relazione che il Comune di San Canzian d’Isonzo<br />

inoltrò al Consiglio di Zona di Trieste per segnalare l’urgenza di provvedimenti da adottare.<br />

Il Comune, per la sua particolare posizione – si legge – trovandosi a cavaliere del confine fra zona<br />

industriale del Monfalconese e della zona agricola Friulana, ha più di tutti gli altri centri, assorbito<br />

elementi della Provincia di Udine che con la residenza nella zona miravano ad una stabile<br />

occupazione negli stabilimenti [navali] di Monfalcone. Con tale miraggio detti elementi si sono<br />

adattati a vivere con le loro famiglie nelle più squallide stamberghe non disdegnando occupare<br />

trincee, sempre con la vana speranza di occupare in avvenire locali più idonei. Questi emigrati con<br />

l’aggiunta di nuovi nuclei famigliari che nel tempo sono venuti a formarsi, hanno trovato in parte<br />

precaria sistemazione in baracche militari, residui bellici della guerra mondiale 1915/1918 che per<br />

il loro cattivo stato erano state abbandonate. Tali baracche che potevano essere ancora usate per

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