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276 Poljanka Dolhar Le prime organizzazioni sorte nell’illegalità Sebbene la rinascita culturale degli sloveni abbia avuto inizio con l’arrivo dell’esercito jugoslavo in città, le sue radici vanno ricercate nel periodo bellico. Molte delle istituzioni che avrebbero svolto un ruolo fondamentale nel futuro degli sloveni del Litorale furono infatti concepite nell’illegalità. Una di queste era il quotidiano sloveno «Primorski dnevnik», vero e proprio portavoce della comunità slovena, pubblicato a Trieste a partire dal 13 maggio 1945. Esso si avvalse dei macchinari e dell’esperienza dei collaboratori del «Partizanski dnevnik», quotidiano del movimento di liberazione sloveno, unico giornale partigiano ad essere pubblicato nell’Europa occupata dai nazifascisti 1 . Anche l’istituzione politica più importante, il PNOO - Comitato regionale di liberazione nazionale per il Litorale, affondava le proprie radici nel movimento di liberazione sloveno, in quanto fondato nel settembre 1944 dal parlamento jugoslavo AVNOJ, con l’avallo di quello sloveno SNOS 2 . L’intento era di riempire a guerra finita il vuoto di potere e facilitare l’annessione del Litorale alla Jugoslavia di Tito. L’organismo infatti esercitò tra il 1 maggio e il 12 giugno 1945 il potere popolare in tutta la Venezia Giulia, e in seguito al ritiro delle truppe jugoslave limitò la sua attività all’agitazione politica e al sostegno delle istituzioni culturali professionali, per sciogliersi dopo la firma del Trattato di Pace di Parigi (10 febbraio 1947). Tuttavia, stando ad alcune recenti interpretazioni della storiografia slovena, fu proprio la sua struttura ramificata e piramidale, realizzata attraverso comitati distrettuali, circoscrizionali e locali ben radicati tra la popolazione slovena, a determinare una linea di confine tra Italia e Jugoslavia in gran parte favorevole alle aspettative jugoslave 3 . All’interno del PNOO, l’organo che per quaranta giorni esercitò il potere civile nella Trieste liberata dai nazifascisti, furono poste le basi per la rinascita e riorganizzazione degli sloveni del Litorale. Esso si avvalse delle innumerevoli sezioni istituite durante il periodo bellico (da quella amministrativa, a quella finanziaria, culturale, giuridica ecc.) che dopo esser state adeguatamente riformate continuarono il loro lavoro anche a guerra finita. Il 1 giugno 1945 fu così ricostituita la Prosvetna komisija, una commissione culturale divisa in due sezioni, una slovena e l’altra italiana: a capo della prima c’era Zorko Jelin~i~ (1900-1965) 4 , tra i fondatori dell’organizzazione illegale TIGR durante il fascismo, condannato dal Tribunale speciale e attivista del PNOO. La commissione aveva anche il compito di incentivare la rinascita delle associazioni culturali, riorganizzare il sistema scolastico sloveno, sovraintendere alla stesura dei libri di testo, organizzare corsi di lingua slovena 5 . Dopo che intere generazioni erano state private dell’istruzione nella loro lingua madre, la scarsa conoscenza dello sloveno era uno dei problemi principali nella nuova realtà postbellica. La riforma Gentile del 1923 aveva infatti chiuso le scuole slovene e trasferito il loro corpo docente in varie parti d’Italia, e nonostante durante la guerra di liberazione fossero state organizzate alcune «scuole partigiane», il loro contributo fu per ovvie ragioni limitato e la scuola slovena poté darsi una struttura ampia e articolata solo nel 1945. Proprio in campo scolastico si combatté una dura e lunga battaglia tra il Governo Militare Alleato, la commissione culturale del PNOO e più tardi la Slovensko-hrvatska prosvetna zveza (Unione culturale sloveno-croata), che accusavano non solo le autorità angloamericane di aver assunto molti ex-collaborazionisti, ossia intellettuali sloveni fuggiti dalla Jugoslavia, ma anche di condurre una politica molto restrittiva nei confronti delle scuole slovene, decretando la loro chiusura, licenziando il personale docente, vietando alcuni libri di testo ecc. 6

