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GRAZIANO DI BATTISTA by DONNA IMPRESA MAGAZINE N.5 2007

http://www.donnaimpresa.com E’ amministratore d’ impresa, Presidente dell'Eurosportello Azienda Speciale della Camera di Commercio di Ascoli Piceno che opera dal 1989 su mandato della Commissione Europea (Direzione Generale Imprese), nonché dirigente di Associazioni di Categoria ed Assessore ai Lavori Pubblici e alla Pubblica Istruzione nel Comune di Montegranaro, città nella quale risiede e che ha anche amministrato in qualità di Sindaco fino al 1995.

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E’ amministratore d’ impresa, Presidente dell'Eurosportello Azienda Speciale della Camera di Commercio di Ascoli Piceno che opera dal 1989 su mandato della Commissione Europea (Direzione Generale Imprese), nonché dirigente di Associazioni di Categoria ed Assessore ai Lavori Pubblici e alla Pubblica Istruzione nel Comune di Montegranaro, città nella quale risiede e che ha anche amministrato in qualità di Sindaco fino al 1995.

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costituzionali, civilistiche e penali che, permettono di difendersi dai<br />

comportamenti persecutori che avvengono in ambito lavorativo.<br />

La nostra Costituzione riconosce la tutela della salute come diritto<br />

fondamentale dell’uomo; prevede la tutela del lavoro in tutte le sue<br />

forme.<br />

Sotto il profilo civilistico, quanto alla tutela, occorre prima di tutto<br />

distinguere le ipotesi in cui l’autore del mobbing è il datore di lavoro<br />

da quelle in cui i comportamenti persecutori vengono posti da un<br />

collega della vittima. In questa seconda ipotesi, l’autore delle violenze<br />

psicologiche potrà essere chiamato a rispondere per responsabilità<br />

extracontrattuale:che ricorre nel caso in cui una persona provoca un<br />

danno ingiusto ad altra persona (ex art. 2043 c.c.). Quando invece<br />

l’autore delle violenze psicologiche è il datore di lavoro risponderà per<br />

inadempimento al contratto di lavoro. L’imprenditore, (ex art. 2087<br />

c.c.) è tenuto ad adottare nell’impresa tutte le misure che, secondo la<br />

particolarità del lavoro, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la<br />

