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La lunga ricostruzione. Opulenza e debolezza del Piano Marshall nel TLT 371
La lunga ricostruzione. Opulenza e debolezza del Piano Marshall nel Territorio
Libero di Trieste
di Giulio Mellinato
Come venne efficacemente riassunto nella «Intelligence Review» della divisione spionaggio
militare dell’esercito americano nel febbraio 1946,
the Venezia Giulia controversy is the whole peace problem in miniature, involving as it does the
interests of the victorious Great Powers, those of a vanquished enemy nation, and those of a
country once overrun by the Axis – with all those interests inter-related to the basic rights of local
ethnic groups, the viewpoints of political systems, the economic realities of world rehabilitation,
and the military considerations of tomorrow’s balance of power 1 .
La «miniatura» del 1946 vide ulteriormente ridotte le proprie dimensioni nel settembre 1947,
quando all’amministrazione alleata fu richiesto di rinnovare gli sforzi per pianificare la soluzione
agli stessi problemi ma su una scala territoriale ancor più ridotta, quella del Territorio Libero
di Trieste. La particolare struttura economica della Venezia Giulia poggiava su attività di
intermediazione che la rendevano fortemente dipendente da mercati, attività e scelte istituzionali
che a loro volta erano soggetti a realtà sulle quali le classi dirigenti giuliane non avevano
alcuna influenza. Un dato di fatto del quale gli angloamericani si dimostrarono perfettamente
consapevoli.
Trieste is the artificial creation of the Austro-Hungarian Empire, built by that Empire because it
was the best outlet they had to the sea. But in those days much of the trade of Austria-Hungary
and Czechoslovakia was artificially diverted to Trieste, the more naturally routes being by inland
waterway to the ports of the North. Even in the palmy days of the Hapsburg Empire [sic] it was
necessary to have special railway rates subsidies to shipping and so on to keep Trieste going; under
the Italians those subsidies were increased but even so the place decayed 2 .
Trieste era dunque un’economia artificiale, statale potremmo dire, e quindi intrinsecamente
inconciliabile con i principi di restaurazione liberista che gli Alleati intendevano applicare nella
loro azione di ricostruzione dell’economia europea. Inoltre, lo stretto legame degli industriali
locali con il potere politico, in particolare durante il fascismo, aveva notevolmente impoverito
la loro energia imprenditoriale, e sembrava aver diffuso un atteggiamento passivo ed attendista.
Le generose protezioni politiche di cui godette soprattutto la grande industria regionale
l’avevano resa virtualmente libera dalla concorrenza, ed estranea alle logiche di mercato, in un
quadro di obsolescenza degli impianti e dei macchinari 3 .
L’omologazione economica del Territorio Libero di Trieste al mercato occidentale richiedeva
un ripensamento profondo non solo delle procedure adottate, ma anche delle logiche
operative dei principali attori economici, in primo luogo del GMA e della Missione dell’European
Recovery Program (ERP, ovvero il Piano Marshall) 4 . Prima di diventare una realtà economicamente
attiva ed autonoma, Trieste aveva evidentemente bisogno non solo di risorse materiali,
ma pure di risorse intellettuali. Anche nel campo dell’economia potremmo parlare di un
atteggiamento da «fratelli maggiori» che gli alleati, in particolare gli americani, avevano adottato
in un altro campo particolarmente difficile, quello della ricostruzione del sistema scolastico 5 .