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preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

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Radio Trieste 1945-1957 263<br />

Radio Trieste 1945-1957<br />

di Guido Botteri<br />

La storia «autonoma» della stazione che l’ente italiano per le audizioni radiofoniche aveva<br />

inaugurato nel 1931 sul neobattezzato Monte Radio e nella centralissima piazza Oberdan,<br />

inizia all’indomani dell’8 settembre del 1943, quando uno scatenato manipolo di squadristi,<br />

guidato da Idreno Utimperghe, si impadronisce degli impianti, degli studi e degli uffici di Radio<br />

Trieste, cui dà il nome di «Radio Ettore Muti», per onorare la memoria dell’ultimo segretario<br />

nazionale del Partito fascista, ucciso in circostanze a tutt’oggi non chiare. E finisce il 1° agosto<br />

1957, quando Radio Trieste torna a essere una delle trasmittenti dell’azienda radiofonica di<br />

stato.<br />

I nazisti, che danno immediatamente lo sfratto ai fascisti, gestiscono la stazione – che<br />

chiamano «Radio Litorale adriatico», recuperando la vecchia terminologia austroungarica –<br />

sino alla sera del 29 aprile del 1945: alle 20 va in onda un messaggio letto dal vescovo di Trieste<br />

e Capodistria, mons. Antonio Santin – che sapendo essere pronta l’insurrezione dei partigiani<br />

italiani del CLN – ripete più volte la parola «calma» («che significa fortezza, coraggio e<br />

decisione») auspicando che tutti, «quando suoni l’ora nuova» compiano «con animo grande» il<br />

proprio dovere.<br />

Dopo la messa in onda dell’appello del vescovo, Livio Grassi – che vive in prima persona<br />

queste vicende, perché fa parte della redazione giornalistica che collabora con i tedeschi – nel<br />

suo poderoso volume Trieste–Venezia Giulia 1943-1954, pubblicato nel 1960, racconta che al<br />

direttore, l’ufficiale viennese Anton Jaksche, si presentano alcuni genieri per far saltare la sede,<br />

come stabilito dal comando di piazza. Ma l’ufficiale della Wehrmacht, che era stato il responsabile<br />

dei programmi artistici, italiani e sloveni (i giornali radio invece erano sotto il diretto<br />

controllo delle SS e della polizia), non solo disattende l’ordine, ma consegna la radio ad Aldo<br />

Amadi (un annunciatore – scrive Grassi – ma Amadi compare anche come violoncellista in<br />

alcune trasmissioni), il quale si dichiara rappresentante del Comitato di Liberazione Nazionale,<br />

impegnandolo ad attivare le trasmissioni soltanto cinque ore dopo l’abbandono dell’edificio da<br />

parte dei tedeschi. Il passaggio delle consegne al CLN non ha praticamente alcun seguito. Un<br />

tentativo del comandante partigiano Ettore Stecchina – che, come violinista aveva consuetudine<br />

con gli auditori di piazza Oberdan, dove suonava l’orchestra diretta dal maestro Cipci – di<br />

leggere al microfono un manifesto del CLN (probabilmente quello che annunciava che «in<br />

nome del Governo e del popolo italiano, il CLN ha assunto i poteri politici e militari della città<br />

e li terrà sino all’arrivo delle forze armate alleate») non ha successo, perché «la situazione –<br />

scrive l’ing. Guido Candussi, che alle vicende della radio ha dedicato tutta una serie di studi e<br />

di pubblicazioni – non era in grado di funzionare per l’interruzione del cavo di collegamento fra<br />

lo studio e il trasmettitore». Sulla copia di questo manifesto, conservata nell’archivio dell’Istituto<br />

regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia, Ercole<br />

Miani - che nella sollevazione guida i partigiani di «Giustizia e Libertà» - annota, pensiamo<br />

erroneamente, che esso fu «trasmesso il 29 aprile 1945 (parzialmente)».<br />

Collegamento che ripristinano le truppe jugoslave le quali, scendendo da Opicina il 1º<br />

maggio, prima si impadroniscono, sul Monte Radio, degli impianti di trasmissione e quindi,<br />

prendono possesso della sede, nel palazzo della Telve, in piazza Oberdan.

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