personalità morale del<br />

lavoratore. Per essere<br />

risarcito il lavoratore dovrà<br />

provare la condotta illegittima<br />

ed il nesso tra<br />

l’inadempimento delle misure<br />

previste dalla legge ed il<br />

danno subito, mentre a carico<br />

del datore di lavoro rimane la<br />

prova di aver operato<br />

secondo le disposizioni di<br />

legge. Il mobbing può<br />

provocare anche un danno<br />

alla professionalità del<br />

lavoratoresi verifica quando il<br />

lavoratore non ricopre<br />

l’incarico di lavoro per il quale<br />

era stato assunto. Il<br />

lavoratore assegnato a<br />

mansioni inferiori o lasciato<br />

del tutto inattivo può, infatti,<br />

chiedere al giudice del lavoro<br />

scuola<br />

(ex art. 2103 c.c.), non solo di accertare l'illecito e di dichiarare la<br />

nullità dell'atto datoriale invalido, ma anche di essere reintegrato nelle<br />

mansioni precedentemente svolte o in mansioni equivalenti.<br />

Un' importante novità è rappresentata dal fatto che anche l' Inail ha<br />

cominciato a considerare il mobbing come malattia professionale,<br />

infatti è stato inserito nella categoria delle malattie professionali non<br />

tabellari, cioè non comprese nelle tabelle. Quindi il lavoratore potrà<br />

chiedere il risarcimento del danno anche al suddetto Istituto.<br />

Una delle modalità tipiche attraverso cui si possono realizzare<br />

comportamenti persecutori inquadrabili nel mobbing sono certamente<br />

le molestie sessuali commesse dal datore di lavoro, dal superiore<br />

gerarchico o da collegi . E’ opportuno ricordare che per molestie<br />

sessuali si devono intendere, oltre che i veri propri tentativi di<br />

molestia e gli atti di libidine violenta, anche i corteggiamenti<br />

indesiderati e le c.d. "proposte indecenti". Interessante a questo<br />

proposito è ricordare la definizione di molestia sessuale contenuta nel<br />

codice di condotta, allegato alla raccomandazione della Commissione<br />

Europea, che definisce la molestia sessuale ogni comportamento<br />

indesiderato a connotazione sessuale o qualsiasi altro<br />

comportamento basato sul sesso che offende la dignità degli uomini o<br />

delle donne nel mondo del lavoro.<br />

Le condotte di mobbing possono integrare, nei casi più gravi, anche<br />

responsabilità di tipo penale.<br />

RISVOLTI PSICOLOGICI<br />

Il Mobbing non è una malattia ma può esserne la causa . La patologia<br />

più frequentemente è il disturbo dell’adattamento, esso si compone di<br />

una variegata sintomatologia ansioso-depressiva reattiva all’evento<br />

stressogeno. La stessa sintomatologia deve cessare entro 6 mesi<br />

dalla cessazione delle vessazioni. Fra le conseguenze rientrano la<br />

perdita d’autostima, depressione, insonnia, isolamento. In Italia il<br />

numero di mobbizzati coinvolti è stimato intorno a 1 milione e 200<br />

mila che salgono a 5 milioni se si considerano anche le famiglie: è<br />

una situazione tipicamente italiana che la famiglia del mobilizzato<br />

diventi una valvola di sfogo e vittima di mobbing a sua volta. In<br />

Svezia e Germania circa mezzo milione di persone sono finite in<br />

prepensionamento o clinica psichiatrica a causa del mobbing.<br />

Negli ultimi dieci anni i casi di mobbing denunciati hanno avuto un<br />

incremento esponenziale; esso ha un forte costo sociale stimato<br />

190% superiore al salario annuo lordo di un dipendente non<br />

mobilizzato. In Svezia si stima che il mobbing sia causa di un 20%<br />

dei suicidi.<br />

Il mobbing è causa di cefalea, annebbiamenti della vista, tremore,<br />

tachicardia, sudorazione fredda, gastrite, dermatosi e viene<br />

somatizzato un po’ in tutto il<br />

bullismo<br />

A si chiama , nelle<br />

caserme nonnismo,<br />

all' università goliardia:<br />

tutti gli<br />

ambienti in vario modo e in modi naturalmente<br />

diversificati, risentono di<br />

rapporti<br />

conflittuali. Nell'ambiente di<br />

lavoro si parla di mobbing<br />

“verticale" se la violenza è perpetrata dal capo<br />

ai suoi sottoposti, oppure "orizzontale" se<br />

avviene tra colleghi, che spesso si coalizzano<br />

contro un "capro espiatorio", la<br />

designata.<br />

vittima<br />

corpo. Le conseguenze<br />

maggiori sono disturbi della<br />

socialità, quindi, nevrosi,<br />

depressione, isolamento<br />

sociale e, suicidio in un<br />

numero non trascurabile di<br />

casi. L’emancipazione del<br />

singolo e la non-accettazione<br />

del diverso sono<br />

comportamenti che si<br />

manifestano assieme a ciò<br />

che etologi nel mondo<br />

animale, e esperti in quello<br />

umano, classificano come<br />

mobbing. Presentato (e<br />

vincente) nella sezione<br />

"panorama" del Festival del<br />

Cinema di Berlino, Mi piace<br />

lavorare nasce come progetto<br />

povero ed essenziale. Una<br />

sola attrice di rilievo, molti<br />

interpreti non professionisti, il circolo di parenti e amici della regista<br />

che si adoperano per la riuscita di una pellicola, che di fatto, è una<br />

