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30 Ariella Verrocchio durante la guerra tra la Resistenza italiana e quella jugoslava, e quella prodotta dalla spaccatura del partito in seguito alla Risoluzione cominformista del 1948. Nel confronto con il gruppo degli amministratori democristiani, va anzitutto osservato come in questo caso risulti essere rispettata l’unità generazionale resistenziale. Ne deriva che il processo di selezione del suo personale si configura, diversamente che nel caso del Partito comunista, come il prodotto di scelte che non si discostano da quelle adottate negli anni della sua fondazione dal partito di De Gasperi. Si trattava di una linea che ben si sostanziava nelle parole da questi pronunciate nel 1944: «Siamo giovani e anziani che si sono dati per mano per costruire un ponte fra due generazioni, tra le quali il fascismo aveva tentato di scavare un abisso» 18 . I fondatori della DC erano, infatti, uomini con una formazione politica che in alcuni casi risaliva al periodo del Partito popolare, mentre in altri era andata articolandosi attraverso l’antifascismo e la Resistenza. Il nuovo partito era pertanto nato dall’incontro tra due generazioni, incontro che era avvenuto anzitutto nel richiamo alla tradizione della prima Democrazia cristiana, sorta tra Otto e Novecento. Nel caso locale, interessa sottolineare come la DC avvii un processo di selezione del suo personale politico tale da garantire sia la saldatura con la sua tradizione politico culturale, che con l’esperienza antifascista e resistenziale. Sul piano della composizione per classi d’età, i gruppi più rappresentati tra gli eletti nel 1949 risultano essere quello proveniente da una generazione di nati nell’ultimo Ottocento, e quindi con un percorso d’approdo all’impegno politico risalente al periodo delle origini, ed una generazione più giovane formata da quarantenni 19 . Segue, con indici di presenza leggermente inferiori, un gruppo compreso tra i 31 e i 40 anni. Negli ultimi due casi, si tratta della generazione dei cosiddetti «giovani», con un percorso di politicizzazione nato durante il ventennio e la Resistenza. In termini generali, possiamo constatare come la Democrazia cristiana triestina mostri, sul piano della formazione e della selezione del suo personale, una forte capacità di omologazione al modello nazionale. Si tratta di un orientamento che trova ulteriori elementi di conferma attraverso un’analisi condotta sul piano degli ambiti di formazione e politicizzazione degli amministratori democristiani. Il nucleo eletto nel 1949 mostra, come si diceva, una significativa presenza di uomini provenienti dalla file del Partito popolare, presenza che appare tanto più rilevante qualora si consideri la debolezza del movimento cattolico a Trieste nel periodo prefascista. Tale dato acquista ulteriore e maggiore significato se ricondotto agli indici di permanenza nel Consiglio comunale rilevabili nell’ambito del nucleo costitutivo degli amministratori della DC, ovvero quello che esce dalle consultazioni del 1949 20 . Il gruppo dei provenienti dal Partito popolare risulta essere interamente premiato con la rielezione, rivelando il perdurare di un meccanismo che mira a saldare il nuovo partito alla sua tradizione politico-culturale. Le cosiddette generazioni dei giovani risultano in molti casi provenire dalle file dell’Azione Cattolica, in misura minore dalla FUCI, e soprattutto da quelle antifasciste e dalle organizzazioni del CLN. Anche in questo caso, lo studio degli indici di permanenza nel Consiglio comunale del nucleo di amministratori eletti nel 1949 indica la presenza di meccanismi di selezione che privilegiano le appartenenze poco fa ricordate. Sul piano della composizione per classi di età del nucleo di amministratori eletti nelle amministrative del 1952, possiamo constatare un significativo incremento della generazione più giovane, dei nati tra 1909 e il 1918 e pertanto compresa tra i 31 e quaranta anni, cui segue quella dei nati tra il 1889 e il 1908. Nel caso di quest’ultima si tratta della generazione «ponte», ovvero posta tra quella dei «vecchi», provenienti dal Partito popolare, e una giovane generazione formatesi nel partito, con percorsi di professionalizzazione politica molto interni. Sono gli uomini provenienti da questa generazione «ponte» che, sotto la guida del sindaco Gianni Bartoli, rivestono con continuità, almeno fino alla fine degli anni Cinquanta, un ruolo di primo piano nel

