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La salute come bene comune nel Welfare delle opportunità Atti del V congresso nazionale della cooperazione di medicina generale Fiuggi 2010 a cura di Gianfranca Ranisio Valentina Mazzacane con saggio introduttivo di Crescenzo Simone

La salute come bene comune nel<br />

Welfare delle opportunità<br />

Atti del V congresso nazionale della cooperazione<br />

di medicina generale Fiuggi 2010<br />

a cura di<br />

Gianfranca Ranisio Valentina Mazzacane<br />

con saggio introduttivo di Crescenzo Simone


ANCoM Commentarii<br />

Comitato redazionale:<br />

Crescenzo Simone, Campania<br />

Antonio Di Malta, Lombardia<br />

Giovanni Arpino, Campania<br />

Gianmario Massazza, Liguria<br />

Fabrizio Muscas, Toscana<br />

Domenico Quadrelli, Lazio<br />

Ernesto Salerni, Abruzzo<br />

www.ancomitalia.it<br />

«La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di<br />

speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura,<br />

con gli opportuni controlli, <strong>il</strong> carattere e le finalità»<br />

(Costituzione Italiana - Articolo 45)<br />

Finito di stampare nel mese di ottobre 2010<br />

nella tipografia Stampa Editoriale s.r.l. - Manocalzati (Av)


A Vanda Spoto1 1<br />

«Se <strong>il</strong> chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo;<br />

se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24).<br />

1<br />

Presidente Legacoop Campania e promotrice del Movimento Shalom, scomparsa prematuramente <strong>il</strong> 29/07/2011


Ringraziamenti<br />

Il personale della Samnium Medica, della Samnium Project e dell’ANCoM, che si<br />

è adoperato nell’organizzazione del Congresso.<br />

I relatori che hanno contribuito all’invio delle relazione e dei documenti revisionati.<br />

Un ringraziamento speciale ad Antonella Simone che ha supportato con pazienza e<br />

passione la complessa rete relazionale che sta dietro al nostro lavoro editoriale.<br />

Un ringraziamento infine a Mariamichela Moccia per l’aiuto nella correzione<br />

delle bozze.


FILASTROCCA DELLE COSE NEL TEMPO<br />

“È inut<strong>il</strong>e che <strong>il</strong> fiore<br />

Voglia essere frutto<br />

Con polpe dolci e buone<br />

Deve passare prima la stagione<br />

L’acqua della sorgente<br />

Non può essere mare<br />

Con le onde e le schiume<br />

Deve passare prima un lungo fiume<br />

E mai nessun bambino<br />

Potrà crescere in fretta<br />

Solo cambiando i panni<br />

Ci sono prima i giorni, i mesi e gli anni<br />

C’è prima la partenza<br />

Poi vengono i ritorni<br />

La strada è la pazienza<br />

I piedi sono i giorni”<br />

INVERSI, di Bruno Tognolini


SOMMARIO<br />

Presentazioni .................................................................................................................15<br />

Gianfranca Ranisio<br />

Valentina Mazzacane<br />

Introduzione: Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed innovazione:<br />

l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo................................................................23<br />

Crescenzo Simone<br />

Capitolo 1: Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

1.1 Lectio Magistralis: le sfide della sanita’ del 21° secolo ....................................41<br />

Walter Ricciardi<br />

1.1.1 L’aumento dei bisogni..................................................................................41<br />

1.1.2 La gestione dei bisogni.................................................................................44<br />

1.2 Le cooperative fra mmg per la gestione delle UCCP negli accordi regionali.<br />

appropriatezza e qualità dei servizi alla professione .......................................50<br />

Antonio Di Malta<br />

1.3 Diritti e partecipazione ........................................................................................57<br />

Alessio Terzi<br />

1.4 La sanità territoriale...............................................................................................64<br />

Carmelo Scarcella, Fulvio Lonati<br />

1.5 Territorio, deospedalizzazione, dimissioni protette.............................................70<br />

Enrico Bollero<br />

1.6 Federalismo: finanziamento del fabbisogno e costi standard .......................72<br />

Cesare Cislaghi<br />

Capitolo 2: Tavola rotonda: l’assistenza primaria nell’Italia federata: servizi<br />

territoriali e cooperazione medica<br />

2.1 Introduzione...........................................................................................................79<br />

Crescenzo Simone


Sommario<br />

2.2 Il ruolo del sindacato fimmg rispetto alle cooperative di medicina<br />

generale.................................................................................................................79<br />

Giacomo M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo<br />

2.3 Il rapporto tra la medicina generale e Federsanità-ANCI...............................81<br />

Att<strong>il</strong>io Bianchi<br />

2.4 Legacoop e le cooperative di medicina generale..........................................82<br />

Giorgio Gemelli<br />

2.5 Interoperab<strong>il</strong>ità e sistemi organizzativi per le UCCP..........................................84<br />

Giorgio Moretti<br />

2.6 Federalismo fiscale e assistenza sanitaria...........................................................86<br />

Vincenzo D’Anna<br />

Capitolo 3: Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure del futuro<br />

3.1 La non autosufficienza nelle politiche europee................................................89<br />

Grazia Labate<br />

3.2 Costruire un nuovo welfare, da state a community.......................................101<br />

Antonio Calicchia<br />

3.3 La salute in rete: la collaborazione tra gli operatori e <strong>il</strong> cittadino ................105<br />

Angelo Rossi Mori<br />

3.4 Sanità elettronica e unità complesse di cure primarie ..................................110<br />

Marco Visconti<br />

3.5 Governo clinico e banche dati nell’esperienza campana...........................114<br />

Giovanni Arpino<br />

3.6 Il ruolo della medicina generale nel governo clinico aziendale...................115<br />

Att<strong>il</strong>io Bianchi<br />

3.7 Responsab<strong>il</strong>ità per <strong>il</strong>lecito trattamento dei dati personali- privacy..............117<br />

Federico Bergaminelli<br />

3.8 Il secondo p<strong>il</strong>astro in ambito socio-sanitario e socio-assistenziale: i fondi<br />

sanitari integrativi................................................................................................120<br />

Placido Putzolu<br />

3.9 Le farmacie nella rete dei servizi.......................................................................123<br />

Michele Di Iorio<br />

3.10 Assistenza primaria, presidi territoriali e diagnostica di laboratorio..............125<br />

Vincenzo D’Anna


La salute come bene comune nel Welfare delle opportunità<br />

Capitolo 4: Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la<br />

promozione della salute<br />

4.1 Le aziende termali nella promozione della salute..........................................129<br />

Renato Del Monaco<br />

4.2 Il ruolo dei comuni termali all’interno dell’assistenza sanitaria del territorio...131<br />

Fabrizio Martini<br />

4.3 Le UCCP nella riorganizzazione dell’assistenza primaria................................133<br />

Franco Carrano<br />

4.4 Il settore termale nella riorganizzazione dell’assistenza primaria a 10 anni<br />

dalla legge 323 ...................................................................................................136<br />

Aurelio Crudeli<br />

4.5 Attività motoria e promozione della salute nelle politiche europee............138<br />

Fausto Felli<br />

4.6 “Dieciannidivitainpiu”: un progetto aifa tra ospedale e territorio da<br />

proporre negli stab<strong>il</strong>imenti termali.....................................................................142<br />

Domenico Caruso<br />

4.7 La fondazione per la ricerca scientifica termale (forst) e la medicina<br />

generale: progetti possib<strong>il</strong>i.................................................................................145<br />

Mauro Vaccarezza, Marco Vitale<br />

Capitolo 5: Seminari paralleli<br />

5.1 Governo clinico e banche dati nell’esperienza campana...........................149<br />

5.1.1 Alleanza per <strong>il</strong> diabete: studio sulla gestione integrata del diabete Mellito in<br />

Campania......................................................................................................................... 149<br />

Giovanni Arpino, Umberto De Cam<strong>il</strong>lis<br />

5.2 La gestione del paziente iperteso tra ospedale e territoriio..........................152<br />

5.2.1 Gli errori nell’approccio alle emergenze ipertensive................................. 152<br />

Alfonso Ilardi<br />

5.3 La comunicazione al paziente e i cambiamenti dello st<strong>il</strong>e di vita................157<br />

Daniela Scala<br />

5.4 Residenzialità e domic<strong>il</strong>iarità: <strong>il</strong> ruolo della cooperazione.............................160<br />

5.4.1 L’esperienza della regione Piemonte............................................................. 160<br />

Enrico Chiara


Sommario<br />

5.5 Un progetto per una sanità moderna vicina ai bisogni del paziente; questo è <strong>il</strong><br />

progetto Ippocrate ...............................................................................................168<br />

Meri Nannucci<br />

5.6 Integrazione socio-sanitaria e cooperazione medica...................................169<br />

5.6.1 L’esperienza della regione Campania........................................................... 169<br />

Pier Luigi Cerato<br />

5.7 Integrazione Socio - Sanitaria e complessità dei bisogni ..............................173<br />

Gianfranca Ranisio<br />

5.8 La medicina telematica nella promozione delle UCCP.................................179<br />

5.8.1 Il ruolo delle Società Scientifiche...................................................................... 179<br />

Giancarmine Russo<br />

5.9 Chronic care model: l’esperienza toscana ed <strong>il</strong> ruolo della cooperazione<br />

medica..................................................................................................................184<br />

5.9.1 La cooperazione medica nella gestione dei servizi alle cure primarie .184<br />

Maurizio Pozzi<br />

5.10 Le cooperative di medicina generale: governance societaria e modelli di<br />

gestione ................................................................................................................186<br />

5.10.1 Cooperative per la gestione delle UCCP ................................................... 186<br />

Gianfranco Piseri<br />

5.11 Mission della Cooperativa di Medici Medicina Generale ............................187<br />

Mauro Iengo<br />

5.12 Ma la UCCP potrà esistere senza una cooperativa? ....................................193<br />

Antonio Tartaglione<br />

5.13 Sistemi gis, reti nodali e dati sanitari: nuove opportunità per gli studi clinici e<br />

gestionali...............................................................................................................197<br />

5.13.1 Reti di Associazioni Farmacologiche ............................................................ 197<br />

Mario De Santis<br />

5.14 Personale di studio gestito dalle cooperative di medicina generale: prof<strong>il</strong>i,<br />

formazione, fondi, opportunità............................................................................203<br />

5.14.1 Prof<strong>il</strong>i Professionali del Personale di studio .................................................. 203<br />

Dario Gris<strong>il</strong>lo<br />

5.15 Modelli, contratti, tipologie di gestione dei dipendenti e dei rapporti con i<br />

soci in una Coop di MMG...................................................................................205<br />

Alberto Morellini<br />

5.16 Fiscalità e committenza nella cooperazione di medicina generale ...........210<br />

5.16.1 Integrazione Socio-Sanitaria............................................................................ 210<br />

Maria Concetta Mazzeo, Mina Le Rose


La salute come bene comune nel Welfare delle opportunità<br />

5.17 Fiscalità e committenza nella cooperazione di medicina generale............215<br />

Crescenzo Simone<br />

Capitolo 6: Percorso formativo ECDL Health, le sue origini, i suoi obiettivi e gli<br />

sv<strong>il</strong>uppi futuri<br />

6.1 ECDL Health ........................................................................................................219<br />

Capitolo 7: Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria:<br />

prospettive possib<strong>il</strong>i<br />

7.1 Le cooperative negli accordi integrativi della Campania............................225<br />

Giorgio Massara<br />

7.2 Previdenza integrativa........................................................................................227<br />

Franco Pagano<br />

7.3 UCCP e cooperative: dove va la medicina generale? ................................230<br />

S<strong>il</strong>vestro Scotti<br />

7.4 Il progetto salute legacoop .............................................................................243<br />

Giorgio Gemelli


LEGENDA DELLE SIGLE CONTENUTE NEL TESTO<br />

AA.CC.NN.<br />

ACN<br />

AD<br />

ADI<br />

AFT<br />

AMD<br />

ANCOT<br />

ANR<br />

BDA<br />

COVIP<br />

CUP<br />

DSB<br />

ECM<br />

FdP<br />

FoRST<br />

GISAP<br />

ICT<br />

LEA<br />

MG<br />

MMG<br />

NCP<br />

NHS<br />

OD<br />

OdC<br />

OMS<br />

PCT<br />

PDTA<br />

PLS<br />

PTMG<br />

RSA<br />

SAD<br />

SSN<br />

UCAM<br />

UCP<br />

UCCP<br />

UMG<br />

UTAP<br />

Accordi Collettivi Nazionali<br />

Accordo Collettivo Nazionale<br />

Assistenza Domic<strong>il</strong>iare<br />

Assistenza Domic<strong>il</strong>iare Integrata<br />

Aggregazione Funzionale Territoriale<br />

Associazione Medici Diabetologi<br />

Associazione Nazionale comuni Termali<br />

Associazione Non Riconosciuta<br />

Banca Dati Assistiti<br />

Commissione di vig<strong>il</strong>anza sui fondi pensione<br />

Centro Unico Prenotazioni<br />

Distretto Sanitario di Base<br />

Educazione continua in medicina<br />

Fattori di Produzione<br />

Fondazione per la Ricerca Scientifica Termale<br />

Gruppo indipendente per lo studio dell’Assistenza Primaria<br />

Information and Communication Technology<br />

Livelli Essenziali di Assistenza<br />

medico di medicina generale<br />

medici di medicina generale<br />

Nuclei Cure Primarie<br />

National Health Service<br />

Ospedale Distrettuale<br />

Ospedale di Comunità<br />

Organizzazione Mondiale della Sanità<br />

Primary Care Trust<br />

Percorsi Diagnostici Terapeutici e Assistenziali<br />

Pediatria di libera scelta<br />

Presidio Territoriale di Medicina Generale<br />

Residenza sanitaria assistenziale<br />

Servizi di Assistenza domic<strong>il</strong>iare<br />

Servizio Sanitario Nazionale<br />

Unità di Continuità Assistenziale Multidimensionale<br />

Unità Cure Primarie<br />

Unità Complesse di Cure Primarie<br />

Unità di Medicina Generale<br />

Unità Territoriale Assistenza Primaria


Presentazioni<br />

Gianfranca Ranisio 1<br />

La pubblicazione di questi Atti mi sollecita ad alcune considerazioni, tenendo<br />

conto che nel mio caso, essendo io un’antropologa, si è trattato di r<strong>il</strong>eggere i<br />

testi e riorganizzare l’ampia documentazione che è stata qui raccolta, con lo<br />

sguardo di chi è esterno rispetto al mondo medico e alle problematiche della<br />

cooperazione medica, ma è interessato a cogliere nelle sue sfaccettature e nella<br />

sua complessità <strong>il</strong> rapporto salute-società e ritiene che in questo rapporto <strong>il</strong> ruolo<br />

dell’assistenza primaria sia di fondamentale importanza. Infatti, come r<strong>il</strong>eva Laura<br />

Balbo: “Le pratiche della cura sono una dimensione fondamentale della società<br />

in cui viviamo; in un certo senso, ne sono espressione paradigmatica…” (1999).<br />

Considerando, pertanto, di prioritario interesse <strong>il</strong> rapporto salute-società e <strong>il</strong> modo<br />

complesso e articolato in cui tale rapporto si configura nelle società in cui i sistemi<br />

sanitari sono a carattere pubblico, come nella nostra, particolare attenzione si<br />

deve rivolgere alle trasformazioni della società e al modo in cui queste incidono<br />

sui ruoli sociali degli attori e sui processi di produzione del sapere in campo sanitario,<br />

senza dare per scontati i presupposti che sono alla base di decisioni e iniziative<br />

nel campo dell’assistenza sanitaria (Sepp<strong>il</strong>li 2004, p.62; Fainzang 2006, p.20).<br />

In tale ottica ritengo si possano leggere questi Atti. Infatti, anche dalle relazioni al<br />

convegno emergono riferimenti r<strong>il</strong>evanti al contesto sociale e politico entro cui<br />

vengono attuate sia le politiche sanitarie, sia gli interventi di promozione che di<br />

educazione alla salute.<br />

Dagli atti nel loro complesso, al di là dei contenuti dei singoli interventi, emergono<br />

alcuni elementi comuni, ai quali i medici di medicina generale qui rappresentati<br />

intendono riferirsi, quali da un lato <strong>il</strong> sistema di valori collegato al mondo<br />

dell’assistenza primaria, le opzioni etico-politiche, che sono alla base delle concezioni<br />

della presa in carico e della cura nell’approccio alla salute, riscontrab<strong>il</strong>i<br />

attraverso le preferenze per una medicina patient-centered e per una medicina<br />

d’iniziativa più che di attesa, dall’altro le metodologie e gli strumenti di cui dotarsi<br />

per <strong>il</strong> migliore svolgimento della propria professione.<br />

1<br />

Docente di Antropologia Culturale, Coordinatrice del Master in: Politiche e Sistemi Sociosanitari, organizzazione,<br />

management e coordinamento, Facoltà di Sociologia, Università Federico II Napoli.<br />

15


Presentazione<br />

In linea con la necessità di ridare spazio al territorio e riportare al centro l’assistenza<br />

primaria nel rapporto salute-società, di fronte alla forte settorializzazione<br />

delle professionalità mediche e alla tecnicizzazione delle pratiche diagnostiche,<br />

l’articolazione di contributi di questa pubblicazione rende conto degli apporti<br />

che provengono non solo da altri settori del mondo medico e delle professioni<br />

sanitarie, ma anche da altri ambiti scientifici, ponendo in evidenza come compiti<br />

e funzioni del mmg. tendano a diventare sempre più complessi.<br />

Le mie considerazioni, nell’accompagnare questi Atti, si riferiscono a questo convegno,<br />

ma con uno sguardo più lungo poiché si dipanano tenendo conto di<br />

un arco temporale che comprende anche i quattro convegni precedenti. Sulla<br />

base di una collaborazione pluriennale instauratasi con la Samnium Medica<br />

prima e con l’Ancom poi, ho avuto la possib<strong>il</strong>ità di seguire i convegni nazionali<br />

organizzati con cadenza annuale dal movimento delle cooperative mediche a<br />

Fiuggi, dal 2006 al 2010. Sono stati convegni aperti a personalità delle istituzioni,<br />

della cooperazione, delle società scientifiche, del mondo universitario, dei sindacati<br />

e delle associazioni mediche e hanno, pertanto, rappresentato importanti<br />

momenti di confronto sulla situazione della medicina generale in Italia e sul ruolo<br />

che le cooperative mediche possono svolgere nei processi di cambiamento in<br />

atto (Ranisio, Simone 2010). Si sono configurati come strategici per l’affermazione<br />

e la crescita del cooperativismo medico, che intende porsi come risorsa per la<br />

“ristrutturazione” del sistema sanitario nazionale.<br />

In particolare, i convegni sono stati un’occasione per riflettere e condividere una<br />

serie di esperienze sorte in modo spontaneo sul territorio, dalle esperienze di erogazione<br />

dei servizi ai soci e di gestione di servizi socio-sanitari, alla costituzione di<br />

nuclei territoriali di cure primarie attivi in differenti realtà regionali.<br />

I Convegni, inoltre, hanno avuto una funzione r<strong>il</strong>evante per la costruzione e <strong>il</strong><br />

mantenimento di una rete nazionale, diffusa e consolidata, che unisce insieme<br />

soggetti ed esperienze contribuendo al delinearsi di più chiare prospettive e fornendo<br />

un apporto perché la cooperazione medica emerga come soggetto attivo<br />

di cambiamenti.<br />

Su questa linea, anche in questo Convegno temi centrali sono stati la cooperazione<br />

medica e <strong>il</strong> suo ruolo rispetto alla ridefinizione dell’assistenza primaria nel<br />

processo di riorganizzazione sanitaria, <strong>il</strong> tipo di strumenti che sono indispensab<strong>il</strong>i<br />

per la gestione stessa delle cooperative, <strong>il</strong> tipo di servizi che queste possono fornire<br />

ai propri soci, <strong>il</strong> ruolo che possono svolgere rispetto sia alla ricerca nell’ambito<br />

dell’assistenza primaria, che alla prevenzione ed educazione alla salute.<br />

La pubblicazione di questi Atti risponde all’esigenza di fare un primo b<strong>il</strong>ancio di<br />

questo percorso che si è andato delineando e arricchendo lungo questi anni, ma<br />

16


La salute come bene comune nel Welfare delle opportunità<br />

può anche servire – è questo <strong>il</strong> nostro auspicio- a far conoscere ad un pubblico più<br />

ampio di quello degli addetti ai lavori quanto si sta sperimentando in questo settore.<br />

Si è perciò inteso mantenere, attraverso la ricchezza dei contributi, l’ampiezza<br />

di tematiche e prospettive, poiché, secondo l’impostazione data dagli organizzatori<br />

del convegno, questa articolazione poteva promuovere lo scambio ed <strong>il</strong><br />

confronto tra professionisti di diversi settori, mantenendo <strong>il</strong> rapporto tra la specificità<br />

e anche la settorialità di alcune tematiche e la loro trasversalità.<br />

Nel dibattito, negli interventi, sono emerse, anche in modo vivace, le criticità del<br />

ruolo e delle funzioni del mmg e del rapporto tra cooperative mediche e SSN.<br />

Ritengo pertanto che questa lettura possa costituire una finestra importante sul<br />

mondo della cooperazione medica e, attraverso di esso, sulle trasformazioni di<br />

questo settore della professione medica, verificatisi soprattutto nell’ultimo decennio.<br />

Nei paesi occidentali i sistemi sanitari già dagli anni Ottanta sono stati soggetti a<br />

trasformazioni profonde, con l’introduzione di varie forme di management nella<br />

gestione dell’assistenza e questo ha fatto sì che molti medici abbiano vissuto<br />

questo processo come una deprofessionalizzazione, sentendo minacciata la loro<br />

autonomia professionale (F<strong>il</strong>c 2006). Questo fenomeno ha riguardato in modo<br />

particolare la medicina generale ma, nello specifico della situazione italiana, è<br />

stato anche uno stimolo alla sua riorganizzazione dall’interno (Cipolla C., Corposanto<br />

C., Tousijn 2006; Giarelli G., Patierno M. 2006).<br />

Se alla fine di questa lettura ci si chiede che tipo di intellettuale è oggi <strong>il</strong> mmg.,<br />

come è cambiata la sua figura e <strong>il</strong> suo ruolo nella società, emerge quale punto<br />

fermo la volontà del recupero dell’antica dimensione di medico della persona,<br />

per citare <strong>il</strong> titolo di un libro di successo (Salvestroni 1973), ma con lo sguardo<br />

rivolto al futuro, attraverso l’impiego delle nuove tecnologie e <strong>il</strong> continuo aggiornamento.<br />

Infatti, ed appare evidente dai contributi qui presentati, <strong>il</strong> mmg oggi deve possedere<br />

competenze non solo clinico-diagnostiche, ma anche di informatica e di<br />

tecnica gestionale amministrativa. Se infatti i cambiamenti nell’organizzazione<br />

sanitaria, le pressioni economiche sulle scelte, la necessità di un aggiornamento<br />

continuo, la diffusione di tecnologie sempre più specializzate nella diagnostica e<br />

nelle cure, hanno reso diffic<strong>il</strong>e mantenere le competenze e soddisfare le aspettative<br />

dei pazienti, tuttavia, come ricerche internazionali hanno posto in evidenza,<br />

l’introduzione dei supporti informatici e la telemedicina stanno producendo<br />

nuove modalità di relazione con i pazienti e possono contribuire alla qualità<br />

dell’assistenza (Mechanic 2008).<br />

17


Presentazione<br />

L’associazione in cooperativa può rivelarsi allora ut<strong>il</strong>e anche di fronte a questi<br />

mutamenti perché consente di superare le difficoltà relative a tali trasformazioni<br />

fornendo sia la possib<strong>il</strong>ità di dotarsi di uno strumentario elettronico adeguato, sia<br />

gli stimoli necessari, permettendo un immediato accesso alle informazioni e un<br />

controllo sui dati clinici. Anche rispetto alla riorganizzazione dell’assistenza primaria<br />

e all’istituzione delle UCCP, previste secondo l’ultimo ACN, le cooperative<br />

mediche, in quanto società di servizio, possono fornire gli strumenti e <strong>il</strong> supporto<br />

organizzativo necessari.<br />

Queste nuove esigenze comportano <strong>il</strong> superamento della figura tradizionale del<br />

medico di famiglia che operava in forma solitaria, verso forme aggregative, secondo<br />

una linea di tendenza presente anche in altri paesi ed analizzata nella letteratura<br />

(Damiani 2007).<br />

Il medico in cooperativa rappresenta perciò oggi una nuova figura di intellettuale,<br />

poiché si trova a dover sv<strong>il</strong>uppare capacità manageriali e gestionali amministrative,<br />

a dover fare una formazione continua a tutto campo, nella quale oltre<br />

alla preparazione tecnico-professionale, egli deve acquisire conoscenze e competenze<br />

aggiuntive che gli consentano di lavorare in un’ottica di lavoro integrato.<br />

L’immagine che emerge perciò da questa lettura è quella di una figura complessa<br />

e in trasformazione, che deve stare al passo con l’innovazione tecnologica<br />

e informatica, oltrechè clinico-professionale, ma che continua a costituire a<br />

tutt’oggi una figura di cerniera tra la domanda di salute, i bisogni dei pazienti e<br />

le risposte e gli interventi messi in atto dalle istituzioni.<br />

L’organizzazione degli Atti intende dare conto di tale complessità e ampiezza di<br />

prospettive.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

Balbo L. (1999), introduz. a Demetrio D. et alii, Il libro della cura di sé degli altri del mondo, Rosenberg<br />

& Sellier, Torino.<br />

Cipolla C., Corposanto C., Tousijn (2006), I medici di medicina generale in Italia, Franco Angeli, M<strong>il</strong>ano<br />

Damiani G. et alii (2007), Assistenza primaria: significato e prospettive di sv<strong>il</strong>uppo organizzativo, Organizzazione<br />

sanitaria, (2), pp. 3-16<br />

Fainzang S. (2006), Antropologia e medicina: riflessioni epistemologiche sulla co-disciplinarità nella<br />

ricerca, AM (21-22),pp. 11-24<br />

F<strong>il</strong>c D. (2006), Physician as ‘Organic Intellectuals’. A Contribution to the Stratification versus Deprofessionalization<br />

Debate, Acta Sociologica, 49, pp. 273-285<br />

Giarelli G., Patierno M. (2006), a cura, Medici in associazione. Esperienze, problemi e prospettive<br />

dell’associazionismo in medicina generale, Franco Angeli, M<strong>il</strong>ano<br />

Mechanic D. (2008), Rethinking Medical Professionalism: The Role of Information Technology and<br />

Practice Innovations, The M<strong>il</strong>bank Quarterly, 86 (2), pp. 327-358<br />

Ranisio G., Simone C. (2010), Oltre le convenzioni. La cooperazione di medicina generale nell’esperienza<br />

del Sannio campano, Cues, Salerno<br />

Salvestroni F. (1973), Il medico della persona, Vallecchi, Firenze<br />

Sepp<strong>il</strong>li T. (2004), Introductory Speech- Medical Anthropology, Welfare State and Political Engagement,<br />

AM, (17-18) pp. 41-69.<br />

18


La salute come bene comune nel Welfare delle opportunità<br />

Valentina Mazzacane 2<br />

La presente pubblicazione riunisce gli Atti e non solo del V Congresso Nazionale<br />

di Fiuggi - organizzato dall’Associazione Nazionale delle Cooperative Mediche<br />

(ANCoM) in collaborazione con Federsanità ANCI- costituendo, ancora una volta,<br />

un’occasione importante per affrontare <strong>il</strong> tema dell’attuale crisi del Welfare<br />

e la conseguente riorganizzazione della Medicina Generale in chiave cooperativistica.<br />

“L’associazionismo cooperativo nell’assistenza primaria si sta rivelando uno strumento<br />

prezioso per affrontare la nuova complessità della professione del medico<br />

di medicina generale nell’era dello sv<strong>il</strong>uppo dalla scienza e della tecnica. Le<br />

cooperative di medicina generale, forme associative con personalità giuridica e<br />

capacità d’impresa, liberano <strong>il</strong> medico da tutti gli aspetti organizzativi e gestionali,<br />

consentendogli di dedicarsi alle attività ed ai compiti clinici e di promozione<br />

della salute per la soddisfazione dei bisogni, sanitari ed assistenziali, delle comunità<br />

e degli individui a loro affidati.”<br />

È in un contesto così innovativo che opera l’ANCoM, attraverso la tutela e <strong>il</strong> coordinamento<br />

dell’azione politica e istituzionale delle cooperative mediche, per<br />

favorire la partecipazione dei Medici di Medicina Generale alla gestione dei processi<br />

delle cure primarie e all’ottimizzazione dei costi di gestione in relazione alle<br />

strutture, al personale e alle utenze di servizio.<br />

Gli Atti sono la testimonianza più esplicita e chiara dei contenuti di un Convegno.<br />

Questo di Fiuggi così organico e complesso, contiene sia relazioni generali e specifiche,<br />

che seminari paralleli volti ad approfondire le tematiche di maggiore interesse.<br />

Tuttavia questo testo non rappresenta solo una mera raccolta di atti, ma<br />

contiene anche contributi provenienti dal mondo Accademico ed Istituzionale<br />

come nel caso della lectio magistralis del Prof. Walter Ricciardi, Direttore dell’Istituto<br />

di Igiene dell’Università Cattolica di Roma, e delle relazioni del Prof. Bollero,<br />

Direttore Generale del Policlinico Tor Vergata, e della Prof.ssa Labate, ricercatrice<br />

in Economia Sanitaria presso l’Università di York U.K. e coordinatrice del tavolo<br />

tecnico del Ministero della salute per <strong>il</strong> decreto sui fondi sanitari integrativi.<br />

L’Organizzazione del Convegno ricerca un modo di lavorare altamente partecipativo:<br />

si è inteso affrontare le tematiche emergenti sia durante <strong>il</strong> dibattito della<br />

Tavola Rotonda sulla Medicina Generale che attraverso la costruzione della prima<br />

giornata del Convegno acutamente strutturata in due sessioni plenarie, mattutina<br />

e pomeridiana, articolazione che ha reso i partecipanti tutti egualmente<br />

impegnati nella discussione. I seminari attraversano i vari aspetti della pratica del<br />

2<br />

Dottoressa Magistrale in Biotecnologie Molecolari - Biologa<br />

19


Presentazione<br />

buon dottore, per poi individuare alcuni temi centrali nelle sedute plenarie che si<br />

sono focalizzate su problemi e prospettive della cooperazione medica, tenendo<br />

conto anche degli apporti dei convegni precedenti lungo tre assi tematici: la cooperazione<br />

medica, l’integrazione socio-sanitaria, le risorse per le cure primarie<br />

extra-sanità.<br />

I seminari, costruiti attraverso sessioni di lavoro in contemporanea e momenti<br />

di assemblea plenaria, hanno permesso lo svolgimento dei lavori attraverso la<br />

presentazione di esperienze e la discussione di gruppo su tematiche specifiche,<br />

i cui risultati sono stati poi presentati nelle sedute plenarie della seconda giornata<br />

del Convegno favorendo la condivisione del sapere e la partecipazione.<br />

Accanto a queste, o all’interno di queste linee, si sono individuati nuclei problematici<br />

specifici, che rappresentano ambiti di incontro, confronto e progettazione.<br />

Per l’elaborazione degli atti sono state ut<strong>il</strong>izzate le registrazioni audio e video effettuate<br />

da un cameraman presente per l’intera durata del Convegno. La sbobinatura<br />

delle relazioni corrisponde alla fedele trascrizione su supporto cartaceo<br />

del materiale audio-visivo. Per ciascun intervento delle cinque sessioni plenarie,<br />

articolate durante le tre giornate del Convegno, è stato elaborato un documento<br />

riportante integralmente la relazione, i cui contenuti sono stati, poi, condivisi e<br />

revisionati dai relatori per adattarli ai fini redazionali.<br />

Il lavoro di sbobinatura sembra apparentemente semplice, ma richiede, invece,<br />

notevoli doti grammaticali, padronanza del linguaggio tecnico del settore, conoscenza<br />

dell’argomento trattato, nonché una buona dose di pazienza. Questa<br />

prevede due tipologie di trascrizione: una letterale, “parola per parola” comprese<br />

le interiezioni e gli intercalari e una in cui l’italiano parlato viene modificato in<br />

italiano corretto, rendendo così <strong>il</strong> testo maggiormente fruib<strong>il</strong>e.<br />

La difficoltà maggiore che è stata riscontrata durante la fase di sbobinatura riguardava<br />

la riproduzione scritta del linguaggio parlato, spesso influenzato dallo<br />

stato emozionale del soggetto.<br />

A tal proposito la prof.ssa Solarino nel testo Didattica della lingua Italiana afferma<br />

che “Innanzitutto, quando si scrive non si può contare sul contesto, intendendo<br />

con questo termine <strong>il</strong> contesto situazionale, cioè <strong>il</strong> tempo, <strong>il</strong> luogo, le persone presenti<br />

nella comunicazione. Il testo scritto non è ancorato al momento e al luogo<br />

in cui è prodotto, ma deve poter dire qualcosa in ogni luogo e ad ogni persona.<br />

Questa proprietà costringe chi scrive a decontestualizzarsi, a decentrarsi e ad<br />

adottare <strong>il</strong> punto di vista di una persona che nel momento in cui scrive non è<br />

presente. Un testo orale è personale. Viene prodotto in un momento preciso, in<br />

un luogo preciso e per un interlocutore specifico. È unico, ed è valido solo per<br />

una determinata situazione. Il testo scritto invece è impersonale, adatto ad ogni<br />

situazione e ad ogni persona.”<br />

20


La salute come bene comune nel Welfare delle opportunità<br />

Nella pubblicazione degli atti si è voluto mantenere <strong>il</strong> carattere talvolta dialettico<br />

e spontaneo di alcune relazioni, con citazioni e aneddoti riportati dagli stessi<br />

intervenuti così da restituire la spontaneità degli apporti e la coralità di consensi,<br />

nonché l’innesco di provocazioni che evolvono in dibattiti su temi già affrontati,<br />

ma che si ripresentano sempre attuali.<br />

Relativamente ai seminari paralleli tenutisi nella giornata di sabato, non è stato<br />

possib<strong>il</strong>e effettuare una ripresa video, pertanto gli articoli presenti nel Capitolo V<br />

sono frutto di un impegno maggiore richiesto agli intervenuti, che hanno riscritto<br />

a posteriori le relazioni.<br />

Gli argomenti trattati nel libro non seguono sempre <strong>il</strong> percorso logico-temporale<br />

del Convegno; è stata data al tema sul Termalismo una importanza centrale<br />

visto <strong>il</strong> crescente interesse che <strong>il</strong> Sistema Sanitario Nazionale affida alla promozione<br />

della salute che si attua all’interno di stab<strong>il</strong>imenti termali fortemente legati<br />

al territorio.<br />

Sin dal primo convegno nel 2006, Fiuggi ha rappresentato, per <strong>il</strong> mondo della<br />

cooperazione, un luogo ideale per discutere sulle nuove frontiere della salute.<br />

È stato anche introdotto un capitolo a cura dell’AICA nella convinzione che l’EC-<br />

DL – Health stia assumendo un’importanza sempre maggiore nelle professioni<br />

mediche e sanitarie. L’ultimo capitolo riprende invece le linee generali affrontate<br />

precedentemente.<br />

La realizzazione del testo ha richiesto un impegno e un lavoro lungo e continuativo,<br />

sia per la raccolta dei materiali che per la rielaborazione dei contenuti, giustificando<br />

pertanto <strong>il</strong> ritardo con cui è stato pubblicato <strong>il</strong> secondo <strong>volume</strong> della<br />

collana ANCoM commentarii rispetto al primo.<br />

Il saggio introduttivo curato da Crescenzo Simone, Referente Nazionale ANCoM,<br />

rappresenta una riflessione sulla cooperazione di medicina generale in Italia vista<br />

con gli occhi di un operatore che vive e sperimenta ogni giorno, con i suoi<br />

pazienti, la professione di medico per la salute come Bene Comune. Questi sono<br />

i presupposti essenziali per la Ri-fondazione della medicina generale “proposta<br />

per offrire alle cure primarie una Medicina Generale più efficace ed efficiente<br />

per <strong>il</strong> sistema e più motivante e gratificante per i professionisti”.<br />

21


Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed<br />

innovazione: l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo<br />

Crescenzo Simone 1 “E debbasi considerare come non è cosa più diffic<strong>il</strong>e a trattare, né più dubbia<br />

a riuscire, né più pericolosa a maneggiare, che farsi a capo ad introdurre nuovi ordini. Perché lo<br />

introduttore ha per nimici tutti quelli che delli ordini vecchi fanno bene, et ha tepidi defensori tutti<br />

quelli che delli ordini nuovi farebbono bene.<br />

La quale tepidezza nasce, parte per paura delli avversarii, che hanno le leggi dal canto loro, parte<br />

dalla incredulità delli uomini; li quali non credano in verità le cose nuove, se non ne veggono nata<br />

una ferma esperienza.<br />

Niccolò Machiavelli, Il Principe, cap. 6 Premessa<br />

Non stanno scorrendo tempi normali. L’oggi per l’assistenza primaria e per la medicina<br />

generale rappresenta un diffic<strong>il</strong>e passaggio che la modifica nella sostanza<br />

e nella forma, paragonab<strong>il</strong>e, forse, ai primi decenni dell’Unità d’Italia con la<br />

diffusione delle condotte mediche in tutte le comunità del nuovo stato unitario,<br />

o agli anni seguenti la seconda guerra mondiale con una rapidissima espansione<br />

di servizi, prodotti e prestazioni inimmaginab<strong>il</strong>i nella società italiana del tempo,<br />

povera, arretrata e contadina, fino all’ubriacatura del dott. Terz<strong>il</strong>li, o ancora come<br />

agli anni che seguirono i grandi sconvolgimenti sociali dei decenni sessanta<br />

e settanta e che si conclusero in Italia per la sanità con la promulgazione<br />

della 833 sul modello allora vincente del welfare delle democrazie nord europee<br />

più efficienti e lungimiranti. Il passaggio attuale è radicale ed incerto negli esiti,<br />

se non ben guidato, perché la riorganizzazione dell’assistenza sanitaria va pensata<br />

e realizzata in un nuovo welfare di comunità sostenib<strong>il</strong>e e partecipato di cui<br />

non si sono ancora ben definiti i connotati teorici e pratici. Tutto ciò dentro una crisi<br />

economica lunga e disastrosa.<br />

“Dagli anni ’50 a oggi si è avuto uno sv<strong>il</strong>uppo impetuoso e invadente della tecnologia<br />

diagnostica strumentale e di farmaci innovativi, l’esaltazione delle specializzazioni<br />

e una progressiva frammentazione delle conoscenze e competenze<br />

sub-specialistiche che, oltre a spostare l’interesse della pratica clinica dalla persona<br />

alle malattie di un organo, o di un apparato, hanno consentito di intervenire<br />

sempre più efficacemente sui confini della vita biologica delle persone.<br />

Per porre l’accento sul cambiamento avvenuto nell’arco di alcune generazioni,<br />

a proposito degli strumenti usati dal medico per visitare <strong>il</strong> malato, un <strong>il</strong>lustre<br />

1<br />

Presidente Nazionale ANCoM<br />

23


Saggio introduttivo<br />

clinico scrisse: Mio nonno visitava con l’orecchio, mio padre con lo stetoscopio,<br />

io con <strong>il</strong> fonendoscopio e mio figlio con l’ecografo. Si evidenziava, così, l’accresciuta<br />

capacità del medico di “guardare dentro” un corpo umano, ma anche<br />

un progressivo allontanamento del rapporto fisico e diretto con <strong>il</strong> malato.<br />

Il paradigma del metodo clinico che, sino allora, aveva al centro ‘un rapporto<br />

duale tra medico e malato e una diagnosi ‘ragionata’, è entrato in crisi, ha scritto<br />

ancora Vito Cagli, a causa dello sv<strong>il</strong>uppo degli ospedali come ‘macchine per<br />

guarire, della crescita del sapere medico che ha portato alle specializzazioni, del<br />

progresso e della proliferazione dei mezzi di indagine ‘forniti’ da altri al curante, della<br />

potenza terapeutica che è giunta talora a oscurare la necessità di una diagnosi<br />

esatta, e dell’eclisse delle figure rappresentative nella società, compreso i clinici. 2 ”<br />

Se a questi cambiamenti si aggiunge l’invecchiamento della popolazione,<br />

l’emergenza cronicità, la limitatezza delle risorse, la diffic<strong>il</strong>e tenuta di una cultura<br />

solidaristica e di coesione sociale, si delinea un quadro d’insieme di grande complessità<br />

e dalle incerte soluzioni.<br />

La relazione del prof. Walter Ricciardi, che apre questo testo, suggerisce una<br />

riflessione proprio sul significato e sulle relazioni di domanda, bisogni e risorse.<br />

L’articolo 32 della costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale<br />

diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite<br />

agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario<br />

se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare<br />

i limiti imposti dal rispetto della persona umana”, risulta ancora più carico di significati<br />

e doveri nell’epoca digitale, dalle tante opportunità diffuse ed inimmaginab<strong>il</strong>i<br />

solo pochi anni prima e ci obbliga ad una nuova declinazione delle sue<br />

disposizioni.<br />

Ma prima di riflettere su orizzonti e modelli organizzativi voglio ribadire la consapevolezza<br />

che, in tempi straordinari, non si raggiungono obiettivi se non si prova<br />

a ricostruire, nella coscienza individuale e collettiva, nella coscienza professionale<br />

e sociale, un nuovo orizzonte umano e professionale ed una scala valoriale<br />

che guidi <strong>il</strong> nostro pensare ed <strong>il</strong> nostro fare per <strong>il</strong> bene comune. Valori e simboli<br />

estranei alla professione d’Ippocrate ed al rispetto della persona umana si sono<br />

troppo radicati nella coscienza di individui e di gruppi, e mi riferisco ad egoismo,<br />

danaro, successo, carriera, priv<strong>il</strong>egi, consumismo dissipatore di beni e persone<br />

eticamente indisponib<strong>il</strong>i.<br />

Non è possib<strong>il</strong>e alcuna riforma dei servizi sanitari ed assistenziali senza un ritrovato<br />

orizzonte valoriale e motivazionale condiviso, senza la consapevolezza di essere<br />

rete, l’uno necessario all’altro, e tutti provvisoriamente abitanti di una piccola<br />

terra dataci in prestito, al servizio di persone sofferenti. Se tutti noi, decisori, operatori<br />

e cittadini utenti fossimo capaci di sentire la salute individuale e collettiva<br />

e lo stesso SSN come bene comune e per esso fossimo capaci di agire trascendendo<br />

l’interesse materiale immediato individuale e di gruppo, avremmo fatto<br />

2<br />

Aldo Pagni, lectio magistralis, “dalla Condotta medica alla medicina telematica”, convegno SIT 2010<br />

24


Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed innovazione: l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo<br />

un progresso inimmaginab<strong>il</strong>e nella qualità e quantità di servizi erogab<strong>il</strong>i e nella<br />

coesione sociale, che è essa stessa salute e benessere.<br />

Riferimenti valoriali<br />

In questa operazione, già in corso ed ineludib<strong>il</strong>e, è necessario individuare i punti<br />

di riferimento. Ne voglio citare solo quattro tra i tanti eroi straordinari e normali<br />

che hanno provato ad indicarci la rotta.<br />

Il primo è senz’altro Giuseppe Moscati, nato a Benevento <strong>il</strong> 25 luglio 1880, che giovanissimo<br />

conseguì la laurea in Medicina e cominciò <strong>il</strong> suo tirocinio all’Ospedale<br />

degli Incurab<strong>il</strong>i, dove appena trentenne divenne primario. “Egli studiò e operò a<br />

Napoli, città che era uno dei centri del positivismo medico italiano di fine Ottocento,<br />

ebbe maestri <strong>il</strong>lustri come Albini e Malerba, che lo avviarono alla carriera<br />

universitaria e, riconoscendone le doti di clinico e ricercatore, lo designarono per<br />

la cattedra di Chimica Fisiologica, ma ciò non l’allontanò dalla fede e, quando<br />

rinunciò alla cattedra universitaria per dedicarsi agli ammalati, proseguì nella ricerca.<br />

Si teneva costantemente aggiornato anche rispetto alla letteratura medica<br />

straniera e alla luce delle nuove acquisizioni cliniche rivedeva continuamente<br />

le sue posizioni. Concepì la professione come una missione, durante la quale<br />

si preoccupava di curare non solo <strong>il</strong> corpo ma anche l’anima dei malati. In un<br />

periodo in cui l’assistenza sanitaria era ancora concepita come atto caritativo e<br />

personalizzato, egli si poneva accanto al malato non come “un riparatore di pezzi<br />

in avaria”, ma condividendone la sofferenza e stab<strong>il</strong>endo un contatto sinergico<br />

e un rapporto empatico tra malato e medico. Giuseppe Moscati si è prodigato<br />

senza risparmiarsi, con generosità, sino a fornire egli stesso ai pazienti poveri l’occorrente<br />

per acquistare le medicine”. (Ranisio, Simone 2010, p.62)<br />

La Chiesa cattolica lo ha proclamato beato con Paolo VI <strong>il</strong> 16/11/1975 e dichiarato<br />

Santo con Giovanni Paolo II <strong>il</strong> 25/10/1987. Il Papa nell’omelia della messa<br />

di canonizzazione ne ha esaltato <strong>il</strong> rigoroso impegno civ<strong>il</strong>e: “Giuseppe Moscati,<br />

medico primario ospedaliero, insigne ricercatore, docente universitario di fisiologia<br />

umana e di chimica fisiologica, visse i suoi molteplici compiti con tutto l’impegno<br />

e la serietà che l’esercizio di queste delicate professioni laicali richiede”.<br />

È sorprendente che, a distanza di un secolo dalla sua vita professionale, questa<br />

figura resti un esempio straordinario di competenza professionale e di umanizzazione<br />

della medicina, non solo per i medici ma per tutti coloro che esercitano<br />

professioni sanitarie ed in tutte le relazioni d’aiuto. Le sue opere e i tanti scritti<br />

che lo riguardano non possono non essere <strong>il</strong> nostro pane quotidiano di uomini e<br />

medici del terzo m<strong>il</strong>lennio.<br />

Un altro medico italiano, punto di riferimento molto diverso dal primo e spesso<br />

portatore di contrasti, ma altrettanto significante, è Gino Strada, chirurgo di guerra.<br />

È nato a Sesto San Giovanni <strong>il</strong> 21 apr<strong>il</strong>e 1948, è un chirurgo italiano laureato in<br />

25


Saggio introduttivo<br />

medicina all’Università Statale di M<strong>il</strong>ano nel 1978 e successivamente specializzato<br />

in chirurgia d’urgenza. Viene assunto dal nosocomio di Rho e fa pratica nel campo<br />

del trapianto di cuore fino al 1988, quando si indirizza verso la chirurgia traumatologica<br />

e la cura delle vittime di guerra. Nel periodo 1989-1994 lavora con <strong>il</strong> Comitato<br />

Internazionale della Croce Rossa in varie zone di conflitto: Pakistan, Etiopia,<br />

Perù, Afghanistan, Somalia e Bosnia-Erzegovina. Questa esperienza sul campo<br />

motiva Strada ed un gruppo di colleghi a fondare Emergency nel 1994 a M<strong>il</strong>ano,<br />

che da allora ha assistito m<strong>il</strong>ioni di pazienti in 16 paesi, costruendo ospedali, centri<br />

chirurgici, centri di riab<strong>il</strong>itazione, centri pediatrici, posti di primo soccorso. Nel<br />

2001 è vincitore del premio Colombe d’Oro per la Pace, assegnato annualmente<br />

dall’Archivio disarmo ad una personalità distintasi in campo internazionale.<br />

Emergency è un’associazione italiana indipendente e neutrale, nata per offrire<br />

cure medico-chirurgiche gratuite e di elevata qualità alle vittime delle guerre,<br />

delle mine antiuomo e della povertà. Dal 1994 i team di Emergency hanno portato<br />

aiuto a 4.373.728 persone (dati al 30 giugno 2011). Proprio perché conosce<br />

gli effetti della guerra, sin dalla sua costituzione Emergency è impegnata nella<br />

promozione dei valori di pace.<br />

Nel 2008, insieme ad alcuni paesi africani, Emergency ha elaborato <strong>il</strong> Manifesto<br />

per una medicina basata sui diritti umani per rivendicare una sanità basata<br />

sull’equità, sulla qualità e sulla responsab<strong>il</strong>ità sociale.<br />

Gino Strada ama definirsi: «Io non sono pacifista. Io sono contro la guerra.»<br />

La storia della sua vita, delle sue idee e del suo lavoro di chirurgo di guerra nel<br />

mondo, quando condivise e quando no, ci sbattono in faccia la necessità di una<br />

riflessione su noi, <strong>il</strong> nostro tempo e la nostra professione.<br />

E poi due esempi molto meno noti ma non meno r<strong>il</strong>evanti, figli delle nostre terre,<br />

che hanno pagato con la vita la loro concezione della professione medica e<br />

della dedizione a chi soffre.<br />

Uno è Girolamo Iacobelli, nato a Cerreto Sannita (BN), laureato in Medicina<br />

all’Università Cattolica di Roma, specializzato in Igiene Pubblica a Ferrara. Dopo<br />

<strong>il</strong> tirocinio presso <strong>il</strong> Centro di igiene mentale di Roma, assieme ad altri colleghi,<br />

per lo più meridionali, si era trasferito a Pordenone, dove aveva partecipato alla<br />

fase iniziale di attuazione della legge 180, che riformava l’assistenza psichiatrica<br />

e chiudeva definitivamente i manicomi. Girolamo Iacobelli era, infatti, un seguace<br />

convinto di Franco Basaglia.<br />

“I matti non hanno più niente, intorno a loro nessuna città, anche se str<strong>il</strong>lano chi li<br />

sente, anche se str<strong>il</strong>lano che fa“. Girolamo Iacobelli, contrariamente ai versi della<br />

canzone di Francesco De Gregori, i “matti” li ascoltava. Lavorava da circa un<br />

decennio come assistente psichiatra presso <strong>il</strong> Centro di salute mentale dell’Usl 9 di<br />

S. Vito a Tagliamento quando, nel pomeriggio del 27 marzo del 1990, arrivò una<br />

segnalazione della madre settantenne di un suo paziente, preoccupata per l’aggravarsi<br />

delle condizioni di salute del figlio, Graziano Selva, da tempo affetto da<br />

gravi disturbi psichici.<br />

26


Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed innovazione: l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo<br />

Nonostante in quel periodo sostituisse <strong>il</strong> direttore del Cim, Girolamo Iacobelli, Informato<br />

della crisi del suo paziente decise di andare a visitarlo. Forse per timore di<br />

un nuovo ricovero, preso da un raptus omicida, Graziano Selva rincorse <strong>il</strong> proprio<br />

medico con un coltello da cucina e lo uccise senza che egli potesse difendersi<br />

in nessun modo. I figli di Girolamo, allora di sei ed un anno hanno aspettato per<br />

molto tempo <strong>il</strong> ritorno del loro papà, morto a 41 anni mentre tentava di ascoltare<br />

i “matti” <strong>il</strong> 27 marzo del 1990.<br />

L’altro è un medico di medicina generale, “medico di campagna”, come tanti<br />

di noi operanti in territori rurali o anche in città, Claudio Carosino, 59 anni, di Parma,<br />

medaglia d’oro per le donazioni di sangue.<br />

Claudio Carosino, uomo di profonda religiosità frequentava assiduamente la<br />

Parrocchia con la sua famiglia, ed era sempre disponib<strong>il</strong>e per tutti, anche nei<br />

giorni festivi. Medico scrupoloso e attento, aveva una grande cultura e conosceva<br />

più lingue. Aveva, però, la capacità non scontata di saper abbinare questa<br />

sua vasta cultura con una straordinaria capacità di dialogo anche con <strong>il</strong> più um<strong>il</strong>e<br />

dei suoi pazienti; dall’inglese e dal linguaggio scientifico passava con fac<strong>il</strong>ità e<br />

con piacere al dialetto della sua bassa.<br />

“Claudio Carosino ci ha tragicamente lasciato domenica pomeriggio mentre<br />

entrava a casa di un suo paziente, agricoltore pensionato, affetto da disturbi<br />

psichici, che lo ha ucciso con una fuc<strong>il</strong>ata a bruciapelo. Ha affrontato, in un<br />

giorno di festa, un uomo psicotico in modo intimamente consapevole del rischio<br />

che quel paziente poteva rappresentare. E così, un “dottore di campagna”<br />

come Claudio amava definirsi, se ne è andato lasciando in tutti noi sconforto ed<br />

amarezza, ma anche l’orgoglio di appartenere ad una categoria nella quale<br />

esempi di dedizione non sono né fugaci né episodici. Claudio era orgoglioso<br />

di essere un medico di campagna e non perdeva occasione per ribadirlo. A<br />

testimonianza di questo suo profondo credo era membro esecutivo di EURIPA<br />

(European Rural and Isolated Pratictioners Association), oltrechè Presidente della<br />

sezione Provinciale di Parma della SIMG e medico di medicina generale della<br />

FIMMG da oltre 30 anni.<br />

Il suo altruismo si distingueva anche nel campo sociale come dimostra la sua<br />

appartenenza ad una associazione a favore delle adozioni in Perù. La FIMMG è<br />

vicina alla moglie Maurizia e ai due figli e non farà mancare tutto <strong>il</strong> suo concreto<br />

appoggio per aiutarli a risolvere i problemi che questa circostanza ha determinato.”<br />

25/10/10 Corrado Parodi - Sito FIMMG Em<strong>il</strong>ia Romagna.<br />

L’individuazione di punti di riferimento valoriali e morali ci porta ad un’ultima brevissima<br />

riflessione su vision, mission ed etica della responsab<strong>il</strong>ità. Nessuna riforma<br />

è possib<strong>il</strong>e in generale, e ancora di più in sanità, se non ricostruiamo l’etica della<br />

responsab<strong>il</strong>ità in modo definito e diffuso nei decisori, negli operatori e negli stessi<br />

cittadini utenti.<br />

27


Saggio introduttivo<br />

Se decisori, operatori della sanità e cittadini utenti non interiorizzano <strong>il</strong> valore della<br />

salute come bene comune nella loro visione condivisa e se i primi ed i secondi<br />

non operano in un orizzonte rigoroso e circoscritto della propria mission professionale,<br />

non ci potrà essere tenuta nella, né tantomeno uscita da essa, al di là di<br />

progetti e modelli messi in campo.<br />

Il buon dottore nel terzo m<strong>il</strong>lennio<br />

Non è compito di un breve saggio sulla cooperazione di medicina generale ragionare<br />

su ruolo, attività e compiti del buon dottore nel terzo m<strong>il</strong>lennio, ma un<br />

accenno a tre questioni preliminari ad ogni riflessione sulla cooperazione non<br />

può essere eluso.<br />

La prima è che <strong>il</strong> buon dottore di oggi e di domani è un clinico che recupera la<br />

tradizione, spesso eroica della condotta medica, olistica e relazionale<br />

di tipo duale, non come conservazione ma come scelta emozionale ed anche<br />

“razionale”, non come dimensione unica ed assoluta, ma parziale e sostanziata<br />

dal vertiginoso sv<strong>il</strong>uppo delle conoscenze e della tecnologia che ci è dato in<br />

dono. La capacità relazionale e la forza della presa in carico del solitario medico<br />

condotto, supportate dalle conoscenze, dagli strumenti tecnologici, dalla sanità<br />

elettronica e dalla necessità di fare rete per rispondere ai bisogni di società<br />

e persone complesse e plurali, configurano oggi una dimensione professionale<br />

diffic<strong>il</strong>e ma possib<strong>il</strong>e, nob<strong>il</strong>e e motivante. Come si può pensare ad un medico di<br />

medicina generale dell’oggi con scarse conoscenze di cultura generale, psicologiche,<br />

antropologiche e cliniche? Un medico generale incapace di ut<strong>il</strong>izzare<br />

le tecnologie diagnostiche più diffuse, (dall’ecografia all’elettrografia, dalla<br />

spirometria all’endoscopia non specialistica, ecc.), equivalenti della borsa dei<br />

ferri e del microscopio del medico del primo novecento? Come pensare ad un<br />

medico di oggi incapace di un lavoro in rete con altri operatori ed inadeguato<br />

a relazionarsi a cittadini pazienti più informati ed esigenti, impreparato a rapportarsi<br />

a comunità di suoi pazienti diffic<strong>il</strong>i e multirazziali? A queste domande<br />

non può rispondere solo la medicina generale ma l’intero sistema istituzionale,<br />

compreso <strong>il</strong> mondo accademico, che di disfunzioni ed inadeguatezze ha tante<br />

responsab<strong>il</strong>ità.<br />

Una seconda questione è la riaffermazione forte che la medicina generale ha<br />

la sua potenza proprio nell’essere medicina olistica, perché non cura/aggiusta<br />

un organo malato, ma si prende cura della persona tutta intera nella sua complessa<br />

dimensione fisica, psichica e sociale. E questo, oggi più di ieri, in tempi di<br />

specialismi totalizzanti è una necessità delle persone, specialmente se malate,<br />

in una società che lascia soli e spersonalizzati soprattutto i più deboli. Anche per<br />

tornare alla ricomposizione del sapere ed all’osservazione della natura che, per<br />

saccenteria, spesso abbiamo trascurato e sottovalutato.<br />

28


Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed innovazione: l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo<br />

Ed una terza questione riguarda la prevenzione e la promozione della salute che<br />

va sentita e praticata sempre più dalla medicina generale. La medicina generale<br />

è stata spesso distratta e troppo marginale sulla prevenzione che è la sostanza<br />

di un approccio olistico e sostenib<strong>il</strong>e alla salute degli individui e della collettività.<br />

Luc Montagnier nel suo bel libro del 2009 “La scienza ci guarirà” inserisce nel titolo<br />

di copertina “Vincere le battaglie della vita con la prevenzione”.<br />

Nella sua riflessione sull’AIDS scrive: “Non sono mai stato troppo attratto dalle medicine<br />

tradizionali, anche per formazione. Ma davanti a questo tipo di malattia<br />

multifattoriale devo ammettere che la concezione cinese della salute, secondo<br />

la quale la malattia proviene non solo dall’esterno, ma anche dall’interno, dal<br />

Sé e dal Non-sé, lungi dall’essere obsoleta assume invece una dimensione sorprendentemente<br />

moderna. È questa infatti una concezione olistica in cui l’essere<br />

umano viene integrato in tutte le sue dimensioni. Le forme tradizionali di medicina<br />

sono accomunate tutte da tale concezione olistica sin dalla notte dei tempi,<br />

ed era anche la visione di Ippocrate, come la medicina occidentale farebbe<br />

bene a ricordare. Se negli approcci naturali alla salute vi sono elementi da recepire<br />

ed elementi da scartare, questo postulato di partenza mi sembra <strong>il</strong> più convincente<br />

perché implica una prof<strong>il</strong>assi intima, una supervisione medica a monte<br />

della malattia, una medicina preventiva. Per i cinesi, tradizionalmente, era normale<br />

pagare un medico per restare in buona salute, e non per farsi curare. A<br />

tal punto che quando <strong>il</strong> paziente si ammalava, <strong>il</strong> medico, ritenuto responsab<strong>il</strong>e,<br />

aveva l’obbligo di curarlo, oppure di pagargli le cure.”(Montagnier 2009, p. 99)<br />

Questi spunti di riflessioni generali potrebbero sembrare lontani da un saggio sulla<br />

cooperazione. È stata, invece, proprio la consapevolezza della necessità del<br />

cambiamento e l’intuizione della complessità del rinnovamento nella tradizione<br />

di un’antica professione che hanno spinto alcuni di noi alla ricerca di strumenti<br />

ed assetti più idonei alla medicina generale per continuare a promuovere la<br />

salute individuale, di comunità e della terra che abitiamo.<br />

Le cooperative di medicina generale<br />

Le cooperative di medicina generale nascono in Italia negli anni novanta, promosse<br />

da alcuni medici di famiglia, forse più sensib<strong>il</strong>i ed inquieti di altri, spinti dalla<br />

necessità di esplorare vie nuove, anche se incerte e sconosciute, consci della<br />

necessità di occupare uno spazio lasciato vuoto, anche se in modo diseguale<br />

nelle diverse regioni. A questi hanno guardato con sospetto ed opposizione molti<br />

attori della sanità, con curiosità altri, con curiosità ed interesse altri ancora. E sono<br />

stati questi ultimi i nostri partners di oggi, Federsanità ANCI, Centrali Cooperative,<br />

FIMMG, ed altri, anche istituzionali, che si vanno aggiungendo in questi ultimi mesi,<br />

29


Saggio introduttivo<br />

e che hanno accompagnato la nascita e lo sv<strong>il</strong>uppo delle cooperative di medicina<br />

generale in Italia.<br />

Le cooperative di medicina generale italiane, che ormai coinvolgono oltre <strong>il</strong> 10%<br />

dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta, si sono sv<strong>il</strong>uppate per oltre<br />

un decennio, in modo spesso spontaneo, nelle varie realtà regionali e la loro diffusione<br />

ha prodotto esperienze originali e preziose nell’erogazione dell’assistenza<br />

primaria.<br />

Le società cooperative sono previste dall’articolo 45 della Costituzione della Repubblica<br />

Italiana:<br />

“La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di<br />

mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce<br />

l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con opportuni controlli, <strong>il</strong> carattere<br />

e le finalità”.<br />

L’Art. 54 dell’ACN, comma terzo, separa le forme associative che costituiscono<br />

modalità organizzative del lavoro da forme associative, quali società di servizi,<br />

“anche cooperative”… In ogni caso dette società di servizi non possono fornire<br />

prestazioni sanitarie e assicurano esclusivamente beni e servizi ai medici”. (Guzzanti<br />

E, Mazzeo MC, M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo G. Cicchetti A, Meloncelli A. 2009., p.875)<br />

La medicina generale ha sperimentato, in passato, la medicina di gruppo e le<br />

altre forme associative senza personalità giuridica verificandone i limiti. In esse,<br />

infatti, è stato diffic<strong>il</strong>e gestire i fattori di produzione di servizi (ambulatori associati,<br />

personale di studio, tecnologia diagnostica, utenze, servizi integrati, ecc.). Sono<br />

state proprio queste criticità che hanno spinto i primi gruppi a promuovere forme<br />

associative con personalità giuridica per poter gestire i fattori di produzione di<br />

servizi in un sistema sanitario pubblico e universalistico.<br />

Le cooperative negli anni passati sono state un potente acceleratore e fac<strong>il</strong>itatore<br />

della diffusione dell’informatica e della sanità elettronica nella pratica<br />

clinica quotidiana, con la promozione ed alimentazione delle banche dati clinici<br />

di popolazione proprie della medicina generale.<br />

Le cooperative della medicina generale, come tutte le società cooperative,<br />

sono società di persone e non di capitale si ispirano ad importanti principi condivisi<br />

anche dalla FIMMG, sindacato maggioritario della medicina generale, in una<br />

mozione approvata dal consiglio nazionale <strong>il</strong> 13/12/2008:<br />

1. partecipazione paritaria al capitale sociale;<br />

2. rispetto del principio della porta aperta per immissione soci;<br />

30


Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed innovazione: l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo<br />

3. non distribuzione di ut<strong>il</strong>i nella gestione di risorse finanziarie per conto del SSN e<br />

Regionale;<br />

4. avere come scopi sociali prevalentemente la produzione e la fornitura di<br />

beni e servizi ut<strong>il</strong>i all’esercizio individuale della professione medica e di attività<br />

proprie della medicina generale, nell’ambito dell’applicazione dell’ACN<br />

e di attività che non configurano per i singoli professionisti situazioni di incompatib<strong>il</strong>ità<br />

previste dal medesimo ACN.<br />

In quanto forme di associazionismo professionale sono riconosciute e normate<br />

negli accordi collettivi nazionali e negli accordi integrativi regionali concordati e<br />

sottoscritti dai sindacati di categoria con la parte pubblica. Gli accordi collettivi<br />

definiscono i criteri recepiti negli statuti che di fatto limitano gli ambiti territoriali,<br />

dove è possib<strong>il</strong>e erogare servizi (in genere l’area del Distretto o dell’ASL di competenza<br />

della singola cooperativa), la tipologia dei soci, che devono essere in<br />

maggioranza medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, <strong>il</strong> tipo di<br />

servizi ed a volte anche le modalità.<br />

Le cooperative, rispetto alle società di capitale o quelle consort<strong>il</strong>i, presentano<br />

alcuni vantaggi:<br />

1. <strong>il</strong> rischio d’impresa è alto nelle società di capitali e minimo nelle cooperative;<br />

2. si configurano anche come forma associativa a struttura aperta; si entra e si<br />

esce fac<strong>il</strong>mente, le quote sociali sono rimborsab<strong>il</strong>i ma non cedib<strong>il</strong>i; chiunque<br />

ne condivida i principi mutualistici può chiedere di farne parte;<br />

3. le cooperative non redistribuiscono ut<strong>il</strong>i ma servizi, poiché non hanno fini speculativi,<br />

ma scopi mutualistici;<br />

4. le cooperative sono un investimento sociale a medio e lungo periodo e producono<br />

patrimoni sociali per le comunità in cui operano, non producono<br />

ricchezza individuale o fam<strong>il</strong>iare. L’ut<strong>il</strong>ità sociale è caratteristica fondante di<br />

tutta l’attività della professione medica e della medicina generale in particolare.<br />

La scelta della società cooperativa risulta quindi più vicina alla natura<br />

stessa della professione della medicina generale.<br />

La forma cooperativa può risultare ut<strong>il</strong>e alla riorganizzazione del sistema sociosanitario,<br />

può fornire un supporto alle cure primarie; la cooperazione e la mutualità<br />

sono, infatti, strumenti essenziali della riorganizzazione delle reti assistenziali.<br />

Le società fino ad oggi ut<strong>il</strong>izzate dalla medicina generale sono società di mezzi tra<br />

professionisti, ogni medico resta titolare e responsab<strong>il</strong>e individualmente dell’atto<br />

professionale, la cooperativa consente di acquisire più fac<strong>il</strong>mente i fattori di produzione<br />

di servizi. Le cooperative mediche si configurano perciò come cooperative<br />

di servizio, svolgono la propria attività all’interno della compagine societaria<br />

e quindi producono beni e servizi prevalentemente per i propri soci, esse non<br />

31


Saggio introduttivo<br />

possono essere cooperative sociali, cioè di produzione e lavoro in quanto i soci<br />

non sono lavoratori della cooperativa.<br />

Per questo motivo le cooperative di medicina generale devono essere costituite<br />

prevalentemente da medici di assistenza primaria: medici di medicina generale,<br />

pediatri di libera scelta e medici di continuità assistenziale che condividono i<br />

fattori di produzione negli stessi territori.<br />

Compito della società cooperativa è la produzione di beni e servizi per i soci,<br />

essa non prevede, né potrebbe farlo a norma di legge, l’esercizio professionale<br />

in forma societaria, così come le società cooperative non possono negoziare<br />

con parti pubbliche e/o private, qualunque aspetto relativo alle attività professionali<br />

dei medici soci. Obiettivo generale della cooperazione medica è quello<br />

di rendere disponib<strong>il</strong>i per i medici di assistenza primaria strumenti indispensab<strong>il</strong>i<br />

alla pratica del buon dottore con un miglioramento della qualità ed ampliamento<br />

dei servizi disponib<strong>il</strong>i per i cittadini pazienti. Dove si è lavorato bene si sono<br />

realizzate esperienze significative di cooperative di medicina generale percepite<br />

come parte integrante delle stesse comunità in cui operano.<br />

Ri-Fondazione della medicina generale<br />

Lo sv<strong>il</strong>uppo delle cooperative si è intrecciato negli ultimi anni con <strong>il</strong> progetto strategico<br />

di Ri-Fondazione della professione, elaborato e proposto dalla FIMMG sin<br />

dal 2006 e che tra i tre punti strategici da realizzare pone “la ristrutturazione del<br />

compenso per distinguere <strong>il</strong> legittimo onorario dal finanziamento dell’organizzazione<br />

e delle attività”. Questo obiettivo è già stato posto e condiviso dalla parte<br />

pubblica al tavolo tecnico, insediatosi da pochi giorni al ministero della salute<br />

per la modifica dell’articolo 8 del Decreto legislativo 502/92.<br />

“La Ri-fondazione non è mai stata la presuntuosa proposta di voler insegnare a<br />

tutti gli altri soggetti come deve essere riformata l’assistenza primaria o le cure<br />

primarie, a seconda dei termini preferiti. È sempre stata una proposta per offrire<br />

alle cure primarie una Medicina Generale più efficace ed efficiente per <strong>il</strong> sistema<br />

e più motivante e gratificante per i professionisti. Cogliamo con soddisfazione la<br />

centralità della Medicina Generale nel PSN 2011-2013 recentemente approvato<br />

anche dalle Regioni e la convocazione del tavolo tecnico per <strong>il</strong> riordino delle<br />

cure primarie in cui sono state concretamente esaminatele possib<strong>il</strong>i modifiche<br />

ai principi che devono guidare gli AACCNN contenuti nell’art. 8 della502/92 e<br />

s.m.i. Se saranno confermate le conclusioni di questo tavolo, in esse ci saranno<br />

i fondamenti della Ri-fondazione. Il prossimo ACN dovrà regolamentare bene<br />

la compatib<strong>il</strong>ità con le società di servizio dei medici di medicina generale, non<br />

solo per prevenire conflitti di interesse, ma anche per trasformarle in opportunità<br />

32


Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed innovazione: l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo<br />

di sv<strong>il</strong>uppo alla luce del neonato sistema dei Confidi dei professionisti. Opportunità<br />

per finanziare investimenti con risorse non provenienti dal Fondo Sanitario<br />

Nazionale, indirizzate a dare sostegno ad un sistema di affidamenti professionali<br />

garantiti dal SSN prioritariamente alla categoria.<br />

Dovrà introdurre <strong>il</strong> nuovo prof<strong>il</strong>o professionale dell’Assistente di Studio del medico di<br />

famiglia, di recente inserito nel rinnovo del CCNL degli studi professionali per nostra<br />

espressa richiesta, con competenze, capacità e conoscenze appositamente definite<br />

sia in campo relazionale comunicativo che gestionale organizzativo e socio<br />

assistenziale, la cui formazione può essere autofinanziata dal CCNL stesso. Nuovefigure<br />

non già introdotte in sostituzione di quella infermieristica, ma al contrario per<br />

consentire lo sv<strong>il</strong>uppo della sua autonomia professionale, sollevandola da incombenze<br />

pur necessarie al supporto delle attività del medico di medicina generale.”<br />

(dalla Relazione del Segretario Generale Nazionale Giacomo M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo 2011 3 )<br />

L’esperienza diffusa e consolidata delle cooperative di medicina generale oggi<br />

è in campo per <strong>il</strong> progetto di ri-fondazione della professione e per contribuire alla<br />

sostenib<strong>il</strong>ità e riorganizzazione del servizio sanitario nazionale in un nuovo welfare<br />

delle opportunità.<br />

Oltre alla gestione dei fattori di produzione di servizi, oggi alle cooperative è attribuito<br />

una funzione ancora più importante e preziosa in tempi di scarse risorse<br />

economiche pubbliche. Esse, infatti, sono in grado di Individuare e convogliare<br />

sui servizi alle persone risorse finanziarie aggiuntive al Fondo Sanitario Nazionale,<br />

per dotare <strong>il</strong> territorio di nuove tecnologie e strutture, per vincere le sfide della<br />

cronicità e della deospedalizzazione, per prendersi cura del paziente complesso,<br />

per sostenere la riorganizzazione dell’assistenza primaria con risorse strutturali<br />

provenienti dal mercato che si aggiungono a quelle gestionali del Fondo Sanitario<br />

Nazionale.<br />

L’Associazione Nazionale delle Cooperative Mediche (ANCoM)<br />

La prima esperienza di coordinamento delle cooperative di medicina generale<br />

in Italia si è sv<strong>il</strong>uppata dal 2005 al 2006 con una partecipazione unitaria che portò<br />

al primo congresso della cooperazione medica a Fiuggi nell’ottobre del 2006,<br />

nel quale confluirono le esperienze cooperative associate nel CoS, allora unico<br />

consorzio nazionale sanità, e le altre esperienze regionali e territoriali non aderenti<br />

a CoS ma aggregate intorno a “Campania Medica”, consorzio regionale<br />

campano di oltre 30 cooperative.<br />

3<br />

66° Congresso Nazionale Fimmg-Metis, La Medicina Generale nel terzo m<strong>il</strong>lennio, V<strong>il</strong>lasimius (CA) 03-08 ottobre<br />

2011<br />

33


Saggio introduttivo<br />

Ad essa è seguita fino al 2009 una fase che ha visto <strong>il</strong> CoS da una parte e dall’altra<br />

<strong>il</strong> CNCM, Coordinamento nazionale delle cooperative mediche, nuovo soggetto<br />

associativo leggero promosso a partire da Campania Medica.<br />

Il CNCM si costituì su base volontaria dopo <strong>il</strong> primo Congresso Nazionale di Fiuggi<br />

dell’ottobre 2006, e si è sciolto nel giugno 2009 confluendo nell’ANCOM, dopo<br />

aver sv<strong>il</strong>uppato un’intensa attività associativa scandita dai congressi nazionali a<br />

Fiuggi, ogni anno fino al 2009.<br />

Il CNCM ha visto i suoi punti di forza organizzativi ed esperienziali, prevalentemente<br />

nel centro e sud Italia con presenza maggiormente significativa in Campania,<br />

Toscana, Abruzzo, Lucania e Puglia, pur aderendovi diverse cooperative<br />

delle regioni del Nord.<br />

L’ANCoM è stata costituita a Fiuggi <strong>il</strong> 13/6/2009, ha sede legale a Roma in piazza<br />

Marconi, presso la FIMMG. In essa sono confluite le cooperative mediche provenienti<br />

dal CNCM e dal COS, che vi hanno portato le loro diverse e molteplici<br />

esperienze.<br />

L’Associazione ha ad oggi 64 enti associati tra cooperative e consorzi. Ad essa,<br />

infatti, come soci ordinari si possono iscrivere sia cooperative che consorzi. Vi<br />

aderiscono due consorzi nazionali e diversi consorzi regionali e territoriali. Le cooperative<br />

e consorzi associati coinvolgono più di 5.000 Medici di Medicina Generale<br />

soci, distribuiti in quasi tutte le Regioni, con una maggiore presenza in<br />

Campania, Toscana e Lombardia.<br />

Organi dell’associazione sono l’assemblea dei soci, la Consulta dei referenti regionali,<br />

<strong>il</strong> Consiglio Direttivo, l’ufficio di Rappresentanza Nazionale, <strong>il</strong> Referente<br />

Nazionale, che è eletto dal consiglio Direttivo (art. 5 Statuto). Il Referente Nazionale,<br />

che ha la rappresentanza legale e giuridica dell’associazione e la firma<br />

sociale, dura in carica 3 anni.<br />

Tra le finalità dell’Associazione vi è quella di rappresentare, assistere, tutelare e coordinare<br />

le cooperative associate e di avere la responsab<strong>il</strong>ità generale dell’elaborazione<br />

e dell’attuazione della politica della cooperazione medica (art. 2 dello<br />

Statuto, comma 2). Scopo dell’associazione è promuovere l’erogazione delle<br />

cure primarie ed organizzare ricerche, studi, dibattiti su tematiche di generale<br />

interesse degli associati. L’Associazione si propone sia di fornire informazioni e<br />

sostegno ai soci, che di svolgere funzioni di comunicazione del mondo delle cooperative<br />

mediche e di rappresentanza verso l’esterno. Tra i compiti delineati<br />

dallo statuto si individuano infatti: provvedere a fornire appoggio e sostegno ai<br />

singoli associati che ne facciano richiesta, per la ricerca di finanziamenti, per la<br />

preparazione di materiale per la partecipazione a bandi e concorsi, per l’ela-<br />

34


Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed innovazione: l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo<br />

borazione delle procedure atte a garantire la qualità sociale delle cooperative<br />

associate; garantire la comunicazione, informazione e assistenza agli associati,<br />

rispetto a problemi di interesse comune; promuovere azioni idonee a soddisfare<br />

le esigenze di sv<strong>il</strong>uppo del movimento cooperativo operante nel settore dell’assistenza<br />

primaria, sostenere la valorizzazione e la promozione delle esperienze<br />

delle società di servizio.<br />

L’Associazione si propone inoltre di provvedere alla rappresentanza delle società<br />

di servizio nei contesti opportuni, nei confronti di istituzioni e organizzazioni scientifiche<br />

e sindacali, sia in sede locale che nazionale, operando non in competizione<br />

o in conflitto con i sindacati dei medici di medicina generale e con le associazioni<br />

della cooperazione, ma in assoluta sinergia (Ranisio, Simone 2010, p. 37).<br />

L’ANCoM si configura come un’associazione originale nel panorama della sanità<br />

italiana, perché si propone come associazione degli “operativi” nell’assistenza<br />

primaria senza alcuna confusione di ruolo, di vision e di mission con i sindacati e<br />

con le società scientifiche. L’ANCoM non ha nel suo statuto, né potrebbe averlo,<br />

nulla che abbia a che vedere con la contrattazione e la rappresentanza dei<br />

medici di medicina generale nella contrattazione nazionale, regionale ed aziendale,<br />

assolutamente tutta in capo ai sindacati, né competenza e cultura di elaborazione<br />

e definizione di ruoli professionali con attività e compiti, o promozione<br />

di attività di formazione e ricerca proprie delle società scientifiche.<br />

Essa può essere complementare, rappresentare <strong>il</strong> valore aggiunto per sindacati<br />

e società scientifiche, proprio per essere un’associazione di operativi, associati<br />

in cooperative, nelle diverse regioni, che propongono e sperimentano modelli<br />

gestionali nell’erogazione delle cure, anche innovativi.<br />

Oltre allo Statuto, <strong>il</strong> consiglio direttivo dell’AncoM ha elaborato una carta dei<br />

valori che riprende i principi ispiratori della cooperazione riconosciuti sia dalla<br />

Costituzione (art. 45), sia dalla Dichiarazione di Identità approvata al Congresso<br />

di Manchester dall’Alleanza Cooperativa Internazionale nel 1995. Nella Carta<br />

dei Valori ci si richiama ai principi di efficienza, di solidarietà e di sv<strong>il</strong>uppo sostenib<strong>il</strong>e<br />

delle proprie comunità; si individuano, inoltre, alcuni principi di carattere<br />

generale relativi ai rapporti: cooperazione- libertà, democrazia-cooperazione,<br />

solidarietà-Patto intergenerazionale, attraverso <strong>il</strong> trasferimento di competenze e<br />

ab<strong>il</strong>ità tra i soci anziani e i soci giovani, e cooperazione-responsab<strong>il</strong>ità sociale, attraverso<br />

la promozione dello sv<strong>il</strong>uppo sostenib<strong>il</strong>e da un punto di vista ambientale,<br />

sociale ed economico.<br />

Gli art. 5-10 sono poi rivolti esplicitamente a delineare finalità e caratteristiche<br />

delle cooperative mediche, in linea con quanto già esposto precedentemente.<br />

Le cooperative di medicina generale “liberano <strong>il</strong> medico da tutti gli aspetti orga-<br />

35


Saggio introduttivo<br />

nizzativi e gestionali e gli consentono di dedicarsi alle attività ed ai compiti clinici<br />

e di promozione della salute” (art. 6 Carta dei valori). Introducono però elementi<br />

importanti rispetto al ruolo delle cooperative nel sistema sanitario, sia riguardo<br />

all’integrazione sociosanitaria, che al governo clinico e al federalismo sanitario.<br />

Rispetto all’integrazione sociosanitaria si afferma, infatti, <strong>il</strong> ruolo insostituib<strong>il</strong>e<br />

delle cooperative, nell’organizzazione delle nuove forme di assistenza primaria<br />

(UCCP,CDS, ecc.) sia direttamente che con la partecipazione ad altri soggetti<br />

giuridici come fondazioni, consorzi, ecc..<br />

Rispetto al governo clinico, la cooperazione medica deve avere un “rapporto<br />

operativo esteso e proficuo” con i SS. SS.RR. per lo sv<strong>il</strong>uppo della gestione dei<br />

processi di cura e per la presa in carico della cronicità nel contesto delle cure<br />

primarie. Indispensab<strong>il</strong>i al governo clinico delle patologie croniche sono proprio<br />

le banche dati clinici di popolazione, “primo e principale prodotto” dell’associazionismo<br />

cooperativo.<br />

L’Art. 10, che conclude la carta dei Valori, tira un po’ le f<strong>il</strong>a dei presupposti<br />

dell’associazione individuando alcuni punti chiave nel rapporto tra cooperative<br />

mediche e servizi sanitari regionali in uno stato federato.<br />

“Le cooperative di medicina generale operano come imprese nei Servizi Sanitari<br />

Regionali di uno stato Federato, con un orizzonte comune, universalistico e solidaristico,<br />

della salute come bene comune. Le cooperative di medicina generale<br />

gestiscono i fattori di produzione di servizi nell’area dell’Assistenza primaria, in<br />

stretto rapporto con le Aziende Sanitarie Locali e i Distretti Sanitari, a cui compete<br />

programmazione, erogazione di risorse e controllo”.<br />

All’uopo l’ANCoM, appena costituita, sottoscrisse un protocollo d’intesa con Federsanità<br />

ANCI, che nell’ANCI rappresenta le Aziende Sanitarie Locali e le Aziende<br />

ospedaliere. Federsanità ANCI considera la cooperazione medica come un<br />

efficace strumento a supporto di una migliore erogazione di servizi ed assistenza<br />

sul territorio per cui l’affianca nel percorso di riconoscimento istituzionale.<br />

In questo articolo si pone in evidenza l’aspetto imprenditoriale che caratterizza<br />

la cooperativa, che viene poi precisato nella funzione di gestione dei fattori di<br />

produzione di servizi nell’area dell’assistenza primaria, si tratta di un’attività imprenditoriale<br />

non a fini di lucro ma orientata a principi universalistici e solidaristici.<br />

Le cooperative mediche sono forze sociali in movimento che, nel quadro del<br />

progetto di riforma federalista, chiedono un chiaro riconoscimento normativo<br />

e si propongono come punti di garanzia del territorio per l’impiego appropriato<br />

delle risorse. L’ANCoM è impegnata a definire un percorso di accreditamento<br />

36


Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed innovazione: l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo<br />

istituzionale delle società cooperative nel sistema sanitario per farle diventare un<br />

ut<strong>il</strong>i soggetto priv<strong>il</strong>egiato di erogazione di servizi.<br />

È necessario, oggi, che l’associazione nazionale delle cooperative si faccia carico,<br />

oltre che del consolidamento territoriale delle singole associate, sv<strong>il</strong>uppando<br />

cultura d’impresa e di marketing, anche della comunicazione verso l’esterno.<br />

