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176 Giulio Mellinato A guerra ormai finita, non sfuggiva il grande valore che avevano soprattutto i rifornimenti alimentari alla popolazione civile. In uno tra i tanti rapporti sulla situazione austriaca, che significativamente si trovano in un fascicolo riguardante Trieste, si legge che «These 110 tons lard urgently required to meet current and subsequent commitments in line with present recently restored ration scale. Inability to meet scale would result in loss prestige and confidence which anxious to avoid. Do utmost effect shipment immediately» 5 . In effetti, i primi mesi di attività del Governo Militare Alleato della Venezia Giulia furono evidentemente contrassegnati da assolute emergenze, facilmente riassumibili nel circuito cibomedicinali-alloggi-vestiario, che in buona sostanza rappresentava l’estensione geografica alla Venezia Giulia, all’Austria ed alla Jugoslavia di attività che in Italia erano ormai di routine, e legate alla distribuzione delle merci UNRRA. In buona sostanza, una sorta di prima stagione dell’intervento alleato, nella quale prevalevano concetti direttamente derivati dall’esperienza bellica, come la prevenzione di malattie e disordini, oppure l’approccio «day by day» nel governo delle risorse disponibili. Nell’autunno del 1945 fu inviata nella Venezia Giulia una piccola missione, con il compito di verificare la prassi operativa adottata dal governo alleato e di formulare una prima valutazione delle questioni etnico-politiche sorte nella Venezia Giulia, in previsione di eventuali discussioni tra ministri degli Esteri o alla Conferenza della Pace. La missione era composta dal Direttore della Local Government Sub Commission della Commissione Alleata di Controllo di Roma, colonnello R. R. Cripps, e dal suo vice, il maggiore R. R. Temple 6 . Al di là della valenza immediata, l’ampio spettro di indagini, interviste e verifiche svolte nell’ambito di questo Report lo rende una specie di primo riscontro dell’attività sul campo svolta dal GMA nei primissimi mesi della sua attività, secondo una prassi che era già stata adottata in Italia, in situazioni diverse 7 . Gli scopi iniziali, limitati alla raccolta di dettagli riguardo alla composizione etnica della popolazione ed ai «local feelings» riguardo alla situazione politica, con particolare riguardo all’opinione prevalente nelle città capoluogo, furono rapidamente superati, in seguito alla constatazione del fatto che buona parte della popolazione era più legata ai possibili effetti economici e politici della contesa in corso, piuttosto che dividersi lungo linee etniche. A large group of persons constituting the middle class, the size of which has been estimated to vary from 15 to 40% of the population, also think along economic lines and generally favor some form of autonomy. This group, in short, favor any solution that will give work to the area 8 . Gli altri gruppi, agricoltori e classe operaia, non erano considerati altrettanto mobili nelle loro convinzioni politiche, anche se soprattutto tra i contadini sloveni veniva individuata una certa sfiducia nei confronti dell’Italia, ma una altrettanto diffusa diffidenza nei confronti della nuova Jugoslavia di Tito. L’economia, nel rapporto finale della missione Cripps-Temple, iniziava a presentarsi come il miglior strumento tattico nelle mani degli Alleati, al fine di depotenziare le spinte conflittuali presenti nell’area, così da guadagnare tempo in attesa di una soluzione definitiva. Probabilmente non fu quindi senza cognizione di causa che dalla Conferenza dei ministri degli Esteri svoltasi negli stessi giorni di settembre a Londra emerse una prospettiva soltanto in parte legata alla definizione delle linee etniche, mentre per Trieste ed il suo porto si profilava un possibile controllo internazionale, in modo tale da assicurare a tutti i paesi interessati uguali opportunità di utilizzo delle sue infrastrutture commerciali, prendendo a modello altre realtà portuali «libere» esistenti al mondo. Una specie di Singapore o Hong Kong dell’Adriatico, sotto la tutela dell’ONU.

