29.11.2014 Views

preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

316 Libero Pelaschiar<br />

un’arroventata atmosfera politica in cui il quotidiano comunista «Primorski dnevnik» iniziò la<br />

sua offensiva contro il vescovo, sempre citato con l’appellativo di «fascista». Di riflesso, si<br />

manifestò una spaccatura nel clero slavo tra una maggioranza raccolta attorno all’ex parlamentare<br />

Virgil Šèek, in polemica con il vescovo, ed una minoranza – composta principalmente da<br />

sacerdoti rifugiatisi dalla diocesi Lubiana ed accesamente anticomunisti – ad esso ubbidiente,<br />

con a capo Ukmar. Così si trovarono di fronte due atteggiamenti opposti: quello dello [~ek, con<br />

alcuni collaboratori, ampiamente maggioritario, che esprimeva pieno appoggio alla politica<br />

annessionista dell’Osvobodilna fronta, e attaccava aspramente le opzioni politiche del vescovo,<br />

decisamente impegnato a difendere l’italianità di Trieste e della parte occidentale dell’Istria, e<br />

quello ampiamente minoritario di Ukmar, che con decisione sosteneva «che nelle questioni<br />

religiose noi sacerdoti non possiamo e non dobbiamo agire contro il vescovo e nemmeno<br />

ignorare il vescovo, sia che il vescovo si chiami così o colà e, personalmente, in politicis ne pensi<br />

in un modo o nell’altro» 13 . Tuttavia nell’autunno del 1946 il conflitto tra Santin ed Ukmar si<br />

ripropose con un ennesimo promemoria che quest’ultimo, a nome del clero sloveno e croato<br />

della diocesi, inviò al vescovo. Erano indicati 12 Gravamina cleri slavi linguae slovenicae et<br />

croatae circa regimen dioecesis Tergestinae et Justinopolitanae. Le «doglianze» denunciate erano<br />

quelle concernenti gli atteggiamenti polemici e di parte assunti da Santin nei confronti della<br />

questione nazionale a favore di una soluzione italiana dei contenziosi territoriali; il trattamento<br />

privilegiato nei confronti del clero italiano, la irriguardosa durezza con cui venivano trattati i<br />

sacerdoti slavi, anche anziani, comunque integerrimi; l’insufficiente spazio sia all’insegnamento<br />

della lingua slovena e croata nel Seminario di Capodistria come nella liturgia, nella predicazione<br />

e nel Bollettino diocesano scritto tutto in italiano. Anche in questa occasione il vescovo<br />

respinse tutti gli addebiti, ricordando il suo instancabile impegno per la difesa dei diritti degli<br />

sloveni sotto il fascismo durante la guerra, e alla caduta del regime «chiesi a mons. Ukmar se vi<br />

erano ulteriori desideri. Interpellò il clero e poi mi disse quanto da loro era desiderato. Ed io<br />

ben volentieri acconsentii» 14 . Purtroppo, nonostante i tentativi fatti in seguito, l’intesa con il<br />

clero sloveno non fu mai totale come riconobbe, con una punta di amarezza, lo stesso Santin in<br />

una lettera indirizzata a Guido Botteri: «Avrei dovuto andar oltre la difesa e i riconoscimenti<br />

degli slavi per creare una comunità che viva nello spirito unitario del cristianesimo la vita<br />

diocesana […] Io devo dirle che fu il mio sogno e ho tentato tutto […] È una confessione. Non<br />

sono riuscito» 15 .<br />

Il centro sinistra e il Trattato di Pace<br />

La conclusione del ministero episcopale di Santin fu certamente segnata dagli sviluppi<br />

internazionali dei rapporti tra l’Italia e la Jugoslavia per definire l’assetto territoriale dell’area<br />

giuliana. Egli si impegnò con tutto il peso della sua autorità per una soluzione che desse all’Italia<br />

con Trieste l’intera parte occidentale dell’Istria, adottando la cosiddetta linea inglese che da<br />

Pola risaliva a Trieste, dividendo la parte a maggioranza italiana da quella abitata prevalentemente<br />

da slavi. La Conferenza della Pace decise invece come confine il Quieto e con le due zone<br />

A e B, creò il Territorio Libero di Trieste che non vide mai la luce. Negli anni tra il ritorno<br />

dell’Italia a Trieste, 1954, e la fine del suo mandato episcopale, tra i vari problemi, emersero<br />

due questioni di notevole importanza per l’argomento oggetto di queste riflessioni: la questione<br />

politica dell’apertura a sinistra della DC triestina e quella nazionale del Trattato di Osimo.<br />

Sul tema dell’apertura a sinistra della DC, egli assunse una posizione di netta chiusura e di<br />

condanna delle decisioni adottate dal gruppo dirigente democristiano al quale il vescovo

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!