L’ANCoM ha, perciò, promosso questa collana editoriale, appena al secondo<br />

<strong>volume</strong>, ed un sito web “ancomitalia.it”.<br />

La cooperazione di medicina generale, con oltre quindici anni di esperienza in<br />

Italia, sta sempre più rafforzandosi come strumento di miglioramento e sostenib<strong>il</strong>ità<br />

dell’assistenza primaria in un sistema sanitario che si propone di essere<br />

equo, universalistico, efficiente ed efficace. Ha, inoltre, promosso e gestisce nelle<br />

diverse Regioni una rete di presidi territoriali di assistenza primaria, spesso aperti<br />

al pubblico 12 ore al giorno, che ut<strong>il</strong>izzano personale di studio di segreteria ed<br />

infermieristico, dispongono di tecnologia diagnostica residenziale ed in remoto,<br />

ut<strong>il</strong>izzano strumenti di sanità elettronica e procedure di medicina telematica ut<strong>il</strong>i<br />

ai cittadini ed agli operatori per rendere più efficace ed efficiente l’erogazione<br />

dei servizi.<br />

Proprio rispetto alla sanità elettronica e alla medicina telematica non possiamo<br />

non valorizzare <strong>il</strong> nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale che si propone di<br />

sancire nuovi diritti, nuove opportunità e nuovi doveri. Nel primo punto del CAD la<br />

parola chiave è <strong>il</strong> Diritto all’uso delle tecnologie verso amministrazioni e gestori di<br />

servizi pubblici. Questo rappresenta un diritto dei cittadini ed è inammissib<strong>il</strong>e che<br />

in un’epoca, in cui la tecnologia ha messo a disposizione di tutti delle opportunità,<br />

un cittadino, che ha, ad esempio, un dolore toracico in un luogo senza servizi, non<br />

possa essere seguito con tutte le procedure e tecnologie, magari in remoto, nello<br />

stesso modo di chi ha lo stesso problema in territori ricchi di strutture diagnostiche<br />

e terapeutiche. Questi servizi, in epoca digitale, sono un diritto dei cittadini e noi<br />

operatori abbiamo un solo dovere: fare per i nostri paziente <strong>il</strong> meglio possib<strong>il</strong>e.<br />

C’è un diritto dei cittadini ed un dovere di chi amministra di mettere a disposizione<br />

della comunità tutto ciò che la tecnologia rende disponib<strong>il</strong>e.<br />

Un altro principio guida del nuovo CAD è “fare sistema” con l’obbligo di coordinarsi<br />

e lavorare insieme. Le cooperative, sia nella sanità elettronica che nella<br />

medicina telematica, sono e possono sempre più essere dei potenti fac<strong>il</strong>itatori e<br />

diffusori.<br />

Alcune cooperative socie stanno partecipando al progetto dei CREG in Lombardia<br />

e l’associazione le sta seguendo con particolare attenzione promuovendo<br />

momenti di monitoraggio e riflessione.<br />

37


Saggio introduttivo<br />

Da alcuni mesi ha preso avvio, ed è ora in fase avanzata, un importante progetto<br />

sul dolore cronico non oncologico ai sensi della legge 38/2010: IMPACT.<br />

Al Progetto IMPACT hanno aderito 45 cooperative con oltre 500 medici coinvolti<br />

come ricercatori. L’Associazione concorre notevolmente alla buona riuscita del<br />

progetto, partecipando al comitato scientifico, coordinando le cooperative di<br />

MMG iscritte, che sono distribuite su tutto <strong>il</strong> territorio Nazionale. L’obiettivo principale<br />

è l’acquisizione e lo sv<strong>il</strong>uppo delle competenze farmacologiche e gestionali<br />

da parte dei medici di medicina generale, nell’assistenza del paziente con<br />

dolore acuto o cronico, perseguendo un modello organizzativo (Spoke e Hub),<br />

previsto dalla stessa legge, che consentirà la costruzione di “reti” contro <strong>il</strong> dolore,<br />

in modo da reingegnerizzare l’assistenza ai malati territoriali, prevalentemente<br />

oncologici e reumoartropatici. Le cooperative nei territori possono rappresentare<br />

certamente gli Spoke della rete assistenziale.<br />

ANCoM e Shalom<br />

All’etica della professione, all’impegno nel sociale ed alla cooperazione internazionale<br />

con i paesi del mondo più sfortunati, intese richiamarsi <strong>il</strong> III Convegno<br />

di Fiuggi che vide una densa e toccante relazione di don Andrea Cristiani. Don<br />

Andrea <strong>il</strong>lustrò la storia del movimento Shalom, da lui fondato nel 1974, che è<br />

oggi una formazione con migliaia di iscritti. Presentò le attività del movimento,<br />

un’organizzazione laica, ma di ispirazione cattolica che si propone aperta a persone<br />

di ogni età e dai diversi orientamenti politici e religiosi. Le attività, vanno<br />

dai gruppi di studio: i “Cantieri della pace”, alle missioni umanitarie in varie parti<br />

del mondo. Finora <strong>il</strong> movimento ha operato in Burkina Faso, Sudan, Egitto, India,<br />

Bangladesh, Bras<strong>il</strong>e, Iraq, Bosnia, Jugoslavia, Romania. I progetti strutturali sono<br />

volti a garantire un sufficiente livello di alimentazione (costruzione di pozzi, forni<br />

sociali, invio di generi alimentari ecc..), alfabetizzazione (costruzione di scuole,<br />

centri di aggregazione), sanità (costruzione di padiglioni ospedalieri, ambulatori).<br />

Un posto di r<strong>il</strong>ievo tra le attività lo occupano le adozioni a distanza. Don<br />

Andrea sottolineò le carenze e le difficoltà che l’assistenza sanitaria incontra nel<br />

Burkina Faso. L’ANCoM, ed in particolare le cooperative della Campania insieme<br />

alla lega coop,allora presieduta da Vanda Spoto avviarono un percorso di<br />

collaborazione con Shalom facendosi promotrici di “Un’ambulanza per <strong>il</strong> Burkina<br />

Faso” con raccolta fondi per l’acquisto e l’invio nel poverissimo paese africano<br />

di un’autoambulanza attrezzata anche con culla neonatale. Dopo aver concluso<br />

questo primo progetto si sta lavorando ad una nuova fase orientata all’ut<strong>il</strong>izzo<br />

della FAD e della medicina telematica per la formazione e l’assistenza in campo<br />

degli operatori in Burkina e non solo. A Benevento ed in Campania le cooperative<br />

locali e l’ANCoM stanno promuovendo numerose iniziative con la prossima<br />

costituzione di una delegazione locale di Shalom orientata alle problematiche<br />

sanitarie ed assistenziali. Il progetto ha purtroppo cambiato nome per la scom-<br />

38


Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed innovazione: l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo<br />

parsa prematura ed improvvisa di Vanda Spoto, collaboratrice di Don Andrea<br />

e presidente di lega coop campana. È diventato “Progetto Vanda per l’Africa”<br />

promosso e condiviso dall’ANCoM e dalla lega delle cooperative.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

Guzzanti E, Mazzeo MC, M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo G. Cicchetti A, Meloncelli A., 2009. L’Assistenza primaria in Italia: dalle<br />

condotte mediche al lavoro di squadra. Iniziative Sanitarie Editore, Roma.<br />

Montagnier L., 2009, La scienza ci guarirà, Sperling & Kupfer, M<strong>il</strong>ano<br />

Ranisio G., Simone C., a cura, 2010, Oltre le Convenzioni, CUES, Salerno<br />

39


CAPITOLO 1<br />

Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

1.1 Lectio Magistralis: le sfide della sanita’ del 21° secolo<br />

Walter Ricciardi 1<br />

1.1.1 L’aumento dei bisogni<br />

La sanità del 20° secolo è stata dominata dai medici e dai concetti di efficacia<br />

ed efficienza.<br />

La sanità del 21° secolo sarà dominata dai pazienti e dal concetto di valore,<br />

perché in tutto <strong>il</strong> mondo vi sono sfide enormi e crescenti.<br />

Tutti i paesi ricchi stanno immettendo più risorse in sanità ma, ovunque, l’aumento<br />

degli investimenti finanziari risulta del tutto insufficiente a soddisfare l’aumento<br />

stab<strong>il</strong>e nei bisogni e nella domanda (Figura 1)<br />

Figura 1 - Il gap crescente tra risorse e bisogni<br />

Inoltre, anche se fosse disponib<strong>il</strong>e molto più danaro, e sappiamo che non lo sarà,<br />

le risorse umane potrebbero non esserlo altrettanto. Mentre infatti le società diventano<br />

più ricche, sono sempre di meno le persone che ambiscono a fare lavori,<br />

spesso esteticamente poco attraenti, necessari per l’assistenza delle persone<br />

1<br />

Direttore Istituto di Igiene Università Cattolica del Sacro Cuore Roma<br />

41


Capitolo 1<br />

malate. Di conseguenza molti paesi sv<strong>il</strong>uppati hanno cominciato a “saccheggiare”<br />

le risorse umane dei paesi più poveri, impiegando una proporzione significativa<br />

e crescente dei laureati medici ed infermieristici provenienti dai paesi<br />

meno sv<strong>il</strong>uppati. Fortunatamente, mentre nel passato questo comportamento<br />

veniva giustificato dalle necessità economiche, molti ora guardano a questo<br />

fenomeno come a qualcosa di eticamente inaccettab<strong>il</strong>e. Comunque, anche se<br />

questo reclutamento dovesse continuare, la premessa essenziale rimane la stessa<br />

ed è evidenziata nella Figura 1: i bisogni e la domanda stanno aumentando<br />

in modo più veloce delle risorse disponib<strong>il</strong>i per soddisfarli.<br />

Per spiegare l’aumento dei bisogni vi sono tre elementi tra loro correlati <strong>il</strong>lustrati<br />

nella Figura 2.<br />

Figura 2 Le cause dell’aumento dei bisogni<br />

L’invecchiamento della popolazione<br />

In quasi tutte le società, <strong>il</strong> numero degli ultraottantenni sta aumentando in modo<br />

impressionante. Il motivo principale di questa tendenza non risiede soltanto nella<br />

drammatica diminuzione del tasso di mortalità dei settantenni, come risultato di<br />

una migliore assistenza medica, ma è anche perché la percentuale di bambini<br />

sopravvissuti agli anni pericolosi dell’infanzia è cresciuta significativamente sette<br />

decadi fa.<br />

Vi è una buona evidenza che gli attuali ultraottantenni siano più in forma degli<br />

ultraottantenni di venti o trenta anni fa. Tuttavia, anche le persone anziane più in<br />

forma hanno una più elevata prevalenza di malattie croniche e, quindi, <strong>il</strong> numero<br />

di persone con malattie croniche aumenta in modo imponente.<br />

In ogni caso, sia che la gente muoia a 70, a 80 o a 90 anni, gli ultimi mesi di vita<br />

sono quasi sempre un periodo in cui vi è un uso intensivo di servizi sanitari. Pertan-<br />

42


Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

to, un aumento nel numero delle persone sopravissute fino a tarda età conduce<br />

inevitab<strong>il</strong>mente ad un aumento dei bisogni.<br />

Nuove malattie<br />

La sanità del 21° secolo deve fare i conti non solo con le malattie ereditate dal<br />

20° secolo, ma anche con nuove patologie. Invero, in molti paesi poveri i servizi<br />

sanitari devono fronteggiare non solo le epidemie di tubercolosi, colera e malnutrizione<br />

infant<strong>il</strong>e tipiche del 19° secolo, ma anche le malattie cardiache e gli<br />

incidenti stradali.<br />

Nei paesi sv<strong>il</strong>uppati i servizi sanitari devono invece affrontare i problemi derivati,<br />

nel 20° secolo, dalle modifiche degli st<strong>il</strong>i di vita e dall’invecchiamento della popolazione.<br />

E la lista non è finita.<br />

L’ultimo decennio ha visto l’emergenza della SARS e dell’Influenza Aviaria e<br />

l’evoluzione di problemi cui i cambiamenti sociali, i media ed alcuni clinici hanno<br />

fatto assumere un andamento quasi epidemico, come nel caso dell’anoressia<br />

nervosa, della sindrome della falsa memoria e quella da fatica cronica.<br />

Il diagramma di Venn nella Figura 2 dimostra che questi elementi sono correlati<br />

fra loro, ad esempio:<br />

• alcune nuove tecnologie riducono <strong>il</strong> rischio di intervento chirurgico e consentono<br />

a persone anziane, che nel passato non sarebbero state prese in<br />

considerazione per un intervento chirurgico, di avere trattamenti prima non<br />

disponib<strong>il</strong>i; anche questo aumenta i bisogni di assistenza sanitaria.<br />

• cambiano le attitudini. Oggi, a ragione, né le persone più anziane, né i medici<br />

accettano che i problemi sanitari siano causati dalla “tarda età”. Entrambi<br />

ritengono che tutte le persone che hanno problemi sanitari dovrebbero<br />

avere la stessa opportunità di diagnosi e trattamento, indipendentemente<br />

dall’età. E questo aumenta la domanda di assistenza sanitaria.<br />

Nuove tecnologie<br />

Un’ut<strong>il</strong>e definizione di bisogno sanitario è quella di “problema sanitario per cui vi<br />

sia un intervento efficace”. Per questo motivo, quando un nuovo farmaco od un<br />

altro tipo di tecnologia medica vengono creati ed approvati per l’uso, vengono<br />

attivati nuovi bisogni.<br />

43


Capitolo 1<br />

1.1.2 La gestione dei bisogni<br />

Coloro che finanziano o gestiscono i servizi sanitari possono fare poco per controllare<br />

l’aumento dei bisogni. Se i finanziatori dei servizi sanitari sono anche i responsab<strong>il</strong>i della<br />

salute pubblica (come nel caso dei Servizi Sanitari Nazionali), essi debbono certamente<br />

fare <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e per prevenire epidemie di malattie correlate al fumo di tabacco, o<br />

patologie correlate alle droghe, o le conseguenze dell’obesità, ciascuna delle quali<br />

avrà un impatto massiccio sull’assistenza sanitaria. Se i finanziatori dell’assistenza sanitaria<br />

non hanno responsab<strong>il</strong>ità per la salute pubblica, come nei sistemi assicurativosociali,<br />

tutto ciò che possono fare è sperare che quelli che ce l’hanno intraprendano<br />

azioni efficaci, perché non vi sono altri strumenti veramente in grado di prevenire l’aumento<br />

delle malattie.<br />

Come già detto l’invecchiamento della popolazione è un fatto consolidato, determinato<br />

in parte dall’efficacia della medicina moderna, ma anche dal calo della mortalità<br />

infant<strong>il</strong>e sessanta o settanta fa.<br />

I governi possono cercare di controllare la crescita di nuove tecnologie rifiutandosi di<br />

finanziare la ricerca e lo sv<strong>il</strong>uppo, ma ciò avrebbe scarsi effetti, perché oggi i principali<br />

finanziatori delle nuove tecnologie non sono i governi, ma le industrie private.<br />

Quello che i finanziatori ed i gestori dei servizi sanitari possono concretamente fare è<br />

gestire accortamente l’introduzione delle nuove tecnologie e promuovere contemporaneamente<br />

l’abbandono di quella vecchia e ridondante per assicurarsi di ottenere<br />

<strong>il</strong> massimo valore dalle risorse che vengono investite.<br />

L’aumento della domanda e la sua gestione<br />

La domanda di assistenza sanitaria sta aumentando anche in conseguenza di un<br />

fenomeno diffuso denominato “consumerismo” e fortemente alimentato da Internet.<br />

Non è fac<strong>il</strong>e gestire la domanda di servizi sanitari. Sono possib<strong>il</strong>i diverse opzioni, una<br />

delle quali è quella di essere molto chiari ed espliciti su quali servizi, e per quali condizioni,<br />

verranno garantiti dalle strutture pubbliche. Questi potrebbero, o meno, includere<br />

prestazioni quali interventi chirurgici per <strong>il</strong> cambio di sesso, ernia inguinale asintomatica,<br />

chirurgia estetica, vene varicose asintomatiche, calcoli renali asintomatici, etc.<br />

Inoltre, le aziende sanitarie potrebbero rendere esplicita e motivata la decisione di<br />

non finanziare interventi ritenuti di scarso valore, come la chirurgia bariatrica per<br />

l’obesità, <strong>il</strong> trattamento intensivo in regime di ricovero per la tossicodipendenza,<br />

la riparazione chirurgica dei legamenti crociati del ginocchio, ad eccezione degli<br />

sportivi attivi.<br />

44


Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

Gli argomenti a supporto di queste decisioni potrebbero basarsi sui livelli di efficacia<br />

di ciascuno di questi interventi. Quello che non è possib<strong>il</strong>e e controproducente<br />

è gestire la domanda scaricando le decisioni sui singoli medici, che devono fronteggiare<br />

le richieste dei singoli pazienti.<br />

La gestione deve essere invece svolta dai finanziatori ed a livello di popolazione<br />

generale e pur non essendo cosa fac<strong>il</strong>e può essere attuata, ad esempio, nei seguenti<br />

modi:<br />

• essere estremamente chiari su quali sottogruppi di pazienti abbiano maggiore<br />

probab<strong>il</strong>ità di beneficiare da un intervento e, come corollario, quelli che invece<br />

ne trarranno minore vantaggio;<br />

• esprimere la probab<strong>il</strong>ità di un beneficio in termini assoluti piuttosto che relativi,<br />

perché l’uso del rischio assoluto piuttosto che di quello relativo nella comunicazione<br />

dei benefici e dei danni riduce sempre la domanda di assistenza.<br />

Per questo gli “evangelizzatori” di un nuovo servizio abitualmente esprimono<br />

i benefici in termini relativi piuttosto che assoluti, per ottenere un effetto più<br />

eclatante di induzione del bisogno;<br />

• assicurarsi che ai pazienti vengano date informazioni non solo sui benefici, ma<br />

anche sui rischi e sulle limitazioni degli interventi;<br />

• fornire ai pazienti informazioni in diversi modi, ad esempio con l’uso di rapporti<br />

sui dati relativi ai fallimenti dei trattamenti.<br />

Queste azioni possono essere incorporate in strumenti di supporto alla decisione<br />

dei pazienti come parte di un’efficace strategia di coinvolgimento della popolazione<br />

generale.<br />

Uno degli effetti dell’ampia diffusione delle opinioni sul progresso della medicina,<br />

fortemente influenzato da quello che è stato denominato “distorsione ottimistica”,<br />

è che <strong>il</strong> pubblico è fortemente propenso al trattamento.<br />

Uno degli effetti di fornire ai pazienti un’informazione di alta qualità sui benefici, i rischi<br />

e le limitazioni dei trattamenti è quello di contrastare la “distorsione ottimistica”<br />

e far si che la loro scelta sia basata sulle evidenze scientifiche, con una conseguente<br />

positiva riduzione della domanda.<br />

La gestione della domanda clinica<br />

La domanda è spesso generata sia dai medici che dai pazienti.<br />

Nella sua forma più evidente, l’entusiasmo del medico, cioè di un professionista<br />

altruista e propenso a far del bene, armato da un’informazione fornita da entu-<br />

45


Capitolo 1<br />

siastici promotori di una nuova tecnologia, espressa in termini di benefici relativi<br />

invece che assoluti, è quello che alimenta in modo più r<strong>il</strong>evante la domanda, ad<br />

esempio facendogli condurre una campagna attiva per un nuovo servizio o per<br />

una nuova attrezzatura.<br />

Qualche volta, i risultati della ricerca scientifica possono essere trasferiti alla pratica<br />

clinica attraverso decisioni politiche ben ponderate, come ad esempio nel<br />

caso dell’introduzione di un programma di screening per <strong>il</strong> cancro della mammella,<br />

ma molto più spesso le innovazioni vengono introdotte nella pratica medica<br />

dai clinici, che abitualmente cercano le risorse per supportare l’innovazione<br />

da coloro che finanziano i servizi sanitari.<br />

Le modalità con cui le modifiche o le innovazioni nella pratica clinica si traducono<br />

in un aumento dei costi dell’assistenza sanitaria sono molte (vedi Tabella 1)<br />

Come le innovazioni nella pratica clinica aumentano i costi<br />

Trattando condizioni che erano precedentemente intrattab<strong>il</strong>i<br />

Trattando persone che non sarebbero state precedentemente trattate a causa di modifiche nelle percezioni<br />

professionali di bisogno ed appropriatezza e di mutazione nelle aspettative del pubblico. Queste<br />

possono risultare da:<br />

• Aumentata sicurezza degli interventi;<br />

• nterventi più accettab<strong>il</strong>i, meno invasivi, più gradevoli;<br />

• Modificate attitudini verso l’età anagrafica come motivo per rifiutare <strong>il</strong> trattamento;<br />

• Modificate aspettative su salute e malattia.<br />

Fornendo trattamenti più costosi:<br />

• Farmaci più cari;<br />

• Diagnostica per immagini più costosa;<br />

• Test laboratoristici più cari;<br />

• Personale più costoso.<br />

Una pratica clinica più intensiva:<br />

• Una degenza più lunga;<br />

• Più test per paziente;<br />

• Più interventi professionali per paziente;<br />

• Più trattamenti per paziente.<br />

Tabella 1 - Fonte: Evidence Based Healthcare (4)<br />

Uno studio condotto da David Eddy negli USA (1) ha dimostrato che nei sistemi<br />

sanitari in cui le spese non sono limitate, ma oggetto di economia di mercato, le<br />

modifiche nel “<strong>volume</strong> ed intensità” della pratica clinica sono i principali fattori<br />

di aumento dei costi controllab<strong>il</strong>i dai manager.<br />

46


Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

Le altre cause di aumento dei costi – invecchiamento della popolazione, inflazione<br />

generale dei prezzi ed inflazione dei prezzi sanitari – vanno al di la del<br />

potere di controllo del management sanitario (Figura 3).<br />

Figura 3 - Le cause dell’inflazione dei costi<br />

Nei sistemi sanitari in cui le decisioni vengono prese in un contesto di risorse<br />

limitate, benché le spese possano non andare fuori controllo, le modifiche nel<br />

<strong>volume</strong> e nell’intensità della pratica clinica possono generare tensioni finanziarie<br />

e pressioni nei servizi e possono anche indirizzare <strong>il</strong> servizio in direzioni diverse<br />

da quelle identificate come prioritarie dal management.<br />

La gestione dell’innovazione abitualmente si focalizza su di un piccolo numero<br />

di interventi potenzialmente ad alto costo, per esempio <strong>il</strong> numero di Risonanze<br />

Magnetiche Nucleari o di PET, ma le conclusioni del lavoro di Eddy, valide oggi<br />

come quando furono pubblicate per la prima volta, è che ogni innovazione,<br />

non importa quanto piccola o grande, necessita che la sua introduzione, o la<br />

sua rimozione, vengano gestite con attenzione e scientificità, in particolare se<br />

è rivolta verso una patologia ad elevata frequenza.<br />

La proposta di introduzione di un test di screening in una popolazione adulta<br />

potrebbe significare che, anche se <strong>il</strong> test da somministrare costasse soltanto 1<br />

euro, <strong>il</strong> costo totale, ad esempio, in Italia sarebbe di oltre 30 m<strong>il</strong>ioni di euro. Se<br />

le spese amministrative correlate fossero di 10 m<strong>il</strong>ioni di euro, e se una percentuale<br />

della popolazione richiedesse ulteriori accertamenti, <strong>il</strong> costo totale di una<br />

semplice procedura potrebbe fac<strong>il</strong>mente entrare nell’ordine delle centinaia di<br />

m<strong>il</strong>ioni di euro, anche se non vi è la chiara evidenza scientifica del suo valore<br />

aggiunto.<br />

Considerazioni conclusive: viviamo nella terza rivoluzione sanitaria<br />

Quando si avvia una rivoluzione, coloro che detengono <strong>il</strong> potere sono spesso<br />

gli ultimi ad accorgersene, specialmente se l’arma è la conoscenza e non la<br />

polvere da sparo, se l’artiglieria è Internet e non i cannoni, e se i rivoluzionari<br />

sono i pazienti, spesso ancora educati e deferenti nei confronti degli operatori<br />

sanitari.<br />

47


Capitolo 1<br />

Ma la Terza Rivoluzione Sanitaria è già cominciata ed avrà un impatto tanto r<strong>il</strong>evante<br />

quanto quelli conseguenti alla Prima ed alla Seconda Rivoluzione.<br />

Come la Prima Rivoluzione Industriale, la Prima Rivoluzione Sanitaria era basata<br />

sul senso comune. Era infatti <strong>il</strong> buonsenso che aveva condotto all’invenzione dei<br />

telai meccanici ed era la logica che aveva portato alla separazione dell’acqua<br />

dai liquami, molto tempo prima che i microbiologi scoprissero i batteri responsab<strong>il</strong>i<br />

del colera e del tifo.<br />

La Seconda Rivoluzione, sia nell’industria che in sanità, è stata guidata dalla<br />

Scienza. Cioè da biologi, chimici, ingegneri e fisici, che inventarono e sv<strong>il</strong>upparono<br />

non solo automob<strong>il</strong>i, aeroplani, e plastica, ma anche farmaci, trapianti e<br />

protesi artificiali divenuti indispensab<strong>il</strong>i per le attività dei medici.<br />

La Terza Rivoluzione Industriale sta trasformando ogni servizio ed impresa e i suoi<br />

p<strong>il</strong>astri sono la conoscenza, <strong>il</strong> World Wide Web ed i cittadini.<br />

La Sanità appare, al momento, relativamente protetta, a causa della necessità<br />

di erogare la maggior parte dell’assistenza vicino o addirittura, dentro le case<br />

della gente, ma sia <strong>il</strong> lavoro dei medici che le attività dei pazienti saranno presto<br />

radicalmente modificate dalle forze della Rivoluzione, così come lo sono già stati<br />

quelli dei banchieri, delle compagnie telefoniche e degli agenti di viaggio.<br />

La Seconda Rivoluzione Sanitaria ha portato ad enormi miglioramenti nell’efficacia<br />

e nei rapporti costi-efficacia dell’assistenza.<br />

Nella Terza Rivoluzione Sanitaria questo verrà dato per scontato.<br />

Il focus di questa Rivoluzione, guidata dalla conoscenza, dalle tecnologie dell’informazione<br />

e dai cittadini, sarà <strong>il</strong> valore che questi ultimi percepiranno nel ricevere<br />

prestazioni conseguenti ai progressi ottenuti durante la Seconda rivoluzione<br />

scientifica, combinati con l’integrazione della genomica.<br />

Nel suo classico studio Administrative Behaviour (3), la cui quarta edizione è stata<br />

pubblicata 50 anni dopo la prima, <strong>il</strong> Premio Nobel Herbert Simon riflette sulla correlazione<br />

tra decisioni di carattere etico e di carattere operativo. Egli sottolinea<br />

che “la separazione di elementi etici ed operativi nei giudizi può essere effettuata<br />

solo a breve termine”.<br />

In teoria, i burocrati e gli amministratori prendono decisioni presentando i fatti e i legislatori<br />

o i rappresentanti pubblici aggiungono i valori e prendono la decisione finale.<br />

“I funzionari consigliano e i ministri decidono” è una massima comune.<br />

48


Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

Il consiglio dei funzionari influenza i decisori, ed entrambi possono essere influenzati<br />

da esperti consiglieri, di solito scienziati e medici, e non solo dalla forza<br />

dell’evidenza, ma anche dal modo con cui essa viene espressa. Uno studio ha<br />

evidenziato che i burocrati ed i legislatori prendono decisioni differenti se gli stessi<br />

dati sono presentati in modo diverso (2).<br />

Il giudizio dei finanziatori deve raggiungere un equ<strong>il</strong>ibrio tra l’opzione economica<br />

ideale e l’opzione populista, che è quella che soddisferà <strong>il</strong> maggior numero di<br />

persone. Ogni decisione deve essere presa come una decisione etica, poiché<br />

ogni volta un determinato gruppo di pazienti ne trarrà vantaggio ed altri ne soffriranno.<br />

Il principio etico più frequentemente usato per prendere decisioni è probab<strong>il</strong>mente<br />

l’”ut<strong>il</strong>itarismo”, simboleggiato dalla frase “<strong>il</strong> maggior bene per <strong>il</strong> numero<br />

più grande”, che suona irresistib<strong>il</strong>e e molto popolare.<br />

Purtuttavia, dovremmo sempre avere in mente la sfida all’ut<strong>il</strong>itarismo come è<br />

espressa da Dostoyevski nei fratelli Karamazov, quando Ivan chiede ad Alyosha:<br />

“Immagina che tu stia creando una struttura per <strong>il</strong> destino umano con l’obiettivo<br />

di rendere tutti gli uomini felici, conferendo loro, al fine, pace e serenità,<br />

ma che per far questo sia necessario ed inevitab<strong>il</strong>e torturare a morte una sola<br />

piccola creatura – per esempio prendendo a pugni quella bambina – e fondare<br />

quell’edificio sulle sue lacrime innocenti – vorresti tu essere l’architetto di questa<br />

condizione?”<br />

I decisori possono contemporaneamente desiderare di fare <strong>il</strong> maggior bene al<br />

più ampio numero di persone e di fare <strong>il</strong> minimo danno al più piccolo numero di<br />

esse. L’alto costo del trattamento di persone con malattie rare – alto perché non<br />

vi sarà mai un mercato di massa per i “farmaci orfani” per trattare ad esempio<br />

patologie come la malattia di Gaucher – aumenterà le sfide ai valori dei decisori,<br />

poiché i trattamenti per queste patologie saranno sempre più disponib<strong>il</strong>i.<br />

Prendere decisioni è anche un processo a forte contenuto emozionale ed Herbert<br />

Simon lo descrive come “a razionalità limitata”. I fatti contribuiscono alle<br />

decisioni, ma solo in parte.<br />

C’è bisogno che qualcuno sia responsab<strong>il</strong>e di prendere decisioni sull’allocazione<br />

delle risorse: ognuno vorrebbe far parte di coloro che attribuiscono più risorse,<br />

mentre sono pochi quelli che ambiscono a far parte di quelli che decidono di<br />

tagliarle o di rifiutare risorse a gruppi di pazienti che ne hanno bisogno ma, soprattutto<br />

in un’epoca in cui le risorse diminuiscono, qualcuno dovrà pur farlo<br />

questo lavoro.<br />

49


Capitolo 1<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

Eddy, D.M. (1993) Three battles to watch in the 1990’s. JAMA 270: 520-6<br />

Fahey, T. et al (1995) Evidence Based Purchasing. BMJ 311: 1056-1060<br />

Simon, H. (1997) Administrative Behaviour: a study of decision-making processes in administrative<br />

decisions. Simon & Schuster<br />

Gray, J.A.M. (2005) Evidence-Based Healthcare. Elsevier<br />

Gray, J.A.M., Ricciardi W. (2010) Per una sanità di valore. SIMM Edizioni Iniziative Sanitarie, Roma.<br />

1.2 Le cooperative fra mmg per la gestione delle UCCP negli accordi regionali.<br />

appropriatezza e qualità dei servizi alla professione<br />

Antonio di Malta 2<br />

“Ci aspettavamo noi di ANCoM che ci fosse un po’ più di gente. Potrebbe anche<br />

questa essere una testimonianza significativa di come lo stato dell’arte della Medicina<br />

Generale, nel Sistema Sanitario Nazionale italiano, sia piuttosto precario<br />

forse al punto che alla gente non importa più di capire dove sono gli strumenti,<br />

se ci sono, per salvarlo e se va salvato. Ho detto più o meno la stessa cosa a Cagliari<br />

quando ho fatto una relazione sim<strong>il</strong>e al congresso nazionale della FIMMG,<br />

perché abbiamo dovuto aspettare un po’ di tempo affinché in sala ci fossero<br />

150 persone quando nel congresso ne giravano circa 1000. Questo è importante<br />

annotarlo, a mio discapito, anche se poi qualche amico mi consola dicendo<br />

che quello che conta non è <strong>il</strong> numero delle persone ma <strong>il</strong> valore delle idee che<br />

poi sono eventualmente trascinanti nei confronti di quelli che idee pioniere non<br />

riescono ad averle.<br />

Essendo io, per mia natura, un provocatore bonario comincio con questo tipo di<br />

affermazione che è rivolta ai medici di famiglia: “E venuto <strong>il</strong> tempo che “tu” ti dia<br />

da fare! Nessuno farà al posto tuo ciò che tocca a te fare, se non ti decidi a farlo.”<br />

Noi del Co.S. e dell’ANCoM abbiamo fatto cose incredib<strong>il</strong>i eppure sembra che<br />

non siano state colte né che vengano ut<strong>il</strong>izzate tantissimo, e questo nonostante<br />

non mi sembri di vedere in giro soluzioni alternative che siano in grado di vicariare<br />

le nostre proposte con risultati migliori. Nonostante ciò, ci si aspetta che invece<br />

determinate cose vengano fatte.”<br />

Il primo obiettivo di questo congresso dovrebbe essere quello di convincere le<br />

Asl che:<br />

• i medici di famiglia ce la possono fare a …. e che a loro conviene che i medici<br />

ce la facciano a……. (ne parleremo dopo);<br />

• secondo obiettivo convincere i medici che ce la possono fare a ………………<br />

(ne parleremo dopo);<br />

2<br />

Vice Presidente Nazionale ANCoM<br />

50


Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

• terzo obiettivo è spiegare ai MMG e alle Asl che non hanno altra via di uscita<br />

oltre a quelle che proponiamo noi ……….. (ne parleremo dopo) …. pena <strong>il</strong><br />

sacrifico del Servizio Sanitario Nazionale.<br />

Cominciamo a capire finalmente se in Italia c’è una correlazione fra le dichiarazioni<br />

di intenti e i comportamenti consequenziali, cioè se c’è un corrispettivo tra<br />

ciò che si dichiara e ciò che poi realmente si fa, la mia esperienza di cooperazione<br />

negli ultimi 15 anni mostra, da questo punto di vista, uno scenario disastroso.<br />

Naturalmente, io spero sempre che queste mie dichiarazioni possano essere<br />

smentite e che invece ci siano più persone in grado di dire cose diverse.<br />

Durante questi convegni mi diverto anche a parlare della cosiddetta “danza<br />

delle sigle” UTAP, Casa della Salute, UCCP, AFT, Gruppi di Cure Primarie, Nuclei<br />

di Cure Primarie. Di sigle ce ne sono tante e speriamo che <strong>il</strong> Federalismo regionale<br />

non serva solo a cercare di dare un nome diverso a qualcosa che poi<br />

non viene messo in opera. Perché se è vero quanto dichiarato dall’ Istituto Regionale<br />

della Lombardia per la Ricerca (IRER), sono già chiari quali siano i modelli<br />

gestionali che meglio garantiscono risultati di appropriatezza su scala Nazionale.<br />

Hanno cercato le UTAP, Case della salute, e hanno riscontrato che mentre<br />

sulla carta ce n’erano tante in realtà ne sono state individuate poche, e in ogni<br />

caso spesso solo indirizzi o strutture fatiscenti. Le uniche che facevano eccezioni<br />

nel senso che avevano caratteristiche e performance accettab<strong>il</strong>i erano i centri<br />

sanitari polifunzionali del Co.S Lombardia non mappati a livello istituzionale.<br />

Si spera che ci sia quindi una consequenzialità tra le dichiarazioni di intenti e le<br />

conseguenze operative.<br />

Il nostro segretario Nazionale M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo a Cagliari (Convegno FIMMG 2010) giovedì<br />

ha dichiarato sostanzialmente proprio queste cose che sono molto impegnative<br />

e cioè che in Italia spesso fra le dichiarazioni di intenti e i comportamenti successivi<br />

non esiste legame, non c’è per cosi dire una coerenza operativa fra le<br />

promesse e le azioni. Ha dichiarato, poi, sostanzialmente che bisogna usare le<br />

Società di servizio anche Cooperative per fornire i fattori di produzione (Fdp)<br />

ai medici. I Fdp che serviranno sono quelli per le UCCP citati nell’ articolo<br />

26/ter dell’ Accordo Collettivo Nazionale e che deve essere esportato integralmente<br />

nel prossimo ACN, quello che sostanzialmente è stato bloccato<br />

per via della manovra finanziaria di Tremonti.<br />

Il nostro Ministro del lavoro Sacconi in teleconferenza ha dichiarato che si dovranno<br />

creare tante Società di Servizio e Cooperative, che dovranno servire per<br />

gestire le UCCP di cui sono stati approvati i costi standard, (come ha anche<br />

affermato del Favero) che comportano una maggiore responsab<strong>il</strong>ità delle regioni<br />

e delle Asl, rispetto alla spesa e rispetto ai medici di medicina generale.<br />

Ha affermato, inoltre, di voler dare un contributo importante per la gestione<br />

51


Capitolo 1<br />

della non autosufficienza visto che sta diventando un problema importante perché<br />

<strong>il</strong> numero di non autosufficienti totali non trova una risposta in termini di servizio<br />

da parte delle RSA che riesca a coprire questo bisogno. D’altra parte la<br />

patologia dell’acuzie si riduce per cui ci sarebbe bisogno di ridurre i posti letto<br />

ospedalieri, ma non si capisce ancora quale sia la fascia intermedia di bisogno<br />

tra l’acuzie e la non autosufficienza totale, che sostanzialmente è la non autosufficienza<br />

parziale e la cronicità. Che tipo di risposta trova sul territorio questa<br />

affermazione, al di là delle dichiarazioni di intenti che sempre vengono fatte,<br />

visto che <strong>il</strong> medico è al centro del sistema, rappresenta <strong>il</strong> Gatekeeper, <strong>il</strong> potenziale<br />

responsab<strong>il</strong>e della corretta allocazione delle risorse per la prescrizione delle<br />

prestazioni sanitarie?<br />

Poi è intervenuto <strong>il</strong> ministro della sanità Fazio <strong>il</strong> quale ha dichiarato che è necessario<br />

attrezzare <strong>il</strong> territorio e questo significa investire sul territorio stesso. Ha<br />

aggiunto che ha chiesto un tavolo di lavoro fra Ministero, Sisac e sindacati per<br />

preparare una legge che “studi e promuova, <strong>il</strong> ruolo unico della medicina generale,<br />

la separazione dell’onorario dai fattori di produzione del reddito” che è un<br />

concetto sul quale la medicina generale, <strong>il</strong> Dott. M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo, e anche noi, mondo della<br />

cooperazione medica, stiamo lavorando da alcuni anni perché senza questo<br />

tipo di concetto non si va da nessuna parte. I medici di famiglia ricevono degli<br />

incentivi che rappresentano un modo di espandere la busta paga di base se<br />

fanno determinate cose come mettersi in associazione, avere del personale di<br />

studio, essere dotati di un’infermiera e altro.<br />

Naturalmente <strong>il</strong> modo di calcolare questi incentivi appartiene ad un sindacalismo<br />

storico assolutamente corretto in passato, ma che adesso ha fatto <strong>il</strong> suo<br />

tempo e andrebbe trasformato perché si tratta di un incentivo che parte da un<br />

calcolo assolutamente forfettario del costo effettivo sostenuto.<br />

Infatti, se si calcolasse effettivamente <strong>il</strong> fattore di produzione del reddito, per<br />

realizzare quel tipo di prestazione o quel tipo di attività, i risultati sarebbero decisamente<br />

diversi.<br />

L’unica ragione per cui questo metodo sindacale sopravvive, è legata al fatto<br />

che nessuno va a fare <strong>il</strong> calcolo dell’effettivo costo dei fattori di produzione del<br />

reddito, perché sennò quello che la ASL ti paga in termini forfettari con degli<br />

incentivi, non sarebbe assolutamente sufficiente. Per converso nessuno controlla<br />

che <strong>il</strong> risultato del lavoro effettuato in questo modo dia una effettiva ricaduta<br />

sugli indicatori di appropriatezza piuttosto che di miglioramento della cura del<br />

paziente, perché se questo tipo di controlli si dovessero fare ci sarebbero sicuramente<br />

delle sorprese.<br />

Dopo queste dichiarazioni di M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo, del ministro Sacconi, e del ministro Fazio, è<br />

sufficiente imparare a capire come ut<strong>il</strong>izzare le società di servizio per avviare e<br />

gestire le UCCP e come si possono calcolare i fattori di produzione del reddito<br />

per poter computare, all’interno di una contrattazione sindacale, la copertura<br />

degli stessi.<br />

52


Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

Quindi gli obiettivi della riflessione di oggi riguardano:<br />

• <strong>il</strong> calcolo dell’onorario e dei fattori di produzione del reddito relativi all’attività<br />

di base (h24)<br />

• Le modalità di calcolo del costo tipo dei singoli moduli operativi di PDTA che<br />

comprendono l’onorario e i fattori di produzione per quel PDTA. Per capirci<br />

<strong>il</strong> PDTA non è solo la fotografia in termini di dati clinici di come sta <strong>il</strong> paziente<br />

diabetico, ma deve essere anche un modulo organizzativo/operativo che<br />

sia in grado di definire quanto spazio serve, quali standard di personale (infermiera<br />

e collaboratore di studio,e medico) è necessario, quanto materiale<br />

serve, per fare assistere un paziente cronico.<br />

• Definire i modelli tipo dei Presidi Territoriali di Medicina Generale acronimo<br />

con cui noi chiamiamo quelle che nelle varie regioni sono state definite:<br />

Case della Salute, UTAP, Gruppi di Cure Primarie, UCCP, redigendo appositi<br />

Business Plan e la loro organizzazione<br />

• Definire gli assetti Societari più idonei a gestire le predette UCCP:<br />

• Rendere disponib<strong>il</strong>i i supporti e i servizi che <strong>il</strong> Co.S. e Ancom mettono a disposizione<br />

dei medici di famiglia per avviare e gestire i PTMG/UCCP.<br />

Noi di Co.S., dentro ANCoM, ci sforzeremo di mettere a disposizione della medicina<br />

generale una chance nuova e diversa, fornendo strumenti attraverso i<br />

quali imboccare e percorrere una propria strada senza abbandonarsi “inconsapevoli”<br />

e “speranzosi” nelle braccia della Parte pubblica, che è comunque<br />

importante in quanto resa indispensab<strong>il</strong>e dall’attività del medico di famiglia che<br />

è costruita sul servizio pubblico. Il medico di famiglia, infatti,non esisterebbe se<br />

non ci fosse <strong>il</strong> servizio pubblico, ma vorremmo anche avere un ruolo centrale.<br />

Un monito rivolto ai medici di famiglia, senza creare alcun allarmismo, è che<br />

bisogna star attenti a chi ci dice che ci vuole dare una mano perché poi non<br />

sempre implica che ci vuole fare del bene.<br />

Questo perché i farmacisti sono entrati nelle cure domic<strong>il</strong>iari grazie ad una legge<br />

che ha trasformato tutti i farmacisti d’Italia in pattanti per le cure domic<strong>il</strong>iari<br />

come i pattanti della Lombardia ed è ancora incerta la questione su come loro<br />

possano dar fastidio. C’è chi dice che fin quando saremo noi a fare le prescrizioni<br />

non ci potranno dar fastidio, ma del resto ci sono farmacisti che si stanno<br />

organizzando per ospitare delle UCCP. Quindi magari mentre gli altri si organizzano<br />

dove vedono un potenziale business, non sarebbe male che noi medici di<br />

famiglia cercassimo quantomeno di capire <strong>il</strong> quadro e provassimo a macinare<br />

qualche soluzione.<br />

Le Cooperative di servizio per medici di famiglia, non a caso chiamate di servizio,<br />

servono esclusivamente per procurare fattori di produzione del reddito ai<br />

medici, che fanno una professione diversa e che continuano a fare in modo<br />

assolutamente individuale cioè <strong>il</strong> medico del paziente e <strong>il</strong> medico curante. Quel<br />

medico, insieme a tanti altri medici, realizza una Società di Servizio o Coope-<br />

53


Capitolo 1<br />

rative di Servizio per procurarsi insieme le macchine, per pagare <strong>il</strong> personale,<br />

per condividere una sede lavorativa, per organizzare corsi formativi, e tutto ciò<br />

che ne consegue escludendo la vendita delle prestazioni sanitarie con quella<br />

struttura.<br />

Io medico, ho costituito una Società Cooperativa per salvare la medicina generale<br />

perché mi sono reso conto ad un certo punto, <strong>il</strong>luminato sulla via di Damasco,<br />

che l’organizzazione della medicina generale diventava sempre più<br />

complessa e io medico di medicina generale non potevo più assolvere all’acquisizione<br />

di fattori di produzione del reddito da solo, perché magari mi serviva<br />

una UCCP che potrebbe avere una rete logistica con 3 centri sanitari polifunzionali<br />

più 20 studi periferici)<br />

Quindi avendo deciso di fare una società di servizio, devo essere consapevole<br />

che questa società di servizio deve servire al medico esclusivamente per fornire<br />

fattori di produzione del reddito e non deve assolutamente correre <strong>il</strong> rischio di<br />

vendere prestazioni sanitarie, perché innanzitutto diventerebbe una cooperativa<br />

di produzione lavoro (e non di servizio) e dovrebbe entrare nel mercato<br />

generale della domanda e della offerta e questo non deve succedere.<br />

Se questa società di servizio entrasse nel mercato generale dovrebbe affrontare<br />

le regole della concorrenza e se deve affrontare le regole della concorrenza<br />

nel giro di tre anni e mezzo verrebbe massacrata perché la cooperazione generale<br />

ha mezzi e strumenti per cui non esiste nessuna possib<strong>il</strong>ità di competere<br />

con questi soggetti. D’altra parte l’idea originale non era questa e a tal fine non<br />

a caso l’articolo 54 dell’accordo collettivo nazionale vieta alle cooperative di<br />

servizio di vendere prestazioni sanitarie. Non a caso la norma finale numero 19<br />

dice che, ove anche l’articolo 54 venga rimosso perché si entra nella logica<br />

delle UCCP, continua a permanere come eredità <strong>il</strong> fatto di non poter vendere<br />

prestazioni sanitarie. Questo punto è fondamentale in quanto sono 15 anni che<br />

ci battiamo sulla distinzione tra cooperative di servizio, che hanno uno scopo interno<br />

alla categoria, e l’entrare nel mercato generale facendo dell’altro e vendendo<br />

prestazioni sanitarie. Stiamo attenti perché vendendo prestazioni specialistiche<br />

piuttosto che qualsiasi altra cosa, magari troviamo la nostra via per <strong>il</strong><br />

futuro, però prima o poi qualcuno ci spiegherà che l’articolo 17 dell’ACN vieta<br />

la vendita di prestazioni sanitarie e vieta anche di far parte di società di servizio<br />

quindi possedere quote che possono entrare in conflitto con <strong>il</strong> servizio sanitario<br />

nazionale. L’istituto CerGas della Bocconi da molti anni sta disquisendo sulla<br />

possib<strong>il</strong>ità che i medici di famiglia siano contemporaneamente prescrittori e fornitori<br />

di prestazioni sanitarie; non possono essere entrambi ma o solo prescrittori<br />

o solo fornitori, se sono fornitori devono smettere di essere prescrittori, se sono<br />

prescrittori non possono essere fornitori. Se poi l’ASL affida al medico di famiglia<br />

e non alla cooperativa una serie di compiti che si possono estendere in maniera<br />

potenzialmente ut<strong>il</strong>e per <strong>il</strong> medico per <strong>il</strong> cittadino e per l’ASL, in sostanza gli chiede<br />

di potersi occupare dell’assistenza domic<strong>il</strong>iare integrata sul territorio come<br />

può operare al meglio in questo settore? Lo può fare ut<strong>il</strong>izzando la sua società<br />

54


Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

di servizio, le sue infermiere, con le quali farà <strong>il</strong> lavoro che l’ASL affida solo a lui in<br />

quanto medico di famiglia. Infatti la predetta serie di compiti non viene affidata<br />

al consorzio di cui farebbe parte la coop di cui <strong>il</strong> medico è socio. In questo caso<br />

<strong>il</strong> Consorzio “orienterebbe” o costringerebbe la cooperativa di medici propria<br />

socia a vendere prestazioni sanitarie in modo indiretto. Questo metterebbe <strong>il</strong><br />

medico in condizione di incompatib<strong>il</strong>ità poiché fa parte di una cooperativa che<br />

vende prestazioni sanitarie.<br />

La struttura privata accreditata ha bisogno di lavorare e nel momento in cui ha<br />

bisogno di lavorare cerca <strong>il</strong> medico di famiglia perché <strong>il</strong> medico di famiglia è un<br />

prescrittore, per cui <strong>il</strong> ragionamento di fondo è che bisogna che ne prendiamo<br />

atto ossia noi o ci organizziamo da soli “ingegnerizzati nel cambiamento”, come<br />

dice M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo, o c’è <strong>il</strong> rischio che chi ci dà una mano non lo fa perché ci vuole<br />

bene. L’integrazione socio sanitaria è <strong>il</strong> tema che si sv<strong>il</strong>uppa di più attraverso<br />

la collaborazione con le cooperative sociali quindi Legacoop, Confcoop, Federsanità,<br />

e si deve realizzare mettendo insieme medici di medicina generale e<br />

cooperative sociali - ormai l’hanno detto tutti -, ma tra <strong>il</strong> dire e fare c’è di mezzo<br />

un po’ di strada da fare. Noi siamo molto intenzionati a farlo ma la logica non<br />

deve essere quella di entrare in una piattaforma in cui diventiamo un pezzo di<br />

un sistema che prende in carico un pezzo del servizio sanitario nazionale, non è<br />

questa la logica e porterebbe alla fine della medicina generale perché ad un<br />

certo punto i soggetti della contrattazione diventerebbero immancab<strong>il</strong>mente le<br />

cooperative che sono più forti di noi.<br />

Integrazione Socio-Sanitaria:<br />

Cosa vuol dire?<br />

• Integrazione di attività sanitaria (mediche e paramediche e farmaceutiche)<br />

e socio assistenziale a r<strong>il</strong>ievo sanitario<br />

Cosa permette?<br />

• L’erogazione in modo sinergico di prestazioni sanitarie (mmg, e specialisti)<br />

e di prestazioni infermieristiche,riab<strong>il</strong>itative e socio assistenziali (pattanti, farmacisti,<br />

Coop sociali, RSA ect)<br />

Cosa richiede?<br />

• Partnership fra fornitori di prestazioni mediche e infermieristiche e riab<strong>il</strong>itative<br />

e socio assistenziali. La partnership può sv<strong>il</strong>upparsi in:contratti prestazioni<br />

servizi, ATI, protocollo d’intenti, Consorzi sociali<br />

Cosa stiamo facendo?<br />

• Pubblicizzeremo la nostra linea come Ancom che prevede: niente revisione<br />

della 381/91 per consentire alle Coop mediche di essere sociali, si ai Consorzi<br />

sociali, ect.<br />

Noi medici singoli e individuali siamo invincib<strong>il</strong>i e abbiamo una forza incredib<strong>il</strong>e<br />

perché, in quanto prescrittori, ci siamo solo noi sostanzialmente.<br />

55


Capitolo 1<br />

Tutti i sondaggi ci danno per vincenti noi medici di famiglia siamo tutti imbattib<strong>il</strong>i,<br />

insostituib<strong>il</strong>i, simpatici, più belli e più forti, e svolgiamo un ruolo piuttosto forte e<br />

pesante. Se entriamo in un settore che ha una sua attività e che opera nel mercato<br />

generale, noi non siamo più nessuno, chiaramente interessiamo perché<br />

prescriviamo ma chi ad un certo punto si dovesse rendere conto che la nostra<br />

prescrizione induce un potenziamento delle prescrizioni nelle farmacie, ce le<br />

porterebbero sicuramente via.<br />

Quale potrebbe essere <strong>il</strong> migliore dei mondi possib<strong>il</strong>i?<br />

Riuscire a fare quello che Vi viene imposto:<br />

• associazionismo coatto,<br />

• informatizzazione obbligatoria,<br />

• burocrazia crescente senza venire meno alla vostra mission (fare bene <strong>il</strong> medico)<br />

Darsi una organizzazione in grado di decidere con ag<strong>il</strong>ità (senza dovere sentire<br />

ad ogni decisione tutti i MMG interessati) ma con l’obbligo di rispondere ad essi<br />

e rappresentarli comunque tutti sulla scorta di un mandato comune.<br />

Concludo positivamente dicendo che <strong>il</strong> nostro obiettivo è di costruire delle<br />

UCCP che siano gestite dalle società di servizio cooperative; <strong>il</strong> lavoro svolto<br />

negli ultimi 15 anni ha fornito tutti gli strumenti necessari per raggiungere questi<br />

obiettivi, si possono fare economie di scala interessantissime, le UCCP non<br />

sono quelle cattedrali nel deserto che qualcuno immagina di 1000 m quadri in<br />

cui tutti i medici debbano andare dentro ma rappresentano un assetto logistico<br />

che può simbolicamente rappresentare un vestito messo sul territorio, lo fai<br />

come vuoi l’importante è creare delle economie di scala di gruppi di acquisto<br />

dando una gestione amministrativa unica comune a un pezzo di organizzazioni<br />

di UCCP. Le cose fondamentali sono creare ed aderire ad uno strumento (la<br />

società di servizi) caratterizzato da una personalità giuridica propria, da una autonomia<br />

patrimoniale e da una capacità di impresa che le consenta di investire<br />

senza coinvolgere patrimonialmente <strong>il</strong> medico socio, delegare a detta società<br />

di servizi “controllata” dal medico stesso, la fornitura dei beni e servizi necessari<br />

all’avvio e alla gestione della sua professione comunque organizzata.<br />

In conclusione <strong>il</strong> mondo della cooperazione attraverso ANCoM e i Consorzi associati<br />

ad ANCoM è in grado di offrire una risposta concreta operativa per consentire<br />

alle Cooperative e alle Società di servizio di gestire delle UCCP e l’obiettivo<br />

prefissato da ANCoM al termine del Congresso è quello di presentare una<br />

proposta articolata e accompagnata da una mozione finale.<br />

56


Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

1.3 Diritti e partecipazione<br />

Alessio Terzi 3<br />

Dichiarazioni solenni e attuazioni incerte.<br />

Il nesso fra diritti e partecipazione, in linea di principio, è indissolub<strong>il</strong>e. Riconoscere<br />

che un essere umano è un portatore di diritti significa anche riconoscere che<br />

egli è un soggetto dotato di autonomia ed è capace di esercitarla nella vita<br />

pubblica.<br />

Il documento più importante, a questo proposito, è stato certamente la Dichiarazione<br />

universale di diritti dell’uomo del 1948 che all’art. 25 stab<strong>il</strong>isce l’universalità<br />

del diritto alla salute «Ogni individuo ha <strong>il</strong> diritto ad un tenore di vita sufficiente<br />

a garantire la salute e <strong>il</strong> benessere proprio e della sua famiglia, con particolare<br />

riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai<br />

servizi sociali necessari».<br />

Il legame fra diritti e partecipazione è confermato con forza dalla Conferenza di<br />

Alma Ata del 1978, «le popolazioni hanno <strong>il</strong> diritto e <strong>il</strong> dovere di partecipare individualmente<br />

e collettivamente alla programmazione e realizzazione della loro<br />

assistenza sanitaria» (Dichiarazione finale, punto 4). La carta di Ottawa, del 1986,<br />

conferma <strong>il</strong> ruolo attivo della cittadinanza: «La promozione della salute è <strong>il</strong> processo<br />

che mette in grado gruppi e individui di aumentare <strong>il</strong> controllo sui fattori<br />

determinanti della salute e di migliorarla».<br />

Anche l’ultimo comma dell’art. 118 della Costituzione italiana ribadisce in forma<br />

inequivocab<strong>il</strong>e <strong>il</strong> legame fra diritti e partecipazione: «Stato, regioni, province, città,<br />

metropolitane e comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli<br />

e associati,per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla base del principio<br />

di sussidiarietà».<br />

Un’altra affermazione solenne, rintracciab<strong>il</strong>e in tutti i documenti ufficiali, riguarda<br />

la “centralità del malato” come principio ispiratore delle attività di cura e<br />

dell’organizzazione dell’assistenza e, da almeno un decennio, va maturando<br />

la convinzione che tale principio debba alimentare processi di empowerment<br />

degli individui nei confronti del proprio stato di salute, dei professionisti e delle<br />

organizzazioni.<br />

Fatalmente la realtà non coincide con le dichiarazioni. L’universalità del diritto<br />

alla salute non trova riscontro concreti in larga parte del mondo. Anche in Europa<br />

è in atto una seria crisi del modello sociale, è in discussione la sostenib<strong>il</strong>ità dei<br />

3<br />

Presidente di Cittadinanzattiva<br />

57


Capitolo 1<br />

sistemi sanitari ed è già possib<strong>il</strong>e che l’insorgere di malattie gravi e invalidanti o di<br />

condizioni di non autosufficienza diventino veicoli di esclusione sociale.<br />

In nome della compatib<strong>il</strong>ità, le amministrazioni si riservano margini di discrezionalità<br />

nella definizione dei livelli di assistenza e nell’organizzazione dei servizi che possono<br />

trasformare l’erogazione delle prestazioni in una “gent<strong>il</strong>e concessione” più<br />

che nell’attuazione di un diritto dovuto. Decisioni cruciali per la vita dei cittadini<br />

sono prese, nella maggior parte dei casi, senza alcuna seria consultazione dei<br />

cittadini stessi, ai quali è sottratta anche la possib<strong>il</strong>ità di valutare l’appropriatezza<br />

delle scelte e di poter scegliere liberamente <strong>il</strong> luogo di cura con <strong>il</strong> sostegno di informazioni<br />

adeguate.<br />

La “centralità del malato”, tanto solennemente proclamata, rischia di rimanere un<br />

puro principio deontologico (sacrosanto ma abbandonato, di fatto, alla discrezione<br />

dei professionisti). Decenni di intervento attivo dei cittadini e l’evoluzione delle<br />

culture professionali, fortunatamente, hanno favorito la costruzione, in molte situazioni,<br />

di servizi e di procedure effettivamente orientate ai diritti degli utenti e dei<br />

pazienti ma si deve constatare <strong>il</strong> permanere di molte realtà in cui ciò non avviene<br />

e nessuno interviene per porre rimedio (Cittadinanzattiva 2010a, 2010b,2010c).<br />

Una sfida da riconoscere e da vincere<br />

La crisi del modello sociale europeo, fondato su elevati livelli di protezione, è profonda,<br />

e, per quanto riguarda la sanità, sostenuta anche da fenomeni strutturali<br />

in sé positivi, come l’allungamento della vita media e la possib<strong>il</strong>ità di curare efficacemente<br />

molte malattie croniche. L’universalità del diritto alla salute, però;<br />

non può più essere considerata un esito tutto sommato scontato delle politiche<br />

pubbliche.<br />

In primo luogo, è cambiato <strong>il</strong> concetto stesso di universalità. La fondazione del<br />

servizio sanitario nazionale era ispirata da un’idea “assoluta” che, secondo i suoi<br />

critici, corrispondeva alla volontà di «dare tutto a tutti». È poi prevalso un modello<br />

più mitigato fondato sul criterio di garantire le «prestazioni necessarie ed appropriate<br />

a chi ne ha bisogno». Corrispondentemente è cambiato <strong>il</strong> significato<br />

concreto dell’eguaglianza, passando dal principio che «gli individui con lo stesso<br />

stato di salute (o di bisogno) devono venire trattati egualmente» alla convinzione<br />

che «gli individui con peggiore stato di salute o con maggiore bisogno devono<br />

venire trattati più favorevolmente” (equità verticale)» (Luiss, 2008, pp. 25/26).<br />

Questo passaggio inevitab<strong>il</strong>e apre la strada a pericoli che devono essere identificati<br />

e messi sotto controllo. Il Libro bianco sulla non autosufficienza (Ministero,<br />

2010), infatti, introduce <strong>il</strong> concetto di «universalità selettiva» che permette alle<br />

58


Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

amministrazioni di esercitare, in assenza di adeguati contrappesi, un forte potere<br />

discrezionale sulla definizione dei criteri di appropriatezza e di selezione delle<br />

priorità e di “razionare” le prestazioni.<br />

Poco o nulla, invece, si fa per aggredire tre voci di grande r<strong>il</strong>evanza: <strong>il</strong> costo delle<br />

burocrazia inut<strong>il</strong>e (perdite di tempo e di denaro causate da procedure assurde<br />

e arbitrarie), i costi della medicina difensiva (che <strong>il</strong> ministero stima fra i 10 e i 20<br />

m<strong>il</strong>iardi l’anno), i costi della corruzione.<br />

In compenso i Livelli essenziali di assistenza e <strong>il</strong> nomenclatore tariffario delle protesi<br />

e degli aus<strong>il</strong>i, da dieci anni a questa parte, non sono più stati aggiornati (i testi<br />

sono pronti ma non riescono a raggiungere le aule parlamentari). Alcune regioni<br />

e varie aziende hanno provveduto ai necessari adeguamenti, altre no e possono<br />

ut<strong>il</strong>izzare questa lacuna per negare l’accesso a presidi e farmaci. Si riducono le<br />

risorse per la protezione dei soggetti frag<strong>il</strong>i con l’azzeramento, previsto nel 2011,<br />

del fondo per la non autosufficienza. L’assurda gestione delle pensioni di invalidità<br />

messa in atto dall’INPS ha vanificato le disposizione della legge 102 del 2009<br />

senza alcun intervento del governo e del parlamento.<br />

Se questo genere di tendenze non fosse rapidamente corretto, l’universalità del<br />

sistema sarebbe seriamente posta a rischio. Se invece si riparte dal rapporto fra<br />

diritti e partecipazione e dalla centralità del cittadino gli scenari sono più promettenti<br />

ed è possib<strong>il</strong>e pensare di vincere la sfida.<br />

In vari paesi europei, per esempio, emerge una tendenza a compensare la riduzione<br />

dei livelli di protezione con la formazione di “utenti forti” capaci di interagire<br />

efficacemente e appropriatamente con <strong>il</strong> sistema di erogazione delle prestazioni,<br />

attraverso l’esercizio dei diritti alla libera scelta, al consenso informato, al<br />

reclamo e al risarcimento (EPF, 2009).<br />

Su un altro versante si individua nello sv<strong>il</strong>uppo delle patient centered care non un<br />

lusso ma una via strategica per adeguare le prestazione alla concreta situazione<br />

dei malati, ridurre radicalmente molti costi e migliorare l’appropriatezza delle<br />

cure (Maciocco 2010).<br />

La partecipazione civica va oltre <strong>il</strong> diritto di consultazione e diviene una risorsa<br />

centrale per lo sv<strong>il</strong>uppo dell’universalità e per la lotta alla esclusione sociale.<br />

Le risposte dell’empowerment<br />

In contrasto con quanto molti pensano, i cittadini non subiscono passivamente<br />

la crisi ma reagiscono elaborando nuove soluzioni. È un movimento complessi-<br />

59


Capitolo 1<br />

vamente molto ampio ma poco visib<strong>il</strong>e per la sua caratteristica “molecolare” e<br />

cioè fortemente ancorata alle realtà locali.<br />

L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) ha opportunamente<br />

scelto di studiare questo fenomeno nel quadro dell’empowerment, ed ha pubblicato<br />

(Agenas, 2010) un primo censimento di esperienze integrato da un importante<br />

quadro concettuale (Caracci, Carzaniga, 2010).<br />

L’empowerment: è definito come «processo dell’azione sociale attraverso <strong>il</strong> quale<br />

le persone, le organizzazioni e le comunità acquisiscono competenza sulle proprie<br />

vite, al fine di cambiare <strong>il</strong> proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’equità<br />

e la qualità di vita» (Caracci, Carzaniga, 2010, pag. 11). Il processo presenta tre<br />

componenti fondamentali: <strong>il</strong> controllo, la consapevolezza critica e la partecipazione.<br />

«Il “controllo” si riferisce alla capacità, percepita o attuale, di influenzare le<br />

decisioni che riguardano la propria esistenza. La “consapevolezza critica” consiste<br />

nella comprensione del funzionamento delle strutture di potere e dei processi<br />

decisionali ….. La “partecipazione” attiene all’operare insieme agli altri per ottenere<br />

risultati desiderati e condivisi» (Caracci, Carzaniga, 2010, pag. 12).<br />

Nell’ambito dei servizi sanitari l’empowerment può essere considerato, una<br />

chance per affrontare la sfida «della sostenib<strong>il</strong>ità in un sistema universalistico che<br />

si rivolge a cittadini con una sempre maggiore aspettativa di vita, una crescente<br />

cronicità, bisogni di salute sempre più complessi» (Moirano, 2010 pag.7).<br />

Le 71 esperienze censite riguardano gli individui, le comunità e l’organizzazione.<br />

«Gli ambiti entro i quali si possono ritrovare esperienze di empowerment individuale<br />

sono:<br />

1. Acquisire st<strong>il</strong>i di vita e comportamenti più corretti...<br />

2. Gestire e prendere in carico la propria malattia....<br />

3. Accedere all’organizzazione dei servizi e alla gestione dei reclami...”.<br />

4. Accedere al processo decisionale di cura: p. es., <strong>il</strong> consenso informato, la<br />

cartella clinica integrata.<br />

Gli ambiti entro i quali si possono ritrovare esperienze di empowerment organizzativo<br />

sono:<br />

1. condividere <strong>il</strong> processo decisionale di cura... mediazione dei conflitti,...mediazione...<br />

nel rapporto medico-paziente;<br />

2. condividere la pianificazione dei servizi... l’analisi, la progettazione, la valutazione<br />

dei bisogni.. p. es... l’Audit civico, i Laboratori del cittadino;<br />

3. condividere la gestione dei servizi.. p. es. con l’inserimento dei caregivers e<br />

dei volontari (e con) la gestione di alcuni aspetti dell’accoglienza e....<br />

60


Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

Gli ambiti entro i quali si possono ritrovare esperienze di empowerment di comunità<br />

sono:<br />

1. fare ascoltare la propria voce: p.es. i movimenti di difesa, pressione e stimolo<br />

dei diritti del malato.., le reti di ospedali che cooperano … implementare pratiche<br />

di umanizzazione…;<br />

2. contribuire al governo locale della comunità: processi.. capaci di coinvolgere<br />

i cittadini e le organizzazioni nelle scelte.. p. es., i Patti di solidarietà o i Forum<br />

dei cittadini, gli strumenti di programmazione strategica» (Caracci, Carzaniga<br />

2010, pp. 14 – 16).<br />

In questo contesto è possib<strong>il</strong>e individuare tre ambiti di grande r<strong>il</strong>evanza nei quali<br />

l’assunzione di poteri e di responsab<strong>il</strong>ità può interagire positivamente con i processi<br />

in corso e produrre soluzioni innovative.<br />

Per quanto riguarda l’empowerment individuale, si r<strong>il</strong>eva la crescente diffusione<br />

della prassi di sostenere la cura e l’assistenza al domic<strong>il</strong>io dei malati più intensi con<br />

piani personalizzati formalizzati e sottoscritti dall’interessato e/o dai suoi fam<strong>il</strong>iari 4 ,<br />

come strada per coniugare tutela e compatib<strong>il</strong>ità.<br />

Tali piani non possono essere un semplice elenco di prestazioni sociosanitarie, ma<br />

devono definire responsab<strong>il</strong>ità, tempi e interventi di supporto (come l’individuazione<br />

e la formazione dei caregiver 5 ). Nell’approccio dell’empowerment vengono<br />

potenziate le capacità dei cittadini di adottare st<strong>il</strong>i di vita coerenti, di impiegare<br />

al meglio le risorse finanziarie proprie ma anche di intervenire tempestivamente<br />

e positivamente per ripristinare gli impegni previsti e non mantenuti. Quest’ultimo<br />

tratto, <strong>il</strong> più innovativo, trova già riscontri nella realtà con misure tutto sommato<br />

semplici - come mettere a disposizione i cellulari dei professionisti e/o i recapiti<br />

delle organizzazioni civiche di tutela, - e deve essere ulteriormente sv<strong>il</strong>uppato 6 .<br />

Non sembrano necessarie altre considerazioni per confermare <strong>il</strong> potenziale strategico<br />

di un percorso capace di integrare i servizi a partire dalla concreta situazione<br />

dei malati. Questo approccio offre anche ai medici di famiglia una grande<br />

opportunità di potenziare un rapporto di fiducia con i propri assistiti e di contrastare<br />

i rischi di burocratizzazione.<br />

4<br />

Il Rapporto sulla non autosufficienza 2010 cita le prassi adottate dalla Società della salute della Zona Fiorentina<br />

Nord e dal Fondo per la non autosufficienza della Regione Liguria, si ha però notizia dell’ut<strong>il</strong>izzazione di<br />

procedure analoghe in varie altre realtà, p.es. nella Asl To2 e nella Asl di Alessandria.<br />

5<br />

Cosa che potrebbe anche aiutare a contenere <strong>il</strong> fenomeno delle badanti “in nero”.<br />

6<br />

Per esempio i servizi per la salute mentale di Trento prevedono, per i soggetti più frag<strong>il</strong>i, che <strong>il</strong> malato e la sua<br />

famiglia possano essere affiancati da un utente o fam<strong>il</strong>iare esperto (UFE) volontario, adeguatamente formato,<br />

che ha già vissuto in prima persona e con successo un percorso di cura psichiatrico.<br />

(http://www.agenas.it/agenas_pdf/seminario_approfondiment_empowerment/Empowerment_<br />

ORGANIZZATIVO/TRENTO_U.F.E-Utenti%20%20Fam<strong>il</strong>iari%20Esperti.pdf)<br />

61


Capitolo 1<br />

Nell’ambito dell’empowerment di comunità la sfida da raccogliere è quella del<br />

presidio dei territori. Decenni di esperienza dimostrano che <strong>il</strong> problema non può<br />

essere risolto con soluzioni calate dall’alto ma soltanto con la concreta interazione<br />

fra <strong>il</strong> sistema dei bisogni e <strong>il</strong> sistema delle risorse che, fatalmente, variano non poco<br />

da realtà a realtà. Anche qui non si riparte da zero 7 . È possib<strong>il</strong>e definire, per esempio,<br />

carte di servizi integrate del territorio, nelle quali siano precisate non soltanto<br />

le informazioni dovute sulla organizzazione dei diversi servizi ma anche <strong>il</strong> regime<br />

delle responsab<strong>il</strong>ità e insieme impegni precisi e controllab<strong>il</strong>i sui livelli essenziali di<br />

informazione e di comunicazione 8 garantiti ai cittadini, sulle modalità di accesso<br />

ai programmi personalizzati, sull’accesso ai servizi di emergenza urgenza e ai<br />

punti nascite. Un sim<strong>il</strong>e passaggio, senza la partecipazione attiva dei cittadini –<br />

dalla definizione e sottoscrizione dei contenuti all’esercizio delle attività di tutela,<br />

dalla verifica del rispetto degli impegni alla possib<strong>il</strong>ità di esigere concretamente<br />

<strong>il</strong> loro ripristino in caso di inadempienza – è, con ogni probab<strong>il</strong>ità, semplicemente<br />

impossib<strong>il</strong>e. È una strada scomoda per chi non intende rinunciare alla propria discrezionalità<br />

ma non ha alternative e nel panorama internazionale, è disponib<strong>il</strong>e<br />

un ampio repertorio di esperienze di successo per lo sv<strong>il</strong>uppo appropriato della<br />

partecipazione.<br />

Anche nel livello dell’empowerment organizzativo esistono già esperienze di successo<br />

nell’ambito dei sistemi di monitoraggio, valutazione e controllo, come l’Audit<br />

civico (Terzi et al., 2010) ed altre iniziative del Tribunale per i diritti del malato, <strong>il</strong><br />

programma Partecipasalute (Mosconi et al. 2010), la legge Toscana sulla partecipazione,<br />

e della possib<strong>il</strong>ità per i cittadini di accedere ad informazioni r<strong>il</strong>evanti sulle<br />

strutture sanitarie e di esercitare consapevolmente <strong>il</strong> diritto di scelta 9 .<br />

Il sistema della valutazione è tradizionalmente un punto debole della amministrazione<br />

pubblica italiana e causa r<strong>il</strong>evante di inefficienze e di sprechi. In ambito sanitario,<br />

negli ultimi anni, l’attenzione al tema è cresciuta con importanti iniziative,<br />

come un’altra importante ricerca di Agenas (Agenas 2008), le sperimentazioni di<br />

valutazione delle performance (Nuti, Vainieri, 2009) e l’istituzione del Sistema nazionale<br />

di Verifica e controllo sull’Assistenza Sanitaria (Siveas).<br />

Le esperienze già realizzate confermano che l’approccio istituzionale e quello civico<br />

possono essere ampiamente integrati. Riconoscere ai cittadini <strong>il</strong> potere e la responsab<strong>il</strong>ità<br />

di essere soggetti attivi del sistema dei controlli è una chance da non<br />

sprecare per dare a una funzione essenziale di governo la necessaria consistenza.<br />

7<br />

Le Società della salute della Toscana, sono probab<strong>il</strong>mente l’esperienza più avanzata ma non l’unica.<br />

8<br />

L’espressione è mutuata dal programma “Involving citizens in monitoring health services”,fondato sull’Audit<br />

civico, della Asl di Nuoro, premiato nella 5QC 5th Quality Conference for public administration in EU tenuta a<br />

Parigi <strong>il</strong> 20-22 ottobre 2008 (http://www.5qualiconference.eu/bp.php?l=2&bp=286&p=18&c=1&t=0&k=)<br />

9<br />

Dal sito del National Health Service, http://www.nhs.uk/Pages/HomePage.aspx - p.es., è possib<strong>il</strong>e accedere<br />

a informazioni dettagliate sugli ospedali attraverso venti standard (giudizi sintetici sui servizi, tassi di mortalità,<br />

valutazioni degli utenti e altro).<br />

62


Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

Conclusioni<br />

Le dichiarazioni universali e costituzionali confermano che fra diritti e partecipazione<br />

esiste un nesso indissolub<strong>il</strong>e e che l’effettiva tutela dei diritti richiede l’intervento<br />

di tutti gli attori sociali istituzionali: La distinzione dei ruoli è indispensab<strong>il</strong>e<br />

per la definizione e l’esercizio delle responsab<strong>il</strong>ità ma non può legittimare alcuna<br />

pretesa di supremazia totale o di autoreferenzialità.<br />

La nuove sfide poste dallo sv<strong>il</strong>uppo e dalla salvaguardia dell’universalità non<br />

possono essere vinte senza l’intervento attivo e consapevole dei cittadini e delle<br />

organizzazioni civiche. Come si è tentato di documentare, la partecipazione dei<br />

cittadini non può essere ridotta alla semplice consultazione e nemmeno, su un<br />

altro versante, alla adozione di st<strong>il</strong>i di vita responsab<strong>il</strong>i. Le risorse della cittadinanza<br />

si esplicano con interventi multiformi in tutte le fasi della produzione dei servizi<br />

e in tutte le articolazioni della governance e devono essere riconosciute, accolte<br />

e sostenute in tutte le loro manifestazioni.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

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al n.20).<br />

Agenas (2010), Il sistema sanitario e l’empowerment. Quaderno di Monitor n.6/2010 (Supplemento<br />

al n. 25).<br />

Caracci G., Carzaniga S. (2010), I risultati della ricerca Agenas. Definizione, modello di analisi, strumenti<br />

di r<strong>il</strong>evazione ed esperienze significative di empowerment in sanità. Agenas 2010, pp. 10 -19.<br />

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http://www.cittadinanzattiva.it/documenti-generale/cat_view/125-salute/130-rapporti-pit-salute.html<br />

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http://www.cittadinanzattiva.it/progetti-salute/audit-civico/rapporti-e-documenti-audit-civico/<br />

rapporti-nazionali-audit-civico.html<br />

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diritti, zona ad accesso limitato,<br />

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www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/9B939247-1A95-468A-9A54-6E58BE0DD85C/0/210710rapportosulla<br />

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Moro G. (2005), Azione civica. Carocci, Roma.<br />

Mosconi P., Colombo C. Liberati A., Satolli R. (2010), “Fare empowerment con le associazioni di<br />

cittadini e pazienti”. Agenas 2010, pp. 124 – 130.<br />

Nuti S., Vainieri M. (2009), Fiducia dei cittadini e valutazione della performance nella sanità italiana.<br />

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Petrangolini T. (2007), Salute e diritti dei cittadini. Baldini Castoldi Dalai, Roma.<br />

Terzi A., Tanese A., Lamanna A. (2010), L’Audit civico in sanità: un ‘espressione della cittadinanza<br />

attiva. Mecosan 74/2010, pp. 129-151.<br />

63


Capitolo 1<br />

1.4 La sanità territoriale<br />

Carmelo Scarcella 10 , Fulvio Lonati 11<br />

La sfida delle problematiche emergenti<br />

L’aumento progressivo del numero di malati cronici e/o con bisogni assistenziali<br />

complessi, accanto alla necessità di orientare tempestivamente a livello territoriale<br />

i singoli problemi emergenti, si configurano come una vera e propria sfida<br />

per i sistemi sanitari: richiedono una nuova mentalità, nuovi obiettivi, nuovi strumenti<br />

professionali.<br />

Per affrontare la sfida, i servizi sanitari territoriali, specie le cure primarie, necessitano<br />

di un’azione di coordinamento e indirizzo rivolta a tutti gli attori locali, analogamente<br />

a quanto avviene mediante le direzioni sanitarie ospedaliere nelle<br />

strutture specialistiche: infatti, solo la presenza di una organizzazione complessiva<br />

della rete dei servizi sanitari territoriali può favorire efficacemente <strong>il</strong> coinvolgimento<br />

delle molteplici componenti, garantendo l’unitarietà degli interventi attorno<br />

all’assistito e la continuità clinico-assistenziale nel tempo e nei passaggi tra<br />

diversi livelli di cura.<br />

Come affrontare la sfida<br />

Il concetto di Governo Clinico appare particolarmente calzante, sottintendendo<br />

la necessità di interdipendenza tra attività di diagnosi e cura, verso <strong>il</strong> singolo,<br />

e gestione complessiva, coinvolgente tutte le componenti: direzione strategica<br />

dell’ASL, dipartimento cure primarie, distretti socio-sanitari, MMG, strutture specialistiche<br />

ambulatoriali e di ricovero, oltre che i singoli assistiti quali coattori del<br />

processo di cura.<br />

L’ASL, in virtù della sua posizione baricentrica, può svolgere nel modo più conveniente<br />

ed opportuno un’azione di coordinamento e di indirizzo in modo autorevole,<br />

con persistenza nel tempo e mediante un processo di miglioramento<br />

contestualizzato e progressivo: un nuovo ruolo di regia del sistema locale dei<br />

servizi sanitari, teso alla valorizzazione di tutte le professionalità e alla crescita<br />

dei meccanismi di integrazione, comunicazione e sinergia, in una logica di rete<br />

complessiva, che potenzi i fattori a valenza preventiva e dia risposte efficaci ed<br />

efficienti alle diverse tipologie di domanda espressa o inespressa.<br />

L’ASL di Brescia, nell’ultimo decennio, ha scelto di intraprendere questa ipotesi di<br />

10<br />

Direttore Generale dell’ASL di Brescia<br />

11<br />

Direttore Dipartimento Cure Primarie dell’ASL di Brescia<br />

64


Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

lavoro ed ha avviato, ed ormai consolidato con esiti positivi, la sperimentazione<br />

di una regia di sistema, focalizzata sulla gestione delle malattie croniche e sulla<br />

valorizzazione dei servizi sanitari territoriali; le osservazioni e le indicazioni esplicitate<br />

nel presente contributo sono infatti dedotte da tale esperienza sul campo.<br />

Dal punto di vista metodologico, l’azione di regia adottata dall’ASL di Brescia si<br />

è basata su una classificazione dei problemi di salute del territorio estremamente<br />

schematica e netta: tutte le problematiche sono ricondotte a tre grandi aree di<br />

lavoro, di diversa dimensione, con specifiche caratterizzazioni, da approcciare<br />

con differente impostazione organizzativa:<br />

1. malattie croniche ad elevata prevalenza: più di 300.000 malati cronici per<br />

m<strong>il</strong>ione di assistiti, in progressiva crescita e con necessità di continuità di cura<br />

nel tempo e nei passaggi tra livelli di cura;<br />

2. malati con bisogni assistenziali complessi: circa 15-20.000 persone per m<strong>il</strong>ione<br />

di assistiti, con necessità che tutti gli attori coinvolti siano tra loro coordinati<br />

attorno alla singola persona e alla sua famiglia;<br />

3. presa in carico di tutte le richieste sanitarie di intervento e/o informazione 24<br />

ore su 24 e 7 giorni su 7: necessità di accogliere e dare opportunamente seguito<br />

ad ogni richiesta posta, offrendo informazioni coerenti e/o valutando <strong>il</strong><br />

problema posto, selezionando la soluzione verso la gestione diretta da parte<br />

delle cure primarie piuttosto che verso servizi specialistici.<br />

Strategie di coordinamento<br />

Per affrontare e dare una risposta sistematica ai problemi prima evidenziati, si<br />

ritiene che gli obiettivi strategici dell’ASL, nel rispetto della propria mission, possano<br />

essere ricondotti a:<br />

• garantire la presenza cap<strong>il</strong>lare sull’intero territorio di servizi sanitari di base<br />

efficienti, valorizzando <strong>il</strong> sistema delle Cure Primarie e supportando i MMG<br />

con servizi distrettuali competenti ed efficienti;<br />

• graduare l’accesso ai servizi specialistici in base al livello di complessità e<br />

problematicità;<br />

• priv<strong>il</strong>egiare le risposte meno complesse e più gestib<strong>il</strong>i nella “quotidianità”<br />

e nella “domic<strong>il</strong>iarità” per consentire <strong>il</strong> coinvolgimento attivo dell’assistito e<br />

della sua famiglia, per ottenere una buona aderenza terapeutica nel tempo,<br />

per contenere i costi, per migliorare la qualità di vita;<br />

• promuovere l’approccio globale e la continuità di cura nel tempo mediante<br />

strumenti di lavoro condivisi che favoriscano la comunicazione tra operatori<br />

e guidino le fasi di passaggio tra <strong>il</strong> livello di base e gli interventi specialistici;<br />

