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preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

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Il «Partito italiano»: La DC di Trieste 49<br />

alleata, in contrapposizione ai poteri popolari vigenti in zona B – e, tramite questo, dopo il 1954,<br />

all’interno delle istituzioni democratiche del Paese.<br />

Ciò non vuol dire però che si trattò di un processo semplice e scontato: ad esempio, in<br />

occasione di entrambe le tornate elettorali del 1949 e del 1952, in una situazione ritenuta di<br />

emergenza, forti furono le spinte provenienti non solo da consistenti gruppi di potere locale ma<br />

anche dallo stesso Ufficio per le zone di confine, per sostituire la logica imperniata sulla<br />

centralità dei partiti di massa con quella dei blocchi nazionali, e la DC faticò non poco per<br />

bloccare la presentazione di un’unica lista elettorale filo-italiana 10 . Inoltre, la destra estrema<br />

conquistò comunque uno spazio ragguardevole e questa sarebbe rimasta una delle costanti del<br />

sistema politico triestino 11 . Proprio l’analisi del consenso ottenuto dal Movimento sociale<br />

italiano ci permette del resto di comprendere meglio le caratteristiche dell’offerta politica della<br />

DC. Questa, infatti, pescava in un bacino elettorale vasto, ma si poneva in termini quasi<br />

monopolisti nei confronti del consenso degli esuli istriani. Ai profughi la Democrazia cristiana<br />

era in grado di proporre un completo sistema non solo di rappresentanza, ma di integrazione:<br />

un insieme di valori condivisi – la DC era un partito che stava trovando negli esuli la propria<br />

subcultura – una serie consistente di aiuti materiali, una leadership politica in cui i nuovi cittadini<br />

potevano immediatamente riconoscersi – posto che sindaco di Trieste e segretario provinciale<br />

del partito erano entrambi di provenienza istriana – una possibilità concreta di inserimento nei<br />

circuiti decisionali della politica, testimoniata dalla composizione delle liste elettorali e dei<br />

gruppi consiliari. Al contrario, risalta l’assenza di rappresentanti dei profughi dai gruppi<br />

consiliari missini, dove invece trovavano posto eletti provenienti dagli ambienti «regnicoli» del<br />

pubblico impiego, a conferma del diverso radicamento dei due partiti 12 . L’integrazione degli<br />

esuli da parte della DC dunque fu piena, e in tal modo una massa consistente di cittadini<br />

portatori di una fortissima carica di antagonismo antislavo ed anticomunista, come conseguenza<br />

delle traumatiche esperienze subite in Istria, fu convogliata nell’alveo dei partiti democratici<br />

costituzionali, dove sarebbe in grande maggioranza rimasta sino alla crisi di Osimo.<br />

Contemporaneamente a tale processo di ampie dimensioni, è forse possibile scorgere negli<br />

ultimi anni dell’amministrazione alleata qualche traccia di un movimento inverso, cioè di<br />

cooptazione di alcuni elementi della classe politica democristiana all’interno dell’élite cittadina.<br />

Si tratta per il momento solo di spunti da verificare, ma si può pensare ad un disegno di più<br />

intima osmosi fra le due realtà, nel rispetto degli equilibri che si erano nel frattempo creati in<br />

città, avente come fulcro la personalità di Gianni Bartoli, il leader democristiano senza dubbio<br />

più capace d’intendersi, sulla base del comune afflato patriottico, con gli esponenti di ascendenza<br />

liberal-nazionale, da essi riconosciuto, e disponibile in alcuni casi a sfumare le chiusure<br />

verso l’estrema destra, nella gestione sia della piazza che delle maggioranze consiliari. Una<br />

tendenza del genere costituiva un’altra manifestazione evidente di quanto l’eccezionalità della<br />

situazione in cui si trovava Trieste potesse influire sulla dinamica politica locale, ma era proprio<br />

per questo dipendente da quella fondamentale anomalia istituzionale. Il ritorno dell’amministrazione<br />

italiana avrebbe modificato completamente il quadro di riferimento, aprendo la<br />

strada all’interno della Democrazia cristiana ad un mutamento generazionale e di indirizzo<br />

strategico. Di conseguenza, la normalizzazione politica, cioè il venir meno dell’emergenza<br />

nazionale, avrebbe condotto ad una nuova ridefinizione degli equilibri fra i gruppi dirigenti<br />

locali. Così come il 1949 aveva segnato il superamento della prima, lunga, fase della storia<br />

democristiana a Trieste, e cioè quella della presentazione di un partito di sconosciuti, così gli<br />

anni immediatamente successivi al 1954 videro il passaggio dalla fase dell’affermazione politica<br />

a quella dell’egemonia, sul piano dei contenuti strategici e 13 dell’acquisizione degli strumenti<br />

del potere.

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