delle migliori opere sociali degli ultimi anni e che squarcia il velo su<br />

uno dei più grandi problemi che affligge il moderno mercato del<br />

lavoro:il mobbing. I tempi de La classe operaia va in paradiso sono<br />

finiti, oggi è tempo di fusioni, budget, tuning: lo scenario scelto dalla<br />

Comencini è assolutamente asettico: un'azienda anonima, di cui non<br />

si conosce l'attività, il fatturato, lo scopo. Quella nella quale chiunque<br />

potrebbe lavorare e che, a causa di una fusione, vede il management<br />

radicalmente cambiato. Spesso le vittime non conoscono nemmeno il<br />

nome dei propri carnefici, il concetto di padrone viene sostituito da<br />

una sorta di grande fratello che controlla, dispone, organizza, muove<br />

uomini e donne a suo piacimento sullo scacchiere operativo alla<br />

ricerca del miglior profitto. È la giusta legge del libero mercato, ma, a<br />

volte, forse troppe volte, il meccanismo s'inceppa e quando questo<br />

succede le conseguenze sono gravissime e coinvolgono non solo il<br />

diretto interessato ma familiari, amici, parenti, amici. Nelle vene dei<br />

Comencini scorre il cinema:ciò si palesa non solo apprezzando il<br />

piglio asciutto e sicuro che la madre (forse pensando ai lavori del<br />

nonno) utilizza nel corso della storia, ma anche nella straordinaria<br />

performance della figlia che recita accanto alla Braschi con una<br />

naturalezza e convinzione che lasciano stupefatti. La discesa agli<br />

inferi della bravissima signora Benigni è raccontata senza enfasi, né<br />

scene madri: giorno dopo giorno, alla inconsapevole contabile<br />

vengono tolte dignità e speranze, tramite un continuo, spossante,<br />

cambiamento di mansioni e piccole meschinità che minano<br />

l'autostima di quella che appare agli spettatori una vera e propria<br />

vittima sacrificale, carne da macello da immolare al Dio della<br />

competitività (mirabile in questo senso il discorso iniziale<br />

del nuovo amministratore delegato della<br />

società, così ricco di parole e povero di<br />

contenuti). Perfetta la performance della<br />

Braschi, sempre sul punto di cedere, ma<br />

pronta, alla fine, ad alzare la testa e reagire,<br />

dopo l'ultimo, inaccettabile sopruso. Lo<br />

squallore degli uffici, delle mense, del<br />

trantran quotidiano di chi non "viaggia in<br />

prima" è testimoniato con<br />

un'aderenza al reale molto<br />

inquietante. Bella la prova<br />

degli attori non<br />

professionisti e geniale,<br />

nella sua grottesca messa<br />

in scena, la sequenza del<br />

colloquio della protagonista<br />

con l'amministratore<br />

delegato dell'azienda. Nel<br />

film, il finale, nel suo voler<br />

essere consolatorio e<br />

pregno di speranza, è<br />

troppo ottimistico e ben<br />

poco aderente ad una<br />

realtà che spesso è ben<br />

diversa da quella indicata<br />

ma, nonostante questo, Mi<br />

piace lavorare vale più di<br />

qualsiasi manifestazione,<br />

corteo o indagine<br />

giornalistico/televisiva. C'è<br />

solo da sperare che un<br />

pubblico abituato a cercare<br />

nel mezzo cinematografico<br />

evasione e divertimento,<br />

non sia impaurito dalla<br />

cruda rappresentazione<br />

della realtà di tutti i giorni...<br />

Il titolo che ho proposto<br />

prende spunto dal film<br />

della Comencini: Mi piace<br />

lavorare (Mobbing). Mi<br />

vorrei soffermare, a<br />

conclusione, sul mi piace lavorare, perché<br />

cercare e trovare un lavoro che piace,<br />

svolgerlo e venire retribuiti per farlo non è<br />

cosa da poco conto, anzi oserei dire ormai<br />

molto rara e per chi ha la fortuna, non si<br />

accontenta, non demorde, rilancia sempre<br />

nella vita, è quasi un privilegio. La pratica del<br />

Mobbing, così viscida, subdola, che sempre<br />

più si sta verificando anche nel nostro Paese<br />

per una serie di motivi economico-sociali, è<br />

qualcosa che se non viene giudicata e<br />

denunciata in tempo, fa ammalare talmente<br />

le persone e non solo fisicamente, ma toglie<br />

loro l’autostima, mina il loro slancio<br />

lavorativo, il gusto di proporsi, da renderli immobilizzati<br />

nella vita, con perdita di interesse<br />

in tutto. Vorrei concludere con una frase<br />

provocatoria per lasciarvi pensare..<br />

alla fine della storia…non lavorare stanca! E<br />

ammala! Quindi<br />

Buon Lavoro a tutti.<br />

Effetti sul luogo di lavoro e sull’azienda<br />

Alla perdita di immagine dell’azienda si accompagna anche un danno<br />

economico. Una valutazione dell’Ufficio Internazionale del Lavoro (Oil) fa<br />

pesare sulle violenze psicologiche in una azienda di 1000 dipendenti un coso<br />

di circa 150 mila euro. Alcuni studiosi, inoltre, affermano che un lavoratore<br />

vittima di mobbing ha un rendimento inferiore al 60% ed un costo per<br />

l’azienda del 180%. I danni alla salute del mobbizzato sono comprensibilmente molto gravi, ma<br />

anche l’azienda all’interno della quale si verificano episodi di Mobbing ne riporta serie conseguenze:<br />