• promuovere la partecipazione attiva dell’assistito e del suo contesto con una<br />

adeguata educazione terapeutica: gli operatori socio-sanitari devono cioè<br />

65


Capitolo 1<br />

spostare <strong>il</strong> baricentro della propria attività dalla esecuzione diretta di interventi<br />

per diventare “maestri” che insegnano al malato e al suo contesto fam<strong>il</strong>iare<br />

come affrontare la propria malattia e disab<strong>il</strong>ità.<br />

Strumenti di coordinamento<br />

Per legare tra loro i diversi nodi della rete sanitaria territoriale, l’ASL può attivare organismi<br />

di confronto e coordinamento finalizzati a promuovere/formalizzare consenso<br />

attorno a processi di miglioramento condivisi:<br />

• Comitati Aziendali e Società Scientifiche dei medici di famiglia, superando una<br />

gestione limitata alle sole logiche sindacali;<br />

• Conferenza ASL dei Legali Rappresentanti delle Strutture, per valutare aspetti a<br />

carattere generale, istituzionale ed amministrativo;<br />

• Tavolo Tecnico dei Direttori Sanitari, per valutare aspetti tecnico-sanitari a carattere<br />

generale oltre che per approvare formalmente documenti professionaliorganizzativi<br />

e/o di coordinamento;<br />

• Tavoli Tecnici mirati, per approfondire specifiche problematiche sanitarie tecnico-organizzative,<br />

composti da specialisti delle corrispondenti branche opportunamente<br />

designati, allargati a rappresentanti dei MMG e, quando possib<strong>il</strong>e, a<br />

figure professionali diversificate; non va peraltro trascurata l’opportunità di coinvolgere<br />

rappresentanti dei malati e delle loro associazioni.<br />

La regia di sistema per le malattie croniche ad elevata prevalenza<br />

Nell’esperienza dell’ASL di Brescia, è risultata vincente, al fine di ottenere effettivi<br />

risultati “di sistema”, la messa in atto dei seguenti f<strong>il</strong>oni tra loro interconnessi:<br />

• Il sistema di monitoraggio integrato e permanente del quadro epidemiologico-assistenziale<br />

dell’intera popolazione dei malati cronici. A questo scopo si è<br />

attivata una apposita metodologia di integrazione delle banche dati amministrativo-gestionali<br />

(anagrafe sanitaria, esenti per patologia, prescrizioni farmaceutiche,<br />

schede di dimissione ospedaliera, assistenza specialistica ambulatoriale):<br />

la Banca Dati Assistito (BDA) così ottenuta permette di individuare dimensioni<br />

e caratteristiche delle sottopopolazioni prese in carico per patologie croniche, <strong>il</strong><br />

relativo consumo di risorse, l’impatto delle azioni di miglioramento intraprese.<br />

• I Percorsi Diagnostico Terapeutico-Assistenziali e i documenti organizzativoprofessionali<br />

di riferimento: definiti in modo condiviso tra ospedale e territorio,<br />

finalizzati a migliorare lo stato di salute dei pazienti affetti da patologie croniche<br />

di r<strong>il</strong>evante prevalenza e a ottimizzare l’ut<strong>il</strong>izzo delle risorse sanitarie territoriali e<br />

specialistiche effettivamente presenti.<br />

66


Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

• La formazione e l’aggiornamento contestualizzati tramite iniziative correlate ai<br />

processi di miglioramento in atto, destinate a tutte le componenti coinvolte,<br />

estese alla totalità degli operatori: quindi, non eventi occasionali rivolti casualmente<br />

ad un sottogruppo di entità marginale, ma opportunità di reale crescita<br />

a cui partecipa l’intera comunità professionale. Tale risultato può essere raggiunto<br />

solo se è l’ASL a promuovere l’intero processo formativo e se sono attivamente<br />

coinvolti, sin dalla progettazione, i referenti di tutte le componenti.<br />

• I ritorni informativi personalizzati: ad ogni MMG dell’ASL di Brescia vengono periodicamente<br />

consegnati ritorni informativi (farmaceutica, specialistica ambulatoriale,<br />

pronto soccorso, ricoveri, presi in carico patologie croniche) con indicatori<br />

(di prevalenza delle principali patologie, di processo, di terapia, di risultato)<br />

che permettono <strong>il</strong> confronto della posizione del singolo MMG rispetto alla media<br />

dell’intera ASL. Inoltre, gli stessi MMG estraggono dalle proprie cartelle report<br />

informatici (anonimizzati) contenenti informazioni protocollate relative ai propri<br />

assistiti e li inviano al Dipartimento Cure Primarie in forma criptata; quest’ultimo li<br />

elabora complessivamente e restituisce a ciascun medico un ritorno personalizzato,<br />

contenente <strong>il</strong> confronto tra la posizione del singolo MMG e quella dell’insieme<br />

dei medici dell’ASL.<br />

• Il confronto tra pari: i ritorni informativi personalizzati per i MMG rappresentano la<br />

base che consente l’audit clinico all’interno di piccoli Gruppi di Miglioramento,<br />

mediante indicatori effettivamente misurab<strong>il</strong>i, riferiti a quanti assistiti hanno raggiunto<br />

specifici risultati di processo e di adeguatezza delle cure.<br />

La regia di sistema per i malati con bisogni assistenziali complessi<br />

Per i malati con compromissione dell’autosufficienza o che necessitino di monitoraggio/terapie<br />

sofisticate non può bastare un unico operatore/ente in grado di<br />

rispondere con competenza e sufficiente specializzazione a tutte le esigenze clinico<br />

assistenziali: deve essere progettato, implementato e verificato-aggiornato<br />

un piano di intervento personalizzato, multi-dimensionale e multi-professionale,<br />

che assegni un ruolo a ciascun attore coinvolto.<br />

A questo scopo l’ASL di Brescia ha attivato, a livello distrettuale l’Unità di Continuità<br />

Assistenziale Multi-dimensionale (UCAM) che, tramite la collaborazione tra<br />

professionalità diverse, accoglie ogni richiesta relativa a malati critici, compie<br />

una tempestiva valutazione multidimensionale (cioè delle “dimensioni”: clinica,<br />

assistenziale, socio-ambientale) dell’utente orientandolo verso i servizi opportuni<br />

al caso ed effettivamente fruib<strong>il</strong>i, pianifica i diversi interventi, verifica periodicamente<br />

i risultati raggiunti, garantendo così la tutela dell’assistito. L’UCAM, svolge<br />

anche azioni riferite al sistema, essendo un punto di monitoraggio della realtà<br />

territoriale, in termini di rete dei servizi e di risorse territoriali, permettendo un ut<strong>il</strong>izzo<br />

razionale della rete stessa e un coordinamento delle risorse disponib<strong>il</strong>i.<br />

67


Capitolo 1<br />

In tale contesto, merita un cenno l’accordo di collaborazione ospedale-territorio,<br />

sottoscritto da tutte le strutture ospedaliere con l’ASL, per le dimissioni e ammissioni<br />

protette, da applicare in tutte le situazioni critiche, al fine di evitare difficoltà<br />

ed interruzioni dei processi di cura ed assistenza nei confronti di utenti multiproblematici<br />

e non autosufficienti: le dimissioni e le ammissioni protette con garanzia<br />

di continuità assistenziale fanno parte a pieno titolo di una corretta modalità di<br />

gestione del paziente, sono elemento apprezzato di qualità della prestazione,<br />

riducono i disagi a paziente e fam<strong>il</strong>iari e limitano i ricoveri ospedalieri ripetuti.<br />

La presa in carico territoriale 24/24 ore 7/7 giorni<br />

Negli ultimi anni si sta verificando un forte incremento di domanda di informazioni<br />

e di interventi sanitari; per evitare <strong>il</strong> passaggio diretto e indiscriminato ai servizi<br />

specialistici si impone che <strong>il</strong> sistema delle cure primarie sia in grado di accogliere<br />

e prendere opportunamente in carico a livello territoriale ogni richiesta, offrendo<br />

tempestivamente informazioni coerenti e/o valutando <strong>il</strong> problema posto, selezionando<br />

la soluzione verso la gestione diretta o verso servizi specialistici.<br />

Si ritiene che l’ipotesi di lavoro più promettente sia un “ambito di cure primarie<br />

funzionalmente organizzato” secondo i seguenti criteri:<br />

• Il rispetto dell’autonomia dei singoli professionisti delle cure primarie e del<br />

rapporto di fiducia medico-paziente, garantito dalla scelta individuale;<br />

• La valorizzazione dell’apporto di tutti i medici delle cure primarie dell’ambito<br />

(MMG, pediatri di famiglia, medici di continuità assistenziale) e delle altre<br />

figure professionali, infermieri in primis;<br />

• L’integrazione strutturata tra <strong>il</strong> SSUEm118, le postazioni di Pronto Soccorso di<br />

riferimento dell’ambito e i servizi sanitario-assistenziali e sociali per anziani e<br />

delle cure domic<strong>il</strong>iari;<br />

• La definizione condivisa da tutti gli attori coinvolti e conseguente attivazione<br />

di efficaci meccanismi di cooperazione funzionali.<br />

Gli strumenti di comunicazione e trasparenza, a supporto dell’integrazione<br />

La visib<strong>il</strong>ità dei processi di miglioramento attivati e la circolazione tra tutti gli attori<br />

della documentazione tecnico-professionale di riferimento rappresentano requisiti<br />

organizzativi imprescindib<strong>il</strong>i.<br />

Nel contesto bresciano, <strong>il</strong> sito web aziendale si è rivelato lo strumento vincente:<br />

consente di comunicare economicamente, fac<strong>il</strong>mente e tempestivamente, sia<br />

all’interno sia all’esterno dell’ASL, fornendo informazioni ad assistiti e ad operato-<br />

68


Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

ri; va tuttavia rimarcato che la sua efficacia è condizionata al suo aggiornamento<br />

quotidiano e competente.<br />

Inoltre, per garantire una informazione “deburocratizzata”, l’ASL di Brescia si avvale<br />

del notiziario mens<strong>il</strong>e “Assistenza Primaria”, di una apposita ma<strong>il</strong>ing destinata<br />

ai medici delle cure primarie, della pubblicazione a stampa di lavori monografici<br />

con dati locali.<br />

Risultati positivi possib<strong>il</strong>i<br />

L’esperienza condotta nell’ultimo decennio dall’ASL di Brescia ha consentito di<br />

provare la positività di una impostazione di lavoro che vede l’ASL “regista” del<br />

sistema locale dei servizi sanitari: l’impatto favorevole sia sul fronte professionaleorganizzativo<br />

che sulla salute della popolazione è sinteticamente documentato<br />

dai seguenti riscontri:<br />

1. Presa in carico sistematica degli assistiti con malattie croniche secondo criteri<br />

e modalità uniformi: nel 2008, gli assistiti di cui si è documentata la presa<br />

in carico per almeno una patologia cronica sono stati 315.033, pari al 27,8%<br />

dell’intera popolazione; la prevalenza di tali soggetti, nel periodo 2003-2008,<br />

è mediamente cresciuta del 2,0% all’anno; inoltre, si è osservato l’incremento<br />

dei soggetti presi in carico per più patologie: nel 2008, dei 219.054 cardio<br />

vasculopatici, solo <strong>il</strong> 47,3% risultava essere portatore della patologia isolata.<br />

2. Presa in carico sistematica dei malati con bisogni assistenziali complessi secondo<br />

criteri e modalità uniformi: mediante le UCAM distrettuali, strumento<br />

cardine per garantire la valutazione multidimensionale e l’attivazione di un<br />

piano individuale globale di intervento, nel 2009 hanno usufruito delle cure<br />

domic<strong>il</strong>iari 12.517 assistiti; inoltre, i soggetti in cura domic<strong>il</strong>iare con condizioni<br />

di grave o completa dipendenza sono passati dal 54,7% nel 2004 al 65,2% nel<br />

2008, a fronte di una riduzione dal 13,8% al 10,7% delle persone quasi autosufficienti<br />

o autosufficienti.<br />

3. Partecipazione attiva dei MMG in una logica di Governo Clinico: al fine di<br />

supportare metodologicamente <strong>il</strong> self audit e <strong>il</strong> confronto tra pari, sono sistematicamente<br />

prodotti e distribuiti ritorni informativi personalizzati a ciascun<br />

medico di famiglia, relativi a: farmaceutica, specialistica, pronto soccorso,<br />

ricoveri, prevalenza delle patologie croniche. Inoltre, la partecipazione al<br />

processo di governo clinico è rapidamente cresciuta, passando dai primi 25<br />

MMG che nel 2005 hanno trasmesso all’ASL dati clinico-gestionali estratti dal<br />

proprio archivio informatico ai 404 MMG (58,7% del totale) nel 2009: costoro<br />

hanno avuto l’opportunità di vedere <strong>il</strong> loro operato tradotto in indicatori e<br />

informazioni quantificate, con la possib<strong>il</strong>ità di individuare quali malati cronici<br />

seguire con un più attento follow-up e/o ricondurre al corretto controllo me-<br />

69


Capitolo 1<br />

tabolico, pressorio, clinico. A riprova di ciò, si è riscontrato che i MMG che da<br />

più tempo vi partecipano hanno una maggior prevalenza di presi in carico per<br />

diabete, ipertensione e dislipidemie, indici di una gestione più sistematica e più<br />

attenta dei malati cronici; inoltre <strong>il</strong> tasso di ospedalizzazione per tutte le cause<br />

e la spesa procapite sono risultati minori.<br />

4. Coinvolgimento sistematico degli specialisti e delle strutture nei processi integrati<br />

di miglioramento e di sv<strong>il</strong>uppo della rete territoriale: la condivisione dei<br />

PDTA tra MMG, operatori del Distretto e specialisti delle strutture favorisce <strong>il</strong> corretto<br />

ut<strong>il</strong>izzo delle risorse sanitarie effettivamente presenti, oltre che la partecipazione<br />

attiva e consapevole del paziente e dei caregivers promuovendone<br />

l’educazione terapeutica. Gli specialisti sono inoltre coinvolti attivamente nelle<br />

iniziative di formazione e di aggiornamento pianificate dall’ASL, sia nel ruolo di<br />

docenti, sia in quello di partecipanti.<br />

La strategia organizzativa di “regia di sistema” dell’ASL di Brescia si è quindi<br />

dimostrata valida, garantendo una “tenuta” anche dal punto di vista economico,<br />

mediante:<br />

• <strong>il</strong> tendenziale spostamento delle risorse verso <strong>il</strong> territorio;<br />

• la gerarchizzazione dell’accesso ai livelli di cura a maggior intensità;<br />

• <strong>il</strong> contenimento della spesa pro-capite media concomitante all’aumento<br />

del numero totale di soggetti presi in carico.<br />

1.5 Territorio, deospedalizzazione, dimissioni protette<br />

Enrico Bollero 12<br />

Dimissioni ospedaliere: impresa diffic<strong>il</strong>e<br />

Allo stato attuale l’Emergenza economica mondiale con risorse per i servizi sanitari<br />

sempre più scarse e, nel nostro paese anche male ut<strong>il</strong>izzate, sta portando ad una<br />

vera e propria Emergenza non più derogab<strong>il</strong>e né demandab<strong>il</strong>e dal punto di vista<br />

della reingegnerizzazione del Sistema Sanitario Nazionale.<br />

L’emergenza dei Sistemi Sanitari del futuro sarà la gestione delle patologie croniche.<br />

Già dal 2030 si stima che nel mondo ci saranno centosettantam<strong>il</strong>ioni di persone con<br />

patologie croniche degenerative con un trend in aumento di tipo esponenziale negli<br />

anni a venire.<br />

In Italia la situazione è ancora peggiore rispetto alla media mondiale, ciò è dovuto<br />

sia ad una maggiore speranza di vita sia ad una più alta percentuale di popolazio-<br />

12<br />

Direttore Generale Policlinico Tor Vergata<br />

70


Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

ne anziana rispetto alla media mondiale. Si calcola che nel nostro paese ci siano<br />

circa duem<strong>il</strong>ioniseicentom<strong>il</strong>a persone disab<strong>il</strong>i, di cui due m<strong>il</strong>ioni tra gli anziani<br />

(76,9%) e 600 m<strong>il</strong>a (23%) in persone di età inferiore ai 65 anni.<br />

La disab<strong>il</strong>ità è più diffusa nell’Italia Insulare (5,7%) e Meridionale (5,2%) rispetto al<br />

4% del Nord.<br />

Tali differenze sono ancora più evidenti nella popolazione anziana, in particolare<br />

in quella femmin<strong>il</strong>e che presenta percentuali del 30% nelle Isole, del 26,5%<br />

nel Sud e del 19,5% nel Nord Italia (queste stime dell’ISTAT non comprendono le<br />

persone di età inferiore a 6 anni e quelle istituzionalizzate. Inoltre lo strumento<br />

di r<strong>il</strong>evazione ut<strong>il</strong>izzato è stato costruito per studiare le limitazioni fisiche sul funzionamento<br />

delle persone, ed ha quindi <strong>il</strong> limite di sottostimare le persone con<br />

disab<strong>il</strong>ità di tipo mentale).<br />

Quindi i sistemi sanitari dovranno soddisfare bisogni sempre maggiori con risorse<br />

sempre più limitate che renderanno improcrastinab<strong>il</strong>e la creazione di modelli sanitari<br />

nuovi che rispondano allo stesso tempo sia ad una maggiore appropriatezza<br />

delle cure sia un maggior governo della spesa.<br />

Nel “The World Health Report 2008” della WHO dedicato al 30° anniversario della<br />

dichiarazione di Alma Ata si sostiene che, con i cambiamenti demografici e epidemiologici,<br />

economici e sociali si verranno a creare diseguaglianze tra i Paesi<br />

e all’interno degli stessi, è necessario quindi reingegnerizzare <strong>il</strong> Servizio Sanitario<br />

Nazionale, troppo sb<strong>il</strong>anciato verso l’assistenza ospedaliera e focalizzato sulle<br />

specializzazioni, le tecnologie e gli specifici problemi di singole malattie.<br />

È necessario rivalutare l’assistenza primaria che è una condizione necessaria, anche<br />

se non sufficiente, per garantire alle singole comunità la tutela della salute<br />

in condizioni di equità.<br />

Il Gruppo Indipendente per lo Studio dell’Assistenza Primaria (GISAP), con un proprio<br />

contributo, ha inteso confermare quanto in Italia è stato scritto e prescritto<br />

per la affermazione della Assistenza Primaria nell’ambito dei Distretti, sostenendo<br />

che solo una rivalutazione, normativa, professionale ed organizzativa, della medicina<br />

generale, della pediatria di libera scelta e della continuità assistenziale<br />

potrà rendere più stab<strong>il</strong>e e sostenib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> malfermo assetto attuale del Servizio sanitario<br />

nazionale.<br />

Al fine di agevolare i processi di deospedalizzazione nelle singole regioni, la dotazione<br />

di posti letto di residenzialità e delle strutture di semi-residenzialità e l’organizzazione<br />

dell’assistenza domic<strong>il</strong>iare per i pazienti anziani e gli altri soggetti<br />

non autosufficienti devono essere riviste alla luce di un nuovo atto di program-<br />

71


Capitolo 1<br />

mazione, inoltre, l’ammissione alle varie forme di assistenza è subordinata alla<br />

valutazione multidimensionale effettuata con gli strumenti valutativi concordati<br />

dalle Regioni con <strong>il</strong> Ministero della Salute.<br />

Esiste comunque un serio ostacolo da superare e riguarda i Distretti, cioè <strong>il</strong> fulcro<br />

da cui partono tutte le attività extra-ospedaliere per l’assistenza sanitaria delle<br />

persone nell’ambito territoriale di competenza, e tutti i libero-professionisti che<br />

hanno una convenzione con <strong>il</strong> SSN.<br />

Fino ad ora i medici di medicina generale e i pediatri sono stati abituati alla<br />

“solo practice” ed è del tutto recente l’avvio di sperimentazioni di “group practice”,<br />

cioè di un lavoro in equipe che dovrebbe coinvolgere le altre professioni<br />

sanitarie non mediche, la cui autonomia rispetto alla responsab<strong>il</strong>ità dei medici è<br />

attualmente un argomento sensib<strong>il</strong>e.<br />

La formazione manageriale dei medici operanti sul territorio deve essere realizzata<br />

in collaborazione con un’ Università che abbia <strong>il</strong> coraggio di rinnovarsi e<br />

proporre nuovi obiettivi.<br />

Il problema della post-acuzie e quello della cronicità richiedono un incremento<br />

di servizi domic<strong>il</strong>iari e residenziali, che non può essere affrontato con <strong>il</strong> solo trasferimento<br />

di risorse dal settore ospedaliero attraverso la riduzione dei posti letto e <strong>il</strong><br />

potenziamento di forme innovative di assistenza (day surgery, one day surgery,<br />

week surgery).<br />

Nelle condizioni demografiche e finanziarie attualmente presenti nel nostro paese,<br />

si potrebbe pensare ad un orientamento della spesa sanitaria privata attraverso<br />

la fac<strong>il</strong>itazione delle forme integrative di assistenza. Questo potrebbe<br />

soddisfare i bisogni sanitari di molti cittadini che <strong>il</strong> solo Servizio sanitario nazionale<br />

non sarebbe in grado di soddisfare, potendo così di fatto, spostare risorse economiche<br />

per rendere migliori le condizioni di assistenza e la qualità di vita delle<br />

persone più vulnerab<strong>il</strong>i.<br />

1.6 Federalismo: finanziamento del fabbisogno e costi standard<br />

Cesare Cislaghi 13<br />

Di costi standard in sanità non si era mai parlato sino a poco tempo fa; si parlava<br />

di appropriatezza, di efficienza, di tetti, di linee guida, anche di standard, ma<br />

mai si era usata l’espressione costi standard: perché da un po’ di mesi è quasi<br />

13<br />

Professore di Economia Sanitaria Facoltà di Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di M<strong>il</strong>ano,<br />

Dirigente Agenas Sezione Monitoraggio della Spesa Sanitaria<br />

72


Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

diventato l’argomento su cui si pone la maggior attenzione nell’ambito delle<br />

decisioni di governo della sanità? Le ragioni sono principalmente due: la prima<br />

è la crisi economica e quindi la compatib<strong>il</strong>ità della spesa sanitaria che tende a<br />

crescere con le risorse disponib<strong>il</strong>i che invece di questi tempi ahimè tendono a<br />

diminuire. La seconda ragione, forse la principale, è <strong>il</strong> federalismo fiscale: se alcune<br />

Regioni “ricche” devono per solidarietà partecipare al finanziamento della<br />

sanità di alcune Regioni “povere” allora esigono che si finanzi l’essenziale ai costi<br />

giusti e quindi emerge sempre più l’esigenza di determinare analiticamente i LEA<br />

e di stab<strong>il</strong>irne i costi quando sono erogati in regime di efficienza.<br />

Il termine “Costi standard” nasce al di fuori della sanità, nell’ambito di aziende<br />

prevalentemente manifatturiere, per significare un costo di produzione di riferimento,<br />

ut<strong>il</strong>e ai fini del controllo di gestione; una risposta cioè alla domanda<br />

“quanto deve costare produrre un bullone? E i costi attuali dell’azienda sono<br />

maggiori o minori?”. Si osservi che solitamente è possib<strong>il</strong>e individuare dei costi<br />

standard se vi è sufficiente omogeneità nei prodotti e negli ambiti di produzione.<br />

In sanità <strong>il</strong> termine è entrato dopo che è stato introdotto “prepotentemente”<br />

dalla legge 42/2009 sul federalismo fiscale e per molti dei propugnatori del federalismo<br />

fiscale è considerato lo strumento che avrebbe risolto e reso possib<strong>il</strong>e<br />

<strong>il</strong> federalismo. Nella legge 42 c’è 13 volte la parola “costo standard”, 28 volte la<br />

parola “fabbisogno standard” e 80 volte la parola standard … è <strong>il</strong> caso di dire<br />

che “repetita iuvant”.<br />

Questo bisogno di riaffermare concettualmente in modo perentorio <strong>il</strong> termine<br />

costo standard nasce quindi dal tentativo di rispondere alle esigenze di determinare<br />

<strong>il</strong> giusto livello di risorse economiche che devono essere garantite ad una<br />

Regione o ad un altro ente locale, all’interno di un contesto federale.<br />

Se l’introduzione del concetto di Costo Standard è legata all’esigenza di garantire<br />

la solidarietà finanziaria in ambito federale, non si sarebbe posto <strong>il</strong> problema<br />

se ogni Regione fosse invece in grado di autofinanziarsi in proprio.<br />

Ma di quale “costo standard” si sta parlando e in particolare ci si sta riferendo ad<br />

un costo standard di produzione, ad un costo standard di erogazione o ad costo<br />

standard di tutela, o di un costo standard assicurativo? La sensazione è che <strong>il</strong><br />

legislatore, o per lo meno chi deve tradurre le norme in provvedimenti operativi,<br />

non ha chiaro questo concetto ed anzi pensa, e dice, che queste distinzioni non<br />

sono ut<strong>il</strong>i; ma l’evidenza dimostra <strong>il</strong> contrario.<br />

Per produrre, o acquistare, delle prestazioni servono delle risorse economiche<br />

e l’insieme di queste corrisponde al costo della prestazione; a questo concetto<br />

di costo è legato quello di costo standard di produzione. Le prestazioni, a loro<br />

volta, servono per produrre un risultato in termini di salute attraverso un processo<br />

assistenziale più o meno complesso che ha quindi un suo costo più o meno elevato;<br />

a questo costo possono affiancarsi i costi standard di erogazione. Infine per<br />

73


Capitolo 1<br />

soddisfare i bisogni di una popolazione bisogna predisporre un sistema sanitario<br />

che per sua natura, seppur con modalità differenti, si baserà su un modello di<br />

ripartizione dei rischi e cioè su un modello assicurativo che avrà i suoi costi; la<br />

giusta misura di questi è <strong>il</strong> costo standard di assicurazione.<br />

Questi tre concetti sono molto diversi tra loro e intervengono in momenti diversi<br />

del processo: Se mi riferisco ai costi di produzione delle prestazioni parlerò di<br />

costo standard della produzione, ad esempio <strong>il</strong> costo di un’ecografia (quanto<br />

è giusto che costi fare un’ecografia? questo è un esempio di costo standard<br />

di produzione). Per <strong>il</strong> controllo di gestione di un ospedale e per chi si occupa di<br />

ottimizzazione dell’efficienza, <strong>il</strong> costo standard di produzione è uno strumento<br />

fondamentale seppur non sempre fac<strong>il</strong>mente determinab<strong>il</strong>e ma chi effettua <strong>il</strong><br />

controllo di gestione di una struttura che produce ecografie deve sapere qual è<br />

<strong>il</strong> “giusto” costo di produzione di un’ecografia in modo da poter giudicare se la<br />

propria gestione è o meno efficiente.<br />

Se invece mi riferisco alla quantità ed ai diversi tipi di prestazioni sanitarie necessari<br />

per erogare un percorso assistenziale parlerò di costo di erogazione e<br />

potrò cercare di determinarne la “giusta” misura (ad esempio definirò <strong>il</strong> numero<br />

di ecografie e di esami appropriati durante una gravidanza senza complicanze).<br />

Per chi si occupa di governo clinico e di ottimizzazione dell’appropriatezza <strong>il</strong> costo<br />

standard di erogazione è uno strumento fondamentale seppur molto diffic<strong>il</strong>e<br />

da determinare in tutte le situazioni assistenziali tranne laddove siano disponib<strong>il</strong>i<br />

linee guida chiare e condivise.<br />

Se infine do un valore di riferimento alla quantità di risorse economiche necessarie<br />

per sostenere la tutela assicurativa di una popolazione parlerò di costi standard<br />

assicurativi (ad esempio le risorse mediamente necessarie per assistere le<br />

gravidanze di una determinata popolazione). Sarebbe un’idea utopica voler<br />

74


Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

determinare <strong>il</strong> costo assicurativo standard come prodotto del bisogno (relativo<br />

magari a tutti i 60 m<strong>il</strong>ioni di italiani) determinando per ciascuno prima i costi<br />

erogativi e poi moltiplicando per <strong>il</strong> costo di produzione delle singole prestazioni<br />

(fabbisogno = bisogni x volumi erogativi x costi di produzione). Se questo calcolo<br />

fosse possib<strong>il</strong>e avrei quanto mi serve per la sanità, e sarebbe un modo fantastico<br />

di risolvere <strong>il</strong> problema della definizione del fabbisogno,, ma purtroppo da un<br />

punto di vista concreto è assolutamente impensab<strong>il</strong>e da praticare. Più o meno<br />

tutti gli autori intervenuti sull’argomento hanno evidenziato che in sanità, data<br />

la enorme varietà di prestazioni e di situazioni, questa via di determinazione del<br />

fabbisogno chiamata “bottom-up” (cioè partendo analiticamente dal basso)<br />

non è praticab<strong>il</strong>e oggi e probab<strong>il</strong>mente non lo sarà mai.<br />

Nell’agenda del Governo si parla di costi standard da molto tempo ma poi si è<br />

arrivati ad oggi ed alla necessità di emanare in fretta (forse con troppa fretta)<br />

un decreto sui costi standard previsto dalla legge 42 sul federalismo; i tempi accelerati<br />

dipendono probab<strong>il</strong>mente da ragioni politiche estranee alle esigenze<br />

della sanità e in una settimana è stato approvato un decreto che forse necessitava<br />

di maggior riflessione e di maggior condivisione.. Ormai comunque in sanità<br />

<strong>il</strong> concetto di “costo standard” è necessariamente quello che è proposto dal<br />

decreto stesso, sia che piaccia o no, ed è quindi di questo che si deve parlare!<br />

[nota: <strong>il</strong> decreto legislativo, <strong>il</strong> n. 68, ha poi avuto la sua approvazione definitiva <strong>il</strong><br />

6 maggio 2011, con <strong>il</strong> titolo: Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle<br />

regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi<br />

e dei fabbisogni standard nel settore sanitario, ma la versione finale non è molto<br />

differente da quella qui esaminata]<br />

L’interpretazione del decreto non trova totale condivisione tra quanti lo hanno<br />

letto ed esaminato e ciò forse è dovuto ai tempi troppo stretti con cui si è deciso<br />

di procedere per emanare <strong>il</strong> decreto o forse alla complessità della materia in<br />

oggetto; non vorremmo che qualcuno avesse invece desiderato che lo si potesse<br />

poi interpretare in diverse maniere. Analizzeremo qui alcuni punti critici che<br />

sinceramente creano dei dubbi legittimi.<br />

Innanzi tutto ci si deve chiedere come <strong>il</strong> decreto determini quante risorse economiche<br />

sono destinati alla sanità complessivamente? Nell’articolo sulla “Determinazione<br />

del fabbisogno sanitario nazionale standard” si dichiara che le risorse<br />

destinate alla sanità nel suo complesso sono determinate da una scelta<br />

esogena, cioè dal parlamento, quindi non da una analisi dei bisogni e dei costi<br />

che parte dal basso e quindi dalla realtà, riconoscendo quindi che ciò sarebbe<br />

improponib<strong>il</strong>e, ma partendo da valutazioni generali di politica economica (cioè<br />

una scelta di tipo Top-Down), e questa è a nostro avviso una scelta giusta e quasi<br />

inevitab<strong>il</strong>e. Decidere quanti soldi oggi possiamo assegnare alla sanità deve<br />

necessariamente essere compatib<strong>il</strong>e con quanto disponiamo ed è come se in<br />

75


Capitolo 1<br />

famiglia dovessimo decidere quanti soldi mettere da parte per andare in ferie:<br />

dipenderebbe ovviamente più da quanti soldi abbiamo e non solo da quanto<br />

bisogno abbiamo di andare in vacanza! Si osservi comunque che <strong>il</strong> fabbisogno<br />

non può essere una percentuale rigidamente fissa di P<strong>il</strong> e quindi rimanere nel<br />

tempo costante; <strong>il</strong> finanziamento può e deve essere definito cercando di riequ<strong>il</strong>ibrare<br />

un’ut<strong>il</strong>ità marginale tra i diversi settori della spesa e quindi se <strong>il</strong> P<strong>il</strong> diminuisce<br />

la sanità, che dovrebbe essere più importante di altri settori, dovrebbe percentualmente<br />

crescere seppur diminuendo magari in valore assoluto. Ma in ogni<br />

caso <strong>il</strong> decreto assegna correttamente questo compito alla scelta politica che è<br />

l’unica che può essere effettuata.<br />

L’aspetto maggiormente critico è quello relativo al riparto delle risorse tra le Regioni:<br />

una volta che si sono determinate quante risorse destinare alla sanità è<br />

necessario stab<strong>il</strong>ire come dividerle tra le Regioni ed <strong>il</strong> decreto prevede <strong>il</strong> meccanismo<br />

seguente:<br />

• Si divide la “torta” in tre pezzi da destinare ai tre livelli di assistenza e cioè <strong>il</strong> 5%<br />

è dedicato alla prevenzione, <strong>il</strong> 44% all’ospedale e <strong>il</strong> 51% per <strong>il</strong> territorio;<br />

• Si scelgono poi delle Regioni virtuose, attraverso specifici criteri, e si vede<br />

quanto hanno speso negli anni precedenti, si determinano così i valori delle<br />

spese pro-capite;<br />

• Questi valori pro-capite virtuosi, qui chiamati appunto costi standard, vengono<br />

usati per determinare i fabbisogni sanitari regionali applicandoli alle relative<br />

popolazioni corrette per i fattori di aggiustamento previsti. La somma<br />

dei fabbisogni regionali così calcolati viene riproporzionata sulla disponib<strong>il</strong>ità<br />

prima già determinata. Non è però chiaro se questo riproporzionamento debba<br />

avvenire all’interno del singolo livello essenziale di assistenza o se le quote<br />

stesse siano determinate in funzione dei pro-capite delle Regioni virtuose.<br />

Una interpretazione differente potrebbe essere quelle che <strong>il</strong> decreto non considera<br />

una determinazione esogena del fabbisogno sanitario nazionale ma intende<br />

ut<strong>il</strong>izzare <strong>il</strong> costo standard delle Regioni virtuose per determinarlo. Se questa<br />

fosse la soluzione, cioè una soluzione Bottom-Up, tutte le Regioni avrebbero oggi<br />

interesse a spendere moltissimo perché <strong>il</strong> punto di partenza sarebbe pur sempre<br />

la spesa storica pro-capite delle Regioni virtuose. Inoltre se <strong>il</strong> principale criterio<br />

di scelta delle Regioni virtuose fosse l’equ<strong>il</strong>ibrio di b<strong>il</strong>ancio non si farebbe altro<br />

che introdurre nuovamente <strong>il</strong> criterio della spesa storica poiché ogni anno ci si<br />

rifarebbe al b<strong>il</strong>ancio degli anno precedenti. Se questa fosse la giusta interpretazione<br />

del decreto allora significherebbe <strong>il</strong> ritorno alla spesa storica o se si vuole al<br />

finanziamento storico: ogni anno <strong>il</strong> fondo sarebbe uguale all’anno precedente<br />

senza neppure un incremento per l’inflazione … ma questa non sarebbe evidentemente<br />

una soluzione praticab<strong>il</strong>e, ma fortunatamente, nonostante alcune<br />

interpretazioni, <strong>il</strong> decreto non sembra aver scelto questa soluzione.<br />

76


Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />

Ritornando all’ipotesi più plausib<strong>il</strong>e, quella top-down, occorre osservare che se <strong>il</strong><br />

riproporzionamento avviene all’interno di ciascun livello allora l’ammontare del<br />

fondo nazionale è definito dalla partizione per livelli secondo le indicazioni programmatiche<br />

(5%, 44%, 51%) e se le cose stanno così allora <strong>il</strong> ruolo delle Regioni<br />

virtuose risulta veramente nullo e si potrebbe considerare sia la più virtuosa sia la<br />

peggiore delle Regioni che <strong>il</strong> risultato finale sarebbe lo stesso! Se ad esempio si<br />

prova a considerare Lombardia, Toscana e Marche come regioni virtuose, e poi<br />

invece Lazio Campania e Puglia come regioni non virtuose <strong>il</strong> risultato in termini numerici<br />

è lo stesso e questo dimostra che <strong>il</strong> meccanismo non funziona.<br />

Se invece <strong>il</strong> riproporzionamento avviene dopo aver sommato, Regione per Regione,<br />

la quota dei tre livelli dei fondi regionali, allora <strong>il</strong> ruolo delle Regioni virtuose si<br />

limita a sostituire le percentuali di riparto tra i tre livelli. Ma se l’interpretazione fosse<br />

questa allora non si capisce perché la quota dei tre livelli delle Regioni virtuose<br />

dovrebbe essere “più giusta” di quella delle indicazioni programmatorie!<br />

Al di là di tutte le perplessità che forse non tutti avete potuto cogliere anche perché<br />

forse troppo tecniche, <strong>il</strong> decreto sembra comunque per alcuni versi confuso<br />

e non troppo innovativo. Questo è un peccato visto che <strong>il</strong> decreto introduce<br />

concetti nuovi come i costi standard e come le Regioni virtuose, ma poi in pratica<br />

ripropone la situazione attuale togliendo oltretutto quel minimo di dinamicità che<br />

aveva <strong>il</strong> riparto e di fatto rischiando di far reintrodurre qualcosa di sim<strong>il</strong>e alla spesa<br />

storica. La chiave del problema è comunque l’articolo introdotto nell’ultima versione<br />

probab<strong>il</strong>mente su istanza delle Regioni e che riguarda la rideterminazione<br />

dei pesi per la ponderazione e cioè definisce quali soggetti devono avere un procapite<br />

maggiore e quali un procapite minore. Se quindi si volesse continuare ad<br />

usare l’espressione “costi standard” allora questi potrebbero essere la stima dei costi<br />

differenziali tra soggetti in funzione dei criteri sensib<strong>il</strong>i ai differenti livelli di bisogno,<br />

e questa stima potrebbe esser effettuata proprio nelle cosiddette Regioni virtuose.<br />

Quindi determinare <strong>il</strong> costo standard equivarrebbe a determinare quanto costa<br />

un soggetto anziano, quanto costa un giovane, quanto costa una persona in<br />

determinate condizioni socio economiche, ecc. e cioè in poche parole quanto<br />

costa un paziente in funzione del suo stato che è legato ad alcune condizioni di<br />

salute? Il decreto sembra considerare alla stessa stregua <strong>il</strong> giovane e <strong>il</strong> vecchio ma<br />

si sa che un anziano spende 10 volte quello che spende un giovane ed è quindi<br />

chiaro che non si possono finanziare con la stessa cifra, ma ci sono anche altri fattori<br />

ed altri problemi importanti da affrontare. Se si vuole poi fare un richiamo alle<br />

regioni virtuose allora dovrebbero considerarle come luogo in cui effettuare questi<br />

r<strong>il</strong>evamenti che riguardano i costi e le spese.<br />

E su questa base che AGENAS sta lavorando da diverso tempo e sicuramente è<br />

in grado di contribuire a ridisegnare un sistema di riparto delle risorse tra le Regioni<br />

77


Capitolo 1<br />

fondato su criteri scientificamente individuati e sui quali potrebbe convergere,<br />

grazie anche alla solidità teorica dello studio, <strong>il</strong> consenso di tutte. E questo è <strong>il</strong><br />

presupposto indispensab<strong>il</strong>e perché <strong>il</strong> federalismo si consolidi e non rischi invece<br />

di arenarsi proprio sulle discussioni e sulle liti inerenti <strong>il</strong> riparto tra le Regioni delle<br />

risorse economiche per la sanità.<br />

È importante dare un riferimento non esclusivo ma fondamentale di scientificità<br />

al riparto delle risorse perché se la soluzione viene rimandata solamente alla litigiosità<br />

politica, allora questa sarà la causa che farà crollare <strong>il</strong> federalismo ancor<br />

prima che decolli. Il federalismo comunque dovrà rispettare i valori di solidarietà<br />

e di equità ed è importante che le risorse siano effettivamente ridistribuite in<br />

maniera equa, quindi che tutte dispongano del giusto ma anche che nessuna<br />

consumi più del giusto sulla spalle delle altre. È allora importante che alcuni concetti<br />

fondamentali come quello dei costi standard siano diffusi a livello di azienda<br />

sanitaria, sia per favorire l’efficienza dei processi produttivi, sia per garantire<br />

l’appropriatezza, auspicando che nei processi assistenziali <strong>il</strong> concetto di costo<br />

standard non venga banalizzato solo come costo assicurativo, <strong>il</strong> che può risultare<br />

ut<strong>il</strong>e per determinare <strong>il</strong> riparto economico delle risorse sanitaria tra le Regioni ma<br />

non deve esaurirsi in questo.<br />

78


CAPITOLO 2<br />

Tavola rotonda: l’assistenza primaria nell’Italia federata:<br />

servizi territoriali e cooperazione medica<br />

2.1 Introduzione<br />

Crescenzo Simone 1<br />

Le cooperative di medicina generale, nel quindicennio che abbiamo alle spalle,<br />

hanno navigato con difficoltà, in ambienti ost<strong>il</strong>i e su fondali bassi e spesso sconosciuti.<br />

Hanno, però, promosso e sperimentato significative esperienze di gestione<br />

dei fattori di produzione un po’ in tutto <strong>il</strong> paese dimostrando di essere in grado di<br />

produrre servizi sostenib<strong>il</strong>i ed ut<strong>il</strong>i ai cittadini ed a tutto <strong>il</strong> sistema ed ai suoi attori.<br />

Questa fase si è definitivamente chiusa, in questo momento non c’è da dimostrare<br />

di esserci e di essere capaci di erogare servizi integrati nel sistema delle cure;<br />

servono volontà politiche, volontà sindacali, volontà dell’associazione e norme<br />

fac<strong>il</strong>itatorie per poter mettere in campo questa modalità gestionale che si è dimostrata<br />

capace di migliorare le prestazioni dei medici e degli altri operatori in<br />

cooperativa. Risultati di indagini sociologiche dicono che i servizi erogati da professionisti<br />

in cooperativa risultano più accessib<strong>il</strong>i, disponib<strong>il</strong>i per più ore al giorno<br />

e per più giorni alla settimana e molto graditi ai pazienti oltre che preziosi per <strong>il</strong><br />

Servizio sanitario nazionale nelle sue articolazioni regionali e territoriali. Servono<br />

oggi procedure ed indicatori di accreditamento delle cooperative di medicina<br />

generale. È su tutto questo che sono chiamati ad esprimersi i partecipanti a questa<br />

tavola rotonda. Non si sta più discutendo di cooperative si cooperative no, o<br />

di che sono queste sconosciute, ma di come è possib<strong>il</strong>e condividere i processi di<br />

riorganizzazione dell’assistenza primaria in cui le cooperative di medicina generale<br />

hanno dimostrato di apportare un importante valore aggiunto, nuovi modelli<br />

organizzativi dell’assistenza, nuovi modelli gestionali e di governance, grande<br />

capacità di coinvolgere e motivare gli operatori, definizione e sperimentazione<br />

di procedure e strumenti per l’integrazione dei servizi sociali e sanitari, proposta e<br />

definizione di percorsi di accreditamento istituzionale.<br />

2.2 Il ruolo del sindacato fimmg rispetto alle cooperative di medicina generale<br />

Giacomo M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo 2<br />

L’obiettivo principale del progetto di cambiamento della Medicina Generale<br />

consiste, fermo restando <strong>il</strong> rapporto di fiducia tra medico e paziente, nel portare<br />

1<br />

Presidente Nazionale ANCoM<br />

2<br />

Segretario Generale Nazionale FIMMG<br />

79


Capitolo 2<br />

<strong>il</strong> medico solista a lavorare in squadra, attraverso la creazione delle c.d. aggregazioni<br />

funzionali che rappresentano appunto “la squadra assistenziale” e che<br />

possono svolgere la propria attività all’interno di una Unità complessa di cure primarie<br />

(UCCP).<br />

Nelle varie sperimentazioni portate avanti, le società di servizio, che possono essere<br />

cooperative o non cooperative, anche se come Sindacato riteniamo che la<br />

cooperativa è probab<strong>il</strong>mente più adatta a ricoprire un ruolo in tal senso, hanno<br />

dimostrato un’apprezzab<strong>il</strong>e capacità organizzativa e gestionale, elemento fondamentale<br />

per <strong>il</strong> lavoro di squadra. I medici di medicina generale sono sempre<br />

più attenti a questi aspetti tanto che di società di servizio se ne parla sempre di più<br />

e sono sempre più numerose.<br />

Le cooperative consentono infatti un livello e uno standard organizzativo, in particolare<br />

per quanto riguarda l’acquisizione e la gestione dei fattori di produzione,<br />

l’attività di formazione e audit, che per <strong>il</strong> singolo medico è impensab<strong>il</strong>e raggiungere<br />

in autonomia.<br />

È necessario, tuttavia, sottolineare un aspetto indispensab<strong>il</strong>e: le società di servizio<br />

non possono erogare prestazioni sanitarie. Infatti secondo la legislazione vigente<br />

la Medicina Generale può essere erogata da dipendenti o professionisti convenzionati<br />

con <strong>il</strong> SSN che, secondo quanto disposto dalla normativa europea, sono in<br />

possesso dell’attestato di formazione in MG. Il rapporto con <strong>il</strong> SSN non può essere<br />

delegato a nessuno, in quanto titolare esclusivo e responsab<strong>il</strong>e rimane personalmente<br />

<strong>il</strong> medico che conserva dunque la propria individualità giuridica e autonomia<br />

professionale anche nell’ambito delle società di servizio. Queste dunque<br />

rappresentano forme organizzative funzionali solo alla gestione dei costi e degli<br />

approvvigionamenti di servizi, materiali e personale al fine esclusivo di migliorare<br />

le potenzialità di ciascuno dei singoli MMG che partecipano alla forma societaria.<br />

Le società dei medici non possono che essere dunque sostanzialmente delle società<br />

di servizi.<br />

Quali sono le potenzialità delle cooperative, quali le condizione e le realtà nelle<br />

quali potrebbero avere una funzione se non addirittura diventare indispensab<strong>il</strong>i?<br />

Nel momento in cui una Regione, una Azienda si trova a dover garantire delle<br />

prestazioni ma anche a dover recuperare un disavanzo di b<strong>il</strong>ancio, anche le cooperative<br />

possono, ad esempio, ricoprire un ruolo r<strong>il</strong>evante.<br />

Facciamo un esempio pratico e semplice. L’Azienda che si trova a dover assistere<br />

un paziente diabetico spendendo 100 euro all’anno è consapevole che con una<br />

assistenza territoriale organizzata, in cui i medici operano in squadra, garantendo<br />

la continuità assistenziale, e in cui viene praticata la medicina d’iniziativa, lo stesso<br />

paziente diabetico verrebbe a costare 80/90 euro. La Azienda però, pur sce-<br />

80


Tavola rotonda: l’assistenza primaria nell’Italia federata: servizi territoriali e cooperazione medica<br />

gliendo questo percorso, si trova nella difficoltà di dover investire 500 euro, a titolo<br />

esemplificativo, per poter avere una struttura che eroga appunto a 80/90 euro.<br />

Sul piano negoziale, sia a livello regionale che aziendale, la Medicina Generale si<br />

trova dunque nella posizione di poter proporre una serie di condizioni assistenziali<br />

a “prezzi inferiori” ma con <strong>il</strong> vincolo di trovare investimenti esterni alle Aziende e<br />

che non derivino dal Fondo Sanitario Nazionale. In questo percorso le Aziende<br />

potranno riconvertire la spesa che attualmente sostengono per una serie di inappropriatezze,<br />

che ripetutamente tutti denunciamo e che riguardano ad esempio<br />

l’eccesso di prestazioni specialistiche o l’accesso inadeguato al secondo livello,<br />

determinando uno spostamento delle risorse e investendo e sv<strong>il</strong>uppando l’assistenza<br />

territoriale. I dettagli di questo percorso sono attualmente in discussione,<br />

pertanto riservati, e dunque dobbiamo fermarci qui nel raccontare i prossimi scenari<br />

della Medicina Generale in Italia.<br />

2.3 Il rapporto tra la medicina generale e Federsanità-ANCI<br />

Att<strong>il</strong>io Bianchi 3<br />

Se una colpa ho nell’essere qui, è quella di essere <strong>il</strong> vice presidente di Federsanità-<br />

ANCI. Sono un territoriale convinto, da sempre con <strong>il</strong> ventricolo sinistro che batte<br />

sul territorio anche se oggi mi trovo per una sorta di nemesi storica ad essere <strong>il</strong> Direttore<br />

Generale di una azienda Ospedaliera Universitaria, che continua però a lavorare<br />

nel campo della medicina generale. Mi riallaccio a quanto è stato dichiarato<br />

stamattina da Di Malta e mi sento di dire che per me l’importante non è passare<br />

da 1 a 100 ma da 0 a 1.<br />

Perché ragionare di un' intesa tra ANCoM e Federsanità ? Personalmente parlo<br />

anche per conto di un gruppo di colleghi che da 15 anni prova a ragionare<br />

sul territorio, sulle potenzialità della medicina del territorio, scrivendo articoli e<br />

relazioni, partecipando a convegni, anticipando talvolta i tempi, su ciò che avrebbe<br />

significato la transizione demografica e la conseguente transizione epidemiologica,<br />

rispetto all’invecchiamento della popolazione; <strong>il</strong> mondo stava cambiando,<br />

ma pochi riuscivano a rendersene conto. E poiché sono un velista, quando<br />

mi dicono che tra <strong>il</strong> dire e <strong>il</strong> fare c’è di mezzo <strong>il</strong> mare, allora comincio a divertirmi.<br />

E allora? Credo fortemente in ciò che potrebbe e dovrebbe fare <strong>il</strong> territorio al<br />

di là delle definizioni dei piani sanitari e delle continue dichiarazioni di intenti; ma<br />

in realtà tra un convegno e l’altro che cosa è davvero successo in questi 15<br />

anni in cui avremmo dovuto rielaborare i nostri modelli assistenziali, in cui<br />

avremmo dovuto chiudere gli ospedali ed investire sul territorio? Che cosa<br />

è davvero successo? Al di là degli episodi che possono essere legati ad aree<br />

casuali di medici di medicina generale più spinti e più pronti all’evoluzione o di<br />

3<br />

Vice Presidente FederSanità ANCI<br />

81


Capitolo 2<br />

aziende sanitarie, direttori generali, distretti sanitari che sono più pronti a provarci,<br />

dove è stato <strong>il</strong> cambiamento?<br />

Federsanità è un’associazione che riunisce al suo interno la grande maggioranza<br />

delle aziende sanitarie e ospedaliere di questo paese. Il ragionamento è stato<br />

quello di cercare una base comune di sv<strong>il</strong>uppi ed un convegno come questo<br />

ne è un esempio di ciò che stiamo provando a mettere in campo.<br />

Proviamo a vedere, da un lato con una cassa di risonanza e dall’altro con la<br />

possib<strong>il</strong>ità di intervenire nei meccanismi operativi concreti dentro alle aziende,<br />

cosa fanno davvero le aziende nei rapporti con la medicina generale, con le<br />

cooperative, con l’associazionismo, oppure questi rapporti vengono visti solo come<br />

adempimenti contrattuali decisi e non sono calati dentro alla vita normale<br />

e quotidiana delle aziende che rappresentano lo specchio della ita dei nostri<br />

pazienti. Quindi <strong>il</strong> tentativo è quello di creare una identità, una unità culturale<br />

di intenti senza dimenticare che Federsanità è anche ANCI con tutto <strong>il</strong> risvolto<br />

dei comuni sul versante sociosanitario su cui ci sarebbe molto da dibattere e dissodare:<br />

un esempio è <strong>il</strong> lungo dibattito tuttora attivo che riguarda la dicitura<br />

Federsanità-ANCI: cioè se se vada scritto tutto attaccato<br />

separato da un trattino o in due parole.<br />

Il tentativo nostro è quello di aprirci in<br />

maniera ufficiale ed esplicita a questo fermento là dove c’è, perché <strong>il</strong> problema<br />

vero è cogliere i fermenti che sono in atto, cogliere le volontà di chi ha provato a<br />

metterci del suo nel cambiamento, come si legge sul testo “Oltre le convinzioni”<br />

“siate voi stessi <strong>il</strong> cambiamento che volete vedere nel mondo”. Su questa scia<br />

Federsanità vuole aprire un dibattito serio, leale e concreto su tutto quello che<br />

può e deve rappresentare la medicina generale oltre gli schematismi delle slides<br />

e delle presentazioni dei relatori nei convegni.<br />

2.4 Legacoop e le cooperative di medicina generale<br />

Giorgio Gemelli 4<br />

Vorrei riprendere alcune questioni discusse stamattina, senza ripeterle, ma commentarle<br />

per esporre alcune ragioni che hanno spinto la mia organizzazione a<br />

misurarsi concretamente con quello che chiamiamo “Progetto Salute”.<br />

Mi trovo pienamente in sintonia con le riflessioni del dott. Del Favero e con l’impostazione<br />

data dal Dott. Di Malta sul problema delle cooperative. La forma cooperativa<br />

è quanto necessita all’importante professione del medico di medicina<br />

generale, una forma di società di servizi ai professionisti. Questa forma sta venendo<br />

avanti prepotentemente negli ultimi anni e necessita, secondo la nostra orga-<br />

4<br />

Vicepresidente Nazionale LegaCoop<br />

82


Tavola rotonda: l’assistenza primaria nell’Italia federata: servizi territoriali e cooperazione medica<br />

nizzazione che per mestiere promuove, assiste e rappresenta la cooperazione, di<br />

un qualcosa in più; ha bisogno di fare massa critica per valorizzare la sua presenza<br />

all’interno di un mondo complesso come quello della sanità. C’è necessità di avviare<br />

una seria riflessione sul contesto attuale a partire dalle questioni poste; oggi,<br />

ad esempio, <strong>il</strong> Sindaco di Fiuggi ha parlato della vent<strong>il</strong>ata chiusura di ospedali e<br />

dei timori delle persone. Emergono tematiche e problematiche importanti, arrivano<br />

al pettine nodi che mettono in luce questioni non affrontate, che mettono in<br />

discussione l’attuale assetto della sanità pubblica, imponendo un’ipotesi di riforma<br />

e di riassetto verso un welfare territoriale che può essere avviato tenendo conto<br />

del contesto e dell’analisi dei limiti attuali. Bisogna alzare l’asticella al punto giusto<br />

e soprattutto bisogna coinvolgere i corpi sociali e le categorie interessate che devono<br />

essere corresponsab<strong>il</strong>izzati divenendo parte stessa delle riforme.<br />

Io penso che voi medici rappresentiate un pezzo di questi corpi sociali da coinvolgere<br />

assieme ad altri soggetti per evitare di ripetere errori. Uno dei grossi limiti<br />

di alcune riforme nel nostro paese, è che non si è tenuto conto del fatto che le<br />

riforme non si fanno con un decreto o una legge: <strong>il</strong> processo riformatore presuppone<br />

un grande consenso ed una larga partecipazione di corpi sociali; in questo<br />

senso le riflessioni avanzate in questo convegno analizzano un corpo sociale che si<br />

sta riposizionando dando disponib<strong>il</strong>ità ed idee da voi rappresentate. Le riforme nel<br />

nostro paese si devono portare avanti definendo una nuova frontiera di rapporti<br />

nella partnership tra pubblico-privato nella quale entrambi abbiano pari dignità,<br />

sia pure con scale gerarchiche diverse. Questo vuol dire che i corpi sociali che si<br />

muovono devono essere corresponsab<strong>il</strong>izzati e partecipi di una riforma. Come si<br />

può pensare di prescindere dalla figura del medico di medicina generale, che<br />

rappresenta l’architrave del servizio sanitario nazionale, nell’attuazione di una riforma?<br />

La figura del medico di medicina generale è quella di un professionista che si<br />

deve organizzare per stare al passo con l’innovazione e l’evoluzione sia tecnologica<br />

che informatica. La cooperazione tra medici, nel prossimo futuro, rappresenterà<br />

concretamente la forma più giusta di gestione delle attività complementari ed<br />

essenziali per l’esercizio della professione e potrà integrarsi nel mondo variegato<br />

della salute già operante nella cooperazione e per quanto ci riguarda in Legacoop.<br />

La nostra organizzazione ha una presenza importante nel nostro paese per<br />

quanto riguarda i diversi comparti che guardano alla salute e al benessere. Da<br />

questo punto di vista abbiamo pensato di mettere insieme ed integrare tutte le<br />

esperienze esistenti nel settore a partire dalla cooperazione sociale che è molto<br />

ramificata nell’intero territorio nazionale e che rappresenta un’anima importante<br />

per la sussidiarietà. Dobbiamo mettere insieme le esperienze per discutere con i<br />

nostri interlocutori e studiare assieme al coordinamento dei medici di medicina<br />

generale forme opportune di rappresentanza ed integrazione.<br />

Abbiamo messo in campo per questo “Il Progetto Salute Legacoop” con l’obiettivo<br />

per la cooperazione di essere sussidiaria al Servizio Sanitario Nazionale nel<br />

83


Capitolo 2<br />

quadro della riforma del welfare resa necessaria dalle trasformazioni intervenute<br />

nella struttura demografica, dagli accresciuti bisogni e dai vincoli imposti dalla<br />

finanza pubblica.<br />

Legacoop rappresenta ed organizza imprese specificamente impegnate<br />

nell’ambito della sanità e dell’assistenza socio-sanitaria integrata: realtà dinamiche,<br />

territorialmente diffuse e radicate, dotate di professionalità e di competenze<br />

capaci di evolvere verso direttrici innovative, ma anche fortemente motivate<br />

alla costruzione di percorsi virtuosi di incontro tra domanda pagante e offerta di<br />

servizi e prestazioni.<br />

Il Progetto Salute Legacoop, promuovendo l’interazione tra i diversi comparti, intende<br />

mettere a valore la capacità cooperativa di rappresentare i bisogni semplici<br />

o complessi di un’utenza parzialmente o affatto coperta, fornendo risposte<br />

risolutive ad integrazione del servizio pubblico.<br />

L’azione congiunta e coordinata tra diversi attori della cooperazione (cooperative<br />

tra medici, cooperazione sociale, mutue sanitarie) si propone pertanto di<br />

mettere a sistema l’offerta cooperativa nel settore della salute con una domanda<br />

di assistenza sempre più articolata.<br />

Con <strong>il</strong> progetto cooperativo intersettoriale sulla salute, che si riconosce in un unico<br />

marchio di f<strong>il</strong>iera come espressione della capacità collettiva di intrapresa<br />

dei diversi settori, Legacoop vuole essere portatrice di una proposta univoca,<br />

chiara ed articolata sui diversi tavoli istituzionali, trasmettere un’immagine complessiva<br />

e completa degli strumenti che essa è capace di esprimere e cogliere<br />

con maggiore compiutezza le opportunità e le criticità di ciascun comparto. In<br />

questo quadro occorre trovare forme di rappresentanza e di partecipazione per<br />

<strong>il</strong> comparto di medici di medicina generale.<br />

2.5 Interoperab<strong>il</strong>ità e sistemi organizzativi per le UCCP<br />

Giorgio Moretti 5<br />

Inizierei con una considerazione di ordine generale sui modelli organizzativi delle<br />

UCCP: tutti ormai siamo ben consapevoli di ciò che dovrebbe essere fatto, tuttavia<br />

non siamo capaci di mettere in pratica questa gran quantità di esperienze<br />

virtuose, e questo è uno dei gravi problemi del sistema nazionale italiano.<br />

Nonostante le tecnologie siano estremamente evolute, si tratta di un settore in<br />

cui, a livello di modelli organizzativi, prevale <strong>il</strong> federalismo. In realtà i modelli organizzativi<br />

si somigliano tutti quanti, al di là delle tante sigle che vengono effettivamente<br />

ut<strong>il</strong>izzate per definirli. Pensiamo a tutte le varie UCCP, UCP, ACP, NCP: è<br />

es<strong>il</strong>arante vedere la quantità di sigle atte ad identificare oggetti le cui differenze<br />

5<br />

Amministratore Delegato DEDALUS, Presidente CICOM<br />

84


Tavola rotonda: l’assistenza primaria nell’Italia federata: servizi territoriali e cooperazione medica<br />

non sono sostanzialmente più che sfumature, e parliamo di strutture complesse<br />

che devono essere in grado di cooperare e di interoperare con la componente<br />

ospedaliera.<br />

Considerando che le varie tecnologie collaudate sono già a disposizione, pur<br />

se diverse in base al Territorio, non è da considerarsi un caso che regioni come<br />

Lombardia, Em<strong>il</strong>ia Romagna, Valle D’Aosta e parte del Veneto, tengano meglio<br />

sotto controllo anche gli elementi economici, in quanto queste regioni hanno<br />

effettuato degli ingentissimi investimenti al fine di creare delle reti di interoperab<strong>il</strong>ità.<br />

Questo purtroppo non accade nel centro sud: nonostante sia stata effettivamente<br />

presa una serie di iniziative, <strong>il</strong> problema persiste. Quello che diceva<br />

Bollero è assolutamente comprensib<strong>il</strong>e ma bisogna tener presente che <strong>il</strong> Lazio<br />

è alquanto arretrato per quanto riguarda i processi di esposizione e i sistemi di<br />

interoperab<strong>il</strong>ità.<br />

Le UCCP svolgono una funzione clinica e sanitario-amministrativa piuttosto nota:<br />

a questo punto siamo ben consapevoli di ciò che necessita di essere fatto, si<br />

tratta solo di realizzarlo, di mettere in opera quel che viene detto nel corso di tutti<br />

i convegni. A questo proposito, come possono le aziende di Tecnologie supportare<br />

queste iniziative e promuoverle?<br />

Quello di cui dovremmo discutere oggi riguarda <strong>il</strong> sistema organizzativo delle<br />

UCCP e relativa interoperab<strong>il</strong>ità ma <strong>il</strong> vero problema è come riuscire a distribuirlo<br />

in maniera democratica a tutta la Medicina Generale del Paese. Io credo che i<br />

grandi investimenti che sono stati fatti principalmente in Lombardia ed in Em<strong>il</strong>ia<br />

Romagna saranno di diffic<strong>il</strong>e realizzazione nelle altre regioni italiane, perciò l’unica<br />

strada, l’unica proposta che posso offrire, come azienda che ha realizzato<br />

tutti questi sistemi in toto o in parte, è quella di renderci disponib<strong>il</strong>i per distribuire<br />

gli stessi sistemi a condizioni economiche favorevoli, vale a dire coinvestendo.<br />

Sono convinto che in questo momento, soprattutto in certe regioni, la Medicina<br />

Generale abbia una grandissima opportunità, dal momento che i decisori politici<br />

non sanno come risolvere <strong>il</strong> problema degli sforamenti. Stando al calcolo<br />

indicato dal prof. Bollero, <strong>il</strong> risparmio si aggirerebbe intorno ai 9 m<strong>il</strong>iardi di euro.<br />

Allora forse, quello che possiamo tentare di fare è costituire un grande patto tra<br />

chi mette a disposizione tecnologie e metodologie da una parte e gli operatori<br />

di medicina generale dall’altra, per far sì che anche con una risorsa economica<br />

limitata questi progetti siano realizzab<strong>il</strong>i.<br />

Le parole chiave sono dunque: Sistemi di Interoperab<strong>il</strong>ità tra Ospedale e Territorio,<br />

Sistemi Organizzativi per le UCCP (non solo M<strong>il</strong>lewin, M<strong>il</strong>lewin è uno dei<br />

tasselli). Quindi confrontiamoci, discutiamo insieme sugli elementi strutturali e non<br />

parliamo di “biciclette” ma di “autostrade di operatività”.<br />

85


Capitolo 2<br />

2.6 Federalismo fiscale e assistenza sanitaria<br />

Vincenzo D’Anna 6<br />

Indegnamente sostituisco <strong>il</strong> dott. Palumbo ed entro subito nello spirito della discussione<br />

citando una massima che credo sostenga e soccorra la medicina generale<br />

e cioè “non esistono risposte semplici a domande complesse”.<br />

Uno degli errori che spesso i politici fanno, anche ad alti livelli, è quello di ricercare la<br />

soluzione al complesso problema dei costi economici dell’assistenza sanitaria, attraverso<br />

risposte “semplici”, ossia, per <strong>il</strong> loro modo di vedere, se “siamo fuori budget<br />

allora tagliamo”, facciamo un taglio orizzontale, trasversale e risolviamo <strong>il</strong> problema.<br />

Noi parliamo di federalismo e allora comunichiamo qualche dato in modo tale<br />

che cominciamo a capire di cosa stiamo parlando, perché gli strumenti ce li abbiamo<br />

così come la distribuzione sui vari punti della f<strong>il</strong>iera assistenziale. È stato con<br />

mio grande stupore che alcuni anni fa ho scoperto come viene investito <strong>il</strong> 5% del<br />

Fondo Sanitario nazionale, e cioè che era investito nelle spese burocratiche delle<br />

strutture che erano interessate al trasferimento da aree del centro alla periferia,<br />

era una di quelle circostanze in cui si consumavano soldi del fondo sanitario per<br />

non produrre assistenza. Il problema attuale è che la medicina generale ha delle<br />

idee, ha delle proposte messe in chiaro sui tavoli di discussione, ma è impensab<strong>il</strong>e<br />

che queste idee e queste proposte prendano forma senza una sostenib<strong>il</strong>ità economica.<br />

Chiunque abbia una idea interessante la mette su un campo, questa idea<br />

ha bisogno non solo del supporto della Medicina generale per la sostenib<strong>il</strong>ità organizzativa,<br />

ma anche del supporto Economico.<br />

Allora qual è la situazione del Federalismo e dell’efficientismo nel quale <strong>il</strong> federalismo<br />

dovrebbe muoversi? Tutto deve partire da un’ analisi dell’esistente, altrimenti<br />

ci flagelliamo e ci colpevolizziamo per <strong>il</strong> fatto che non sappiamo farci bastare i denari,<br />

in realtà partiamo da un assunto che è sbagliato, ossia, che <strong>il</strong> fondo economico<br />

sia sufficiente per mettere in campo <strong>il</strong> tipo di assistenza che abbiamo in mente,<br />

ma non è così purtroppo. Il fondo sanitario nazionale, che nell’anno 2010<br />

arriverà a circa 107 m<strong>il</strong>iardi di euro, oltre i vari sfondamenti, è di circa <strong>il</strong> 17% più<br />

basso del fondo sanitario nazionale della restante parte della comunità Europea<br />

calcolato sull’Europa dei 15, ed è circa <strong>il</strong> 50% in meno del fondo sanitario dedicato<br />

rispetto al loro PIL da Canada, Giappone e Stati Uniti. Quindi, la prima cosa che la<br />

Politica trasversalmente dovrebbe fare è aumentare <strong>il</strong> fondo sanitario nazionale<br />

dedicato, poi si può cominciare a parlare sul “cosa fare” e come investire per<br />

spendere bene i soldi e attuare <strong>il</strong> tipo di assistenza sanitaria che noi abbiamo in<br />

mente,altrimenti ci troveremo sempre a ragionare su “chi vuol fare le migliori nozze<br />

con i fichi secchi, ma sempre fichi secchi sono.”<br />

6<br />

Componente della Commissione Affari Sociali e Sanità della Camera dei Deputati – Presidente FederLAB<br />

86


Tavola rotonda: l’assistenza primaria nell’Italia federata: servizi territoriali e cooperazione medica<br />

Il secondo problema è che <strong>il</strong> Federalismo Solidale vuol dire compensazione, cioè,<br />

le regioni che hanno un PIL più alto devono avere un’azione vicariante rispetto<br />

al finanziamento della sanità nelle regioni che questa risorsa non ce l’hanno;<br />

questo significa che bisogna avere i dati comparativi per poter capire qual è<br />

l’entità economica, affinché la solidarietà che noi annunciamo si traduca in una<br />

effettiva solidarietà, in un effettivo finanziamento del 100% dell’attività sanitaria.<br />

Secondo i dati che emergono dal tavolo tecnico della conferenza tra stato e<br />

regioni, noi dobbiamo fare i conti con un federalismo fiscale dal quale emerge<br />

che una regione come la Lombardia ha un PIL di 324 m<strong>il</strong>iardi di euro e che tutte<br />

le regioni meridionali messe insieme arrivano ad un PIL poco più di 250 m<strong>il</strong>iardi<br />

di euro. Noi dobbiamo equ<strong>il</strong>ibrare, dunque, un sistema federativo partendo da<br />

questi disvalori economici e credo che se la sanità è l’indice di maggiore spesa<br />

per questo sistema, la sanità in queste regioni deve fare i conti con questo disvalore<br />

e con questo gap. Questo significa parlare chiaro, ossia equ<strong>il</strong>ibrare è uguale<br />

a travasare. La più grande delle ingiustizia diceva don Lorenzo M<strong>il</strong>ani è quella<br />

di fare “ parti eguali tra diseguali”. Se noi andiamo a r<strong>il</strong>evare, così come stanno,<br />

le diseguaglianze in campo economico e le diseguaglianze sul grado di produzione<br />

delle ricchezze nelle regioni, noteremo che i sistemi sanitari di quelle regioni<br />

saranno l’espressione di queste diseguaglianze economiche. Questo però non<br />

significa che mi iscrivo al partito della cosiddetta “mano tesa”, o di coloro i quali<br />

sanno solo chiedere più soldi e più compensazione alle regioni più ricche, <strong>il</strong> che<br />

significa che, in sanità, bisogna applicare <strong>il</strong> Benchmarking dappertutto, bisogna<br />

fare la governance clinica. Nel disegno di legge che si è arenato in aula, per<br />

<strong>il</strong> veto di una parte politica della maggioranza, per cui è rientrata di nuovo in<br />

commissione. In questo disegno di legge mi propongo e mi impegno, in qualità di<br />

parlamentare, a “deBindizzare”, cioè epurare, tutte le introduzioni del bolscevismo<br />

sanitario introdotte nel decreto legislativo 229 - mi spiego per essere, chiaro,<br />

diretto e provocatorio-. Noi possiamo usare tutti i sistemi, ma l’unico che realmente<br />

funziona è quello che misura <strong>il</strong> rapporto tra costi e benefici, perché se da un<br />

lato del sistema si paga a prestazioni, si paga a tariffa, si paga a diaria e dall’altra<br />

parte del sistema si paga a piè di lista, scambiando“apoditticamente” <strong>il</strong> servizio<br />

pubblico con la statalità della gestione, questo è un sistema statalizzato che non<br />

può che produrre disavanzi. In questo modo in Italia <strong>il</strong> servizio sanitario è un servizio<br />

sanitario statale, che viene di volta in volta integrato facendo l’elemosina, agli<br />

specialisti ambulatoriali, ai medici di famiglia, alle case di cura.<br />

Noi sappiamo che i disavanzi delle regioni in Italia non li creano la medicina<br />

territoriale pubblica/privata, ma a creare <strong>il</strong> disavanzo è la pletoricità degli ospedali<br />

che nel centro-sud Italia sono, improduttivi, sono dei veri e propri“stipendifici”,<br />

è l’ospedalità pubblica, laddove questa non viene misurata con <strong>il</strong> grado di efficienza<br />

della prestazione che produce - e questo voglio dirlo io in partibus infidelium<br />

(terra dei non credenti)- .<br />

La verità è che, se noi non introduciamo nel sistema con fatti normativi e legislativi,<br />

<strong>il</strong> principio che determinati costi standard ci sarà la retribuzione standard, una parte<br />

del sistema continuerà a costare molto più di quanto produce.<br />

87


Capitolo 2<br />

Quindi alle disarmonie di partenza, che sono di tipo economico e di tipo strutturale<br />

del grado di benessere di due Italie, che sono diverse per molti aspetti, si<br />

sommerà la disarmonia dello statalismo, che è una sanità burocratizzata che,<br />

in quanto monopolio statale, si permette <strong>il</strong> lusso di costare più di quanto dovrebbe<br />

costare. L’inefficienza economica cammina di pari passo con l’inefficienza del<br />

sistema sanitario, noi dovremmo rendere <strong>il</strong> malato <strong>il</strong> cittadino depositario<br />

di una effettiva capacità di scelta, perché se vogliamo fare i liberali di mattina<br />

misurando l’efficienza e la Gouvernance e vogliamo fare i socialisti di pomeriggio,<br />

perché ognuno vuole avere la sicurezza del posto assicurato, della convenzione<br />

o della diaria, questa cosa non funziona.<br />

Alla fine di questo percorso, dunque, bisognerebbe finanziare direttamente <strong>il</strong> cittadino<br />

perché è lui che a costo predeterminato, a tariffa, deve scegliere <strong>il</strong> luogo<br />

di cura, perché nessuno meglio del malato, o meglio di colui che deve ut<strong>il</strong>izzare <strong>il</strong><br />

sistema è in grado di stab<strong>il</strong>ire dal sistema cosa vuole e chi gli dà al meglio la prestazione<br />

che desidera.<br />

Questo potrebbe essere applicato attraverso una grande Rivoluzione di Sistema<br />

altrimenti noi facciamo circonvoluzioni oratorie attorno al nulla, perché non affrontiamo<br />

alla radice <strong>il</strong> problema, visto che ognuno di noi all’interno del sistema vuole mantenere<br />

una nicchia di priv<strong>il</strong>egi e di comodità che <strong>il</strong> sistema molte volte non è in grado<br />

di sostenere.<br />

88


CAPITOLO 3<br />

Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e<br />

del futuro<br />

3.1 La non autosufficienza nelle politiche europee<br />

Grazia Labate 1<br />

Dati di scenario sulle politiche Socio-Sanitarie in Europa<br />

I sistemi e l’organizzazione assistenziale presentano significative differenze nei<br />

vari paesi dell’Unione europea, sia per i modelli sanitari e sociali adottati, sia per<br />

<strong>il</strong> modo in cui gli stessi si integrano e si coordinano, sia per <strong>il</strong> rapporto tra essi e<br />

le diverse modalità esistenti nell’unione, di soggetti ed istituzioni non profit o for<br />

profit, che concorrono ad affrontare le politiche per la non autosufficienza.<br />

Le società europee stanno rapidamente cambiando.<br />

I cittadini europei vivono sempre più a lungo; si sono modificati nel profondo gli<br />

schemi fam<strong>il</strong>iari tradizionali:<br />

• Avanzano nuove forme di mob<strong>il</strong>ità;<br />

• Si va affermando la parità fra i sessi:<br />

• La globalizzazione e la crisi finanziaria hanno un peso non indifferente nelle<br />

politiche di protezione sociale.<br />

Uno scenario complesso.<br />

La speranza di vita nelle società europee ha registrato un netto miglioramento<br />

negli anni.<br />

• 1950 speranza di vita: 43,5 anni per gli uomini e 46 anni per le donne;<br />

• 2000 speranza di vita: 75,5 anni per gli uomini e 81,4 anni per le donne;<br />

• 2050 speranza di vita: 82 anni per gli uomini e 87,4 per le donne.<br />

Sessanta anni di pace, progressi accelerati in campo biomedico, miglioramento<br />

delle condizioni di vita e di lavoro, hanno fatto si che la maggior parte dei cittadini<br />

europei goda attualmente di un pensionamento tutelato, più lungo, più<br />

attivo che incide radicalmente sui sistemi di previdenza sociale. Si prevede che<br />

la relativa spesa raggiungerà <strong>il</strong> 2,5% del P<strong>il</strong> europeo entro <strong>il</strong> 2030 ed <strong>il</strong> 4,3% entro<br />

<strong>il</strong> 2050.<br />

1<br />

Ricercatore in economia sanitaria Università di York U.K. – Coordinatrice del tavolo Tecnico del Ministero della<br />

Salute per <strong>il</strong> decreto sui Fondi Sanitari Integrativi<br />

89


Capitolo 3<br />

I tassi di natalità registrano in tutte le regioni europee un calo, anche se elementi<br />

comuni, indicano che ovunque <strong>il</strong> desiderio di maternità/paternità, rimane spesso<br />

insoddisfatto.<br />

Una complessa combinazione di fattori, quali ad esempio una non equa ripartizione<br />

delle responsab<strong>il</strong>ità parentali, <strong>il</strong> livello non certo ottimale delle strutture par<br />

l’infanzia, <strong>il</strong> problema della casa, ed una organizzazione del lavoro che mal si<br />

conc<strong>il</strong>ia con la vita fam<strong>il</strong>iare, incidono sulla scelta procreativa.<br />

Tali tendenze demografiche faranno aumentare rischi sociali, quali la dipendenza<br />

delle persone anziane e l’isolamento sociale. Attualmente in Europa <strong>il</strong> 28%<br />

degli ultrasettantenni vive da solo.<br />

Circa due terzi delle persone con età superiore a 75 anni deve ricorrere ad una<br />

assistenza non ufficiale, prestata essenzialmente da badanti o dai fam<strong>il</strong>iari più<br />

stretti ed in particolare da donne.<br />

Un anziano su 6 vive in povertà. Le donne anziane sono particolarmente esposte<br />

al rischio di ricevere pensioni basse a causa di un percorso lavorativo incompleto.<br />

L’immigrazione sta mettendo alla prova l’efficacia delle strategie di integrazione<br />

degli stati membri, soprattutto nelle grandi città europee e nelle regioni frontaliere.<br />

Il rapporto health at glance 2009 (uno sguardo alla salute)<br />

I paesi sv<strong>il</strong>uppati hanno affrontato a partire dal 2008 una profonda recessione<br />

economica.<br />

Entro la fine del 2010 è prevista una riduzione del P<strong>il</strong> di circa <strong>il</strong> 4%, un tasso di disoccupazione<br />

che sfiorerà <strong>il</strong> 10% della forza lavoro.<br />

Le politiche per affrontare la recessione hanno portato ad un aumento dell’indebitamento<br />

ed a un conseguente incremento del deficit di b<strong>il</strong>ancio; <strong>il</strong> controllo<br />

della spesa sanitaria e sociale diventa un elemento fondamentale.<br />

I sistemi sanitari e sociali europei sono tutti quanti sottoposti a regole di ottimizzazione<br />

delle risorse, secondo rigorosi criteri di efficienza ed efficacia.<br />

La strada maestra è quella di implementare i servizi di territorio, la medicina di<br />

comunità, le cure domic<strong>il</strong>iari, la continuità assistenziale.<br />

L’assistenza e la tutela della salute della popolazione anziana nella UE<br />

I modelli per affrontare <strong>il</strong> tema dell’assistenza e della salute della popolazione<br />

anziana si possono classificare in 5 categorie:<br />

1. sistema universalistico: la copertura è pressoché totale del costo delle prestazioni<br />

mediante la fiscalità generale (Danimarca e paesi del Nord Europa);<br />

90


Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />

2. sistemi obbligatori: assicurazione obbligatoria LTC per tutta la popolazione<br />

con prestazioni fornite sia dall’assicurazione contro le malattie sia da un apposito<br />

fondo assicurativo (Paesi Bassi);<br />

3. sistemi con la presenza di un’assicurazione sociale obbligatoria sottoscritta<br />

dai lavoratori realizzata mediante la contribuzione a casse mutue oppure la<br />

sottoscrizione di una polizza privata (Germania, Austria, Lussemburgo);<br />

4. sistemi di copertura nei casi di bisogno dove l’erogazione delle prestazioni è<br />

suddivisa fra <strong>il</strong> sistema sanitario nazionale e gli enti locali (Irlanda e Regno Unito);<br />

5. sistemi misti: alle tradizionali assicurazioni sociali (casse malattia, vecchiaia) si<br />

affianca un sistema di assistenza sociale a carico della fiscalità (Belgio, Spagna,<br />

Francia).<br />

L’osservatorio europeo sui sistemi e le politiche sociosanitarie<br />

Il recente rapporto (2008) “financing health care in the european union, challenges<br />

and policy responses”, ha messo in evidenza che l’invecchiamento della<br />

popolazione chiama in causa un problema di sostenib<strong>il</strong>ità, occorre verificare i<br />

sistemi riformati negli ultimi 10 anni e suggerire raccomandazioni per migliorare<br />

la situazione.<br />

La copertura dei cittadini dell’unione<br />

La copertura socio-sanitaria della popolazione è quasi totale (96-98%) ad eccezione<br />

della Germania in cui si raggiunge l’88%, anche se in molte realtà europee<br />

c’è un certo divario tra ciò che è ufficialmente sotto copertura e ciò che lo è<br />

realmente.<br />

Le raccomandazioni<br />

• Effettuare una accurata analisi degli attuali sistemi sanitari per eliminare inefficienze,<br />

sprechi, dirigersi sempre più verso best practices ed indicatori di<br />

qualità del sistema, ridurre la sovrapposizione di obiettivi e di incarichi;<br />

• Incoraggiare l’allocazione strategica delle risorse per garantire una corrispondenza<br />

tra bisogni e risorse;<br />

• Intensificare <strong>il</strong> dialogo tra policy maker e cittadini;<br />

• Trovare un mix di modalità efficaci per affrontare <strong>il</strong> tema dell’invecchiamento<br />

della popolazione, che metta insieme pubblico, privato e privato sociale<br />

per fac<strong>il</strong>itare una gestione strategica dei problemi e più efficaci risposte.<br />

91


Capitolo 3<br />

L’UE ed <strong>il</strong> progetto echoutcome<br />

Nell’ambito del 7° programma quadro, l’UE ha finanziato con circa 1 m<strong>il</strong>ione<br />

di euro <strong>il</strong> progetto echoutcome, volto a confrontare l’organizzazione dei diversi<br />

sistemi sanitari ed i risultati ottenuti. L’obiettivo è quello di analizzare somiglianze,<br />

analogie, differenze, studiare un caso di riferimento, efficiente ed efficace, per<br />

avviare una campagna dell’UE mirata ad incentivare una migliore assistenza<br />

sanitaria nell’Europa a 27.<br />

Echoutcome<br />

Con <strong>il</strong> Prof. Michel Lamure dell’università di Lione, <strong>il</strong> progetto riunisce esperti<br />

dell’università libera di Bruxelles, della LSE di Londra, dell’università Bocconi di<br />

M<strong>il</strong>ano, nonché la società francese di economia della salute (SFES), alcune imprese,<br />

specializzate in tecniche di costruzione di modelli avanzati, (Data Mining<br />

international, Cyklad Group, Lyon ingegnerie projects).<br />

Si metteranno a punto degli indicatori sanitari, validati scientificamente, per fornire<br />

ai responsab<strong>il</strong>i dei singoli stati membri e dei decisori europei, una metodologia<br />

comune per affrontare le sfide del futuro.<br />

QALY (quality adjusted life years), DALY (disab<strong>il</strong>ity adjusted life years), HYE (health<br />

years equivalent), risorse disponib<strong>il</strong>i e prevedib<strong>il</strong>i, capacità di spesa collettiva e<br />

individuale per la prevenzione dei rischi dell’invecchiamento, saranno i temi di<br />

studio analisi e proposte, affinchè alla fine del 2013 l’UE possa fornire agli stati<br />

membri una tabella di marcia comune.<br />

Principali caratteristiche delle soluzioni adottate in alcuni paesi dell’UE<br />

Austria:<br />

la riforma del ’93 ha introdotto un programma universale di supporti alle persone<br />

non autosufficienti. Il finanziamento proviene dalla fiscalità generale. L’individuazione<br />

dei beneficiari è basata esclusivamente sul grado di disab<strong>il</strong>ità. Il reddito ed<br />

<strong>il</strong> patrimonio sono considerati per determinare la compartecipazione al costo<br />

solo nel caso di cure intensive. Viene erogato un sussidio universale per tutti i non<br />

autosufficienti in relazione al grado di disab<strong>il</strong>ità. L’incidenza del costo della non<br />

autosufficienza sul P<strong>il</strong> è dello 0,7% pari a 14 m<strong>il</strong>iardi e 700m<strong>il</strong>a euro per assistere <strong>il</strong><br />

70,6 della popolazione over 65 ed <strong>il</strong> 29,4% della popolazione over 75.<br />

Germania:<br />

Dal 1995 è stata introdotta una specifica assicurazione obbligatoria, che si integra<br />

con le altre 4 già presenti nel Welfare tedesco. Il sistema è finanziato da una<br />

imposta(contributo assicurativo) dell’1,7% sul reddito da lavoro, equamente divi-<br />