La costruzione del sistema politico a Trieste nel secondo dopoguerra 31 Consiglio municipale. Un primo significativo ricambio del personale inizia a verificarsi nel 1956 con l’ingresso di una più giovane generazione di amministratori, per trovare realizzazione nel 1958 con l’elezione a sindaco di Mario Franzil 21 . In conclusione, possiamo osservare come la questione del ricambio generazionale costituisca un importante elemento di snodo nell’ambito dei processi di selezione delle leadership democristiana e comunista. Nel caso di quest’ultima ad emergere è una significativa continuità di presenza della «generazione lunga», alla quale si accompagna un basso livello di ricambio generazionale. Tale fenomeno, come si diceva, va sostanzialmente ricondotto a due fratture, una risalente alla Resistenza e, pertanto, al processo originario di ricostruzione della sua leadership, ed una alla frattura prodotta nel 1948 dalla scomunica di Tito e del socialismo jugoslavo. Sul piano del ricambio generazionale, il Partito comunista mostra di conoscere un reale momento di svolta soltanto verso la metà degli anni Sessanta, con il passaggio della segretaria da Paolo Sema al giovane ingegnere siciliano Antonino Cuffaro, candidato capolista alle elezioni comunali del 1966. Nel caso del personale politico democristiano interessa evidenziare come la rappresentatività generazionale risulti essere più ampia ed equilibrata che tra gli eletti del Partito comunista. Nel nucleo degli amministratori della DC, la funzione guida assunta dalla generazione «lunga» mostra di esaurirsi circa un decennio prima. Inoltre, interessa rilevare come la centralità del suo ruolo nel primo periodo del secondo dopoguerra non comprometta, diversamente che nel caso del PC, processi di ricambio generazionale e di progressiva apertura verso la componente giovanile. Territorio e rappresentanza politica. Quale cittadinanza? Come abbiamo già avuto modo di osservare, le tradizioni civiche giocano un ruolo di primo piano nel processo di ricostruzione del sistema politico locale. Da questo punto di vista, interessa sottolineare come lo specifico territoriale risulti principalmente risiedere nella presenza nel primo dopoguerra di formazioni politiche di carattere locale e autonomista già significative ed autosufficienti. Allo stesso tempo, abbiamo avuto modo di osservare come il carattere trasversale di tali tradizioni ponga il problema dei modi e dei tempi della loro penetrazione nei partiti di massa e, più in generale, del carattere mutevole e permeabile che le subculture cattolica e comunista assumono nel caso locale. Significativa in proposito appare, come già si diceva, la traduzione operata durante il periodo anglo-americano dal Partito comunista della locale tradizione autonomista, la cui continuità, dopo il ritorno di Trieste all’Italia, si sostanzia nella posizione assunta da Vidali sulla questione della Zona Franca. Altrettanto emblematiche appaiono le progressive trasformazioni da cui è interessata la subcultura cattolica, il cui processo di articolazione mostra di essere compreso in due fasi ben distinte: 1. la fase della creazione e del consolidamento, che va dalla fine della guerra al ritorno dell’Italia, dove la rivendicazione dell’italianità di Trieste e dell’Istria costituisce assieme all’anticomunismo il collante della sua progettualità politica. 2. la fase della ridefinizione, dal 1954 al Trattato di Osimo, in direzione dell’accoglimento di rivendicazioni di tipo territoriale, il progetto della Zona Franca, cui si accompagna un progressivo processo di erosione della sua base elettorale, fino a subire un vero e proprio smottamento dopo il Trattato di Osimo. La questione della territorialità è risultata inoltre incidere profondamente sui processi di formazione della locale leadership democristiana e comunista e pertanto su quei meccanismi di

