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preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

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La rinascita degli sloveni di Trieste: uno sguardo culturale 279<br />

terminati gli studi a Trieste: fu così che si formò parte dei futuri docenti della Glasbena matica 12 .<br />

Tra i problemi cui doveva far fronte la SPHZ c’era quello del riconoscimento della lingua:<br />

sebbene le lingue slovena e croata fossero almeno sulla carta equiparate a quella italiana,<br />

l’uguaglianza tra le tre nei fatti era ancora lontana. A detta dei partecipanti all’assemblea della<br />

SHPZ anche i tre popoli in questione e le loro attività culturali non godevano degli stessi diritti.<br />

Al Governo Militare Alleato venne quindi inoltrata l’ennesima richiesta, nella quale venne tra<br />

l’altro ribadito che al popolo sloveno e a quello croato dovevano essere restituiti i beni materiali<br />

sequestrati dai fascisti (teatri, biblioteche e altri immobili). In particolare, al Teatro nazionale<br />

sloveno (Slovensko narodno gledali{~e) e agli altri enti culturali doveva essere offerta una casa<br />

della cultura in cambio del distrutto Narodni dom. Si chiedeva inolte al GMA di sostenere il<br />

desiderio dei due popoli di istituire enti scientifici e tutte le scuole e strutture educative di cui<br />

potevano avere bisogno.<br />

Tra le priorità della SHPZ c’era anche la pianificazione del proprio organigramma. In<br />

quest’ottica va visto l’ampliamento della rete associazionistica e quindi la costituzione di nuovi<br />

circoli e associazioni, che avevano l’obiettivo di attrarre nelle proprie file ogni sloveno o croato<br />

residente sul territorio triestino: nel giro di un anno infatti il numero di circoli culturali associati<br />

salì da 81 a 112.<br />

Il terremoto politico del 1948<br />

La dichiarazione dell’Informbiro (giugno 1948) minò anche le strutture della SHPZ. L’anonimo<br />

autore del saggio Prosvetna organizacija tr‘a{kih Slovencev definì il periodo che seguì alla<br />

scomunica «il periodo che rimarrà scritto nella storia culturale degli sloveni di Trieste come uno<br />

dei più bui dopo quello fascista» 13 .<br />

Il supplemento settimanale del «Primorski dnevnik» (Tedenska priloga Primorskega dnevnika),<br />

datato 22 maggio 1949, pubblicò un ampio documento firmato dal direttivo della SHPZ. In<br />

esso si riassumevano gli ultimi due anni della vita culturale dell’Unione, che aveva da poco (il<br />

23 maggio 1948) organizzato la sua prima assemblea, caratterizzata da un cambio al vertice<br />

dell’organizzazione con nuovo presidente il pittore dr. Robert Hlavaty (1897-1982). Si stima che<br />

in quel periodo essa rappresentasse 110 circoli culturali (equamente divisi tra la zona A e la<br />

zona B) e oltre tredicimila soci. Durante l’assemblea fu ribadito che la cultura non poteva essere<br />

apolitica: il movimento culturale che si riconosceva nella SHPZ sarebbe perciò rimasto fedele<br />

allo spirito dell’Osvobodilna fronta (il Fronte di liberazione, il quale rimaneva, soprattutto dopo<br />

l’autoliquidazione del PNOO, la principale organizzazione politica degli sloveni di Trieste) e<br />

avrebbe continuato a mantenere un forte legame con la madrepatria e la sua cultura.<br />

Nonostante la dichiarata «simpatia» per la Jugoslavia la SHPZ cercò almeno formalmente<br />

di restare al di fuori dello scontro ideologico consumatosi nell’estate del 1948. Il 21 giugno,<br />

anticipando di qualche giorno la scomunica del Cominform, l’organizzazione fece pervenire a<br />

tutti i circoli associati la seguente circolare:<br />

La SHPZ vuole mantenere l’assoluta neutralità in questo conflitto, lasciando naturalmente ai<br />

propri soci la facoltà di orientarsi liberamente all’interno delle rispettive organizzazioni politiche.<br />

Facciamo perciò appello ai consigli direttivi delle associazioni e a tutti i loro soci, affinché non<br />

permettano che lo scontro si trasferisca all’interno dei circoli. Evitate perciò ogni discussione al<br />

riguardo durante le assemblee, le riunioni e le varie attività culturali. Tutti i soci delle nostre<br />

associazioni culturali devono rendersi conto che in questa difficile situazione pende sulle nostre<br />

spalle la responsabilità collettiva per lo sviluppo della cultura slovena in queste terre.

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