92


Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />

sa tra lavoratore e datore di lavoro. L’accesso ai servizi è garantito da una perizia<br />

medica che provvede a quantificare <strong>il</strong> bisogno e ad inserire <strong>il</strong> soggetto in una<br />

delle 3 classi a cui è associato un <strong>volume</strong> diverso di prestazioni da scegliere tra<br />

residenziale, domic<strong>il</strong>iare e monetario. Non è prevista alcuna limitazione né per<br />

l’età, né per <strong>il</strong> reddito o <strong>il</strong> patrimonio posseduti. Se la classe nella quale <strong>il</strong> soggetto<br />

è stato inserito prevede l’assistenza residenziale, <strong>il</strong> vitto e l’alloggio sono pagati<br />

dall’assicurazione pubblica solo per gli indigenti. Ne usufruiscono circa 2 m<strong>il</strong>ioni<br />

di persone, di cui <strong>il</strong> 63,3% ha 75 anni o più ed <strong>il</strong> 14,7% è di età inferiore ai 65 anni,<br />

<strong>il</strong> 68% dell’assistenza viene erogato a domic<strong>il</strong>io ed <strong>il</strong> 32% in residenze.<br />

I costi nel 2008 erano pari all’1,2% del P<strong>il</strong> cioè circa 18,9 m<strong>il</strong>iardi di euro (fonte<br />

Economic policy committee of european commission).<br />

Irlanda:<br />

Le prestazioni per gli anziani non autosufficienti sono erogate dal servizio sanitario<br />

pubblico e finanziate dalla tassazione generale. I servizi sono garantiti sulla base<br />

delle necessità stimate da un apposito Health Board. In genere non sono previste<br />

preclusioni per motivi di età, ma è previsto un means test per l’accesso alle<br />

varie prestazioni. L’assistenza residenziale è riservata per coloro i quali sia stato<br />

accertata l’impossib<strong>il</strong>ità fisica e sociale della permanenza a domic<strong>il</strong>io. È prevista<br />

una compartecipazione al costo, fatti salvi gli indigenti, fino all’80% del reddito<br />

dell’anziano. Criteri più stringenti sono previsti per la permanenza in strutture private<br />

convenzionate che vedono <strong>il</strong> concorso della famiglia di appartenenza fino<br />

al 100% del costo della retta. L’assistenza domic<strong>il</strong>iare è erogata dal programma<br />

di Community based care, in parte sottoposta a means test. Non sono previsti<br />

sussidi monetari. Il costo incide per circa lo 0,7% del P<strong>il</strong> e cioè 1m<strong>il</strong>iardo e 215 m<strong>il</strong>a<br />

euro.<br />

Olanda:<br />

Le prestazioni per gli anziani non autosufficienti sono coperte da uno dei tre p<strong>il</strong>astri<br />

sul quale si basa la sanità olandese. Il finanziamento proviene da contributi<br />

assicurativi, secondo uno schema pubblico a ripartizione, ma vi è anche la possib<strong>il</strong>ità<br />

di scegliere un fondo di assistenza privato. L’assistenza residenziale vede<br />

una compartecipazione al costo in base al reddito, l’assistenza domic<strong>il</strong>iare in<br />

base al programma personalizzato dal medico di base e dal geriatra. È prevista<br />

l’erogazione di un sussidio monetario, qualora l’anziano rimanga al proprio domic<strong>il</strong>io,<br />

ma ha un reddito basso o sia indigente. Il 43% degli over 65 è assistito in<br />

residenze ed <strong>il</strong> 57%a domic<strong>il</strong>io. Il costo per la non autosufficienza è pari allo 0,5%<br />

del P<strong>il</strong>, corrispondente a circa 20, 5 m<strong>il</strong>iardi di euro nel 2008 con contributi del<br />

12,15%ed un costo mens<strong>il</strong>e oltre <strong>il</strong> contributo versato, di circa 320 euro a persona.<br />

Norvegia:<br />

Il sistema pubblico eroga un r<strong>il</strong>evante <strong>volume</strong> di servizi e prestazioni finanziati dalla<br />

fiscalità generale con una compartecipazione degli utenti. La fornitura delle<br />

93


Capitolo 3<br />

prestazioni è organizzata su base locale. Per i requisiti di accesso viene fatta una<br />

valutazione da un team di esperti che colloca i soggetti in uno dei tre seguenti<br />

gruppi di prestazioni: cure residenziali, semiresidenziali e domic<strong>il</strong>iari. Non è prevista<br />

alcuna limitazione legata a motivi di età o di reddito posseduto. L’assistenza<br />

residenziale è distinta in residential home, usata solo per degenze di lunga durata<br />

di disab<strong>il</strong>i gravi e nursing home per degenze temporanee in centri diurni. Esiste<br />

poi lo sheltered housing che combina la vita indipendente con servizi di cura ed<br />

assistenza. La soluzione residenziale comporta una compartecipazione al costo<br />

di circa l’80% del reddito dell’utente. L’assistenza domic<strong>il</strong>iare prevede 2 tipi di<br />

intervento. L’assistenza domic<strong>il</strong>iare home help con fornitura di cure ed assistenza<br />

domic<strong>il</strong>iare con partecipazione al costo, home nursing, che fornisce assistenza<br />

medica senza alcun onere per l’utente. È previsto un sussidio retributivo per le<br />

persone che si prendono regolarmente cura di un non autosufficiente. Il costo<br />

incide per <strong>il</strong> 3,5 del P<strong>il</strong> pari a circa 22 m<strong>il</strong>iardi e 900 m<strong>il</strong>a euro.<br />

Spagna:<br />

L’assistenza agli anziani non autosufficienti è organizzata su base regionale ed <strong>il</strong><br />

finanziamento proviene dalla fiscalità generale. Variano da regione a regione i<br />

criteri di eleggib<strong>il</strong>ità, i servizi offerti, le compartecipazioni al costo. In generale è<br />

previsto <strong>il</strong> means test. L’assistenza residenziale varia da regione a regione. In generale<br />

è prevista una compartecipazione al costo del 75% della pensione oltre<br />

ad un contributo aggiuntivo per coloro che hanno un reddito superiore ai 70 000<br />

euro l’anno. Le modalità di assistenza domic<strong>il</strong>iare variano anch’esse da regione<br />

a regione e per le prestazioni monetarie si prevede un sussidio per la soglia di<br />

indigenza. Il costo totale rappresenta lo 0,7 del P<strong>il</strong> pari a 18 m<strong>il</strong>iardi e 300 m<strong>il</strong>a<br />

euro per assistere circa <strong>il</strong> 70% della popolazione over 65 ed <strong>il</strong> 30% degli over 75.<br />

Svezia:<br />

Il settore pubblico eroga un r<strong>il</strong>evante <strong>volume</strong> di servizi finanziati dalla fiscalità<br />

generale, su base locale con una compartecipazione degli utenti. La fornitura<br />

è organizzata su base locale. I requisiti di accesso si basano sulla valutazione<br />

del bisogno. Non è prevista alcuna preclusione in base all’età o al reddito. L’assistenza<br />

residenziale è concessa solo in caso di elevato bisogno e assenza di<br />

una rete fam<strong>il</strong>iare, sono previsti ricoveri diurni per alleggerire <strong>il</strong> carico del care<br />

giver fam<strong>il</strong>iare. Per l’assistenza domic<strong>il</strong>iare è prevista la figura del care manager<br />

che decide modalità ed entità delle cure. È richiesta una compartecipazione<br />

al costo da parte dell’utente in relazione alla qualità dei servizi ut<strong>il</strong>izzati. Sono<br />

previsti per l’assistente fam<strong>il</strong>iare un sussidio economico e la possib<strong>il</strong>ità di partecipare<br />

a corsi di formazione. In alcune regioni è prevista la possib<strong>il</strong>ità di assunzione<br />

da parte del governo locale del care giver con compiti di assistenza di un<br />

malato terminale. Il costo rappresenta <strong>il</strong> 3,8 del P<strong>il</strong>, circa 22 m<strong>il</strong>iardi e 600 m<strong>il</strong>a<br />

euro per assistere <strong>il</strong> 75,7% della popolazione over 65 ed <strong>il</strong> 24,3% della popolazione<br />

over 75.<br />

94


Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />

Regno Unito:<br />

L’assistenza continuativa è coordinata su base locale. Il finanziamento proviene<br />

dalla fiscalità generale, sebbene sia spesso richiesta una compartecipazione al<br />

costo variab<strong>il</strong>e in base al reddito ed al patrimonio dell’utente. La valutazione è<br />

effettuata dal governo locale, attraverso <strong>il</strong> primare care trust, PCT. Non è prevista<br />

nessuna preclusione in base all’età, mentre è previsto <strong>il</strong> means test. L’assistenza<br />

residenziale è prevista per tutti coloro per i quali sia stata ritenuta necessaria. La<br />

compartecipazione ai costi varia in relazione al reddito e al patrimonio e non<br />

ha luogo se la valutazione sta nei 30.000 euro annui. I sussidi pubblici per coloro<br />

che si rivolgono a strutture private variano da regione a regione. L’assistenza<br />

domic<strong>il</strong>iare è individuata da un team del PCT e la compartecipazione al costo<br />

è responsab<strong>il</strong>ità dei regolamenti fissati dai consigli di contea in base ai principi<br />

nazionali del Social Act. Le prestazioni monetarie sono previste per coloro, career’s<br />

allowance, che prestano almeno 35 ore alla settimana di assistenza ad una<br />

persona che riceve sussidio economico per la sua condizione di non autosufficienza<br />

e disab<strong>il</strong>ità grave. Il libro bianco dell’ex governo laburista aveva riformato<br />

<strong>il</strong> Social Act prevedendo la possib<strong>il</strong>ità di poter effettuare un assicurazione complementare<br />

o la sottoscrizione con la più grande società di mutuo soccorso Benenden,<br />

di un pacchetto di prestazioni di assistenza domic<strong>il</strong>iare tutte le volte che<br />

a livello di PCT i servizi non potessero essere assicurati in tempo ut<strong>il</strong>e. Per queste<br />

forme si prevedeva un tetto di deducib<strong>il</strong>ità fiscale. Tutto ciò in coerenza con la<br />

riforma del NHS avviata un anno fa sul binario della choise: quality care.<br />

Non è noto come si muoverà <strong>il</strong> governo Cameron che deve gestire la crisi finanziaria<br />

che stiamo attraversando, ma quel che è certo è che <strong>il</strong> NHS ed <strong>il</strong> Social<br />

ACT riformati sono una necessità percepita da tutti gli inglesi. Il costo della non<br />

autosufficienza rappresenta L’1, 1 del P<strong>il</strong>, pari a circa 19 m<strong>il</strong>iardi e 300m<strong>il</strong>a euro e<br />

copre l’assistenza del 77% degli over 65 ed 23% degli over 75.<br />

Francia:<br />

Le prestazioni per la non autosufficienza sono gestite da un sistema pubblico<br />

a ripartizione attraverso l’assicurazione sociale e le casse previdenziali. Il loro finanziamento<br />

avviene attraverso un contributo di solidarietà (Cotisation Solidaritè<br />

Autonomie) pari allo 0,30% del salario. Sono previste compartecipazioni al costo.<br />

I requisiti d’accesso sono basati sul bisogno espresso dal soggetto e sulla sua<br />

condizione economica. L’età funziona da discriminante. È previsto un programma<br />

per disab<strong>il</strong>i con meno di 20 anni, uno per chi ne ha meno di 60, uno per chi<br />

ne ha più di 60 ed infine uno per chi ne ha più di 65. La soluzione residenziale<br />

è gravata da una compartecipazione basata sui costi sostenuti e sul reddito e<br />

patrimonio dell’utente. Il sussidio erogato dipende anche dall’età del soggetto.<br />

L’assistenza domic<strong>il</strong>iare è valutata con un pacchetto di servizi e prestazioni<br />

insieme allo stato di bisogno ed alle risorse del soggetto. Sono inoltre previsti 2<br />

sussidi monetari, non cumulab<strong>il</strong>i, di importo variab<strong>il</strong>e rispetto alle necessità ed alle<br />

condizioni economiche, che devono essere impiegati nell’acquisto di prestazioni<br />

95


Capitolo 3<br />

assistenziali e mediche. Il costo della non autosufficienza incide per 1,2% sul P<strong>il</strong><br />

essendo pari 19 m<strong>il</strong>iardi e 450 m<strong>il</strong>ioni di euro per far fronte al 72,7 dei bisogni degli<br />

over 65 e al 27,3 degli over 75.<br />

Italia:<br />

Viviamo più a lungo, ma non sempre in buona salute<br />

• L’ISTAT al 1 gennaio 2010 indica in oltre 60.045.068 i cittadini residenti nel nostro<br />

paese.<br />

• Il 20% della popolazione ha più di 65 anni, un italiano su 5.<br />

• 12 m<strong>il</strong>ioni di italiani hanno più di 65 anni ed i grandi vecchi con più di 80 anni<br />

sono <strong>il</strong> 5,6% della popolazione.<br />

• La speranza di vita alla nascita è di 78,6 anni per gli uomini e di 84,1 per le<br />

donne.<br />

• L’indice di vecchiaia (rapporto tra la popolazione con più di 65 anni e quella<br />

con meno di 15 anni) registra un ulteriore incremento, raggiungendo un valore<br />

pari a 143,1.<br />

• La vecchiaia è femmin<strong>il</strong>e.<br />

• Le donne sono <strong>il</strong> 67% delle persone con più di 80 anni.<br />

• Il numero delle donne vedove è 5 volte superiore a quello degli uomini.<br />

• A livello regionale, la Liguria è in testa con la maggiore presenza di anziani<br />

con età superiore ai 65 anni (26%), seguono la Toscana, l’Umbria, <strong>il</strong> Piemonte,<br />

<strong>il</strong> Molise. La Campania si posiziona all’ultimo posto con <strong>il</strong> 15,3%.<br />

• Il 38,8% dei residenti in Italia dichiara di essere affetto da patologie croniche,<br />

la percentuale sale allo 86,9% per gli ultra settantacinquenni.<br />

• Le malattie croniche più diffuse sono: artrosi/artrite, ipertensione, malattie allergiche,<br />

osteoporosi, bronchite cronica e asma bronchiale, diabete.<br />

• Le malattie degenerative più diffuse: Parkinson, Alzheimer, demenza sen<strong>il</strong>e.<br />

Il bisogno crescente di assistenza a lungo termine<br />

La quota di popolazione over 65 si prevede passerà dall’attuale 20% al 21% alla<br />

fine del 2011. Nel 2030 raggiungerà <strong>il</strong> 28%. Fonti ISTAT indicano che circa <strong>il</strong> 40%<br />

delle persone con più di 78 anni non sia autosufficiente e necessiti di adeguata<br />

assistenza. I dati più recenti dell’OMS indicano un aumento delle patologie croniche<br />

degenerative legate all’invecchiamento, quali parkinson ed alzheimer ed<br />

evidenziano la necessità di garantire all’anziano, parzialmente o totalmente non<br />

autosufficiente, un’assistenza adeguata, un servizio flessib<strong>il</strong>e per rispondere alle<br />

esigenze del diverso grado di disab<strong>il</strong>ità e del luogo in cui la persona vive. Ancora<br />

i dati dell’OMS indicano la necessità di garantire l’integrazione tra assistenza<br />

sociale e sanitaria, tra realtà pubblica e privata a sostegno del nucleo fam<strong>il</strong>iare<br />

o dell’individuo solo, al fine di conc<strong>il</strong>iare un migliore servizio offerto ed un con-<br />

96


Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />

tenimento dei costi. Emerge l’esigenza non soltanto di un supporto finanziario e di<br />

servizi alla persona possib<strong>il</strong>mente domic<strong>il</strong>iari, ma anche di strumenti di orientamento,<br />

counseling, e sostegno alle famiglie.<br />

L’analisi della situazione italiana<br />

Le più recenti ricerche (Libro bianco del ministero del welfare, Convegno dell’Isvap,<br />

Conferenza Espanet del 2008 sulle politiche sociali in Italia nello scenario europeo, i<br />

paper di ricerca del Censis, <strong>il</strong> recente studio della Fondazione Bassetti ed <strong>il</strong> rapporto<br />

Ceis, redatto dal Prof. Spandonaro) evidenziano che: nonostante le numerose<br />

iniziative e i programmi a livello locale, <strong>il</strong> gap tra necessità delle famiglie e degli<br />

individui da un lato e le risposte istituzionali agli anziani non autosufficienti dall’altro<br />

è crescente.<br />

Le risorse finanziarie pubbliche sono insufficienti. Una d<strong>il</strong>atazione della spesa pubblica<br />

è impensab<strong>il</strong>e sia per i vincoli europei, sia per <strong>il</strong> peso della recente crisi economico<br />

finanziaria, che si riverbera in un basso tasso di crescita e di sv<strong>il</strong>uppo della<br />

ricchezza nazionale prodotta ed in un aumento del debito pubblico.<br />

L’integrazione tra i diversi servizi e tra i diversi operatori (pubblici, privati, volontariato)<br />

è scarsa. Inadeguata permane l’offerta di servizi.<br />

Anziani a corto di assistenza (fonte Anci 2009)<br />

• Il 7,5 degli ultra sessantacinquenni (circa 830.000 persone) percepisce l’indennità<br />

di accompagnamento.<br />

• Il 3% usufruisce dell’assistenza domic<strong>il</strong>iare integrata ADI (circa 347.000 persone).<br />

• L’1,7% degli anziani è assistito attraverso i servizi di assistenza domic<strong>il</strong>iare SAD<br />

dei comuni (circa 193.000 persone)<br />

• Il 2,7% sono gli anziani ospitati nelle RSA (circa 298.000 persone)<br />

Le risposte istituzionali al problema della non autosufficienza<br />

L’Unione europea, nel recente libro bianco sulla strategia in materia sanitaria (2008-<br />

2013) fissa alcuni obiettivi precisi per favorire uno stato di salute buono in un Europa<br />

che invecchia. Promuove misure atte a favorire <strong>il</strong> sostegno agli Stati membri e alle<br />

regioni per l’innovazione e l’integrazione sociosanitaria dei loro sistemi, sostenendo<br />

progetti mirati al mantenimento dell’autosufficienza delle persone anziane, anche<br />

attraverso le nuove tecnologie informatiche e di teleassistenza, con stanziamenti<br />

previsti ad hoc, sia nel settimo programma quadro, che nel fondo sociale europeo.<br />

97


Capitolo 3<br />

Nel nostro paese l’ordinamento giuridico che affronta <strong>il</strong> tema della non autosufficienza<br />

è rintracciab<strong>il</strong>e:<br />

• nella riforma sanitaria territoriale del 1999.<br />

• nell’art. 26 della legge quadro sui servizi sociali n°328/2000 che estende la possib<strong>il</strong>ità<br />

per le persone anziane o disab<strong>il</strong>i di ricorrere a fondi integrativi anche per<br />

la copertura di servizi socio-assistenziali relativi a cure continuative a domic<strong>il</strong>io o<br />

in strutture residenziali e semiresidenziali.<br />

• Nel decreto del Ministro delle finanze del 22/12/2000 che all’art.1 riconosce lo<br />

stato di non autosufficienza quando vi sia l’incapacità di svolgere anche in parte<br />

le azioni comuni della vita quotidiana.<br />

• Nell’atto di integrazione socio-sanitaria previsto dal DPCM del 2001.<br />

• Nella previsione della deducib<strong>il</strong>ità delle spese per assistenza domestica (badante)<br />

per un importo pari a 1820 euro annui a partire dalla legge finanziaria 2005.<br />

• Nella istituzione di un fondo nazionale per la non autosufficienza a partire dalla<br />

legge finanziaria2007/2011. Ma quest’anno non è finanziato.<br />

• Nella definizione dei LEA.<br />

• in alcune leggi regionali: Em<strong>il</strong>ia Romagna, Veneto, Toscana, Lombardia, Liguria,<br />

Prov. Autonome di Trento e Bolzano<br />

L’ordinamento italiano<br />

Dunque la normativa sociosanitaria e fiscale individua l’assistenza a lungo termine<br />

quale campo di intervento delle istituzioni pubbliche, private accreditate,<br />

private e di volontariato, erogando quote di risorse pubbliche, ancorchè limitate<br />

e non sufficienti rispetto alla domanda. Riconosce altresì, non fosse altro che<br />

per la quota di parte sociale a carico dei Comuni e dei cittadini, la possib<strong>il</strong>ità<br />

di considerarla quale prestazione tipica dei fondi sanitari integrativi del Servizio<br />

sanitario nazionale.<br />

La legislazione italiana<br />

Lo Stato individua i LEA ed i LIVEAS, ripartisce le risorse del fondo sanitario e del<br />

fondo nazionale per le politiche sociali, controlla l’uniformità dei trattamenti ed<br />

eroga (mediante <strong>il</strong> Ministero dell’Interno e l’Inps) le prestazioni in denaro a sostegno<br />

degli anziani e dei disab<strong>il</strong>i. Le Regioni hanno <strong>il</strong> compito di programmazione,<br />

coordinamento ed indirizzo degli interventi sociali, nonché di verifica dell’attuazione<br />

a livello territoriale e disciplinano l’integrazione dell’attività sanitaria e sociosanitaria<br />

ad elevata integrazione. Definiscono inoltre i criteri di autorizzazione<br />

ed accreditamento delle strutture che erogano i servizi, quantificano la partecipazione<br />

alla spesa da parte dei cittadini, determinano le tariffe che i Comuni<br />

98


Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />

sono tenuti a corrispondere ai soggetti accreditati e decidono la concessione<br />

dei buoni servizio per le strutture eroganti. I Comuni sono i soggetti fondamentali<br />

dell’attuazione della assistenza pubblica ai non autosufficienti per quanto<br />

riguarda le prestazioni ed i servizi sociali, l’eventuale integrazione economica per<br />

le persone non autosufficienti per le quali è necessario <strong>il</strong> ricovero in strutture residenziali<br />

o semiresidenziali, mentre sono di competenza delle Asl le prestazioni<br />

sanitarie e sociosanitarie.<br />

Manca una legge nazionale sulla non autosufficienza<br />

A differenza di molti paesi europei e d’oltreoceano, l’Italia non si è ancora dotata<br />

di un provvedimento specifico, atto ad affrontare <strong>il</strong> rischio della non autosufficienza,<br />

pur avendo <strong>il</strong> tasso di invecchiamento più elevato d’Europa, ed al<br />

contempo, <strong>il</strong> rapporto spesa sanitaria e spesa sociale/P<strong>il</strong> al di sotto della media<br />

europea.<br />

I vari tentativi naufragati ed alcune prime risposte:<br />

• La predisposizione di una legislazione per la non autosufficienza, ancorchè<br />

auspicata da tutti non riesce a vedere la luce.<br />

• A partire dal fondo per le prestazioni di assistenza ai non autosufficienti proposto<br />

dalla commissione Onofri nel 1997 attraverso una tassa di scopo.<br />

• Nel 2003 la commissione affari sociali della Camera avanzò una proposta<br />

bypartisan, insabbiata alla commissione b<strong>il</strong>ancio.<br />

• Nel 2005 proposta di legge di iniziativa popolare, presentata dai sindacati<br />

dei pensionati CGIL, CISL, UIL.<br />

• Nel 2006 <strong>il</strong> Governo Prodi inserisce nella finanziaria 2007 <strong>il</strong> fondo per la non autosufficienza<br />

con una dotazione di 300 m<strong>il</strong>ioni di euro per <strong>il</strong> 2007 e 400 m<strong>il</strong>ioni<br />

di euro per <strong>il</strong> 2008, da cui avrebbe dovuto prendere <strong>il</strong> via <strong>il</strong> Ddl delega al Governo<br />

per la costruzione del sistema e dei LIVEAS, ma la fine della legislatura<br />

ha bloccato tutto.<br />

• Nel marzo 2008 <strong>il</strong> decreto del ministro della salute Livia Turco sugli ambiti di<br />

operatività dei fondi sanitari integrativi del SSN definisce che <strong>il</strong> beneficio fiscale<br />

previsto dalla legge vigente possa ottenersi nella misura in cui i fondi<br />

eroghino almeno <strong>il</strong> 20% delle prestazioni in odontoiatria ed in servizi e prestazioni<br />

per la non autosufficienza.<br />

• In questa legislatura vengono presentate alla Camera le proposte N°413<br />

dell’On.le Di Virg<strong>il</strong>io e la N°706 dell’Onorevole Lucà ma non è iniziata ancora<br />

la discussione in commissione.<br />

• Il ministro del Welfare Sacconi ha varato <strong>il</strong> decreto per la costituzione<br />

dell’Anagrafe dei fondi.<br />

99


Capitolo 3<br />

• L’Anagrafe è entrata in funzione, ha terminato la prima fase di registrazione<br />

dei fondi <strong>il</strong> 30 apr<strong>il</strong>e u.s.<br />

• Attualmente sono iscritti all’anagrafe 279 fondi integrativi, di cui 220 negoziali<br />

e 59 territoriali afferenti a SMS e casse<br />

La rete di protezione è assicurata principalmente dalle famiglie e dal volontariato<br />

• Le ultime stime indicano per <strong>il</strong> nostro paese la presenza tra 700.000 e 900.000<br />

badanti che si occupano dell’assistenza ad anziani.<br />

• Il 5% delle famiglie italiane fa uso di badanti per parziale o totale non autosufficienza.<br />

• I costi si aggirano tra gli 800 e i 1200 euro mens<strong>il</strong>i.<br />

• Vi è ancora molto lavoro in nero, se è vero che la regolarizzazione ha riguardato<br />

circa 700.000 colf.<br />

• Il volontariato, secondo stime recenti, eroga servizi di assistenza agli anziani<br />

non autosufficienti sia sanitari che sociali per circa 790.000 persone<br />

Le coperture LTC in Italia<br />

Forme collettive di protezione mostrano un trend di decisa affermazione attraverso<br />

casse e fondi aziendali. Recentemente si sono conseguiti 2 importanti accordi<br />

nazionali di lavoro (<strong>il</strong> Fondo LTC dei dipendenti del settore assicurativo e dei<br />

dipendenti bancari). Forme individuali hanno finora avuto un limitato successo<br />

sia per la non piena sensib<strong>il</strong>ità del bisogno futuro, sia per i costi elevati dei premi<br />

assicurativi ed infine per la mancanza di adeguati vantaggi fiscali.<br />

Con <strong>il</strong> sistema assicurativo in Italia siamo ai nastri di partenza<br />

Recenti stime dell’Ania del febbraio 2009 quantificano <strong>il</strong> mercato italiano delle<br />

LTC in circa 50 m<strong>il</strong>ioni di euro di premi. Di fatto in Italia l’offerta di soluzioni di LTC<br />

viene fatta attraverso la raccolta assicurativa da forme collettive spesso legate<br />

a importanti contratti integrativi di lavoro.<br />

Sul mercato delle soluzioni individuali le stime indicano più o meno 20 compagnie<br />

impegnate nell’offerta di questa tipologia di prodotti e meno del 50% di<br />

esse ha in catalogo una polizza LTC autonoma. Il rimanente 50% dell’offerta avviene<br />

attraverso coperture accessorie nell’ambito di altri prodotti assicurativi e di<br />

soluzioni previdenziali (fondi pensione aperti).<br />

Sul fronte degli strumenti previdenziali a luglio dell’anno scorso solo 9 fondi pensione<br />

aperti prevedevano una prestazione accessoria per non autosufficienza.<br />

100


Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />

Mercato molto embrionale<br />

L’offerta è in generale costituita da polizze del ramo vita in cui la prestazione è<br />

rappresentata nella maggior parte dei casi da una rendita mens<strong>il</strong>e per l’ipotesi<br />

di non autosufficienza che può variare da 500 a 3000 euro al mese, a seconda<br />

del premio pagato, anche se esistono altre formule in cui si prevede o <strong>il</strong> rimborso<br />

di un capitale o <strong>il</strong> rimborso delle spese medico assistenziali. La garanzia dura in<br />

genere per tutta la vita dell’assicurato, in alcuni casi però <strong>il</strong> pagamento è limitato<br />

nel tempo, da 5 a 25 anni o fino a che l’assicurato compie 75 o 80 anni.<br />

L’evento che fa scattare la copertura è la perdita dell’autosufficienza misurata<br />

come incapacità<br />

Che fare?<br />

Far crescere la consapevolezza della copertura del rischio della possib<strong>il</strong>e non<br />

autosufficienza, provocata non solo da infortunio o malattia, ma anche da senescenza,<br />

fattore sempre più identificativo del trend demografico del 3° m<strong>il</strong>lennio.<br />

Razionalizzare e portare a sistema la protezione sociale attualmente prevista dal<br />

ns. ordinamento, in caso di non autosufficienza, costruendo una forte cornice<br />

pubblica di regole e comportamenti per la costruzione di un fondo per la non<br />

autosufficienza, solidaristico, basato sulla fiscalità generale. Avviare la costruzione<br />

di sistema per <strong>il</strong> medio e lungo termine, in cui, un mix di interventi pubblici,<br />

regole contrattuali negoziali, fondi sanitari e pensionistici complementari, regole<br />

etiche condivise di non antiselezione del rischio e di moral hazard in campo assicurativo,<br />

concorra a definire la protezione per la non autosufficienza e la long<br />

term care come protezione stab<strong>il</strong>e di medio e lungo periodo attraverso la solidarietà<br />

pubblica, quella del mondo del lavoro, quella individuale attraverso sistemi<br />

di incentivazione fiscale.<br />

3.2 Costruire un nuovo welfare, da state a community<br />

Antonio Calicchia 2<br />

Cronicità e continuità assistenziale<br />

Il tema che oggi affrontiamo riguarda la cronicità e la continuità assistenziale.<br />

Io faccio parte di una cooperativa sociale ma oggi cercherò di farvi ragionare<br />

su quello che la dottoressa Labate ha spiegato molto bene. Vi farò ragionare<br />

su alcuni dati, la fonte dei quali è rappresentata dal rapporto sullo stato della<br />

Cronicità in Italia, svolto nel 2009 da Cittadinanza Attiva, da cui è emerso che<br />

2<br />

Presidente Cooperativa sociale Roma Medicina Onlus – referente Lazio Consulta Regionale ANCoM<br />

101


Capitolo 3<br />

<strong>il</strong> 39,2% della nostra popolazione mostra patologie croniche (quasi 22 m<strong>il</strong>ioni di<br />

persone), ma di questa percentuale quando andiamo a considerare gli over 75<br />

la percentuale sale fino al’86,9%. Questo vuol dire che circa 16-17 m<strong>il</strong>ioni di ultra<br />

75enni nella nostra nazione sono affetti da patologie croniche. Sono dati questi<br />

con cui noi medici di famiglia dobbiamo fare i conti e soprattutto che conosciamo<br />

benissimo in quanto li incontriamo abitualmente ogni giorno nei nostri studi.<br />

L’Istat classifica abitualmente le malattie croniche in una serie di patologie tra<br />

le quali spiccano le artropatie, l’ipertensione e le malattie allergiche e l’osteoporosi,<br />

mentre noi, medici di famiglia, quando parliamo di malattie croniche ci<br />

riferiamo essenzialmente a cinque grandi insiemi patologici rappresentati da:<br />

ipertensione, BPCO, diabete, scompenso cardiaco e malattie cardiovascolari.<br />

Ma vorrei mostrarvi anche un altro dato, che è importante per conoscere <strong>il</strong><br />

problema, e che vi invito ad ut<strong>il</strong>izzare nella vostra pratica quotidiana: l’indice di<br />

comorb<strong>il</strong>ità e l’indice di severità.<br />

La comorb<strong>il</strong>ità indica la percentuale della popolazione che ha più di un fattore<br />

di cronicità: parliamo di circa <strong>il</strong> 68,3% dei pazienti che hanno più di una<br />

patologia cronica. Nella nostra esperienza a Roma, noi facciamo assistenza domic<strong>il</strong>iare.<br />

Da otto anni gestiamo un progetto di ospedalizzazione domic<strong>il</strong>iare,<br />

assicurando una assistenza domic<strong>il</strong>iare integrata con partecipazione sanitaria<br />

e sociale a 50 pazienti giornalmente. Nei pazienti da noi assistiti abbiamo un<br />

indice di comorb<strong>il</strong>ità pari a 6,64, <strong>il</strong> che vuol dire che nel paziente sono presenti<br />

6,64 malattie croniche contemporaneamente: è un dato su cui dobbiamo riflettere.<br />

Infatti questi malati sono quelli che richiedono più attenzioni, più cure,<br />

più interventi medici, sanitari e sociali: hanno infatti anche elevato l’indice di<br />

severità della loro malattie, che nella nostra esperienza dal 2008 al 2010 ha mostrato<br />

un valore medio di 2,5 (range 1-3,46). Tanto è vero che, come mostrato<br />

nel successivo grafico, nella Regione Lazio <strong>il</strong> tasso di ospedalizzazione di questa<br />

categoria di malati, anziani over 75 con più morb<strong>il</strong>ità, supera <strong>il</strong> 50% nell’anno.<br />

Altro dato caratteristico è rappresentato dal fatto che questi pazienti sono prevalentemente<br />

maschi, mentre le donne, ma ugualmente malate e croniche,<br />

restano di più a casa e devono essere però, allo stesso modo, assistite. Tutti,<br />

medici e amministratori, politici e programmatori, dovrebbero fare i conti con<br />

questa realtà che come ci ricorda ancora Cittadinanza Attiva non è più reversib<strong>il</strong>e<br />

e che sv<strong>il</strong>uppa nel paziente un grado di forte disab<strong>il</strong>ità; che richiede una<br />

gestione dedicata ed integrata e che costringe noi a cambiare <strong>il</strong> nostro modo<br />

di lavorare e di pensare.<br />

Bisogna cambiare perché la realtà sociale è cambiata.<br />

È necessario a questo punto sottolineare le differenze esistenti tra la cronicità e<br />

l’acuzie, che non sono soltanto termini diversi ma che rappresentano un vero e<br />

102


Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />

diverso modo di gestire <strong>il</strong> malato. La acuzie è concentrata e finalizzata alla cura<br />

dell’evento malattia, da parte talvolta di un solo operatore in una struttura ben<br />

dedicata; la cronicità invece è centrata sul paziente ed è caratterizzata dalla<br />

necessità di una presa in carico globale fatta da un insieme di sistemi multi professionali<br />

diversi, che operano in diversi setting, come <strong>il</strong> domic<strong>il</strong>io, l’ambulatorio<br />

del medico, <strong>il</strong> centro della Asl, la struttura residenziale intermedia. La cronicità<br />

necessita della gestione e della applicazione di un sistema integrato di qualità,<br />

operante in diversi sistemi, che si parlano tra loro. Negli ultimi trent’anni, in Italia, è<br />

stato curato soltanto <strong>il</strong> sistema della acuzie, basato su una visione ospedalocentrica,<br />

non solo più fac<strong>il</strong>e,se volete, da costruire, applicare e gestire ma anche più<br />

visib<strong>il</strong>e per una sanità molto “politicizzata”.<br />

Nei rapporti di Cittadinanza attiva vengono poi sottolineate quelle che sono anche<br />

le criticità che si riscontrano quotidianamente nella gestione delle cronicità<br />

e che in alcuni casi riguardano anche noi medici di famiglia e con le quali dobbiamo<br />

fare i conti.<br />

Da questi dati risulta che talvolta noi siamo inadeguati, talaltra siamo inappropriati,<br />

che non siamo formati ed una delle cause potrebbe essere dovuta all’invecchiamento<br />

della nostra categoria che ha una distribuzione di tipo gaussiano<br />

con un picco vicino ai 55 anni; probab<strong>il</strong>mente anche perché portiamo in noi<br />

ricordi di una formazione universitaria che, credo sia ancora così adesso, centrata<br />

sull’evento malattia e non sul percorso del paziente; abbiamo poi scarse informazioni<br />

delle realtà che ci circondano, a causa di un isolamento professionale<br />

che soltanto ultimamente sta cambiando.<br />

Infine ci sono le criticità strutturali vere, rappresentate dai vari servizi di ADI nelle<br />

regioni italiane. L’ADI, infatti, intesa come veramente integrata tra <strong>il</strong> sanitario ed<br />

<strong>il</strong> sociale, esiste solo in alcune Regioni; in altre, soprattutto in quelle sottoposte a<br />

piano di rientro, per ADI si intende una assistenza domic<strong>il</strong>iare prestazionale esclusivamente<br />

sanitaria, svolta in numero assolutamente scarso ed insufficiente.<br />

Tutto queste considerazioni ci inducono a soffermare l’attenzione sulla necessità<br />

di una rivoluzione perché effettivamente la situazione sanitaria del nostro paese<br />

sta cambiando, perché la domanda di salute è effettivamente evoluta e soprattutto<br />

perché è <strong>il</strong> sistema paese stesso a chiederci un cambiamento: le cure devono<br />

essere sempre più personalizzate ed appropriate, i processi devono essere<br />

più dedicati e la loro qualità deve migliorare.<br />

Allora dobbiamo cominciare a cambiare anche la nostra idea di fare medicina,<br />

incominciando a fare una medicina di iniziativa per fare prevenzione, pro attiva<br />

per seguire meglio <strong>il</strong> nostro paziente e capace di ottimizzare le risorse, scarse, di<br />

cui disponiamo.<br />

103


Capitolo 3<br />

È chiaro che per fare questo dobbiamo adattare <strong>il</strong> nostro modo di lavorare, dobbiamo<br />

ricorrere a sistemi organizzativi diversi, ut<strong>il</strong>izzando strumenti che ci consentano<br />

di supportare questi sistemi. Dobbiamo passare da una discontinuità assistenziale<br />

ad una continuità assistenziale dove noi possiamo usufruire di strumenti<br />

che ci integrino e ci aiutino nella vita professionale.<br />

È altrettanto chiaro che questo sforzo deve essere intrapreso in ciascuno di noi,<br />

perché <strong>il</strong> cambiamento deve partire dal basso, da noi stessi e non può essere<br />

fatto dai massimi sistemi ed imposto dall’alto. Noi medici dobbiamo capire che i<br />

dati della nostra pratica professionale vanno inseriti nei gestionali, che le diagnosi<br />

con l’ICD IX devono essere ut<strong>il</strong>izzate e registrate, altrimenti non saremo mai in<br />

grado di comunicare con gli altri professionisti che come noi dividono la responsab<strong>il</strong>ità<br />

della cura del nostro paziente.<br />

La convenzione della medicina generale parla di AFT e parla anche di gestione<br />

dell’ADI, parla di UCCP che potrebbero servire a questo scopo, ma noi dobbiamo<br />

lavorare perché non rimangano solo vuote parole. Per <strong>il</strong> cambiamento vero<br />

occorrono però strumenti che possano essere usati nella pratica di tutti i giorni.<br />

Per esempio i protocolli diagnostici e terapeutici rappresentano uno strumento,<br />

lo strumento della clinica concordata interprofessionale, l’audit è un altro strumento<br />

per poter migliorare le prestazioni, così come <strong>il</strong> self audit per imparare a<br />

conoscerci.<br />

Non dobbiamo poi dimenticare anche altri strumenti, ut<strong>il</strong>issimi nella gestione della<br />

cronicità, come le schede di valutazione, come quelle, per esempio, che noi<br />

ut<strong>il</strong>izziamo nella gestione del paziente ricoverato in Ospedale Virtuale. La nostra<br />

esperienza romana ut<strong>il</strong>izza, infatti, cartelle di valutazione multidimensionale dove<br />

l’aspetto sociale e l’aspetto sanitario sono integrati insieme ed imprescindib<strong>il</strong>i<br />

l’uno dall’altro e che alla fine del percorso di valutazione ci danno un punteggio<br />

a cui è legata la composizione della equipe territoriale che potrebbe essere ut<strong>il</strong>izzata<br />

per seguire quel paziente sul territorio. Ciò fac<strong>il</strong>ita molto la gestione di una<br />

equipe territoriale.<br />

Noi siamo qui a Fiuggi per fac<strong>il</strong>itare <strong>il</strong> diffondersi di tutte queste situazioni attraverso<br />

la sv<strong>il</strong>uppo di una cooperazione medica che sia veramente protagonista. Che<br />

possa aiutare i medici a uscire dall’isolamento e faccia conoscere le nostre esperienze<br />

anche a colleghi che molte volte soffrono per un profondo isolamento.<br />

La cooperazione infatti può aiutarci nella organizzazione, nel coordinamento e<br />

nella ut<strong>il</strong>izzazione degli strumenti di cui parliamo. Solo con un coordinamento<br />

forte ed un punto di riferimento territoriale le varie forme dell’associazionismo<br />

medico territoriale come le reti o le UCCP potranno svolgere completamente<br />

quelle funzioni che gli sono richieste.<br />

104


Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />

È d’altro canto chiaro che possiamo pure imparare ad usare strumenti nuovi e<br />

diversi, sia gestionali che tecnologici, ma sarebbe tutto inut<strong>il</strong>e se poi dimenticassimo<br />

di curare anche la preparazione clinica, la formazione ed <strong>il</strong> buon rapporto<br />

con <strong>il</strong> nostro paziente; anche per queste cose comunicare, cooperare e lavorare<br />

insieme può rappresentare un vero vantaggio.<br />

3.3 La salute in rete: la collaborazione tra gli operatori e <strong>il</strong> cittadino<br />

Angelo Rossi Mori 3<br />

La salute in rete rappresenta <strong>il</strong> passo successivo alla sanità elettronica. L’argomento<br />

che affronteremo riguarda la collaborazione tra gli operatori e tra <strong>il</strong> cittadino<br />

e gli operatori. Il primo problema che andremo ad affrontare riguarderà<br />

l’ICT, su come riuscirà ad intervenire al meglio nei processi sanitari.<br />

Faremo poi una riflessione sul nuovo modo di gestire la documentazione sia clinica,<br />

che amministrativa e organizzativa, per passare ad una visione più ampia:<br />

cioè non si tratta solo del PC che ci troviamo davanti ma oggi abbiamo internet,<br />

la strumentazione che diventa più intelligente, gli smartphone e tante altre cose<br />

più evolute; l’ultimo punto che andremo a trattare riguarderà <strong>il</strong> supporto ai percorsi<br />

assistenziali e alla governance.<br />

Dov’è che l’ICT può intervenire meglio? Se noi stratifichiamo i pazienti su almeno<br />

tre livelli, abbiamo innanzitutto un livello in cui vengono seguite le persone sane e<br />

la prevenzione, e quindi tutta la parte sulla gestione degli screening e l’aumento<br />

dell’aderenza dei cittadini ad un comportamento salutare.<br />

Ad un livello intermedio vediamo delle patologie in lenta evoluzione, con piani di<br />

assistenza sostanzialmente stab<strong>il</strong>i; è possib<strong>il</strong>e una raccolta dati sistematici, esami<br />

e terapie ripetitivi, trend, indicatori e in questo campo l’ICT può dare di più.<br />

Al terzo livello ci sono le situazioni più complesse, con patologie acute oppure<br />

con patologie croniche multiple; ovviamente in questi casi è molto più diffic<strong>il</strong>e<br />

riuscire ad intervenire con l’informatica.<br />

Riassumendo, dunque, i tre strati sono rappresentati da tre diverse situazioni:<br />

1. Nel primo strato c’è la gestione delle persone sane e la prevenzione, con i<br />

richiami periodici, educazione e istruzione;<br />

2. Il secondo strato è rappresentato da una lenta evoluzione e piani di assistenza<br />

stab<strong>il</strong>i ove cercare di migliorare l’aderenza, con i percorsi assistenziali basati su<br />

evidenza, gestendo bene gli indicatori di autovalutazione e la governance;<br />

3. Il terzo strato, nelle situazioni più complesse possiamo ricorrere in modo saltuario<br />

all’e-ma<strong>il</strong>, alla teleassistenza e al supporto ICT per svolgere singole procedure.<br />

3<br />

Ricercatore Unità Sanità Elettronica Istituto tecnologie Biomediche CNR, Roma<br />

105


Capitolo 3<br />

C’è una bella differenza tra cartaceo e elettronico, nel senso che se noi abbiamo<br />

strutturato bene i dati in formato digitale riusciremo a visualizzarli per diversi scopi; li<br />

introduciamo una sola volta ma li vediamo in tanti modi diversi e per scopi diversi;<br />

inoltre grazie ad internet emergono nuovi servizi come i CUP interaziendali e tutta<br />

la comunicazione tra professionisti; le tecnologie permettono di creare “nuovi documenti”,<br />

tra cui per esempio le notifiche dei contatti del cittadino con <strong>il</strong> sistema e<br />

a breve arriverà <strong>il</strong> Patient Summary, cioè un riassunto dello stato del paziente, che<br />

poi potranno diventare un elemento essenziale della gestione integrata.<br />

La cosa più importante è la cattura del dato, la gestione di compiti interattivi e<br />

poi <strong>il</strong> supporto alla medicina d’iniziativa che dovrebbe aiutare alla migliore gestione<br />

complessiva.<br />

Fac<strong>il</strong>itare i compiti ripetitivi è possib<strong>il</strong>e attraverso schermate strutturate che catturano<br />

meglio i dati più frequenti, li possono verificare e consentono una lettura più<br />

agevole; ovviamente la medicina generale si occupa di tutte le possib<strong>il</strong>i malattie<br />

e di tutte le possib<strong>il</strong>i condizioni per cui non è possib<strong>il</strong>e concepire le schermate<br />

strutturate per qualsiasi cosa, ma se ci concentriamo meglio sui problemi più<br />

frequenti è possib<strong>il</strong>e cercare di strutturare e gestire bene i pochi dati che servono<br />

per gestire queste condizioni.<br />

Dal punto di vista del “sistema”, questo significa affrontare in modo sistematico i<br />

processi di cura più frequenti, e di gestire i relativi indicatori per poterli ottimizzare.<br />

Negli ospedali questo già rappresenta un modello tipico, che nella medicina<br />

generale pare che si stia configurando. Nei percorsi assistenziali più frequenti, se<br />

riusciamo ad ottenere uno scambio di dati strutturato, questi dati saranno riut<strong>il</strong>izzati<br />

bene da un calcolatore.<br />

Riguardo alla qualità del dato, se noi riusciamo a capire quali siano i dati “obbligatori”<br />

per gestire bene <strong>il</strong> paziente e far girare bene tutta la f<strong>il</strong>iera dei processi<br />

che stanno intorno al paziente, avremo già fatto un passo avanti e potremo verificare<br />

accuratamente la congruità dei range, la lista dei valori ammessi e fare<br />

controlli incrociati tra più parametri, ut<strong>il</strong>i per la prescrizione di farmaci in pazienti<br />

con più cronicità.<br />

La documentazione sta diventando digitale e ciò è dimostrato dalla diffusione<br />

della cartella clinica “locale”, con acquisizione di dati a livello locale, con annotazioni<br />

proprie e documentazione prodotta o spedita da altri. Sta nascendo poi<br />

<strong>il</strong> Fascicolo Sanitario Elettronico: le infrastrutture sono sostanzialmente pronte, <strong>il</strong><br />

problema grosso sarà come farlo partire; <strong>il</strong> Consiglio dei Ministri ha approvato un<br />

disegno di legge, una volta approvata ci vorranno sei mesi per scrivere la regolamentazione,<br />

per cui se tutto va bene entro un anno ci sarà una legge italiana<br />

che regolamenterà <strong>il</strong> rapporto tra accesso ai dati e privacy, che come abbiamo<br />

visto nel precedente intervento gioca un ruolo importante.<br />

106


Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />

Si tratta di avere una rete sicura e poi di sapere quali documenti saranno scambiati;<br />

inizialmente si pensava all’inserimento dei soli dati clinici, poi si è pensato di<br />

inserire anche altri dati organizzativi e amministrativi rendendolo molto più ricco<br />

di informazione.<br />

Trascinati dall’onda dell’innovazione tecnologica e dell’informatica, è importante<br />

che i MMG si fermino a capire cosa sta accadendo, visto che fino ad oggi<br />

non è stata prestata alcuna attenzione se non per la privacy. Quello che manca<br />

ai MMG è capire “cos’è” un fascicolo: perché bisogna usarlo, perché <strong>il</strong> medico<br />

vi deve inserire i dati, perché li deve andare a leggere, quali saranno le conseguenze<br />

se non legge i dati, se non li riesce ad interpretare correttamente, se<br />

non trova le informazioni giuste al momento giusto. Tutto questo è una cosa da<br />

studiare accuratamente.<br />

Il fascicolo era nato (in Italia come all’estero) come infrastruttura per catalogare<br />

i documenti r<strong>il</strong>evanti sulla storia sanitaria del cittadino, come storia sanitaria posteriore,<br />

dalla nascita alla morte, ma oggi <strong>il</strong> problema è come gestirlo al meglio.<br />

Può contenere le prescrizioni sia “vive” che storicizzate, quindi non si tratta più<br />

solo di un archivio ma di un mezzo da adattare per i nuovi scopi:<br />

• e-prescription (gestione della ricetta) per inviare le ricette alle farmacie o al<br />

laboratorio di analisi;<br />

• Patient Summary (sintesi per altri medici);<br />

• gestione di un database clinico unificato.<br />

Si è parlato della classificazione delle malattie (ICD), ma è nata per la mortalità,<br />

è stata adattata all’ospedaliero e con <strong>il</strong> medico di base ha ben poco da vedere.<br />

Analogamente per <strong>il</strong> referto, che invece di andare direttamente al cittadino o<br />

al medico o al destinatario, viene “distribuito” attraverso <strong>il</strong> fascicolo e segue un<br />

ciclo di vita di un documento. Inoltre si è parlato di epidemiologia e allora per<br />

far ciò i dati devono essere adeguatamente strutturati: si deve capire cosa ci sia<br />

dietro ogni dato e avere le codifiche adatte, che in Italia non abbiamo.<br />

Il patient summary un artefatto in cerca di significato. Produrre <strong>il</strong> patient summary<br />

è un atto clinico, non ancora metabolizzato dalla classe medica, ma promosso<br />

dai tecnologi europei; è la genesi tecnologica di un nuovo atto clinico che<br />

dovrebbe essere “regolato” dalle società mediche; è ovvio che se noi estraiamo<br />

alcuni dati memorizzati in una scheda individuale (elettronica) e li mettiamo<br />

dentro al fascicolo potranno essere ut<strong>il</strong>izzati; questo però vuol dire che <strong>il</strong> medico<br />

esegue un atto clinico per decidere quali siano le informazioni r<strong>il</strong>evanti. Nei vari<br />

Paesi europei ci sono diverse idee di cosa potrebbe essere un Patient Summary,<br />

ma non è comunque una cosa totalmente ovvia.<br />

107


Capitolo 3<br />

Dobbiamo anche capire come verrà gestita la ripartizione delle responsab<strong>il</strong>ità<br />

tra i professionisti sanitari.<br />

Da una parte abbiamo la “responsab<strong>il</strong>ità subordinata”, che riguarda un referto,<br />

una prescrizione o una prenotazione al CUP: un medico scrive un ordine o una<br />

prescrizione che può prevedere un esame diagnostico o un ricovero ospedaliero;<br />

gli deve tornare indietro una informazione, per esempio tramite <strong>il</strong> paziente. Le<br />

forme attuali di interazione cartacea sono già collaudate, e anche la connessione<br />

tra sistemi informativi si riesce a fare: si tratta di collaudare l’interoperab<strong>il</strong>ità tra<br />

i sistemi e di ut<strong>il</strong>izzare gli standard di informatica (di cui molti già esistono).<br />

Esiste poi una “responsab<strong>il</strong>ità parallela”, cioè forme di interazione spontanee e<br />

flessib<strong>il</strong>i, con una forte autonomia decisionale che consente la connessione tra<br />

persone, la “cooperab<strong>il</strong>ità” tra operatori (e cittadini). Se <strong>il</strong> medico deve mandare<br />

dei dati al collega e lui gliene deve rimandare degli altri, possiamo inserire<br />

nella comunicazione un calcolatore e una rete, ma <strong>il</strong> problema sta nelle persone<br />

che devono scambiarsi i dati.<br />

Dato che <strong>il</strong> mezzo di scambio e cioè <strong>il</strong> calcolatore è di fatto un sistema stupido<br />

e asettico, <strong>il</strong> problema diventa serio, per cui si tratta di “cooperab<strong>il</strong>ità”, cioè di<br />

cooperare, mentre “l’interoperab<strong>il</strong>ità” tra i sistemi, cioè l’ab<strong>il</strong>ità ad inter-operare<br />

è relativamente possib<strong>il</strong>e, l’ab<strong>il</strong>ità a cooperare è più diffic<strong>il</strong>e.<br />

C’è poi un altro argomento oltre la collaborazione e <strong>il</strong> coordinamento tra gli<br />

attori, per interazioni mirate e condivisione di dati r<strong>il</strong>evanti, relativo agli usi secondari<br />

dell’informazione. È possib<strong>il</strong>e implementare diverse funzionalità:<br />

• sull’autovalutazione del professionista per un miglioramento della qualità e<br />

dell’appropriatezza e autovalutazione del cittadino – paziente (empowerment:<br />

scelta e valutazione);<br />

• sugli indicatori di governance per azioni mirate sul sistema che sia esso un<br />

distretto, l’Asl, o la Regione.<br />

Infine osserviamo la figura con i tipi di informazioni che circolano nel sistema sanitario.<br />

La documentazione individuale consta di dati amministrativi, dati clinici e strumentazione<br />

domic<strong>il</strong>iare; le risorse informative “locali” ed “universali” sono le informazioni<br />

pratiche che troviamo nei portali, le istruzioni procedurali su come si<br />

eseguono certe procedure, e le conoscenze cliniche; poi infine oggi ci sono i<br />

social network e allora da una parte c’è Facebook, dall’altra ci sono le reti professionali,<br />

le reti sociali riguardanti operatori e le reti sociali tra cittadini malati di<br />

certe patologia.<br />

108


Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />

Tutto ciò costituisce in teoria un substrato comune di dati, informazione e conoscenza.<br />

Il futuro è che tutto sarà inserito in un unico sistema informativo coerente.<br />

Gli ut<strong>il</strong>izzatori del fascicolo sanitario elettronico (Electronic Health Record, EHR) sono<br />

rappresentati, nella parte superiore della figura, dagli assistiti (o dai genitori nel caso<br />

della pediatria), dai coadiutori informali, dai pediatri o MMG, dagli operatori di<br />

contact centre e dai manager sanitari o sociali.<br />

Se osserviamo <strong>il</strong> fascicolo sanitario come è stato concepito in Italia, ci rendiamo<br />

conto che coinvolge al momento solo due elementi di questo quadro: i dati clinici<br />

e i professionisti sanitari.<br />

Tutto <strong>il</strong> resto per ora rimane in attesa; <strong>il</strong> cittadino verrà inserito presto come fruitore<br />

dei propri dati (e subito dopo come fornitore).<br />

Negli Stati Uniti Google ha messo in atto un sistema (che adesso sta ritirando),<br />

Microsoft un altro sistema e la volontà di diverse organizzazioni (es. Kaiser Permanente<br />

e Veterans Administration) è di dare al cittadino un “assistente elettronico<br />

personale”, in modo che anche lui possa intervenire sui propri bisogni e gestire, dunque,<br />

la propria malattia (cronica); si cerca cioè di coinvolgere anche <strong>il</strong> paziente e<br />

l’assistito nella gestione.<br />

È appena uscita una dichiarazione di un Workshop dell’European Science Foundation,<br />

intitolata ”L’informatica per l’assistenza sociale incontra l’informatica sanitaria:<br />

una visione olistica, centrata sul cittadino, dell’ICT a sostegno della salute individuale”.<br />

Questo Workshop puntava sull’integrazione tra la parte sociale e la parte sanitaria;<br />

non possiamo lasciare completamente separati, come accaduto fino ad oggi, <strong>il</strong> sistema<br />

informativo sanitario e <strong>il</strong> sistema informativo sociale. Stiamo parlando di ricerca<br />

e la ricerca deve dire come si può mettere in atto questa integrazione e come<br />

può aiutare a ottenere un vero coordinamento; sono già stati fatti vari tentativi ed<br />

anche in Italia è un argomento su cui si sta riflettendo. I problemi citati fin d’ora sono<br />

importanti ma questo è ancora più importante per <strong>il</strong> futuro di tutti noi.<br />

L’ultimo punto che andiamo ad affrontare è su come supportare i processi assistenziali:<br />

qualità e appropriatezza.<br />

Fino ad adesso abbiamo visto <strong>il</strong> trend innovativo che parte dalla tecnologia, ut<strong>il</strong>e<br />

per affrontare i processi più operativi (a responsab<strong>il</strong>ità subordinata).<br />

Nel prossimo futuro bisogna partire, in aggiunta, dai processi di cura, bisogna capire<br />

cosa la qualità e l’appropriatezza richiedono allo strumento ICT, cosa vuol dire fare<br />

gestione integrata e come l’ICT entra nella Gestione Integrata, cosa vuol dire fare<br />

reti nel problema sanitario, quali sono i problemi che bisogna affrontare per primi.<br />

109


Capitolo 3<br />

L’impatto sulle decisioni e sui comportamenti dei professionisti e dei cittadini può<br />

essere molto alto: cominciamo dai programmi a supporto di processi innovativi,<br />

come la gestione integrata; dalla diffusione e valorizzazione dei registri on-line<br />

per patologia; dalla costruzione di reti per affrontare <strong>il</strong> problema sanitario, cominciando<br />

da malattie croniche, oncologia, infanzia, anziani e cominciando dai<br />

punti più sistematici, dove la malattia non è degenerata troppo, dove c’è un<br />

percorso più stab<strong>il</strong>e e un patto con <strong>il</strong> paziente: cerchiamo intanto di applicare<br />

l’ICT su questi processi e poi man mano espandiamo.<br />

Sui processi di cura è possib<strong>il</strong>e, quindi, avere una governance efficace, ut<strong>il</strong>e soprattutto<br />

per la grossa mole di lavoro e di attività che viene fatta sulle principali<br />

malattie croniche, e che consenta azioni strutturali sul sistema, basate su indicatori<br />

di processo e outcome, estratti in modo accurato e tempestivo dalla routine<br />

dell’assistenza.<br />

Per quanto riguarda i Percorsi Assistenziali bisognerebbe, invece, rendere possib<strong>il</strong>e<br />

agli operatori sanitari (e sociali) di monitorare le proprie prestazioni rispetto a<br />

comportamenti ottimali di riferimento a livello locale, nazionale e internazionale,<br />

specifici per i problemi di ogni paziente, e occorre verificare l’aderenza e gli scostamenti<br />

rispetto a tali percorsi.<br />

Concludo citando i principali punti di riflessione:<br />

1. cerchiamo di ut<strong>il</strong>izzare l’ICT al massimo nei punti in cui si può intervenire meglio,<br />

affrontando man mano le malattie meo frequenti e le situazioni più<br />

complesse, da cui è diffic<strong>il</strong>e estrapolare dati statistici e indicatori;<br />

2. la documentazione clinica sta diventando digitale e dobbiamo cercare di<br />

non farci sopraffare dalla tecnologia; sono già arrivati i certificati digitali e<br />

presto arriveranno referti e ricette e dobbiamo riuscire a gestire le nuove tecnologie<br />

nei processi di cura;<br />

3. <strong>il</strong> fascicolo sta cambiando idea: dal fascicolo originale, storico, verso uno<br />

più dinamico; <strong>il</strong> punto chiave per approcciare tutto <strong>il</strong> fenomeno è quello del<br />

supporto ai percorsi assistenziali e della governance iniziando dalle patologie<br />

più importanti.<br />

3.4 Sanità elettronica e unità complesse di cure primarie<br />

Marco Visconti 4<br />

Premesso che <strong>il</strong> tempo è poco vi fornirò solo alcune linee guida sulla Sanità elettronica<br />

e Unità Complesse di Cure Primarie con la promessa che domani nel se-<br />

4<br />

Responsab<strong>il</strong>e sistemi informativi Co.S.<br />

110


Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />

minario dedicato presteremo più attenzione all’argomento. Non possiamo entrare<br />

subito nel discorso tipicamente tecnologico dell’informatica e dei sistemi informativi<br />

se prima non facciamo una sintesi di come siamo messi attualmente come<br />

medici. L’evoluzione delle cure primarie è quella che è stata anche sintetizzata<br />

nel congresso FIMMG, concluso di recente, e cioè dalla medicina di attesa alla<br />

medicina d’iniziativa, dal curare al farsi carico, dal “to cure al to care”. M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo, da<br />

Segretario generale della FIMMG, nel documento finale ha ribadito che bisogna<br />

imparare a fare squadra e a lavorare entro schemi organizzativi affinché diventi<br />

efficace questo cambiamento. È arrivato <strong>il</strong> momento di mettere in atto azioni sinergiche<br />

complementari, tra le organizzazioni sindacali e nella fattispecie la FIMMG e<br />

<strong>il</strong> mondo della cooperazione quindi ANCOM. Ma cosa deve fare l’organizzazione<br />

sindacale? Deve occuparsi della negoziazione contrattuale per garantire i fattori<br />

di contesto che sono indispensab<strong>il</strong>i per lo sv<strong>il</strong>uppo e cioè: 1. ristrutturazione del<br />

compenso 2. accesso unico alla convenzione 3. agevolazione nei prestiti bancari<br />

e quant’altro. Le cooperative invece devono fornire e gestire i fattori di produzione<br />

intesi come strutture, come strumenti, come risorse umane ed economiche, come<br />

servizi. Se nello svolgimento della relazione tenete presente questa sorta di b<strong>il</strong>ancia<br />

della giustizia con i due bracci equ<strong>il</strong>ibrati, cooperative e organizzazioni sindacali,<br />

questo ci servirà per capire meglio altre rappresentazioni grafiche. Abbiamo visto<br />

l’evoluzione professionale della medicina generale ma invece l’organizzazione<br />

come evolve? L’organizzazione evolve secondo <strong>il</strong> modello ormai definitivo delle<br />

UCCP. Metteteci qualsiasi altra sigla l’importante è che contenga figure professionali<br />

molteplici e diverse fra di loro, quindi non solo i medici di medicina generale<br />

ma anche pediatri di libera scelta, i medici della continuità assistenziale o guardia<br />

medica e che queste tre figure, identificate come MAP (medici di assistenza primaria)<br />

interagiscano non solo tra loro ma anche con operatori della riab<strong>il</strong>itazione,<br />

personale infermieristico, personale segretariale che lavorano in maniera coordinata<br />

all’interno di strutture poli-ambulatoriali. Questo è <strong>il</strong> modello organizzativo<br />

che viene proposto dal mondo della cooperazione. All’interno delle UCCP, affinché<br />

funzionino e non rimangano puramente sulla carta, occorre identificare delle<br />

aree di interventi e di sv<strong>il</strong>uppo strategico. Continuità assistenziale, gestione cronicità<br />

e presa in carica del paziente frag<strong>il</strong>e, governo clinico e governo amministrativo.<br />

Tutto questo per restare insieme ha bisogno di un collante ovvero di un sistema<br />

che consenta di scambiare in modo efficace informazioni che consentano ai vari<br />

operatori di comunicare tra di loro. L’UCCP dunque ha un estremo bisogno di un<br />

sistema informativo in grado di conseguire tre obiettivi con tre finalità:<br />

1. gestire l’insieme delle attività delle UCCP non solo quindi attività cliniche di<br />

diagnosi e cura ma anche gestionali ed amministrative;<br />

2. misurarne l’operatività e quindi verificarne la funzionalità;<br />

3. prenderne le decisioni in merito, ovvero dopo aver identificato un’area di<br />

malfunzionamento porre in atto i vari correttivi. Queste sono le due fotografie<br />

rispetto all’evoluzione professionale e rispetto all’evoluzione organizzativa.<br />

111


Capitolo 3<br />

Entriamo quindi brevemente nei dettagli del sistema informativo. Rispetto ad altre<br />

relazioni che ho fatto in passato non scenderò nei dettagli tecnologici però<br />

dobbiamo avere ben in chiaro gli obiettivi, partendo dai tre punti identificati<br />

precedentemente.<br />

1. Gestire l’insieme delle attività<br />

Innanzitutto le attività sono: la continuità dell’assistenza e gestione della frag<strong>il</strong>ità/<br />

cronicità del paziente. Cosa vuol dire che un sistema informativo deve gestire<br />

l’insieme delle attività di continuità assistenziale? Vuol dire che <strong>il</strong> sistema informativo<br />

deve essere in grado di far comunicare efficacemente in primis i medici di<br />

medicina generale fra loro e in seconda battuta consentire, per l’attività di H24,<br />

la comunicazione tra i medici di medicina generale e i medici della continuità<br />

assistenziale. Rispetto alla cronicità ed al paziente frag<strong>il</strong>e si tratta di informatizzare<br />

la gestione dei PDTA relativa ad ogni patologia, ricordandosi sempre che<br />

dietro un PDTA c’è tutto un lavoro preparatorio di condivisione di obiettivi, di<br />

procedure, di linee guida, di modi di operare; dopo di che su queste verranno<br />

ritagliate le procedure informatiche. Purtroppo spesso avviene l’inverso.<br />

2. Misurare l’operatività<br />

Misurare l’operatività significa che <strong>il</strong> sistema informativo, oltre a far colloquiare<br />

nella pratica clinica tutti gli operatori deve essere in grado di andare a r<strong>il</strong>evare<br />

e di analizzare e confrontare indicatori che servono a definire l’efficacia dei processi<br />

clinici consentendo l’attività di self audit sia individuali che per gruppi e dei<br />

processi di tipo gestionale, in modo da vedere come l’impatto organizzativo,<br />

nella fattispecie <strong>il</strong> modello organizzativo che si propone come UCCP gestite da<br />

cooperative, abbia delle ricadute positive in termini di salute sui cittadini.<br />

3. Prendere decisioni in merito<br />

Una volta che si è visto che le cose non funzionano ci saranno delle azioni da<br />

intraprendere, azioni individuali del singolo medico, sulla sua attività di diagnosi<br />

e cura, e azioni gestionali all’interno delle UCCP, compito della cooperativa che<br />

assemblerà tutte le procedure cercando di migliorarle: è la famosa spirale della<br />

qualità.<br />

Una volta effettuato questo discorso teorico passiamo a considerare quello che<br />

succede nella realtà quotidiana al medico di famiglia quando si confronta davvero<br />

e sul serio, tutti i giorni, con <strong>il</strong> mondo delle tecnologie, dell’informazione e<br />

della comunicazione.<br />

Il medico di medicina generale si confronta da una parte con la pubblica amministrazione<br />

e dall’altra con i produttori di hardware e di software. Il rapporto<br />

con la pubblica amministrazione è fatto di obblighi di interazione telematica:<br />

certificati di invalidità e soprattutto di malattia INPS, la ricetta on-line, i sistemi<br />

informativi regionali là dove ci sono, la costruzione del fascicolo sanitario, <strong>il</strong> documento<br />

di sintesi clinica (altrimenti chiamato patient summary) e ci mettiamo<br />

anche le Asl che nel loro piccolo ogni tanto ci chiedono l’estrazione di alcuni<br />

112


Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />

dati per progetti locali che talvolta spacciano per PDTA non sapendo che un<br />

PDTA è una cosa più complessa rispetto alla semplice estrazione una tantum di<br />

un set statico di indicatori.<br />

Dall’altra parte abbiamo invece i produttori di hardware e software che hanno<br />

provveduto nel tempo all’automazione del doctor office, che ci hanno sollevato<br />

da molte pratiche burocratiche, che ci hanno fornito le cartelle cliniche elettroniche<br />

per la gestione della scheda sanitaria individuale, che ci hanno messo a<br />

disposizione gli strumenti del networking per costruire medicine in rete e di gruppo,<br />

che infine ci hanno approntato procedure che ci consentono di interagire<br />

con <strong>il</strong> mondo della sanità elettronica con <strong>il</strong> certificato INPS, per esempio, oppure<br />

per progetti di governo clinico. Questo è un pò lo stato dell’arte.<br />

Quale soggetto può interporsi con la pubblica amministrazione a favore del<br />

medico di famiglia? Rispetto alle norme della pubblica amministrazione e agli<br />

obblighi di interazione telematica sicuramente l’organizzazione sindacale che<br />

come dice spesso qualche sindacalista “non posso far smettere di piovere però<br />

quantomeno posso cercare di ripararmi dalla pioggia”.<br />

Dall’altra parte, invece, rispetto ai produttori di hardware e di software, la cooperativa<br />

può svolgere un ruolo estremamente efficace a favore del medico<br />

di famiglia …. e ritorniamo così all’immagine iniziale: da una parte <strong>il</strong> sindacato<br />

113


Capitolo 3<br />

dall’altro le cooperative a pari livello. Rispetto ai produttori di hardware e software<br />

la cooperativa attraverso gruppi di acquisto, meccanismi di economie di<br />

scala può contrattare efficacemente gli acquisti sia dei software che hardware<br />

e consentire un evidente risparmio.<br />

Ma la vera forza della cooperativa, è che può imporre l’assenza di vincoli.<br />

1. La cooperativa può chiedere ai produttori di hardware e di software che nel<br />

networking, cioè nel far lavorare in rete i medici aderenti alla cooperativa,<br />

non ci devono essere esclusioni e preclusioni dovute agli strumenti informatici<br />

ut<strong>il</strong>izzati e tutti devono essere quindi posti in condizione di interoperab<strong>il</strong>ità<br />

reciproca<br />

2. Rispetto alla sanità elettronica questa assenza di vincoli, che la cooperativa<br />

e solo lei può imporre, poiché <strong>il</strong> singolo medico è troppo vincolato, garantisce<br />

l’accesso paritario a PDTA e a progetti di governo clinico; in sintesi questo<br />

vuol dire che se si progetta un PDTA in una determinata Asl a cui devono partecipare<br />

i medici di una cooperativa, e se all’interno della Cooperativa c’è<br />

una varietà di software (ed è giusto che ci sia), tutti devono poter partecipare<br />

e non solo quelli che hanno quel determinato software; idem per i progetti<br />

di governo clinico a fini di statistica, audit, appropriatezza ecc. L’assenza di<br />

vincoli vuol dire che la discriminante non è <strong>il</strong> tipo di software che sto ut<strong>il</strong>izzando,<br />

discriminante non ce n’è, né per <strong>il</strong> medico e neanche per i suoi assistiti,<br />

perché se <strong>il</strong> medico è condizionato a non potervi partecipare gli eventuali<br />

benefici vengono negati anche al cittadino. In parole povere la cooperativa<br />

deve essere in grado di garantire questo accesso paritario per tutti i suoi soci.<br />

Come può essere in grado di garantire e con quali strumenti? Bisognerebbe<br />

compiere un’analisi di tutti questi passaggi! Cosa che ora non è possib<strong>il</strong>e ma<br />

che sarà attuata nei seminari successivi.<br />

3.5 Governo clinico e banche dati nell’esperienza campana<br />

Giovanni Arpino 5<br />

L’aumento costante dell’incidenza di malattie croniche impone l’individuazione<br />

di un sistema di monitoraggio e sorveglianza al fine di intraprendere le più corrette<br />

misure sanitarie.<br />

La valutazione di informazioni relative all’insorgenza, la gestione e la mortalità<br />

costituisce, nell’Area dell’Assistenza Primaria, uno strumento essenziale per una<br />

approfondita comprensione dei meccanismi di gestione del processo di assistenza<br />

e dei processi di diagnosi e cura delle malattie a più alta incidenza e costo<br />

sociale ed economico.<br />

5<br />

Presidente Cooperativa Co.Me.Gen - Responsab<strong>il</strong>e settore ricerca consorzio Campania Medica – Consigliere<br />

Nazionale ANCoM<br />

114


Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />

La creazione di un “Osservatorio” ad estensione regionale alimentato da un data<br />

base dinamico e condiviso tra <strong>il</strong> MMG e lo specialista territoriale rappresenta una<br />

valida modalità per orientare in modo più completo la ricerca epidemiologica<br />

ed organizzare una Formazione ispirata ai criteri dello Sv<strong>il</strong>uppo Professionale<br />

Continuo assolutamente indispensab<strong>il</strong>e a migliorare la qualità dell’assistenza offerta<br />

al cittadino.<br />

L’esperienza, ancorchè “giovane”, di GMO1 “Alleanza per <strong>il</strong> diabete” e “MAC 2”<br />

rende immediatamente visib<strong>il</strong>e l’importanza di una banca dati di Medicina Generale<br />

in quanto generatrice di informazioni altrimenti non disponib<strong>il</strong>i e più corrispondenti<br />

alla realtà effettiva.<br />

La possib<strong>il</strong>ità di avere dati di sopravvivenza e di follow up dei pazienti rende inoltre<br />

finalmente possib<strong>il</strong>e avere un’idea più precisa del costo economico indotto<br />

dalla patologia oncologica.<br />

Il progetto GMO1, inoltre, ha dimostrato la possib<strong>il</strong>ità di condivisione di un unico<br />

protocollo di ricerca per numero n di regioni, purchè dotate di Banche Dati dedicate<br />

ed ha consentito:<br />

• <strong>il</strong> confronto dei dati provenienti da altre realtà regionali<br />

• Il r<strong>il</strong>ievo di probab<strong>il</strong>i sovra stime nelle differenze dei dati epidemiologici tra due<br />

regioni r<strong>il</strong>evate tenendo conto dei soli dati delle rispettive Agenzie Regionali<br />

• Una valutazione iniziale, ma probab<strong>il</strong>mente molto vicina alla realtà, degli effetti<br />

economici di modelli assistenziali differenti.<br />

Tutto questo ci incoraggia a proseguire <strong>il</strong> nostro lavoro auspicandoci un allargamento<br />

della base di raccolta dei dati a colleghi di altre regioni.<br />

3.6 Il ruolo della medicina generale nel governo clinico aziendale<br />

Att<strong>il</strong>io Bianchi 6<br />

Riprendendo <strong>il</strong> discorso di stamattina, questo titolo forse poteva avere un punto<br />

interrogativo. Che cosa è successo fra tutto quello che ci siamo detti e che ci<br />

andiamo dicendo da 15 anni sul governo clinico, sulla centralità della figura del<br />

medico di medicina generale, sulla vicinanza del medico al paziente, cosa è<br />

successo poi davvero? È quello che è uscito fuori dalla discussione di stamattina<br />

ed è anche al centro del tentativo di FederSanità-ANCI di provare a ragionare<br />

con le aziende, con <strong>il</strong> mondo del cooperativismo medico, immaginando che<br />

questo possa essere <strong>il</strong> nuovo modo con <strong>il</strong> quale possiamo andare a interpretare<br />

l’organizzazione sul territorio. Io sono direttore generale di un’azienda ospedaliera<br />

universitaria, pur avendo avuto percorsi formativi e professionali sempre sul<br />

territorio e dico sempre che <strong>il</strong> ventricolo sinistro del mio cuore batte sul territorio e<br />

6<br />

Vicepresidente FederSanità ANCI<br />

115


Capitolo 3<br />

batte per la medicina generale. Credo che molte delle cose che sono riuscito a<br />

fare è perché ho avuto gli occhi del direttore di distretto, e le orecchie per ascoltare,<br />

guardando <strong>il</strong> mondo con gli occhi del medico di medicina generale ho<br />

capito delle cose che poi nel corso della carriera mi sono servite. Cosa è mancato,<br />

qual è l’anello mancante per cui continuiamo a dare le stesse slides, che15 anni<br />

fa che 15 anni fa potevano essere innovative ma che oggi con difficoltà riusciamo<br />

a riguardare? Qual è stato l’anello debole, cos’è che non ha consentito alla<br />

classe medica, che voleva cimentarsi con nuove sfide, di andare avanti?<br />

La sensazione è che probab<strong>il</strong>mente, e ne faccio ammenda, le Direzioni generali<br />

non hanno mai avuto la dovuta attenzione al mondo del territorio. Noi siamo così<br />

impregnati di una cultura ospedalocentrica, che ci fa correre <strong>il</strong> rischio davvero di<br />

non farci vedere quello che succede prima e dopo <strong>il</strong> ricovero. Ma, se ci pensate<br />

anche noi territoriali, in qualche modo, per definire un possib<strong>il</strong>e ruolo della medicina<br />

generale sul territorio, parliamo di Country Hospital, Ospedale di comunità;<br />

in qualche modo avvertiamo la necessità di trasferire <strong>il</strong> messaggio che <strong>il</strong> ruolo<br />

possib<strong>il</strong>e dei medici di medicina generale sia gioca anche nei moenia, nelle mura,<br />

all’interno di qualcosa che sia sim<strong>il</strong>e ad un ospedale.Questa mattina si parla<br />

va di RSA, come se raffigurassero la panacea dell’assistenza extraospedaliera,<br />

ma stiamo attenti a non dover, tra dieci anni, deresidenzializzare ciò che oggi<br />

tentiamo di de-ospedalizzare. È proprio questa la partita sulla quale ero interessato<br />

a generare un dibattito con voi, su quale sia stato l’anello mancante e che cosa<br />

possiamo fare affinché questo vuoto pieno di idee, pieno di concetti, pieno<br />

anche di tecnologie, già maturo di tecnologie riesca ad esprimersi.<br />

E pensare che nella stessa definizione di assistenza extra ospedaliera un paziente<br />

passa dai sette ai dieci giorni in ospedale, ma 360 li passa sul territorio, allora<br />

sarebbe quella ospeadaliera la assistenza “extraterritoriale” in realtà.<br />

Il tentativo nostro, quello che noi vogliamo fare, quello che proponiamo e di cui<br />

avrà senso anche parlare è <strong>il</strong> primo progetto delle 100 UCCP che devono partire.<br />

Ma qual’è veramente <strong>il</strong> pezzo che è mancato?<br />

Forse le UCCP che voi andate a descrivere somigliano molto a dei mini distretti e<br />

allora forse è <strong>il</strong> distretto che non è riuscito ad interpretare <strong>il</strong> suo ruolo, perché<br />

mancante di una spinta forte e delle direzioni in grado di farlo decollare.<br />

Con FederSanità possiamo provare a realizzare questo tipo di sperimentazione<br />

ma lo facciamo dentro alle aziende, con risultati che si misurano; andremo a<br />

misurare quanto la presenza di una UCCP, due UCCP o tre UCCP sul territorio<br />

piuttosto che in un distretto, ci consentono di abbassare gli accessi al pronto soccorso,<br />

ci consentano di abbassare la emoglobina glicata nei pazienti portatori di<br />

diabete, o di abbassare di 10 mm di mercurio la pressione di una comunità perché<br />

<strong>il</strong> problema è che noi ragioniamo sempre troppo per numero di glicemie e<br />

sempre poco di emoglobina glicata che si abbassa; ragioniamo sempre troppo<br />

per elettrocardiogrammi prestazioni e sempre poco di quanto questo incida sull’abbassamento<br />

di pressione della popolazione di riferimento.<br />

La partita del Welfare locale e del passaggio al Welfare statale e centrale, deve<br />

e può essere proprio questo. Sette anni fa nella ex Napoli 3 della regione Campania<br />

116


Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />

abbiamo fatto davvero per <strong>il</strong> diabete e per l’ipertensione i protocolli condivisi<br />

con i tavoli dentro cui stavano anche privati e specialisti dell’ospedale. Ebbene,<br />

per quei quattro anni per una ipertensione lieve nessuno, nemmeno <strong>il</strong> privato,<br />

chiedeva un’ecocolondopler non mettendo poi <strong>il</strong> medico di medicina generale<br />

in condizioni di dover scegliere tra un si e un no. Proviamoci, facciamo<br />

tutto all’interno di una cornice di misurab<strong>il</strong>ità, perché solo di ciò che è misurab<strong>il</strong>e<br />

potremo dimostrare la validità, verificando che cosa significherà inserire dentro alle<br />

UCCP gli specialisti e la gestione di tutta questa partita sia sui protocolli che sulla<br />

cronicità. Proviamoci, probab<strong>il</strong>mente tra un anno saremo qui a raccontarci i risultati.<br />

3.7 Responsab<strong>il</strong>ità per <strong>il</strong>lecito trattamento dei dati personali- privacy<br />

Federico Bergaminelli 7<br />

Innanzitutto vorrei ringraziare <strong>il</strong> presidente dell’ANCoM Crescenzo Simone per<br />

avermi invitato qui oggi al convegno nazionale di Fiuggi, e vorrei ringraziare<br />

anche i dirigenti di FederSanità- ANCI che mi hanno adottato come loro figlio<br />

putativo. Sono un avvocato consulente della privacy di FederSanità – Anci. L’argomento<br />

che tratteremo oggi entra nello specifico di quella che è la metodica<br />

del trattamento dei dati affrontando, essenzialmente, la responsab<strong>il</strong>ità per<br />

<strong>il</strong>lecito trattamento del dato stesso. L’argomento è particolarmente pertinente<br />

visto che <strong>il</strong> parterre è dato, nella stragrande maggioranza, da medici di medicina<br />

generale e non a caso dico questo perché un recente provvedimento<br />

dell’unità garante, relativamente ai referti on-line, ha chiarito le metodiche del<br />

trattamento stesso, soprattutto in riferimento all’acquisizione del consenso e alla<br />

revocatoria del consenso stesso.<br />

Il mio prima che essere un intervento poco dotto, vuole essere sicuramente un<br />

memento, un grido di attenzione a ciò che voi nelle vostre quotidianità, dopo<br />

aver ovviamente pensato alle vostre finalità di istituto, alla diagnosi, alla cura<br />

e terapia dei vostri ammalati, dovete fare per obbligo di legge, affinché i vostri<br />

malati vengano trattati con la dignità di un interessato, ricordando che, nel trattamento<br />

dei dati personali, voi siete interessati dei vostri stessi dati quando prestate<br />

queste informazioni o per una prestazione sanitaria o per una qualsiasi altra<br />

tipologia di contratto.<br />

Il concetto innovativo del codice privacy stab<strong>il</strong>isce all’articolo 1 l’introduzione<br />

della habeas data e cioè “chiunque può far ricorso ad un controllo sulla tipologia<br />

di dati che ha prestato al proprio titolare al fine di monitorare”, quindi al<br />

centro del codice privacy non c’è <strong>il</strong> soggetto attivo ma c’è l’interessato quale<br />

soggetto principe del percorso stesso. Questo significa che, dal concetto ispiratore<br />

e generatore della privacy, cioè <strong>il</strong> diritto di essere lasciati in pace, oggi<br />

7<br />

Consulente Privacy Federsanità ANCI<br />

117


Capitolo 3<br />

la privacy è immaginata come un diritto fondamentale, quindi è tutelato e costituzionalmente<br />

garantito ed è un diritto che è al pari del diritto di salute e del<br />

diritto di lavoro. La normativa sul trattamento dei dati personali è di una pervicacia<br />

enorme perché non immagina graduazioni, significa che sono obbligati<br />

ad adempiere ad ogni dettame normativo sia la grande realtà che gestisce 10,<br />

