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456 Aleksander Panjek confine sloveno (jugoslavo) – italiano si sono occupati in particolar modo i geografi che, però, hanno approfondito soprattutto il periodo che segue il 1954. Anche della questione della regionalità economica ovvero della definizione dell’Hinterland o Umland triestino, e quindi del circondario che gravitava sulla città e dal quale, da parte sua, anche Trieste dipendeva socioeconomicamente, si sono occupati diversi studi, non da ultimo per il suo nesso con il destino politico e nazionale, cioè territoriale, di questa area durante tutto il XX secolo. Per questi motivi gli studi non sono solo di tipo scientifico e, d’altra parte, solo pochi studi scientifici hanno dedicato a questa problematica un’attenzione monografica 3 . Ma anche noi storici dell’economia abbiamo prestato troppo poca attenzione, fino ad ora, specificamente ai rapporti tra le due zone del Territorio Libero di Trieste. Le istituzioni Fino al 1947 l’autorità di occupazione jugoslava nella Primorska fu usufruttuaria provvisoria del patrimonio dello Stato italiano e degli enti di diritto pubblico, come previsto dalle norme del regolamento dell’Aia, non poteva però nazionalizzarli né quindi divenirne proprietaria. Essa effettuò attraverso un provvedimento speciale la confisca dei beni delle istituzioni, delle società e delle persone fasciste (1946). Dopo il Trattato di Pace del 1947, la Jugoslavia e il Territorio Libero di Trieste acquisirono a titolo gratuito il patrimonio statale e pubblico italiano che si trovava sul loro territorio 4 . L’amministrazione militare alleata costituì nella zona A del TLT i suoi enti amministrativi e varò una sua politica economica, cercando però il supporto delle locali strutture amministrative italiane che essa preservava, nonché della vecchia e nuova legislazione italiana. Gli USA convogliarono nella zona A del TLT, grazie al Programma di ricostruzione europea (ERP), una somma – in proporzione – enorme di mezzi e aiuti. Contemporaneamente il GMA perseguì una politica sempre più coerente di integrazione dell’economia triestina con il territorio italiano, dove vedeva l’unica prospettiva economica per Trieste, ritenendo che proprio attraverso l’Italia Trieste avrebbe dovuto integrarsi nell’Europa occidentale. L’Italia, in tutto il periodo dell’esistenza della zona A del TLT, finanziò gli enti pubblici e parastatali che aveva preservato e sostenne l’economia triestina anche in altro modo, ad esempio coprendo il deficit delle finanze pubbliche della zona A. Alla conferenza di Londra del 1953 gli Usa e la Gran Bretagna assegnarono all’Italia la nomina dei responsabili di settori chiave dell’amministrazione nella zona A, tra cui vanno qui ricordati soprattutto quelli del settore economico e sociale, cosa che legò ancora più strettamente la zona A con il territorio economico italiano 5 . Dall’altra parte l’amministrazione della zona B del TLT operava in campo economico in base alle direttive degli organi federali jugoslavi e delle repubbliche di Slovenia e Croazia, cercando di uniformare per quanto possibile la legislazione della zona a quella jugoslava e di consolidare i legami della zona B con la Jugoslavia. Subito dopo la conferenza di Londra che potenziò i legami tra zona A e l’Italia, vennero – ad esempio – aperte delle succursali della Banca nazionale jugoslava nella zona B e vennero applicate le ordinanze jugoslave riguardo alla gestione delle attività economiche 6 . Nel momento della sua costituzione il Territorio Libero di Trieste fu diviso in due zone, ma mai si pervenne alla nomina di un governatore né alla creazione di altre istituzioni unitarie di questo nuovo staterello. Per questo motivo i legami istituzionali tra le due zone furono sempre assai fragili. Visto che l’economia triestina era comunque già strettamente legata a quella italiana, non da ultimo per le forme di sviluppo del periodo tra le due guerre, nell’esame delle