Aiuti e contropartite: tempi e logiche del sostegno alleato all’economia triestina 177 Nei mesi immediatamente seguenti la politica alleata non poté che oscillare tra le emergenze del quotidiano, dei rifornimenti e della ricostruzione materiale da una parte, e le prospettive di medio-lungo termine per la composizione di quella che ormai tutti avevano iniziato a definire la «questione di Trieste». Certamente la grande massa dei disoccupati (in parte collegata al continuo afflusso di mano d’opera dai territori dell’Istria nei quali era in corso un accelerato processo di jugoslavizzazione) 9 , sopravanzava la pur notevole capacità d’assorbimento della città, del porto e del suo indotto. Già nell’ottobre 1945 il rapporto della sezione Lavori Pubblici del GMA sottolineava come le operazioni che da essa dipendevano erano di particolare importanza non solo dal punto di vista della ricostruzione postbellica, ma anche, e forse soprattutto, per l’assorbimento dei lavoratori disoccupati 10 . Anche dal punto di vista dell’industria, la Venezia Giulia sotto amministrazione alleata si conferma essere stato un campo privilegiato per la sperimentazione di una nuova politica per l’Europa. Un episodio rivelatore, tanto dal punto di vista della ricostruzione materiale quanto da quello delle politiche adottate, è costituito da un vivace scambio di idee a proposito del destino della cantieristica giuliana che si aprì tra GMA della Venezia Giulia e la Commissione alleata di controllo di Roma, cui formalmente, in questa fase, il GMA-VG era gerarchicamente sottoposto, nella complessa architettura dell’occupazione alleata in Europa. Nell’agosto 1945, il GMA triestino chiese con una certa enfasi l’autorizzazione a procedere alla ricostruzione del Cantiere navale di Monfalcone, distrutto dai bombardamenti ma importante punto di riferimento per l’intera economia regionale. La ricostruzione, assieme ad un sollecito riavvio delle attività, avrebbe tolto dalle strade una massa turbolenta e potenzialmente ostile di disoccupati, mentre avrebbe consentito agli ufficiali alleati di presentarsi come operatori efficaci nella stabilizzazione del difficile dopoguerra: il GMA interveniva in campo economico alla ricerca di consenso. Ovviamente non si trattava di una novità. Gran parte dell’economia italiana dipendeva dagli aiuti alleati già dai primi mesi del 1944, con l’arrivo delle prime derrate UNRRA nell’Italia del Sud. La disputa che si era aperta in seguito alla ricostruzione di Monfalcone implicava però riflessi tali da costituire un salto di qualità, che venne immediatamente percepito dagli ufficiali operativi a Roma, tanto da far risolvere la questione direttamente dall’ammiraglio Ellery Stone, il capo della Commissione alleata di controllo. Estendere l’intervento alleato ben oltre la fornitura di materie prime, ed autorizzare un GMA a farsi imprenditore, andava ben oltre le procedure pur elasticamente seguite fino a quel momento. La soluzione venne trovata in un compromesso, tutto interno all’amministrazione alleata. Il cantiere navale fu ricostruito, ma la spesa relativa fu autorizzata «per ragioni militari», confermando la natura tutta particolare (e non solo nel campo dell’economia) che ormai aveva assunto la presenza alleata nella Venezia Giulia. Le spese relative erano sostenute dal GMA della Venezia Giulia, che avrebbe ottenuto un anticipo in lire dalla Banca d’Italia di Trieste. Il debito relativo sarebbe stato saldato dalla nazione che avrebbe assunto definitivamente il controllo dell’area, al termine delle trattative allora in corso 11 . Significativamente, la sottocommissione finanze della stessa Commissione alleata di controllo colse l’occasione per avanzare una questione di fondo: da quel momento in poi, onde evitare simili sovrapposizioni di autorità, le questioni italiane e quelle relative alla Venezia Giulia avrebbero dovuto essere trattate separatamente, rispettando la grande differenza che ormai si era creata tra la regione di confine ed il resto del territorio nazionale 12 , modificando di conseguenza in profondità le procedure operative seguite fino a quel momento.

