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preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

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32 Ariella Verrocchio<br />

costruzione della rappresentanza politica ad essa intimamente connessi. Si tratta di una correlazione<br />

che, nel caso locale, trova importanti terreni di verifica principalmente nell’ambito di<br />

due grandi questioni: nel caso della DC, sul piano dell’educazione democratica e dell’apprendistato<br />

politico, dove questi vanno anzitutto intesi come compiti di ridefinizione di un senso di<br />

responsabilità civile e di appartenenza nazionale tra la popolazione locale. Mentre, nel caso del<br />

Partito comunista, sul piano della sua capacità di risposta alle molteplici esigenze poste da una<br />

popolazione mistilingue, che durante il fascismo e la guerra era stata oggetto di un radicale e<br />

violento progetto di snazionalizzazione. In entrambi i casi il nodo del problema è pertanto<br />

rappresentato dal tipo di offerta politica che DC e PC furono in grado di esprimere come partiti<br />

di integrazione. Lo studio delle caratteristiche prosopografiche del ceto politico amministrativo<br />

mostra anche in questo caso di poter offrire interessanti elementi di riflessione. Nel caso della<br />

DC, la forte presenza di un nucleo di amministratori con un’origine geografica istriana va<br />

interpretata come il prodotto di precise scelte e strategie di selezione del suo personale<br />

politico 22 . Sul piano della costruzione della rappresentanza politica, la formazione di tale<br />

dirigenza garantisce la possibilità di offrire importanti risposte sul piano delle nuove fratture<br />

nazionali prodotte dall’arrivo degli esuli. Va però anche osservato come ciò sia per molti versi<br />

speculare ad una traduzione locale dell’italianità in larga misura fondata sull’accoglimento di<br />

una visione politica che identifica nella patria istriana una patria reale e simbolica. In questo<br />

modo, la DC si presentava e legittimava come il partito difensore dell’italianità e allo stesso<br />

tempo come la sola forza politica in grado di garantire agli esuli importanti forme di autorappresentazione,<br />

che ne potessero garantire la sopravvivenza in quanto gruppo.<br />

Nel caso del Partito comunista, è invece lo studio della composizione etnica del nucleo degli<br />

amministratori eletti nel secondo dopoguerra ad offrire interessanti elementi di verifica sul<br />

piano della sua capacità di funzionare come partito di integrazione. Alle elezioni del 1949,<br />

questa emerge essere abbastanza equilibrata, tuttavia già in quelle successive la componente<br />

slovena risulta essere interessata da una significativa diminuzione di seggi 23 . Si tratta di una<br />

tendenza, che se analizzata nel lungo periodo, dal 1949 al 1972, risulta trovare conferma negli<br />

anni successivi, durante i quali la presenza slovena nel Consiglio comunale viene grosso modo<br />

a stabilizzarsi attorno al 28%. Tale andamento rappresenta un dato che, se ulteriormente<br />

approfondito sul piano qualitativo, indica un processo di selezione del personale politico<br />

sloveno fortemente condizionato dalla lotta contro il titismo e, da questo punto di vista,<br />

largamente orientato dal tipo di scelte e strategie operate dal suo segretario. Basterà in<br />

proposito dire che se alla fine degli anni Quaranta i meccanismi di costruzione del consenso e<br />

della rappresentanza politica slovena puntano a sanare la frattura nazionale ereditata dal<br />

fascismo, allo stesso tempo mostrano anche orientamenti che tendono a non premiare questo<br />

personale sul piano della carriera o della rielezione in altri organismi di tipo elettivo. Un<br />

complesso di scelte riconducibile nell’ambito di una strategia che inizialmente mira a riassorbire<br />

la progettualità in materia di diritti nazionali all’interno del partito, in modo da controllarne<br />

gli sviluppi ed, eventualmente, farne un elemento di mobilità interna.<br />

In termini molto generali, è possibile affermare che DC e PC seppero funzionare come<br />

partiti di integrazione. Certo ciò avvenne non senza contraddizioni e con modalità diverse che<br />

tuttavia, se analizzate nel loro complesso, ebbero tra i principali risultati quello di favorire<br />

meccanismi di coesione sociale in un’area di confine su cui pesavano profonde fratture nazionali<br />

sia vecchie che nuove. I partiti di massa seppero, per molti aspetti, trovare un punto di<br />

equilibrio tra la dimensione locale e nazionale, facendosi interpreti dell’italianità e degli<br />

interessi nazionali, come di tradizioni locali fortemente radicate sul territorio. In ogni caso,<br />

sempre mostrando come lo specifico territoriale non impedisse loro di dialogare e di entrare in

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