12, 100 m<strong>il</strong>a dipendenti, che <strong>il</strong> singolo libero professionista che lavora con <strong>il</strong> proprio<br />

computer anche senza segretaria e che ut<strong>il</strong>izza dati di natura sensib<strong>il</strong>e nel<br />

proprio studio professionale. Non c’è graduazione di adempimento, così come<br />

non c’è esenzione né decurtazione di sanzione come vedremo di qui a breve.<br />

Attraverso questa modalità di trattamento passa <strong>il</strong> corretto ut<strong>il</strong>izzo del dato che<br />

vi viene fornito dal vostro paziente, all’atto in cui si porta alla vostra presenza per<br />

godere della prestazione di natura sanitaria. Verosim<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> codice che cosa<br />

chiede ad ogni medico? Ogni professionista della sanità all’alba del 1 gennaio<br />

2004 avrebbe dovuto chiamare al proprio cospetto e debitamente informarlo<br />

sulle metodiche di trattamento del dato stesso, trattandosi di dati relativi alla salute<br />

e alla vita sessuale. Grazie anche ad un’ottima operazione di lobby, i medici<br />

di medicina generale e pediatri di libera scelta, sono riusciti nel 2006 ad ottenere<br />

una informativa semplificata, secondo la quale sono tenuti a raccogliere un<br />

consenso scritto, rispetto al trattamento dei dati personali e a conservarlo finché<br />

dura <strong>il</strong> rapporto di fiducia con <strong>il</strong> medico. Il dato acquisito viene trattato e viene<br />

quindi custodito secondo questi dettami. Il codice immagina tre tipi di responsab<strong>il</strong>ità:<br />

una responsab<strong>il</strong>ità civ<strong>il</strong>e, una responsab<strong>il</strong>ità penale, una responsab<strong>il</strong>ità<br />

amministrativa. Ma che cosa succede? Che <strong>il</strong> legislatore ha qualificato <strong>il</strong> trattamento<br />

del dato personale quale attività pericolosa.<br />

Questo implica che questa disciplina sia sottoposta all’articolo 2050 del codice<br />

civ<strong>il</strong>e e cioè con due conseguenze ben determinate:<br />

1. <strong>il</strong> titolare del trattamento, nella fattispecie ciascun medico di medicina generale,<br />

sarà responsab<strong>il</strong>e e obbligato al risarcimento del danno anche là<br />

dove ha operato senza dolo e colpa grave;<br />

2. dovrà dimostrare di aver posto in essere ogni dettato normativo affinché questo<br />

determinato danno, prodotto in disprezzo del paziente, fosse generato.<br />

Se nel vostro appartamento c’è un’inf<strong>il</strong>trazione di acqua voi dovrete dimostrare<br />

<strong>il</strong> danno e la causa del danno stesso; l’articolo 2050 del codice civ<strong>il</strong>e, invece,<br />

inverte l’ordine della prova e dimostra che se io sono danneggiato, mi limiterò<br />

a dimostrare <strong>il</strong> mio danno. Sarà <strong>il</strong> titolare del trattamento, <strong>il</strong> medico di medicina<br />

generale, a dover provare di aver posto in essere ciò che era in suo possesso<br />

per evitare che quel danno si verificasse; tecnicamente da giurista vi dico<br />

che questa è una prova diabolica, sfido chiunque ad ottemperare ad ogni dettame<br />

in tema di trattamento dei dati personali. Il quadro codicistico affronta <strong>il</strong><br />

trattamento dei dati all’articolo 2043, 2049, 2055, 2059. Non sto qui a tediarvi su<br />

118


Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />

cosa dicono ma cercheremo di capire quali sono le violazioni di natura penale.<br />

L’articolo 167 parla di trattamento <strong>il</strong>lecito del dato: se io acquisisco <strong>il</strong> dato del<br />

paziente senza averne preventivamente acquisito <strong>il</strong> consenso, è un <strong>il</strong>lecito trattamento<br />

del dato; se l’autorità garante mi chiede notizie su come custodisco i dati<br />

degli ammalati e io non rispondo o rispondo <strong>il</strong> falso sarà un reato penale, se nel<br />

mio studio o nella mia associazione professionale non dispongo delle cosiddette<br />

misure minime o quantomeno idonee alla sicurezza è reato. La formazione sulla<br />

privacy rappresenta l’unica ipotesi che stab<strong>il</strong>isce un obbligo formativo di tutto <strong>il</strong><br />

personale dipendente a copertura del 100%. La mancata formazione in tema di<br />

privacy comporta un mancato adeguamento alle misure di sicurezza e quindi<br />

un reato penale sanzionato con 24 mesi di reclusione e € 50.000 di ammenda.<br />

Affinché si determini un reato penale c’è bisogno di impostare alcuni comportamenti<br />

e cioè:<br />

1. chiunque opera al fine di trarne profitto per sé o per gli altri o di arrecare<br />

danni a terzi; è <strong>il</strong> primo esperimento probatorio che <strong>il</strong> magistrato dovrà fare<br />

prima che venga applicata una sanzione penale.<br />

2. Se dal fatto ne deriva un documento falso. Questo ci fa capire che prima di<br />

arrivare ad una contestazione c’è un percorso serio da fare e basta poco<br />

per incorrere in un reato. Le misure di sicurezza rappresentano la cosa più importante<br />

per i vostri studi e per le vostre associazioni; basti pensare all’obbligo<br />

nel dover prof<strong>il</strong>are e tracciare <strong>il</strong> vostro intervento sul computer attraverso una<br />

chiave di identificazione e una chiave di autorizzazione, che altro non è che<br />

una User ID e una Password. Quella determinata password, trattando voi dei<br />

dati sensib<strong>il</strong>i, deve essere innanzitutto impostata di 8 caratteri alfa-numerici<br />

e deve essere cambiata ogni tre mesi. Questa minima accortezza che serve<br />

non tanto al titolare ma quantomeno ai soggetti incaricati al trattamento<br />

dei dati personali e quindi immagino ai vostri collaboratori di studio, serve<br />

per prof<strong>il</strong>are <strong>il</strong> grado di accessib<strong>il</strong>ità e di conoscib<strong>il</strong>ità del dato stesso. Quindi<br />

nel caso in cui non vengano poste queste misure minime, tra cui anche la<br />

formazione, si è in sanzione sia penale che amministrative. Ora però anche <strong>il</strong><br />

legislatore si è reso conto che dover sanzionare le misure di sicurezza era un<br />

po’ eccessivo, per cui ha determinato che: se io mi rendo conto indagando<br />

che le misure di sicurezza minime non sono state poste in essere, ti imputo un<br />

termine entro <strong>il</strong> quale tu dovrai adempiere a questo obbligo; decorsi 60 giorni<br />

dall’imputazione del termine ci sarà una ammenda pari ad ¼ della sanzione<br />

amministrativa, quindi € 12.500 da pagare che cancellerà <strong>il</strong> reato. Oltre<br />

l’omessa informazione, c’è l’omessa esibizione al Garante, la cessione di dati<br />

/ comunicazioni dati sensib<strong>il</strong>i, omessa o inidonea informativa. Elaborare e redarre<br />

una buona informativa è importante e dovrà dettare puntualmente la<br />

tipologia del trattamento del dato che voi fate, o che voi ricevete nella qualità<br />

di interessati. È inimmaginab<strong>il</strong>e che uno studio o una associazione faccia<br />

ricorso ad una informativa buona per tutte le stagioni. L’informativa deve<br />

119


Capitolo 3<br />

chiarire e soprattutto deve fare riferimento alla tipologia di dato trattato, alle<br />

finalità che ne fate, e soprattutto deve prestare particolarmente attenzione<br />

a chi cede o con chi condivide i dati anche se si tratta di istituzioni. La prassi<br />

vuole che anche <strong>il</strong> MMG sia partecipe di un percorso di conoscib<strong>il</strong>ità del<br />

dato del proprio paziente ammalato e che non è un passaggio di rito ma<br />

che vede coinvolto <strong>il</strong> vostro paziente. Se per esempio, <strong>il</strong> vostro paziente si<br />

reca in un reparto di chirurgia per un intervento che voi stesso avete autorizzato,<br />

non è prassi che voi ne dobbiate conoscere per legge i risultati ma<br />

dovrà essere <strong>il</strong> paziente a concedere attraverso una espressione formale di<br />

consenso affinché voi ne conosciate le conseguenze. Le lettere di dimissioni<br />

che venivano o vengono erroneamente indirizzate al medico curante rappresentano<br />

una autentica violazione del trattamento del dato personale; voi<br />

siete partecipi dell’intero percorso ma dovrà essere <strong>il</strong> paziente a garantirvi la<br />

conoscib<strong>il</strong>ità del dato, visto che è <strong>il</strong> proprietario di quei dati personali.<br />

Concludiamo con la videosorveglianza. Ricollegandomi all’informativa che rappresenta<br />

<strong>il</strong> caposaldo del trattamento del dato personale perché ciascuno di<br />

noi, nella qualità di interessato, deve sapere come viene trattato <strong>il</strong> dato che<br />

pone come atto di liberalità per ottenerne una prestazione. Quotidianamente<br />

tutti noi siamo tediati dalle telecamere, ma se dietro ogni ripresa non c’è una<br />

dettagliata informativa, che non è rappresentata da un cartello arancione che<br />

detta “area video sorvegliata” e da una bieca descrizione dell’articolo, quella<br />

telecamera è inut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>e come prova ed è in sanzione amministrativa.<br />

3.8 Il secondo p<strong>il</strong>astro in ambito socio-sanitario e socio-assistenziale: i fondi<br />

sanitari integrativi<br />

Placido Putzolu 8<br />

Il tema della sanità integrativa e l’avvento dei fondi sanitari è stato esaurientemente<br />

introdotto dalla dott.ssa Labate. In qualità di presidente della Fimiv (Federazione<br />

italiana delle mutue) vorrei tuttavia aggiungere un ulteriore, specifico<br />

contributo in materia, considerando <strong>il</strong> fatto che le società di mutuo soccorso<br />

sono molto impegnate in tale ambito, essendo riconosciute sul piano normativo<br />

quali enti istitutivi e/o soggetti gestionali dei fondi sanitari integrativi.<br />

Quest’anno, com’è stato ricordato, è stata istituita l’Anagrafe dei fondi sanitari<br />

integrativi: l’iscrizione a questo registro nazionale consente di conferire la deducib<strong>il</strong>ità<br />

fiscale ai soggetti che prevedono forme di copertura sanitaria integrativa<br />

ai propri iscritti e ai propri dipendenti. La nostra realtà è da sempre attiva in ambito<br />

socio-sanitario-assistenziale. Ricordo in proposito che la mutualità integrativa<br />

8<br />

Presidente FIMIV<br />

120


Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />

poggia le sue radici negli albori dello Stato unitario. Le società di mutuo soccorso<br />

nascono infatti nel 1848 con lo statuto Albertino, ma ancora oggi, dopo oltre 150<br />

anni, questa realtà è viva e svolge un ruolo prezioso, di riferimento nella integrazione<br />

al servizio sanitario nazionale.<br />

Attraverso una marcata azione sussidiaria e integrativa, non concorrenziale al<br />

servizio pubblico, la mutualità volontaria rappresentata dalle società di mutuo<br />

soccorso intende contribuire ad affermare la sostenib<strong>il</strong>ità di un sistema di assistenze<br />

non selettivo, intergenerazionale, in cui la partecipazione libera e aperta<br />

stimoli la responsab<strong>il</strong>ità individuale, che previene l’abuso, e la responsab<strong>il</strong>ità collettiva,<br />

che induce al rispetto delle regole e del corretto equ<strong>il</strong>ibrio tra contributi<br />

ed erogazioni. Ma formare una coscienza sociale e solidale, capace di riappropriarsi<br />

di ambiti ormai desueti di responsab<strong>il</strong>ità previsionali rispetto ai propri<br />

bisogni sanitari e sociosanitari, è un compito che non può essere lasciato alla<br />

sola intrapresa spontanea dei corpi sociali intermedi. Senza nulla togliere al ruolo<br />

di garanzia dello Stato nelle assistenze essenziali e primarie a tutela della salute<br />

individuale e collettiva, in base al principio di sussidiarietà sancito dal Titolo V<br />

della Costituzione, è doveroso, in primo luogo da parte delle istituzioni, nazionali<br />

e territoriali, far discendere ai cittadini <strong>il</strong> senso della partecipazione a forme organizzate<br />

collettive di previdenza integrativa solidale, sanitaria e sociale.<br />

L’istituzione dei fondi sanitari costituisce quindi una ulteriore opportunità di sv<strong>il</strong>uppo<br />

della mutualità, ma soprattutto rappresenta l’occasione per affermare <strong>il</strong><br />

peculiare modello partecipativo intergenerazionale del mutuo soccorso in ambiti<br />

assistenziali complementari al servizio pubblico e finalizzati ad accorciare la<br />

distanza tra la manifestazione dei bisogni e l’accesso ai servizi.<br />

Fimiv si impegna a continuare <strong>il</strong> lavoro di presidio in questo ambito e a perseguire<br />

soluzioni che favoriscano l’evoluzione mutualistica della sanità integrativa nel<br />

nostro Paese. L’assistenza complementare per i lavoratori dipendenti ha trovato<br />

nella contrattazione collettiva un veicolo di diffusione che negli ultimi tempi ha<br />

assunto una dimensione di rispetto: tuttavia emergono criticità significative che<br />

inevitab<strong>il</strong>mente interessano <strong>il</strong> livello di equità e di solidarietà dell’intero sistema.<br />

È interessante per esempio riflettere sulla possib<strong>il</strong>e correlazione tra fondi sanitari<br />

negoziali chiusi (ex art. 51 del Tuir) e fondi sanitari integrativi aperti (ex art. 9 del<br />

D.lgs. 229/99).<br />

I fondi sanitari di derivazione contrattuale sono già da tempo operanti in Italia,<br />

mentre l’iter che sancisce l’effettiva costituzione di quelli integrativi al Ssn in forma<br />

aperta non si è ancora del tutto concluso: mancano infatti i decreti attuativi<br />

sul loro ordinamento e sulle modalità di affidamento in gestione.<br />

Tra le due realtà dunque non si è prodotto nel tempo un rapporto ut<strong>il</strong>e ad estendere<br />

i benefici delle coperture complementari ai soggetti collocati fuori dall’ambito<br />

del lavoro dipendente.<br />

Non è previsto, per esempio, nessun meccanismo intergenerazionale di accantonamento<br />

per i più giovani in previsione di eventi gravosi come la non autosuffi-<br />

121


Capitolo 3<br />

cienza, in modo da costruire nel tempo una dotazione che essi possano portare<br />

con sé nell’eventuale passaggio da un fondo contrattuale ad un altro, ma soprattutto,<br />

una volta posti in quiescenza, da un fondo chiuso ad un fondo sanitario<br />

aperto.<br />

Le coperture riguardano i soli lavoratori dipendenti, fintanto che sussista <strong>il</strong> rapporto<br />

di lavoro, e non sempre esse sono estese volontariamente ai fam<strong>il</strong>iari. Il<br />

risultato è che ne restano esclusi i soggetti più deboli economicamente, quelli<br />

meno tutelati dalla contrattazione collettiva, quelli che sono usciti dall’attività<br />

lavorativa, quelli che non appartengono a gruppi associati. Se non si interviene<br />

rapidamente ad innescare meccanismi contributivi di tipo associativo solidaristico<br />

a compensazione del divario, <strong>il</strong> rischio più prossimo è una frattura sociale<br />

sull’equità dei livelli di tutela. Sussiste inoltre <strong>il</strong> rischio di una sperequazione tra<br />

fondi negoziali chiusi e fondi integrativi aperti.<br />

I primi, sono caratterizzati da una forte concentrazione patrimoniale a riserva<br />

grazie all’adesione massiva e certa di lavoratori dipendenti - soprattutto quando<br />

la contribuzione è posta per intero a carico del datore di lavoro - e all’erogazione<br />

contenuta, poiché <strong>il</strong> livello medio dell’età degli aderenti abbassa <strong>il</strong> rischio di<br />

morb<strong>il</strong>ità a breve termine.<br />

Per i fondi integrativi aperti, è realistico ipotizzare invece una più ridotta concentrazione<br />

di riserve, sia perché la propensione all’adesione volontaria con contribuzione<br />

a carico diretto dell’assistito è ancora tutta da costruire per ragioni<br />

socio-culturali poco favorevoli, sia perché la prevedib<strong>il</strong>e maggiore incidenza di<br />

anziani nel gruppo associato innalza drasticamente <strong>il</strong> rischio a breve termine di<br />

incidenza patologica, soprattutto di non autosufficienza, e quindi di erogazione.<br />

Allo stato attuale si può legittimamente affermare che le società di mutuo soccorso<br />

sono nelle condizioni di surrogare la funzione mancata dei fondi sanitari<br />

integrativi aperti, in quanto soggetti giuridici annoverati tra le fonti istitutive degli<br />

stessi fondi e già regolamentati da una legge speciale di settore.<br />

Quando una società di mutuo soccorso istituisce un fondo sanitario contrattuale<br />

o ne gestisce uno, si instaura un rapporto associativo che può essere mantenuto<br />

anche dopo l’uscita del lavoratore dallo stesso fondo per le più diverse ragioni: la<br />

sua presa in carico rientra allora nella sussidiarietà generale e circolare espressa<br />

dalla base associata nel suo complesso.<br />

La disomogeneità nei criteri di definizione degli ambiti d’intervento tra i fondi, pur<br />

a fronte di una medesima formulazione delle agevolazioni fiscali (deducib<strong>il</strong>ità),<br />

costituisce un ulteriore elemento di criticità che la Fimiv ha già sottoposto all’attenzione<br />

del Ministero della Salute. La limitazione degli ambiti d’intervento previsti<br />

per i fondi sanitari integrativi al Ssn (art. 9 del D.lgs. 229/1999) alle sole prestazioni<br />

sanitarie e sociosanitarie non comprese nei livelli essenziali ed uniformi di assistenza,<br />

escludendo per esempio di intervenire sul ridimensionamento delle liste di<br />

attesa, si oppone all’ampio ventaglio di competenze previste invece per i fondi<br />

negoziali (art. 51 del Tuir), che attengono non solo a prestazioni di tipo integrativo<br />

e aggiuntivo al Ssn, ma anche ampiamente sostitutivo.<br />

122


Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />

Il vincolo imposto ai fondi sanitari ex art. 51 del Tuir, di inserire una quota minima<br />

di risorse destinate a prestazioni esclusivamente integrative al Ssn (socio-sanitarie<br />

e/o odontoiatriche) pari al 20% delle risorse complessivamente destinate a tutte<br />

le prestazioni, rappresenta un primo, parziale tentativo di orientare la sanità<br />

complementare negoziale verso l’integrazione al servizio pubblico. In definitiva,<br />

è stato realizzato un adeguamento importante, ma ancora insufficiente a colmare<br />

le disparità: la significativa limitazione di intervento riservata ai fondi aperti<br />

integrativi del Ssn nel confronto con i fondi chiusi determina la percezione di un<br />

minor vantaggio che non ne aiuta lo sv<strong>il</strong>uppo.<br />

3.9 Le farmacie nella rete dei servizi<br />

Michele Di Iorio 9<br />

Ringrazio gli organizzatori per l’invito. Non è certo la prima volta in cui farmacisti<br />

e medici si incontrano, ma è la prima volta in cui farmacisti e medici si<br />

confrontano tra loro, per cui, spero che a questo primo incontro ne seguano<br />

una serie sempre più fitta ed è importante perché la sanità, fuori dall’ospedale,<br />

può passare esclusivamente da una sintesi estremamente efficace e<br />

coerente tra gli ambulatori dei medici di base, tra gli ambulatori di pediatri<br />

di libera scelta e le farmacie cap<strong>il</strong>larmente disseminate sul territorio. È estremamente<br />

importante conoscere in questa società, in questo stato politico, in<br />

questo sistema economico dove appunto è l’economia a farla da padrone,<br />

la conoscenza è una risorsa fondamentale che nessun governo per quanto<br />

sia in difficoltà potrà mai bypassare; molto spesso se non ci si conosce magari<br />

dopo essersi confrontati a volte anche scontrati, la soluzione si allontana<br />

da noi e si allontana certamente per i cittadini. Pablo Neruda in una poco<br />

conosciuta e antichissima sua poesia parla della farmacia e ne cito solo i<br />

primi due versi: “piccola farmacia, all’angolo di ogni piccola strada, con un<br />

piccolo Dio in ogni p<strong>il</strong>lola”. Proviamo a metterci dalla parte del cittadino e<br />

chiediamoci cosa vuole. Il cittadino individua, nella croce della farmacia e<br />

nella targa dell’ambulatorio del medico di base, la sua risposta reale, concreta,<br />

coerente, quotidiana, abituale alla richiesta di salute, così come, in<br />

questo mondo globalizzato, chi ha fame nel mac-donald trova la risposta al<br />

suo appetito. Questo è <strong>il</strong> principio, oltre questo c’è la burocrazia. Il Ministro<br />

Fazio recentemente con <strong>il</strong> Dlgs 69 sui “servizi alle farmacie” ha attribuito a tutti<br />

i titolari di farmacia la facoltà di esercitare una serie di servizi tra cui analisi<br />

cliniche, rapporto con gli infermieri etc. Io penso molto, e cerco di riflettere,<br />

sui messaggi che troppo spesso provengono da un mondo della politica estremamente<br />

distratto, non tanto per ciò che riguarda i farmacisti, non tanto per<br />

ciò che riguarda i medici al di là delle sigle e degli acronimi. Il ministro Fazio si<br />

9<br />

Presidente FederFarma Napoli<br />

123


Capitolo 3<br />

è accorto che molti dei servizi oggetto dei suoi recenti decreti erano già svolti<br />

dalle farmacie in modo volontaristico e li ha normati legiferando in tal senso.<br />

Io ho 41 anni di esperienza e posso confermare che da sempre siamo stati<br />

ascoltatori delle esigenze del cittadino, da prima che esistessero i C.U.P. e che<br />

l’informatica d<strong>il</strong>agasse; ci siamo interessati di curare le prenotazioni per le visite<br />

negli ospedali o presso <strong>il</strong> medico di medicina generale da sempre, abbiamo<br />

affiancato i cittadini nelle autoanalisi di prima istanza da molto tempo ed<br />

ora con maggiore gratificazione professionale continueremo a farlo in forza<br />

di una norma. Tali servizi sono separatamente, con norme diverse, attribuite<br />

al farmacista, con norme diverse attribuite al medico di medicina generale,<br />

con norme diverse attribuite all’operatore socio sanitario, perché chi governa<br />

la politica nel momento in cui attribuisce qualcosa a qualcuno vuole evitare<br />

che questo qualcuno si vada a confrontare con gli altri attori del vasto sistema<br />

della sanità perché l’Italia è un paese dove <strong>il</strong> pregiudizio non smetterà mai di<br />

picchiare. Io ricordo a me stesso leggendo i decreti delegati che discendono<br />

dalla legge 69 che sì, va bene, la collaborazione, la rete, la cooperazione, la<br />

ricetta elettronica, ma non dimentichiamoci che è ancora in vigore una Dlgs<br />

del ‘38 che impedisce al titolare di farmacia di fittare, qualora sia proprietario<br />

di un immob<strong>il</strong>e, un locale al medico di base perché è vietato per legge<br />

avere dei rapporti con <strong>il</strong> medico di base. Mi domando allora in Italia come<br />

si può fare una “buona sanità” se fuori dall’ospedale restano ancora in piedi<br />

questi p<strong>il</strong>astri arcaici, consunti ormai, ma sufficientemente efficaci da rappresentare<br />

<strong>il</strong> vero nemico della buona sanità? Quando dobbiamo chiedere al<br />

mondo della medicina generale, dei pediatri di libera scelta, dei farmacisti e<br />

degli operatori di intervenire e di farsi avanti per proporre delle nuove normative?<br />

(anche se non ce ne sarebbe bisogno perché le buone normative, per<br />

quanto possano essere buone, di certo non possono sostituire <strong>il</strong> buonsenso).<br />

Quando si ha bisogno qualcosa. E quand’è che si chiede qualcosa? Quando<br />

si è saturato a livello politico assistenzialistico <strong>il</strong> vuoto delle burocrazie regionali<br />

che continuano a rappresentare i principali nemici del buon funzionamento<br />

della sanità.<br />

Concludo ringraziandovi per l’invito che ho molto gradito ed invitandoVi ad<br />

altre sedute e ad altri incontri discutendo e approfondendo l’argomento su<br />

quello che c’è da fare e su quello che è meglio non fare. Vi lascio con una<br />

citazione di oltre 40 anni che nel laboratorio di farmacologia <strong>il</strong> mio professore<br />

Leonardo Donatelli ripeteva spesso:” caro Di Iorio ricorda sempre: “Chi sa fare<br />

faccia, chi sa solo parlare taccia! “. Forte di questo insegnamento con <strong>il</strong> medico<br />

che cura <strong>il</strong> malato, <strong>il</strong> farmacista che si prende cura del malato, mi auguro<br />

che ci sia un amministratore che si prenda cura di quello che c’è da fare per<br />

<strong>il</strong> cittadino e soprattutto, mi auguro che ci sia una Politica a rassicurarci.<br />

124


Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />

3.10 Assistenza primaria, presidi territoriali e diagnostica di laboratorio<br />

Vincenzo D’Anna 10<br />

Io non mi voglio chiudere negli ambiti angusti dei laboratori ma vorrei far capire<br />

all’uditorio che <strong>il</strong> problema che noi abbiamo affrontato e che faticosamente<br />

stiamo portando avanti con una serie di azioni, tecniche in un primo momento,<br />

ma che poi diventano politiche, è stato quello della riorganizzazione dell’offerta<br />

delle prestazioni di diagnostica di laboratorio. Nell’ambito del più vasto quadro<br />

della razionalizzazione dell’offerta delle prestazioni di specialistiche ambulatoriali<br />

e del “contenimento della spesa”, <strong>il</strong> problema in Italia è portare i livelli di<br />

finanziamento della spesa sanitaria almeno al livello degli altri paesi europei e<br />

successivamente razionalizzare la spesa ed <strong>il</strong> finanziamento della stessa, cosa<br />

che a mio modesto avviso dovrebbe avvenire precipuamente per le prestazioni<br />

che in ciascun ambito sanitario si erogano, ovviamente prestazioni che siano<br />

state già depurate dell’inappropriatezza, perché uno dei primi elementi che tutti<br />

chiedono, ma che nessuno poi combatte, è proprio quello dell’inappropriatezza.<br />

Dato per scontato che la programmazione del fabbisogno deve avvenire<br />

al netto dell’inappropriatezza, e dato per scontato che la programmazione del<br />

fabbisogno non si fa in nessuna regione poiché io presiedo FederLab Italia e conosco<br />

regione per regione lo stato dell’arte, non temo di poter essere smentito,<br />

in effetti le regioni altro non fanno che ritirare per <strong>il</strong> comparto accreditato privato<br />

una serie di tetti di spesa che vengono calcolati sulla scorta dei fatturati delle<br />

annualità precedenti. Le uniche due regioni che fanno la programmazione dei<br />

volumi e delle tipologie di prestazioni locab<strong>il</strong>i sono la Lombardia e la Campania.<br />

Non è un caso che la Campania nella specialistica ambulatoriale è tra le prime<br />

Regioni che ha adottato tutta una serie di para-detrazioni quali-quantitative dei<br />

volumi di prestazioni che ogni struttura può erogare, in ragione delle dotazioni<br />

tecnologiche, strumentali, strutturali e di personale. È tra le poche regioni che<br />

quindi programma <strong>il</strong> fabbisogno partendo dai volumi delle prestazioni e quindi<br />

dal fabbisogno assistenziale per arrivare ad un correlato limiti di spesa; ovviamente<br />

questo non è che immunizzi la Campania dall’esaurimento dei volumi di<br />

prestazioni perché ancorché si conosca l’esatto fabbisogno non si è disposti per<br />

tutta una serie di questioni, all’attenzione dell’uomo della strada, cioè dei 6 m<strong>il</strong>iardi<br />

di debito fino a questo momento rendicontati, ma ho una sensazione che<br />

non ci fermeremo a 6, per cui quei volumi di prestazioni sono quelli programmati<br />

nell’anno 2003 e da allora quei volumi di prestazioni non si sono più mossi. Il grande<br />

impazzimento della programmazione sanitaria in Italia - ed è un impazzimento<br />

generale dovuto alla burocrazia e allo statalismo “bolscevismo sanitario” e non<br />

me ne vogliate perché non è un’asserzione politica ma bensì organizzativa-, è<br />

che si vuol programmare <strong>il</strong> consumo dei litri di benzina dal numero e dalla tipologia<br />

di distributori di benzina. Non si vuol governare la domanda, si vuol governare<br />

10<br />

Componente della Commissione Affari Sociali e Sanità della Camera dei Deputati – Presidente FederLAB<br />

125


Capitolo 3<br />

la tipologia dell’offerta che è la classica asserzione di un sistema nel quale non<br />

è prevista la competizione, un sistema forse che resiste ancora a Cuba e forse<br />

nella Corea del Nord, in cui lo Stato è l’unico erogatore delle prestazioni quindi<br />

in grado di poter determinare <strong>il</strong> costo del servizio sulla scorta non della domanda<br />

ma da quello che da monopolista intende offrire. C’è un’espressione che gli<br />

economisti liberali usano e dice: “chi dispone di tutti i mezzi stab<strong>il</strong>isce tutti i fini”;<br />

quindi se noi avessimo un sistema solo statalizzato lo Stato potrebbe certamente<br />

controllare la spesa, perché non ci sarebbe la libera scelta o la capacità libera di<br />

poter provvedere al fabbisogno assistenziale, ma ci sarebbe uno Stato che è in<br />

grado di offrire solo determinate prestazioni e non di avere una variegata gamma<br />

dei livelli essenziali di assistenza, perché siamo molto bravi a promettere e ad<br />

erogare molte cose, salvo però a non voler mettere a disposizione <strong>il</strong> corrispettivo<br />

finanziario che quel tipo di assistenza richiede. Senza perder tempo vi dico che<br />

la programmazione è fatta male; da questa discrasia che secondo i burocrati<br />

deve essere curata con <strong>il</strong> contingentamento dell’offerta, perché a voi medici<br />

di medicina generale viene detto: vi diamo un budget voi dovete rientrare in<br />

questo budget ma non vi si dice mettiamoci a tavolino e vediamo quali sono<br />

i protocolli diagnostici terapeutici e vediamo voi che cosa dite, qual è <strong>il</strong> tipo di<br />

popolazione che state assistendo, qual’è <strong>il</strong> fabbisogno, qual è la maggiore incidenza<br />

di certe prestazioni, andiamo a vedere un costo medio per prestazioni e<br />

vi assegniamo un budget che è calibrato sulla tipologia delle prestazioni che voi<br />

dovete garantire. Invece ognuno di voi ha un budget che è un fatto eminentemente<br />

economico, che poi proprio la parola budget significa stare all’interno di<br />

un valore predeterminato. Poiché abbiamo sforato di 1 m<strong>il</strong>iardo di euro <strong>il</strong> budget<br />

e lo sforamento viene dall’ospedalità pubblica e non viene da questo comparto,<br />

né dai prescrittori, né dagli erogatori della spesa, noi dobbiamo recuperare<br />

sul versante che è più debole e che è più semplice perché quando ci rivolgiamo<br />

al privato non abbiamo <strong>il</strong> contraccolpo delle potenti confederazioni sindacali,<br />

non abbiamo <strong>il</strong> contraccolpo di andare ad ostacolare le comode nicchie di<br />

assuefazione che si sono fatte nella parte pubblica. Oggi ci interessa dire che<br />

nonostante tutto questo, la riorganizzazione della rete dell’offerta va comunque<br />

fatta, non è questo che ci immunizza, perché avere in questa nazione circa 2500<br />

laboratori di analisi accreditati è un’enormità soprattutto se teniamo conto che<br />

i due terzi di questo valore cominciano dalle Marche e finiscono in Sic<strong>il</strong>ia. Faccio<br />

l’esempio della Sic<strong>il</strong>ia la quale ha circa 820 laboratori accreditati, oltre a circa<br />

250 laboratori pubblici, superando dunque i 1000 presidi di laboratorio, di cui<br />

circa 540 fanno meno di 40.000 prestazioni all’anno. Tenete conto che in Germania<br />

ci sono laboratori da 200 m<strong>il</strong>ioni di prestazioni all’anno -vi dico questo per<br />

farvi capire qual è <strong>il</strong> gap tra queste realtà-; ovviamente io sono contro i mega<br />

laboratori perché ad un certo punto diventa un numerificio e si perde qualsiasi<br />

tipo di organizzazione, questo porta ad un processo alienante, una meccanizzazione<br />

che può andare bene ad una fase analitica, ma certamente in una fase<br />

pre-analitica e post-analitica vi posso garantire non c’è alcuna attinenza con<br />

126


Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />

la buona pratica di laboratorio e vi dico di più: uno dei motivi che spingeva gli<br />

statalisti ad accorpare era perché, concentrando la produzione, si abbattono i<br />

costi. Io come presidente di FederLab Italia ho fatto un accesso al laboratorio di<br />

Baggiovara in provincia di Ferrara che è <strong>il</strong> più grande laboratorio pubblico italiano,<br />

perché produce circa 18 m<strong>il</strong>ioni di prestazioni. Ho scoperto che in questo laboratorio,<br />

sicché se ne dica, <strong>il</strong> costo della prestazione non tiene conto della rete<br />

dei costi della struttura e dei centri prelievi, tenuto conto che ogni medico che<br />

ha fatto un prelievo viene pagato quattro euro per <strong>il</strong> solo prelievo. C’è dunque<br />

un meccanismo che taglia le gambe alla competizione cioè quella dei contratti<br />

con i privati e non dei contratti anche con le strutture pubbliche, per sviare surrettiziamente<br />

clienti e quindi la libera scelta verso le strutture a gestione statale e<br />

a gestione diretta.<br />

Le associazioni di categoria del privato accreditato hanno proposto al ministro<br />

un documento, che è stato approvato da un tavolo ministeriale, è arrivato alla<br />

conferenza Stato Regioni per <strong>il</strong> previsto parere, ma è fermo lì da sei mesi. Questo<br />

perché alle fine la Sic<strong>il</strong>ia non può rinunciare alla pletoricità delle presenze e<br />

l’Em<strong>il</strong>ia-Romagna non può rinunciare a quel modello di mega concentrazione<br />

ancorché apoditticamente più remunerativo, ma allo stato pratico più costoso,<br />

se non più del modello costo per prestazione applicato in Sic<strong>il</strong>ia. Allora ci dobbiamo<br />

mettere d’accordo se in questa nazione esiste ancora la figura di un collante<br />

da gherrotipo, perché se ogni regione si pone fuori da quelle che sono le leggi<br />

quadro, all’interno delle quali deve organizzare <strong>il</strong> proprio servizio, voi capirete<br />

che i costi standard sono chimere perché un costo standard viene fuori da un’organizzazione<br />

standard e fino a quando la Sic<strong>il</strong>ia va per i fatti suoi e la Lombardia<br />

va per i fatti suoi, noi tutto potremo avere tranne che un federalismo sanitario.<br />

127


CAPITOLO 4<br />

Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi<br />

territoriali per la promozione della salute<br />

4.1 Le aziende termali nella promozione della salute<br />

Renato Del Monaco 1<br />

Il Piano Sanitario Nazionale 2011-2013 definisce le linee guida di programmazione<br />

e riorganizzazione del Servizio Sanitario ponendo, tra gli obiettivi specifici, la<br />

valorizzazione degli elementi di eccellenza e gli investimenti in settori strategici<br />

quale la prevenzione. Ciò si realizza attraverso un Sistema Salute che ponga la<br />

Clinical Governance come metodo operativo e la soddisfazione del cittadino/<br />

cliente, insieme alla qualità delle prestazioni da esso percepita, come indicatori<br />

di performance per quanto riguarda l’appropriatezza e l’efficienza. Tutto questo<br />

in un quadro di sostenib<strong>il</strong>ità.<br />

Già nel 2008 le direttive della Carta di Tallin dell’OMS definirono la necessità di<br />

una strategia di coordinamento tra le diverse istituzioni e d’integrazione delle<br />

politiche intersettoriali, al fine di orientare positivamente ed in maniera sinergica<br />

i determinanti della Salute e del Benessere.<br />

Solo attraverso la piena identificazione e configurazione di “sistemi coesi”, si possono<br />

concentrare energie, far convergere finanziamenti, provenienti da più settori,<br />

diversi tra loro, coinvolti su obiettivi ed ambiti tematici condivisi e delineati.<br />

La capacità dei diversi soggetti istituzionali, pubblici e privati, di cooperare e di<br />

trasformare operativamente gli indirizzi in relativi progetti, oggi, è alla base di<br />

qualsiasi piano efficiente di programmazione ed organizzazione della salute dei<br />

cittadini e delle comunità, rappresentando <strong>il</strong> macro obiettivo fondamentale del<br />

Servizio Sanitario Nazionale.<br />

Investire in Salute equivale ad investire nello sv<strong>il</strong>uppo umano, nel benessere sociale<br />

ed economico, poiché l’assistenza sanitaria include la prevenzione, la promozione<br />

della salute e tutti gli sforzi atti ad influenzare attori differenti che intendono<br />

occuparsi di problemi di salute nelle loro politiche.<br />

Una sanità moderna così definita nelle risorse dedicate, nella cultura di sistema,<br />

nei servizi resi, dà valore all’educazione alla salute, all’attenzione agli st<strong>il</strong>i di vita,<br />

1<br />

Docente della scuola di Specializzazione in Idrologia Medica dell’Università degli Studi di Parma, già direttore<br />

sanitario delle Terme di Telese, delle Terme Lucane, delle Terme di Fiuggi.<br />

129


Capitolo 4<br />

alla tutela dei luoghi e degli ambienti di vita e di lavoro, quali “nuovi determinanti<br />

della Salute del singolo e della collettività”.<br />

Si debbono definire modelli assistenziali “orizzontali” fondati su una reale centralità<br />

dell’identità del territorio, e delle esigenze dei suoi cittadini, sostenuti da<br />

una rete socio-sanitaria fondata su di un efficace ruolo dell’assistenza primaria<br />

e dei suoi luoghi, la cosiddetta Medicina del Territorio, che declina in maniera<br />

complessa, iniziale e comprensiva, la Promozione e l’Educazione alla Salute per<br />

meglio indurre e potenziare la Prevenzione.<br />

Si ha bisogno per ciò, di luoghi nuovi, “oltre la deospedalizzazione”, e le Terme<br />

d’Italia si pongono come luoghi particolari per un uso appropriato delle risorse<br />

disponib<strong>il</strong>i, in qualsiasi piano di prevenzione, di cura e di riab<strong>il</strong>itazione, anche con<br />

<strong>il</strong> fine di contribuire alla integrazione interdisciplinare dei soggetti di spesa e alla<br />

ri-organizzazione strutturale della “rete della salute” del Servizio Sanitario prima<br />

Regionale e poi Nazionale.<br />

Non c’è Regione che non abbia la presenza sul suo territorio di uno Stab<strong>il</strong>imento<br />

Termale Accreditato. L’equità di trattamento e di accesso ai servizi, la tutela e la<br />

cura di persone deboli, ma ancora fortemente vitali, come gli anziani autosufficienti,<br />

l’eliminazione delle liste d’attesa, attraverso la predisposizione di “percorsi<br />

termali fac<strong>il</strong>itati” per le cronicità, possono essere altre delle mission salutari del<br />

moderno termalismo fortemente radicato e integrato nel sistema salute delle<br />

Regioni d’Italia e dell’intero Paese.<br />

Da queste premesse ben si può intendere <strong>il</strong> forte legame dell’Ambiente Termale<br />

con <strong>il</strong> Territorio a cui appartiene, che si fa Salute, e produce Salute, e ben si può<br />

comprendere la presenza di una sessione dedicata al Termalismo fin dalla prima<br />

edizione dei congressi dei Medici di Medicina Generale associati in Cooperative,<br />

oggi nell’ANCoM. Le riflessioni che seguiranno daranno la certezza di poter realizzare<br />

progetti di salute da parte di attori istituzionali, come le Università, gli Istituti<br />

di Ricerca, le Scuole, ma, soprattutto, la Medicina Generale, ut<strong>il</strong>izzando le Terme<br />

d’Italia come luogo particolare, unico e ideale per produrre salute al servizio del<br />

cittadino e delle comunità a cui appartiene.<br />

4.2 Il ruolo dei comuni termali all’interno dell’assistenza sanitaria del territorio<br />

Fabrizio Martini 2<br />

I comuni termali storici, come Salsomaggiore, Fiuggi e Montecatini, hanno una<br />

storia ed anche un passato recente legati alle cure idropiniche, che fino ai<br />

2<br />

Sindaco di Fiuggi Terme<br />

130


Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la promozione della salute<br />

primi anni novanta hanno beneficiato di forti incentivi statali, consistenti nei<br />

congedi straordinari per cure termali, cioè in veri e propri periodi supplementari<br />

di ferie. Evidentemente, da quando questo stimolo è venuto meno, si è determinato<br />

un forte ridimensionamento dei volumi di produzione di tutte queste<br />

stazioni termali tradizionali.<br />

Di qui è nata la necessità di ripensare l’offerta, di una radicale riconversione,<br />

inizialmente procedendo un po’ per errori e tentativi; oggi invece, grazie<br />

all’azione dell’ANCOT (Associazione Nazionale Comuni Termali) si procede<br />

con una lucidità di intenti ed una chiarezza di idee sicuramente superiori.<br />

Il problema di tutte queste realtà termali è <strong>il</strong> fatto che appartengano a Comuni<br />

di dimensioni medio-piccole, con poche risorse da investire e con grandi<br />

problemi riguardanti la gestione di queste strutture complesse, caratterizzate<br />

da costi fissi considerevoli.<br />

Volendo tracciare una prospettiva diversa e incoraggiante per <strong>il</strong> futuro, ci viene<br />

incontro un radicale mutamento nello st<strong>il</strong>e di vita e nella sensib<strong>il</strong>ità della<br />

società contemporanea la quale guarda con più attenzione e con più interesse<br />

alla medicina naturale e le nostre realtà hanno precorso lo sv<strong>il</strong>uppo della<br />

medicina naturale. Questo dato, unito allo sforzo che si sta facendo ovunque<br />

di diversificazione turistica, sicuramente rappresenta un modo ed una strada<br />

che ci consentirà di recuperare <strong>il</strong> terreno perso. In tutto questo non è di secondo<br />

piano la possib<strong>il</strong>e integrazione con <strong>il</strong> territorio locale in relazione all’offerta<br />

sanitaria che nei comuni termali si può realizzare. Fino ad oggi non si è seguita<br />

questa linea perché i Comuni termali mostravano una vocazione più Nazionale,<br />

veicolando flussi da tutta Italia, mentre di solito con <strong>il</strong> territorio circostante<br />

non esisteva feeling (ad esempio la Ciociaria non ha frequentato molto Fiuggi<br />

per le terapie idropiniche nemmeno quando erano nel loro momento di massimo<br />

fulgore).<br />

Questo ci fa capire quanto ci sia da recuperare in questo senso, partendo dalla<br />

considerazione che nelle strutture termali esiste uno staff medico, esiste una<br />

competenza e quindi c’è la possib<strong>il</strong>ità di offrire servizi che siano complementari<br />

a quelli da organizzare sul territorio. Nel Lazio si sta vivendo un momento<br />

diffic<strong>il</strong>e visto che la sanità è commissariata, c’è stato un taglio considerevole<br />

dei posti letto ospedalieri e si continua a fare una confusione, che sul piano<br />

tecnico è inaccettab<strong>il</strong>e, tra la riduzione della quantità dei posti letto e la conseguente<br />

diminuita qualità assistenziale, perché non è detto che la quantità<br />

corrisponda ad una maggiore qualità assistenziale. Bisognerebbe dunque<br />

pensare a come organizzare meglio le cure sul territorio e come fare in modo<br />

che negli ospedali arrivino meno persone, in modo che le prestazioni ospedaliere<br />

siano più appropriate a vantaggio di un potenziamento del territorio che<br />

131


Capitolo 4<br />

passa anche attraverso un ruolo potenziato del medico di medico di medicina<br />

generale.<br />

Attraverso un riordino della Legge 323/2000, è possib<strong>il</strong>e l’integrazione strutturata<br />

delle aziende termali, che rappresentano oltre 170 realtà ben distribuite sul<br />

territorio italiano, con <strong>il</strong> S.S.N., per completare l’offerta territoriale.<br />

Questa legge di riordino prevedeva, per le stazioni termali tradizionali, la possib<strong>il</strong>ità<br />

di diventare centri di eccellenza per la riab<strong>il</strong>itazione e di offrire anche<br />

la possib<strong>il</strong>ità di realizzare all’interno degli stab<strong>il</strong>imenti termali, che hanno una<br />

fac<strong>il</strong>ità di accesso e una piacevolezza nella fruizione, delle campagne diagnostiche<br />

e delle iniziative importanti di educazione sanitaria, ad esempio riguardanti<br />

l’educazione alimentare. Basta osservare le abitudini delle nuove<br />

generazioni per capire quanto mangino male e quanto questa cattiva alimentazione<br />

produrrà effetti negativi sullo stato di salute futuro. Tutto ciò può<br />

essere realizzato con fac<strong>il</strong>ità in luoghi che hanno insieme alla tradizione ed<br />

alla competenza medica una vocazione turistica che rende <strong>il</strong> soggiorno più<br />

piacevole.<br />

L’ANCOT sta sv<strong>il</strong>uppando una attività di tipo istituzionale importante per far<br />

sì che questi concetti vengano recepiti dai legislatori e si possa arrivare velocemente<br />

alla attuazione di questo modello, come anche per le scuole di<br />

medicina termale che sono sulla carta ma che non sono state mai attivate.<br />

Dato che l’assistenza sanitaria è organizzata su base regionale, ci siamo anche<br />

organizzati in sezioni regionali che stanno avviando questo tipo di dialogo<br />

con i rispettivi enti regionali, proprio per raggiungere in tempi rapidi l’attuazione<br />

della 323. Nel caso di Fiuggi c’è stato già quest’anno un tentativo concreto<br />

di integrazione con <strong>il</strong> territorio grazie alla collaborazione tra le Terme Locali e<br />

un centro di riab<strong>il</strong>itazione convenzionato della zona che è la “Città Bianca<br />

di Veroli”, con risultati molto soddisfacenti. Regolarmente venivano prelevati<br />

dei pazienti, non in condizioni critiche, che hanno potuto beneficiare sia delle<br />

cure idropiniche tradizionali che di altre cure complementari. Sicuramente<br />

questa attività verrà proseguita e estesa nel futuro. Credo che questa sia la<br />

strada più corretta per la riconversione delle stazioni termali classiche, che<br />

dovranno concentrare nel campo della prevenzione una parte significativa<br />

della loro offerta di servizi. Purtroppo, tradizionalmente nella sanità italiana<br />

le valutazioni economiche non riscuotono lo stesso successo che raccolgono<br />

in altri stati Europei, come la Gran Bretagna, poiché non è affatto acquisito<br />

<strong>il</strong> concetto che la pratica intensa della prevenzione produca nel tempo una<br />

significativa riduzione dei costi assistenziali.<br />

Se invece si arriverà all’applicazione, e ce lo auguriamo, di un governo clinico<br />

del territorio in funzione delle valutazioni economiche di cui tutti possiamo<br />

disporre - e tutti noi dobbiamo lavorare per questo - sono convinto che anche<br />

per le stazioni termali ci potrà essere un ruolo nuovo, significativo e moderno.<br />

132


Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la promozione della salute<br />

4.3 Le UCCP nella riorganizzazione dell’assistenza primaria<br />

Franco Carrano 3<br />

L’argomento riguardante le UCCP è stato già oggetto di discussione in questo<br />

Congresso e dunque mi limiterò a ragionare su quello che in realtà è scritto<br />

nell’Accordo Collettivo Nazionale della Medicina Generale. L’ultimo ACN è stato<br />

siglato nel 2009 e ad apr<strong>il</strong>e 2010 è entrato in vigore. Lo scenario che si offre<br />

alla Medicina Generale mette in luce l’evoluzione stessa della Assistenza Primaria<br />

che dalle semplici forme associative va verso quelle più complesse delle UCCP.<br />

Questo quadro generale chiarisce come, da tempo e per tempo, la MG ha pensato<br />

di ridisegnare completamente quello che dovrebbe essere <strong>il</strong> proprio futuro.<br />

Partendo da un contesto regionale e calandosi nelle realtà distrettuali la MG<br />

cerca di creare dei modelli nuovi e di realizzare altri che non sono stati completamente<br />

diffusi o attuati; questo dimostra che la MG è impegnata concretamente<br />

a riorganizzarsi.<br />

L’articolo 29 dell’ACN recita che: “I medici singoli ed associati fanno parte di<br />

centri di responsab<strong>il</strong>ità territoriale, distrettuali o sub distrettuali, per partecipare<br />

al raggiungimento di specifici obiettivi del Distretto”. Il medico non è più, quindi,<br />

solo un libero professionista ma gli viene affidata la responsab<strong>il</strong>ità gestionale<br />

fungendo da garante per la gestione delle risorse che sono state allocate. Le<br />

UCCP hanno solo una definizione regionale ed è la Regione che, come modello,<br />

conferisce all’UCCP la designazione di ruoli, compiti e funzioni. Non è dunque un<br />

modello nazionale ma è in realtà la Regione che ne è titolare visto che investe<br />

i propri fondi, unitamente a quelli centrali, in questa forma organizzativa. Non<br />

riguarda solo i MMG ma, oltre ai pediatri di libera scelta e agli specialisti, può<br />

interessare anche altre figure professionali che da tempo stiamo puntando ad<br />

integrare nell’assistenza socio-sanitaria; questo risulterebbe, dunque, un modello<br />

complesso che sul territorio andrà a svolgere funzioni diverse. I requisiti e le funzioni<br />

minime delle UCCP comprendono l’obbligo a svolgere la propria attività professionale<br />

all’interno dell’unità che scatta per tutti i medici interessati alla singola<br />

unità solo alla sua attivazione ed è comunque subordinata agli accordi regionali.<br />

Alla programmazione regionale spetta la scelta dei modelli di UCCP. Il titolo V<br />

della Costituzione e le leggi generali dello Stato conferiscono ampia autonomia<br />

di programmazione e gestione della sanità ed è proprio in questo contesto che<br />

la FIMMG ha saputo prevedere alcune specifiche di garanzia perché dal momento<br />

in cui si passa dal modello di sanità nazionale a quello di sanità regionale<br />

l’autonomia potrebbe sconfinare in tante diversificazioni, come sta già accadendo.<br />

Nel ACN è scritto chiaramente che questa condizione pattuativa sarebbe stata<br />

accettata solo se <strong>il</strong> modello fosse stato lasciato comunque libero di configurarlo,<br />

3<br />

Segretario Provinciale FIMMG Frosinone<br />

133


Capitolo 4<br />

di programmarlo e di contrattarlo a livello regionale perché eravamo convinti e<br />

lo siamo tutt’ora che la realtà locale è quella che può dare nella nostra configurazione<br />

e nel modello proposto <strong>il</strong> miglior servizio ai cittadini.<br />

Il Sindacato, quindi, potrà intervenire già da subito, dal momento in cui la Regione<br />

dichiara di voler realizzare questo modello complesso di cure primarie.<br />

Il Sindacato collabora su un ventaglio di proposte con osservazioni scritte e motivate,<br />

<strong>il</strong> cui recepimento o meno non sarà ininfluente nei comportamenti “pattistici”<br />

vincolanti previsti dal ACN. Dunque non si potranno attivare UCCP senza<br />

accordo con i Sindacati firmatari della Convenzione. I protagonisti assoluti sono<br />

gli Accordi Regionali: accordi ad hoc per ciascuna UCCP ipotizzata, indispensab<strong>il</strong>i<br />

per determinare le condizioni di praticab<strong>il</strong>ità ed operatività del singolo<br />

progetto. Ogni Unità Complessa dovrà essere quindi creata con uno specifico<br />

accordo regionale che, partendo dalla condizione di ciascun medico interessato<br />

e valorizzando eventuali risorse assistenziali esistenti, tutelando <strong>il</strong> reddito e i<br />

diritti previdenziali di ciascuno, dovrà definire e finanziare la dotazione strutturale,<br />

strumentale e di personale necessaria, e prevedere le modalità partecipative<br />

dei medici. Non è ipotizzab<strong>il</strong>e che un unico accordo regionale possa assolvere<br />

agli obblighi previsti di tutela della diversificazione di ciascuna UCCP e di attivazione<br />

e funzionamento delle “singole unità complesse delle cure primarie”.<br />

Nell’ambito della determinazione dei finanziamenti si potranno intercettare risorse<br />

autonomamente investite dalle regioni, i fondi che saranno previsti dall’intesa<br />

Stato-Regioni e i fondi del Piano Sanitario Nazionale. Al di là della definizione del<br />

modello di Unità Complesse di Cure Primarie, l’iter dei finanziamenti è articolato<br />

e comunque si prospettano diversificazioni. Se parliamo poi di regioni come la<br />

Campania e <strong>il</strong> Lazio, che sono soggette a piano di rientro, si potrà intuire cosa<br />

significa non avere <strong>il</strong> finanziamento regionale adeguato. Si verificherà di avere<br />

un modello, l’UCCP, che in alcune Regioni stenterà a partire o non partirà affatto<br />

perché senza <strong>il</strong> contributo regionale non si va da nessuna parte. Il solo contributo<br />

che viene dal Piano Sanitario Nazionale non è quantitativamente importante e<br />

sufficiente e quindi, l’organizzazione generale della sanità delle Regioni, nei piani<br />

di rientro, deve trovare fondi anche e soprattutto per questa nuova forma di associazione:<br />

le UCCP. Si parla quindi di finanziamenti aggiuntivi. Se non ci saranno<br />

finanziamenti aggiuntivi e congrui non potranno essere sottoscritti accordi regionali<br />

sulle singole unità complesse di cure primarie e quindi non potrà scattare<br />

l’obbligo di adesione previsto dal comma 3) dell’art. 1 e dal comma 4 dell’art.<br />

3. Tutto, sul piano normativo e degli incentivi e delle indennità resterà come ora.<br />

Questi modelli cooperativistici delle UCCP dovranno assicurare sul territorio, di<br />

propria competenza, la erogazione a tutti i cittadini dei livelli essenziali ed uniformi<br />

di assistenza (LEA), si dovrà assicurare l’accesso ai servizi dell’unità complessa<br />

delle cure primarie (assistenza sanitaria di base e diagnostica di 1° livello), anche<br />

al fine di ridurre l’uso improprio del Pronto Soccorso e realizzare nel territorio la<br />

continuità dell’assistenza, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, per garantire una effettiva<br />

presa in carico dell’utente a partire in particolare dai pazienti cronici.<br />

134


Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la promozione della salute<br />

L’UCCP dovrà, soprattutto, perseguire l’integrazione con i servizi sanitari di secondo<br />

e terzo livello, prevedendo <strong>il</strong> diritto all’accesso in ospedale dei medici<br />

convenzionati. Tutto ciò sarà possib<strong>il</strong>e solo attraverso l’impiego di strumenti di<br />

gestione che garantiscano trasparenza e responsab<strong>il</strong>ità dei medici e dei professionisti<br />

sanitari nelle scelte assistenziali e in quelle orientate al perseguimento<br />

degli obiettivi di salute. Ultimamente se ne è parlato diffusamente poiché ad<br />

un nuovo modello organizzativo si dovrà proporre una gestione completamente<br />

diversa che va dall’organizzazione puramente amministrativa e gestionale, all’integrazione<br />

delle diverse figure professionali. Bisognerà farsi carico di sv<strong>il</strong>uppare la<br />

medicina d’iniziativa anche al fine di promuovere corretti st<strong>il</strong>i di vita presso tutta<br />

la popolazione, nonché la salute dell’infanzia e dell’adolescenza con particolare<br />

attenzione agli interventi di prevenzione, educazione e informazione sanitaria.<br />

Il ruolo principale che andrà a svolgere l’UCCP sarà quello di contribuire all’integrazione<br />

sul territorio di tutte le figure professionali e sociali creando integrazione<br />

fra assistenza sanitaria e assistenza sociale. Il Piano di Rientro (PdR) della Regione<br />

Lazio ha decretato la chiusura di strutture sanitarie ospedaliere con basso numero<br />

di accessi in PS e bassa performance (soprattutto scarsa occupazione dei<br />

posti letto).<br />

Noi come Medicina Generale abbiamo espresso già un parere, parzialmente<br />

positivo, a questo piano di rientro poiché si sta sv<strong>il</strong>uppando la volontà certificata<br />

di andare a spostare l’allocazione di risorse economiche dall’ospedale sul territorio,<br />

proponendo dei modelli gestionali della medicina del territorio abbastanza<br />

concreti e attuab<strong>il</strong>i. Tuttavia dovremo aspettare la seconda fase più complessa<br />

e di verifica in cui a quanto scritto dovrà far seguito una serie di interfacce contrattuali<br />

per andare poi a controllare se le risorse allocate saranno giuste e sufficienti<br />

a realizzare per intero la progettualità.<br />

Tra le forme che sono state proposte ci sono gli Ospedali Distrettuali OD che sono<br />

di impostazione vicina agli ospedali di comunità e si va verso un modello più<br />

funzionale perché prevede delle integrazioni con realtà proprie della Regione<br />

Lazio come le Unità di Cure Primarie UCP. Le UCP sono Unità di Cure Primarie<br />

con apertura di studi di medici associati in varie forme, con collegamenti in rete,<br />

aperti dalle 10 alle 19 nei giorni feriali. Quindi c’è questa disponib<strong>il</strong>ità di rete ben<br />

articolata nel Lazio con circa 196 UCP a cui volontariamente <strong>il</strong> 97% dei MMG della<br />

Regione ha aderito, diventando dunque una realtà di rete territoriale. L’Ospedale<br />

Distrettuale rappresenta attualmente <strong>il</strong> modello di aggregazione,tra quelli<br />

proposti nel piano di rientro sanitario, maggiormente accreditato e più avanzato<br />

in questo momento per quanto riguarda la Regione Lazio. L’Ospedale Distrettuale<br />

OD prevede, al suo interno, diverse funzioni, articolate secondo un’organizzazione<br />

modulare in: 1. Funzioni “Core”, irrinunciab<strong>il</strong>i ed identificative della struttura;<br />

2. Moduli funzionali aggiuntivi che andranno poi a caratterizzare anche quella<br />

specificità di quell’ospedale perché magari in quel territorio c’è una necessità<br />

135


Capitolo 4<br />

sociale più evidenziata; in ultima battuta ci sono le RSA (residenze socio assistenziali)<br />

non obbligatorie ma attivab<strong>il</strong>i in funzione di valutazioni locali in sintonia con<br />

<strong>il</strong> fabbisogno e la programmazione regionale.<br />

Stiamo assistendo ad una svolta in ambito di Cure Primarie nel Lazio in cui tutto<br />

è vincolato alla risorsa economica, perché si garantisce <strong>il</strong> primo livello assistenziale,<br />

forse si potrà integrare <strong>il</strong> secondo, ma tuttavia tutto quello che poi sarà<br />

auspicab<strong>il</strong>e è già definito come aggiuntivo e quindi le UCCP in questo ambito a<br />

mio giudizio dovranno essere rimodulate con attenzione verificando, passo per<br />

passo, risorse economiche e tempi di attuazione.<br />

Tra i Moduli funzionali aggiuntivi ci sono le UCP unite al Presidio Territoriale dello<br />

Stab<strong>il</strong>imento Termale.<br />

Il Presidio Territoriale dello Stab<strong>il</strong>imento Termale rappresenta un modello che non<br />

rientra nei nostri accordi sindacali, non lo ritroviamo nei piani di rientro, ma se<br />

immaginassimo una rete di MMG, integrata ad una rete di Ospedali Distrettuali<br />

e in questo ambito di OD rientrasse anche uno stab<strong>il</strong>imento termale, <strong>il</strong> discorso<br />

delle prestazioni di primo livello, dell’educazione sanitaria e dell’assistenza sociosanitaria,<br />

non rappresenterà più un modello aggiuntivo vincolato alle risorse, ma<br />

potrebbe rappresentare invece una componente essenziale in questo nuovo<br />

modello gestionale integrato.<br />

4.4 Il settore termale nella riorganizzazione dell’assistenza primaria a 10 anni dalla<br />

legge 323<br />

Aurelio Crudeli 4<br />

FederTerme è l’Associazione di Confindustria che associa tutte le aziende termali<br />

del nostro paese, ha una rappresentatività pressochè totale su tutto <strong>il</strong> territorio nazionale,<br />

90 anni di storia alle spalle fondata nel 1919 data in cui è stato emanato<br />

<strong>il</strong> primo provvedimento organico in tema di termalismo. Da allora sono trascorsi<br />

circa 80 anni per l’emanazione del secondo provvedimento quadri della legge<br />

323 che oggi compie 10 anni dal 24 Ottobre del 2000. A questo punto si impone<br />

una riflessione sulla legge 323 che andrebbe ritoccata anche se, in questi anni,<br />

ha assolto la sua funzione dando un peso maggiore al ruolo delle cure termali nel<br />

sistema sanitario nazionale rafforzandone <strong>il</strong> ruolo. In più circostanze ha rappresentato<br />

un elemento di sostegno per le imprese e per quanti lavorano nel settore e<br />

nei momenti critici senza dimenticare la battaglia per i LEA o le vicende che ci<br />

hanno visto sempre protagonisti come i rinnovi degli accordi con le regioni, sempre<br />

più travagliati, i quali non hanno contenuti meramente economici, ma che<br />

regolano la vita delle aziende termali sul territorio. Uno dei problemi principali di<br />

questa legge riguarda la mancata attuazione di alcune sue parti e se volessimo<br />

4<br />

Direttore Generale FederTerme<br />

136


Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la promozione della salute<br />

fare una statistica per settori ci renderemmo conto che la maggior parte dei provvedimenti<br />

non emanati sono quelli che dovrebbero avere matrice regionale. Per<br />

quanto riguarda gli aspetti demandati alla competenza governativa in realtà ne<br />

vedrei sostanzialmente due: uno è la definizione di linee guida sui cicli combinati<br />

di cura mentre l’altro è quello sul marchio di qualità termale per <strong>il</strong> quale manca<br />

ancora un decreto interministeriale tra <strong>il</strong> Ministero dello Sv<strong>il</strong>uppo Economico e <strong>il</strong><br />

Ministero dell’Ambiente, che dovrebbe rappresentare la base per l’emanazione<br />

dei vari marchi di qualità. Se questo, in grandi linee, è stato l’apporto della legge<br />

323 in questi dieci anni, sarebbe ut<strong>il</strong>e parlare di una rivisitazione anche in termini<br />

di prospettive. Il convegno organizzato dall’ANCOT l’8 di luglio 2010, ha rappresentato<br />

un momento sicuramente molto interessante, in cui <strong>il</strong> ministro Fazio ha<br />

chiarito <strong>il</strong> ruolo che le aziende termali dovrebbero poter svolgere all’interno del<br />

sistema sanitario nazionale, oltre a quello che già sostengono attraverso l’erogazione<br />

delle cure per le patologie riconosciute, ed è sicuramente un ruolo di presidio<br />

sanitario fortemente radicato sul territorio. Stiamo ragionando di una presenza<br />

cap<strong>il</strong>larmente diffusa e siamo consapevoli del fatto che siamo e saremo in grado<br />

di svolgere un ruolo a tutto tondo, in ogni singolo distretto, grazie a questa cap<strong>il</strong>lare<br />

presenza in ogni area del nostro paese. Qualche riflessione di carattere tecnico<br />

normativo sul come, ipoteticamente, operare una revisione sulla legge 323 che<br />

da più parti, viene sollecitata anche dagli ambienti istituzionali. Si potrebbe ragionare,<br />

ad esempio, sulla revisione del sistema autorizzatorio attualmente molto<br />

concentrato sullo stab<strong>il</strong>imento ma che potrebbe prevedere anche una copertura<br />

da parte dell’autorizzazione che viene r<strong>il</strong>asciata dallo stab<strong>il</strong>imento termale<br />

per una serie di attività collaterali, oppure si potrebbero estendere i cicli di riab<strong>il</strong>itazione<br />

termale a tutti i cittadini così come previsto dall’Articolo 3 della legge,<br />

norma che è rimasta largamente inattuata nonostante le numerose pressioni che<br />

abbiamo svolto. Si potrebbe andare a mutuare qualcosa come quanto è stato<br />

previsto ad esempio per le farmacie in termini di servizi aggiuntivi erogati ai cittadini,<br />

immaginando un giorno non lontano in cui anche noi (Aziende Termali) potremmo<br />

svolgere servizi di primo livello, di prevenzione, di educazione sanitaria, di<br />

partecipazione a programmi di diffusione di corretti st<strong>il</strong>i di vita, così come anche<br />

per altre strutture sanitarie. Non sempre, dunque, è necessario o serve modificare<br />

o aggiungere norme ma talvolta basta ragionare sull’esistente oppure in talune<br />

circostanze, come nei prof<strong>il</strong>i autorizzatori, basta semplicemente passare ad una<br />

modifica della legge, ma credo che molto possa essere fatto attraverso una più<br />

attenta lettura delle norme vigenti. L’impegno forte non dovrà essere solo quello<br />

del legislatore ma anche quello del governo e delle regioni con le quali <strong>il</strong> rapporto<br />

in tema di sanità è divenuto piuttosto complicato, soprattutto nelle regioni<br />

soggette a piani di rientro. Sarebbe opportuno chiedersi se le risorse allocate,<br />

seppure limitate, potrebbero essere allocate in maniera diversa e più razionale,<br />

trasferendo alcune competenze ed alcuni servizi dall’ospedale a fuori e in questo,<br />

di sicuro, le terme potrebbero essere degli ottimi candidati per l’erogazione di alcuni<br />

servizi e sicuramente a costi per <strong>il</strong> Servizio Sanitario Nazionale molto più bassi.<br />

137


Capitolo 4<br />

In questo quadro, pensiamo anche alla riab<strong>il</strong>itazione. L’esperienza biennale di ricerca<br />

attraverso l’INAIL, allorché si parlò di riab<strong>il</strong>itazione degli infortunati sul lavoro<br />

presso le terme, dimostrò che i nostri costi erano in assoluto più competitivi e bassi.<br />

Un ruolo importante al nostro fianco possono giocarlo i Comuni Termali e i relativi<br />

Sindaci che ci sono da sempre vicini in tutte le nostre battaglie. Dobbiamo dunque<br />

cominciare a ragionare non più in termini di strategia difensiva ma in termini<br />

di prospettiva per riuscire a costruire qualcosa, dato che indubbiamente <strong>il</strong> settore<br />

presenta un andamento cristallizzato visto che dai dati degli ultimi anni è emerso<br />

che la spesa è ormai consolidata e tenuta sotto controllo.<br />

Il governo ha cominciato a mostrare segni di interesse, visto che sul versante normativo<br />

nell’ultimo disegno di legge sulla sanità <strong>il</strong> ministro ha inserito una norma<br />

sulla comp<strong>il</strong>azione di un testo unico sulle attività termali che sicuramente rappresenta<br />

un argomento importante nel quale potremmo già inserire qualche previsione<br />

ordinamentale di sostegno e di supporto però credo che la strada sia lunga.<br />

Da quanto emerso in questo Congresso, è chiaro che le Terme possono rappresentare<br />

un presidio territoriale di grande interesse per tutti, dai medici alle regioni,<br />

<strong>il</strong> come è un tema da guardare con maggiore attenzione e passa attraverso<br />

una razionalizzazione della legge nazionale ma anche un impegno più forte delle<br />

regioni per far leva sulla normativa esistente, sulla ottimizzazione delle risorse esistenti<br />

e sulla volontà di perseguire anche una maggiore appropriatezza nell’erogazione<br />

delle singole prestazioni.<br />

4.5 Attività motoria e promozione della salute nelle politiche europee<br />

Fausto Felli 5<br />

L’argomento che andremo ad affrontare riguarderà alcune tematiche che si<br />

stanno ordinatamente sv<strong>il</strong>uppando in ambito Europeo. Come tali vengono viste<br />

lontane e non connesse alle problematiche nazionali ma dobbiamo cominciare<br />

a considerarle vicine e strettamente connesse, man mano che <strong>il</strong> quadro di riferimento<br />

normativo europeo diventa un punto di riferimento per i 27 Stati. Infatti la<br />

Corte di Giustizia Europea solo lo scorso anno ha emanato 200 sentenze a favore<br />

dell’applicazione di quei principi che fanno dell’Europa non un’entità geografica<br />

ma un soggetto Normatore.<br />

A Bruxelles ci sarà tra breve una riunione del Comitato delle regioni dove verrà<br />

affrontato <strong>il</strong> tema della promozione della salute all’interno dei nuovi fondi di coesione.<br />

Ci sarà poi una riunione con <strong>il</strong> Presidente del parlamento europeo <strong>il</strong> quale<br />

ha preso in seria considerazione l’idea di inserire tutte le azioni della promozione<br />

5<br />

Presidente Istituto Italiano per la Qualità del Vivere<br />

138


Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la promozione della salute<br />

della salute all’interno di un’azione comunitaria sostenuta economicamente e in<br />

grado di dare un prof<strong>il</strong>o nuovo ai fondi di coesione.<br />

Tutto questo è stato preceduto da una serie di impegni e di atti primo fra tutti<br />

<strong>il</strong> libro verde sulla Health workforce in cui è scritto chiaramente che “la promozione<br />

della salute non è importante solo di per sé ma è importante perché essa<br />

consente di contenere i costi della spesa sanitaria”. Questa affermazione precedeva<br />

di due anni quella dell’Open Health Forum del 2010 dove si diceva nel<br />

documento finale che non è più a lungo accettab<strong>il</strong>e che ci sia un investimento<br />

del 97% per la Health Care e solo del 3% per la Health Promotion.<br />

Questo dibattito a livello europeo ha condotto ad un discorso di riconfigurazione<br />

dei sistemi sanitari. C’è un lavoro culturale, scientifico e politico che tenta di<br />

dimostrare la necessità ed opportunità di migliorare le performance sociali, fra le<br />

quali la salute in primis.<br />

Il prezzo che si paga ? Oltre che dover perdere tempo nei singoli paesi di appartenenza<br />

a parlare con “cinghiali” per dare un’idea della violenza del nulla,<br />

che non produce nulla, nei singoli paesi si è arrivati ad una sorta di situazione<br />

ambigua ed insostenib<strong>il</strong>e che è quella che “chi fa i tagli dei costi non conosce <strong>il</strong><br />

costo dei tagli”.<br />

Questa situazione insostenib<strong>il</strong>e sul piano della democrazia è invece ben sostenuta<br />

da una sostanziale ignoranza dei ruoli e delle responsab<strong>il</strong>ità, a vari livelli, per<br />

cui l’arte di cucinare e riscaldare i concetti all’infinito sta sostituendo l’arte del<br />

ragionare.<br />

Il ragionamento diventa oggi molto semplice perché l’Europa con i suoi 500 mln<br />

di abitanti ha deciso che la Health Promotion diventi un punto caratterizzante di<br />

quello che attualmente viene definito la European Public Health System caratterizzato<br />

da tre novità fondamentali:<br />

1. Non avere più un sistema a due gambe Farmaco-Ospedale ma avere un sistema<br />

a tre gambe rappresentato da Health Promotion-Farmaco-Ospedale;<br />

2. Individuare un soggetto attuativo di queste politiche evolute, che è stato<br />

individuato nelle regioni;<br />

3. Priv<strong>il</strong>egiare come metodologia per la formazione dei b<strong>il</strong>anci la bottom up<br />

planning cioè partire dalla ricognizione dei bisogni dal basso e poi pazientemente<br />

riannodare tutte queste notizie, come fa in nervo ottico con la retina,<br />

riunirle e farla diventare proposta di b<strong>il</strong>ancio.<br />

Con la globalizzazione in un’ora e mezzo di aereo possiamo lasciare un sistema<br />

(Italiano) che oltre ad ignorare tutto ciò sta affidando a coloro che hanno fatto i<br />

danni anche <strong>il</strong> compito di ripararli, manifestando <strong>il</strong>logicità, per entrare in Europa,<br />

139


Capitolo 4<br />

e penetrare le architetture e le tessiture di quello che lì possiamo senza vergogna<br />

definire “ragionamento”.<br />

Questa è una critica costruttiva volta a incentivare ad aprire gli occhi visto che<br />

“per guardare le punte delle scarpe non ci accorgiamo che ci sta attraversando<br />

un’astronave sopra la testa”.<br />

Come proposta concreta la direzione generale di DG SANCO, la commissione<br />

che si occupa del coordinamento dei 27 ministeri della salute dei 27 paesi, ha<br />

creato un gruppo di lavoro che si occupa della riconfigurazione dei sistemi sanitari<br />

nazionali.<br />

Questo gruppo di lavoro consta di 20 importanti esperti - di cui mi onoro di far<br />

parte nel ruolo di coordinatore di un network di 10 ASL con tre università, con<br />

FederSanità ANCI e con significativi contatti con Agenas, - che si sta occupando<br />

di declinare <strong>il</strong> concetto di Health Promotion.<br />

La prima cosa che è stata messa in luce è <strong>il</strong> concetto di promozione di salute su<br />

larga scala perché se non si introduce <strong>il</strong> termine di larga scala non si hanno le<br />

armi per entrare nei b<strong>il</strong>anci, dato che solo la larga scala pone in essere la visione<br />

quantitativa e ti obbliga a parlare di numeri.<br />

Il concetto benché espresso in forme autorevoli e br<strong>il</strong>lanti non è ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>e ai fini<br />

della modifica di nessun b<strong>il</strong>ancio. Le 10 ASL di cui 6 della Puglia, due del Lazio, 2<br />

dell’Em<strong>il</strong>ia Romagna hanno messo in piedi un modello dividendosi i compiti dove<br />

si parte dal cittadino auto produttore di salute, all’attività motoria somministrata<br />

su larga scala, alla nutrizione e alla riab<strong>il</strong>itazione immunitaria pensando alle terme<br />

come uno strumento per <strong>il</strong> mantenimento dello stato di salute.<br />

Rivendico, avendo partecipato alle audizioni parlamentari per la legge 323/2000<br />

di Riordino del Sistema Termale, di aver proposto e con soddisfazione di vedere<br />

accettato un emendamento riportato nell’Articolo 1, in cui si cita che “le terme<br />

sono riconosciute come strumento per <strong>il</strong> mantenimento della salute”.<br />

Questa sola frase può essere sufficiente per riconfigurare ancora una volta <strong>il</strong><br />

ruolo delle terme che attualmente è marginale, consegnato a quella monoprescrizione<br />

termale che non ha senso terapeutico e che non incide sulla spesa<br />

pubblica e fa del settore un settore altamente mortificato. L’Agenas ha ospitato<br />

l’idea di formare un gruppo di lavoro per assistere ed essere protagonista<br />

della declinazione completa del termine Health Promotion, visto che la esatta<br />

e puntuale interpretazione di questo principio varrà alle regioni che si candideranno<br />

ai fondi di coesione una sorta di priv<strong>il</strong>egio nell’ambito dell’acquisizione<br />

dei fondi.<br />

140


Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la promozione della salute<br />

La Regione Lazio, la Regione Puglia e la Regione Em<strong>il</strong>ia Romagna si stanno candidando<br />

per questo e ovviamente nel gruppo di riflessione con Agenas accoglieremo<br />

tutti i rappresentanti di quei settori cenerentola, nelle cui mani c’è l’attività<br />

e la possib<strong>il</strong>ità di svolgere un ruolo attivo nella Health Promotion e quindi di<br />

potersi candidare alle risorse Europee e verso una funzione nuova.<br />

Mi aspetto dunque che FederTerme ci faccia la richiesta di essere incluso in questo<br />

gruppo di lavoro e laddove questo avverrà la accoglieremo con grande<br />

gioia. Abbiamo provveduto oltre che all’elaborazione del modello, anche ad<br />

effettuare i preliminari formativi senza i quali nessuna cosa si potrà mai svolgere.<br />

È stato organizzato un master sulla Equity Health Manager, cioè <strong>il</strong> manager della<br />

salute, quella figura professionale che manca nelle ASL perché questa proposta<br />

di Health Promotion permane nei cassetti dei concetti e quindi la declinazione<br />

operativa è la fatica che va compiuta con calma e serenità.<br />

La Regione Puglia, ovvero l’Organismo Regionale per la Formazione in Sanità,<br />

diretto dal Prof. Felice Ungaro, proprio ieri ha avviato <strong>il</strong> primo corso per creare un<br />

dialogo fra dirigenti delle Asl, dirigenti dei servizi sociali e dei comuni, delle forze<br />

sociali e della medicina generale.<br />

Questo primo corso mira a sottolineare <strong>il</strong> fatto che oggi nessuno può sentirsi persona<br />

arrivata se riesce a svolgere anche nella maniera migliore le migliori azioni, ma<br />

può dirsi soddisfatto solo se riesce a essere promotore di interazioni ed integrazioni.<br />

La vera ricchezza e <strong>il</strong> vero valore aggiunto è proprio quello delle interazioni/integrazioni<br />

e con questo modello vorremmo portare in Europa non <strong>il</strong> lamento di<br />

chi vede nell’Europa qualcosa che deve darci qualcosa, ma chi vede nell’Europa<br />

qualcosa a cui noi dobbiamo dare qualcosa affinchè essa possa avere uno<br />

spessore ed un significato.<br />

Queste due esperienze risultano molto importanti: <strong>il</strong> network che coinvolge circa<br />

6mln di persone e ci consente di effettuare un buon lavoro per l’acquisizione dei<br />

dati, <strong>il</strong> master dove <strong>il</strong> Presidente del CUN Andrea Lenzi ha voluto lasciarci una testimonianza<br />

di grande vicinanza, perché questo passaggio da un sistema a due<br />

p<strong>il</strong>asti Farmaco-Ospedale ad un sistema a tre P<strong>il</strong>astri Health Promotion-Farmaco-<br />

Ospedale non è una prova muscolare dove chi ha o chi difende le situazioni di<br />

potere dovrà guerreggiare con chi attenta a questa situazione di potere.<br />

È invece previsto l’avvio di questo discorso di Health Promotion e con esso anche<br />

l’avvio di un processo culturale, scientifico, organizzativo e politico. Quando<br />

parlo di processo scientifico faccio riferimento alle ultime acquisizioni sui temi di<br />

acquisizione genica, attività telomerasica, ovvero si è visto che attività motoria e<br />

nutrizione possono incidere sulla performance del nostro DNA.<br />

141


Capitolo 4<br />

In questo abbiamo un dialogo con una società Europea di Genetica che ha<br />

visto in questa nuova dimensione di Health Promotion un campo d’azione formidab<strong>il</strong>e<br />

per ridonare alla faretra clinica quelle frecce che si sono ridotte a ben<br />

poche e a volte anche spuntate.<br />

Non ci turba la fatica della salita, la difficoltà nel seguire tante attività insieme<br />

perché i risultati ci sono e lo stesso Eurispes ha voluto aprire un settore dedicandolo<br />

a queste tematiche. Quindi siamo fiduciosi che con la forza del ragionamento<br />

e la dimostrazione dei passi che si fanno potremmo portare in Europa <strong>il</strong><br />

modello italiano che certamente ha tutti gli elementi per essere un modello di<br />

punta ed un modello evoluto.<br />

4.6 “Dieciannidivitainpiu”: un progetto aifa tra ospedale e territorio da proporre<br />

negli stab<strong>il</strong>imenti termali<br />

Domenico Caruso 6<br />

L’ipertensione arteriosa (IA) è, dopo l’artrosi, la malattia più diffusa nei paesi industrializzati.<br />

Secondo la Società Europea dell’Ipertensione ne è affetto almeno<br />

un terzo della popolazione,in Italia probab<strong>il</strong>mente oltre <strong>il</strong> 35% (oltre 21 m<strong>il</strong>ioni). Di<br />

questo numero enorme solo <strong>il</strong> 30-35% ha valori normalizzati di pressione ed <strong>il</strong> restante<br />

o non sa di essere iperteso o non riesce o non vuole controllare la malattia.<br />

L’IA è tra i più importanti fattori di rischio per le malattie cardiovascolari che rappresentano<br />

la prima causa di morte in Italia (ISTAT) e si prevede che resterà tale<br />

fino al 2050.<br />

Nel 2008 in Italia sono stati spesi (costi diretti ed indiretti) per questo tipo di patologia<br />

oltre 1 m<strong>il</strong>iardo ed 800 m<strong>il</strong>ioni di euro (ISTAT). Ci troviamo di fronte, quindi,<br />

ad un gravissimo problema sociale, morale ed economico e dobbiamo attuare<br />

tutte le strategie possib<strong>il</strong>i per contrastarlo, tenuto conto che l’allungamento della<br />

vita media, contribuisce, viceversa, ad appesantirlo.<br />

Sono tante le cause dell’insufficiente controllo della pressione e del mancato<br />

rispetto del piano igienico-terapeutico previsto per ciascun paziente: gli effetti<br />

collaterali dei farmaci 53,3%, l’inadeguatezza della terapia 34,1%,disponib<strong>il</strong>ità di<br />

nuovi farmaci 8,5%, varie 5% (Ambrosioni 2000), ma soprattutto la mancata adozione<br />

di corretti st<strong>il</strong>i di vita.<br />

Nel 2008 Redon sul Journal of Hypertension ha pubblicato un interessante lavoro<br />

sulle principali cause del mancato controllo pressorio indicando tra le più frequenti<br />

la prevenzione primaria inefficace, la mancata compliance, la difettosa<br />

percezione dl rischio,la mancanza di semplicità, <strong>il</strong> sovraccarico lavorativo dei<br />

medici, <strong>il</strong> peso insopportab<strong>il</strong>e dei servizi sanitari.<br />

6<br />

Direttore UOC struttura Complessa AORN Cardarelli Napoli<br />

142


Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la promozione della salute<br />

È necessario, evidentemente, individuare nel più breve tempo possib<strong>il</strong>e, nuove<br />

strategie, per aumentare <strong>il</strong> numero di ipertesi con pressione normalizzata e ridurre<br />

le complicanze cardio-vascolari.<br />

L’ampliamento dei rapporti tra “Territorio” ed Ospedale affidando a quest’ultimo<br />

solo i casi di ipertensione resistente e quelli che appaiono realmente collegati a<br />

severi problemi vascolari, con un occhio sempre aperto al controllo della spesa<br />

pubblica, è certamente un cardine di una nuova e più moderna organizzazione<br />

sanitaria.<br />

Un altro aspetto da sv<strong>il</strong>uppare necessariamente, è la messa a punto di un sistema<br />

che convinca gi ipertesi a migliorare ed a correggere le proprie abitudini di<br />

vita. Da questa necessità è partito <strong>il</strong> Centro per la diagnosi e la terapia dell’ipertensione<br />

dell’ospedale Cardarelli di Napoli sin dal 2001, che nel 2003 ha creato<br />

un percorso da far compiere agli ipertesi per migliorare le conoscenze sulla<br />

malattia ed a rafforzare in loro la necessità di curarsi non solo con i farmaci ma<br />

soprattutto migliorando lo st<strong>il</strong>e di vita. Nel 2007, grazie alla collaborazione con <strong>il</strong><br />

