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preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

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Nazione e nazionalismo nella vita e nel pensiero di mons. A. Santin e di mons. E. Marzari 315<br />

Mons. Santin vescovo di Trieste<br />

Nel maggio del 1938 mons. Santin venne trasferito alla diocesi di Trieste-Capodistria. Tra i<br />

molti problemi pastorali che il nuovo vescovo dovette affrontare, uno dei più importanti fu la<br />

situazione in cui versava la parte slovena della popolazione della diocesi che, quanto a numero,<br />

comprendeva quasi la metà dei fedeli e, quanto ad estensione, i tre quarti del territorio. Poco<br />

dopo il suo arrivo, a Santin venne inviato un promemoria da parte dello sloveno mons. Giacomo<br />

Ukmar, da tutti ritenuto uno dei più pii, dotti, miti, umili e prudenti sacerdoti del clero della<br />

diocesi. Nel documento vennero espresse le richieste già trasmesse a Roma, in modo particolare<br />

riguardo alla discriminazione linguistica nei seminari (soprattutto quello di Capodistria).<br />

Si chiedeva al vescovo di non forzare i sacerdoti ad insegnare la dottrina cristiana agli alunni<br />

sloveni nella «lingua di stato», e di rendere possibile l’Azione cattolica tra gli sloveni togliendo<br />

il divieto dell’uso della lingua slovena nelle sedute e nei verbali.<br />

Il programma che il nuovo vescovo intendeva seguire consisteva nel tentativo di superare<br />

quel tipo di rapporti e di scontri, di continua e defatigante mediazione nella ricerca di un<br />

accordo con le autorità politiche, attraverso una normalizzazione che si basava da una parte su<br />

un serie precisa di regole e direttive che permettessero un rapporto franco e diretto con le<br />

autorità politiche e, dall’altra, su precisi indirizzi per il clero per stabilire norme pastorali e<br />

liturgiche che fossero in linea con le leggi canoniche, che evitassero di offrire pretesti per accuse<br />

e lagnanze, e che offrissero la garanzia di una obbedienza totale al proprio vescovo.<br />

La Seconda guerra mondiale e il dopoguerra<br />

Con l’entrata in guerra dell’Italia, i rapporti tra le autorità fasciste e le popolazioni slave della<br />

Venezia Giulia si esasperarono. Proprio nell’aprile del 1941 una lettera indirizzata al segretario<br />

di stato vaticano, card. Luigi Maglione contiene la denuncia più dura degli orrori e degli errori<br />

compiuti dai fascisti nei confronti degli slavi. In essa il vescovo presagì come pochi che la guerra,<br />

«che non era voluta da nessuno ad eccezione dei pochi capi», sarebbe stata apportatrice di una<br />

grande sventura e soprattutto avrebbe rimesso in discussione, come nazione sconfitta, non solo<br />

i confini ottenuti alla fine della guerra 1915-1918, ma anche quell’unità raggiunta dalle popolazioni<br />

dell’Istria e della Dalmazia. L’errore umano e politico fu enorme e fu l’inizio di tutte le<br />

nostre disgrazie» 12 . Il regime cadde e l’armistizio con gli Alleati venne firmato l’8 settembre<br />

1943, ma nelle terre giuliane continuarono guerra, distruzioni, saccheggi, assassinii e vendette.<br />

Santin si adoperò in ogni modo presso le autorità naziste per evitare deportazioni e condanne<br />

a morte; intervenne con efficacia in favore di don Edoardo Marzari, presidente del CLN di<br />

Trieste, arrestato e torturato dai famigerati collaborazionisti della banda Collotti; salvò alla fine<br />

del conflitto la città e il suo porto dalla distruzione programmata dai tedeschi. Durante<br />

l’occupazione slava fu il difensore di una popolazione italiana disperata ed oppressa da una<br />

dittatura nazionalcomunista spietata che si concluse il 10 giugno 1945, quando la città passò<br />

sotto l’amministrazione alleata. Dopo gli «anni difficili» cominciarono quelli del «lavoro<br />

pastorale ordinario», in una situazione caratterizzata da tensioni politiche causate dalle incertezze<br />

circa l’attuazione del Territorio Libero di Trieste e poi dall’inserimento, nel 1954, della<br />

zona A del territorio giuliano nella vita dell’Italia repubblicana, nonché dalla firma del Trattato<br />

di Pace che sanciva l’annessione dell’Istria nord-occidentale, in gran parte abitata da italiani,<br />

alla Jugoslavia di Tito.<br />

A Trieste, immediatamente dopo la fine del conflitto, si aprì per Santin un nuovo fronte in

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