Aiuti e contropartite: tempi e logiche del sostegno alleato all’economia triestina 177<br />

Nei mesi immediatamente seguenti la politica alleata non poté che oscillare tra le emergenze<br />

del quotidiano, dei rifornimenti e della ricostruzione materiale da una parte, e le prospettive di<br />

medio-lungo termine per la composizione di quella che ormai tutti avevano iniziato a definire<br />

la «questione di Trieste». Certamente la grande massa dei disoccupati (in parte collegata al<br />

continuo afflusso di mano d’opera dai territori dell’Istria nei quali era in corso un accelerato<br />

processo di jugoslavizzazione) 9 , sopravanzava la pur notevole capacità d’assorbimento della<br />

città, del porto e del suo indotto. Già nell’ottobre 1945 il rapporto della sezione Lavori Pubblici<br />

del GMA sottolineava come le operazioni che da essa dipendevano erano di particolare<br />

importanza non solo dal punto di vista della ricostruzione postbellica, ma anche, e forse<br />

soprattutto, per l’assorbimento dei lavoratori disoccupati 10 .<br />

Anche dal punto di vista dell’industria, la Venezia Giulia sotto amministrazione alleata si<br />

conferma essere stato un campo privilegiato per la sperimentazione di una nuova politica per<br />

l’Europa. Un episodio rivelatore, tanto dal punto di vista della ricostruzione materiale quanto<br />

da quello delle politiche adottate, è costituito da un vivace scambio di idee a proposito del<br />

destino della cantieristica giuliana che si aprì tra GMA della Venezia Giulia e la Commissione<br />

alleata di controllo di Roma, cui formalmente, in questa fase, il GMA-VG era gerarchicamente<br />

sottoposto, nella complessa architettura dell’occupazione alleata in Europa.<br />

Nell’agosto 1945, il GMA triestino chiese con una certa enfasi l’autorizzazione a procedere<br />

alla ricostruzione del Cantiere navale di Monfalcone, distrutto dai bombardamenti ma importante<br />

punto di riferimento per l’intera economia regionale. La ricostruzione, assieme ad un<br />

sollecito riavvio delle attività, avrebbe tolto dalle strade una massa turbolenta e potenzialmente<br />

ostile di disoccupati, mentre avrebbe consentito agli ufficiali alleati di presentarsi come operatori<br />

efficaci nella stabilizzazione del difficile dopoguerra: il GMA interveniva in campo economico<br />

alla ricerca di consenso.<br />

Ovviamente non si trattava di una novità. Gran parte dell’economia italiana dipendeva dagli<br />

aiuti alleati già dai primi mesi del 1944, con l’arrivo delle prime derrate UNRRA nell’Italia del<br />

Sud. La disputa che si era aperta in seguito alla ricostruzione di Monfalcone implicava però<br />

riflessi tali da costituire un salto di qualità, che venne immediatamente percepito dagli ufficiali<br />

operativi a Roma, tanto da far risolvere la questione direttamente dall’ammiraglio Ellery Stone,<br />

il capo della Commissione alleata di controllo. Estendere l’intervento alleato ben oltre la<br />

fornitura di materie prime, ed autorizzare un GMA a farsi imprenditore, andava ben oltre le<br />

procedure pur elasticamente seguite fino a quel momento.<br />

La soluzione venne trovata in un compromesso, tutto interno all’amministrazione alleata. Il<br />

cantiere navale fu ricostruito, ma la spesa relativa fu autorizzata «per ragioni militari», confermando<br />

la natura tutta particolare (e non solo nel campo dell’economia) che ormai aveva<br />

assunto la presenza alleata nella Venezia Giulia. Le spese relative erano sostenute dal GMA<br />

della Venezia Giulia, che avrebbe ottenuto un anticipo in lire dalla Banca d’Italia di Trieste. Il<br />

debito relativo sarebbe stato saldato dalla nazione che avrebbe assunto definitivamente il<br />

controllo dell’area, al termine delle trattative allora in corso 11 .<br />

Significativamente, la sottocommissione finanze della stessa Commissione alleata di controllo<br />

colse l’occasione per avanzare una questione di fondo: da quel momento in poi, onde evitare<br />

simili sovrapposizioni di autorità, le questioni italiane e quelle relative alla Venezia Giulia<br />

avrebbero dovuto essere trattate separatamente, rispettando la grande differenza che ormai si<br />

era creata tra la regione di confine ed il resto del territorio nazionale 12 , modificando di<br />

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