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preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

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296 Patrick Karlsen<br />

discorsi pubblici e interventi radiofonici, pamphlettistica d’occasione, con l’aggiunta di incursioni<br />

nella letteratura memorialistica e nella narrativa, nei casi di contatto coi problemi al<br />

centro della ricerca.<br />

L’indagine svolta ha riportato alla luce l’ampia opera di impegno civile compiuta dalla<br />

pattuglia di intellettuali giuliani nel dibattito pubblico italiano. I loro interventi sono stati<br />

pubblicati, spesso, da grandi case editrici e hanno trovato risalto nella stampa più diffusa. Ciò<br />

attesta un’indubbia, stabile presenza nel circuito culturale nazionale. Eppure, si tratta di<br />

personaggi che di rado o solo parzialmente sono stati studiati dal punto di vista dell’impegno<br />

civile. Finora si è privilegiata (ma eccezioni significative non mancano 1 ) un’ottica concentrata<br />

sui rispettivi campi di pertinenza, quelli in genere reputati tali: la narrativa per Quarantotti<br />

Gambini e Stuparich, la critica per Benco ecc.<br />

In realtà, il diritto-dovere all’impegno civile da parte degli intellettuali è stato un tema assai<br />

dibattuto nel dopoguerra italiano 2 . La percezione del tempo era che la cultura non potesse<br />

sfuggire a una chiamata di correità per i lutti e le distruzioni che la società aveva attraversato.<br />

Si intendeva rigettare la visione della cultura come consolazione dello spirito, e al suo posto<br />

proporne un’altra: la cultura come strumento di controllo del potere, elemento di direzione<br />

della società. Il disimpegno, l’accettazione, la rinuncia o il coinvolgimento nei progetti culturali<br />

del regime fascista vennero vissuti da qualcuno come una macchia 3 . Pensare una «nuova<br />

cultura», impegnarsi a ricostruire voleva essere anche la via per un riscatto professionale e<br />

umano.<br />

Sollecitazioni di tal fatta vennero recepite dall’intellettualità italiana di Trieste 4 . Lo stupore<br />

per lo spettacolo di devastazione materiale e morale è ben rappresentato in due opere scritte<br />

sul finire della guerra, il De profundis di Satta e la Contemplazione del disordine di Benco 5 ,<br />

mentre il dovere per l’intellettuale di svolgere un ruolo sociale attivo è presente nel pensiero di<br />

Collotti, autore di un articolo (1947) che affronta in modo esplicito la questione e il cui titolo,<br />

Politicità della cultura, ne dà sintetica formulazione 6 . Aurelia Benco dà avvio alla rivista<br />

«Umana» volendo metter mano a un progetto che «da culturale diventi politico» 7 . Su una<br />

cultura coinvolta nella società, sulla distinzione tra impegno civile e politico dell’intellettuale,<br />

tra «politicità della cultura» e «cultura politicizzata» (potremmo dire) insiste anche Stuparich<br />

in più di un luogo 8 .<br />

Del resto, a favorire la ricezione di tali stimoli nella cultura italiana di Trieste c’era una lunga<br />

tradizione: quella irredentista, che voleva la cultura investita di un ruolo pubblico, il letterato<br />

aperto alla dimensione civile 9 . Qui sposo l’uso del termine «civile» consolidato nella critica<br />

letteraria, che ne distende molto l’ampiezza semantica includendovi la tensione al patriottismo<br />

10 , laddove impegno patriottico è formula delimitata ma più calzante. E ad aver influito<br />

sulla tendenza all’intervento pubblico degli intellettuali giuliani, è l’esperienza maturata da<br />

alcuni di essi nell’ambiente fiorentino della «Voce», se è vero che in esso avvenne la trasformazione<br />

del letterato in intellettuale, della cultura che si fa progetto per il presente 11 . Penso a<br />

Stuparich, a Quarantotti Gambini formato nel solco di quella lezione, ma anche a Schiffrer<br />

laureato con Gaetano Salvemini 12 .<br />

Il fatto è che la situazione di incerta appartenenza statale, nella quale si trovano Trieste e<br />

parte dell’Istria, muove diversi intellettuali giuliani a fondere, anch’essi, impegno patriottico e<br />

impegno civile. Anzi, con una preminenza via via più marcata, in alcuni, del primo termine sul<br />

secondo. Sembra questo il caso di Benco, Quarantotti Gambini e Satta: in loro specialmente,<br />

l’urgenza nazionale porta la «politicità della cultura» a favorire tale specifica direzione. Si tenga<br />

conto che Elio Apih, per descrivere il clima culturale che si respirava allora a Trieste, ricorse<br />

all’espressione di «neoirredentismo» 13 .

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