Centro di Biotecnologie dello stesso ospedale e l’istituto Mario Negri Sud è stato<br />

organizzato un programma ambizioso chiamato “dieciannidivitainpiu”. Presentato<br />

alla Regione Campania tra i progetti della Legge 5, è stato approvato con<br />

delibera regionale ed è stato attuato grazie alla collaborazione determinante<br />

dei medici di Medicina Generale di Benevento. Avendo ottenuto soddisfacenti<br />

risultati (riportati successivamente) nel 2008 <strong>il</strong> progetto è stato ampliato a tutta la<br />

Regione Campania, grazie ad un finanziamento AIFA che evidentemente ne ha<br />

condiviso l’ut<strong>il</strong>ità.<br />

L’obiettivo primario di questo studio è la riduzione dei valori della pressione arteriosa<br />

attraverso le modificazioni dello st<strong>il</strong>e di vita. Gli obiettivi secondari sono: riduzione<br />

degli eventi avversi cardiovascolari e cerebrali, riduzione del numero delle<br />

specialità farmaceutiche adoperate e/o del dosaggio (compliance), riduzione<br />

del passaggio a farmaci differenti, riduzione degli accessi al pronto soccorso<br />

ed agli studi dei medici di medicina generale. Sono stati arruolati nel primo progetto<br />

regionale 147 pazienti nel gruppo Intervento (I) e 132 nel gruppo controllo<br />

(C). Tutti i pazienti hanno comp<strong>il</strong>ato un questionario sulla qualità e sulle abitudini<br />

dello st<strong>il</strong>e di vita a tempo 0 ed alla fine. I pazienti del gruppo I dopo 90 giorni<br />

dall’arruolamento sono stati divisi per gruppi non superiori alle 20 unità ed invitati<br />

a partecipare ad un focus group della durata di due ore. Dopo tre mesi hanno<br />

partecipato ad un role-playng e dopo altri 90 giorni ad un incontro libero di altre<br />

due ore. I focus ed i role-playng sono stati introdotti da personale esperto (medici,<br />

farmacisti, biologi). Sono stati registrati i farmaci assunti da tutti a tempo 0 ed<br />

alla fine e le eventuali complicanze cardiovascolari. I pazienti che alla fine del<br />

programma hanno ridotto la terapia sono <strong>il</strong> 28,6% nel gruppo I ed <strong>il</strong> 9,8 nel C; non<br />

ha apportato variazioni terapeutiche <strong>il</strong> 63,3 del gruppo I ed <strong>il</strong> 50% del C,l’8,2%<br />

del gruppo ha aumentato la terapia, <strong>il</strong> 40,9 del gruppo C. nel gruppo I c’è stata<br />

una riduzione della spesa media di 4,03€ per mese pro capite e nel gruppo C un<br />

aumento di 6,8€ per mese pro capite.<br />

143


Capitolo 4<br />

È in corso lo studio finanziato dall’AIFA e ci vorrà un po’ di tempo per analizzarne<br />

i risultati, per altro non ancora completi. I pazienti arruolati son circa 2900 e ne<br />

mancano altri 800 per arrivare al target previsto per avere risultati che abbiano<br />

una significatività statistica attendib<strong>il</strong>e.<br />

Dalla nostra esperienza appare chiaro che al paziente dovrebbe essere fornito<br />

un chiaro razionale sulla necessità del trattamento, che sia consono alla sua percezione<br />

di malattia. Le sue specifiche preoccupazioni dovrebbero essere esplicitate<br />

e gestite insieme. Per fac<strong>il</strong>itare l’aderenza è necessario costruire una buona<br />

relazione con <strong>il</strong> paziente (ab<strong>il</strong>ità comunicative ed empatia), conoscere le sue<br />

convinzioni e le sue preoccupazioni circa la malattia e <strong>il</strong> trattamento, stab<strong>il</strong>ire<br />

insieme finalità, priorità e metodi del trattamento, coinvolgere <strong>il</strong> paziente nella<br />

gestione della malattia, individuare le risorse e i limiti del paziente monitorare l’efficacia<br />

dei trattamenti insieme alle loro ricadute sulla qualità della vita.<br />

È evidente che <strong>il</strong> programma va esteso ad un numero sempre maggiore di pazienti<br />

per verificarne ulteriori aspetti che potrebbero sfuggire nel corso dell’attuale<br />

indagine. Quale platea, per approfondire questa valutazione, può essere<br />

migliore offerta dia clienti delle terme italiane? Chi va a curarsi in uno dei tanti e<br />

prestigiosi istituti termali italiani, è evidentemente interessato alla propria salute<br />

e durante la cura è certamente molto r<strong>il</strong>assato e ben disposto ad affrontare tematiche<br />

semplici ma efficaci per la propria salute. Proporre un percorso relativo<br />

all’informazione salute in cui <strong>il</strong> paziente, attraverso focus e role-playng, non è più<br />

soggetto passivo ma protagonista della gestione della problematica, potrebbe<br />

rappresentare un miglioramento della qualità, già altissima, dell’offerta termale<br />

e anche un occasione importante per avvicinare <strong>il</strong> paziente al problema della<br />

gestione dell’ipertensione arteriosa. Il paziente si sentirebbe coinvolto direttamente<br />

in un processo decisionale in cui la scelta è affidata esclusivamente a se<br />

stesso e non più adottata con accettazione perché imposta dal medico a da<br />

altri addetti ai lavori. Egli avrebbe la possib<strong>il</strong>ità, in un ambiente sereno quali sono<br />

le Terme italiane, di imparare e di capire <strong>il</strong> perché di scelte di vita che altrimenti<br />

potrebbero risultargli ost<strong>il</strong>i e richiamare alla loro memoria Molieré che si domandava:<br />

a che serve vivere da malati per morire sani? Ovviamente la mia, è una<br />

proposta sintetizzata al massimo, in questa sede, che prima di essere attuata<br />

dovrà essere verificata sia sotto l’aspetto scientifico che in quello organizzativo,<br />

attraverso un confronto con i Vertici della Società delle Terme, per <strong>il</strong> quale sin<br />

da questo importante consesso nazionale, do la disponib<strong>il</strong>ità mia personale e di<br />

tutto <strong>il</strong> gruppo di lavoro che rappresento. Bisogna adottare rapidamente soluzioni<br />

che non tengano più conto soltanto dell’opzione farmacologica, sgradita al<br />

paziente e sicuramente dispendiosa, ma che facciano capire a tutti i vantaggi<br />

che derivano dal miglioramento dello st<strong>il</strong>e di vita e dal rispetto di semplici norme<br />

igienico alimentari, che non costano nulla e che ci fanno guadagnare anni di<br />

buona salute.<br />

144


Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la promozione della salute<br />

4.7 La fondazione per la ricerca scientifica termale (forst) e la medicina generale:<br />

progetti possib<strong>il</strong>i<br />

Mauro Vaccarezza 7 , Marco Vitale 8<br />

FoRST (Fondazione per la Ricerca Scientifica Termale) è attivamente impegnata<br />

nella rivalutazione su basi scientifiche della medicina termale per un r<strong>il</strong>ancio del<br />

settore nel nuovo m<strong>il</strong>lennio collaborando con enti, istituzioni nazionali e internazionali<br />

e con le principali associazioni mediche italiane, inclusa la FIMMG (Federazione<br />

Italiana Medici di Famiglia)<br />

La categoria del benessere è intrinsecamente legata ai concetti di qualità della<br />

vita e di salute.<br />

Essa include:<br />

1. gli aspetti oggettivi che concorrono nel determinare buone condizioni di vita<br />

(stato di salute, la qualità dell’ambiente, sicurezza, lavoro, condizione socioeconomica,<br />

accessib<strong>il</strong>ità dei servizi)<br />

2. gli aspetti soggettivi che riguardano la percezione della propria situazione particolare.<br />

Riguardo al concetto di salute, l’OMS ormai da tempo sostiene la non corrispondenza<br />

dello stato di salute con la semplice assenza di malattia, considerandolo<br />

invece uno stato di benessere più generale, fisico, psichico e sociale.<br />

Le terme sono state storicamente una fonte di benessere e di rimedio a patologie<br />

di varia natura. L’impiego di acque termali per idroterapia era diffuso nel bacino<br />

del Mediterraneo fin dall’antichità. In particolare, i Romani trasformarono <strong>il</strong> termalismo<br />

da strumento di cura a strumento di benessere attraverso la realizzazione di<br />

Thermae pubbliche su tutto <strong>il</strong> territorio dell’impero.<br />

Le maggiori di esse erano una vera e propria istituzione sociale, con biblioteche,<br />

sale per riunioni, palestre: erano cioè un vero e proprio “luogo di benessere” in<br />

senso moderno.<br />

Oggi è sempre più attuale <strong>il</strong> passaggio da un concetto statico di salute inteso<br />

meramente come assenza di malattia ad un concetto dinamico di salute, legato<br />

agli st<strong>il</strong>i di vita e alle iniziative volte a modificarli a seconda delle esigenze e delle<br />

circostanze; allo stesso modo lo stab<strong>il</strong>imento termale, già moderno ai tempi dei<br />

7<br />

Professore Associato presso <strong>il</strong> Dipartimento di Anatomia, Farmacologia e Medicina Forense, Università di<br />

Parma, Parma e del Dipartimento di Scienze Motorie e della Salute, Università di Cassino, Cassino (FR)<br />

8<br />

Preside Vicario Dipartimento di Anatomia, Farmacologia e Medicina Forense, Università di Parma, Parma<br />

Coordinamento Scientifico, FoRST, Federterme, Roma<br />

145


Capitolo 4<br />

Romani, estende oggi la propria caratteristica esclusivamente terapeutica e abbraccia<br />

un concetto più ampio che non esclude la terapia ma che introduce<br />

lo stab<strong>il</strong>imento termale in un percorso dinamico di salute e di benessere, in altre<br />

parole di medicina preventiva.<br />

Il termalismo oggi va infatti inquadrato non solo in termini di efficacia terapeutica<br />

ma anche di prevenzione e contrasto attivo alla “medicalizzazione” degli st<strong>il</strong>i di<br />

vita (con una importante valenza economica, visti i potenziali risparmi per <strong>il</strong> Sistema<br />

Sanitario Nazionale).<br />

In che modo <strong>il</strong> mondo sanitario e della ricerca biomedica possono contribuire a<br />

validare e a promuovere questo nuovo e più ampio ruolo del termalismo?<br />

Da un lato la Comunità Europea ha riconosciuto alla Medicina Termale lo status<br />

di specializzazione a tutti gli effetti; dall’altro nel nuovo ordinamento italiano della<br />

Facoltà di Medicina è stab<strong>il</strong>ito fra gli obiettivi formativi qualificanti che i laureati<br />

in Medicina e Chirurgia dovranno essere dotati “….. delle capacità di analizzare<br />

l’ut<strong>il</strong>ità di metodologie preventive e terapeutiche basate sull’attività motoria,<br />

sull’uso della medicina termale e delle altre forme di intervento legate alla cosiddetta<br />

medicina del benessere.” All’uopo è previsto un nuovo ambito disciplinare,<br />

la “Medicina delle attività motorie e del benessere”, che comprende discipline<br />

quali medicina interna, cardiologia, malattie dell’apparato respiratorio, endocrinologia,<br />

metodi e didattiche delle attività motorie e sportive, scienze tecniche<br />

mediche applicate.<br />

Se da un lato sono state introdotte queste novità riguardo alla formazione culturale<br />

del laureato in Medicina e Chirurgia ed alla formazione post-laurea, la comunità<br />

biomedica si pone anche <strong>il</strong> tema della validazione scientifica del termalismo terapeutico.<br />

Anche se probab<strong>il</strong>mente la prassi termalistica non si sarebbe conservata<br />

per tanti secoli se non si fosse rivelata empiricamente efficace, tuttavia oggi nessuno<br />

potrebbe ragionevolmente negare che la storia non rappresenti di per sé un<br />

mezzo di dimostrazione scientifica. Perciò oggi <strong>il</strong> termalismo è ben deciso a recuperare<br />

<strong>il</strong> proprio ruolo di promozione del benessere, essenzialmente attraverso due<br />

strumenti: l’interazione costruttiva con le Autorità sanitarie e la ricerca scientifica.<br />

Nello specifico, l’interazione con le autorità sanitarie prende spunto dalla legge<br />

italiana di riordino del settore (l. 24 ottobre 2000, n. 323) che nel suo articolo 6<br />

prevede <strong>il</strong> coinvolgimento e la collaborazione delle aziende termali per la realizzazione<br />

di programmi di ricerca scientifica, di r<strong>il</strong>evazione statistico-epidemiologica<br />

e di educazione sanitaria, mirati ad obiettivi di interesse sanitario generale. È altresì<br />

specificato che le Regioni nella realizzazione dei programmi di cui sopra si avvalgono<br />

delle Università, degli Enti e degli Istituti di ricerca specializzati per lo svolgimento<br />

e la supervisione tecnico-scientifica.<br />

146


Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la promozione della salute<br />

In questo nuovo scenario si inserisce l’attività scientifica della Fondazione per la<br />

Ricerca Scientifica Termale (FoRST) quale ente finanziatore di progetti di ricerca<br />

selezionati mediante peer-review da panels di esperti internazionali, oltre che<br />

promotore di iniziative scientifiche quali congressi e contatti con le altre realtà<br />

scientifiche europee e mondiali (FEMTEC, WHO).<br />

Questa recente internazionalizzazione e razionalizzazione del processo di allocazione<br />

dei fondi per la ricerca termale si basa su un crescente bisogno di qualità<br />

scientifica, di obiettività di giudizio e di conduzione appropriata della ricerca<br />

scientifica che è alla base dell’attendib<strong>il</strong>ità e riproducib<strong>il</strong>ità dei dati clinico-scientifici.<br />

FoRST si è dotata di un comitato scientifico a maggioranza straniera e di una<br />

consistente lista di esperti stranieri per poter ottemperare agli obiettivi di qualità<br />

sopra menzionati. La procedura di applicazione per i bandi è solo in inglese (su<br />

una piattaforma elettronica) e può essere rivolta sia a tematiche di scienze di<br />

base (riguardanti essenzialmente l’azione e le componenti chimiche attive delle<br />

acque minerali) sia a tematiche di ricerca clinica. I criteri ut<strong>il</strong>izzati per la valutazione<br />

anonima delle proposte sono internazionalmente riconosciuti e standardizzati,<br />

e vanno dall’ottemperanza dei requisiti di ammissione, alla qualità scientifica<br />

e fattib<strong>il</strong>ità del progetto ed alla sua portata innovativa, alla qualità scientifica del<br />

proponente, alla appropriatezza dei fondi richiesti.<br />

Ciascun progetto è monitorato in itinere e nel risultato finale in termini di pubblicazioni<br />

scientifiche.<br />

Inoltre FoRST collabora attivamente con Associazioni ed Enti europei e mondiali<br />

(FEMTEC, WHO) a vari fini, che vanno da un programma con <strong>il</strong> WHO di metaanalisi<br />

della letteratura scientifica riguardante la medicina termale – peraltro<br />

molto più ricca di quanto, in modo spesso poco documentato, non si ritenga<br />

comunemente - fino all’ottimizzazione di una lista di parole chiave per la ricerca<br />

sui database disponib<strong>il</strong>i oggi.<br />

Questo ingente di lavoro di rivalorizzazione della medicina termale è di indubbio<br />

impatto anche per la medicina generale, intesa come la prima interfaccia fra<br />

<strong>il</strong> mondo sanitario e <strong>il</strong> soggetto che fruisce delle prestazioni del sistema sanitario:<br />

una maggiore formazione e una maggiore consapevolezza del termalismo<br />

moderno da parte del giovane medico e del medico di famiglia è sicuramente<br />

auspicab<strong>il</strong>e e va proprio nella direzione di poter coinvolgere <strong>il</strong> mondo termale<br />

già dall’inizio nelle scelte terapeutiche del medico, secondo criteri di appropriatezza.<br />

In proposito, è allo studio anche una cartella clinica standardizzata su<br />

supporto informatico delle prestazioni termali intesa a servire come iniziale indice<br />

per verificare le indicazioni delle terapie termali e che potrà in futuro essere ut<strong>il</strong>izzata<br />

proprio dalla comunità scientifica dei medici di famiglia come database<br />

delle prestazioni stesse. Una maggiore consapevolezza del medico di famiglia,<br />

147


Capitolo 4<br />

un maggiore controllo sulla qualità della prestazione termale erogata selettivamente<br />

per le patologie per le quali vi sia una solida base scientifica, con regole<br />

sicure e una chiare normative, rappresentano in sintesi <strong>il</strong> futuro del termalismo<br />

terapeutico.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

Falagas M.E., Zarkadoulia E., Rafa<strong>il</strong>idis P.I. (2009), The therapeutic effect of balneotherapy: evaluation<br />

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148


CAPITOLO 5<br />

Seminari paralleli<br />

5.1 Governo clinico e banche dati nell’esperienza campana<br />

5.1.1 Alleanza per <strong>il</strong> diabete: studio sulla gestione integrata del diabete Mellito in<br />

Campania<br />

Giovanni Arpino 1 , Umberto De Cam<strong>il</strong>lis 2<br />

Lo studio è nato per iniziativa della Società italiana di Medicina Generale (SIMG),<br />

della AMD – Associazione Medici Diabetologi e del Consorzio di Cooperative<br />

Mediche “Campania Medica” che fornisce <strong>il</strong> supporto organizzativo e logistico,<br />

la sua Banca Dati e la collaborazione/partecipazione dei 474 MMG soci afferenti<br />

alle nove Società di Servizi che hanno dato la loro disponib<strong>il</strong>ità.<br />

I dati dell’indagine riguardano una popolazione di circa 682.000 cittadini campani<br />

con una prevalenza di pazienti diabetici pari a 7,43% (ben 45.389 soggetti<br />

diagnosticati).<br />

Lo studio è scaturito dalla esigenza di indagare le ragioni della più alta incidenza,<br />

nell’Italia del sud rispetto al resto del Paese, di eventi cerebro - cardiovascolari<br />

di cui Ipertensione arteriosa, Obesità e st<strong>il</strong>i di vita errati sono indiscutib<strong>il</strong>mente responsab<strong>il</strong>i<br />

ma dei quali, in misura certamente superiore, sono responsab<strong>il</strong>i i danni<br />

generati nell’organismo dalla malattia diabetica e dalla dislipidemia che spessissimo<br />

ad essa si associa. Al fine di conseguire questo obiettivo SIMG e AMD,<br />

dunque, hanno inteso focalizzare l’analisi sullo studio della gestione del Diabete<br />

Mellito nell’Area dell’Assistenza Primaria. È stato individuato come documento<br />

da ut<strong>il</strong>izzare per la realizzazione del Progetto, denominato “Alleanza per <strong>il</strong> Diabete”,<br />

<strong>il</strong> data base del MMG generato dalla cartella clinica M<strong>il</strong>lewin, <strong>il</strong> processo<br />

di osservazione/valutazione è stato incardinato sull’esame di novanta indicatori<br />

relativi alla malattia diabetica e alle patologie concomitanti. È stato stab<strong>il</strong>ito un<br />

cronogramma che ha consentito una analisi retrospettiva dei dati al tempo 0<br />

reiterab<strong>il</strong>e per gli indicatori di processo a sei mesi dall’inizio del progetto e ad un<br />

anno per la valutazione di tutti gli outcomes (indicatori di processo e di esito) per<br />

tutta la durata dello studio stab<strong>il</strong>ita in due anni. Contestualmente è stato distribuito<br />

ai 474 Medici di MG arruolati <strong>il</strong> testo delle Linee Guida aggiornate per <strong>il</strong> trattamento<br />

complessivo del Diabete Mellito e al cronogramma della produzione dei<br />

1<br />

Presidente Cooperativa Co.Me.Gen - Responsab<strong>il</strong>e settore ricerca consorzio Campania Medica – Consigliere<br />

Nazionale ANCoM<br />

2<br />

Medico di Medicina Generale SIMG Napoli<br />

149


Capitolo 5<br />

report (congegnati in modo di permettere al singolo MMG di valutare la propria<br />

performance per ciascuno dei novanta indicatori rispetto a quella dei colleghi<br />

della sua cooperativa e a quella dell’intera popolazione di Medici partecipanti),<br />

è stato fatto coincidere quello della attività didattica condotta con la metodica<br />

dell’audit di gruppo (revisione tra pari) effettuata insieme ai diabetologi<br />

dell’AMD operanti sullo stesso territorio dei MMG.<br />

Come per altre iniziative del Consorzio Campania Medica e SIMG Campania è<br />

stato attivato anche per “alleanza per <strong>il</strong> diabete” un percorso di ECM ispirato ai<br />

criteri dello Sv<strong>il</strong>uppo Professionale Continuo che, se monitorato e supportato per<br />

<strong>il</strong> futuro dal Servizio Sanitario Regionale, potrebbe contribuire in modo positivo e<br />

rapido a ridurre gli eventi cardiovascolari in ambito regionale, migliorare la qualità<br />

di vita dei cittadini e ridurre in termini drastici i sensib<strong>il</strong>i problemi di sostenib<strong>il</strong>ità<br />

economica del Sistema di erogazione delle cure in Campania.<br />

L’intero iter formativo viene autorizzato e supportato dal Board Scientifico<br />

composto da SIMG, AMD e Consorzio Campania Medica che, dopo attenta<br />

valutazione delle criticità emergenti dall’analisi dei dati e della compliance<br />

complessiva dei MMG al protocollo dello studio, mette in atto le strategie più<br />

opportune per comprenderne entità e natura e, se possib<strong>il</strong>e, correggerle.<br />

Le tematiche trattate nei corsi e negli incontri fin qui espletati sono state le<br />

seguenti:<br />

• Criteri diagnostici del diabete mellito<br />

• Epidemiologia del diabete mellito e storia naturale della patologia<br />

• Ricerca dei soggetti a rischio di diabete (questionario di Thuom<strong>il</strong>eto)<br />

• Ritardo di diagnosi del diabete mellito (diagnosi precoce)<br />

• Variab<strong>il</strong>ità glicemica<br />

• Attualità della terapia del diabete mellito (st<strong>il</strong>i di vita e terapia farmacologica)<br />

• Inerzia terapeutica<br />

• La prevenzione delle complicanze croniche<br />

I risultati fin qui ottenuti, sono molto incoraggianti, e la qualità dei dati nelle<br />

estrazioni effettuate nel corso dei primi dieci mesi di vita dell’iniziativa, già<br />

lasciano intravedere che gli eventi formativi fin qui organizzati hanno determinato<br />

un netto miglioramento delle performances che, si spera, possa tradursi<br />

progressivamente in una migliore gestione della patologia diabetica.<br />

Naturalmente sarà lo studio degli outcomes finali costituiti, come si è già detto,<br />

da una minor incidenza di complicanze, dalla riduzione di eventi cerebro<br />

e cardio-vascolari e dei ricoveri per complicanze, a determinare <strong>il</strong> successo<br />

dell’iniziativa. Crediamo, tuttavia, di poter sostenere che <strong>il</strong> Progetto Alleanza<br />

150


Seminari paralleli<br />

per <strong>il</strong> diabete porterà in ogni caso una cascata di conseguenze positive che<br />

schematizziamo come segue:<br />

Vantaggi per l’utente<br />

• miglior efficacia clinica<br />

• accesso più fac<strong>il</strong>e ai diversi livelli assistenziali, in funzione dello stato di salute<br />

• migliore qualità della vita<br />

Vantaggi per l’Amministratore<br />

• integrazione tra i diversi livelli assistenziali<br />

• razionalizzazione delle risorse<br />

• miglior qualità delle cure<br />

• maggior soddisfazione dell’utente<br />

Vantaggi per <strong>il</strong> MMG<br />

• maggior professionalità<br />

• modello per la gestione e cura di altre patologie croniche<br />

• incentivazione<br />

Vantaggi per lo specialista Diabetologo<br />

• riduzione carico di lavoro improprio<br />

• riconoscimento attività specialistica<br />

• acquisizione di nuove funzioni<br />

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Progetto IGEA. (2008), Gestione integrata del diabete mellito di tipo 2 nell’adulto. Il Pensiero Scientifico<br />

Editore, Roma.<br />

151


Capitolo 5<br />

5.2 La gestione del paziente iperteso tra ospedale e territoriio<br />

5.2.1 Gli errori nell’approccio alle emergenze ipertensive<br />

Alfonso Ilardi 3<br />

Introduzione<br />

Un’ Ipertensione Severa (PAS 180, PAD 110) è di frequente riscontro nella pratica<br />

clinica «1» (Shayne, 2003, p.516). Tuttavia solo in una piccola percentuale di<br />

questi pazienti (< dell’1% di tutti gli accessi in Pronto Soccorso) si concretizza una<br />

reale Emergenza Ipertensiva «2» (Feldstein, 2007, p.135), condizione in cui <strong>il</strong> repentino<br />

incremento dei valori pressori si associa a danno d’organo acuto. Pertanto le<br />

Emergenze Ipertensive si configurano come condizioni minacciose per la vita, tali<br />

da richiedere un tempestivo intervento terapeutico, indifferib<strong>il</strong>mente attraverso la<br />

somministrazione di farmaci per via endovenosa «3» (Rodriguez, 2010, p.102).<br />

Eppure, la gestione terapeuticamente aggressiva dell’Ipertensione Severa rimane<br />

una pratica diffusa, nonostante i rischi potenziali ad essa correlati: al di fuori di una<br />

reale Emergenza, la brusca caduta pressoria può favorire insulti ischemici renali,<br />

cerebrali, miocardici «4» (Cherney, 2002; p. 937).<br />

La discrepanza tra dato epidemiologico e condotta terapeutica è in parte favorita<br />

da quella che potremmo definire la questione terminologica.<br />

La categorizzazione delle cosiddette Crisi Ipertensive (JNC-V, 1993) e la differenziazione<br />

in tale ambito delle Urgenze dalle Emergenze (in base alla assenza/presenza<br />

di un danno d’organo acuto degli organi bersaglio) ha indubbiamente <strong>il</strong> pregio di<br />

individuare due differenti percorsi gestionali, ma non è del tutto scevra da critiche.<br />

In particolare, <strong>il</strong> termine di Urgenza, per quell’idea evocata di pericolo più o meno<br />

imminente, può sollecitare <strong>il</strong> medico al raggiungimento di un rapido decremento<br />

pressorio «5» (Chobanian, 2003, p.1235). Inoltre, negli ultimi anni, alcuni Autori hanno<br />

incominciato ad ut<strong>il</strong>izzare in modo sinonimico i termini di Crisi/Emergenza «6»<br />

(Stewart, 2006, 614), altri ancora hanno introdotto <strong>il</strong> termine di Pseudo-Urgenza per<br />

descrivere quelle elevazioni pressorie severe, ma “non critiche”, suscettib<strong>il</strong>i di una<br />

rapida gestione già in Pronto Soccorso «7» (Sch<strong>il</strong>laci, 2000, 80).<br />

Rialzo Pressorio Semplice<br />

Sulla scia della classificazione proposta da Soldini e coll. «8» (Migneco, 2004,<br />

p.144) appare più opportuno diversificare, nell’ambito dei Rialzi Pressori, quelli<br />

3 Dirigente Medico Medicina d’urgenza U.O.C. Azienda Ospedaliera Cardarelli Napoli<br />

152


Seminari paralleli<br />

semplici (non complicati da danno d’organo acuto/cronico ed assim<strong>il</strong>ab<strong>il</strong>i alle<br />

Pseudo-Urgenze) dalle Crisi Ipertensive propriamente dette (rialzi pressori complicati).<br />

Un Rialzo Pressorio Semplice può inscriversi lungo <strong>il</strong> decorso di un’ipertensione<br />

cronica pre-esistente in assenza di complicanze d’organo obiettivab<strong>il</strong>i (ipertensione<br />

severa non complicata) oppure rappresentare un evento isolato e comunque<br />

transitorio in soggetti non ipertesi (ipertensione severa transitoria). Queste<br />

condizioni sono secondarie ad eventi stressogeni, capaci di evocare una tipica<br />

reazione di allarme, caratterizzata, tra l’altro, da un’elevazione dei valori pressori<br />

sisto-diastolici «9» (Slovis, 2008, p. S7). Oltre che da stimoli esogeni (conflittualità<br />

psico-sociale), tale reazione può essere suscitata da stimoli endogeni (vertigini,<br />

dolore, epistassi), vissuti dal soggetto come situazioni di pericolo e dunque<br />

potenzialmente minacciose, nonché dal riscontro occasionale di elevati valori<br />

pressori in corso di r<strong>il</strong>evazione domic<strong>il</strong>iare – pratica sempre più diffusa non solo tra<br />

i pazienti ipertesi «10» (Lenti S, 2008, p.24).<br />

Tra tutti gli eventi citati, l’epistassi è certamente quello che desta <strong>il</strong> grado maggiore<br />

di apprensione nel paziente e nei suoi fam<strong>il</strong>iari. Tuttavia, nonostante le dimensioni<br />

del problema, che interessa, almeno una volta nella vita, circa <strong>il</strong> 60%<br />

per cento della popolazione generale, solo <strong>il</strong> 6% di tutte le epistassi necessita di<br />

un fattivo intervento medico «11» (Pope, 2005, 309) Le possib<strong>il</strong>e cause possono<br />

essere suddivise in locali, prevalentemente traumatiche e flogistico-irritative e<br />

generali (emopatie, epatopatie, nefropatie, farmaci). In una piccola percentuale<br />

dei casi, l’epistassi può essere secondaria al brusco rialzo pressorio. Ed in<br />

questi casi, invariab<strong>il</strong>mente, si manifesta come epistassi posteriore, secondaria<br />

cioè alla lacerazione di vasi della porzione posteriore del setto, ed in particolare<br />

dell’arteria nasale, che è un ramo della sfenoplatina. Rappresentando un’emergenza<br />

medica, l’epistassi posteriore richiede un rapido intervento terapeutico<br />

comprensivo di tamponamento posteriore. Al tempo stesso perché questa evenienza<br />

possa realizzarsi è necessario che <strong>il</strong> nostro paziente sia un iperteso di vecchia<br />

data, ovvero che si siano già affermati quei processi di rimaneggiamento<br />

in senso sclerosante che giustifichino la lacerazione della parete vascolare sotto<br />

l’onda d’urto dell’elevazione pressoria.<br />

Tuttavia la maggior parte degli eventi emorragici che giungono alla nostra osservazione<br />

si configura come epistassi anteriore, a partenza cioè dai rami terminali<br />

delle arterie palatine, delle arterie etmoidali, e dell’arteria sfenopalatina, che<br />

decorrono nello strato sottomucoso della porzione anteriore del setto, formando<br />

<strong>il</strong> cosiddetto plesso di Kisselbach «11» (Pope, 2005,309). In questi casi l’emorragia<br />

può essere agevolmente fronteggiata con la semplice pressione ed eventualmente<br />

con <strong>il</strong> tamponamento anteriore. Nelle evenienze suddette, così come<br />

nei bruschi incrementi pressori da conflittualità psico-sociale, una riduzione, fino<br />

153


Capitolo 5<br />

alla normalizzazione, dei valori sisto-diastolici, è obiettivab<strong>il</strong>e già nel corso di una<br />

seconda r<strong>il</strong>evazione (dopo 20-30 m’) e può eventualmente essere agevolata<br />

(soggetti non-responders) dalla somministrazione di ansiolitici e/o dalla rimozione<br />

delle cause scatenanti <strong>il</strong> rialzo pressorio (dolore) «1» (Shayne, 2003, p.519).<br />

Crisi Ipertensive: Urgenze Ed Emergenze<br />

Al contrario, nelle Crisi Ipertensive, l’elevazione severa dei valori pressori si associa<br />

sempre a danno d’organo, benché tra i due sottoinsiemi (Urgenze-Emergenze)<br />

esistano profonde differenze in termini di patogenesi, approccio terapeutico, prognosi<br />

e gestione complessiva.<br />

Nelle Urgenze, <strong>il</strong> rialzo pressorio, generalmente sub-acuto, è costantemente associato<br />

a sintomi. Il paziente può lamentare cefalea gravativa, dispnea o anche dolore<br />

toracico, spesso a carattere puntorio. Sebbene i medesimi eventi stressogeni,<br />

precedentemente riferiti, possano favorirne l’affioramento, l’anamnesi ci propone<br />

un preciso prof<strong>il</strong>o del paziente tipo: iperteso di vecchia data con danno d’organo<br />

cronico «12» (Elliot, 2006, p.316) clinicamente manifesto oppure latente (microalbuminuria,<br />

ispessimento intimo-mediale, ipertrofia ventricolare sinistra), in terapia<br />

medica domic<strong>il</strong>iare (frequentemente discontinuata nelle ultime settimane o sottodosata)<br />

«13» (Tisdale, 2004, 423), poco aderente alle prescrizioni igienico-dietetiche,<br />

frequentemente in sovrappeso «14» (Saguner, 2010, p.778; Tisdale, 2004, p.).<br />

Per queste ragioni, <strong>il</strong> paziente con un’urgenza ipertensiva necessita di un livello di<br />

attenzione maggiore e di un percorso assistenziale diversificato rispetto ai pazienti<br />

con Rialzo Pressorio Semplice. Alcuni Autori suggeriscono una riduzione graduale<br />

dei valori pressori nell’arco delle 24 ore attraverso la somministrazione già in Pronto<br />

Soccorso di farmaci short-acting somministrati per os, benché i dati della letteratura,<br />

non evidenzino sostanziali differenze prognostiche tra i pazienti trattati in Pronto<br />

Soccorso rispetto a quelli dimessi in terapia farmacologica domic<strong>il</strong>iare «5,7» (Chobanian,<br />

2003, p.1235; Sch<strong>il</strong>laci, 2000, p.80). In ogni caso è assolutamente controindicata<br />

la somministrazione di nifedipina sublinguale, che promuovendo riduzioni<br />

non prevedib<strong>il</strong>i dei valori pressori può favorire l’insorgenza a breve termine di insulti<br />

ischemici a carico di encefalo e miocardio «2» (Feldstein, 2007, 136).<br />

Più complesso <strong>il</strong> discorso relativo alle emergenze ipertensive, perché<br />

a. <strong>il</strong> paziente è sintomatico (deficit di lato, cefalea, diplopia, amaurosi, distress<br />

respiratorio, dolore toracico tipico/atipico, insufficienza renale acuta);<br />

b. una parte delle emergenze ipertensive può insorgere in soggetti non ipertesi:<br />

pre-eclamsia, emergenze secondarie a glomerulonefrite acuta o all’assunzione<br />

di sostanze psicotrope (cocaina) «2,15» (Feldstein, 2007, p.135; Slama,<br />

2006, p.280);<br />

154


Seminari paralleli<br />

c. <strong>il</strong> livello assoluto di pressione non è vincolante: ovvero altri elementi oltre <strong>il</strong> livello<br />

pressorio condizionano <strong>il</strong> significato clinico e prognostico e, tra questi,<br />

l’età del paziente, la rapidità con cui si afferma <strong>il</strong> rialzo pressorio ed <strong>il</strong> contesto<br />

anatomico in cui si struttura <strong>il</strong> danno d’organo «16» (Marik, 2007, 1951).<br />

E proprio in base a quest’ultimo elemento è possib<strong>il</strong>e individuare <strong>il</strong> cosiddetto livello<br />

critico di pressione (soglia terapeutica), ovvero <strong>il</strong> livello di pressione a partire dal<br />

quale è necessario avviare <strong>il</strong> trattamento terapeutico. Pertanto se nella maggior<br />

parte delle Emergenze Ipertensive <strong>il</strong> livello critico di pressione si inscrive al disopra<br />

dei 180 (PAS) e/o dei 110 (PAD), nelle emorragie cerebrali <strong>il</strong> medesimo livello scende<br />

a 160 di PAS (al di sopra di questo limite aumenta l’incidenza di re-bleeding),<br />

mentre nella dissezione aortica la soglia terapeutica si abbassa ulteriormente a<br />

120 (PAS) «12» (Elliot, 2006, p.318). Considerazioni diametralmente opposte devono<br />

essere fatte per lo stroke ischemico: nelle aree in penombra ischemica <strong>il</strong> flusso è<br />

largamente dipendente dalla pressione di perfusione, sicché una caduta troppo<br />

rapida della PAM nelle prime 24 ore può favorire l’allargamento dell’area ischemica<br />

ed <strong>il</strong> cosiddetto Deterioramento Neurologico Precoce. Pertanto in questa categoria<br />

di pazienti si consiglia di non somministrare alcun farmaco fino a quando<br />

la PAD non superi i 120 mmHg o la PAS i 220 mmHg, sempre che non sussistano le<br />

indicazioni per un intervento trombolitico «17» (Adams, 2007, p.1670)<br />

Patogenesi Del Danno D’organo Acuto<br />

Il brusco aumento dei valori pressori può evidentemente determinare danni diretti<br />

a carico del miocardio e delle pareti vascolari, come ad esempio si verifica nella<br />

dissezione aortica; ma un peso ancora maggiore assumono i cosiddetti effetti indiretti<br />

promossi dal coinvolgimento endoteliale e quindi potenzialmente ubiquitari.<br />

È possib<strong>il</strong>e ipotizzare che l’elevazione repentina della PAM determini, attraverso lo<br />

stiramento delle superfici endoteliali, una riprogrammazione metabolico-funzionale<br />

dell’endoteliocito con secondario sb<strong>il</strong>anciamento del metabolismo dell’acido<br />

arachidonico verso la sintesi dei trombossani. L’aumento dell’aggregab<strong>il</strong>ità piastrinica,<br />

in uno con l’accentuata permeab<strong>il</strong>izzazione della barriera endoteliale, condurrebbe<br />

alla deposizione di fibrina nel microcircolo ed alla costituzione di stop<br />

trombotici, concorrendo a delineare un’atmosfera ipossica tissutale «16» (Marik,<br />

2007, p.1950). Quest’ultima, a sua volta, attraverso la liberazione di citokine proflogogene,<br />

promuoverebbe, in un circolo vizioso, l’ulteriore incremento delle Resistenze<br />

Vascolari Periferiche «18» (LaMarca, 2007, p.70).<br />

Inoltre, nel soggetto cronicamente iperteso, bisogna tener conto della perdita da<br />

parte delle arteriole, in particolare a livello encefalico, della capacità di adeguare<br />

<strong>il</strong> proprio calibro alle variazioni pressorie (arteriolo-costrizione se la pressione au-<br />

155


Capitolo 5<br />

menta, arteriolo-d<strong>il</strong>atazione se diminuisce) «12» (Elliot, 2006, p.318). Tale capacità<br />

di autoregolazione si esprime nel soggetto cronicamente iperteso in un range<br />

compreso tra 110 e 180 mmHg. Ciò significa che se in questi pazienti interveniamo<br />

aggressivamente per riportare la PAM in un range di normalità, al di sotto del limite<br />

di autoregolazione, la perfusione si riduce, fino a diventare inadeguata rispetto al<br />

fabbisogno metabolico «1» (Shayne, 2003, p.516)<br />

Trattamento delle emergenze ipertensive<br />

Per le ragioni su espresse, gli esperti suggeriscono, con le eccezioni precedentemente<br />

sollevate a proposito dello stroke, di ridurre la PAM del 20-25% entro le prime<br />

due ore attraverso la somministrazione di farmaci per via endovenosa; successivamente,<br />

a paziente emodinamicamente stab<strong>il</strong>e i valori pressori dovrebbero essere<br />

ulteriormente ridotti a 160/100 mmHg entro la 6^ ora ed infine ulteriormente ridotti<br />

entro le 24-48 ore «5» (Chobanian, 2003, 1235).<br />

Ma con quali farmaci perseguire <strong>il</strong> decremento pressorio desiderato?<br />

Tra i cosiddetti inibitori adrenergici, <strong>il</strong> labetalolo è ancor oggi <strong>il</strong> più usato; mentre tra<br />

i vasod<strong>il</strong>atatori, accanto ai più recenti fenoldopam, clevidipina, enalapr<strong>il</strong>ato, <strong>il</strong> nitroprussiato<br />

e soprattutto la nitroglicerina (da evitare in caso di accertata o anche<br />

solo sospetta emorragia intracranica), continuano ad essere ampiamente ut<strong>il</strong>izzati,<br />

sebbene alcuni Autori considerino attualmente i nitroderivati come farmaci di<br />

seconda scelta «3» (Rodriguez MA, 2010, 104).<br />

Inoltre capita spesso che ai farmaci convenzionali si associno i diuretici dell’ansa<br />

(furosemide), che andrebbero invece riservati ai pazienti con reale sovraccarico<br />

di <strong>volume</strong> (EPA), tenendo conto che nella maggior parte delle Emergenze, ad<br />

esempio nello stroke sia ischemico che emorragico, <strong>il</strong> paziente è spesso <strong>volume</strong><br />

contratto «2 » (Feldstein, 2007, p. 136)<br />

Conclusioni<br />

Le cause più frequenti di errore nell’approccio alle EI possono essere schematizzate<br />

nel modo seguente:<br />

1. Errori legati a diagnosi inappropriata (ritardo diagnostico):<br />

a. inadeguatezza della r<strong>il</strong>evazione<br />

b. sottostima del/dei sintomi di presentazione (cefalea)<br />

c. sottostima dei livelli pressori alla presentazione (<strong>il</strong> livello di pressione non è<br />

tutto);<br />

156


Seminari paralleli<br />

2. Errori legati a terapia inappropriata:<br />

a. ut<strong>il</strong>izzo di farmaci short-acting per via orale (riduzione inadeguata della<br />

PAM nelle prime due ore)<br />

b. ut<strong>il</strong>izzo inappropriato di farmaci per e.v (nitroglicerina nell’emorragia ce<br />

rebrale: può incrementare la pressione endocranica)<br />

c. miscelazione inadeguata degli stessi (la nitroglicerina, ad esempio, non<br />

dovrebbe essere somministrata in sacche di polivin<strong>il</strong>e, in quanto <strong>il</strong> cloruro<br />

di polivin<strong>il</strong>e tende ad assorbire <strong>il</strong> farmaco in modo non prevedib<strong>il</strong>e con<br />

inevitab<strong>il</strong>i sottodosaggi e parziale vanificazione degli effetti terapeutici)<br />

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Role of Inflammatory Cytokines. Curr Hyperten Rev. 3, pp. 69-74.<br />

5.3 La comunicazione al paziente e i cambiamenti dello st<strong>il</strong>e di vita<br />

Daniela Scala 4<br />

La tutela della salute, quale bene personale e bene sociale, è una responsab<strong>il</strong>ità<br />

che coinvolge sia <strong>il</strong> singolo, sia la collettività. Obiettivo comune è la promozione di<br />

4<br />

Farmacista- Centro di Biotecnologie A.O. Cardarelli, Counselor Dipartimento di Patologia Generale e dell’Invecchiamento,<br />

A.O. Cardarelli, Napoli<br />

157


Capitolo 5<br />

uno st<strong>il</strong>e di vita sano, mantenendo un adeguato livello di benessere fisico, psichico<br />

e sociale e sv<strong>il</strong>uppando la consapevolezza che la salvaguardia della salute va<br />

perseguita in modo partecipativo e integrato, non solo curando la malattia, ma<br />

soprattutto prevenendo situazioni e comportamenti favorenti <strong>il</strong> verificarsi di stati<br />

patologici o di disagio. In questa visione, che comporta la modifica dei ruoli delle<br />

figure che interagiscono nello scenario del “Sistema Salute”, nonché degli obiettivi<br />

e delle strategie di intervento, <strong>il</strong> contributo del Medico di Medicina Generale<br />

assume particolare r<strong>il</strong>evanza, soprattutto nella gestione di patologie in cui entrano<br />

in gioco molteplici fattori di rischio legati a st<strong>il</strong>i comportamentali non adeguati. La<br />

capacità del medico di impostare <strong>il</strong> rapporto con l’utente come una vera e propria<br />

“relazione di aiuto”, mantenendo costantemente “viva” la comunicazione e<br />

l’interazione, rappresenta nella medicina di famiglia <strong>il</strong> cardine fondamentale per<br />

ottenere risultati efficaci.<br />

Perché <strong>il</strong> medico di famiglia sia in grado di instaurare con i suoi “assistiti” un approccio<br />

olistico, che consideri “<strong>il</strong> sintomo” come la risultante dell’interazione dinamica<br />

di molteplici forze e processi biologici, psicologici e sociali, non è necessario istituire<br />

nuove specializzazioni, ma è sufficiente sensib<strong>il</strong>izzare e formare i medici ai principi<br />

base e alle ab<strong>il</strong>ità del counselling, quale intervento da applicare nella relazione di<br />

aiuto professionale (1). Il bagaglio conoscitivo, tecnico-pratico è premessa fondamentale,<br />

ma non sufficiente: l’accoglienza, l’ascolto attivo, l’empatia cognitiva<br />

e emotiva, le ab<strong>il</strong>ità e le strategie relazionali, nonché la conoscenza e l’applicazione<br />

dei principi e dei passi fondamentali specifici dell’intervento di counselling<br />

dovrebbero avere pari spazio nella cultura e nella formazione di ogni medico (2).<br />

In particolare l’apprendimento/perfezionamento di conoscenze teorico-pratiche<br />

sul counselling può rappresentare un valore aggiunto alla competenza professionale,<br />

un’opportunità per attuare interventi non improvvisati dal punto di vista relazionale,<br />

ma piuttosto ispirati a principi e strategie comunicative “standardizzate”,<br />

mantenendo sempre vivo <strong>il</strong> calore e l’intensità della relazione umana. Interventi<br />

attenti e professionali non solo per ciò che riguarda i contenuti, ma anche per<br />

quanto riguarda i processi comunicativi, molto spesso sono gestiti esclusivamente<br />

attraverso la buona volontà, la disponib<strong>il</strong>ità o <strong>il</strong> rischio personale (3).<br />

Il superamento del modello di tipo paternalistico-direttivo impone, infatti, un coinvolgimento<br />

del singolo in un rinnovato approccio relazionale in cui le regole della<br />

relazione non possono essere più dettate dall’”esperto”, ma devono essere di volta<br />

in volta modulate con la persona che a lui si rivolge.<br />

Lo scopo del counselling è valorizzare e riattivare <strong>il</strong> contatto con risorse dell’individuo<br />

per rendere possib<strong>il</strong>i scelte e cambiamenti in situazioni percepite come diffic<strong>il</strong>i<br />

dalla persona stessa, nel pieno rispetto dei suoi valori e delle sue capacità di autodeterminazione.<br />

L’intervento di counselling si fonda sull’ascolto, <strong>il</strong> supporto e su<br />

principi peculiari ed è caratterizzato dall’ut<strong>il</strong>izzo da parte del counsellor di qualità<br />

158


Seminari paralleli<br />

personali, di conoscenze specifiche, nonché di ab<strong>il</strong>ità e strategie comunicative<br />

e relazionali finalizzate all’attivazione e alla riorganizzazione delle risorse personali<br />

dell’individuo.<br />

Le ab<strong>il</strong>ità di counselling richiedono:<br />

• Interesse per <strong>il</strong> paziente e i suoi problemi<br />

• Le capacità di comprendere e di usare <strong>il</strong> linguaggio del paziente<br />

• La comprensione del perché <strong>il</strong> paziente faccia esperienza di certe difficoltà<br />

• Uso dell’ascolto attivo (comprendere la struttura interna di riferimento del paziente).<br />

Saper ascoltare <strong>il</strong> contenuto della comunicazione verbale e paraverbale<br />

e saper osservare aspetti e manifestazioni della comunicazione non verbale.<br />

Tale ab<strong>il</strong>ità fac<strong>il</strong>ita la creazione di una relazione efficace, premessa per una futura<br />

alleanza terapeutica. Serve a dimostrare interesse e ad aiutare l’interlocutore<br />

a parlare per meglio comprendere i suoi bisogni, le sue esigenze e necessità<br />

• Periodico parafrasare e riassumere gli elementi essenziali delle interazioni<br />

• Uso sensib<strong>il</strong>e e tempestivo delle domande<br />

• Autocontrollo e pazienza per permettere al paziente di procedere con <strong>il</strong> proprio<br />

ritmo<br />

• Empatia: capacità di identificarsi con <strong>il</strong> paziente senza farsi travolgere emotivamente<br />

dai suoi problemi. Saper entrare nello schema di riferimento dell’altro, nel<br />

“mondo” dell’altro “come se” fosse <strong>il</strong> proprio, per poter capire le sue richieste e<br />

i suoi bisogni. “Come se” va evidenziato e sottolineato in quanto per essere empatici<br />

non si può e non si deve confondere <strong>il</strong> “mondo” dell’altro con <strong>il</strong> proprio,<br />

con <strong>il</strong> rischio di perdere l’obiettività necessaria per un intervento efficace.<br />

• Capacità di usare la comunicazione non verbale in maniera adeguata per<br />

incoraggiare <strong>il</strong> paziente a parlare<br />

• Capacità di rendere <strong>il</strong> paziente fiducioso nella sua possib<strong>il</strong>ità e capacità di<br />

trovare e applicare la giusta soluzione ai suoi problemi.<br />

• Capacità di indagine (questioning sk<strong>il</strong>ls – capacità di chiedere):informazioni<br />

dal paziente al sanitario saper porre domande scegliendo la tipologia più adeguata<br />

in base alla fasi del colloquio: domande aperte, chiuse o ipotetiche.<br />

• I comportamenti di ciascuno di noi sono condizionati da ciò che abbiamo<br />

sempre fatto e siamo convinti di dover continuare a fare, e da ciò che temiamo<br />

di vedere succedere se tentassimo di cambiare. Se <strong>il</strong> medico non tiene<br />

conto di questi fondamentali ostacoli al cambiamento, finisce per parlare di<br />

un mondo che non ha nulla a che vedere con quello che <strong>il</strong> paziente considera<br />

<strong>il</strong> suo mondo, e di dare indicazioni del tutto valide e corrette ma assolutamente<br />

intraducib<strong>il</strong>i in termini di comportamento.(4,5).<br />

Poiché col paziente è necessario comunicare, e le comunicazioni (comunicare<br />

significa mettere in comune) non avvengono nel vuoto bensì all’interno di una<br />

relazione, una qualche relazione bisogna pur costruirla: non sarà una relazione<br />

159


Capitolo 5<br />

amichevole o affettiva classica, ma una relazione terapeutica. Una comunicazione<br />

capace di costruire relazioni valide implica non solo lo stare a sentire, che<br />

già non sarebbe male, ma anche una compartecipazione, una condivisione,<br />

una reciprocità; tutto ciò richiede la capacità di mettersi, per quanto possib<strong>il</strong>e,<br />

nei panni dell’altro; è quella che si chiama empatia: non ci si mette nei panni<br />

dell’altro perché si è buoni, ma perché questo è <strong>il</strong> modo di intuire cosa significhi<br />

per l’altro ciò che diciamo e facciamo, e di conseguenza quanto gli sarà possib<strong>il</strong>e<br />

fare, accettare, accogliere e quanto non è al momento in grado di reggere. Mettersi<br />

nei panni dell’altro non significa dirsi “cosa farei io, se fossi lui. Ma al contrario,<br />

cercare di vedere le cose dal suo punto d vista, a partire da quello che sappiamo<br />

di lui (6,7). Gli studi sull’impatto che i trattamenti terapeutici hanno sulla qualità<br />

della vita del paziente spingono a passare dall’approccio riparativo centrato sulla<br />

malattia all’approccio centrato sulla persona, ossia dal “curare al prendersi cura”<br />

(8,9). Per effettuare questo passaggio, non si può prescindere da un’adeguata<br />

attività di formazione alle ab<strong>il</strong>ità di counselling per tutto <strong>il</strong> personale sanitario.<br />

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Say RE, Thomson R. (2003), The importance of patient preferences in treatment decisions--c challenges<br />

for doctors. BMJ. Sep 6;327(7414), pp. 542-5.<br />

5.4 Residenzialità e domic<strong>il</strong>iarità: <strong>il</strong> ruolo della cooperazione<br />

5.4.1 L’esperienza della regione Piemonte<br />

Enrico Chiara 5<br />

La sanità territoriale è l’ambito in cui <strong>il</strong> mondo medico entra di più in contatto<br />

con quello della “Salute”, vale a dire con l’irregolarità propria di ogni soggetto,<br />

individuo, persona, comunità, società, luogo, tutti accomunati dalla ricerca del<br />

5<br />

Presidente Cooperativa FO.QU.S. Torino<br />

160


Seminari paralleli<br />

proprio “benessere” visto ora come “non-malattia”, ora come “soddisfazione”,<br />

“auto-adempimento”, “felicità”.<br />

In un settore come <strong>il</strong> nostro, legato indissolub<strong>il</strong>mente al mondo biologico ed umano,<br />

caratterizzato da molteplicità ed<br />

unicità, ogni paradigma finisce con l’essere, perciò, puramente teorico, in quanto<br />

autoreferenziale e irrealizzab<strong>il</strong>e, ponendosi come riferimento rigido a fronte di un<br />

contesto per sua natura continuamente mutevole.<br />

Limitatamente alla Medicina di Famiglia nel suo insieme, credo che noi possiamo<br />

godere di un contesto legislativo nazionale di eccellenza, pur se in presenza di<br />

ovvie differenze locali: e per quel che concerne, nello specifico, la domic<strong>il</strong>iarità, mi<br />

viene da dire come in Italia non vi sia un deficit normativo importante, anzi! Eppure<br />

sappiamo benissimo che le “cure a casa” sono ancora un problema, che non vi è<br />

uniformità di proposta, che l’applicazione della legge trova eccessive variegature<br />

per lo più limitative, sino a delineare una sostanziale ineguaglianza fra cittadini a<br />

fronte di un dovere di cura che si presupporrebbe uguale per tutti nel suo essere<br />

“diritto costituzionale” e “legge” o “norma” per Decreto o Convenzione.<br />

La ragione di questa difformità credo stia proprio nella premessa, vale a dire che<br />

la sostanza operante di un servizio non sia data dalla legge o dalla norma, a cui,<br />

peraltro, tendiamo a far costante riferimento e a cui si tenta comunque di uniformarsi,<br />

quanto dai contesti operativi, che non vanno perciò visti in modo negativo<br />

o neutro come semplici “fattori di interferenza” o “contenitori”, ma come elementi<br />

costitutivi, sostanziali, agenti, ed essi stessi intimamente interconnessi con ciò che<br />

riteniamo essere proprio di una legge, vale a dire “un contenuto” e “un valore”.<br />

Siamo cioè in presenza di un insieme in cui non sono disgiungib<strong>il</strong>i un “contenuto”<br />

da un “contenitore”, in quanto sistema tipicamente “a rete”, e di un tipo particolare<br />

di rete, quale è un network globale, aperto, libero.<br />

Per considerare l’importanza dei contesti porto ad esempio alcune situazioni<br />

presenti nella città che conosco meglio, Torino, esempi in parte tratti da lavori<br />

dell’Osservatorio Epidemiologico Regionale, in parte da lavori compiuti dal Politecnico<br />

di Torino oltre ad alcune fotografie relative ad interventi compiuti sulla<br />

città.<br />

161


Capitolo 5<br />

Figura A<br />

Nella Figura A si può vedere come i fattori di deprivazione (qui non rappresentati<br />

per l’intera città) e la mortalità non siano uniformemente distribuiti su tutto un<br />

territorio cittadino, pur presentando fra loro una stretta correlazione. La difformità<br />

diventa ancora più importante se si considera, poi, che all’interno di aree critiche,<br />

vi siano zone comunque priv<strong>il</strong>egiate ed altre assai critiche, al punto da far<br />

attribuire a tutta la zona un significato di complessivo svantaggio.<br />

Figura B<br />

In questo caso (Fig. B) è evidente come un intervento di recupero urbano abbia<br />

modificato profondamente l’aspetto di un territorio, sostituendo delle raccolte di<br />

olii di produzione industriale con un’area verde, adibita successivamente a parco<br />

e in parte, area abitativa. Questo intervento è da considerarsi a tutti gli effetti<br />

in grado di migliorare non solo l’aspetto di uno spazio urbano o di cambiarne in<br />

positivo le caratteristiche, ma di migliorare la salute di quel territorio, globalmente<br />

intesa.<br />

Allo stesso modo, le case che negli anni della forte industrializzazione ospitarono<br />

l’immigrazione di massa (Fig. C), sono oggi zone abitative priv<strong>il</strong>egiate, in cui gli<br />

spazi abitab<strong>il</strong>i sono ripartiti fra appartamenti, aree verdi, zone di ricreazione e<br />

aree per l’infanzia.<br />

162


Seminari paralleli<br />

Mentre qualche dubbio sorge su alcune<br />

costruzioni sorte in seguito alle Olimpiadi<br />

Invernali (Fig. D), nonostante gli sforzi compiuti<br />

per renderle più gradevoli e di stimolo<br />

alla creazione di legami sociali, a differenza<br />

di quanto si è fatto per <strong>il</strong> centro storico<br />

(Fig. E) che, da zona fortemente deprivata,<br />

con abitazioni fatiscenti, ospitanti fasce di<br />

cittadinanza “diffic<strong>il</strong>e” e soggetti neoimmigrati<br />

da Paesi Extraeuropei si è trasformata<br />

in zona di riunioni, incontri, vita comunitaria.<br />

Appare cioè evidente che non può essere<br />

considerato di pari r<strong>il</strong>evanza per natura<br />

dell’impegno, qualità di prestazione, quantità<br />

delle risorse umane, strutturali, economiche<br />

l’operare in zone tanto diverse, sia<br />

da un punto di vista “orogeografico”, che<br />

viario dei trasporti, che socioeconomico o<br />

culturale.<br />

In questo senso non si può prescindere, almeno<br />

nel momento applicativo, di passare<br />

dall’astrazione di una legge alla creazione<br />

di percorsi specifici, sorretti da procedure<br />

idonee, non limitandosi a massimizzare l’offerta,<br />

quanto, piuttosto, a individualizzare <strong>il</strong><br />

più possib<strong>il</strong>e gli interventi, adattandoli alla<br />

realtà in cui si opera.<br />

Del resto non possiamo ignorare come tutta<br />

la nostra azione, lo si voglia o no, si compia<br />

all’interno di un sistema biologico, di cui<br />

facciamo parte e con cui continuamente<br />

ci troviamo a doverci relazionare. Questo<br />

sistema si caratterizza per non essere deterministico, gerarchico, meccanico, prevedib<strong>il</strong>e<br />

ma, invece, governato dall’impredicib<strong>il</strong>ità e dall’indeterminazione. Ciò che<br />

possiamo tentare di prevedere è soltanto quello che riusciamo a collocare in spazi<br />

e tempi “corti”, con relazioni semplici e variab<strong>il</strong>i possib<strong>il</strong>i minime.<br />

La rete dei sistemi di cura primaria ricalca fedelmente l’immagine delle reti complesse.<br />

È pertanto una pia <strong>il</strong>lusione pretendere di ricondurne l’azione alla semplice<br />

applicazione di standard legislativi generali.<br />

Questi saranno ut<strong>il</strong>i per dare una certa “struttura” al sistema complessivo, favorendo<br />

o meno <strong>il</strong> crearsi di suoi legami interni, ma non riusciranno a determinarne mai l’esito<br />

163


Capitolo 5<br />

finale, che resta <strong>il</strong> “compiuto incompleto” di un processo circolare di continuo cambiamento,<br />

evoluzione, modificazione.<br />

Nel mondo dei Sistemi di cura, e a maggior ragione se nel senso del “care”,<br />

là dove più elementi disparati vengono ad interagire relazionalmente, dinamicamente,<br />

evolutivamente all’interno di un’identica struttura e organizzazione,<br />

<strong>il</strong> risultato finale in termini di struttura ed organizzazione non sarà pertanto<br />

sempre prevedib<strong>il</strong>e e controllab<strong>il</strong>e, né sempre semplice espressione della<br />

somma algebrica dei singoli fattori che sembrano comporlo. Oltre a ciò non<br />

va trascurato <strong>il</strong> fatto che <strong>il</strong> “modello biologico”, vale a dire <strong>il</strong> modello complesso,<br />

presuppone anche una possib<strong>il</strong>ità aggiuntiva, della non netta separazione<br />

fra “tutto” e “parti”: in ogni parte vi sarebbe, cioè una rappresentazione<br />

dell’insieme, così come l’insieme accoglierebbe in sé la totalità delle parti. Se<br />

questo è vero anche nel mondo del “divenire storico” dei Sistemi, un evento<br />

può generare non solo altri eventi diversi, del tutto imprevedib<strong>il</strong>i, nell’ambito<br />

di tutto <strong>il</strong> sistema, seguendo una logica ad “effetto farfalla”, dove comunque<br />

esiste una consequenzialità spazio-temporale, ma può ritrovare un’immediata<br />

risonanza in qualche punto anche remotissimo del sistema, secondo una<br />

logica di contemporaneità e specularità, in qualche modo “astorica” (effetto<br />

olografico), ricreando simultaneamente in remoto lo stesso fenomeno che<br />

viene localmente osservato.<br />

E visto che siamo in un ambito di cooperazione medica attuata da Medici di<br />

Famiglia, <strong>il</strong> rischio più grande è che, a fronte di gravi carenze strutturali dovute<br />

a un “difetto di sistema”, l’organizzazione della domic<strong>il</strong>iarietà si trasformi,<br />

finendo con <strong>il</strong> non identificandosi più nella Medicina Generale ma in quella<br />

ospedaliera (o in quella privata): a fronte di una normativa che peraltro offre<br />

al territorio tutte le opportunità possib<strong>il</strong>i per attuare una buona “cura a casa”,<br />

integrata o programmata, <strong>il</strong> fatto stesso che in certe realtà si affermino fortemente<br />

progetti di ospedalizzazione a domic<strong>il</strong>io, a volte sponsorizzati da privati,<br />

disposti a investire sull’ospedale e non sul territorio, ci deve pure indurre a<br />

riflettere sulla capacità di offerta che <strong>il</strong> territorio è in grado di elaborare o sui<br />

riconoscimenti (anche pubblici) che è in grado di attrarre. Questo non solo<br />

come offerta di servizio alla persona, ma come offerta di un servizio intesa<br />

164


Seminari paralleli<br />

quale entità organizzata e strutturata in grado di sv<strong>il</strong>uppare valenze di significato<br />

economico, dove investitori privati, e specialmente investitori legati allo<br />

studio ed all’applicazione di nuove tecnologie, possano trovare incentivi e<br />

ut<strong>il</strong>ità nell’erogazione di finanziamenti per attività di ricerca o di servizio.<br />

Ciò premesso, non resta che cercare di condurre <strong>il</strong> centro della nostra attenzione<br />

dalle norme ai contesti, dal mondo dei principi a quello delle esperienze. E da<br />

uomini di scienza come siamo, dobbiamo cercare di rispondere a due grandi<br />

esigenze solo in apparenza contrapposte, l’una della verificab<strong>il</strong>ità, senza la<br />

quale non potremmo stab<strong>il</strong>ire nessun criterio di appropriatezza, l’altro della confutab<strong>il</strong>ità,<br />

senza la quale non potremmo procedere ad alcuna ricerca efficace.<br />

Da una parte, cioè, dovremmo procedere a verificare quanto i principi trovino<br />

applicab<strong>il</strong>ità nel mondo reale, e dall’altra avere coscienza che esiste sempre<br />

una possib<strong>il</strong>ità “diversa”, non calata dal principio, non obbediente al paradigma,<br />

non soggetta a verifica, una possib<strong>il</strong>ità critica, che bisogna sapere cogliere<br />

ed accettare.<br />

Quali le conseguenze pratiche che potremmo, allora, derivarne?<br />

Innanzitutto compiere una volta per tutte <strong>il</strong> passaggio da un concetto di sistema<br />

sanitario focalizzato sulla malattia ad un sistema di salute, di cui quello sanitario<br />

fa parte, in integrazione con altri sotto-sistemi, tutti centrati sull’aspetto “positivo”<br />

della salute, priv<strong>il</strong>egiando l’educazione, la prevenzione, l’iniziativa, l’autocoscienza.<br />

Là dove la malattia è insorta, un sistema di salute non si limita a fornire<br />

prestazioni strumentali ma mette in atto anche le risorse personali degli operatori,<br />

oltre che quelle dei vari “care-giver”, le reti fam<strong>il</strong>iari, amicali o di assistenza pubblica<br />

e privata.<br />

165


Capitolo 5<br />

Sanità - malattia<br />

valore monetario concetto ut<strong>il</strong>itaristico prevalenza<br />

aspetti quantitativi rapporto costo/beneficio<br />

Sanità - salute<br />

valore economico di beni non monetizzab<strong>il</strong>i<br />

aspetti qualitativi<br />

concetto personalistico rapporto costo/<br />

valore<br />

strumenti (uso)<br />

costo sociale, personale, benessere, soddisfazione<br />

appropriatezza normativa aspetto prescrittivo<br />

dai percorsi ai protocolli<br />

etica percorsi<br />

linee guida condivise<br />

standard di erogazione<br />

standard di tutela/<br />

assicurazione<br />

medico= erogatore prestazioni<br />

medico=promotore attivo di salute,<br />

fattore di innovazione, co-protagonista<br />

del sistema<br />

In questo senso la “sanità a casa” diventa un esempio estremo di co-partecipazione<br />

tecnica, relazionale, organizzativa. Occorre però contestualizzare l’offerta di<br />

servizi, far prevalere gli aspetti qualitativo-relazionali, agire a sostegno di operatori<br />

e care-giver formali o informali (rinforzo motivazionale, enpowerment), non cadendo<br />

nell’errore di considerare la sanità primaria solo sotto l’aspetto dell’erogazione,<br />

ma anche sotto quello, più complesso, della tutela/assicurazione: <strong>il</strong> benessere<br />

sociale ed individuale, la creazione di condizioni favorevoli alla conservazione,<br />

recupero, sv<strong>il</strong>uppo delle ab<strong>il</strong>ità, <strong>il</strong> rinforzo e lo stimolo all’espressione delle proprie<br />

attitudini, la funzione di ascolto, narrazione, aderenza rispetto all’adozione di st<strong>il</strong>i<br />

di vita sani non hanno niente a che vedere con l’assioma medico=erogatore là<br />

dove le risorse erogate sono intese non come risorse endogene, umane, personali,<br />

che <strong>il</strong> medico mette a disposizione, ma risorse esogene, strumentali, “di sistema”,<br />

che <strong>il</strong> medico ut<strong>il</strong>izza e consuma.<br />

Per dirla diversamente, anche nel caso dell’assistenza domic<strong>il</strong>iare a pazienti in condizioni<br />

fisiche gravemente compromesse, la funzione del Medico di Famiglia non<br />

può essere considerata solo in quanto erogatore di un servizio da valutarsi i termini<br />

di appropriatezza prescrittiva, ma come elemento attivo di una serie di economie<br />

positive non sempre immediatamente monetizzab<strong>il</strong>i e comunque valutab<strong>il</strong>i<br />

ut<strong>il</strong>izzando indicatori specifici non-standard. Dovremmo quindi cercare di partire<br />

dalle cose come sono, fotografare la realtà senza necessariamente incanalarla in<br />

166


Seminari paralleli<br />

obiettivi “attesi” e “precodificati”. Non partire, cioè, da una definizione predefinita<br />

e arbitraria di “buona pratica”. Ciò che può sembrare a un osservatore remoto<br />

una pratica scorretta, a un Attore che la vive, può sembrare la migliore possib<strong>il</strong>e e<br />

tante volte lo può anche essere. Di nuovo, le “buone pratiche” dovrebbero trovare<br />

definizione in relazione ai contesti operativi e non a quelli teorici e paradigmatici<br />

dei riferimenti normativi generali. Anzi, è proprio dagli eventuali “scostamenti” che<br />

si possono trarre idee, insegnamenti, proposte. Dovremmo quindi passare dall’indicazione<br />

all’ascolto, dalla proposizione alla ricerca. Da percorsi lineari a percorsi<br />

processuali, sottoposti sempre a valutazioni e finalizzati al miglioramento continuo.<br />

Le azioni da compiere dovrebbero quindi consistere in una ridefinizione degli obiettivi<br />

(da obiettivi “di servizio/esito” a obiettivi “di processo”), valutando anche gli<br />

“esiti intermedi” e non solo l’output/outcome finale; in una definizione di nuovi indicatori<br />

che tengano conto non solo dell’esito ma anche dell’”input”(valorizzandone<br />

le caratteristiche) e considerino i contesti (le “matrici”), le relazioni, i flussi, le caratteristiche<br />

dei singoli “nodi” di rete; nel non ragionare in termini ut<strong>il</strong>itaristici di<br />

semplice costo/beneficio, ma in termini personalistici, valorizzando la dimensione<br />

soggettiva del benessere fisico, psichico, relazionale sia degli operatori che degli<br />

utenti; nell’effettuare momenti di periodica valutazione, considerare le possib<strong>il</strong>ità<br />

di correzione, tendere al miglioramento continuo anche attraverso meccanismi<br />

“premianti” e non solo “sanzionatori”.<br />

Tutto ciò porta ad identificare <strong>il</strong> “beneficio” non solo rispetto all’efficacia-efficienza<br />

di una prestazione se considerata sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o strettamente tecnico: Valore significa<br />

anche relazioni, rapporti, culture, conoscenze, identità, modalità di sv<strong>il</strong>uppo,<br />

innovazione. E nessuno può negare che anche questa sia economia, anzi l’economia<br />

per eccellenza, quella che punta a uno sv<strong>il</strong>uppo globale, dove <strong>il</strong> significato<br />

di ricchezza non è separato da quello di felicità, autorealizzazione, compimento,<br />

secondo un criterio di sostenib<strong>il</strong>ità sociale e antropologica.<br />

Là dove <strong>il</strong> bisogno di cura si rende sempre più complesso, occorrono risposte adeguate<br />

in grado di gestire la complessità senza snaturarne l’aspetto umano, relazionale,<br />

consuetudinario, in una parola, etico.<br />

La cooperazione è lo strumento che è più idoneo ad affrontare insieme esigenze<br />

di complessità, economicità, relazionalità, salvaguardando <strong>il</strong> ruolo pubblico del<br />

professionista, la sua funzione sociale, l’indipendenza da interessi finanziari impropri,<br />

cosa che non può essere a priori garantita da alcuna altra forma societaria se<br />

per sua norma lucrativa.<br />

Il modello cooperativistico, ispirato alla mutualità fra soci e fondato sui principi di<br />

reciprocità, gratuità, bene comune e dove l’essere cooperativa è essere comunque<br />

impresa, dovrebbe pertanto potersi porre come soggetto in grado di attrarre<br />

investimenti privati a beneficio delle attività territoriali: ma questo sarà possib<strong>il</strong>e<br />

solo là dove i medici aggregati in forma cooperativa costituiranno la realtà prevalente<br />

di un territorio, evitando <strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e di discriminare i Medici di Famiglia<br />

rispetto alle opportunità di miglioramento di cui possono godere e a cui hanno<br />

diritto di accedere.<br />

167


Capitolo 5<br />

Nota finale: questa relazione ha inteso sv<strong>il</strong>uppare l’argomento proposto considerandone<br />

soprattutto le potenzialità di sv<strong>il</strong>uppo secondo diversi modelli di gestione<br />

ed organizzazione, priv<strong>il</strong>egiando quelli che considerano l’organizzazione<br />

come organismo (scuola sistemica) e come cervello, in grado di elaborare informazioni<br />

e favorire l’auto-organizzazione (approccio decisionale, learning organization,<br />

organizzazioni “olografiche”).<br />

5.5 Un progetto per una sanità moderna vicina ai bisogni del paziente; questo è<br />

<strong>il</strong> progetto Ippocrate<br />

Meri Nannucci 6<br />

Il Progetto Ippocrate, ovvero le emotrasfusioni domic<strong>il</strong>iari del servizio trasfusionale<br />

della ASL di Frosinone, nasce dalla esigenza di promuovere la sanità sul territorio<br />

attraverso l’integrazione della Continuità Assistenziale nell’organizzazione e nello<br />

sv<strong>il</strong>uppo dell’assistenza territoriale.<br />

L’aumentata richiesta di salute con la conseguente crescita della domanda,<br />

la necessità di razionalizzare le risorse in campo, la necessità del governo della<br />

domanda hanno portato ad un protocollo condiviso tra ASL e Medici della Continuità<br />

Assistenziale di Frosinone.<br />

Dal 2008 anno di nascita del progetto sono stati effettuati a domic<strong>il</strong>io 1394 controlli<br />

e 559 trasfusioni, nel 2009 i controlli a domic<strong>il</strong>io sono stati 1355 con 839 trasfusioni.<br />

Il costo giornaliero del servizio è stato stimato in 103,3 euro/die versus 800 euro/<br />

die di un giorno di ricovero ospedaliero.<br />

Precedentemente al Progetto <strong>il</strong> paziente doveva recarsi al pronto soccorso e<br />

ricoverato per la trasfusione o quando le condizioni cliniche lo permettevano doveva<br />

recarsi al centro trasfusionale, impegnando <strong>il</strong> fam<strong>il</strong>iare accompagnatore a<br />

sostare per lunghe ore in attesa.<br />

La trasfusione domic<strong>il</strong>iare ha determinato una indubbia positiva ricaduta sia economica<br />

che di qualità della vita del paziente e dei fam<strong>il</strong>iari non più costretti a<br />

giorni di lavoro persi per accompagnare ed assistere i propri cari durante i ricoveri.<br />

Dal punto di vista procedurale <strong>il</strong> paziente con una patologia ematologica può<br />

essere arruolato attraverso la richiesta del Medico Curante al centro trasfusionale,<br />

la presa in carico è immediata e comunque non superiore alle 72 ore, viene<br />

inviato presso <strong>il</strong> domic<strong>il</strong>io un infermiere per un emocromo di controllo.<br />

6<br />

Medico di Medicina Generale e Continuità Assistenziale ASL di Frosinone, Cooperativa Medi.Ter<br />

168


Seminari paralleli<br />

In tempo reale <strong>il</strong> risultato viene visionato dal Medico Responsab<strong>il</strong>e del servizio<br />

che predispone la trasfusione domic<strong>il</strong>iare relativamente alla disponib<strong>il</strong>ità del<br />

gruppo sanguigno.<br />

A seconda della gravità del paziente si programma la trasfusione domic<strong>il</strong>iare.<br />

L’equipe è formata da Medici della Continuità Assistenziale e da un infermiere<br />

ospedaliero.<br />

L’accesso dura in media tre ore comprendente anche una visita medica accurata<br />

con la valutazione dei parametri vitali, mantenendo alti standard di<br />

qualità,di efficienza e di efficacia.<br />

Con le trasfusioni effettuate presso <strong>il</strong> domic<strong>il</strong>io del paziente si realizza in sostanza: la<br />

promozione della sanità territoriale, aumentano le prestazioni erogab<strong>il</strong>i sul territorio,<br />

diminuiscono i ricoveri impropri, si rafforza ed integra <strong>il</strong> ruolo della Continuità Assistenziale<br />

sul territorio, migliora in assoluto la qualità di vita dei pazienti e della famiglia.<br />

Le azioni qualificanti sono tra l’altro l’uso efficace ed efficiente delle risorse aziendali,<br />

con la realizzazione di un equo uso dell’accesso ospedaliero riservando<br />

quest’ultimo alle patologie acute. Si realizza così un servizio territoriale parte integrante<br />

della rete dei servizi dell’azienda di Frosinone.<br />

5.6 Integrazione socio-sanitaria e cooperazione medica<br />

5.6.1 L’esperienza della regione Campania<br />

Pier Luigi Cerato 7<br />

L’evoluzione del sistema sanitario regionale, prima ancora che arrivi <strong>il</strong> federalismo,<br />

sta già esprimendo potenzialità e criticità differenti, territorio da territorio e,<br />

più in particolare, fra Nord, Centro e Sud.<br />

Quindici anni di quota capitaria, pur se corretta dall’indice di vecchiaia, non<br />

sono riusciti a colmare i deficit strutturali ed organizzativi che hanno caratterizzato<br />

<strong>il</strong> primo periodo del sistema sanitario nazionale, quello per intenderci della<br />

spesa storica (1980 – 2005).<br />

Particolarmente problematici sono rimasti due aspetti dell’assistenza sanitaria<br />

nelle regioni del Sud e specificamente in Campania:<br />

7<br />

Direttore Struttura Operativa Programmazione e Pianificazione A.R.San (Agenzia Regionale Sanitaria della<br />

Campania)<br />

169


Capitolo 5<br />

1. l’offerta di prestazioni socio - sanitarie, non solo per <strong>il</strong> mancato corrispettivo da<br />

parte del sociale della quota di compartecipazione, previsto per i nove LEA socio<br />

– sanitari, ma per l’assenza sul territorio di strutture, programmi ed interventi<br />

sociali;<br />

2. la mancata presa in carico di un cittadino con problemi cronici o a tendenza<br />

cronica o, comunque, la mancata offerta di percorsi diagnostici e terapeutici<br />

nei distretti socio – sanitari delle AA.SS.LL.<br />

In Regione Campania <strong>il</strong> cittadino assomiglia alla pallina del flipper che batte<br />

da un fungo all’altro (ogni fungo è una struttura, un presidio, una prestazione<br />

sanitaria ed <strong>il</strong> totalizzatore che appare sullo schermo rappresenta i costi delle<br />

prestazioni) senza, molte volte, risolvere <strong>il</strong> problema o, comunque, risolvendolo<br />

tardi dove tardi per le malattie oncologiche significa perdita di anni di vita.<br />

Quali sono gli elementi di debolezza del sistema di assistenza territoriale in un distretto<br />

della Campania?<br />

Sono: ristretto numero di ore di offerta di assistenza nella giornata: più o meno ogni<br />

distretto è aperto dalle h. 8,30 alle h. 14,30, spesso solo in orario antimeridiano; questo<br />

si traduce in una disponib<strong>il</strong>ità reale dell’intera struttura di circa quattro ore giornaliere;<br />

mancata formulazione dell’offerta attiva dei percorsi diagnostici e terapeutici integrati<br />

e coordinati (diabete, ipertensione, cardiopatia, ecc.);<br />

la mancata presa in carico nel tempo del paziente cronico per un tempo che è<br />

sempre lungo.<br />

Le carenze complessive del sistema campano hanno prodotto, in questi ultimi anni,<br />

che gli indici di speranza di vita sono migliorati in Italia, meno in Campania, soprattutto<br />

tra le donne; lo svantaggio permane anche nei confronti delle altre Regioni del<br />

Mezzogiorno. In particolare <strong>il</strong> trend della speranza di vita a 45 anni registra in Campania,<br />

dal 1990 al 2002, un peggioramento, in quanto aumenta negli uomini campani<br />

la differenza con la media italiana.<br />

Esiste un gradiente in peggioramento dal Nord al Sud d’Italia nella distribuzione della<br />

maggior parte dei Fattori di Rischio delle malattie croniche e, quindi, nella frequenza<br />

delle forme gravi. Il più alto rischio di morbosità cronica tra i più poveri è più intenso<br />

nelle Regioni meridionali e appare anche associato al livello di istruzione. Una posizione<br />

sociale sfavorevole fa più che raddoppiare la morbosità cronica, le differenze<br />

geografiche possono essere, in parte, spiegate da una maggiore concentrazione di<br />

poveri nelle Regioni meridionali.<br />

I dati relativi alla “mortalità evitab<strong>il</strong>e” sembrano mostrare che in Campania ed in altre<br />

regioni meridionali si muore di più in età giovan<strong>il</strong>e sia per cause definite evitab<strong>il</strong>i<br />

170


Seminari paralleli<br />

che non evitab<strong>il</strong>i; sia per problemi legati all’assistenza sanitaria che agli st<strong>il</strong>i di vita<br />

e sia, infine, all’età maggiore di 69 anni.<br />

In altri termini sembra di poter affermare che non è l’età della popolazione a<br />

costituire un rischio per la salute, ma <strong>il</strong> contesto sociale - economico e culturale<br />

nel quale si invecchia.<br />

Questa è la malattia o meglio sono le conseguenze della malattia.<br />

Quali sono i rimedi? Questi sono:<br />

1. far seguire alla generica affermazione “potenziare <strong>il</strong> territorio” un maggior<br />

investimento di quota capitaria dall’ospedale al territorio;<br />

2. rendere i distretti erogatori di salute con:<br />

2.1 apertura 12 ore, integrate con guardia medica e presidio di emergenza,<br />

2.2 offerta attiva di percorsi diagnostici e terapeutici attraverso <strong>il</strong> coordinamento<br />

degli specialisti e della diagnostica strumentale (da potenziare);<br />

3. integrazione con i MMG organizzati in cooperative.<br />

Quest’ultimo, in particolare, significa:<br />

a. fac<strong>il</strong>itare <strong>il</strong> rapporto fiduciario tra cittadino e medico di libera scelta;<br />

b. garantire un più elevato livello qualitativo ed una maggiore appropriatezza<br />

delle prestazioni erogate;<br />

c. realizzare forme adeguate di continuità assistenziale, anche attraverso modalità<br />

di integrazione professionale tra medici;<br />

d. perseguire <strong>il</strong> coordinamento funzionale dell’attività dei MMG con i servizi e le<br />

attività del Distretto in coerenza con <strong>il</strong> programma delle attività distrettuali;<br />

e. realizzare forme di maggior fruib<strong>il</strong>ità e accessib<strong>il</strong>ità da parte dei cittadini dei<br />

servizi e delle attività dei MMG;<br />

f. perseguire maggiori e più qualificati standard strutturali, strumentali e di organizzazione<br />

dell’attività professionale;<br />

g. condividere e implementare linee guida diagnostico – terapeutiche per le<br />

patologie a più alta prevalenza ed attuare momenti di verifica periodica.<br />

A questo punto vengono in mente le UCCP, le Case della Salute e qualunque<br />

altra sigla che serva a ricordare un modello di approccio territoriale a partenza<br />

dai MMG e dai PLS.<br />

Ma non è questo <strong>il</strong> modello vincente perché non è possib<strong>il</strong>e pensare di organizzare<br />

su un territorio regionale, come la Campania, di oltre sei m<strong>il</strong>ioni di abitanti,<br />

tante UCCP quante servono per un bacino medio di 10.000/15.000 abitanti è<br />

cioè da 400 a 600 UCCP.<br />

171


Capitolo 5<br />

Quello che è vincente oggi è <strong>il</strong> modello di approccio che prevede:<br />

1. l’aumento di offerta dei MMG e dei PLS rispetto all’ambulatorio singolo,<br />

2. l’integrazione vera con <strong>il</strong> distretto,<br />

3. la rifondazione delle UU.OO. di Medicina di Base che, nella realtà campana,<br />

sono identificate nella gestione del poliambulatorio specialistico che oggi<br />

viene ancora identificato con <strong>il</strong> modello di funzionamento del poliambulatorio<br />

ex mutualistico.<br />

È assolutamente evidente che un modello così concepito viene incontro al problema<br />

che caratterizza un territorio e cioè la presa in carico, l’integrazione socio<br />