La vittima non lavora più con gli stessi ritmi e la stessa efficienza: la sua produttività si riduce<br />

notevolmente. Le ricerche condotte dagli esperti di PRIMA hanno riscontrato cali di prestazione dovuti<br />

al Mobbing fino all’80% della capacità lavorativa<br />

individuale. L’azienda subisce direttamente i costi<br />

di questo fenomeno: essa infatti continua a<br />

sostenere economicamente il 100% della paga del<br />

mobbizzato e del mobber. Il mobbizzato manifesta<br />

problemi psicosomatici che lo costringono a lunghe<br />

e continuate assenze per malattia. La ditta ha un<br />

ulteriore aumento dei costi: deve sostituire il<br />

lavoratore mobbizzato durante la sua assenza per<br />

malattia o incaricare qualcuno di portare a termine<br />

il lavoro incompiuto o errato della vittima, cosa che<br />

questa persona forse svolgerà durante ore di<br />

lavoro straordinario. Il mobber stesso provoca gravi<br />

danni all’azienda: in primo luogo perchè compie<br />

spesso sabotaggi, che danneggiano l’azienda<br />

prima ancora della vittima; secondariamente<br />

perchè porta la vittima a compiere degli errori,<br />

anche questi costosi per la ditta; infine perchè<br />

dedica tra il 5% ed il 10% del suo tempo lavorativo<br />

alla progettazione ed<br />

esecuzione delle azioni<br />

mobbizzanti. Se il Mobbing è<br />

lasciato agire indisturbato,<br />

esso può giungere alla sua<br />

ultima fase, che vede la<br />

vittima costretta ad uscire dal<br />

mondo del lavoro, causando<br />

ancora gravi costi alla ditta,<br />

che deve trovare nuovo<br />

personale e predisporre<br />

nuova formazione. Nel caso<br />

in cui il lavoratore mobbizzato<br />

abbia subito un danno<br />

permanente alla sua capacità<br />

lavorativa, stabilito da perizie medico legali, egli<br />

può citare in giudizio l’azienda stessa, che in caso<br />

di perdita della causa può essere costretta a<br />

risarcirlo con somme di denaro anche ingenti.<br />

Possono verificarsi pesanti ripercussioni sul gruppo<br />

Nella foto una scena<br />

del film “Mi piace<br />

lavorare” della<br />

Comencini sulle<br />

angherie che molte<br />

donne sono<br />

costrette a subire sul<br />

posto di lavoro.<br />

Protagonista un'ottima<br />

Nicoletta Braschi.<br />

di lavoro. Si creano fazioni che disgregano la comunicazione e frammentano la produttività con serie<br />

ripercussioni sull’efficienza e l’efficacia dell’azienda.<br />

Un caso di mobbing a”lieto fine".<br />

Ora lavora da casa dove ha ritrovato la tranquillità. di Michela Dell'Amico<br />

Paolo, 53 anni, laureato, disegnatore in un'azienda di grafica, era vittima di mobbing orizzontale, cioè<br />

da parte dei suoi colleghi. Iniziò col denunciare una forte ansia sul posto di lavoro, un'intolleranza<br />

insostenibile di fronte ai continuati sforzi dei colleghi, "invidiosi" della sua posizione. Paolo si era<br />

trovato infatti a chiedere, legittimamente, un avanzamento di qualifica dato che, rispetto alla sua<br />

anzianità, alla competenza e alla formazione, era rimasto per molti anni ingessato, «ammuffito», nel<br />

ruolo di tecnico. Queste, che parevano "pretese" ai colleghi e al caposervizio, gli procurarono un<br />

improvviso e malcelato atteggiamento di "combutta", per cui tutti, in ufficio, tesero ad isolarlo, a<br />

maltrattarlo deliberatamente e in modo continuativo. La soluzione arrivò quando l'azienda, che<br />

vedeva comunque un vantaggio nel normalizzare l'atmosfera d'ufficio e continuare, intanto, ad<br />

avvalersi del contributo di Paolo, decise di organizzare per lui una postazione di tele-lavoro. In attesa<br />

della pensione poté allontanarsi dell'ambiente mobbizzante con un immediato sollievo per la sua<br />

salute psico-fisica e allo stesso tempo continuare da casa il suo lavoro. «La soluzione è stata ideale<br />

in questo caso, spiega l'avv. Cristiani, perché in questi casi ottenere un risarcimento che sostituisca i<br />

due, tre anni lavorativi prima della pensione sarebbe stato troppo oneroso per l'azienda e, d'altro<br />

canto, sarebbe stato impensabile proporre un risarcimento "normale" in attesa di una nuova<br />

occupazione per una persona in attesa del pensionamento». Il risultato fu che l'azienda installò a<br />

casa di Paolo la sua postazione, con computer, programmi e via dicendo. Venne comunque prevista<br />

una frequenza in ufficio di una mattina ogni due settimane, con un sorprendente risultato. La qualità<br />

del lavoro migliorò sensibilmente e quando si presentava in ufficio l'effetto del provvedimento fu<br />

sbloccante sui mobbizzanti, nel senso che lo accoglievano come in una "rimpatriata".<br />

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