La disintegrazione fra Trieste e Capodistria 457 relazioni tra le due zone analizzeremo soprattutto quei provvedimenti jugoslavi nella zona B che trasformarono in modo più deciso il sistema e le relazioni esistenti. La proprietà fondiaria L’Istria settentrionale era collegata a Trieste anche attraverso la proprietà terriera, poiché i possidenti erano, in taluni casi, dei triestini o dei cittadini italiani emigrati durante o dopo la guerra. Fino alla costituzione del TLT nel 1947 l’autorità di occupazione jugoslava nella Primorska poteva, in base al diritto internazionale, assumere solo l’amministrazione provvisoria delle proprietà fondiarie delle persone assenti, relativamente numerose. Furono invece confiscate le terre di proprietari giudicati fascisti, ad eccezione di quelle su cui vivevano coloni, dato che ci si accingeva ad attuare la riforma agraria, cosa che avvenne nella zona B del TLT già nel 1947, e più precisamente nei comuni di Capodistria, Isola e Pirano, dove furono espropriati 626 immobili e 5 latifondi, per complessivi 2.289 ettari 7 , il che rappresentava solo una parte minore di tutti i terreni coltivati 8 . La parte più considerevole dei terreni coltivabili rimase in mano ai possidenti di allora, poiché nella struttura agraria prevaleva la piccola proprietà frammentata. Furono infatti espropriati solo i possedimenti che superavano i dieci ettari e ai coloni fu proposto di rilevare la terra che fino ad allora avevano coltivato con contratti di mezzadria o simili. Un numero relativamente alto rifiutò l’offerta e abbandonò le terre acquisite con la riforma agraria 9 . Le terre così confiscate ed espropriate con la riforma agraria furono nazionalizzate, mentre cominciarono a costituirsi le cooperative agricole e i kombinat agrari statali, soprattutto su quei terreni di pianura dove era possibile la meccanizzazione della produzione. A partire dalla costituzione del TLT nel settembre 1947 fino alla sua cessazione non ci furono nel distretto di Capodistria ulteriori nazionalizzazioni di terreni agricoli. Questi furono quindi i provvedimenti intrapresi, inclusa la riforma agraria che fu sancita giuridicamente dopo l’assunzione della sovranità da parte jugoslava nell’ottobre 1954 10 . L’introduzione delle cooperative incontrò difficoltà ed insuccessi. Nel 1955 esistevano complessivamente, nell’area di Capodistria e di Buie, tredici cooperative agrarie ancora operanti 11 . Negli anni successivi le persone emigrate dalla zona B del TLT e i cittadini italiani che in quella zona possedevano ancora delle proprietà immobiliari, potevano cederle in usufrutto a parenti, affittarle o venderle. In seguito invece le rimanenti proprietà italiane furono nazionalizzate con diritto ad un indennizzo (1958-1972) 12 . Nel Capodistriano la struttura delle proprietà terriere rimase molto frammentata, così nel 1981 le dimensioni delle proprietà non raggiungevano mediamente neppure due ettari, mentre le aziende agricole con più di dieci ettari erano solo 141 per complessivi 2.020 ettari 13 . Il capitale industriale e la gestione delle imprese La crescita industriale a Trieste e nell’Istria settentrionale negli ultimi decenni del periodo austriaco si era realizzata non solo con il capitale locale bensì in misura crescente grazie a capitali che affluivano dalle regioni slovene, austriache e boeme della monarchia asburgica, nonché dall’estero. Nel periodo tra le due guerre il capitale italiano si rafforzò fortemente attraverso investimenti privati di imprese e società delle aree limitrofe e di quelle italiane centrali, così come attraverso le partecipazioni statali. Il ruolo di queste ultime crebbe specie dopo che nell’Italia fascista si impose l’economia dirigista. Fino alla seconda guerra mondiale
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La disintegrazione fra Trieste e Capodistria 457<br />
