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preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

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Nazione e nazionalismo nella vita e nel pensiero di mons. A. Santin e di mons. E. Marzari 321<br />

tiva di poter evitare conflitti sanguinosi, dopo aver consultato «chi di dovere» (non poteva<br />

essere altra persona che il vescovo Santin), spinto da preoccupazioni umanitarie, religiose e<br />

patriottiche. Queste ultime furono così spiegate da Marzari: «Mi erano ben note, sin dall’anteguerra,<br />

le ambizioni […] dell’irredentismo slavo e sapevo che la Russia sovietica s’era fatta<br />

erede del nazionalismo panslavo nella sua spinta verso occidente. Era quindi evidente che se<br />

gli italiani di Trieste non scindevano risolutamente le loro responsabilità dal nazifascismo,<br />

sarebbero stati fatalmente e magari pretestuosamente travolti con esso. D’altronde mancavano<br />

i capi laici: qui in terra di confine il fascismo appoggiandosi agli elementi del vecchio irredentismo<br />

e del combattentismo avevano agito più drasticamente che altrove, costringendo gli<br />

avversari (italiani e slavi) all’esilio, all’allineamento; e quanto ai cattolici, il popolarismo a<br />

Trieste era stato ben povera cosa. Unica forza spiritualmente autonoma e non compromessa<br />

con il fascismo erano il clero e i cattolici; ne conclusi che la nostra ora scoccava in quel<br />

momento, anche per carità di Patria. S’aggiungeva per me che fortemente avevo sofferto in<br />

gioventù il dissidio tra religione e Patria, la speranza che un generoso contributo dei cattolici in<br />

difesa dell’italianità di queste terre avrebbe definitivamente permesso di superare quel dissidio».<br />

In questo periodo Marzari dovette confrontarsi con il nazionalcomunismo dei partigiani<br />

jugoslavi e, pur riconoscendo le rivendicazioni degli slavi in relazione ai loro diritti nazionali,<br />

non accettò l’inclusione dei territori giuliani abitati di italiani nello stato jugoslavo.<br />

Marzari venne arrestato e torturato dai fascisti della banda Collotti nel febbraio del 1945.<br />

Fortunosamente evitata la condanna a morte, anche per l’intervento coraggioso del vescovo,<br />

venne liberato dal carcere del Coroneo. Il 30 aprile del 1945 dette l’ordine dell’insurrezione per<br />

cacciare i tedeschi. Il Primo maggio le truppe di Tito occuparono la città ed egli dovette fuggire<br />

per sottrarsi al pericolo di essere ucciso dalla polizia titina. In Italia come a Trieste dopo il 10<br />

giugno 1945, continuò il suo impegno per la difesa dell’italianità delle terre giuliane in occasione<br />

del Trattato di Pace del 1947, facendo parte, come esperto, della delegazione italiana, e poi<br />

in città con le molteplici sue iniziative assistenziali. Questo suo impegno fu collaterale a quello<br />

del vescovo, con il quale si trovò in perfetta sintonia nel respingere il nazionalismo comunista<br />

slavo in nome del diritto di ogni gruppo etnico di essere fedele alle sua tradizioni culturali,<br />

religiose e nazionali. Il concetto di nazione che egli condivideva con il vescovo era quello della<br />

naturalità della nazione, che legittimava la definizione delle frontiere naturali di un popolo e,<br />

nella situazione particolare della Venezia Giulia situata a ridosso della «cortina di ferro»,<br />

legittimava il richiamo alla difesa dei valori religiosi ed umani misconosciuti nella confinante<br />

Jugoslavia comunista.<br />

Durante gli anni Sessanta, la sua apertura chiara e circostanziata nelle sue motivazioni al<br />

progetto di unione europea, probabilmente indicava che egli era più vicino al concetto di<br />

nazionalità come patto di cittadinanza che a quello di nazionalità come struttura organica<br />

naturale ed «eterna». Certamente ebbe una visione differente da quella del vescovo in merito<br />

al valore della laicità come carattere fondante dell’impegno politico e sociale. Infatti, tutta<br />

l’ispirazione educativa dell’«Opera figli del popolo», la sua maggiore realizzazione, agiva nella<br />

direzione di una pedagogia morale e civile finalizzata alla promozione dei valori di libertà<br />

politica e di giustizia sociale, di collaborazione comunitaria, di rifiuto di ogni nazionalismo e di<br />

«combutte clericali» (come si esprimeva) inclini a dimenticare i diritti delle libertà democratiche<br />

in cambio di privilegi e favori.

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