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preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

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412 Paolo Iancis<br />

bancari e postali che da tempo avevano abbandonato la zona A 42 , ma gli 80-90 mila consumatori<br />

della collina e della montagna slovena sono persi, lasciando nella città di Gorizia un apparato<br />

commerciale che su di essi da decenni si era appoggiato e che ora si ritrova improvvisamente<br />

sovradimensionato e quindi in grave crisi 43 . Solo una parte di questa domanda potrà essere<br />

recuperata con gli accordi commerciali che si stanno avviando con la Jugoslavia, quelli del<br />

febbraio 1949 (per lo scambio di prodotti tra le zone di confine e per la riparazione a Gorizia<br />

di automezzi jugoslavi importati in Italia con il regime della «temporanea») e, più in là, quelli<br />

dell’agosto 1955 («piccolo traffico di frontiera») 44 , con un movimento transfrontaliero che<br />

saprà riavviarsi quindi solo molto gradualmente. Parimenti persi sono i tronchi di alcune strade<br />

statali e le linee ferroviarie Gorizia-Piedicolle, Gorizia-Aidussina e Gorizia-San Daniele del<br />

Carso, oltre alla maggiore tra le due stazioni ferroviarie della stessa città di Gorizia 45 . È pesante<br />

pure la resa dell’enorme patrimonio boschivo che continuerà ad essere una grande ricchezza<br />

della zona confinaria jugoslava con la sua capacità annua di 350 mila quintali di legna da ardere<br />

e di carbone vegetale e 70 mila metri cubi di legname da costruzione, sul quale continueranno<br />

a trovare lavoro circa 2.000 operai assorbiti dalle industrie trasformatrici del settore e dall’indotto<br />

delle aziende di trasporti. Il comparto industriale goriziano infine non potrà più annoverare<br />

tra le sue file il cementificio di Salona d’Isonzo, le moderne centrali idroelettriche di<br />

Doblari e Plava, le miniere di mercurio di Idria e persino lo stesso acquedotto della città di<br />

Gorizia.<br />

Il rilancio strutturale e la pianificazione di lungo periodo sono il testimone lasciato in eredità<br />

all’amministrazione italiana, alla quale è affidato il compito, fallito dagli alleati, dell’uscita<br />

dall’emergenza e dell’inizio di una fattiva politica di sviluppo. Ma nella storia economica<br />

goriziana degli anni a venire il lungo elenco di provvedimenti che intervengono sul territorio<br />

restituirà uno scenario di azioni tampone che insistono su un’emergenza economica che sembra<br />

non avere fine e nel rimando continuo dell’avvio di una effettiva territorializzazione degli<br />

investimenti (fino al rischio concreto dell’innesto di circoli speculativi) 46 . La lista: attribuzione<br />

alla provincia del carattere di «zona depressa» (legge 3.8.1949, n. 589), reimpianto e riattivazione<br />

delle aziende industriali già operanti nel territorio passato alla Jugoslavia (legge 27.10.1950,<br />

n. 910), fondo di rotazione per iniziative economiche (legge 18.10.1955, n. 908). Parallelamente<br />

il comitato promotore per l’irrigazione dell’agro cormonese-gradiscano, che nel 1949 verrà<br />

trasformato in Consorzio di bonifica ed irrigazione, dovrà attendere la metà degli anni Cinquanta<br />

per vedere l’inizio effettivo dei lavori 47 , mentre dal novembre 1947 la progettata zona<br />

industriale goriziana lascerà improvvisamente il campo (un adeguamento all’orientamento<br />

ministeriale) alla costituzione della zona franca che si realizzerà con la legge 1.12.1948, n.<br />

1438 48 .<br />

Insomma il piglio assistenziale continuerà a ricordare ad oltranza gli anni della ricostruzione.<br />

Inutile stupirsi che molti di questi provvedimenti avranno una ricaduta controversa sul territorio<br />

e ancora tutta da quantificare, altri rimarranno addirittura lettera morta. Il nesso mai risolto<br />

di una ricostruzione senza sviluppo ci conduce lungo i successivi decenni di storia e, volendo,<br />

fino al presente, per quello che può essere considerato un dopoguerra durato praticamente<br />

sessant’anni.

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