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preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

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298 Patrick Karlsen<br />

in sostanza un programma di convivenza per organismi statali plurinazionali imperniato sul<br />

concetto di autonomia culturale (che a sua volta attinge alla riflessione austromarxista sulla<br />

nazionalità come «principio di personalità») 31 .<br />

Sullo sfondo, vi è quella estesa tradizione europea descritta da Fredrick Meinecke, che<br />

vedeva nel sentimento nazionale un valore civile non in conflitto con l’aspirazione cosmopolita<br />

32 ; nella patria, con Mazzini, non un ostacolo ma il tramite verso l’umanità 33 . Sono convinzioni<br />

che inducono gli intellettuali democratici giuliani, ad accettare, nella controversia tra Italia e<br />

Jugoslavia, una revisione dei confini a vantaggio della seconda, che tenga conto dei diritti di<br />

nazionalità e dei torti maturati dall’Italia prima e durante la guerra. La linea Wilson – la linea<br />

che avrebbe lasciato all’Italia la fascia urbana dell’Istria costiera – è indicata come la soluzione<br />

adatta allo scopo, fino al Trattato di Pace del 1947, da quasi tutti gli intellettuali studiati. Fa<br />

eccezione Fabio Cusin, che insegue nel Territorio Libero un mezzo di disgregazione di ogni<br />

centralismo statale, e spesso fa sua la critica marxiana al patriottismo come pretesto ideologico<br />

di dominazione borghese 34 .<br />

Quando Stuparich o Schiffrer scrivono a proposito di un’Europa democratica, c’è in essi una<br />

cognizione della democrazia che si sforza di restare aggiornata, non ancorata a modelli astratti.<br />

Così pure in Pincherle, Collotti, Aurelia Benco e Cusin opera un’idea della democrazia in<br />

quanto cittadinanza, forte di una titolarità di diritti: civili, politici, sociali e nazionali per le<br />

minoranze 35 . Da ciò, tuttavia, non consegue un atteggiamento favorevole verso il potere che in<br />

quel periodo, a Trieste, è impegnato a diffondere una cultura della democrazia e dei diritti.<br />

Fatto salvo Cusin, anche nei soggetti sensibili a questi temi matura negli anni, in luogo della<br />

fiducia con cui nell’immediato si guardava ai «liberatori», una complessiva ostilità verso il<br />

GMA, tesa ad acuirsi con l’evolversi della «questione di Trieste» nelle forme risapute. Agli<br />

angloamericani, da più parti si imputa machiavellismo nella gestione della vertenza e ignoranza<br />

della realtà storica, culturale, umana del problema giuliano 36 . Un’accusa, questa, che vuole<br />

essere tanto più grave quando rivolta ai governi italiani. Di solito, però, ciò avviene in un<br />

discorso estraneo a valutazioni di tipo politico e focalizzato, invece, su un problema più ampio,<br />

la coscienza nazionale del Paese giudicata debole 37 .<br />

Al fondo di questi atteggiamenti di chiusura, forse, sta anche qualcosa di diverso. Non solo<br />

la rabbia e il dolore per la perdita di terre cui si era legati da profondi vincoli affettivi. Non solo<br />

la missione patriottica che assorbe la missione civile e limita, talvolta, la disponibilità al<br />

confronto con le nuove esigenze, i nuovi modelli del vivere associato. Ma il peso di una<br />

incomunicabilità, di un’afasia più forte, che senza necessariamente cancellare la persistente<br />

tensione all’impegno civile, affonda le radici in una spessa tradizione di valori e autorappresentazioni,<br />

quelli propri alla cultura umanistica di un ceto intellettuale borghese. George Steiner<br />

ha messo in luce il dramma che, dopo la «guerra dei Trent’anni del Novecento», dopo<br />

Auschwitz e lo stalinismo, viene a colpire la cultura umanistica in quanto tale. Entra per sempre<br />

in crisi la pretesa che lo sviluppo dell’arte e delle lettere sia connesso all’avanzamento dello<br />

spirito umano. L’apice della barbarie politica proruppe dal cuore d’Europa, «prevalse sul<br />

terreno dell’umanesimo cristiano, della cultura rinascimentale e del razionalismo classico» 38 .<br />

Un presupposto fondamentale del pensiero occidentale andò allora in pezzi, e le più acute<br />

sensibilità fra gli intellettuali in esame sembrano avvertire lo scarto epocale che le colse. Ne<br />

emerge un sentimento tra il disincanto e lo smarrimento, di rifiuto di un presente sentito<br />

estraneo, dominato sia a Est sia a Ovest da forze e tensioni sulle quali – si intuisce – non si ha<br />

potere di controllo 39 .<br />

Lo smarrimento viene accentuato da altri elementi. L’unità della provincia dell’Adriatico<br />

nordorientale, dall’Ottocento in Italia chiamata Venezia Giulia, non è stata spezzata dopo la

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