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preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

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78 Egon Pelikan<br />

e, dall’altra, molti erano favorevoli anche al comunismo e non soltanto alla Jugoslavia.<br />

Operare contro queste tendenze avrebbe significato per il clero, in quelle circostanze,<br />

l’isolamento sociale.<br />

2. L’indirizzo cristiano-socialista delle giovani generazioni dei cristiano-sociali, presente nello<br />

schieramento cattolico, acconsentiva, in determinata misura, anche la condivisione di<br />

alcuni principi socialisti e di alcune teorie del marxismo. Molti sacerdoti si dichiaravano<br />

cristiano-socialisti e con ciò ignoranti del fatto che, non solo l’indirizzo ma il termine stesso<br />

«socialismo cristiano», era stato esplicitamente proibito dall’enciclica papale<br />

Quadragesimo Anno del maggio 1931.<br />

3. È necessario inoltre citare l’azione di opposizione, durante la guerra e soprattutto al suo<br />

termine, del clero italiano (ad esempio di Antonio Santin, ma anche di altri) che, dopo la<br />

capitolazione dell’Italia del settembre 1943, si era impegnato attivamente, anche a livello<br />

internazionale, per il mantenimento del confine fissato dal Trattato di Rapallo. Con molta<br />

probabilità, il fatto in sé aveva legittimato l’attività e l’impegno politico avversi del clero<br />

sloveno.<br />

4. Riguardo alla posizione del clero rispetto alla scelta relativa all’appartenenza nazionale è<br />

necessario tenere conto della coscienza di allora rispetto al momento chiave, considerato<br />

tale dalla maggioranza degli attori politici del tempo, momento storico irripetibile, definito<br />

come segue dal sacerdote Virgil [~ek nel 1945: «Davvero un’occasione unica! Ora o mai<br />

più! Si tratta del destino ultimo del Litorale. E se in sede di Conferenza venissimo privati<br />

di qualcosa, non ne verrà privato il governo comunista ma la Jugoslavia…» 10 .<br />

Al termine del conflitto, la posizione nella quale si ritrovava il clero goriziano richiamava<br />

sempre più le circostanze presenti durante il periodo del dominio italiano, ma con una<br />

differenza sostanziale, che la maggioranza della popolazione slovena del Litorale era oramai<br />

schierata dalla parte del potere sempre più dichiaratamente comunista.<br />

Sempre al termine del conflitto, la scelta significa decisione a favore dello stato jugoslavo e<br />

del regime comunista, o decisione a favore dello stato italiano. Nell’ambito di quest’ultimo, il<br />

clero aveva maturato fino ad allora un’esperienza venticinquennale, ma (e non solo) anche la<br />

scelta a favore dell’Italia non assicurava uno sviluppo verso la democrazia, o meglio non<br />

escludeva del tutto la rivoluzione e il comunismo.<br />

Diversi slogan come ad esempio «I regimi periscono, i governi cambiano, la Patria rimane»<br />

o «Tito se ne andrà, rimarrà la Jugoslavia» e altri, erano conseguenza del disagio venutosi a<br />

creare nella situazione concreta, in cui l’annessione del Litorale alla Jugoslavia veniva guidata<br />

dai comunisti 11 .<br />

Il paradigma storico costringeva il clero a una decisione che implicava tutti gli elementi<br />

sopraccitati, e nel momento dello schieramento li riassumeva in una posizione apparentemente<br />

unitaria: il sostegno a favore dell’annessione alla Jugoslavia. Il clero del Litorale si presentava<br />

compatto all’arrivo nella Venezia Giulia della Commissione alleata per la definizione dei<br />

confini: quasi il 90% dei sacerdoti aveva sottoscritto due memorandum inoltrati alla Commissione<br />

12 .

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