relazioni tra le due zone analizzeremo soprattutto quei provvedimenti jugoslavi nella zona B<br />
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La proprietà fondiaria<br />
L’Istria settentrionale era collegata a Trieste anche attraverso la proprietà terriera, poiché i<br />
possidenti erano, in taluni casi, dei triestini o dei cittadini italiani emigrati durante o dopo la<br />
guerra. Fino alla costituzione del TLT nel 1947 l’autorità di occupazione jugoslava nella<br />
Primorska poteva, in base al diritto internazionale, assumere solo l’amministrazione provvisoria<br />
delle proprietà fondiarie delle persone assenti, relativamente numerose. Furono invece confiscate<br />
le terre di proprietari giudicati fascisti, ad eccezione di quelle su cui vivevano coloni, dato<br />
che ci si accingeva ad attuare la riforma agraria, cosa che avvenne nella zona B del TLT già nel<br />
1947, e più precisamente nei comuni di Capodistria, Isola e Pirano, dove furono espropriati 626<br />
immobili e 5 latifondi, per complessivi 2.289 ettari 7 , il che rappresentava solo una parte minore<br />
di tutti i terreni coltivati 8 . La parte più considerevole dei terreni coltivabili rimase in mano ai<br />
possidenti di allora, poiché nella struttura agraria prevaleva la piccola proprietà frammentata.<br />
Furono infatti espropriati solo i possedimenti che superavano i dieci ettari e ai coloni fu<br />
proposto di rilevare la terra che fino ad allora avevano coltivato con contratti di mezzadria o<br />
simili. Un numero relativamente alto rifiutò l’offerta e abbandonò le terre acquisite con la<br />
riforma agraria 9 . Le terre così confiscate ed espropriate con la riforma agraria furono nazionalizzate,<br />
mentre cominciarono a costituirsi le cooperative agricole e i kombinat agrari statali,<br />
soprattutto su quei terreni di pianura dove era possibile la meccanizzazione della produzione.<br />
A partire dalla costituzione del TLT nel settembre 1947 fino alla sua cessazione non ci furono<br />
nel distretto di Capodistria ulteriori nazionalizzazioni di terreni agricoli. Questi furono quindi<br />
i provvedimenti intrapresi, inclusa la riforma agraria che fu sancita giuridicamente dopo<br />
l’assunzione della sovranità da parte jugoslava nell’ottobre 1954 10 . L’introduzione delle cooperative<br />
incontrò difficoltà ed insuccessi. Nel 1955 esistevano complessivamente, nell’area di<br />
Capodistria e di Buie, tredici cooperative agrarie ancora operanti 11 .<br />
Negli anni successivi le persone emigrate dalla zona B del TLT e i cittadini italiani che in<br />
quella zona possedevano ancora delle proprietà immobiliari, potevano cederle in usufrutto a<br />
parenti, affittarle o venderle. In seguito invece le rimanenti proprietà italiane furono nazionalizzate<br />
con diritto ad un indennizzo (1958-1972) 12 . Nel Capodistriano la struttura delle proprietà<br />
terriere rimase molto frammentata, così nel 1981 le dimensioni delle proprietà non raggiungevano<br />
mediamente neppure due ettari, mentre le aziende agricole con più di dieci ettari erano<br />
solo 141 per complessivi 2.020 ettari 13 .<br />
Il capitale industriale e la gestione delle imprese<br />
La crescita industriale a Trieste e nell’Istria settentrionale negli ultimi decenni del periodo<br />
austriaco si era realizzata non solo con il capitale locale bensì in misura crescente grazie a<br />
capitali che affluivano dalle regioni slovene, austriache e boeme della monarchia asburgica,<br />
nonché dall’estero. Nel periodo tra le due guerre il capitale italiano si rafforzò fortemente<br />
attraverso investimenti privati di imprese e società delle aree limitrofe e di quelle italiane<br />
centrali, così come attraverso le partecipazioni statali. Il ruolo di queste ultime crebbe specie<br />
dopo che nell’Italia fascista si impose l’economia dirigista. Fino alla seconda guerra mondiale