La rinascita degli sloveni di Trieste: uno sguardo culturale 277 La nascita della Slovenska prosvetna zveza Nelle prime settimane di libertà venne fondato un comitato organizzativo (pripravljalni odbor) con l’intento di fondare la Slovenska prosvetna zveza za Primorje in Trst – (Unione culturale slovena per Trieste e il Litorale), una lega che coordinasse le varie associazioni culturali slovene. Il comitato era presieduto da Roman Pahor, attivista triestino, operatore della Croce rossa internazionale, perseguitato dal regime fascista, più volte arrestato e confinato, nel 1941 condannato dal Tribunale speciale a 12 anni di reclusione 7 . Dopo mesi di assidui preparativi, durante i quali furono organizzati alcuni avvenimenti culturali di particolare rilievo come i concerti del coro della Jugoslovanska armada (Armata jugoslava), un concerto di tutti i cori sloveni e italiani del Litorale (per confermare l’amicizia italo-slava), nonché la prima imponente commemorazione dei quattro martiri di Basovizza, alla quale presero parte duemila coristi e un pubblico di quasi sessantamila persone, il 7 ottobre 1945 venne fondata anche la Slovenska prosvetna zveza (Unione culturale slovena) 8 . L’assemblea costituente si svolse nella palestra di via della Valle e proprio questa sede ubicata in città vecchia e lontana dalle grandi sale cittadine (la Fenice, il Nazionale e il teatro Verdi rimanevano per ordine delle autorità angloamericane interdette agli sloveni) alimentò non poche polemiche. Su proposta di Anton Pi{~anc, parroco di Cattinara e futuro primo vicepresidente della SPZ, venne inoltrata una petizione alle autorità iugoslave chiedendo loro un intervento per porre fine a tali discriminazioni. Essa fu solo la prima di numerose proteste che non risolsero però il problema. All’assemblea presero parte i rappresentanti delle varie associazioni culturali slovene della Primorska (la già citata Venezia Giulia), che avevano ripreso l’attività nei primi mesi del dopoguerra. Dai verbali 9 emerge che erano presenti 247 delegati in rappresentanza di 113 associazioni, e si giudica che essi rappresentassero all’incirca cinquantamila soci. La città e il circondario di Trieste erano rappresentati da 38 associazioni, il Goriziano da 51, mentre le terre a nordest di Gorizia (il distretto chiamato Vzhodno okro‘je) da 24 associazioni. Per dare maggiore rilievo alla nascita dell’unione culturale fu organizzato anche il Festival culturale sloveno: un corteo di ventimila persone percorse le vie cittadine e si concluse dinnanzi alla chiesa di San Giovanni con una manifestazione culturale cui parteciparono circa ottantamila persone. Le linee guida della nuova corporazione erano: attrarre nelle proprie file tutti gli sloveni di ogni orientamento politico e ceto sociale, ma soprattutto i giovani; moltiplicare le proprie attività; dichiarare guerra al dilettantismo; diffondere scienza e arte; avvicinarsi alla cultura del popolo italiano e di quello sovietico. Il tutto all’insegna dell’uguaglianza sociale, perché il fine ultimo dell’Unione era l’istituzione di una società migliore, come precisò il neoeletto presidente Jo‘e Pahor. Questa era dunque la strada seguita dalla nuova lega associazionistica, ma l’ottimismo dei primi momenti dovette però ben presto fare i conti con altri problemi. La mancanza di risorse finanziarie impedì infatti non solo la ricostruzione delle case della cultura distrutte dal fascismo, ma anche l’acquisto di libri, strumenti musicali, spartiti e altro. La situazione era ancora più drammatica nel campo delle risorse umane: oltre alla già citata scarsa conoscenza della lingua slovena, l’Unione doveva fronteggiare l’assenza quasi cronica di quadri dirigenziali e di figure professionali quali organizzatori, direttori di cori, bibliotecari, registi e altri, in gran parte emigrati negli anni Venti e Trenta. A questi problemi andavano aggiunti anche i difficili rapporti con il Governo Militare Alleato, che non solo aveva occupato alcune sedi dei circoli culturali cittadini, impedendone

