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preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

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L’altro confine orientale. L’economia goriziana nel secondo dopoguerra 407<br />

nel campo del potenziamento dell’economia agraria [si] potrà riprendere in esame i progetti di<br />

bonifica e di miglioramento agrario particolarmente nella zona dell’Alto Friuli, tenendo presente<br />

la necessità di estendere, a spese delle colture agrarie, quelle orticole e frutticole maggiormente<br />

redditizie e che presentano la possibilità di incrementare il commercio verso l’estero. Anche<br />

l’artigianato e le medie industrie, data la caratteristica attrezzatura della Provincia, dovranno<br />

trovar […] tutto l’appoggio possibile. Altro argomento di studio dovrà formare il problema delle<br />

comunicazioni ferroviarie e stradali con il Centro-Europa […] 12 .<br />

Il nodo è strategico. Bisogna ridefinire la collocazione geografica, prima ancora delle<br />

direttrici di traffico della nuova provincia goriziana, facendo i conti con un confine che si<br />

appresta a diventare cortina di ferro e con un piano viario disegnato dal GMA che ha per ovvia<br />

priorità la congiunzione del porto di Trieste con l’Europa centrale, ma che rischia di trascurare<br />

pesantemente la città isontina 13 .<br />

Il quadro non si semplifica sul fronte del primario, in cui l’uscita dalla guerra esibisce una<br />

piccola proprietà frazionatissima (più del 50% delle aziende agricole complessive) che lavora<br />

fazzoletti di terra inferiori all’ettaro, mentre una manciata di grandi aziende (venti o poco più)<br />

con oltre 100 ettari di terreno da sole controllano più di un quarto di tutto l’arativo provinciale.<br />

Due agricoltori su tre lavorano terra non di proprietà e fanno i conti con una forte persistenza<br />

di contratti parziari e misti 14 . Il ventaglio delle colture si stringe sullo stretto indispensabile del<br />

comparto cerealicolo (prevalentemente frumento e mais), tra l’altro penalizzato da una deficienza<br />

della concimazione azotata e delle nitratature ancora attese dai contadini nonostante un<br />

iter di assegnazioni alleate già avviato. Zootecnia e colture foraggiere, pur alle prese con un<br />

misurato gioco delle scorte, si avviano alla ripresa di una insperata normalità in pianura, ma<br />

stentano in una collina e in una montagna ancora pesantemente provate dai fatti bellici.<br />

Potatura e palificazione delle viti contano sulla fornitura degli anticrittogamici e del filo di ferro<br />

zincato, che sottrarrebbe questo comparto al mercato nero, mentre la mancanza delle consegne<br />

di insetticidi a base di olii pesanti sta mettendo a rischio i trattamenti preventivi sulle piante da<br />

frutto. Langue invece la coltivazione delle patate, quasi integralmente dipendente dai promessi<br />

rifornimenti inglesi.<br />

Il tutto rientra in un primo programma di intervento agricolo finanziato dal GMA, che mira<br />

alla semplice riattivazione dell’esistente, ma negli uffici economici alleati è già depositato, per<br />

mano dell’Ispettorato agrario, l’ambizioso fascicolo dei progetti di bonifica, irrigazione e<br />

trasformazione fondiaria capace di un’invocata svolta strutturale. La sola bonifica del Preval,<br />

sul Collio cormonese, già avviata nell’anteguerra, sarebbe capace di assorbire da sola 400 operai<br />

per quattro mesi. Ma sono altri tre i capitoli significativi, per un impegno di spesa che per ora<br />

stordisce. Tre milioni e mezzo di lire solo per avviare la bonifica della piana di Caporetto<br />

secondo un progetto già articolato nel 1928. Sono invece addirittura 900 i milioni (e la cifra<br />

appare già sottostimata) richiesti dalla bonifica dell’agro cormonese e gradiscano sulla base di<br />

un disegno che risale al 1940 in cui il puro impatto occupazionale, certo non secondario, lascia<br />

il campo alla portata strutturale. Un’opera che può forgiarsi degli aggettivi «industriale ed<br />

agrario» al tempo stesso, per la capacità di portare acqua irrigua su circa 6.000 ettari di terreno<br />

ghiaioso e quindi siccitoso. Per ultimo il Collio, il cui progetto di 20 milioni di lire abbozzato nel<br />

1934 oggi ne costerebbe 300, ma garantirebbe strade, sistemazione montana, provvista d’acqua,<br />

ricomposizione della proprietà 15 .<br />

Non è solo un problema di risorse, ma di capacità di sottrarle alla logica strozzante dell’emergenza:

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