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preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

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280 Poljanka Dolhar<br />

Vista la scarsa attività dell’associazionismo culturale durante i mesi estivi, le conseguenze<br />

dello scontro ideologico divennero veramente evidenti solo in autunno. Il 12 settembre 1948 la<br />

SHPZ deliberò una mozione nella quale ribadì i concetti già espressi nella circolare del 21<br />

giugno, aggiungendo però una raccomandazione: «In questo periodo dobbiamo prestare la<br />

massima attenzione al pericolo rappresentato dagli ex collaborazionisti, che potrebbero sfruttare<br />

la nostra debolezza e infiltrarsi nelle nostre associazioni. Tutte le forze democratiche<br />

devono quindi restare all’erta e respingere l’assalto dell’imperialismo e dei suoi aiutanti» 14 .<br />

Da una parte quindi la SHPZ confermava la propria fedeltà agli ideali socialisti e invitava i<br />

propri soci a partecipare esclusivamente «a quelle manifestazioni di massa in sostegno dei diritti<br />

delle popolazioni operaie, per la vittoria delle forze democratiche e la solidarietà dell’umanità<br />

progressista» (circolare del 15 settembre 1948), dall’altra invece confermava i forti legami tra il<br />

popolo sloveno e la madrepatria la Jugoslavia: per l’SHPZ le due posizioni evidentemente non<br />

erano contraddittorie, ma complementari.<br />

La scissione della sinistra triestina divenne intanto tangibile. Alcune manifestazioni culturali<br />

organizzate dalla SHPZ furono disturbate dai simpatizzanti di Vittorio Vidali (la Tedenska<br />

priloga cita i nomi di Oscar Ferlan, Angel Bla‘ina, Riko Malalan, e i non meglio definiti Pogassi<br />

e Slavec): «L’apice di questa attività ‘minatoria’ è stato raggiunto il 26 settembre 1948 all’assemblea<br />

costituente della OF vidaliana, quando nella risoluzione conclusiva (punto f) si delegò<br />

la nuova segreteria a fare tutto il necessario per risolvere la questione della Prosvetna zveza,<br />

della quale si sarebbero impadroniti alcuni traditori ‘del fronte di Babi~’». In quell’occasione<br />

prese la parola anche Stane Bidovec, membro del consiglio direttivo della SHPZ, il quale<br />

avrebbe sostenuto la necessità di «liberarsi di tali traditori». (Bidovec sarà di lì a poco espulso<br />

dalla SHPZ insieme a un altro consigliere, Franc Gomba~). Qualche giorno più tardi la<br />

segreteria della «OF vidaliana» sollecitò le associazioni culturali a costringere il direttivo della<br />

SHPZ a condurre «una politica neutrale a favore del popolo sloveno e della cultura popolare<br />

progressista».<br />

La situazione peggiorò ulteriormente: agli attacchi verbali seguirono quelli fisici (tra gli altri<br />

finì in ospedale anche Vlado [vara, consigliere della SHPZ), e si promossero le lotte per il<br />

controllo dei direttivi dei circoli culturali cittadini (a cui per esempio seguì lo scioglimento<br />

forzato di alcuni direttivi), vi furono inoltre «espropri» di immobili, furti eccetera. La SHPZ<br />

paragonò questi metodi a quelli degli squadristi fascisti: «Ciò che non è stato ottenuto dalla<br />

reazione sciovinista nostrana e dall’imperialismo straniero verrà messo a punto da Vidali con<br />

lo squadrismo e le azioni traditrici di un gruppetto di sloveni» 15 .<br />

L’11 dicembre 1948 venne fondato il Comitato organizzatore per la difesa e lo sviluppo della<br />

cultura popolare progressista (Pripravljalni odbor za za{~ito in gojenje napredne ljudske kulture),<br />

animato da Stane Bidovec, Jelka Grbec, Franc Gomba~ e alcuni altri, dal quale nacque una<br />

nuova lega associazionistica, portavoce dell’ala cominformista, della quale facevano parte<br />

Marija Berneti~, Jelka Grbec, Riko Malalan e anche Stane Bidovec e Franc Gomba~, espulsi<br />

dalla SHPZ.<br />

Leggendo le cronache dell’epoca (per esempio gli articoli pubblicati dal «Primorski<br />

dnevnik», dal «Delo» o dai due almanacchi Jadranski koledar e Ljudski koledar) si nota come il<br />

nome della SHPZ venisse usato indistintamente da entrambi gli schieramenti: evidentemente<br />

nessuno dei due era disposto a rinunciarvi.<br />

Questo fatto però alimenta non pochi equivoci anche in chi oggi cerca di analizzare quel<br />

periodo ed è ragionevole pensare che tali equivoci fossero presenti anche all’epoca: forse non<br />

è troppo bizzarro sostenere che la classe dirigente delle due SHPZ giocasse proprio su questo<br />

fattore di ambiguità, altrimenti non si spiega perché due associazioni «nemiche» usassero lo

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