276 Poljanka Dolhar<br />

Le prime organizzazioni sorte nell’illegalità<br />

Sebbene la rinascita culturale degli sloveni abbia avuto inizio con l’arrivo dell’esercito<br />

jugoslavo in città, le sue radici vanno ricercate nel periodo bellico. Molte delle istituzioni che<br />

avrebbero svolto un ruolo fondamentale nel futuro degli sloveni del Litorale furono infatti<br />

concepite nell’illegalità. Una di queste era il quotidiano sloveno «Primorski dnevnik», vero e<br />

proprio portavoce della comunità slovena, pubblicato a Trieste a partire dal 13 maggio 1945.<br />

Esso si avvalse dei macchinari e dell’esperienza dei collaboratori del «Partizanski dnevnik»,<br />

quotidiano del movimento di liberazione sloveno, unico giornale partigiano ad essere pubblicato<br />

nell’Europa occupata dai nazifascisti 1 .<br />

Anche l’istituzione politica più importante, il PNOO - Comitato regionale di liberazione<br />

nazionale per il Litorale, affondava le proprie radici nel movimento di liberazione sloveno, in<br />

quanto fondato nel settembre 1944 dal parlamento jugoslavo AVNOJ, con l’avallo di quello<br />

sloveno SNOS 2 . L’intento era di riempire a guerra finita il vuoto di potere e facilitare l’annessione<br />

del Litorale alla Jugoslavia di Tito. L’organismo infatti esercitò tra il 1 maggio e il 12<br />

giugno 1945 il potere popolare in tutta la Venezia Giulia, e in seguito al ritiro delle truppe<br />

jugoslave limitò la sua attività all’agitazione politica e al sostegno delle istituzioni culturali<br />

professionali, per sciogliersi dopo la firma del Trattato di Pace di Parigi (10 febbraio 1947).<br />

Tuttavia, stando ad alcune recenti interpretazioni della storiografia slovena, fu proprio la sua<br />

struttura ramificata e piramidale, realizzata attraverso comitati distrettuali, circoscrizionali e<br />

locali ben radicati tra la popolazione slovena, a determinare una linea di confine tra Italia e<br />

Jugoslavia in gran parte favorevole alle aspettative jugoslave 3 .<br />

All’interno del PNOO, l’organo che per quaranta giorni esercitò il potere civile nella Trieste<br />

liberata dai nazifascisti, furono poste le basi per la rinascita e riorganizzazione degli sloveni del<br />

Litorale. Esso si avvalse delle innumerevoli sezioni istituite durante il periodo bellico (da quella<br />

amministrativa, a quella finanziaria, culturale, giuridica ecc.) che dopo esser state adeguatamente<br />

riformate continuarono il loro lavoro anche a guerra finita.<br />

Il 1 giugno 1945 fu così ricostituita la Prosvetna komisija, una commissione culturale divisa in<br />

due sezioni, una slovena e l’altra italiana: a capo della prima c’era Zorko Jelin~i~ (1900-1965) 4 ,<br />

tra i fondatori dell’organizzazione illegale TIGR durante il fascismo, condannato dal Tribunale<br />

speciale e attivista del PNOO. La commissione aveva anche il compito di incentivare la rinascita<br />

delle associazioni culturali, riorganizzare il sistema scolastico sloveno, sovraintendere alla<br />

stesura dei libri di testo, organizzare corsi di lingua slovena 5 .<br />

Dopo che intere generazioni erano state private dell’istruzione nella loro lingua madre, la<br />

scarsa conoscenza dello sloveno era uno dei problemi principali nella nuova realtà postbellica.<br />

La riforma Gentile del 1923 aveva infatti chiuso le scuole slovene e trasferito il loro corpo<br />

docente in varie parti d’Italia, e nonostante durante la guerra di liberazione fossero state<br />

organizzate alcune «scuole partigiane», il loro contributo fu per ovvie ragioni limitato e la<br />

scuola slovena poté darsi una struttura ampia e articolata solo nel 1945. Proprio in campo<br />

scolastico si combatté una dura e lunga battaglia tra il Governo Militare Alleato, la commissione<br />

culturale del PNOO e più tardi la Slovensko-hrvatska prosvetna zveza (Unione culturale<br />

sloveno-croata), che accusavano non solo le autorità angloamericane di aver assunto molti<br />

ex-collaborazionisti, ossia intellettuali sloveni fuggiti dalla Jugoslavia, ma anche di condurre<br />

una politica molto restrittiva nei confronti delle scuole slovene, decretando la loro chiusura,<br />

licenziando il personale docente, vietando alcuni libri di testo ecc. 6

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