La costruzione del sistema politico a Trieste nel secondo dopoguerra 31<br />

Consiglio municipale. Un primo significativo ricambio del personale inizia a verificarsi nel 1956<br />

con l’ingresso di una più giovane generazione di amministratori, per trovare realizzazione nel<br />

1958 con l’elezione a sindaco di Mario Franzil 21 .<br />

In conclusione, possiamo osservare come la questione del ricambio generazionale costituisca<br />

un importante elemento di snodo nell’ambito dei processi di selezione delle leadership democristiana<br />

e comunista. Nel caso di quest’ultima ad emergere è una significativa continuità di<br />

presenza della «generazione lunga», alla quale si accompagna un basso livello di ricambio<br />

generazionale. Tale fenomeno, come si diceva, va sostanzialmente ricondotto a due fratture,<br />

una risalente alla Resistenza e, pertanto, al processo originario di ricostruzione della sua<br />

leadership, ed una alla frattura prodotta nel 1948 dalla scomunica di Tito e del socialismo<br />

jugoslavo. Sul piano del ricambio generazionale, il Partito comunista mostra di conoscere un<br />

reale momento di svolta soltanto verso la metà degli anni Sessanta, con il passaggio della<br />

segretaria da Paolo Sema al giovane ingegnere siciliano Antonino Cuffaro, candidato capolista<br />

alle elezioni comunali del 1966. Nel caso del personale politico democristiano interessa evidenziare<br />

come la rappresentatività generazionale risulti essere più ampia ed equilibrata che tra gli<br />

eletti del Partito comunista. Nel nucleo degli amministratori della DC, la funzione guida<br />

assunta dalla generazione «lunga» mostra di esaurirsi circa un decennio prima. Inoltre, interessa<br />

rilevare come la centralità del suo ruolo nel primo periodo del secondo dopoguerra non<br />

comprometta, diversamente che nel caso del PC, processi di ricambio generazionale e di<br />

progressiva apertura verso la componente giovanile.<br />

Territorio e rappresentanza politica. Quale cittadinanza?<br />

Come abbiamo già avuto modo di osservare, le tradizioni civiche giocano un ruolo di primo<br />

piano nel processo di ricostruzione del sistema politico locale. Da questo punto di vista,<br />

interessa sottolineare come lo specifico territoriale risulti principalmente risiedere nella presenza<br />

nel primo dopoguerra di formazioni politiche di carattere locale e autonomista già<br />

significative ed autosufficienti. Allo stesso tempo, abbiamo avuto modo di osservare come il<br />

carattere trasversale di tali tradizioni ponga il problema dei modi e dei tempi della loro<br />

penetrazione nei partiti di massa e, più in generale, del carattere mutevole e permeabile che le<br />

subculture cattolica e comunista assumono nel caso locale. Significativa in proposito appare,<br />

come già si diceva, la traduzione operata durante il periodo anglo-americano dal Partito<br />

comunista della locale tradizione autonomista, la cui continuità, dopo il ritorno di Trieste<br />

all’Italia, si sostanzia nella posizione assunta da Vidali sulla questione della Zona Franca.<br />

Altrettanto emblematiche appaiono le progressive trasformazioni da cui è interessata la subcultura<br />

cattolica, il cui processo di articolazione mostra di essere compreso in due fasi ben<br />

distinte:<br />

1. la fase della creazione e del consolidamento, che va dalla fine della guerra al ritorno<br />

dell’Italia, dove la rivendicazione dell’italianità di Trieste e dell’Istria costituisce assieme<br />

all’anticomunismo il collante della sua progettualità politica.<br />

2. la fase della ridefinizione, dal 1954 al Trattato di Osimo, in direzione dell’accoglimento di<br />

rivendicazioni di tipo territoriale, il progetto della Zona Franca, cui si accompagna un<br />

progressivo processo di erosione della sua base elettorale, fino a subire un vero e proprio<br />

smottamento dopo il Trattato di Osimo.<br />

La questione della territorialità è risultata inoltre incidere profondamente sui processi di<br />

formazione della locale leadership democristiana e comunista e pertanto su quei meccanismi di

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