preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

freeterritorytrieste.com
from freeterritorytrieste.com More from this publisher
29.11.2014 Views

Il clero sloveno nell’archidiocesi di Gorizia (1918-1954) 75 Il clero sloveno nell’archidiocesi di Gorizia (1918–1954) di Egon Pelikan Introduzione Nel Goriziano, nel periodo sopraindicato, a causa del potere politico dei cristiano-sociali, si rendono evidenti determinate svolte sul piano ideale, ideologico e politico, che contrassegnano il cattolicesimo politico nella parte occidentale del territorio etnico sloveno. È chiaramente individuabile una corrente di idee che indirizza il pensiero e l’operato della maggioranza del clero sloveno ad ovest del confine stabilito dal Trattato di Rapallo, sia nel periodo tra le due guerre, sia al termine della seconda guerra mondiale, sia più tardi, negli anni Cinquanta. All’inizio degli anni Trenta, più precisamente nell’ottobre del 1931, suscitano grande eco le dimissioni forzate dell’arcivescovo di Gorizia Francesco Borgia Sedej 1 . A Sedej succede, negli anni 1931–1934, l’amministratore apostolico Giovanni Sirotti, che però non riesce ad inserirsi nella realtà slovena e friulana dell’archidiocesi, non è propenso ad accogliere i diritti naturali degli altri popoli e non considera la presenza storica, nel territorio in questione, del clero sloveno e friulano. La politica di Sirotti nell’archidiocesi di Gorizia viene portata avanti in maniera più moderata, ma soprattutto meno esplicita rispetto al predecessore, dall’arcivescovo Carlo Margotti 2 .Il Vaticano decise di designare un arcivescovo, che visti l’orientamento e la provenienza, potesse dare l’impressione di «essere al di sopra delle parti in contrasto» 3 . L’arcivescovo Margotti fu, se non altro, un uomo diplomatico di grosso spessore e perciò molto più accorto del predecessore Sirotti 4 . Nonostante questo, era considerato, con fondati motivi, un arcivescovo che nutriva grande simpatia nei confronti del regime fascista. Nell’ambito dell’archidiocesi diede inizio a un ampio programma di «romanizzazione», che sarebbe andato a sostituire il cosiddetto «austriacantismo» presente fino ad allora. Lo storico Luigi Tavano scrive che si trattava unicamente di «due parole magiche» 5 . In realtà si tratta di termini sinonimi del confronto di due mentalità, di due forme di cattolicesimo e soprattutto di due realtà ecclesiastico-politiche 6 . Pare che l’arcivescovo Margotti, sin dal suo arrivo a Gorizia e fino al termine della Seconda guerra mondiale, non avesse del tutto compreso che la situazione era completamente differente rispetto a quella di Istanbul e che si trovava ad operare tra un clero pienamente consapevole dei propri naturali (nazionali e religiosi) tradizionali diritti storici. Per il clero sloveno, anche i suoi discorsi politici rappresentavano una fonte costante di indignazione 7 . La nomina di Carlo Margotti ad arcivescovo di Gorizia nel 1934 e il suo dichiarato «programma di romanizzazione», non si discostavano essenzialmente da quello che era il rapporto del Vaticano nei confronti delle minoranze slovena e croata nella Venezia Giulia negli anni Trenta, e alla luce di tali fatti è necessario valutare l’operato del clero del Litorale.

Il clero sloveno nell’archidiocesi di Gorizia (1918-1954) 75<br />

Il clero sloveno nell’archidiocesi di Gorizia (1918–1954)<br />

di Egon Pelikan<br />

Introduzione<br />

Nel Goriziano, nel periodo sopraindicato, a causa del potere politico dei cristiano-sociali, si<br />

rendono evidenti determinate svolte sul piano ideale, ideologico e politico, che contrassegnano<br />

il cattolicesimo politico nella parte occidentale del territorio etnico sloveno. È chiaramente<br />

individuabile una corrente di idee che indirizza il pensiero e l’operato della maggioranza del<br />

clero sloveno ad ovest del confine stabilito dal Trattato di Rapallo, sia nel periodo tra le due<br />

guerre, sia al termine della seconda guerra mondiale, sia più tardi, negli anni Cinquanta.<br />

All’inizio degli anni Trenta, più precisamente nell’ottobre del 1931, suscitano grande eco le<br />

dimissioni forzate dell’arcivescovo di Gorizia Francesco Borgia Sedej 1 . A Sedej succede, negli<br />

anni 1931–1934, l’amministratore apostolico Giovanni Sirotti, che però non riesce ad inserirsi<br />

nella realtà slovena e friulana dell’archidiocesi, non è propenso ad accogliere i diritti naturali<br />

degli altri popoli e non considera la presenza storica, nel territorio in questione, del clero<br />

sloveno e friulano.<br />

La politica di Sirotti nell’archidiocesi di Gorizia viene portata avanti in maniera più moderata,<br />

ma soprattutto meno esplicita rispetto al predecessore, dall’arcivescovo Carlo Margotti 2 .Il<br />

Vaticano decise di designare un arcivescovo, che visti l’orientamento e la provenienza, potesse<br />

dare l’impressione di «essere al di sopra delle parti in contrasto» 3 . L’arcivescovo Margotti fu,<br />

se non altro, un uomo diplomatico di grosso spessore e perciò molto più accorto del predecessore<br />

Sirotti 4 . Nonostante questo, era considerato, con fondati motivi, un arcivescovo che nutriva<br />

grande simpatia nei confronti del regime fascista. Nell’ambito dell’archidiocesi diede inizio a<br />

un ampio programma di «romanizzazione», che sarebbe andato a sostituire il cosiddetto<br />

«austriacantismo» presente fino ad allora. Lo storico Luigi Tavano scrive che si trattava<br />

unicamente di «due parole magiche» 5 . In realtà si tratta di termini sinonimi del confronto di<br />

due mentalità, di due forme di cattolicesimo e soprattutto di due realtà ecclesiastico-politiche 6 .<br />

Pare che l’arcivescovo Margotti, sin dal suo arrivo a Gorizia e fino al termine della Seconda<br />

guerra mondiale, non avesse del tutto compreso che la situazione era completamente differente<br />

rispetto a quella di Istanbul e che si trovava ad operare tra un clero pienamente consapevole<br />

dei propri naturali (nazionali e religiosi) tradizionali diritti storici. Per il clero sloveno, anche i<br />

suoi discorsi politici rappresentavano una fonte costante di indignazione 7 .<br />

La nomina di Carlo Margotti ad arcivescovo di Gorizia nel 1934 e il suo dichiarato «programma<br />

di romanizzazione», non si discostavano essenzialmente da quello che era il rapporto del<br />

Vaticano nei confronti delle minoranze slovena e croata nella Venezia Giulia negli anni Trenta,<br />

e alla luce di tali fatti è necessario valutare l’operato del clero del Litorale.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!