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preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

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Nazione e nazionalismo nella vita e nel pensiero di mons. A. Santin e di mons. E. Marzari 317<br />

chiedeva di «andarsene». Si trattava di una decisione politica che prevedeva l’entrata nella<br />

giunta comunale di due assessori socialisti di cui uno, Du{an Hre{~ak, proveniente dal disciolto<br />

partito «titino» dell’USI, apparteneva alla minoranza slovena. L’intento di questa operazione<br />

era quello di superare la tradizione liberal-nazionale del governo cittadino giudicata ugualmente<br />

nociva per rapporti con le minoranze e per la situazione economica e sociale di Trieste e del<br />

suo territorio. Il cambiamento di linea politica spaccò il mondo cattolico quando la maggioranza<br />

della DC varò un programma definito «cattolico democratico» o «cattolico popolare». Ad<br />

una Trieste del passato, in cui la politica era strumentalizzata al servizio degli interessi economici<br />

privilegiati di una oligarchia municipalista, aristocratica e capitalista che aveva avuto<br />

durante la prima parte del Novecento l’incontrastato controllo della città, l’orientamento<br />

cattolico democratico contrapponeva una programmazione degli interessi generali, una politica<br />

nei confronti delle minoranze per portarle su posizioni di pieno lealismo statuale, una politica<br />

economico sociale e amministrativa per egli enti e soprattutto per la Regione come strumenti<br />

di autogoverno popolare, una politica scolastica e culturale non più esclusivista e relegata nei<br />

cenacoli del privilegio economico ed intellettuale 16 . Era impossibile perciò, per i cattolici<br />

democratici, considerarsi gli eredi del movimento liberal-nazionale per conservare non il volto<br />

cristiano della città, ma il volto nazionalistico, capitalistico, laicista di Trieste.<br />

Il settimanale della diocesi «Vita Nuova» il 23 luglio 1965 pubblicò un articolo, non firmato<br />

ma facilmente riconducibile alla penna del vescovo, con il quale si condannava in modo radicale<br />

la scelta politica fatta in consiglio comunale da parte della DC, scelta definita come una<br />

sconfitta della democrazia perché la DC sarebbe andata «contro il volere degli elettori che mai,<br />

diciamo mai, avrebbero approvato una simile decisione [….] L’equilibrio sereno che si era<br />

andato formando nella convivenza fra italiani e sloveni è stato sconvolto proprio per colpa di<br />

questa manovra. Si tratta di ciò che rappresenta quella persona con tutto il suo passato. Solo di<br />

questo». La persona in questione era il neo-assessore Du{an Hre{~ak, con il suo passato di<br />

direttore del «Primorski dnevnik», che diresse l’iniqua battaglia per cacciare l’Italia prima al di<br />

là del Tagliamento, poi al di là dell’Isonzo, persona che fece parte «fino a ieri della pattuglia<br />

dei compilatori di quel giornale che ha due odii: la Religione e l’Italia […]. Noi separiamo le<br />

nostre responsabilità da quelle di una simile Amministrazione». In un appunto spedito da<br />

Santin al sindaco Franzil, si precisava che il giudizio del vescovo non era una condanna sul piano<br />

religioso, ma un invito a «riflettere davanti a Dio» su un’operazione politica che associava nella<br />

direzione della cosa pubblica «un partito [quello socialista triestino; N.d.R.] che è il rifugio di<br />

ciò che di più anticlericale e antinazionale vi sia» 17 . Tra i cattolici ci fu chi seguì il vescovo, la<br />

corrente di destra della DC ed una parte dell’AC, e ci fu chi ritenne quell’intervento non<br />

pertinente alle funzioni pastorali del vescovo, le ACLI ed un’altra parte dell’Azione cattolica.<br />

All’operazione furono radicalmente contrari gli ambienti nazionalistici italiani che raccolsero,<br />

con la «Lega nazionale», decine di migliaia di firme del dissenso. Tuttavia il vescovo negò<br />

recisamente che il suo atteggiamento fosse una manifestazione di nazionalismo. Ma si deve<br />

ammettere che una certa tangenza di giudizi e di atteggiamenti tra la destra nazionalista ed il<br />

vescovo ci fu, e si ripeté in occasione delle vicende che si verificarono con la firma del Trattato<br />

di Osimo.<br />

Se si analizza nel suo complesso l’indirizzo pastorale di Santin nel governo della diocesi, uno<br />

dei punti di maggior impegno fu quello di arrivare ad una riconciliazione tra la Chiesa e la<br />

borghesia nazionale, superando la lunga diffidenza ed animosità nei confronti di un clero<br />

giudicato in generale austriacante e slavofilo e, contemporaneamente, di tentare di presentare<br />

la Chiesa come amica dei lavoratori, considerata la forte presenza di un atteggiamento anticlericale<br />

nel proletariato urbano. Su questo punto l’attività pastorale di Santin ha avuto un

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