29.11.2014 Views

preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

preme1.chp:Corel VENTURA - TRIESTE Books

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Le culture della ricostruzione 237<br />

stato imposto il nome di «allogeno». Tremendo il ricordo di Boris Pahor di quegli anni infausti:<br />

l’incubo del «rogo» del Narodni dom (il rogo per antonomasia) che torna nei suoi sogni di<br />

bambino e poi ancora un’altra vivida immagine, quella di un antifascista italiano, direttore del<br />

coro in una chiesa sperduta, costretto a farsi da parte dalla violenza fascista: «[…] Non temeva<br />

un avvenire infausto, ma provava una tristezza infinita e folle a vedersi costretto a soffocare con<br />

le proprie mani il canto nel petto» 10 .<br />

Il dolore dell’offesa, per chi era sloveno o croato, ma anche per quanti avevano preferito<br />

«dire di no» al regime, esce con forza dalle pagine dello straordinario scrittore sloveno. Su<br />

questo punto irrinunciabile, su questo intreccio che il disastroso dopoguerra non può cancellare<br />

insiste quella «minoranze attiva» di intellettuali che sa di dover compiere un’azione civile ed<br />

educativa insieme ad un’opera di profonda autocritica. Giani Stuparich, mentre inaugura il<br />

Circolo della Cultura e delle Arti a Trieste, sottolinea come la cultura non sia riuscita a «imporsi<br />

di fronte al caos che incombeva», facendosi svilire dalla «tecnica» e dalla «propaganda». Giani<br />

Stuparich scrive pagine acute sul mascheramento degli intellettuali e degli insegnanti, soprattutto,<br />

nella notte della vicenda italiana:<br />

Tra i giovanissimi e noi […] è avvenuto uno spacco. La colpa è forse nostra che abbiamo lasciato<br />

agire tra noi e loro il lievito di un’epoca corrotta, senza aiutarli in piena sincerità a contrastarne il<br />

veleno. […] Sento a volte il rimorso di non aver saputo gettar via la maschera della compostezza<br />

[...]. La verità si compone coi fatti, non è la sfera astratta in cui ci si rifugia per non fare i conti col<br />

presente concreto 11 .<br />

Impegnato a difendere lo «scandalo necessario» della politicità della cultura tanto per<br />

reimparare e trasmettere valori dimenticati e desueti, quanto per introdurre riflessioni nuove,<br />

questo gruppo di uomini è nelle nervature della città occupata/liberata: all’Università nel<br />

contatto diretto con i giovani, alla guida di fogli di partito, di settimanali culturali, di case<br />

editrici, al vertice di quell’associazione vivacissima, il Circolo della Cultura e delle Arti (CCA),<br />

che in quegli anni cerca di pilotare verso la modernità la cultura italiana, (cultura letteraria,<br />

politica, artistica, cinematografica). È presente sul piano nazionale, è dentro il dibattito che si<br />

apre nel confronto con i vecchi santuari del sapere erudito, per una diversa ricostruzione storica<br />

del passato della città, proprio perché senza una diversa rilettura del passato, il presente e il<br />

futuro non si possono rifondare: l’idea è quella della valorizzazione delle origini cosmopolite di<br />

Trieste, come via immediata verso la modernità, verso l’europeismo che pone la nazione in un<br />

contesto di solidarietà internazionali e contro ogni gretto campanilismo e nazionalismo. «Borghese»<br />

è giudicata nei primi anni Cinquanta da Vittorio Vidali tale elaborazione 12 : troppo<br />

articolata e complessa, forse, o forse tale da proporre un’uscita di sicurezza non prevedibile,<br />

aggirando gli ostacoli che la guerra fredda faceva crescere dentro le persone e le vite. Quel<br />

gruppo si getta senza ripensamenti nella polemica cha alla fine degli anni Quaranta si accende<br />

contro i fantasmi del passato fascista, riportati in vita da assoluzioni frettolose che nascono<br />

prima ancora che dalle aule di giustizia, dalla palude di molti esami di coscienza mancati. Sono<br />

gli anni in cui Attilio Tamaro, il nazionalista senza mezze misure, riprende la penna; sono gli<br />

anni in cui il prefetto di nomina nazista Bruno Coceani risorge a difendere le sue scelte. Non<br />

credo si possa dimenticare la veemenza con cui Francesco Collotti si scaglia contro l’ex prefetto,<br />

mentre le pagine delle memorie di quest’ultimo (Mussolini, Hitler, Tito alle Porte Orientali<br />

d’Italia) sono ancor fresche di stampa, per ricordare a lui e agli altri neofascisti rinati a nuove<br />

glorie che cosa avevano fatto dei valori nazionali (proprio da loro veniva, scrive Collotti «La<br />

bestemmia del nome d’Italia, chiamato a coprire col manto “dell’union sacra” orribili colpe»).

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!