– sanitaria, l’ut<strong>il</strong>izzo di prestazioni adeguate, <strong>il</strong> controllo della spesa e quant’altro<br />

è stato nel tempo detto e ridetto per definire una nuova sanità territoriale.<br />

Purtroppo è diffic<strong>il</strong>e oggi pensare ad una programmazione regionale forte che<br />

sposti i rapporti esistenti in ogni ASL fra ospedale e territorio, riformulando <strong>il</strong> piano<br />

degli investimenti, i fondi dell’art. 20 l. 68/88, la dislocazione del personale e delle<br />

attrezzature.<br />

Segnale evidente lo si può cogliere esaminando quanto sta avvenendo in questi<br />

mesi a seguito del Commissariamento della Regione Campania e l’applicazione<br />

del piano di rientro.<br />

Quale migliore occasione sarebbe stata quella, all’ombra della presenza del subcommissario<br />

governativo, di rivedere l’assetto complessivo del sistema sanitario<br />

regionale, ricordando a noi stessi che i b<strong>il</strong>anci in attivo prodotti nelle regioni del<br />

Sud dal finanziamento a quota capitaria negli anni 2005, 2006 e 2007 erano, per<br />

buona parte, dovuti all’assenza delle strutture territoriali, dei distretti, delle RSA ecc.<br />

Proprio nel Sud dove, come abbiamo visto sopra, è <strong>il</strong> contesto socio – economico<br />

e culturale, quello che crea le peggiori disuguaglianze ed iniquità nell’ut<strong>il</strong>izzo<br />

del sistema sanitario dove va potenziato <strong>il</strong> territorio.<br />

Invece in ogni ASL sta avvenendo esattamente <strong>il</strong> contrario: al blocco del turnover<br />

si risponde trasferendo medici ed infermieri dal territorio all’ospedale, bloccando<br />

<strong>il</strong> rinnovo dei contratti dei lavoratori atipici che, per la maggior parte delle volte,<br />

sono presenti proprio sul territorio dove, nei decenni, di fronte ad una assenza di<br />

dotazione organica, si è cercato di far crescere le prestazioni offerte ut<strong>il</strong>izzando<br />

appunto contratti precari nella speranza che, ad una generica volontà di potenziare<br />

<strong>il</strong> territorio, prima o poi fosse corrisposta una seria programmazione sanitaria.<br />

Ben singolare <strong>il</strong> destino del territorio, della prevenzione, del socio – sanitario, della<br />

presa in carico, della continuità delle cure ecc; tutti questi concetti sono alla<br />

172


Seminari paralleli<br />

base di ogni convegno di programmazione sanitaria, ne parlano tutti, ne teorizzano<br />

molti, ma guai a metterli in pratica!<br />

5.7 Integrazione Socio - Sanitaria e complessità dei bisogni<br />

Gianfranca Ranisio 8<br />

In questo Convegno abbiamo avuto modo di ascoltare in molti interventi l’esigenza<br />

di un’integrazione più efficace tra <strong>il</strong> sociale e <strong>il</strong> sanitario, in modo di rispondere<br />

a una domanda di salute, che è in relazione con le trasformazioni demografiche<br />

e sociali della società italiana e con esse del quadro nosologico.<br />

L’antropologia medica può fornire un contributo nell’identificare i fattori di rischio<br />

ambientale e nel porre in evidenza i modelli culturali, i valori, i significati che sottendono<br />

alle attività dei soggetti, può porre in evidenza le condizioni di vita, le<br />

aspettative, le stesse modalità della cura, le relazioni che si instaurano nella cura<br />

(Hagan Hennessy 2004, p. 316).<br />

Il bisogno di salute è un bisogno presente in tutte le società umane. Tuttavia,<br />

come le teorie antropologiche, da Malinowski in poi, hanno più volte sottolineato,<br />

ai bisogni umani ciascuna società ha risposto con modalità differenti, all’interno<br />

di specifiche situazioni ambientali e storiche. Più recentemente si è posto in<br />

evidenza che i bisogni, al di sopra di una certa soglia minima, sono bisogni che<br />

si definiscono e prendono forma all’interno di contesti specifici, poiché i bisogni<br />

non sono dati una volta per tutte, ma sono prodotti storico-culturali. Anche <strong>il</strong> bisogno<br />

di salute è culturalmente modellato, così come lo sono le pratiche finalizzate<br />

a contrastare lo star male. Salute e malattia sono eventi in continuo mutamento<br />

sul piano clinico, sociale, simbolico, sono eventi socialmente costruiti e ogni sistema<br />

di cura è in relazione con la società che lo attua (Sepp<strong>il</strong>li 1996).<br />

I sistemi sanitari delle società complesse contemporanee sono sistemi ad alta<br />

tecnologia, che si trovano di fronte alla necessità di fornire risposte a domande<br />

sempre più pressanti, che riguardano bisogni e aspettative in rapida evoluzione<br />

e in costante aumento, devono oggi tenere conto dell’estendersi delle patologie<br />

croniche e delle nuove emergenze sociali. Sono chiamati a essere efficaci e<br />

efficienti, ma devono fare i conti con i costi sempre crescenti della spesa sanitaria<br />

e confrontarsi con nuove utenze e con domande che riguardano una ricerca<br />

più ampia di salute, che non è solo assenza di malattia, ma ricerca di uno stato<br />

di benessere, in cui l’aspetto sanitario si incontra con <strong>il</strong> sociale.<br />

8<br />

Docente di Antropologia Culturale , Coordinatrice del Master in: Politiche e Sistemi Sociosanitari, organizzazione,<br />

management e coordinamento, Facoltà di Sociologia, Università Federico II Napoli.<br />

173


Capitolo 5<br />

Per quanto riguarda la situazione italiana, i rapporti ISTAT fotografano un paese<br />

caratterizzato da un progressivo invecchiamento della popolazione e dall’emergere<br />

di nuove povertà che riguardano le famiglie con un sol genitore, le famiglie<br />

monoreddito con figli minori a carico, prevalentemente nel mezzogiorno, gli<br />

anziani spesso soli che vivono con la pensione minima, gli immigrati, i senza fissa<br />

dimora, <strong>il</strong> cui numero è tuttora in crescita. Tra di loro si annidano quelle che sono<br />

considerate le malattie della povertà, malattie che rivelano come le disuguaglianze<br />

sociali incidano non soltanto rispetto all’accesso alle cure, ma anche alla<br />

possib<strong>il</strong>ità di godere di uno stato psicofisico di benessere. Attualmente di alcune<br />

malattie si guarisce, di altre si ritardano gli effetti infausti e questo comporta un<br />

mutamento profondo e cioè <strong>il</strong> prevalere sui casi acuti di malattie croniche e degenerative,<br />

di lungo periodo, oncologiche, cardiologiche, che richiedono una<br />

continuità assistenziale, non solo di ambito sanitario.<br />

Come r<strong>il</strong>eva Cosmacini, <strong>il</strong> passaggio da malattie epidemico-contagiose del<br />

passato a quelle epidemico-degenerative del presente ha avuto come conseguenza<br />

<strong>il</strong> passaggio dalla spiegazione causale monofattoriale, alla spiegazione<br />

causale multifattoriale della malattia dovuta a più fattori insieme convergenti.<br />

Ne deriva l’attenzione rivolta ai modelli di rischio, legati ai comportamenti e agli<br />

st<strong>il</strong>i di vita (1997, p.379).<br />

In alcune regioni, <strong>il</strong> sistema sanitario è chiamato a ridefinirsi, non solo per l’entrata<br />

in vigore del federalismo fiscale, ma anche per i piani di rientro imposti e questo<br />

potrebbe/dovrebbe comportare una riprogettazione della gestione della salute,<br />

tenendo conto delle linee di tendenza e dei bisogni di salute emergenti.<br />

In tale prospettiva al territorio è assegnato un rinnovato ruolo per la sua qualità<br />

di spazio sociale, di campo di forze, in cui interagiscono differenti attori sociali,<br />

gruppi, istituzioni, operatori professionali con competenze diverse, che devono<br />

essere messi in grado di operare sinergicamente.<br />

Si tratta, pertanto, di riorganizzare una rete sociosanitaria efficiente e dinamica.<br />

Infatti i servizi forniti dalle varie istituzioni devono essere riconfigurati non come<br />

terminali di iniziative pensate ed erogate top-down, ma cercando di promuovere<br />

forme di partecipazione dei cittadini, a partire dai comportamenti e dalle<br />

scelte organizzative, non imponendo modelli calati dall’alto, ma costruendoli a<br />

partire dalle esperienze e dalle risorse presenti (Balbo 2008).<br />

L’ospedalizzazione e l’istituzionalizzazione, soprattutto per gli anziani, avevano<br />

comportato <strong>il</strong> separare la malattia, la morte, la stessa vecchiaia dai contesti relazionali<br />

del vissuto, ai quali oggi tornano ad essere affidate. Questo richiede<br />

già attualmente profonde modifiche di impostazione, risposte articolate e rende<br />

necessario progettare un’organizzazione di servizi sociosanitari territoriali che<br />

174


Seminari paralleli<br />

sia in grado di rispondere ai complessi e molteplici bisogni dei pazienti/utenti,<br />

attrezzando <strong>il</strong> territorio di forme organizzative e di strutture adeguate, anche attraverso<br />

la riconversione di strutture già esistenti, secondo la logica non di deospedalizzare<br />

<strong>il</strong> territorio ma riportare le cure dall’ospedale al territorio. In termini di<br />

programmazione e riorganizzazione è anche necessario considerare gli ospedali<br />

come uno degli snodi problematici, in quanto spesso svolgono funzioni improprie<br />

per supplire alla mancanza di adeguati interventi territoriali, in particolare, per<br />

le fasce più povere della popolazione e per le fasce deboli (bambini, anziani,<br />

tossicodipendenti, senza fissa dimora, immigrati, ecc.).<br />

Non si tratta solo di una riorganizzazione delle strutture ma di un cambiamento di<br />

tipo culturale, poiché si tratta di ripensare la malattia e l’organizzazione della sanità<br />

rispetto a differenti categorie di spazio e di tempo. L’assistenza ospedaliera è infatti<br />

organizzata sulle modalità dello spazio, vede <strong>il</strong> corpo come organismo, ha modelli<br />

concettuali legati alla categorizzazione, concentra l’iter diagnostico-terapeutico<br />

in un luogo fisico e delimitato. L’assistenza territoriale è legata alla dimensione del<br />

tempo, un tempo non circoscrivib<strong>il</strong>e, ma in rapporto alla storia e al vissuto del paziente,<br />

richiede la capacità di integrare saperi scientifici, sociali, individuali, mentre<br />

lo spazio è quello della dimensione quotidiana e delle relazioni socio-affettive.<br />

In queste trasformazioni un forte apporto può essere fornito dalle cooperative<br />

della medicina generale, dalla cooperazione sociale e dalle professioni sociosanitarie<br />

organizzate.<br />

A livello di prospettiva più ampia questo presuppone di ripensare <strong>il</strong> rapporto<br />

medicina-società, andando oltre quel modello biomedico, sempre più basato<br />

sulla specializzazione, sulla parcellizzazione dei corpi e delle funzioni e sulla ipertecnologizzazione,<br />

modello che trova difficoltà a conc<strong>il</strong>iarsi con la visione antropologica<br />

della malattia ed è tra le cause del senso di disagio nell’esercizio della<br />

professione, spesso sperimentato dal medico di famiglia, che è chiamato ad<br />

occuparsi del paziente nella sua totalità.<br />

Si consideri ad esempio un ambito specifico delle attività del mmg: <strong>il</strong> settore delle<br />

cure domic<strong>il</strong>iari.<br />

A livello internazionale questa problematica è molto avvertita, le cure domic<strong>il</strong>iari<br />

sono divenute punto cardine dei sistemi sanitari avanzati: questo ambito ha avuto<br />

notevole espansione e crescita negli USA, anche perchè permette una riduzione<br />

dei costi rispetto all’ospedalizzazione e all’istituzionalizzazione (Montauk 1998).<br />

Anche nelle nazioni europee, l’assistenza a domic<strong>il</strong>io degli anziani non autosufficienti<br />

è la modalità assistenziale prescelta per garantire una migliore qualità<br />

della vita e per evitare l’istituzionalizzazione (Pesaresi, Gori 2003). L’estensione<br />

175


Capitolo 5<br />

delle cure domic<strong>il</strong>iari ha comportato l’avvio di nuove politiche di integrazione tra<br />

<strong>il</strong> sociale e <strong>il</strong> sanitario, poiché l’assistenza domic<strong>il</strong>iare è stata considerata “asse<br />

strategico su cui puntare”. Queste politiche si sono accompagnate a una costante<br />

crescita del settore privato per prestazioni sociali domic<strong>il</strong>iari e residenziali;<br />

attualmente i fornitori privati no-profit e for-profit costituiscono una parte assai<br />

importante di molti sistemi di servizi sociali, mentre l’ente pubblico è sempre più<br />

impegnato, più che a erogare direttamente prestazioni, a finanziare, regolare e<br />

coordinare le prestazioni erogate dai privati.<br />

In Italia, già negli anni Settanta-Ottanta, si erano progettate politiche per la salute<br />

integrate nel territorio, che erano state poi accantonate perché si trattava<br />

di raccogliere una domanda di salute, non misurab<strong>il</strong>e attraverso la categoria di<br />

terapia/guarigione, ma al contrario una domanda che richiede che l’atto medico<br />

si debba integrare con interventi che richiedono professionalità diverse (Bindi<br />

2005, p.52) 9 . È a partire dagli anni Novanta che, rielaborando a livello di politiche<br />

sociosanitarie <strong>il</strong> modello pubblico/privato, si attua <strong>il</strong> passaggio da una concezione<br />

di welfare, gestito dal pubblico, a una concezione di welfare a intervento<br />

misto pubblico/privato sociale.<br />

Nell’assistenza domic<strong>il</strong>iare, che comprende trattamenti medici, infermieristici, riab<strong>il</strong>itativi,<br />

di aiuto alla persona e al governo della casa, obiettivo è mettere al centro<br />

l’individuo e, per quanto riguarda l’anziano, mantenerlo nella sua famiglia e<br />

nel tessuto sociale e, quando non è possib<strong>il</strong>e, combattere <strong>il</strong> senso di isolamento<br />

e di inut<strong>il</strong>ità che spesso pervade gli anziani istituzionalizzati.<br />

L’assistenza è attuata sul territorio e richiede l’intervento di figure professionali<br />

con competenze diverse, <strong>il</strong> medico di mg, l’infermiere, l’assistente sociale, <strong>il</strong> fisioterapista,<br />

lo psicologo e così via, che devono condividere obiettivi e modalità<br />

di intervento, pur rimanendo come punto di riferimento <strong>il</strong> MMG per la conoscenza<br />

e la dimestichezza che ha acquisito con <strong>il</strong> paziente; si recupera in tal modo<br />

<strong>il</strong> significato più profondo dell’assistenza primaria, quale processo continuo di<br />

assistenza, che comprende non solo cure ma anche promozione della salute,<br />

prevenzione e riab<strong>il</strong>itazione. Per questo è importante che si operi un’integrazione<br />

non solo delle mansioni ma anche dei saperi e che siano previsti percorsi formativi<br />

adeguati sia per gli operatori sociali che sanitari, in particolare che sia valorizzata<br />

la formazione in medicina generale per potenziare le capacità relazionali e<br />

di comunicazione dei medici di famiglia.<br />

L’assistenza domic<strong>il</strong>iare presuppone la capacità di collaborazione, oltre che con<br />

le figure istituzionali, anche con le risorse attivab<strong>il</strong>i sul territorio, quali <strong>il</strong> volontariato<br />

9 L’atto di indirizzo sull’integrazione sociosanitaria è legato al decreto legislativo 229/1999. (Rosy Bindi, La<br />

salute impaziente, 2005, p.52)<br />

176


Seminari paralleli<br />

e l’associazionismo. Si basa perciò sul presupposto di valorizzare le risorse disponib<strong>il</strong>i<br />

e dovrebbe prevedere l’attivazione di percorsi di formazione e di sostegno.<br />

La presa in carico della persona è gestita dai fam<strong>il</strong>iari con l’individuazione di un<br />

caregiver, con tutti i problemi che questo comporta. Infatti spesso chi si occupa<br />

dell’assistenza del proprio fam<strong>il</strong>iare è una persona a sua volta anziana, per lo più<br />

una donna, che agisce in prima persona o affida l’assistenza a soggetti esterni<br />

alla famiglia, come nel caso delle badanti spesso straniere. La famiglia è una<br />

risorsa cruciale, sia per l’ut<strong>il</strong>izzo di lavoro femmin<strong>il</strong>e non pagato in quanto interno<br />

alla famiglia, che sottopagato attraverso <strong>il</strong> mercato delle donne migranti. Tuttavia<br />

<strong>il</strong> rischio implicito in questo modello, che è basato sulla femmin<strong>il</strong>izzazione<br />

delle attività di cura, è che tutto <strong>il</strong> peso dell’assistenza a domic<strong>il</strong>io ricada sulla<br />

famiglia e sulle donne, della famiglia e non. E questo tanto più in una fase di crisi<br />

economica come quella attuale e di fronte all’affermarsi di un modello di società<br />

a disuguaglianza crescente, sia su basi sociali, che territoriali e regionali. In<br />

questa situazione, se non adeguatamente supportata da politiche sociosanitarie<br />

efficaci, vi è <strong>il</strong> rischio del prevalere di un modello privatistico e quindi fam<strong>il</strong>istico,<br />

soprattutto a spese delle fasce sociali più deboli, delegando la cura alla famiglia<br />

e rendendo la casa/domic<strong>il</strong>io <strong>il</strong> luogo priv<strong>il</strong>egiato di attraversamenti di confini<br />

tra comportamenti amorevole e pratiche professionali, senza che le istituzioni<br />

predispongano un sistema adeguato di welfare, contribuendo al contrario al<br />

perdurare di quello che Sgritta definisce un welfare senza futuro (Maluccelli 2007;<br />

Sgritta 2009).<br />

Le cure domic<strong>il</strong>iari già da tempo assumono forme e modalità organizzative diverse<br />

a seconda delle regioni (Pesaresi 2007) 10 . Al di là delle linee guida ministeriali, vi<br />

sono notevoli disuguaglianze nelle modalità di organizzazione e nell’impiego delle<br />

risorse a disposizione, nel numero di pazienti assistiti, nel monte ore, negli investimenti.<br />

Inoltre l’integrazione tra le prestazioni sanitarie e quelle sociali, che vede<br />

coinvolti operatori che fanno capo a enti differenti e su capitoli di spesa differenti,<br />

è tuttora un aspetto problematico. In questo ambito forme di cooperazione medica<br />

e di cooperazione sociale trovano un fert<strong>il</strong>e terreno di incontro, ma anche<br />

di nuove criticità e inducono a riflettere sullo stesso uso del termine integrazione,<br />

concetto che presenta delle ambiguità di fondo per <strong>il</strong> modo in cui viene impiegato.<br />

Si tratta infatti di un processo da realizzare attraverso un sistema organizzato<br />

di relazioni tra sistema sanitario, territorio, comunità e altri soggetti operanti sul<br />

territorio e deve essere un mezzo per conseguire un fine (Cavicchi 2008).<br />

Nell’ambito della medicina generale forme di sperimentazione sul territorio sono<br />

state attuate in alcune regioni con le Case della Salute, le UTAP o le UCCP.<br />

10<br />

Un caso a sé è costituito dalla Regione Lombardia che ha adottato <strong>il</strong> sistema di erogare le cure domic<strong>il</strong>iari<br />

attraverso dei voucher , rendendo <strong>il</strong> cittadino un consumatore di prestazioni in campo sanitario.<br />

177


Capitolo 5<br />

L’integrazione socio-sanitaria può garantire una ricaduta positiva sia nei termini<br />

di uguaglianza e appropriatezza che di economicità, poiché consentirebbe l’implementazione<br />

della rete integrata di servizi evitando <strong>il</strong> ricorso a ricoveri impropri.<br />

Basti pensare, ad esempio, a quanti pazienti disab<strong>il</strong>i di lieve-medio grado, con<br />

bisogni prioritari sociali di vitto, alloggio, socializzazione, sono impropriamente<br />

ospitati in strutture sanitarie istituzionalizzanti e ad alto costo. In questi casi più<br />

adeguati interventi sociali consentirebbero contemporaneamente una riduzione<br />

della spesa complessiva e risposte più appropriate ed incisive. Anche le ricerche<br />

internazionali - in particolare mi riferisco a una ricerca norvegese- pongono<br />

in evidenza che quanto più la rete dei medici di medicina generale funziona<br />

bene ed è alta la qualità professionale, suscitando un alto gradimento tra i pazienti,<br />

tanto più è basso <strong>il</strong> ricorso ai ricoveri ospedalieri (Carlsen, Grytten, Kjelvik,<br />

Skau 2007).<br />

L’Integrazione Socio-Sanitaria è pertanto un’opzione strategica, sia da un punto<br />

di vista istituzionale che gestionale e professionale, in quanto la sola in grado di<br />

promuovere risposte unitarie ai bisogni complessi del cittadino, che non possono<br />

essere adeguatamente affrontati da sistemi di risposte separate sanitarie e<br />

sociali.<br />

Riflettere nel corso di questo convegno sull’integrazione sociosanitaria, sia dal<br />

punto di vista dei modelli teorici, che degli interventi e delle sperimentazioni già<br />

attuati sul territorio da parte di professionalità diverse, può fornire un contributo al<br />

dibattito generale, stimolando nuove iniziative e progettualità.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

L. Balbo (2008), Il lavoro e la cura. Einaudi, Torino.<br />

R. Bindi (2005), La salute impaziente. Jaca Book, M<strong>il</strong>ano.<br />

F. Carlsen, J. Grytten, J. Kjelvik (2007), Better primary physician services lead to fewer hospital admissions.<br />

“Eur. J. Health Econ” 8, pp. 17-24.<br />

Cavicchi (2008), Il pensiero debole della sanità. Dedalo, Bari.<br />

G. Cosmacini (1997), L’arte lunga. Storia della medicina e della sanità nell’Italia contemporanea.<br />

Laterza, Bari.<br />

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Angeli, M<strong>il</strong>ano.<br />

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Franco Pesaresi (2007), Le cure domic<strong>il</strong>iari per anziani, in “Prospettive sociali e sanitarie”, 156, pp.1-6.<br />

Luigi Scaffino et alii (2003), Cure domic<strong>il</strong>iari. La partnership tra pubblico e privato, Franco Angeli<br />

editore, M<strong>il</strong>ano.<br />

Tullio Sepp<strong>il</strong>li (1996), Antropologia medica: fondamenti per una strategia. “AM”, I, pp.7-22.<br />

G. B. Sgritta (2009), Badanti e anziani in un welfare senza futuro. Ediz. Lavoro, Roma.<br />

178


Seminari paralleli<br />

5.8 La medicina telematica nella promozione delle UCCP<br />

5.8.1 Il ruolo delle Società Scientifiche<br />

Giancarmine Russo 11<br />

Il termine telemedicina si presta a svariate definizioni, non sempre univoche in letteratura,<br />

che spesso focalizzano l’attenzione solo su alcuni aspetti della materia.<br />

La Telemedicina consiste, sostanzialmente, nella trasmissione e condivisione, in<br />

tempo reale, di informazioni di carattere sanitario e scientifico tra medico e cittadino<br />

o tra gli stessi operatori sanitari, attraverso sistemi di comunicazione di tipo<br />

telematico/informatico.<br />

La definizione più esaustiva del termine è senz’altro quella concordata a livello<br />

CEE, da una Commissione di esperti, che ha redatto un documento sulle prospettive<br />

di sv<strong>il</strong>uppo della Telemedicina in Europa (Advanced Informatics in Medicine<br />

- AIM 1990) con l’obiettivo di migliorare la qualità dei servizi sanitari, fac<strong>il</strong>itare<br />

la formazione professionale di medici e infermieri ed ottimizzare <strong>il</strong> trasferimento<br />

qualificato di dati ed esperienze tra i vari Paesi europei che, testualmente, recita:<br />

“Con <strong>il</strong> termine di Telemedicina si intende l’integrazione, <strong>il</strong> monitoraggio e la<br />

gestione dei pazienti, nonché l’educazione degli stessi e del personale sanitario,<br />

usando sistemi che consentano un pronto accesso alla consulenza di esperti ed<br />

alle informazioni del paziente, indipendentemente da dove l’individuo, o le informazioni,<br />

risiedano”.<br />

Ma anche questa definizione non ci è apparsa soddisfacente. La Società Italiana<br />

di Telemedicina e sanità elettronica, in quanto Società scientifica, con <strong>il</strong> Manifesto<br />

italiano della Medicina Telematica, presentato a Firenze l’8 apr<strong>il</strong>e 2010 dal<br />

suo Presidente professor Gianfranco Gensini, nel corso del suo primo Congresso<br />

nazionale, ha ritenuto opportuno definire i principi fondamentali necessari per lo<br />

sv<strong>il</strong>uppo, armonico e sostenib<strong>il</strong>e, della “Telemedicina”, intesa come strumento di<br />

innovazione tecnologica a valenza multidisciplinare che comprende: la formazione,<br />

l’integrazione, <strong>il</strong> monitoraggio e la gestione dei pazienti, attraverso l’impiego<br />

di sistemi di telecomunicazione che si avvalgono della cooperazione di<br />

differenti professionalità al fine della promozione della salute attraverso i percorsi<br />

di prevenzione, diagnosi e cura dell’assistito.<br />

Il primo principio che la Società Italiana di Telemedicina e sanità elettronica ha<br />

affermato nel Manifesto, riguarda <strong>il</strong> riconoscimento, sia a livello culturale che<br />

organizzativo ed operativo, della coesistenza nella “Telemedicina” di tre p<strong>il</strong>astri<br />

fondamentali: la Medicina Telematica, la Sanità Elettronica e l’ICT (Information<br />

11<br />

Segretario Generale SIT<br />

179


Capitolo 5<br />

and Communication Technology) in Sanità. Si afferma inoltre che questi tre p<strong>il</strong>astri<br />

costituiscono fondamento della “Telemedicina” nella misura in cui concorrono<br />

al miglioramento, sia dell’esercizio della professione medico-chirurgica, che<br />

dell’offerta sanitaria per i pazienti.<br />

La Medicina Telematica è una branca della scienza medica che ha una sua<br />

propria valenza clinica ed una sua propria specificità tecnico-scientifica. Si tratta<br />

di un’innovazione nella modalità di esercizio della Medicina e Chirurgia che<br />

richiede conoscenze ed ab<strong>il</strong>ità specialistiche.<br />

Con <strong>il</strong> termine di Medicina Telematica si definisce pertanto l’erogazione di servizi<br />

di assistenza sanitaria tramite <strong>il</strong> ricorso alle tecnologie di telecomunicazione computer<br />

assistite, in situazioni in cui <strong>il</strong> professionista della salute ed <strong>il</strong> paziente (o due o<br />

più professionisti) non si trovino nella stessa località o vi si trovino in momenti diversi.<br />

Essa comporta la trasmissione, in modalità sicura e protetta, di informazioni e dati<br />

di carattere medico grazie a testi, suoni, immagini o altre informazioni necessarie<br />

per la prevenzione, la diagnosi, <strong>il</strong> trattamento ed <strong>il</strong> successivo monitoraggio dei<br />

pazienti. Si tratta di un’attività eminentemente clinica che presuppone l’intervento<br />

del medico e dell’infermiere i quali, per mezzo di strumenti tecnologici idonei,<br />

svolgono tutte le azioni necessarie a garantire ai pazienti la migliore assistenza a<br />

distanza, ovvero: r<strong>il</strong>evare, registrare, elaborare, trasmettere, decodificare informazioni<br />

e dati clinici, ut<strong>il</strong>izzare, a distanza, strumentazioni medico-chirurgiche.<br />

La Medicina Telematica individua, pertanto, l’insieme di attività prettamente di<br />

medicina e chirurgia cliniche, analoghe a quelle tradizionali, ma ricomprese nel<br />

termine più vasto e generale di “Telemedicina”, così come definito dall’Unione<br />

Europea, e si distingue dalla cosiddetta “Sanità Elettronica” (connected-Health<br />

o e-Health) atta ad indicare i Sistemi ed i Servizi Sanitari erogati per via info-telematica<br />

(teleprenotazione, certificati on-line, e-prescription, refertazione on-line<br />

etc.) e dall’ICT sanitario atto ad indicare le tecnologie info-telematiche ut<strong>il</strong>izzate<br />

in Sanità e nei Sistemi sanitari.<br />

I campi di applicazione della Medicina Telematica sono numerosissimi ed in continua<br />

evoluzione, ma quelli inerenti le Cure Primarie sono essenzialmente: la teleassistenza<br />

domic<strong>il</strong>iare, <strong>il</strong> teleconsulto specialistico, <strong>il</strong> telemonitoraggio medicale<br />

delle patologie croniche (in particolare: scompenso cardiaco, diabete ed insufficienza<br />

respiratoria) ed <strong>il</strong> telesoccorso.<br />

Applicare la telematica in ambito medico significa, infatti, rispondere con tempestività<br />

alle esigenze diagnostiche (telediagnosi) e terapeutiche (teleassistenza)<br />

di cittadini distanti dalle strutture sanitarie o comunque impossib<strong>il</strong>itati a muoversi<br />

da casa, ma anche i grossi centri urbani con i conseguenti problemi di traffico<br />

180


Seminari paralleli<br />

e di parcheggio risultano “distanti” sia per i pazienti che per gli stessi operatori<br />

sanitari, fornire una risposta valida ed efficace in caso di malati cronici, anziani<br />

o comunque a rischio (telemonitoraggio) ed un supporto indispensab<strong>il</strong>e nelle<br />

urgenze (telesoccorso), favorire l’aggiornamento scientifico (teledidattica) ed <strong>il</strong><br />

collegamento interattivo tra medici (teleconsulto) con condivisione dinamica di<br />

informazioni sanitarie, cartelle cliniche elettroniche, tracciati diagnostici, immagini<br />

biomediche, che si “muovono” in tempo reale e con la massima definizione.<br />

Ne consegue una concreta interrelazione tra le strutture minori o più deboli e<br />

quelle maggiori o specialistiche.<br />

La definizione CEE di “Telemedicina” mette dunque in evidenza come la finalità<br />

della Telemedicina non sia solo quella di assicurare assistenza medica a pazienti<br />

distanti dai centri sanitari, permettendo la comunicazione paziente-medicostruttura<br />

sanitaria, ma anche di rendere adeguato ed aggiornato <strong>il</strong> Servizio Sanitario<br />

Nazionale con particolare attenzione ai servizi di assistenza domic<strong>il</strong>iare,<br />

d’emergenza, di organizzazione e educazione sanitaria, di didattica, di formazione<br />

ed aggiornamento professionale.<br />

È possib<strong>il</strong>e oggi, grazie all’innovazione tecnologica, avvicinare i servizi sanitari<br />

ai cittadini in un’ottica di miglioramento della qualità offerta e di soddisfazione<br />

del cliente/utente. In particolare, l’applicazione di sistemi informatici e di telecomunicazione<br />

alle scienze mediche ha reso concrete prospettive inimmaginab<strong>il</strong>i<br />

sino a poco tempo fa, come, ad esempio, quella di garantire la “sicurezza sanitaria”<br />

del paziente attraverso la teleassistenza domic<strong>il</strong>iare ed <strong>il</strong> telemonitoraggio<br />

medicale delle patologie croniche, definite ormai come “la nuova emergenza<br />

sanitaria”.<br />

L’innovazione tecnologica può, quindi, fornire un contributo sempre più significativo<br />

all’aumento dell’efficacia, dell’efficienza e dell’equità di accesso alle<br />

prestazioni sanitarie: si pensi ad esempio alla raccolta di dati clinici provenienti<br />

da più sistemi diagnostici separati tra loro, al monitoraggio remoto di parametri<br />

clinici, alla distribuzione cap<strong>il</strong>lare delle informazioni mediche…<br />

La Telemedicina, metodologicamente e tecnologicamente, offre nuove opportunità<br />

di collegamento secondo “assi geografici” diversi: interconnessione tra<br />

punti di cura variamente distribuiti sul territorio (domic<strong>il</strong>io del paziente, studi dei<br />

Medici di Famiglia, UCCP, poli-ambulatori di ASL, pronto soccorso, servizi ospedalieri,<br />

strutture di ricovero, di riab<strong>il</strong>itazione, di lungo-degenza ecc.). Dal punto<br />

di vista organizzativo, invece, essa offre un valido ed efficace strumento di collegamento<br />

tra i diversi livelli di cura (Medicina Generale, Continuità Assistenziale,<br />

Emergenza e Pronto Soccorso, Specialistica Ambulatoriale ed Ospedaliera ecc.).<br />

L’intersezione virtuale di queste due connessioni (punti di cura e livelli di cura)<br />

può rappresentare la base del moderno concetto di “continuità delle cure”.<br />

181


Capitolo 5<br />

Se ne deduce che la Telemedicina, al pari della Medicina Telematica, non è solo<br />

un problema tecnico o di tecnologie da calare direttamente nei Servizi Sanitari<br />

Nazionali e Regionali, e neanche un problema puramente sanitario o medico.<br />

È necessario, infatti, prevedere una fase di riorganizzazione e razionalizzazione<br />

dell’intero Servizio Sanitario onde sfruttare pienamente le opportunità offerte da<br />

tali tecnologie, al fine di impostare, in forma innovativa, i servizi offerti; occorre,<br />

quindi, ridisegnare (“ripensare”…) lo stesso Servizio Sanitario Nazionale e Regionale<br />

in modo orientato alla soluzione dei problemi “problem solving”. Le attuali<br />

moderne vedute del “Health Technology Assessment”, infatti, prendono in considerazione<br />

non solo gli aspetti economici, ma anche quelli riguardanti i benefici,<br />

l’efficienza, l’efficacia, l’ut<strong>il</strong>ità, l’equità…, ovvero un insieme di raffronti tendenti<br />

ad innalzare ed a migliorare la qualità di cura, di erogazione e di fruizione dello<br />

stesso Servizio Sanitario Nazionale e Regionale.<br />

L’istituzione delle UCCP – Unità Complesse di Cure Primarie (previste dall’ACN<br />

per la Medicina Generale) quali modalità organizzative per l’erogazione dell’assistenza<br />

ambulatoriale in tutti i giorni della settimana, nell’arco delle dodici ore<br />

diurne, e l’assistenza domic<strong>il</strong>iare continua, diurna e notturna, non può prescindere<br />

da una reale implementazione della medicina Telematica nel nostro Servizio<br />

Sanitario Nazionale e Regionale.<br />

Le UCCP, infatti, dovranno assicurare, nel rispetto della diffusione cap<strong>il</strong>lare dei<br />

punti di erogazione dell’assistenza ed avvalendosi di personale infermieristico e<br />

di supporto, <strong>il</strong> raccordo e <strong>il</strong> collegamento con <strong>il</strong> distretto, <strong>il</strong> dipartimento, i presidi<br />

ospedalieri e le altre strutture aziendali, nonché la continuità e l’accompagnamento<br />

della persona all’interno del percorso diagnostico terapeutico e assistenziale,<br />

offrendo, a nostro parere, l’opportunità, imperdib<strong>il</strong>e, per la definitiva “messa<br />

a sistema” della Medicina Telematica, onde garantire, nella riorganizzazione<br />

della rete dei medici di medicina generale, l’integrazione tra cure primarie, servizi<br />

di emergenza e di pronto soccorso, cure ospedaliere, assistenza domic<strong>il</strong>iare<br />

e servizio sociali.<br />

In questo scenario, che in pieno condividiamo, l’implementazione delle sopra<br />

menzionate applicazioni cliniche di Medicina Telematica comporterebbe i seguenti<br />

vantaggi:<br />

• Migliorare la qualità di vita dei pazienti, consentendo loro di essere curati a<br />

domic<strong>il</strong>io o comunque <strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e vicino alla loro abitazione.<br />

• Disponib<strong>il</strong>ità di specialisti indipendentemente dal luogo in cui abiti <strong>il</strong> paziente,<br />

migliorando l’assistenza anche in quelle comunità territorialmente sparse.<br />

• Accrescimento della qualità delle decisioni del medico mettendo a sua disposizione,<br />

in modo semplice e veloce, le informazioni esistenti relative al paziente.<br />

182


Seminari paralleli<br />

• Fornire al paziente un servizio migliore ed anche maggiori informazioni sullo<br />

stato della propria salute.<br />

• Incrementare l’efficienza e la produttività del servizio sanitario riducendo <strong>il</strong> lavoro<br />

amministrativo superfluo, quale ad esempio la ribattitura di informazioni<br />

già presenti in forma elettronica, e distribuendo in modo organico i compiti<br />

tra le istituzioni ed <strong>il</strong> personale sanitario.<br />

• Curare <strong>il</strong> rispetto del programma terapeutico e r<strong>il</strong>evare assiduamente ogni<br />

variazione di ordine fisco e clinico che possa richiedere una modifica nella<br />

terapia del paziente.<br />

• Indurre nel paziente un atteggiamento positivo ed indipendente.<br />

• Garantire sicurezza e privacy nello scambio di informazioni mediche di ogni<br />

singolo paziente.<br />

• Garantire una più efficace e tempestiva assistenza diagnostica e terapeutica<br />

soprattutto nei casi di emergenza/urgenza.<br />

• Ridurre i tempi di ricovero dei pazienti e del pendolarismo ospedale-domic<strong>il</strong>io.<br />

• Adattamento dell’assistenza sanitaria alle variazioni temporanee di popolazione<br />

(es. per turismo o per calamità naturale).<br />

• Riduzione dei costi per le stesse Istituzioni garantendo, tramite l’integrazione<br />

socio-sanitaria, un servizio assistenziale domic<strong>il</strong>iare di duplice valenza: una<br />

teleassistenza domic<strong>il</strong>iare cap<strong>il</strong>larmente distribuita su tutti i pazienti a rischio<br />

(anziani, soli, cronici, disab<strong>il</strong>i o comunque “vulnerab<strong>il</strong>i”…), in grado di evidenziare,<br />

in tal modo, quei soli casi, di particolare criticità, che necessitano<br />

anche della presenza fisica del medico curante, ottimizzando così le risorse<br />

disponib<strong>il</strong>i.<br />

In conclusione la Medicina Telematica rende accessib<strong>il</strong>e la migliore assistenza<br />

medica possib<strong>il</strong>e, anche al di là delle barriere geografiche, quando la distanza<br />

può rappresentare un problema o quando <strong>il</strong> problema è rappresentato dallo<br />

stato di “vulnerab<strong>il</strong>ità” dello stesso paziente.<br />

Affinché tutto questo si realizzi, non occorre aspettare domani: la Telemedicina<br />

è già oggi, le tecnologie sono più che mature e sperimentate, anzi di tecnologia<br />

ce ne è anche troppa! La vogliono i cittadini ed anche gli operatori sanitari sono<br />

ormai pronti per iniziare.<br />

La Medicina Telematica non è fantascienza tecnologica o una mirab<strong>il</strong>ia dell’ingegneria,<br />

ma significa prendere atto di ciò che già fa parte della vita di tutti i<br />

giorni e guidarlo nella giusta direzione, nell’interesse primario del cittadino, con <strong>il</strong><br />

medico intermediario tra <strong>il</strong> paziente e le modalità di cura.<br />

183


Capitolo 5<br />

5.9 Chronic care model: l’esperienza toscana ed <strong>il</strong> ruolo della cooperazione medica<br />

5.9.1 La cooperazione medica nella gestione dei servizi alle cure primarie<br />

Maurizio Pozzi 12<br />

Durante <strong>il</strong> seminario è stato approfondito un modello di gestione delle patologie<br />

croniche. È stata valutata l’impostazione della Toscana che ha avviato<br />

la gestione di tali patologie attraverso <strong>il</strong> Chronic Care Model. Il modello è<br />

ritenuto meritevole di essere approfondito e può costituire un impegno per<br />

la medicina generale anche in coerenza con un ragionamento che (come<br />

sindacato e come mondo cooperativo) abbiamo svolto soprattutto riguardo<br />

alla necessità di trasferire risorse (economiche, umane, organizzative) nel<br />

territorio ed in particolare <strong>il</strong> management delle patologie croniche valorizzando<br />

la prevenzione, <strong>il</strong> lavoro di team, lo sv<strong>il</strong>uppo di nuove professionalità.<br />

È dunque positivo che una Regione, in maniera organica, decida di investire<br />

risorse in questa direzione coinvolgendo la medicina generale. Seppure l’investimento<br />

è parziale ed insufficiente rappresenta comunque un significativo<br />

atto di novità, anche rispetto alle altre Regioni.<br />

Valutazioni critiche sull’impostazione del progetto ed elementi di riflessione<br />

possono esser riassunti in tre ordini:<br />

1. Indicazione prioritaria della parte organizzativo-gestionale del modello<br />

centrata su un ruolo diretto di impegno delle aziende sanitarie locali<br />

con fornitura di personale da destinare agli studi dei medici di medicina<br />

generale o addirittura chiamando gli stessi medici ad esercitare questa<br />

attività presso presidi pubblici distrettuali. Esperienza di correzione<br />

dell’impostazione regionale nell’ambito dell’ASL 7 di Siena, dove è stato<br />

possib<strong>il</strong>e concludere un accordo che prevede di “conferire un budget”<br />

a disposizione di ciascun gruppo di medici partecipante che tramite la<br />

cooperativa si è quindi assunto tutti i compiti organizzativo-gestionali e<br />

la fornitura dei “relativi fattori di produzione”. Inoltre tale impostazione<br />

è stata condivisa da Medicina Generale, Coop medica ed ASL 7 quale<br />

fase preliminare all’avvio di UCCP, ritenute <strong>il</strong> vero modello di gestione<br />

territoriale da perseguire.<br />

2. La seconda riflessione riguarda la valutazione sugli indicatori di processo<br />

e di esito. Essendo un progetto in fase di avvio non poteva che prevedere<br />

la prevalenza di indicatori di processo in quanto quelli di esito<br />

richiedono più tempo per essere verificati, tuttavia eccessivi e come tali<br />

elementi di rischi per spostare l’attenzione del modello su un versante<br />

eccessivamente burocratizzato a danno della r<strong>il</strong>evanza clinica. L’indica-<br />

12<br />

Presidente Consorzio Toscano Sanità<br />

184


Seminari paralleli<br />

tore di esito è ovviamente più coerente per la misurazione del successo<br />

(quindi anche strumento adeguato). Inoltre un indicatore di esito ben<br />

individuato specialmente nell’ambito delle patologie croniche (dove è<br />

componente fondamentale l’aderenza da parte del paziente) ricomprende<br />

necessariamente anche tutti gli indicatori di processo e può essere<br />

fortemente rappresentativo persino dell’appropriatezza. Valorizzando<br />

l’esito rispetto al processo si lascia autonomia di gestione clinica ed<br />

organizzativa alla Medicina Generale e si riduce <strong>il</strong> controllo burocratico.<br />

Nel modello della medicina di iniziativa si deve recuperare fino in fondo<br />

l’aspetto dell’atto professionale medico che si caratterizza nel calibrare,<br />

nel modulare, in modo clinicamente corretto, la quantità, la frequenza<br />

e l’intensità dei controlli, garantendo la compliance del paziente, interpretando<br />

e non solo applicando protocolli predefiniti che possono<br />

rimanere assolutamente rigidi, spersonalizzanti <strong>il</strong> rapporto con medicopaziente,<br />

rischiosi di abbandoni da parte dei pazienti.<br />

3. La terza riflessione riguarda <strong>il</strong> ruolo delle professionalità presenti nel team<br />

ed in particolare quella degli infermieri.<br />

Nel modello deliberato dalla Regione Toscana si prevede un r<strong>il</strong>evante ruolo<br />

degli infermieri professionali ed in particolare riguardo all’attività di counseling<br />

nei confronti dei pazienti reclutati, sia in forma individuale che in forma<br />

collettiva. Questo aspetto pone importanti problematiche al Medici di Medicina<br />

Generale (soprattutto ove non si possegga la gestione diretta, compreso<br />

<strong>il</strong> governo dei fattori di produzione) quali: la necessità di elevare <strong>il</strong><br />

contenuto del rapporto di fiducia interpersonale con <strong>il</strong> paziente, pena la<br />

possib<strong>il</strong>ità di essere gradualmente sostituito dall’infermiere; riuscire ad ut<strong>il</strong>izzare<br />

la presenza di nuove figure professionali, in attività nuove, per accrescere<br />

la propria professionalità e quella percepita dal paziente; rifuggire<br />

modelli eccessivamente schematici e ripetitivi, purtroppo spesso promossi e<br />

sostenuti dalla parte pubblica.<br />

Nel modello senese abbiamo sv<strong>il</strong>uppato una iniziativa aggiuntiva, caratterizzata<br />

dalla valutazione del prof<strong>il</strong>o psicologico-emozionale del paziente (in<br />

corso uno studio con <strong>il</strong> gruppo di psichiatria dell’Ospedale S. Raffaele di M<strong>il</strong>ano).<br />

Elemento che riteniamo possa comportare diverse ut<strong>il</strong>i conseguenze:<br />

una nostra crescita professionale; che ci mette in condizione di rafforzare <strong>il</strong><br />

ruolo di confidente del paziente; di personalizzare <strong>il</strong> percorso di gestione della<br />

patologia cronica; di avere un ulteriore importante elemento per incidere<br />

sulla compliance del paziente al percorso; uno strumento ut<strong>il</strong>e per l’appropriatezza;<br />

una prerogativa indispensab<strong>il</strong>e per rapporti nuovi e corretti con<br />

la specialistica.<br />

185


Capitolo 5<br />

5.10 Le cooperative di medicina generale: governance societaria e modelli di<br />

gestione<br />

5.10.1 Cooperative per la gestione delle UCCP<br />

Gianfranco Piseri 13<br />

Negli ultimi anni le cooperative hanno rappresentato uno dei pochi strumenti<br />

capaci di operare e di dare una risposta organizzativa funzionale alle esigenze<br />

di gestione di forme complesse di organizzazione dei servizi sul territorio nell’interesse<br />

e come supporto ai medici.<br />

Rispetto all’esperienza cooperativa, che si è realizzata in molte realtà, e che in<br />

parte è stata <strong>il</strong>lustrata nei diversi interventi sottolineando i problemi (<strong>il</strong> personale<br />

di studio, le strutture, le prestazioni, le reti informative), si può evidenziare come<br />

nel progetto di nascita delle UCCP queste esperienze possono diventare un elemento<br />

di forza e avere un forte incremento. Si è cercato di definire quali potrebbero<br />

essere i modelli organizzativi e funzionali adatti a questo scopo, ad esempio<br />

la dimensione delle imprese, l’ut<strong>il</strong>izzo di strumenti che nella nuova legislazione<br />

societaria possono essere ut<strong>il</strong>i a questo fine.<br />

L’idea che è emersa dal seminario riguarda la possib<strong>il</strong>ità prevista dalla legislazione<br />

cooperativa, di avere come membri all’interno del consiglio di amministrazione<br />

della cooperativa, in numero minoritario, soggetti che non siano soci<br />

ma tecnici competenti. Questo può permettere l’inserimento di competenze e<br />

capacità che in molte esperienze di cooperative sono state ut<strong>il</strong>issime nella fase<br />

di start up e di sv<strong>il</strong>uppo.<br />

Le cooperative presenti, che svolgono diverse attività, hanno svolto una analisi,<br />

durante i seminari, approfondendo gli aspetti di gestione della complessità dei<br />

servizi realizzati e da realizzare a partire dalla gestione delle sedi e dalle potenzialità<br />

che possono derivare dai diversi modelli organizzativi. Si è valutato come<br />

tutti questi aspetti gestionali possono trovare nello strumento cooperativo uno<br />

elemento importante.<br />

Questo pone, ovviamente, nuovi problemi, primo fra tutti quello dei soci della<br />

cooperativa perché le cooperative sono, per principio, società aperte; per questo<br />

va definito in modo chiaro, all’interno dello Statuto delle Cooperative, quali<br />

sono i requisiti fondamentali dei soci che chiedono di aderire alle cooperative.<br />

Nelle Cooperative di Medici di Medicina generale requisito fondamentale deve<br />

essere l’esercizio della attività di Medico di Medicina Generale iscritto all’Albo.<br />

13<br />

Responsab<strong>il</strong>e Nazionale Settore Multiservizi ANCST<br />

186


Seminari paralleli<br />

Un ulteriore problema riguarda la definizione di criteri interni di gestione della cooperativa,<br />

poiché è indispensab<strong>il</strong>e che le cooperative si dotino di regolamenti<br />

per l’accesso ai servizi che erogano ai soci. Sulla base di questi regolamenti si<br />

definiscono in modo chiaro i contratti individuali con i singoli soci e dunque <strong>il</strong><br />

rapporto tra soci e cooperativa non è più lasciato alla discrezione tra le parti ma<br />

nasce da una forma oggettiva che viene approvata dall’assemblea dei soci.<br />

Sono stati analizzati, infine, due nuovi strumenti societari che possono risultare<br />

importanti per l’elaborazione di progetti delle UCCP e per la collaborazione con<br />

soggetti diversi che sono da una parte la costituzione di un gruppo cooperativo<br />

paritetico e la rete d’impresa. Il Gruppo cooperativo paritetico consente a diverse<br />

cooperative di costituire un rapporto stretto tra cooperative volto ad un fine,<br />

cioè un progetto, delegando ad una o più cooperative parti del progetto. In<br />

progetti di gestione delle cronicità sul territorio può rappresentare uno strumento<br />

ag<strong>il</strong>e e semplice che va governato bene ma ut<strong>il</strong>e per realizzare progetti mirati.<br />

Rappresenta, inoltre, un elemento voluto ed introdotto dalle centrali cooperative<br />

durante la discussione sulla Riforma del Diritto societario e intorno al quale si<br />

è cominciato a fare delle esperienze che trovate in diversi testi, libri, convegni.<br />

Questo è un modello ut<strong>il</strong>e per la cooperazione medica in rapporto ad altre cooperative<br />

che comporta la definizione chiara di una mission e di progetti effettivi<br />

senza imporre una forma societaria stab<strong>il</strong>e che porterebbe a costi ulteriori.<br />

Un’ altra importante forma di organizzazione societaria è rappresentata dalla<br />

Rete d’Impresa, che definisce un modello d collaborazione tra soggetti diversi<br />

con una regolamentazione che si sta definendo nell’esperienza concreta. Può<br />

rappresentare uno strumento ut<strong>il</strong>e per questa esigenza di flessib<strong>il</strong>ità e di integrazione<br />

perché uno degli scopi fondamentali delle UCCP è di mettere in rete più<br />

competenze e più capacità.<br />

Infine insieme al Avv. Mauro Iengo abbiamo pensato di presentare una nota su<br />

tali strumenti del diritto societario in modo che venga mantenuta negli agli atti<br />

del congresso.<br />

5.11 Mission della Cooperativa di Medici Medicina Generale<br />

Mauro Iengo 14<br />

La riflessione sul modello di governance delle società cooperative sta sempre più<br />

coincidendo con quella generale sul loro ruolo economico e sociale.<br />

14<br />

Responsab<strong>il</strong>e Ufficio Legislativo Legacoop Nazionale<br />

187


Capitolo 5<br />

Nel corso degli ultimi decenni <strong>il</strong> miglioramento dei livelli di efficienza della cooperazione<br />

si è accompagnato con la tutela del lavoro, con la salvaguardia<br />

dell’occupazione, con la difesa del potere di acquisto dei cittadini, con <strong>il</strong> rispetto<br />

dell’ambiente, con la cultura della responsab<strong>il</strong>ità sociale e della partecipazione<br />

dei soci. Perché nell’idea cooperativa è insita un’idea di sv<strong>il</strong>uppo per cui l’efficienza<br />

è al servizio delle persone e delle comunità, per consentire loro di perseguire<br />

ciò che ha valore (la mutualità, la partecipazione, la libertà, la solidarietà),<br />

oltre gli interessi e i bisogni personali.<br />

I vantaggi del modello cooperativo possono essere sintetizzati, in ultima istanza,<br />

nel senso di appartenenza e nella fiducia che hanno i soci nell’operato della<br />

cooperativa stessa per soddisfare bisogni reali delle persone. Ciò la rende un’impresa<br />

“moderna” attenta ai vincoli dell’economia e preoccupata delle persone,<br />

in primo luogo della crescita non solo economica dei propri soci.<br />

Da più parti e con molta enfasi viene evidenziato come nelle carenze di cultura<br />

manageriale risieda un preciso deficit dell’impresa italiana in quanto, per ragioni<br />

radicate nella struttura stessa del tessuto produttivo, prevalgono comportamenti<br />

dirigenziali ispirati alla vicinanza e alla lealtà verso la proprietà, anziché comportamenti<br />

volti a conseguire la maggiore efficienza.<br />

Si tratta di un problema generale che trova oggi una declinazione nuova: la<br />

cultura manageriale legata al solo obiettivo della massimizzazione del profitto<br />

nel breve periodo è entrata in crisi, insieme al sistema che l’aveva generata, e si<br />

avverte la necessità di un management legato a solidi valori e ad una visione di<br />

lungo periodo.<br />

Nel mondo cooperativo si sono sv<strong>il</strong>uppate esperienze, anche originali, di cultura<br />

dirigenziale. Vi sono stati nel passato anche casi di scarsa coerenza tra valori<br />

dichiarati e st<strong>il</strong>i direzionali effettivamente praticati. Ma <strong>il</strong> mondo cooperativo<br />

ha dimostrato di possedere anticorpi adeguati per affrontare tali situazioni, che<br />

possono ovviamente riproporsi. Lo scopo non è solo quello di prevenire comportamenti<br />

non conformi ma, soprattutto, quello di offrire valori di riferimento e un<br />

modello operativo, caratterizzato da un elevato grado di democrazia interna,<br />

che hanno generato st<strong>il</strong>i e modalità dirigenziali che, nel contesto complessivo,<br />

potrebbero essere di interesse più generale. Occorre dare sistematicità a queste<br />

esperienze ed elaborazioni, potenziare e qualificare le strutture formative, allacciare<br />

e consolidare rapporti stab<strong>il</strong>i di collaborazione con qualificate scuole di<br />

management, a partire da quelle strutture formative già attive che hanno conseguito<br />

significativi risultati.<br />

In altre parole, occorre curare con maggiore attenzione la composizione della<br />

base sociale, anche come presupposto per garantire alla cooperativa gruppi<br />

188


Seminari paralleli<br />

dirigenti adeguati sia sul piano manageriale che su quello mutualistico. In altre<br />

parole, la qualità degli amministratori si fonda e dipende dalla qualità dei soci<br />

cooperatori.<br />

Mi è parso corretto aprire la presente relazione sulla governance delle cooperative<br />

di medici di medicina generale con alcuni concetti contenuti negli Atti del<br />

… Congresso di Legacoop perché essi sono assolutamente pertinenti a tale categoria<br />

di cooperative, nonostante sia caratterizzata da uno “scopo mutualistico<br />

di servizio” in favore dei soci.<br />

Dalla riforma del diritto societario (d.lgs 6 del 2003) è ormai evidente che non<br />

possiamo più considerare anc<strong>il</strong>lari le regole che disciplinano <strong>il</strong> modello di governance<br />

delle cooperative rispetto a quelle che ne caratterizzavano l’assetto<br />

patrimoniale e <strong>il</strong> relativo regime fiscale. Al contrario, le peculiarità del modello<br />

cooperativo –nel confronto con le altre forme societarie- risiederanno con sempre<br />

maggiore nettezza sulle dinamiche che regolano la governance della cooperativa,<br />

in coerenza con <strong>il</strong> quadro di valori che l’ordinamento italiano ha inteso<br />

confermare e valorizzare.<br />

Dinamiche peraltro affidate in gran parte alla volontà assembleare delle cooperative<br />

se si considera che la riforma del diritto societario ha incrementato in<br />

modo notevole l’autonomia statutaria delle imprese cooperative, dando loro<br />

diverse opzioni nel definire e regolamentare <strong>il</strong> rapporto con i soci e <strong>il</strong> ruolo degli<br />

organi sociali.<br />

Anche per tale motivo, quando si approfondisce <strong>il</strong> tema della governance delle<br />

cooperative, non si può certo pensare di ragionare su un unico modello. I fattori<br />

in gioco possono essere numerosi:<br />

• le differenti espressioni dello scambio mutualistico, riassumib<strong>il</strong>i nei convenzionali<br />

settori della cooperazione di utenza, di lavoro e di supporto, così come<br />

definiti dall’articolo 2512 c.c.;<br />

• le differenti dimensioni della base sociale, le quali possono persino determinare<br />

un differente quadro normativo di riferimento (quello della SRL qualora<br />

la compagine sociale sia ristretta e/o esiguo l’assetto patrimoniale; quello<br />

della SPA nei casi contrari);<br />

• l’omogeneità o la pluralità di interessi presenti in una cooperativa (pluralità<br />

che può esprimersi nella presenza di più scambi mutualistici; nella presenza<br />

di soci finanziatori; nella partecipazione della cooperativa al capitale di società<br />

ordinarie; etc).<br />

Fattori che peraltro possono combinarsi in modo differente da cooperativa a<br />

cooperativa. In occasione del V Convegno nazionale ANCoM “La salute come<br />

189


Capitolo 5<br />

bene comune nel Welfare delle opportunità”, ho avuto occasione di relazionare<br />

sul tema della governance delle cooperative in genere e delle cooperative di<br />

medicina generale in particolare. E oltre alla ovvia consapevolezza dell’importanza<br />

del tema in vista degli impegni complessi che le cooperative di medici<br />

debbono sostenere nel prossimo futuro, sia nei confronti dei medici stessi, sia nei<br />

confronti del sistema sanitario di riferimento, è emersa con nettezza la necessità<br />

di sv<strong>il</strong>uppare alcuni temi particolari per <strong>il</strong> carattere strategico che essi possono<br />

assumere nel migliorare le modalità di governo delle cooperative e i rapporti tra<br />

i soci.<br />

Il primo riguarda l’applicazione di uno dei principi generali della cooperazione,<br />

cioè quello della porta aperta, con particolare riguardo all’ammissione di nuovi<br />

soci nella compagine sociale della cooperativa.<br />

Sappiamo che la competenza degli amministratori in materia di ammissione di<br />

nuovi soci, e la relativa clausola di gradimento ex lege, corrispondono ad un tratto<br />

caratteristico della società cooperativa, rappresentato dal carattere mutualistico<br />

della società, che comporta l’esigenza che <strong>il</strong> socio partecipi direttamente<br />

all’attività della stessa. L’ammissione del nuovo socio, quindi, non si limita a modificare<br />

la compagine, ma rappresenta sempre anche un atto di gestione dell’impresa<br />

(assunzione di un nuovo lavoratore, di un nuovo fornitore o di un nuovo<br />

utente). Sappiamo anche che <strong>il</strong> potere degli amministratori trova nella legge<br />

importanti temperamenti, tra i quali ricordo <strong>il</strong> vincolo di ammettere soggetti che<br />

abbiano i requisiti professionali previsti dallo statuto; <strong>il</strong> rispetto di “criteri non discriminatori<br />

coerenti con lo scopo mutualistico e l’attività economica svolta” e<br />

del principio di pari trattamento nella costituzione, oltre che nell’esecuzione, dei<br />

rapporti mutualistici; l’obbligo del CdA di motivare l’eventuale provvedimento<br />

di rigetto e comunicarlo al soggetto interessato affinché quest’ultimo possa ricorrere<br />

all’organo assembleare qualora non sia soddisfatto delle ragioni espresse<br />

dall’organo amministrativo. L’assemblea può poi decidere se confermare <strong>il</strong><br />

provvedimento del Cda oppure esprimere un atto favorevole all’ammissione<br />

dell’aspirante socio, rispetto al quale <strong>il</strong> CdA deve uniformarsi.<br />

Queste sono le regole generali per disciplinare l’ingresso di nuovi soci, ma potrebbe<br />

essere considerata un’ulteriore modalità che è quella riferib<strong>il</strong>e alla categoria<br />

dei soci speciali (art. 2527, comma 3), la cui adozione può effettivamente<br />

determinare una dinamica diversa nella formazione della compagine sociale.<br />

La norma, infatti, attribuisce al CdA di ammettere nuovi soci inserendoli in una<br />

categoria speciale potendo attribuire loro diritti differenziati in funzione delle esigenze<br />

di formazione (professionale) del socio ovvero di un suo inserimento nella<br />

attività mutualistica, prefigurando la possib<strong>il</strong>ità che, sulla base di previsioni statutarie,<br />

i soci speciali abbiano diritti ed obblighi inferiori rispetto a quelli dei soci<br />

ordinari.<br />

190


Seminari paralleli<br />

Per tale motivo, gli statuti debbono fornire indicazioni rigorose, con particolare<br />

riguardo ai diritti relativi alla prestazione mutualistica (retribuzione del lavoro,<br />

prezzo del conferimento, etc), i quali non possono certo essere diversi da quelli<br />

dei soci ordinari.<br />

Si può prevedere statutariamente che <strong>il</strong> socio speciale sottoscriva una quota di<br />

capitale sociale inferiore a quella prevista per i soci ordinari ovvero si può prevedere<br />

un apporto mutualistico differenziato sia sul piano qualitativo che quantitativo.<br />

Ovviamente, i diritti relativi ai dividendi e al ristorno saranno inferiori rispetto<br />

a quelli dei soci ordinari, ma in termini relativi e non assoluti.<br />

Per quanto riguarda i diritti di partecipazione agli organi sociali, le ipotesi possono<br />

essere diverse:<br />

• si può prevedere un diritto di partecipazione in assemblea senza diritto di<br />

voto ovvero un voto limitato a particolari argomenti (approvazione del b<strong>il</strong>ancio,<br />

escludendo temi che investano compiti gestionali dell’assemblea) o<br />

in presenza di determinate situazioni (articolo 2351 c.c.).<br />

• non può rappresentare in assemblea i soci cooperatori ordinari;<br />

• non può essere eletto nel consiglio di amministrazione della cooperativa;<br />

• non possono essere computati ai fini dell’esercizio dei diritti previsti dall’articolo<br />

2545-bis del codice civ<strong>il</strong>e.<br />

Ho dedicato un certo spazio alla categoria dei soci speciali perché penso che le<br />

cooperative tra medici possano adottarla, non tanto per gli scopi di formazione<br />

professionale, quanto per le finalità di inserimento nella società.<br />

In altre parole, la categoria dei soci speciali può essere ut<strong>il</strong>e per consentire alle<br />

parti interessate (cooperativa e medico) di conoscersi reciprocamente: di verificare<br />

se <strong>il</strong> professionista si inserisce correttamente ed efficacemente nei “protocolli”,<br />

nei meccanismi adottati dalla cooperativa, e -viceversa- se la cooperativa<br />

risponde alle aspettative del professionista stesso. Insomma, può equivalere<br />

ad un periodo di convivenza prestab<strong>il</strong>ito, superato <strong>il</strong> quale si può decidere <strong>il</strong> matrimonio.<br />

Il principio della porta aperta non è declinab<strong>il</strong>e unicamente nel senso dell’ingresso<br />

di soci nella compagine sociale, ma anche – ovviamente - nel senso della loro<br />

uscita. Generalmente non si presta particolare attenzione ai temi del recesso o<br />

dell’esclusione dei soci dalla cooperativa, perché l’istinto è semmai quello di allargare<br />

<strong>il</strong> raggio d’azione mutualistico ad altri soggetti interessati. Tuttavia, questo<br />

approccio è sbagliato e rende spesso deboli gli strumenti della cooperativa volti<br />

a ridimensionare gli effetti dei recessi da parte dei soci o di loro comportamenti<br />

contrari alle norme statutarie.<br />

191


Capitolo 5<br />

Occorre quindi dedicare maggiore cura agli Statuti e ai Regolamenti, soprattutto<br />

a questi ultimi, per regolare in particolare i casi di esclusione. Quest’ultimo<br />

istituto deve essere considerato l’ultima “ratio”, che deve essere preceduta<br />

da sanzioni intermedie (ad esempio la sospensione dei servizi erogati<br />

dalla cooperativa o sanzioni pecuniarie) che consentano alla cooperativa di<br />

esercitare un deterrente contro comportamenti pregiudizievoli o passivi dei<br />

soci, tali da compromettere gli obiettivi assunti dalla cooperativa verso le ASL<br />

o altri Enti.<br />

Come accennato in premessa, la qualità degli amministratori si fonda e dipende<br />

dalla qualità dei soci cooperatori. Per questo motivo è stata data<br />

particolare enfasi al principio della porta aperta. Tuttavia, nell’ambito delle<br />

cooperative di medicina generale è frequente registrare un fenomeno per<br />

alcuni versi contraddittorio: lo scopo primario delle cooperative in esame è<br />

indubbiamente quello di consentire ai soci medici di concentrarsi sul proprio<br />

lavoro, svolgerlo nelle migliori condizioni possib<strong>il</strong>i, liberi da qualsiasi onere e<br />

difficoltà (compresi quelli di gestire una società), scopo che tuttavia si scontra<br />

-soprattutto nelle imprese di minori dimensioni- con la crescente importanza<br />

e complessità che l’azione delle cooperative sta assumendo nel Sistema Sanitario<br />

Nazionale e che richiede ai medici capacità manageriali sempre più<br />

sofisticate.<br />

Una soluzione potrebbe essere quella di avvalersi della possib<strong>il</strong>ità, prevista dal<br />

Cod. civ. (art. 2542), di eleggere nel CdA anche amministratori che non siano<br />

medici, ma abbiano capacità e professionalità adeguate a condurre una<br />

società. La condizione è che essi siano sempre in una condizione di minoranza.<br />

In altre parole, non possono mai assumere <strong>il</strong> controllo della cooperativa in<br />

quanto la maggioranza dei membri del CdA deve sempre essere espressione<br />

dei soci cooperatori (medici).<br />

Infine, è emersa la necessità/opportunità che le cooperative di medici assumano<br />

nel territorio regionale condotte e protocolli operativi sempre più omogenei.<br />

Questo non significa necessariamente procedere a fusioni, ma ricorrere<br />

a strumenti – come <strong>il</strong> Gruppo Cooperativo Paritetico – che consentano di raggiungere<br />

l’obiettivo efficacemente.<br />

Si tratta di un contratto con <strong>il</strong> quale più cooperative possono decidere di standardizzare<br />

le loro prestazioni avvalendosi delle migliori capacità e know-how<br />

presenti nel pool di imprese stipulanti. Nel contratto sarà possib<strong>il</strong>e individuare<br />

una cooperativa capogruppo o costituire un Comitato (al quale possono partecipare<br />

tutte le cooperative coinvolte) al quale affidare compiti di direzione<br />

e coordinamento. Le direttive della Capogruppo o del Comitato sono vincolanti<br />

nei confronti di tutte le cooperative partecipanti.<br />

192


Seminari paralleli<br />

Ad oggi <strong>il</strong> GCP ha fondamentalmente dato soluzione a tre diverse esigenze:<br />

• la prima è quella di realizzare sul mercato di riferimento – territoriale o nazionale<br />

– un’offerta cooperativa omogenea, caratterizzata cioè dalla presenza<br />

di cooperative che operano con comuni protocolli organizzativi, finanziari,<br />

di marketing, etc, grazie alla direzione e al coordinamento svolto da una<br />

cooperativa (o più cooperative) in possesso del know-how migliore e più<br />

efficiente;<br />

• la seconda è quella di creare le condizioni affinchè una cooperativa, che<br />

intervenga finanziariamente in favore di altra che versi in condizioni critiche –<br />

sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o imprenditoriale ed economico -, possa esercitare un’attività di<br />

direzione e coordinamento che le consenta di tutelare <strong>il</strong> proprio investimento<br />

e di svolgere nei confronti di quest’ultima un ruolo di “tutoraggio”;<br />

• la terza è quella di preparare la fusione tra due o più cooperative. L’omogeneizzazione<br />

dei comportamenti e dei rispettivi assetti organizzativi è finalizzata<br />

in questo caso a rendere più agevole l’incorporazione di una cooperativa<br />

da un’altra o la nascita di un nuovo soggetto cooperativo.<br />

Non che le diverse esigenze siano tra loro alternative. Si può partire con un obiettivo<br />

ed arrivare a decidere l’altro.<br />

5.12 Ma la UCCP potrà esistere senza una cooperativa?<br />

Antonio Tartaglione 15<br />

L’evoluzione dell’Assistenza primaria sul territorio sta superando progressivamente<br />

la caratteristica di pratica professionale individuale isolata e richiede sempre<br />

più livelli organizzativi crescenti che consentano la collaborazione fra medici di<br />

medicina generale (MMG), <strong>il</strong> supporto di professionisti non medici, l’impiego di<br />

tecnologie diverse compresa la ICT.<br />

Il fenomeno della Cooperazione tra MMG, in oltre dieci anni di attività sul<br />

territorio nazionale, ha maturato un patrimonio di esperienza che non deve<br />

essere disperso, e che può essere una risorsa anche per le nuove forme associative<br />

complesse previste dall’Accordo collettivo nazionale per la medicina<br />

generale (ACN).<br />

Le diverse tipologie di società di servizio (Società a responsab<strong>il</strong>ità limitata, studi<br />

associati, Società Cooperative a responsab<strong>il</strong>ità limitata) per motivi diversi, sono<br />

diventati strumenti ut<strong>il</strong>i per favorire e sostenere questa evoluzione.<br />

15<br />

Segretario Provinciale FIMMG Isernia<br />

193


Capitolo 5<br />

Le Cooperative di MMG costituiscono, allo stato attuale, la più grande opportunità<br />

sulla strada della realizzazione delle prime UCCP, perché offrono la possib<strong>il</strong>ità<br />

di superare in tempi brevi ostacoli organizzativi, amministrativi e legali altrimenti<br />

di diffic<strong>il</strong>e soluzione.<br />

Le società di servizio in medicina generale, secondo la FIMMG, devono tendere<br />

progressivamente al raggiungimento del rispetto delle seguenti regole:<br />

a. prevedere partecipazione paritaria al capitale sociale (per scelta statutaria)<br />

b. rispettare <strong>il</strong> principio della porta aperta per immissione soci o quanto meno<br />

prevedere per statuto la regola che eventuali medici di medicina generale<br />

debbano essere sempre accolti e senza sovrapprezzo azionario contribuendo<br />

in modo equo al patrimonio storico<br />

c. non prevedere la distribuzione finanziaria di ut<strong>il</strong>i quando le società di servizio<br />

debbano gestire per conto del SSN e regionale budget di risorse finanziarie<br />

d. avere quali scopi sociali prevalentemente la produzione e la fornitura di beni<br />

e servizi ut<strong>il</strong>i all’esercizio individuale della professione medica e di attività proprie<br />

della medicina generale, nell’ambito dell’applicazione dell’ACN e di<br />

attività che non configurino per i singoli professionisti situazioni di incompatib<strong>il</strong>ità<br />

previste dal medesimo ACN.<br />

Il ruolo della Cooperativa dei MMG inizialmente può limitarsi, dunque, anche<br />

solo a una funzione di supporto. Ma, nel futuro, potrebbero anche aprirsi nuovi<br />

scenari, per esempio, attraverso la revisione della Legge 8 novembre 1991,<br />

n. 381(disciplina delle cooperative sociali), oppure attraverso l’inserimento delle<br />

Cooperative Mediche nei Consorzi Sociali.<br />

In questi casi le Cooperative potrebbero contribuire a fornire su tutto <strong>il</strong> territorio<br />

servizi più ampi in risposta ai bisogni socio-sanitari dei cittadini. Vi sono già esempi<br />

proficui di Consorzi Sociali con all’interno Cooperative di MMG, anche in CDA,<br />

che gestiscono RSA, Centri Polifunzionali, Assistenza Domic<strong>il</strong>iare Integrata, ecc.<br />

La natura no-profit, propria e strutturale del sistema cooperativo, è una garanzia<br />

contro interessi speculativi e assume un ruolo fondamentale in questo processo in<br />

quanto non è ammesso un uso privatistico dei propri capitali, delle proprie risorse,<br />

delle proprie professionalità e delle proprie tecnologie. Essa assume inoltre la<br />

responsab<strong>il</strong>ità di agire in una Funzione Pubblica in maniera autonoma, sussidiaria<br />

e non sostitutiva delle responsab<strong>il</strong>ità e delle funzioni dello Stato e delle regioni,<br />

nelle loro diverse articolazioni, e tutto questo va anche nella direzione indicata<br />

nell’ultimo Libro Bianco del Governo.<br />

Questa nuova visione vede la Medicina Generale, con le sue forme associative<br />

semplici e più complesse, con le sue Cooperative, posizionata nella centrale<br />

194


Seminari paralleli<br />

operativa di una vera e propria “Rete di servizi socio-sanitari del Territorio” e la<br />

trova quindi nella veste di protagonista di un rinnovamento che ha valenza r<strong>il</strong>evante<br />

anche sul piano del rinnovamento culturale.<br />

Molto, infatti, va fatto per formare i MMG e tutti gli altri operatori interessati a questa<br />

dimensione di gruppo dell’assistenza primaria, e molto va fatto per prepararli<br />

ai nuovi compiti, allargando <strong>il</strong> loro orizzonte e implementando sinergie e collaborazione<br />

anche nella direzione dell’integrazione ospedale-territorio, anche nel<br />

campo della formazione.<br />

La Medicina generale quindi, anche attraverso le proprie cooperative, non solo<br />

potrà avere attività di carattere prestazionale, ma potrà sv<strong>il</strong>uppare al meglio anche<br />

le attività di governo della domanda di servizi socio-sanitari in ambiti di particolare<br />

complessità e multidisciplinarità come sono quelli della Medicina del territorio.<br />

In quest’ottica, ovviamente, è importante la collaborazione con <strong>il</strong> Distretto Sanitario<br />

di Base (DSB) che dovrà essere proficua e costante, anche alla luce di un<br />

necessario ricollocamento del DSB i cui compiti sono ben più ampi e più complessi<br />

rispetto a quelli di una Rete Integrata della Medicina del Territorio creata<br />

dalla sola sinergia tra UCCP e Cooperative Mediche e in cui agisce in primo<br />

piano <strong>il</strong> medico di Assistenza primaria.<br />

Il DSB ha tutta una serie di funzioni e compiti di altissima r<strong>il</strong>evanza che dovrà realizzare<br />

in modo completo ed efficiente e inoltre dovrà essere <strong>il</strong> centro principale<br />

del Territorio con <strong>il</strong> compito di implementare <strong>il</strong> processo di integrazione sociosanitaria.<br />

Inoltre spetta al DSB promuovere le verifiche e i controlli dei progetti<br />

socio-sanitari gestiti dai Medici di AP nelle UCCP con gli altri Settori impegnati nel<br />

Socio-Sanitario, dagli enti locali al Volontariato.<br />

Quindi <strong>il</strong> Distretto deve tendere in varie forme a fare da semplice committente<br />

dei servizi e, coerentemente a questo indirizzo, dovrebbe escludere ogni presa<br />

in carico di fornitura diretta del personale e del supporto tecnico che necessita<br />

alle UCCP stesse. Anche immaginando che, limitatamente all’attuazione delle<br />

UCCP, le regioni decidano di contraddire questa loro politica di fondo, rimane<br />

vero che, nella la maggior parte dei casi, le Asl non hanno le competenze e le<br />

risorse umane ed economiche per organizzare e far funzionare le UCCP.<br />

L’ACN prevede per le UCCP una contrattazione regionale per definirne l’assetto<br />

organizzativo, gestionale, logistico/strutturale e finanziario.<br />

Per quanto riguarda <strong>il</strong> finanziamento dei fattori di produzione (collaboratori di studio,<br />

infermieri, sede degli studi o Centri sanitari polifunzionali, gestionali e sistema<br />

195


Capitolo 5<br />

informativo, tecnologia, ecc.) prevede due possib<strong>il</strong>i modalità di finanziamento.<br />

L’ACN da una parte parla di fornitura diretta dei fattori di produzione dalla Asl e,<br />

dall’altra, parla di fornitura indiretta di finanziamento ai medici di famiglia.<br />

Per ciò che riguarda la prima formula, ovvero la fornitura diretta dei fattori di<br />

produzione, va tenuto conto che <strong>il</strong> SSN da anni promuove l’idea del Distretto Sanitario<br />

di Base (DSB) come soggetto che si deve occupare solo di pianificazione,<br />

acquisto, controllo e non di produzione e commercializzazione di servizi.<br />

Va tenuto conto, inoltre, che i MMG, in quanto liberi professionisti, ancorché<br />

parasubordinati, sono soggetti diffic<strong>il</strong>mente “inquadrab<strong>il</strong>i” in ruoli culturalmente<br />

più consoni al personale dipendente, in un momento, oltretutto, in cui<br />

vanno evitate contrapposizioni e confusione di ruoli avendo bisogno di tutta<br />

la loro collaborazione consapevole, volontaria e non forzata, per rimodulare<br />

<strong>il</strong> SSN al fine di mettere sotto controllo la spesa sanitaria.<br />

Per ciò che riguarda la seconda formula, ovvero l‘avvio e la gestione diretta da<br />

parte dei medici delle UCCP, l’ACN del 27/05/09, norma finale n. 19, ha chiarito<br />

che, se previsto dagli accordi regionali, i MMG componenti le UCCP possono<br />

impiegare i finanziamenti indiretti erogati ut<strong>il</strong>izzando proprie società di servizio<br />

anche cooperative, al fine di assicurare beni e servizi ai medici stessi.<br />

La UCCP dal punto di vista della organizzazione giuridica si può configurare<br />

quale “Associazione non Riconosciuta”. Nel caso che la UCCP abbia sede in<br />

una struttura della Azienda Sanitaria, dunque, saranno gli Accordi regionali ad<br />

individuarne specifiche funzioni, compiti e le responsab<strong>il</strong>ità del referente unico<br />

e dovranno definire anche la figura giuridica di quest’ultimo e <strong>il</strong> relativo compenso.<br />

Nel caso in cui la struttura della UCCP dovesse essere in una sede non gestita<br />

dall’Azienda o dal Distretto, affidata direttamente ai MMG, <strong>il</strong> ruolo del Referente<br />

unico dell’UCCP giuridicamente potrebbe essere assim<strong>il</strong>ato a quello<br />

proprio del “responsab<strong>il</strong>e-presidente” di una Associazione non Riconosciuta<br />

(ANR). Questo lo espone a tutta una serie di limiti operativi e a conseguenze<br />

anche giuridiche da non sottovalutare.<br />

Infatti l’ANR non ha:<br />

a. responsab<strong>il</strong>ità limitata,<br />

b. personalità giuridica,<br />

c. capacità d’impresa,<br />

Quindi in essa la responsab<strong>il</strong>ità degli atti adottati è in capo al responsab<strong>il</strong>e che<br />

ne risponde direttamente e con <strong>il</strong> proprio capitale.<br />

196


Seminari paralleli<br />

Le cose poi diventano ancora più complesse se la dotazione della struttura e<br />

l’ut<strong>il</strong>izzo del personale non medico avviene attraverso la forma del finanziamento<br />

diretto al medico. Infatti in questo caso alla UCCP-ANR viene rimesso un capitale,<br />

che al di là agli aspetti fiscali complicati dall’aggravio dell’IVA per ogni<br />

transazione effettuata, coinvolge <strong>il</strong> Referente unico in tutta una serie di altre responsab<strong>il</strong>ità<br />

dirette (basti pensare al Testo Unico per la sicurezza).<br />

Per tutelare la figura del Referente e, conseguentemente, anche gli altri associati<br />

che lo scelgono, per dare un supporto amministrativo a tutta l’organizzazione<br />

dell’UCCP, le Cooperative Mediche di Servizio possono dare un contributo risolutivo.<br />

Nell’UCCP si realizza l’ottimizzazione delle risorse logistiche, strutturali, umane,<br />

professionali ed economiche, <strong>il</strong> superamento di schematismi e mansionari rigidi<br />

di lavoro e <strong>il</strong> rispetto dell’approccio olistico al paziente tipico dell’Assistenza<br />

Primaria. Il ruolo svolto dal Volontariato anche nell’ambito dell’organizzazione<br />

dell’UCCP può risultare molto importante, sia se svolto da singoli individui sia da<br />

Associazioni, su programmi concordati e con personale preparato che si impegni<br />

per tempi determinati. In questi compiti infatti <strong>il</strong> personale volontario deve<br />

poter offrire un supporto continuativo e non saltuario in quanto sono sì necessari i<br />

servizi volontari, ma questi devono poter essere assicurati con regolarità e modalità<br />

ben precise, e integrati in un piano assistenziale a volte complesso.<br />

Il coinvolgimento, in questo progetto, delle organizzazioni provenienti dal mondo<br />

del Volontariato è di grande r<strong>il</strong>evanza.<br />

L’opera di queste figure, molto spesso dotate di particolare professionalità, è di<br />

fondamentale importanza per permettere che l’assistenza in ospedale, ma anche<br />

in RSA, sia la più vicina possib<strong>il</strong>e a quella che si realizza all’interno delle mura<br />

domestiche e con <strong>il</strong> calore dei propri fam<strong>il</strong>iari.<br />

5.13 Sistemi gis, reti nodali e dati sanitari: nuove opportunità per gli studi clinici e<br />

gestionali<br />

5.13.1 Reti di Associazioni Farmacologiche<br />

Mario De Santis 16<br />

Una rete è in generale formata da nodi (nodes) e linee (edges) che li connettono.<br />

Estrarre un significato da una rete non è ovvio e dipende in parte da cosa<br />

sono in realtà i nodi e le linee.<br />

16<br />

Presidente Società di Sanità in Rete di Salerno<br />

197


Capitolo 5<br />

La teoria delle reti riesce a dare delle informazioni “pure”, cioè indipendenti dalla<br />

reale interpretazione dei componenti della rete. I tipi di informazione che si ottengono<br />

sono l’eventuale orientamento della rete, <strong>il</strong> grado di raggruppamento<br />

dei nodi (clustering), <strong>il</strong> grado di connessione dei nodi tra loro (degree), ecc.<br />

Normalmente le lunghezze delle linee che connettono i nodi non sono considerate<br />

influenti sulla rete, e i nodi sono tutti equivalenti. Tuttavia, quando si attribuiscono<br />

proprietà specifiche ai nodi e alle linee le cose cambiano.<br />

Immaginiamo una rete costituita dalle connessioni elettriche tra le centrali di produzione<br />

e gli ut<strong>il</strong>izzatori. Una tale rete esiste veramente (la rete di distribuzione<br />

elettrica) e alla sua gestione sono dedicate ingenti risorse. Questa rete è anche<br />

caratterizzata da una notevole complessità. Tutti noi ce ne rendiamo conto<br />

quando succedono degli incidenti che determinano black out a catena.<br />

Ora in una tale rete gioca un ruolo fondamentale la quantità di corrente che<br />

scorre nelle linee. Esiste una corrente massima trasportab<strong>il</strong>e, che non è neanche<br />

la stessa per tutte le linee, così come esiste una corrente (potenza) massima erogab<strong>il</strong>e<br />

dai nodi “centrali”. In una tale rete la lunghezza del percorso da un nodo<br />

all’altro gioca un ruolo importante, a causa della dissipazione elettrica, e non c’è<br />

arbitrarietà nello scegliere un percorso tra un nodo e un altro.<br />

Una rete sim<strong>il</strong>e è quella delle strade che collegano centri abitati. Anche qui ogni<br />

connessione ha una capacità finita di trasporto e la sua lunghezza ha un peso<br />

non indifferente nella scelta del percorso per andare da un nodo all’altro.<br />

