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preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

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28 Ariella Verrocchio<br />

so elettorale, l’1,8% dei voti nel 1949 e il 2,0% nel 1952, guadagnando in entrambi i casi un<br />

seggio.<br />

La presenza di formazioni politiche in grado di porsi in sede elettorale, già nel primissimo<br />

secondo dopoguerra, in modo autosufficiente e specifico costituisce una delle più rilevanti<br />

anomalie da cui è segnata la ricostruzione del sistema politico locale. Interessa, inoltre, fin da<br />

subito sottolineare come la tradizione autonomista presenti capacità di penetrazione anche<br />

nell’ambito della subcultura politica rossa, conferendole, tra le altre cose, una fisionomia assai<br />

meno monolitica e impermeabile. Fino al 1954, l’orizzonte politico cui guarda il locale Partito<br />

comunista è il progetto di costruzione del Territorio Libero di Trieste da realizzarsi con<br />

l’appoggio dell’Unione Sovietica. Progetto che, da questo punto di vista, vede il partito farsi<br />

interprete della locale tradizione autonomista, coniugandola alla sua politica internazionale<br />

fondata sul pieno riconoscimento del ruolo di guida svolto dall’URSS. Del resto lo stesso<br />

Togliatti, nel giugno del 1946, considerava il compromesso del TLT una soluzione nel complesso<br />

buona per Trieste: «Non va dimenticato – affermava nel corso di una riunione del gruppo<br />

parlamentare del PCI eletto alla Costituente – che Trieste ha sempre chiesto l’autonomia, che<br />

è nel suo interesse essendo innegabile che la sua annessione all’Italia ha significato la sua<br />

decadenza» 15 .<br />

Allo stesso tempo, occorre osservare come la trasversalità della tradizione autonomista<br />

costituisca essa stessa uno dei fattori che maggiormente spiegano il successo e la sostanziale<br />

tenuta del voto democristiano. Da questo punto di vista, una loro interpretazione troppo<br />

centrata sul piano dell’antagonismo con la subcultura comunista potrebbe risultare fuorviante.<br />

Il voto democristiano si spiega infatti anche e soprattutto in ragione della presenza nel locale<br />

sistema politico di altre tradizioni concorrenti che lo attraversano trasversalmente. Ne deriva<br />

che le radici e le ragioni della tenuta della DC risultano essere in larga misura riconducibili<br />

nell’ambito dei processi di italianizzazione da questa avviati negli anni in cui i nodi e i conflitti<br />

cittadini ruotano attorno al problema della questione nazionale e dell’appartenenza statuale.<br />

La DC triestina si configura sia come il partito interprete dell’identità italiana al confine<br />

orientale, sia come il partito di mediazione degli interessi nazionali.<br />

Rispetto a quanto detto, va fin d’ora osservato come nell’analisi del caso locale acquistino<br />

rilevanza le ripercussioni che le problematiche di carattere locale, rappresentate anzitutto dalla<br />

questione nazionale e dal problema dell’appartenenza statuale, hanno sul processo di formazione<br />

della sua leadership. Da questo punto di vista tale processo mostra di trovare un fondamentale<br />

momento di snodo nella costruzione di una rappresentanza politica di tipo territoriale.<br />

Si tratta di una rappresentanza che va formandosi attraverso l’accoglimento di problematiche<br />

provenienti sia da spinte di carattere autonomista, che da diffuse esigenze di tutela dei diritti<br />

delle minoranze nazionali presenti nella società civile. In un contesto politico di questo tipo,<br />

segnato da meccanismi di costruzione della rappresentanza politica in larga misura riconducibili<br />

ad una specifica identità territoriale, la difesa dell’italianità poteva trovare più facilmente<br />

espressione in un’organizzazione partitica per molti aspetti nuova, svincolata dal retroterra<br />

politico culturale cittadino. Ne deriva che l’affermazione della DC a Trieste nel secondo<br />

dopoguerra come «partito egemone» trovava nell’assenza di una tradizione prefascista non già<br />

un fattore di debolezza ma, al contrario, un punto di forza, la condizione necessaria per la<br />

creazione di una subcultura politica nuova, capace di riempire il vuoto di rappresentanza<br />

politica nazionale italiana venutosi a creare nella città all’indomani della fine della guerra.

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