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preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

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Il «Partito italiano»: La DC di Trieste 45<br />

Il «Partito italiano»: La DC di Trieste<br />

di Raoul Pupo<br />

Il 12 giugno 1945, data della ritirata dalla zona A delle truppe jugoslave, la Democrazia<br />

cristiana fece affiggere un manifesto che proclamava «La DC rivendica l’italianità di Trieste».<br />

Nell’autorappresentazione democristiana tale atto è divenuto il primo passo, pregno di valore<br />

simbolico, verso la costruzione dell’egemonia politica del partito dei cattolici democratici. La<br />

realtà è probabilmente un po’ più complessa, ma indubbiamente quel giudizio coglie una<br />

componente fondamentale dell’affermazione democristiana: la capacità della DC di diventare<br />

il partito nazionale italiano per eccellenza, vale a dire il più credibile difensore dell’italianità di<br />

Trieste in quegli anni turbolenti. Di per sé, tale fatto non sarebbe per nulla sorprendente, se<br />

non si collegasse ad una serie di situazioni particolari, tali da far correttamente parlare di una<br />

specifica anomalia democristiana all’interno del più generale quadro di anomalie che contraddistinse<br />

la costruzione del sistema politico triestino del secondo dopoguerra.<br />

L’anomalia principale, naturalmente, è quella costituita dal successo incontrato dal partito<br />

democristiano in una realtà priva di tradizioni d’impegno politico dei cattolici e nella quale la<br />

Chiesa aveva storicamente esercitato un’influenza marginale. Si tratta di un giudizio consolidato<br />

e, ancora una volta, giustificato, tant’è che ad una simile, originaria, peculiarità se ne<br />

collegano delle altre, che riguardano il prima e il dopo dell’affermazione democristiana. Questa<br />

arrivò infatti – com’è noto – abbastanza tardi. Nei primi anni del dopoguerra i referenti<br />

principali del GMA furono altri: i rappresentanti delle tradizionali forze politiche democratiche<br />

locali, di matrice liberale, mazziniana e socialista, secondo l’interpretazione corrente, che però<br />

lascia un po’ in ombra le motivazioni sostanziali della scelta anglo-americana, e cioè i legami<br />

massonici. I nomi di Michele Miani, di Ferdinando Gandusio e di Bruno Forti, sono eloquenti<br />

in tal senso. Il primo, sindaco dal 1945 al 1949; il secondo, presidente del consiglio di zona e<br />

protagonista di impegnativi, anche se infruttuosi, contatti con i comunisti per favorirne il<br />

coinvolgimento nelle istituzioni create dal GMA; il terzo, presidente del consiglio comunale 1 .<br />

Quello della presenza massonica è peraltro tema rimasto finora in ombra nel panorama degli<br />

studi sul dopoguerra, e solo oggi cominciano ad avviarsi le prime ricerche dalle quali si sperano<br />

nuovi lumi su di una serie di nodi, quali la sorte di segmenti di classe dirigente locale che fece<br />

la sua comparsa nel 1945-46 per sparire poi rapidamente dalla vista, come quella che diede vita<br />

alle prime commissioni di epurazione e che fu presente nei primi enti locali di designazione<br />

alleata; o quali la rete di connessioni tra il Governo Militare Alleato e gli ambienti economici<br />

giuliani. In ogni caso, la precoce opzione massonica del GMA appare largamente comprensibile<br />

alla luce dell’urgenza di trovare degli interlocutori in qualche misura noti – e per gli ufficiali<br />

inglesi e americani la massoneria triestina lo era certo assai più di qualche personaggio politico<br />

dal seguito ignoto e di un altrettanto sconosciuto vescovo di provincia – e soprattutto affidabili,<br />

nel momento della creazione del governo locale, segnata dalla posizione antagonista assunta<br />

dai comunisti e dalla complessiva debolezza delle forze italiane.<br />

La situazione cominciò a cambiare appena nel 1948, che si rivelò effettivamente un anno di<br />

svolta nella vicenda politica triestina, e non solo per le conseguenze della rottura fra la<br />

Jugoslavia e il Cominform. All’inizio dell’anno, infatti, il democristiano Gino Palutan sostituì il<br />

socialista Edmondo Puecher alla presidenza di zona e ne fece un centro propulsore di iniziative

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