Ci sono invece reti in cui le connessioni non hanno queste caratteristiche. Ad<br />

esempio la rete delle amicizie che collega persone (i nodi) che sono amiche<br />

l’un dell’altro (le linee), descrive un tipo di rete in cui due nodi, comunque collegati<br />

attraverso altri, hanno in comune persone che, almeno a due a due, sono<br />

amiche.<br />

La rete che noi consideriamo è formata da farmaci a vari livelli di dettaglio secondo<br />

la codifica ATC: classificazione Anatomica Terapeutica Chimica.<br />

Nota sull’ATC<br />

L’ATC è un sistema di classificazione dei farmaci curato dal Nordic Counc<strong>il</strong> on<br />

Medicine e dal WHO/OMS Collaborating Centre for Drug Statistics Methodology<br />

di Uppsala (Svezia). Nel sistema ATC i farmaci sono suddivisi in diversi gruppi in<br />

rapporto all’organo bersaglio, al meccanismo di azione ed alle caratteristiche<br />

chimiche e terapeutiche.<br />

198


Seminari paralleli<br />

Ciascun gruppo principale è suddiviso in 5 livelli gerarchici secondo lo schema:<br />

Livello<br />

I Gruppo anatomico principale - Contraddistinto da una lettera dell’alfabeto<br />

II Gruppo terapeutico principale - Contraddistinto da un numero di 2 cifre<br />

III Sottogruppo terapeutico - Contraddistinto da una lettera dell’alfabeto<br />

IV Gottogruppo chimico/terapeutico - Contraddistinto da una lettera dell’alfabeto<br />

V Sottogruppo chimico - Contraddistinto da un numero di due cifre specifico<br />

per ogni singola sostanza chimica<br />

A titolo di esempio i 14 “Gruppi Anatomici Principali” sono:<br />

1. A Apparato gastrointestinale e metabolismo<br />

2. B Sangue ed organi emopoietici<br />

3. C Sistema cardiovascolare<br />

4. D Dermatologici<br />

5. G Sistema genito-urinario ed ormoni sessuali<br />

6. H Preparati ormonali sistemici, esclusi gli ormoni sessuali<br />

7. J Antimicrobici generali per uso sistemico<br />

8. L Farmaci antineoplastici ed immunosoppressori<br />

9. M Sistema muscolo-scheletrico<br />

10. N Sistema nervoso centrale<br />

11. P Farmaci antiparassitari, insetticidi e repellenti<br />

12. R Sistema respiratorio<br />

13. S Organi di senso<br />

14. V Vari<br />

Due “nodi” della nostra rete sono connessi se compaiono in una stessa prescrizione.<br />

La rete viene generata tenendo conto di tutte le prescrizioni effettuate<br />

da un gruppo campione di 100 Medici di Medicina Generale nell’arco di 6<br />

mesi. Oltre a determinare la forma della rete (nodi e linee) vengono anche calcolate<br />

quante volte due nodi sono associati insieme e questo numero diventa <strong>il</strong><br />

“peso” del collegamento tra i due nodi. Inoltre viene calcolato e registrato per<br />

ogni nodo quante volte quel farmaco è stato prescritto, da solo o in associazione.<br />

Questo determina <strong>il</strong> “peso” del nodo.<br />

Naturalmente se <strong>il</strong> campione è abbastanza vasto, come nel nostro caso, ci<br />

sono tanti possib<strong>il</strong>i collegamenti. Per limitare la complessità della rete abbiamo<br />

deciso di definire delle reti “ridotte” in cui si considerano attivi solo i collegamenti<br />

tra nodi per i quali <strong>il</strong> numero di prescrizioni, <strong>il</strong> peso, è superiore ad una<br />

data soglia. Infine abbiamo anche derivato delle “sottoreti” considerando delle<br />

fasce di età e <strong>il</strong> sesso dei pazienti.<br />

199


Capitolo 5<br />

In questo studio noi abbiamo analizzato le proprietà delle reti così ottenute, sia in<br />

termini di proprietà specifiche delle reti, sia in termini di implicazioni di tipo sanitario.<br />

I dati numerici relativi al campione analizzato sono riportati nella tabella qui sotto,<br />

insieme alle dimensioni delle relative reti ottenute.<br />

N. Pazienti N. Prescrizioni Nodi Archi<br />

T U T T I<br />

Totale 42965 631232 964 52915<br />

< 30 anni 6882 35052 494 3398<br />

30-60 anni 20515 196787 820 23775<br />

>60 anni 17177 399393 830 39580<br />

M A S C H I<br />

Totale 19321 281435 794 29864<br />

< 30 anni 3297 16078 372 1709<br />

30-60 anni 9290 89129 664 12801<br />

>60 anni 7656 176228 697 22730<br />

F E M M I N E<br />

Totale 24832 349797 896 37356<br />

< 30 anni 3793 18974 400 2155<br />

30-60 anni 11978 107658 743 15438<br />

>60 anni 10212 223165 759 28506<br />

Un risultato molto significativo ottenuto dall’analisi delle reti composte dall’associazione<br />

di farmaci è che esse formano reti ad “invarianza di scala”. Questo termine<br />

fu coniato da Albert-László Barabási dell’Università di Notre Dame (USA) nel<br />

1998. Viene definita rete a invarianza di scala (in inglese scale-free network) un<br />

grafo che gode della seguente proprietà: la distribuzione del grado di connessione<br />

dei nodi (degree) segue una legge di potenza, almeno asintoticamente.<br />

Cioè, la frazione P(k) di nodi della rete aventi k connessioni ad altri nodi va, per<br />

grandi valori di k, come P(k) ~ k −γ dove γ è una costante <strong>il</strong> cui valore è tipicamente<br />

2 < γ < 3, sebbene occasionalmente può assumere valori fuori da tali limiti. Le<br />

reti ad invarianza di scala sono interessanti in quanto molte reti reali hanno questa<br />

proprietà, incluso reti neurali, reti di proteine, reti di citazioni e alcune reti sociali.<br />

Una rete a invarianza di scala si può costruire nel modo seguente: si stab<strong>il</strong>isce<br />

che quando un nodo deve stab<strong>il</strong>ire un nuovo collegamento, preferisca farlo verso<br />

un nodo che ne ha già molti, portando questi ad una crescita esponenziale<br />

con l’aumentare del numero dei collegamenti della rete. In breve è una situazione<br />

del tipo: <strong>il</strong> ricco diventa sempre più ricco mentre <strong>il</strong> povero sempre più povero<br />

(in proporzione). Nodi di questo tipo vengono detti hub.<br />

200


Seminari paralleli<br />

Questo meccanismo di “preferential attachment” tra farmaci ad alto livello di<br />

connessione sembra essere presente nelle nostre reti.<br />

Nella figura è riportata la distribuzione della probab<strong>il</strong>ità di connessione in funzione<br />

del grado (degree) di connessione. Come si vede l’andamento è del tipo<br />

P(k)= a k-b con b circa 1. La rete considerata è quella di tutti i farmaci (livello 5<br />

ATC) senza ulteriori f<strong>il</strong>tri. (f<strong>il</strong>e grafo_norm_cnt_by_ricetta_atc5_T_0_0.nwb)<br />

In seguito sono riportati gli stessi dati separati per sesso e fascia d’età:<br />

201


202<br />

Capitolo 5


Seminari paralleli<br />

appare evidente che la pendenza delle distribuzioni ha una dipendenza dalla<br />

fascia di età considerata, mentre non v’è apparente dipendenza dal sesso.<br />

Inoltre appare un cut off intorno a degree= 300 (che probab<strong>il</strong>mente è legato al<br />

numero totale di nodi delle reti considerate)<br />

5.14 Personale di studio gestito dalle cooperative di medicina generale: prof<strong>il</strong>i,<br />

formazione, fondi, opportunità<br />

5.14.1 Prof<strong>il</strong>i Professionali del Personale di studio<br />

Dario Gris<strong>il</strong>lo 17<br />

Le figure professionali attualmente ricomprese nel termine “Personale di studio”<br />

sono <strong>il</strong> Collaboratore di Studio che svolge attività segretariali e l’Infermiere, che<br />

svolge attività sanitarie. Il recente ACN 2009 ha introdotto la possib<strong>il</strong>ità che operino<br />

come collaboratori del MMG anche altre figure professionali tra cui l’Operatore<br />

Socio Sanitario.<br />

La presenza di “personale di studio” che affianchi <strong>il</strong> Medico di Medicina Generale<br />

è oggi una necessità resa irrinunciab<strong>il</strong>e dalla evoluzione organizzativa cui sta<br />

andando incontro la Medicina Generale: <strong>il</strong> passaggio dalla medicina “del singolo”<br />

all’Associazionismo per arrivare al lavoro in Team, l’evoluzione dalla medicina<br />

di attesa alla medicina di iniziativa e dalla gestione dell’acuzie alla prevenzione<br />

e gestione della cronicità, la progressiva “digitalizzazione” dello studio medico<br />

con le nuove incombenze legate alle certificazioni, ma anche alla elaborazione<br />

17<br />

Presidente FIMMGmatica<br />

203


Capitolo 5<br />

dei dati di attività per supportare da un lato la produzione di flussi dati collegati<br />

all’”accountab<strong>il</strong>ity” e dall’altro la elaborazione dei dati per l’autovalutazione e<br />

l’”audit tra pari” tra i membri del Team, rendono la presenza di un collaboratore<br />

di studio una necessità bas<strong>il</strong>are per <strong>il</strong> MMG.<br />

Oltretutto ad un aumento “aspecifico” del carico burocratico–amministrativo si<br />

aggiunge <strong>il</strong> lavoro in strutture associative, gestite da società di Professionisti o da<br />

Cooperative, che richiedono personale qualificato per la gestione amministrativa<br />

degli stessi e la medicina di iniziativa con la necessità di creazione di coorti<br />

di pazienti e di richiamo attivo degli stessi che rende necessaria una gestione<br />

programmata della sala di attesa, ma soprattutto la gestione delle “agende”.<br />

Quindi alle nuove esigenze organizzative del “setting” della Medicina Generale<br />

corrisponde l’esigenza di avere a disposizione non solo dei collaboratori, ma dei<br />

collaboratori che acquisiscano nuove competenze e poi sappiano attuare nuovi<br />

compiti in ambito segretariale, amministrativo, relazionale, socio-assistenziali e<br />

sanitario.<br />

Appare evidente che questa peculiarità di competenze non può essere posseduta<br />

da un personale genericamente preparato a svolgere compiti segretariali<br />

ma necessita di una specifica formazione sia pre-assunzione, sia soprattutto<br />

“continua” durante lo svolgimento stesso del lavoro.<br />

Appare altrettanto evidente che diffic<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> personale potrà essere fornito<br />

dalla ASL che dovrebbe attingere a personale amministrativo proprio, senza una<br />

preparazione specifica ma sarà opportuno che venga assunto dal MMG o fornito<br />

dalle Società di Servizio della Medicina Generale e poi nel tempo “formato”<br />

ai compiti specifici.<br />

L’attuale ACN non consente di fornire personale a tutti i professionisti e non definisce<br />

compiutamente chi assume <strong>il</strong> personale e con quale tipo di contratto.<br />

Accanto al Contratto Collettivo Nazionale di lavoro dei collaboratori di studio<br />

definito dalle Parti Sociali, che finanzia la formazione permanente dei collaboratori<br />

preposte si fa ancora un largo uso dei cosiddetti “contratti atipici” apparentemente<br />

meno costosi ma che poi non finanziano la formazione e non tutelano i<br />

diritti dei lavoratori. Alcuni AIR hanno già tentato di trovare soluzioni al “tetto” di<br />

finanziamento dei collaboratori ampliandolo alla formazione istituendo la figura<br />

del “collaboratore formato” con un maggior incentivo economico per <strong>il</strong> medico<br />

datore di lavoro.<br />

È possib<strong>il</strong>e invece usufruire della formazione permanente dei collaboratori finanziata<br />

dal CCNL attraverso enti attuatori accreditati come Fondoprofessioni o CoSER.<br />

204


Seminari paralleli<br />

5.15 Modelli, contratti, tipologie di gestione dei dipendenti e dei rapporti con i<br />

soci in una Coop di MMG<br />

Alberto Morellini 18<br />

Chi assume <strong>il</strong> personale?<br />

• La Cooperativa di MMG<br />

pro: selezione e gestione autonoma<br />

contro: impegno amministrativo e contrattuale<br />

• Una Agenzia di lavoro interinale<br />

pro: delega dell’impegno amministrativo<br />

contro: delega della selezione pur mantenendo una contrattualità indipendente<br />

dai progetti<br />

• La Azienda Usl<br />

pro: delega dell’impegno amministrativo<br />

contro: delega della selezione e una contrattualità inscindib<strong>il</strong>e dai progetti<br />

finanziati<br />

Le diverse tipologie di lavoro possono essere suddivise sulla base delle caratteristiche<br />

della prestazione:<br />

1. Lavoro dipendente-subordinato<br />

2. Contratto a progetto<br />

3. Lavoro autonomo<br />

4. Somministrazione di lavoro<br />

5. Appalto di servizi<br />

1. Lavoro dipendente<br />

Il contratto è di lavoro dipendente quando <strong>il</strong> lavoratore svolge una attività subordinata<br />

al datore di lavoro: orari, compiti, organizzazione del lavoro, attrezzature.<br />

Per <strong>il</strong> lavoratore dipendente vi è l’obbligo di applicare un CCNL e di provvedere<br />

ad un corretto inquadramento professionale rispetto ai compiti svolti (definito<br />

nella lettera di assunzione).<br />

Il lavoro dipendente prevede diverse tipologie contrattuali che permettono di<br />

rendere flessib<strong>il</strong>e la prestazione; la Legge 30/03 ne ha definito alcune nuove e<br />

ridefinito precedenti tipologie.<br />

È indispensab<strong>il</strong>e la conoscenza per rispondere meglio alle esigenze della cooperativa<br />

e dei soci.<br />

Lavoro a tempo parziale<br />

• Prevede la prestazione settimanale, mens<strong>il</strong>e o annuale inferiore al tempo<br />

pieno.<br />

• I contratti collettivi prevedono l’orario minimo.<br />

18<br />

Presidente Cooperativa MEDITEM – Referente Em<strong>il</strong>ia Romagna Consulta Regionale ANCoM<br />

205


Capitolo 5<br />

• L’orario parziale può essere: Orizzontale: (4 ore al giorno), Verticale: (8 ore<br />

due giorni alla settimana o 10 giorni al mese), Misto: Il mix delle due tipologie.<br />

• Il contratto a tempo parziale può prevedere delle clausole flessib<strong>il</strong>i (modifica<br />

temporanea della prestazione)<br />

• Le prestazioni superiori all’orario normale sono previste come lavoro supplementare<br />

• Può essere a tempo determinato o indeterminato<br />

• Il trattamento economico è percentualmente riferito alle ore contrattuali<br />

Lavoro ripartito<br />

• Contratto che distribuisce l’obbligazione lavorativa su due lavoratori<br />

• Discrezionalità dei lavoratori nella ripartizione del lavoro<br />

• Forma scritta: luogo lavoro, percentuale distribuzione, trattamento economico,<br />

norme di sicurezza.<br />

Lavoro intermittente a chiamata<br />

• Disponib<strong>il</strong>ità del lavoratore a svolgere lavori discontinui.<br />

• Contratto scritto che indica luogo della prestazione, forme o modalità di<br />

chiamata, modalità di pagamento delle prestazioni e della disponib<strong>il</strong>ità.<br />

• Possib<strong>il</strong>ità di predeterminare i tempi delle prestazioni e specifica normativa<br />

• Contratti misti studio-lavoro<br />

• Apprendistato, per giovani di età superiore ai 15 anni.<br />

• Apprendistato professionalizzante, per giovani di età compresa tra 18 e 29<br />

anni. Durata da 2 a 6 anni<br />

• Programma formativo specifico<br />

• Contratto di inserimento: Specifici soggetti ab<strong>il</strong>itati e categorie interessate o<br />

Progetto individuale di inserimento<br />

Prestazioni occasionali<br />

• Sono prestazioni di diverso carattere con contenuti professionali (tipo collaborazione<br />

e comunque di carattere autonomo) caratterizzate dai seguenti elementi:<br />

• Durata non superiore a 30 gg /anno.<br />

• Retribuzione non superiore a 5.000 €<br />

2. Contratti a progetto ex Co.Co.Co.<br />

• Sono legittimi quando <strong>il</strong> lavoratore, in possesso di una specifica competenza<br />

professionale, svolga un lavoro in forma autonoma con solo obblighi di coordinamento.<br />

• Sono esclusi i lavori intellettuali (albi).<br />

• Il contratto, in forma scritta, deve definirsi su un progetto specifico o programmi<br />

di lavoro da attuarsi con autonomia e in funzione del risultato;<br />

• determina durata, corrispettivo, forme di coordinamento con <strong>il</strong> committente,<br />

norme sulla sicurezza.<br />

206


Seminari paralleli<br />

• Penali: conversione in lavoro subordinato.<br />

3. Contratti di prestazione professionale<br />

• Deve essere svolta da un soggetto autonomo:<br />

• Con specifica personalità di impresa (individuale)<br />

• Con una specifica professionalità che consente autonomia di esecuzione<br />

• Opportuno definirne tutti gli elementi in un contratto di prestazione in forma<br />

scritta.<br />

4. La Somministrazione di lavoro<br />

La somministrazione di lavoro (a tempo determinato o indeterminato) è equivalente<br />

al lavoro dipendente a condizione che sia effettuata da società autorizzate.<br />

Il lavoratore è assunto dalla società e la cooperativa riceve una fattura per la<br />

prestazione svolta fatta dal costo del lavoro ed i diritti di agenzia.<br />

Agenzie per <strong>il</strong> lavoro (lavoro interinale = somministrazione)<br />

• Agenzie generali: Tempo determinato ed indeterminato; Tutti i settori; Requisiti<br />

specifici economici e sociali<br />

• Agenzie settoriali: Tempo indeterminato; Ragioni di carattere tecnico, produttivo,<br />

organizzativo; Requisiti inferiori e limite di attività<br />

5. Appalto di servizi<br />

• L’appalto di servizi è legittimo quando <strong>il</strong> fornitore sia dotato di propria organizzazione<br />

e autonomia di impresa (mezzi e rischio di impresa)<br />

• Opportuno definire l’appalto con un contratto che specifichi tali principi definendo<br />

gli aspetti economici<br />

• Controllo sulle prestazioni e sulla regolarità degli addetti (responsab<strong>il</strong>ità solidale<br />

del committente)<br />

Art. 29 del DL n. 276 del 10 Settembre 2003:<br />

“Ai fini della applicazione delle norme contenute nel presente titolo, <strong>il</strong> contratto<br />

di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’articolo 1655 del codice civ<strong>il</strong>e,<br />

si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi<br />

necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle<br />

esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere<br />

organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori ut<strong>il</strong>izzati nell’appalto, nonchè<br />

per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa”.<br />

La gestione cooperativa<br />

• La cooperativa ha una specifica personalità giuridica<br />

• I rapporti sono tra cooperativa e addetti ed escludono i soci da responsab<strong>il</strong>ità<br />

• La correttezza formale e sostanziale dei rapporti di lavoro è indispensab<strong>il</strong>e<br />

per evitare contenziosi e costi imprevisti<br />

• Il corretto ut<strong>il</strong>izzo del personale è un fattore di successo per la cooperativa<br />

207


Capitolo 5<br />

Criteri di legittimità dell’invio di personale presso gli studi dei soci (“appalto genuino”):<br />

• Complessità e integrazione dei servizi erogati sia in sedi centrali che periferiche<br />

(continuità assistenziale, sistema informativo, raccolta dati ecc.)<br />

• Organizzazione gerarchica della cooperativa (turni e ordini di servizio, sistema<br />

informativo, supporti tecnici)<br />

Sono necessari:<br />

• Regolamenti interni per normare <strong>il</strong> rapporto con i soci nell’ut<strong>il</strong>izzo dei servizi,<br />

nella distribuzione delle attività ed opportunità<br />

• Contrattualizzazione dei rapporti con i soci per dare continuità e certezza ai servizi<br />

• Attenzione ai rapporti gestionali ed ai modelli di erogazione dei servizi (personale,<br />

acquisti, modelli organizzativi, fornitori)<br />

Gli strumenti per realizzare i progetti e supportare lo sv<strong>il</strong>uppo della cooperativa<br />

possono essere:<br />

• Finanziari: interni ai soci (prestito sociale) ed esterni (soci finanziatori, azioni di<br />

partecipazione cooperativa, fondi di promozione ecc.)<br />

• Organizzativi tramite gli strumenti consort<strong>il</strong>i ed i loro servizi (formazione, consulenza,<br />

supporto gestionale, promozione di nuove cooperative)<br />

• Contratto di servizi con i soci ut<strong>il</strong>izzatori per definire i contenuti del rapporto:<br />

• Sul piano organizzativo-funzionale (spazi ut<strong>il</strong>izzati, servizi, orari ecc.)<br />

• Sul piano economico (preventivo ed onere mens<strong>il</strong>e, verifica a consuntivo)<br />

• Sul piano della continuità del rapporto (durata pluriennale del contratto che<br />

tenga conto dell’ammortamento dei costi, possib<strong>il</strong>ità di sostituzione nell’impegno)<br />

Regime IVA tradizionale<br />

• Esente se viene fornito un servizio solamente di tipo sanitario (es. infermiera)<br />

• Con IVA se <strong>il</strong> servizio non è sanitario (es. collaboratore di studio, ma anche<br />

infermiera presso sede Coop con strumentazione tutta di Coop) regime IVA<br />

in base alla circolare 23/E 8 maggio 2009<br />

L’art. 132, par. 1, lett. f), della Direttiva n. 2006/112/CE, consente agli Stati membri<br />

di esentare “le prestazioni di servizi effettuate da associazioni autonome di<br />

persone che esercitano un’attività esente o per la quale non hanno la qualità di<br />

soggetti passivi, al fine di rendere ai loro membri i servizi direttamente necessari<br />

all’esercizio di tale attività, quando tali associazioni si limitano ad esigere dai loro<br />

membri l’esatto rimborso della parte delle spese comuni loro spettante, a condizione<br />

che questa esenzione non possa provocare distorsioni della concorrenza”.<br />

Il secondo comma dell’art. 10, del D.P.R. n. 633 del 1972, introdotto dalla legge<br />

finanziaria per <strong>il</strong> 2008, in conformità alla norma comunitaria, stab<strong>il</strong>isce che:<br />

208


Seminari paralleli<br />

“Sono altresì esenti dall’imposta le prestazioni di servizi effettuate nei confronti<br />

dei consorziati o soci da consorzi, ivi comprese le società consort<strong>il</strong>i e le società<br />

cooperative con funzioni consort<strong>il</strong>i, costituiti tra soggetti per i quali, nel triennio<br />

solare precedente, la percentuale di detrazione di cui all’art. 19-bis, anche per<br />

effetto dell’opzione di cui all’art. 36-bis, sia stata non superiore al 10 per cento,<br />

a condizione che i corrispettivi dovuti dai consorziati o soci ai predetti consorzi e<br />

società non superino i costi imputab<strong>il</strong>i alle prestazioni stesse”.<br />

Dunque i criteri sono:<br />

• Consorzi con attività di servizi per i consorziati esenti o con diritto di detrazione<br />

inferiore al 10%<br />

• Triennio solare precedente al fine del 10%<br />

• Esenzione nel limite dei costi sostenuti per i servizi resi<br />

L’ esperienza gestionale della “Casa della Salute” di Castiglion Fiorentino (AR)<br />

• ex piccolo ospedale riconvertito<br />

• 10 MMG aderenti ad una cooperativa<br />

• circa 12.000 pazienti<br />

• presenza di punto di Continuità Assistenziale e quindi attività H24<br />

• presenza di altre figure professionali del Distretto<br />

• medicina di iniziativa (team)<br />

• coordinatore MMG<br />

in pratica esperienza di UCCP nell’ ottica della ri-fondazione<br />

• struttura fornita dalla ASL<br />

• utenze pagate dalla ASL<br />

• indennità di Medicina di Gruppo<br />

• indennità aggiuntiva professionale a fronte di obiettivi di salute<br />

• personale di studio per 90 ore settimanali (3 segretarie)<br />

• assunto dalla Cooperativa con <strong>il</strong> CCNL<br />

• formato con gli strumenti del CCNL<br />

• pagato dalla ASL ai MMG sotto forma di incentivi (quota ENPAM)<br />

• fatturato ai MMG dalla Cooperativa (senza IVA)<br />

”servizi relativi a riscaldamento, condizionamento, energia elettrica, pulizie, servizi telefonici,<br />

gestione della rete informatica con server per archivi condivisi, servizi di segreteria<br />

e materiale di consumo prestati nella Casa della Salute di Castiglion Fiorentino”<br />

…. “esenti IVA ai sensi del secondo comma dell’art. 10, del D.P.R. n. 633 del 1972”<br />

L’esperienza gestionale della Unità di Medicina Generale di Carpi (MO)<br />

Coop “MediTeM” CARPI<br />

• 52 soci circa 63.000 pazienti<br />

• 9 medicine di Gruppo (34 MMG)<br />

209


Capitolo 5<br />

• 3 medicine in Rete (18 MMG)<br />

• 1 centro polifunzionale della Coop<br />

• 12 segretarie<br />

• 4 infermiere<br />

• 9 medici sostituti stab<strong>il</strong>i<br />

in pratica esperienza di U.M.G. con gestione autonoma di tutte le figure del Team<br />

• MMG associati nei loro studi<br />

• segretarie e infermiere nelle Medicine di Gruppo<br />

• Segretaria presso sede Coop per Medicine in Rete e per progetto H10<br />

• Medico sostituto (in sede Coop) e gestione MCA (in sede Ausl) per progetto<br />

Continuità Assistenziale Integrata.<br />

• Infermiere Coop e specialisti Ausl presso sede Coop + 4 sedi territoriali di MdG<br />

per progetto Diabete TAO …<br />

•<br />

<strong>il</strong> personale di studio è:<br />

• assunto dalla cooperativa con <strong>il</strong> CCNL degli studi professionali, per un totale<br />

di 380 ore / sett<br />

• Ut<strong>il</strong>izzato sia nella sede Coop per servizi a tutti soci (H10, codici bianchi, Diabete,<br />

..) sia fornito ai MMG operanti in Medicina di Gruppo<br />

• formato con progetto del nostro Consorzio<br />

• <strong>il</strong> MMG socio paga alla propria Coop<br />

• Il personale “dislocato” presso la sua MdG, in base al preciso costo del lavoro<br />

dipendente sostenuto da Coop (con IVA le segretarie, esenti IVA le infermiere)<br />

• I servizi a “pacchetto completo” presso sedi Coop per progetto Diabete e<br />

Codici Bianchi con quote annuali (sempre con IVA)<br />

• <strong>il</strong> MMG socio riceve dalla AUSL<br />

• Incentivo di Gruppo / Rete<br />

• Incentivo di personale di studio<br />

• Incentivi per i vari progetti sv<strong>il</strong>uppati<br />

5.16 Fiscalità e committenza nella cooperazione di medicina generale<br />

5.16.1 Integrazione Socio-Sanitaria<br />

Maria Concetta Mazzeo 19 , Mina Le Rose<br />

Evidenze di demografia ed epidemiologia delle patologie croniche permettono<br />

di definire ormai indifferib<strong>il</strong>e la necessità di una effettiva realizzazione della integrazione<br />

socio-sanitaria quale concreta espressione dell’Assistenza Primaria; in<br />

particolare risulta evidente da tempo la improcrastinab<strong>il</strong>ità di lavorare per una<br />

19<br />

GISAP (Gruppo Indipendente per lo Studio della Assistenza Primaria)<br />

210


Seminari paralleli<br />

chiara e inequivocab<strong>il</strong>e definizione del ruolo dei Distretti, quale sede più appropriata<br />

per la sua attuazione, anche in relazione al ruolo che potenzialmente potrebbe<br />

essere attribuito a questo scopo al terzo settore, ma anche esaminando<br />

le criticità che attualmente limitano significativamente tale realizzazione.<br />

Conviene a questo riguardo ricordare che la definizione di Assistenza Primaria a<br />

livello internazionale costituisce la corretta traduzione del termine anglosassone<br />

“Primary Health Care”, data dall’OMS nella famosa Conferenza di Alma Ata del<br />

1978, quando si riconobbe <strong>il</strong> ruolo strategico rispetto al raggiungimento della Salute<br />

per tutti nell’anno 2000, un traguardo di ambizioni e di speranze considerato<br />

fondamentale dall’OMS a sostegno dell’equità e del diritto alla tutela alla salute<br />

per tutti gli abitanti del mondo.<br />

Con questa denominazione si identifica a livello nazionale quella che attualmente<br />

viene definita come assistenza distrettuale o territoriale e che invece va opportunamente<br />

tradotta come Assistenza Primaria, (benché in molti documenti<br />

venga definita come cure primarie), sia per una impropria traduzione dall’inglese<br />

del termine “care” con <strong>il</strong> termine cure, sia perché si preferisce dare ad una<br />

visione complessiva, olistica, assistenziale un ruolo più allargato e più appropriato<br />

di quello semplicemente medicalizzante, implicito nel termine “cura”.<br />

L’integrazione socio-sanitaria come effettiva realizzazione della Assistenza Primaria<br />

La realizzazione della integrazione socio-sanitaria rappresenta un traguardo particolarmente<br />

significativo ma anche estremamente critico, in generale in tutti i<br />

Paesi, anche con diversi sistemi sanitari, ma soprattutto nell’ambito di un sistema<br />

sanitario cosiddetto di Welfare Social System come quello italiano.<br />

L’integrazione socio-sanitaria comprende una serie di interventi assistenziali che<br />

coinvolgono unitariamente settori diversi ma al contempo profondamente integrati<br />

nelle ricadute operative con <strong>il</strong> sistema sanitario, destinati a fasce di cittadini<br />

in condizioni di disagio psico-fisico e quindi particolarmente bisognose che<br />

questi interventi siano tempestivamente erogati nei modi, nei tempi e nelle sedi<br />

appropriate.<br />

Diversi studi e documenti internazionali e nazionali, tra cui <strong>il</strong> Libro Verde sul futuro<br />

del modello sociale “La vita buona nella società attiva”, sottolineano come<br />

l’integrazione socio-sanitaria risulterà sempre più necessaria alla luce sia delle<br />

crescenti difficoltà incontrate dai Paesi in termini di sostenib<strong>il</strong>ità economica dei<br />

relativi sistemi sanitari, sia di un aumento importante e sempre più significativo<br />

della speranza di vita, e quindi ad un aumento del tasso di dipendenza della<br />

popolazione, della percentuale di persone anziane, ultra-anziane e disab<strong>il</strong>i.<br />

211


Capitolo 5<br />

Realizzazione della integrazione socio-sanitaria: dove? Il ruolo del Distretto<br />

Emerge con evidenza la necessità di rendere coerenti <strong>il</strong> ruolo del Distretto con<br />

la piena e fattiva realizzazione degli obiettivi di Assistenza Primaria, in particolare<br />

della integrazione socio-sanitaria.<br />

In effetti, benché la programmazione sanitaria affidi al Distretto tutte le attività<br />

riferib<strong>il</strong>i alla integrazione socio-sanitaria, è necessario sottolineare come questo,<br />

anche in presenza di una ricca normativa che ha negli anni cercato di definirne<br />

funzioni, ruolo ed obiettivi, si è sv<strong>il</strong>uppato spesso come una somma di diversi servizi<br />

non comunicanti.<br />

Già lo stesso Piano Sanitario 1994/96, <strong>il</strong> primo in Italia, ha dato un’identità organizzativa<br />

al distretto definendolo come “un’articolazione organizzativo-funzionale<br />

della ASL finalizzata a realizzare un elevato livello di integrazione tra i diversi servizi<br />

che erogano le prestazioni sanitarie e tra questi e i servizi socio-assistenziali,<br />

in modo da consentire una risposta coordinata e continuativa ai bisogni sanitari<br />

della popolazione... ”.<br />

Le successive riforme, ed in particolare <strong>il</strong> D.Lgs 229/99, che ha rappresentato una<br />

svolta per la sanità del territorio, hanno attribuito al Distretto l’autonomia indispensab<strong>il</strong>e<br />

per <strong>il</strong> raggiungimento degli obiettivi ad esso preposti.<br />

Nonostante un programma di grande valore sanitario e sociale, <strong>il</strong> Distretto è riuscito<br />

a realizzare molto parzialmente e con vistose differenze tra le diverse Regioni<br />

i suoi obiettivi. In particolare, rispetto alla realizzazione della integrazione<br />

socio-sanitaria, le criticità sono principalmente legate alla difficoltà di definire<br />

l’assetto istituzionale dei rapporti tra Aziende Sanitarie e Comuni, titolari degli<br />

interventi sociali.<br />

Tra i nodi irrisolti, emerge in modo specifico la limitata autonomia decisionale e<br />

di gestione dei finanziamenti attribuiti al Distretto, nonché la mancata chiarezza<br />

rispetto alla formazione del responsab<strong>il</strong>e.<br />

In particolare, alla luce del ruolo che tale figura professionale è chiamata a<br />

svolgere, si evidenzia la necessità di una formazione specifica e l’acquisizione<br />

di competenze appropriate necessarie a istaurare e a sv<strong>il</strong>uppare i rapporti di<br />

committenza con attori vari e dalle professionalità differenti (medici di medicina<br />

generale, liberi professionisti, terzo settore).<br />

Rispetto all’attribuzione finanziaria non sempre chiara ed adeguata, si sottolinea<br />

come prioritaria l’esigenza di giungere ad un Distretto quale vero centro decisionale<br />

di responsab<strong>il</strong>ità e di costo, tale da divenire un “committente cap<strong>il</strong>lare<br />

212


Seminari paralleli<br />

sapiente”, cioè che conosce a fondo i bisogni della popolazione del territorio di<br />

propria competenza.<br />

Integrazione socio-sanitaria: interazione tra diversi attori<br />

La crescita e progressiva differenziazione e specializzazione della domanda di<br />

servizi di ut<strong>il</strong>ità sociale, unitamente alla crisi finanziaria dei sistemi di welfare,<br />

hanno aperto spazi crescenti per lo sv<strong>il</strong>uppo di forme non profit orientate alla<br />

produzione di servizi di ut<strong>il</strong>ità.<br />

Infatti, attualmente, <strong>il</strong> terzo settore rappresenta un ambito di emergente e significativo<br />

peso rispetto alla realizzab<strong>il</strong>ità piena, efficace ed efficiente di obiettivi<br />

di Assistenza Primaria e di integrazione socio-sanitaria, in cui i punti di forza sono<br />

la cap<strong>il</strong>larità territoriale, la formazione ad hoc e la motivazione degli operatori,<br />

specificamente orientata da una sensib<strong>il</strong>ità di interesse verso settori particolari;<br />

queste valenze danno un impulso determinante al terzo settore nell’andare incontro<br />

alle spesso non sufficienti risposte offerte dall’ambito pubblico e privato,<br />

specie per quanto riguarda l’integrazione socio-sanitaria.<br />

Vari documenti di politica sanitaria, e tra questi in particolare <strong>il</strong> PSN 2006-2008<br />

e, da ultimo, <strong>il</strong> Libro Bianco sul futuro del modello sociale “La vita buona nella<br />

società attiva”, riconoscono e promuovono <strong>il</strong> ruolo innovatore svolto nell’ambito<br />

della tutela della salute e del sistema integrato dei servizi sociali dal terzo<br />

settore.<br />

Tra le diverse forme organizzative riferib<strong>il</strong>i al settore non profit, le cooperative<br />

rappresentano una realtà sempre più interessante, specie per l’Assistenza Primaria,<br />

e negli ultimi anni hanno sv<strong>il</strong>uppato una notevole esperienza nell’ambito<br />

della gestione dei servizi socio-sanitari nonché nella organizzazione, fornitura e<br />

gestione dei fattori di produzione.<br />

In particolare, le cooperative sociali ricoprono un ruolo r<strong>il</strong>evante nell’ambito<br />

dei servizi di tipo socio-assistenziale, attraverso l’erogazione di assistenza infermieristica<br />

di base, cosi come di assistenza domic<strong>il</strong>iare o riab<strong>il</strong>itativa, rivolgendosi<br />

dunque principalmente a categorie di assistiti caratterizzate da una condizione<br />

di svantaggio sociale.<br />

Il rapporto tra Distretto e attori del terzo settore diviene dunque una occasione<br />

di necessaria cooperazione e sinergia. Il distretto non può più prescindere dunque<br />

dall’interfacciarsi con <strong>il</strong> terzo settore, che dovrà da parte sua avviare un<br />

processo di accreditamento sia delle attività che degli operatori, che preveda<br />

necessariamente la definizione da parte dei vari attori coinvolti la definizione di<br />

regole chiare e precise.<br />

213


Capitolo 5<br />

Integrazione socio-sanitaria per realizzare quali obiettivi?<br />

Tra le molteplici possib<strong>il</strong>ità di assistenza integrata socio-sanitaria è necessario sottolineare<br />

le problematicità legate all’assistenza domic<strong>il</strong>iare integrata e all’assistenza<br />

residenziale che costituiscono in qualche modo gli esempi di offerta più<br />

elementare di assistenza integrata socio-sanitaria. In particolare, va sottolineata<br />

la povertà di offerta di queste modalità assistenziali rispetto agli altri Paesi europei,<br />

ed evidenziato, ad esempio, come nel corso del 2006 siano state dedicate<br />

mediamente a ciascun paziente assistito in ADI circa 24 ore di assistenza, erogata<br />

in gran parte da personale infermieristico. Rispetto alla assistenza residenziale<br />

è possib<strong>il</strong>e sottolineare invece che, sebbene questa sia dedicata prioritariamente<br />

agli anziani, in realtà nel 2005 sono stati assistiti presso le Residenze Sanitarie<br />

solo 2 anziani su 100.<br />

Possib<strong>il</strong>i sv<strong>il</strong>uppi del modello di integrazione socio-sanitaria<br />

Partendo dalla valutazione complessiva della realtà di attuazione della integrazione<br />

socio-sanitaria in Italia e dall’esame delle peculiari problematiche e criticità,<br />

è possib<strong>il</strong>e proporre alcune fondamentali auspicab<strong>il</strong>i linee di evoluzione e<br />

sv<strong>il</strong>uppo, in termini di interventi operativi e, soprattutto, di programmazione di<br />

politica sanitaria.<br />

Come già sottolineato, una particolare complessità nella realizzazione della integrazione<br />

socio-sanitaria è riconducib<strong>il</strong>e alla necessità di coordinare comportamenti<br />

e azioni che fanno riferimento a organizzazioni, figure assistenziali e addirittura<br />

sistemi assistenziali differenti.<br />

L’area dell’integrazione socio-sanitaria, richiede un cambiamento di prospettiva<br />

r<strong>il</strong>evante nell’azione organizzativa, con un focus organizzativo che si sposta<br />

da strutture gerarchiche e funzioni organizzative a processi (a valenza sociale,<br />

clinica e riab<strong>il</strong>itativa) incentrati sulla persona assistita, che quindi hanno natura<br />

trasversale e si sv<strong>il</strong>uppano mediante <strong>il</strong> coinvolgimento di una molteplicità di soggetti<br />

altamente specializzati.<br />

Nel ribadire la estrema delicatezza della tematica, appare significativo ricordare<br />

quanto argomentato dal Prof Americo Cicchetti nel testo “La progettazione<br />

organizzativa” (Cicchetti A., 2004, Franco Angeli, M<strong>il</strong>ano), “… È opportuno che<br />

i professionisti sanitari e sociali coinvolti si concentrino sui valori di assistito, sistema,<br />

finanziamento pubblico…per orientare la motivazione al soddisfacimento di<br />

vaste aree di bisogno. … la fonte della regolazione organizzativa…é l’interazione<br />

tra gli attori organizzativi (professionisti)”, pertanto l’approccio istituzionale e<br />

manageriale, che si riferiscono rispettivamente alle leggi ed ai criteri di efficienza<br />

214


Seminari paralleli<br />

ed economicità “non sono sufficienti in un settore complesso come la Assistenza<br />

Primaria”, ed in essa della assistenza socio-sanitaria in particolare.<br />

È necessario ed urgente che sistemi istituzionali, organizzativi, e di finanziamento<br />

sappiano individuare strumenti capaci di realizzare un effettivo coordinamento<br />

per garantire alle persone che necessitano di assistenza l’offerta di servizi efficaci<br />

ed efficienti, evitando duplicazioni, inefficienze o vuoti e carenze del sistema.<br />

Sarà poi di strategica importanza una riflessione attenta ed approfondita, di carattere<br />

multidisciplinare, sulla necessità di offrire a tutti i professionisti e agli operatori<br />

a vario titolo coinvolti nella realizzazione di obiettivi di integrazione sociosanitaria,<br />

una formazione integrata.<br />

Entrambi i passaggi sopra descritti, la strutturazione di rapporti fra operatori e<br />

professionisti del settore, nonché la formazione integrata ad essi dedicata, potranno<br />

consentire finalmente la formulazione condivisa di linee guida operative<br />

specifiche per le prestazioni socio-sanitarie.<br />

In conclusione così come sottolineato anche nel Libro Verde sul futuro del modello<br />

sociale “La vita buona nella società attiva” rispetto al modello di integrazione<br />

socio-sanitaria, ed in particolare riferendosi alle politiche per le persone anziane,<br />

per promuovere una vera integrazione socio-sanitaria si renderà necessario lavorare,<br />

operativamente e sulla formazione dei vari operatori, allo scopo di favorire:<br />

• l’integrazione delle politiche (sanitarie, socio-sanitarie e sociali);<br />

• l’integrazione tra i soggetti istituzionali (Regione, ULSS, Comuni) e con i soggetti<br />

sociali;<br />

• l’integrazione operativa tra servizi (sanitari, socio-sanitari, e sociali);<br />

• l’alleanza tra soggetti erogatori pubblici e privati.<br />

5.17 Fiscalità e committenza nella cooperazione di medicina generale<br />

Crescenzo Simone 20<br />

La Circolare n.23 del 8 maggio 2009 dell’Agenzia dell’entrate contiene le disposizioni<br />

di cui i medici di medicina generale intendono avvalersi nella ricerca del miglior<br />

assetto organizzativo che legittimi la loro attività di società di servizi con una<br />

fatturazione senza IVA; ci riferiamo non solo al personale di studio che rappresenta<br />

la parte r<strong>il</strong>evante delle attività delle cooperative nella gestione dei fattori<br />

di produzione ma anche a tutti gli altri servizi che le cooperative offrono ai propri<br />

soci contro fattura. I costi così sostenuti dalla società cooperativa saranno a loro<br />

20<br />

Presidente Nazionale ANCoM<br />

215


Capitolo 5<br />

volta fatturati nella loro interezza e senza eccedenza ai singoli soci in esenzione<br />

dall’imposta sul valore aggiunto. Questa è una direttiva europea che l’Italia ha<br />

recepito nel 2009 con la circolare dell’Agenzia delle entrate n°23. Nella circolare<br />

si definisce che per poter usufruire della fatturazione in regime di esenzione IVA<br />

l’utente finale, in questo caso <strong>il</strong> MMG, sia un soggetto esente da IVA per una percentuale<br />

di reddito imponib<strong>il</strong>e non inferiore al 90% nelle dichiarazioni presentate<br />

nel triennio solare precedente.<br />

La circolare chiarisce, inoltre, che se la società cooperativa con funzioni consort<strong>il</strong>i<br />

svolga attività nei confronti non solo dei soci cooperatori, ma eventualmente<br />

anche nei confronti di soggetti terzi, ciò è possib<strong>il</strong>e purché le prestazioni fatturate<br />

nei confronti di terzi incida sul fatturato complessivo in misura inferiore al 50%,<br />

proprio nel rispetto del principio della mutualità prevalente.<br />

Altri temi condivisi nel gruppo di lavoro del seminario riguardano la necessità che<br />

<strong>il</strong> territorio si muova non solo secondo la logica dell’organizzazione e dell’erogazione<br />

dei servizi, ma sia coinvolto nella programmazione, acquisto e controllo<br />

delle prestazioni. Se non ci fosse questo non capiremmo perché si parla di committenza<br />

ed accreditamento. È necessario assicurare combinazioni sostenib<strong>il</strong>i<br />

tra l’appropriatezza, l’economicità e l’innovazione. Per ottimizzare l’offerta attraverso<br />

<strong>il</strong> governo della domanda occorrono: percorsi di accreditamento, tetti<br />

di spesa, governo tariffario. Le azioni della committenza riguardano la programmazione,<br />

la pianificazione ed <strong>il</strong> coordinamento di tutte le linee produttive, l’integrazione<br />

dei servizi socio-sanitari, <strong>il</strong> monitoraggio dell’efficacia dei servizi e delle<br />

prestazioni erogate, la valutazione del conseguimento degli obiettivi previsti dalla<br />

programmazione. La committenza è una funzione di governo organizzativo,<br />

gestionale ed economico. Per accreditamento, invece, si intende un’attività di<br />

valutazione periodica per r<strong>il</strong>evare l’adesione ai criteri previsti da leggi e regolamenti,<br />

per promuovere la buone qualità delle prestazioni erogate. Si tratta di<br />

verifica di tipo tecnico-professionale delle modalità operative poste in essere. È<br />

necessario lavorare sulle diversità regionali attraverso strati di omogeneizzazione<br />

che portino a sistemi regionali diversi ma congruenti e coerenti per cui l’accreditamento<br />

istituzionale è un atto con <strong>il</strong> quale viene riconosciuto ai soggetti già in<br />

possesso dell’autorizzazione all’esercizio di attività sanitarie, lo stato di potenziali<br />

erogatori di prestazioni nell’ambito e per conto del SSN e quindi <strong>il</strong> titolo a poter<br />

erogare. Gli aspetti del processo di accreditamento riguardano sia aspetti Giuridico<br />

amministrativi che economici-finanziari. L’accreditamento è un processo<br />

di condivisione (committente-erogatore) di regole precise, di legalità, è un processo<br />

che nasce dal basso (bottom –up) ma con regole nazionali e valide dappertutto.<br />

Dobbiamo intanto cavalcare in qualche modo la contingenza positiva,<br />

lavorando in squadra nelle UCCP. Il gruppo di lavoro nel seminario ha condiviso<br />

le relazioni della dott.ssa G.Testa e M.C. Mazzeo, la discussione si è incentrata<br />

sulla necessità di cultura della formazione e delle regole, sono state poste molte<br />

216


Seminari paralleli<br />

domande sul futuro del medico di medicina generale, è stata fatta una riflessione<br />

sulla specialistica ambulatoriale e sulla necessità non più di convenzioni a<br />

rapporti orari ma per progetti assistenziali. Nel seminario si è constatato come la<br />

professione di medicina generale sia stata capace di produrre idee e progetti<br />

interessanti. È stata valutata anche la necessità ed l’efficacia delle reti sociali. Il<br />

seminario si è concluso in maniera propositiva e coinvolgente.<br />

217


CAPITOLO 6<br />

Percorso formativo ECDL Health, le sue origini, i suoi<br />

obiettivi e gli sv<strong>il</strong>uppi futuri<br />

6.1 ECDL Health<br />

La certificazione ECDL Health è <strong>il</strong> risultato dell’attività di un gruppo internazionale di<br />

esperti, su sollecitazione del National Health System inglese. Il programma ha visto<br />

coinvolti diversi paesi: Italia, UK, USA, Svezia, Norvegia, Olanda e Finlandia; per l’Italia<br />

hanno partecipato l’Università Bocconi e <strong>il</strong> Policlinico Umberto I. Poiché i requisiti nazionali,<br />

includendo prassi correnti, lingua, cultura, quadro legislativo, variano da paese<br />

a paese, sono state studiate delle localizzazioni specifiche.<br />

La certificazione ECDL Health implica un percorso di formazione, che non è<br />

un semplice addestramento all’uso del Personal Computer; gli obiettivi del<br />

percorso formativo possono essere così riassunti: avere piena consapevolezza<br />

sulla natura particolare del dato sanitario, sulle implicazioni di carattere<br />

legale ed etico a questo associate; gestire con strumenti ICT le informazioni<br />

sanitarie con procedure atte a rispettare i principi di cui sopra, con particolare<br />

riferimento a sicurezza e privacy; descrivere i principali campi di applicazione<br />

dell’ICT in ambito medico, nonché la struttura e la terminologia relativa a sistemi<br />

informativi e documenti sanitari; eseguire le operazioni fondamentali di<br />

ut<strong>il</strong>izzo di sistemi ICT per la gestione dei dati sanitari del progetto più ambizioso<br />

qui proposto.<br />

Il Syllabus (<strong>il</strong> documento che riassume le competenze necessarie agli operatori<br />

sanitari che ut<strong>il</strong>izzano la tecnologia ICT) è in fase di ampliamento, attraverso <strong>il</strong><br />

confronto con una ampia community di stakeholders istituzionali, e diventerà<br />

immediato riferimento per l’elaborazione, da parte dei Provider ECM aderenti<br />

al progetto, di un corpus di percorsi formativi in grado di coprire in modo più<br />

mirato le necessità formative dei diversi attori dell’ e-health; esigenze diversificate<br />

sia in funzione della varietà di prof<strong>il</strong>i e ruoli professionali, sia in riferimento<br />

alla varietà di ambiti assistenziali (medicina d’urgenza, radiologia e medicina<br />

di laboratorio, medicina territoriale, f<strong>il</strong>iera del farmaco etc.). Parallelamente<br />

esso si propone di rendere fac<strong>il</strong>mente accessib<strong>il</strong>i a tutti gli operatori sanitari<br />

adeguati strumenti di check-up delle proprie competenze in materia ICT.<br />

Bas<strong>il</strong>are è l’obiettivo di diffondere, anche nella sanità, la cultura della certificazione<br />

delle competenze mediante la loro verifica in un ambiente controllato<br />

(Test-center), sopperendo a una carenza dell’attuale normativa ECM in<br />

materia di attribuzione dei crediti FAD. A questo scopo sarà attivata la rete di<br />

Test center AICA, con adeguata copertura di tutto <strong>il</strong> territorio nazionale. Il test<br />

finale erogato presso uno di questi Test Center avrà caratteristiche tali da sod-<br />

219


Capitolo 6<br />

disfare contemporaneamente e contestualmente sia i requisiti della normativa<br />

ECM sia i requisiti della Certificazione internazionale ECDL-Health.<br />

Il contesto<br />

In tutti i paesi occidentali i sistemi sanitari stanno attraversando profonde trasformazioni<br />

strutturali e organizzative, legate da un lato alla crescita della domanda<br />

di salute, dall’altro alla drammatica necessità di contenimento dei costi. L’ut<strong>il</strong>izzo<br />

di tecnologie dell’informazione è fondamentale a questo processo di trasformazione,<br />

sotto una pluralità di prof<strong>il</strong>i che vanno dalla disponib<strong>il</strong>ità di nuovi strumenti<br />

diagnostici, all’integrazione funzionale tra processi sanitari e amministrativi,<br />

per arrivare a nuove modalità di relazioni tra strutture e pazienti. Lo sv<strong>il</strong>uppo delle<br />

tecnologie digitali di tipo diagnostico e biomedico, ha impatti significativi sulla<br />

qualità e sull’outcome clinico delle prestazioni sanitarie disponib<strong>il</strong>i.<br />

Il modello di sanità elettronica presuppone una crescita delle capacità d’integrazione<br />

e consolidamento delle informazioni cliniche ed amministrative in<br />

formato digitale. La telemedicina, l’assistenza domic<strong>il</strong>iare integrata, la costruzione<br />

di PDTA, condivisi tra più strutture e specialisti di diverse aree, impattano<br />

profondamente sulle modalità di relazioni tra erogatori di prestazioni sanitarie e<br />

pazienti.<br />

Nell’e-health la tecnologia dell’informazione non è più un accessorio ma una<br />

componente propria del `core business’ dell’assistenza sanitaria.<br />

La sfida che accompagna la rivoluzione della sanità elettronica è innanzitutto<br />

quella culturale; oggi, presso gli operatori sanitari, sembra esserci ancora un’incompleta<br />

consapevolezza del cambiamento culturale che l’e-health implica<br />

per la gestione della salute. Una ricerca condotta da AICA e SDA Bocconi nel<br />

settore sanitario [“L’ignoranza informatica: <strong>il</strong> costo nella Sanità” ed. McGraw H<strong>il</strong>l]<br />

ha dimostrato come la competenza ancora inadeguata degli operatori ospedalieri<br />

e dei medici di base nell’ut<strong>il</strong>izzo di applicazioni informatiche comporti una<br />

perdita di produttività del sistema, con pesanti riflessi sia in termini economici (<strong>il</strong><br />

costo sommerso, legato alla scarsa capacità d’uso delle risorse informatiche, è<br />

stato quantificato in tutto <strong>il</strong> SSN in 2 m<strong>il</strong>iardi di euro l’anno, pari al 2,5% della spesa<br />

sanitaria pubblica) sia in termini “sociali”: allungamento dei tempi di attesa, duplicazione<br />

di indagini diagnostiche per perdita o indisponib<strong>il</strong>ità di dati essenziali,<br />

scarsa tutela della privacy.<br />

A seguito di tale indagine AICA, che ha fra i propri obiettivi istituzionali quello<br />

di diffondere la cultura informatica in Italia, ha aderito, nel 2005, all’iniziativa,<br />

sollecitata dal sistema sanitario Inglese, di creare, a livello europeo, una certificazione<br />

ECDL Health orientata alla definizione e alla verifica delle competenze<br />

informatiche minime richieste agli operatori sanitari.<br />

Sulla base dell’attuale Syllabus ECDL Health sono nati percorsi formativi con accreditamento<br />

ECM.<br />

220


Percorso formativo ECDL Health, le sue origini, i suoi obiettivi e gli sv<strong>il</strong>uppi futuri<br />

Il Syllabus<br />

Il Syllabus è <strong>il</strong> documento che descrive in dettaglio le ab<strong>il</strong>ità e le conoscenze<br />

richieste a tutti gli operatori della sanità: medici, infermieri, personale tecnico e<br />

amministrativo.<br />

L’idea di fondo è stata quella di produrre un Syllabus comune europeo, con gli<br />

adattamenti nazionali necessari a dar conto della diversità dei sistemi sanitari.<br />

L’adattamento nazionale è ottenuto a livello delle applicazioni di valutazione.<br />

Se ad esempio si considera una competenza comune come: “conoscere ed<br />

applicare i protocolli di gestione dell’identità del paziente”, la valutazione locale<br />

della competenza sarà: “gestire praticamente l’accettazione di un paziente<br />

attraverso un’applicazione che tratti i dati di identificazione previsti dalla normativa<br />

in Italia”.<br />

Il Syllabus prevede obiettivi per i tre livelli tassonomici abituali:<br />

• Sapere: definire, elencare, descrivere, comprendere (=applicare una conoscenza<br />

ad un contesto.)<br />

• Saper fare: selezionare un record, navigare, registrare, produrre stampe/report.<br />

• Saper essere: dimostrare la consapevolezza.<br />

I contenuti del syllabus (protetti da copyright della Fondazione ECDL) comprendono<br />

i seguenti argomenti:<br />

• Concetti base e definizioni di un SIS (Sistema Informativo Sanitario).<br />

• Tipologie di SIS – la cartella clinica elettronica, i sistemi per gli ordini, per le<br />

immagini, le prescrizioni, <strong>il</strong> laboratorio, i PACS, i sistemi basati sui referti, i sistemi<br />

di supporto alla decisione, i sistemi multimediali, i sistemi di fatturazione.<br />

• Caratteristiche dei SIS, funzioni, vantaggi (accessib<strong>il</strong>ità, attendib<strong>il</strong>ità, rapidità<br />

di accesso, viste condivise, aggiornamento, accuratezza, sostegno alla continuità<br />

delle cure) e possib<strong>il</strong>i limiti.<br />

• Responsab<strong>il</strong>ità di un operatore sanitario in rapporto alla riservatezza verso un<br />

paziente nel contesto di un SIS.<br />

• Accesso autorizzato ad un SIS.<br />

• Sicurezza dei dati di un SIS.<br />

• Competenze pratiche – (ricerca e localizzazione della cartella di un paziente,<br />

registrazione delle informazioni di un paziente, prescrizioni, refertazioni, differenti<br />

tipi di supporto alla decisione..)<br />

• Principi di creazione ed editing di documenti sanitari.<br />

Per ciascun argomento sono definite specifiche aree di conoscenza e competenza.<br />

I contenuti sono contestualizzati in modo da adattarsi ai diversi linguaggi<br />

221


Capitolo 6<br />

e alle specifiche terminologie nazionali, ai diversi organismi e strutture legali e<br />

professionali.<br />

ECDL Health è in fase di evoluzione. Sono, oggi, in fase di studio ulteriori ampliamenti<br />

del Syllabus ad argomenti quali:<br />

• Banche dati specialistiche<br />

• Strumenti di ricerca specialistici<br />

• Criteri di valutazione dell’informazione - classificazione e controllo delle fonti,<br />

standard di qualità internazionali per i siti web sanitari<br />

• Tecniche di selezione e recupero dei documenti<br />

• Applicazioni di Telemedicina,<br />

• Assistenza domic<strong>il</strong>iare integrata (dispositivi di home care domestico)<br />

• PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutici e Assistenziali) territoriali e ospedalieri<br />

L’offerta formativa ECDL Health<br />

ECDL- Health implica necessariamente un percorso di formazione che pone<br />

l’accento sulla necessità di una piena consapevolezza della natura sensib<strong>il</strong>e<br />

del dato sanitario e sulle implicazioni che questo comporta nella gestione con<br />

strumenti ICT delle informazioni sanitarie. La formazione deve inoltre coprire<br />

i principali campi di applicazione dell’ICT in ambito medico, la struttura e la<br />

terminologia relativa a sistemi informativi e documenti sanitari, la capacità di<br />

eseguire alcune operazioni fondamentali di ut<strong>il</strong>izzo di sistemi ICT per la gestione<br />

dei dati sanitari.<br />

I temi trattati in un processo formativo sono i seguenti:<br />

• E-health: gli impatti delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione<br />

sul mondo della sanità. Un modello di riferimento.<br />

• La progettazione di un sistema informativo clinico integrato: centralità della<br />

cartella clinica elettronica.<br />

• Elementi di progettazione di un sistema informativo clinico.<br />

• Le diverse tipologie di “cartella clinica elettronica”.<br />

• La riprogettazione per processi, <strong>il</strong> “percorso del paziente” e la cartella clinica<br />

elettronica.<br />

• La gestione elettronica delle immagini.<br />

• Cenni agli standard tecnologici a supporto dei sistemi informativi clinici (HL7<br />

e DICOM).<br />

• Il quadro normativo e le soluzioni tecnologiche e organizzative per la sicurezza<br />

e la privacy.<br />

• La validità legale del documento elettronico e la firma digitale.<br />

222


Percorso formativo ECDL Health, le sue origini, i suoi obiettivi e gli sv<strong>il</strong>uppi futuri<br />

L’offerta formativa è diretta sia a professionisti che si confrontano con i temi della<br />

sanità elettronica, sia a studenti universitari delle facoltà mediche.<br />

Offerta formativa collegata a crediti ECM<br />

1. Formazione esclusivamente FAD con certificazione, in collaborazione con la<br />

Fondazione IRCCS Policlinico di M<strong>il</strong>ano.<br />

Si rivolge al personale sanitario in generale di cliniche e ospedali.<br />

È costituita da un Corso FAD articolato su tre moduli, di cui due preparatori<br />

d’informatica medica (ECDL like) e uno specifico sulla certificazione ECDL<br />

Health.<br />

Superando <strong>il</strong> test di certificazione, si possono ottenere fino a 50 ECM. Il solo<br />

test ECDL Health garantisce 22 ECM. I tempi di fruizione stimati sono complessivamente<br />

(per i tre corsi FAD) di 33 ore.<br />

L’offerta si basa su una piattaforma sv<strong>il</strong>uppata dal Policlinico di M<strong>il</strong>ano chiamata<br />

ECM Campus.<br />

2. Corso blended della durata di due giorni (16 ore), comprensivo di materiale<br />

didattico FAD e associato a crediti ECM da 22 a 50. Il personale docente è<br />

rappresentato da professori universitari che hanno contribuito allo sv<strong>il</strong>uppo<br />

della certificazione.<br />

Anche questo programma si rivolge al personale sanitario di cliniche e ospedali.<br />

3. Corso in presenza con certificazione in collaborazione con Unicampus Biomedico<br />

di Roma. Durata del corso 32 ore, con associati 48 ECM.<br />

Si rivolge come <strong>il</strong> precedente al personale sanitario di cliniche e ospedali.<br />

L’esame si svolge sulla piattaforma ATLAS, in modo conforme alle specifiche<br />

AGENAS (Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari Regionali) che sovrintende<br />

all’assegnazione dei crediti ECM.<br />

Il personale docente viene selezionato dal Test Center.<br />

Offerta formativa non collegata a crediti ECM<br />

4. Corso in presenza Si rivolge al personale sanitario e amministrativo di cliniche<br />

e ospedali. L’esame si svolge sulla piattaforma ATLAS. Durata del corso 24 ore<br />

Il personale docente, rappresentato da professori universitari che hanno<br />

contribuito allo sv<strong>il</strong>uppo della certificazione, è a carico di AICA 1 .<br />

1<br />

Per maggiori informazioni sui corsi formativi: ecdlhealth@aicanet.i - Tel. 02 764550 37/41<br />

223


Capitolo 6<br />

Come acquisire la certificazione ECDLHealth<br />

La certificazione ECDL Health si ottiene superando un esame riguardante <strong>il</strong> modulo<br />

Health. Un pre requisito, consigliato ma non obbligatorio, per <strong>il</strong> conseguimento<br />

di tale certificazione, è la conoscenza di base relativa all’ut<strong>il</strong>izzo di un<br />

personal computer (ECDL Start like).<br />

Il candidato deve rivolgersi a un Test Center accreditato ECDL Health, <strong>il</strong> cui elenco<br />

è riportato sul sito AICA (http://www.aicanet.it/certificazioni/ecdl/specialisedlevel/health/sedi-desame)<br />

e acquistare una Sk<strong>il</strong>l Card. La Sk<strong>il</strong>l Card è una tessera<br />

individuale, riportante i dati anagrafici del titolare, sulla quale viene registrato l’<br />

esame superato. La Sk<strong>il</strong>l Card ha una validità di due anni dalla data del r<strong>il</strong>ascio.<br />

L’esame ECDL Health è effettuato mediante un sistema che automatizza in<br />

modo integrale tutto <strong>il</strong> processo: erogazione dei test al candidato, valutazione<br />

dei risultati, registrazione nel database nazionale di AICA.<br />

Il sistema automatico consente un’uniformità di valutazione dei risultati, essendo<br />

indipendente da fattori di soggettività inevitab<strong>il</strong>i nel caso di esaminatori umani.<br />

Inoltre, i candidati possono conoscere i risultati immediatamente, al termine<br />

dell’esame, e ottenere una descrizione analitica degli errori commessi.<br />

Si considera superata la prova d’esame se <strong>il</strong> candidato ha risposto positivamente<br />

almeno al 75% delle domande.<br />

Come prepararsi all’esame<br />

La modalità di preparazione agli esami dipende, ovviamente, dal livello di conoscenze<br />

già acquisite dal candidato. Si presentano quindi più possib<strong>il</strong>ità:<br />

• Il candidato, non interessato all’acquisizione di crediti ECM, può prepararsi in<br />

modo autonomo e sostenere l’esame presso un qualunque Centro, purché<br />

accreditato.<br />

È possib<strong>il</strong>e acquistare materiale didattico ad hoc, validato da AICA, in cui è<br />

garantita la copertura di tutti gli argomenti previsti dal Syllabus ECDL Health.<br />

Esistono, inoltre, corsi FAD (formazione a distanza), quali quelli erogati da IRC-<br />

CS Policlinico di M<strong>il</strong>ano e Caspur di Roma.<br />

(http://www.aicanet.it/certificazioni/ecdl/specialised-level/health/materiale-didattico).<br />

• Chi lo ritenga opportuno può invece seguire uno dei corsi di formazione che<br />

oggi sono proposti sia da AICA che dai Test Center accreditati ECDL Health;<br />

tali corsi (vedi: L’offerta formativa ECDL Health), danno anche la possib<strong>il</strong>ità di<br />

acquisire la certificazione con l’eventuale riconoscimento di crediti ECM.<br />

224


CAPITOLO 7<br />

Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria:<br />

prospettive possib<strong>il</strong>i<br />

7.1 Le cooperative negli accordi integrativi della Campania<br />

Giorgio Massara 1<br />

Sono <strong>il</strong> Presidente SNAMI per la regione Campania e porto i saluti del nostro Presidente<br />

Nazionale, dott. Angelo Testa.<br />

Lo SNAMI è stato presente negli ultimi tre anni a questo appuntamento ed anche<br />

quest’anno è lieto di portare <strong>il</strong> suo saluto a cui si somma questo mio piccolo<br />

contributo di idee.<br />

Uno dei miei maestri, interrogato a proposito di quali siano i compiti di un buon<br />

sindacalista, mi rispose: “fare dei buoni contratti e farli applicare”.<br />

Sotto questo aspetto in Campania siamo tutti dei cattivi sindacalisti visto che<br />

l’ultimo Accordo Integrativo Regionale è stato stipulato solo nel lontano 2003.<br />

L’argomento che cercherò di chiarire riguarderà <strong>il</strong> rapporto tra le cooperative i<br />

medici di famiglia ed <strong>il</strong> sindacato in particolare relativamente alla Regione Campania.<br />

Un tassello importante di questo discorso è stato posto proprio ieri grazie a quanto<br />

chiarito nel testo “Oltre le Convenzioni”, curato da Crescenzo Simone e Gianfranca<br />

Ranisio.<br />

Questo libro rappresenta una importante testimonianza e conferma la mia convinzione<br />

che è l’operare pratico, <strong>il</strong> nostro “lavoro” di ogni giorno, ad essere poi<br />

trasposto in quelli che sono gli accordi scritti.<br />

C’è innanzitutto da dire che la promozione della medicina di gruppo rappresenta<br />

un elemento fondamentale che, eventualmente sv<strong>il</strong>uppato nell’ambito<br />

delle cooperative, fornisce una potenzialità in più, basti pensare alla gestione<br />

del personale di studio.<br />

D’altro canto però vorrei sottolineare che l’esperienza presentata ieri in merito<br />

alla presenza degli specialisti nei nostri poliambulatori è un fatto fondamentale<br />

che si sta vivendo in prima persona in varie cooperative giacché da tre anni molte<br />

medicine di gruppo hanno avviato in Campania un discorso per la realizzazione<br />

di ambulatori dedicati riguardanti varie patologie tra cui l’ipertensione ed<br />

<strong>il</strong> diabete; ciò vuol dire che vi è in questi ambulatori la presenza, in determinati<br />

giorni e ad orari prestab<strong>il</strong>iti, del diabetologo, del cardiologo e di altre figure che<br />

concorrono al trattamento di queste patologie.<br />

1<br />

Presidente Regionale SNAMI Campania<br />

225


Capitolo 7<br />

Questa è una esperienza, però che, avviata in un determinato contesto e pur<br />

essendo valida fin da subito, sv<strong>il</strong>upperà <strong>il</strong> massimo delle sue potenzialità quando<br />

sarà esportata su scala più ampia, vale a dire quando sarà possib<strong>il</strong>e inserirla in un<br />

Accordo Integrativo Regionale.<br />

Per fare ciò sicuramente la presenza di cooperative mediche è senz’altro ut<strong>il</strong>e<br />

per una visione “strategica” capace di garantire efficaci modelli organizzativi.<br />

Un altro importante aspetto, che in Campania come sindacato SNAMI ci sta<br />

molto a cuore, riguarda una riflessione su quello che è l’effettivo ruolo di uno<br />

studio medico. Oggi lo studio medico è diventato, di fatto, un organismo complesso,<br />

poiché se andiamo – ad esempio - a concepire l’organizzazione di una<br />

medicina di gruppo abbiamo una grande complessità (vedi <strong>il</strong> personale, i problemi<br />

fiscali, la gestione dell’attività informatica, <strong>il</strong> problema delle banche dati<br />

ecc.) per cui piuttosto che andare a fare trattative per Accordi nei quali si va a<br />

chiedere 50 centesimi in più quando capita e se capita, noi dovremmo ridiscutere<br />

quello che è <strong>il</strong> ruolo del medico di famiglia nell’ambito delle prestazioni che va<br />

ad erogare, tutto ciò - per quanto riguarda la Campania – tenuto anche conto<br />

dello smantellamento di fatto della rete ospedaliera che stiamo già vivendo in<br />

maniera piuttosto traumatica.<br />

Cinghia di trasmissione tra l’ACN e l’AIR sono, secondo noi, le società scientifiche<br />

e le cooperative; l’ha detto <strong>il</strong> collega Marotta poc’anzi e mi piace ribadirlo. Ieri<br />

si parlava molto di medico solista e devo dire che, senza trascurare quello che<br />

noi dello SNAMI chiamiamo “rapporto duale medico-paziente” stiamo andando<br />

indubbiamente verso le aggregazioni; io penso che nel superamento del medico<br />

solista e nell’integrazione del medico duale dovremmo creare un’orchestra<br />

dove ognuno suona uno strumento diverso, che sa suonare bene, e viene diretto<br />

in un determinato modo per creare una “musica” di alto valore.<br />

Credo che questo sia <strong>il</strong> nostro compito, che sia un compito complesso e r<strong>il</strong>evo<br />

che uno dei pericoli - emerso in maniera chiarissima anche da questi lavori - è<br />

che per le UCCP si realizzi quello che in f<strong>il</strong>osofia è noto come eterogenesi dei fini<br />

e cioè che, mentre vi è la volontà dei medici di famiglia di gestire queste strutture<br />

attraverso le cooperative mediche, arriverà poi qualcuno “dall’esterno” e ci imporrà<br />

la “sua” gestione: in tale prospettiva invece di essere noi i protagonisti del<br />

nostro lavoro finiremmo per essere fatalmente, solo e semplicemente, “impiegati”<br />

di qualcun altro e questo, oltre ad essere una cosa che non ci piace e non può<br />

piacerci, rappresenta un pericolo contro <strong>il</strong> quale è necessario fare massa critica,<br />

cioè creare una unità della categoria.<br />

Il discorso sulle cooperative è venuto finalmente fuori, dopo anni, da una lettura<br />

spesso parziale se non addirittura manichea: inizialmente si riteneva, da parte di<br />

alcuni, che le cooperative avrebbero introdotto <strong>il</strong> regno di Saturno nella professione<br />

medica, da parte di altri, invece, si pensava che esse ne rappresentassero<br />

l’inferno.<br />

226


Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />

Esse non sono e non saranno mai né l’una né l’altra cosa ma rappresentano<br />

solo uno strumento che se usato bene può servire per raggiungere degli obiettivi<br />

che ci permetteranno di svolgere al meglio <strong>il</strong> nostro lavoro che è cambiato nel<br />

tempo: chi ha cominciato la propria attività venti o venticinque anni fa sa bene<br />

che oggi deve sapersi confrontare, come già sta facendo, con realtà profondamente<br />

diverse ed in continua trasformazione.<br />

Evidentemente ci siamo resi conto di quanto sia cambiata la professione e di<br />

come abbiamo l’obbligo di adeguarci a questi mutamenti, altrimenti finiremo<br />

per essere superati completamente da persone diverse che faranno scelte diverse<br />

e che hanno ben poco a che vedere non solo con le nostre esigenze di<br />

professionisti della salute ma anche, e soprattutto, con quelle dei nostri pazienti.<br />

7.2 Previdenza integrativa<br />

Franco Pagano 2<br />

Oggi presenteremo Fondo Sanità ossia <strong>il</strong> fondo complementare che l’ENPAM ha<br />

messo in campo nel 2007 e approfondiremo <strong>il</strong> tema della previdenza complementare.<br />

La pensione è un diritto che deriva dall’articolo 38 della costituzione e qualsiasi<br />

reddito fiscalmente r<strong>il</strong>evante deve essere sottoposto a contribuzione previdenziale.<br />

L’ENPAM è l’ente erogatore della pensione obbligatoria del medico che svolge<br />

la propria professione come libero professionista e/o in convenzione con <strong>il</strong> SSN.<br />

Tra la modalità di gestione economico-finanziaria a “capitalizzazione” la cui negatività<br />

è rappresentata dal rischio dell’inflazione che riduce <strong>il</strong> potere d’acquisto<br />

del montante accumulato e la modalità “a ripartizione” la cui negatività è rappresentata<br />

dalle gravi modificazioni demografiche ed economiche che minano<br />

<strong>il</strong> patto solidale intergenerazionale, l’ENPAM ha adottato un “modello a ripartizione<br />

attenuato da elementi di capitalizzazione” in cui la capitalizzazione del patrimonio<br />

funge nel tempo da riserva di compensazione a garanzia di solvib<strong>il</strong>ità del<br />

sistema a fronte di squ<strong>il</strong>ibri demografici ed economici delle future generazioni e<br />

di tenuta del potere d’acquisto delle pensioni.<br />

L’ENPAM ha superato anche la diatriba tra retributivo e contributivo in quanto la<br />

modalità di calcolo delle pensioni è su “base reddituale-contributiva” ovvero <strong>il</strong><br />

calcolo della pensione è basato su una diretta proporzione tra contributi versati<br />

e retribuzione media di tutta la vita lavorativa.<br />

Se <strong>il</strong> modello ENPAM è più virtuoso dei modelli INPS e INPDAP che necessità c’è<br />

di parlare di pensione complementare, di pensione volontaria, di pensione aggiuntiva?<br />

2<br />

Segretario Provinciale FIMMG Chieti<br />

227


Capitolo 7<br />

La riforma previdenziale introdotta dalla legge Dini ha portato al passaggio dal<br />

sistema retributivo al sistema contributivo; questo ha significato e significherà che<br />

per le generazioni attuali e soprattutto per quelle future la pensione sarà di gran<br />

lunga inferiore a quella attuale.<br />

Il legislatore, pertanto, affinché in quiescenza tutti i cittadini possano mantenere<br />

un tenore di vita adeguato alle proprie aspettative, ha ritenuto opportuno introdurre<br />

a fianco del sistema previdenziale obbligatorio un secondo p<strong>il</strong>astro rappresentato<br />

dalla pensione complementare.<br />

Nel 2007 l’ENPAM propone e la COVIP approva “FondoSanità”, fondo complementare<br />

chiuso, che rappresenta <strong>il</strong> p<strong>il</strong>astro volontario e facoltativo della previdenza<br />

del medico.<br />

Perché creare un fondo complementare chiuso?<br />

I fondi complementari presenti sul mercato sono divisi in “chiusi” e “aperti”:<br />

i fondi complementari “chiusi o negoziali” sono quelli che ciascuna categoria<br />

organizza per i propri aff<strong>il</strong>iati e l’ENPAM con Fondosanità ha costituito un fondo<br />

complementare rivolto solamente agli esercenti le attività sanitarie; mentre i fondi<br />

complementari “aperti” sono quelli proposti dalle agenzie assicurative o dalle<br />

banche e sono accessib<strong>il</strong>i a tutti.<br />

Sia i fondi negoziali che quelli aperti devono rispondono alle stesse leggi e alle<br />

stesse norme della COVIP; si differenziano in quanto i fondi aperti sono gravati da<br />

costi di gestione, costi di retrocessione e costi di caricamento molto elevati, mentre<br />

i fondi negoziali chiusi, proprio perché sono organizzati da singole categorie,<br />

hanno costi di gestione molto ridotti.<br />

FondoSanità si rivolge ai medici che svolgono la libera professione, ai medici<br />

convenzionati e ai soggetti fiscalmente a carico del medico.<br />

Il medico, pertanto, sottoscrivendo FondoSanità può aprire una posizione previdenziale<br />

anche per <strong>il</strong> soggetto fiscalmente a carico.<br />

FondoSanità, però, non è aperto solo ai medici ma anche agli infermieri iscritti<br />

all’IPASVI e all’ENPAPI, ai farmacisti iscritti all’ENPAF e da ieri anche ai veterinari<br />

iscritti al SIVeMP.<br />

FondoSanità è costituito in comparti che si differenziano tra loro per linee di investimento<br />

più o meno aggressive:<br />

Comparto A-Scudo(obbligazioni); Comparto B Progressione (obbligazioni in quota<br />

minima del 55% + azioni); Comparto C–Espansione (azioni in quota minima<br />

non inferiore al 55% + obbligazioni); Comparto D – Garantito.<br />

Ogni aderente in base all’età, alle disponib<strong>il</strong>ità finanziarie e alla propensione al<br />

rischio può decidere di scegliere <strong>il</strong> comparto che meglio risponde alle sue esigenze<br />

previdenziali, oppure suddividere i flussi contributivi anche su più linee di<br />

investimento indicando le rispettive quote.<br />

Quando ci si iscrive ad un fondo complementare c’è l’obbligatorietà di rimanere<br />

nel fondo complementare per almeno due anni, trascorsi i quali si può passare<br />

ad altro fondo complementare; questo vale anche per chi è iscritto ad altro fondo<br />

complementare e vuole transitare a FondoSanità.<br />

228


Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />

Da poco poi è stato introdotto nel FondoSanità un’agevolazione per i più giovani,\<br />

cioè la possib<strong>il</strong>ità di versamenti mens<strong>il</strong>i evitando così soluzioni semestrali o<br />

annuali.<br />

In FondoSanità i costi annui di gestione finanziaria sono compresi tra lo 0,10% e lo<br />

0,15% in quanto non vi sono percentuali da corrispondere a produttori e venditori;<br />

negli altri fondi, invece, i costi annuali di caricamento e retrocessione, mediamente<br />

intorno al 2%, riducono <strong>il</strong> capitale e i relativi interessi maturati.<br />

I costi di gestione finanziaria, in tutti i Fondi Pensione, incidono in maniera pesantissima<br />

sulle prestazioni finali, infatti, l’1% di commissioni in più all’anno, su un investimento<br />

ventennale, può determinare una pensione integrativa inferiore anche<br />

del 20-30%.<br />

I vantaggi di FondoSanità sono quindi di due tipi sia previdenziale che fiscale.<br />

Il vantaggio fiscale deriva dalla deducib<strong>il</strong>ità dei fondi complementari.<br />

Infatti <strong>il</strong> contributo è deducib<strong>il</strong>e sino al 12% del reddito dichiarato, con un limite<br />

massimo di €. 5.164,57 e si può sommare alla deducib<strong>il</strong>ità dell’aliquota modulare<br />

volontaria e del riscatto di anni di laurea, di specializzazione e di allineamento;<br />

mentre le polizze assicurative sono detraib<strong>il</strong>i sino al 19% con un tetto di € 1.290<br />

(che si traduce in un vantaggio fiscale massimo di €. 245). Il medico sottoscrittore,<br />

che accende una posizione previdenziale per <strong>il</strong> fam<strong>il</strong>iare a carico, potrà portare<br />

in deduzione <strong>il</strong> costo delle due posizioni, fermo restante che <strong>il</strong> limite massimo deducib<strong>il</strong>e<br />

non superi €. 5.164,57.<br />

Nel caso in cui <strong>il</strong> medico sottoscrittore accenda posizione previdenziale (per sè<br />

e/o per soggetti fiscalmente a carico) per somme superiori a € 5.164,57 la quota<br />

di pensione corrispondente alla cifra di cui ha goduto del beneficio fiscale sarà<br />

gravata di tassazione, mentre la somma che non ha goduto di beneficio fiscale<br />

non subirà alcuna tassazione sulla corrispondente pensione.<br />

Un soggetto con un reddito di € 50.000/anno (aliquota marginale IRPEF 38%) versando<br />

a FondoSanità € 5.000/anno per 30 anni avrà sì versato € 150.000, ma <strong>il</strong><br />

costo reale sarà stato di € 93.000 (versamento al netto del risparmio fiscale) in<br />

quanto € 57.000 saranno tasse risparmiate.<br />

Questo è <strong>il</strong> vantaggio immediato, tangib<strong>il</strong>e anno per anno.<br />

Ma <strong>il</strong> vantaggio più importante, introdotto dal legislatore, per invogliare i giovani<br />

a costituire un fondo previdenziale aggiuntivo è che le pensioni complementari<br />

godono di una tassazione agevolata che parte dal 15% ed arriva al 9% contro <strong>il</strong><br />

38% - 41% - 43% della pensione obbligatoria; quindi vantaggio fiscale immediato,<br />

vantaggio previdenziale e vantaggio di tassazione agevolata sulla prestazione<br />

finale.<br />

La vera mission, però, dei fondi complementari al di la dei vantaggi fiscali è quella<br />

di permettere la costruzione nel tempo di una pensione aggiuntiva le cui prestazioni<br />

potranno tradursi in pensione di anzianità, di vecchiaia, di prestazione in<br />

capitale sino al 50% del montante maturato (contro <strong>il</strong> 15% erogato dall’ENPAM),<br />

di anticipazione per spese sanitarie, per acquisto della 1^ casa, per opere di<br />

ristrutturazione.<br />

229


Capitolo 7<br />

7.3 UCCP E COOPERATIVE: DOVE VA LA MEDICINA GENERALE?<br />

S<strong>il</strong>vestro Scotti 3<br />

Sono un medico di medicina generale che riveste un duplice ruolo tanto<br />

nell’ambito professionale che sindacale. Sono infatti medico di continuità assistenziale,<br />

in relazione alla quale area rivesto l’incarico di Segretario Nazionale<br />

FIMMG, e medico di assistenza primaria per la quale sono stato chiamato<br />

nell’ultimo congresso elettivo da Giacomo M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo a svolgere <strong>il</strong> ruolo di vice<br />

segretario nell’esecutivo nazionale generale, con un atto teso a valorizzare <strong>il</strong><br />

ruolo unico nella medicina generale quale prerequisito indispensab<strong>il</strong>e della sua<br />

evoluzione verso le UCCP e verso i programmi che le UCCP si propongono di<br />

realizzare.<br />

L’area delle cooperative ha nella regione da cui provengo, la Campania, esperienze<br />

più che significative e consolidate a partire da quella del dott. Crescenzo<br />

Simone.<br />

Sono io stesso membro di una cooperativa ma nonostante questo non vi nascondo<br />

che non è stato fac<strong>il</strong>e trovare una linea che mi consentisse di affrontare<br />

<strong>il</strong> tema della relazione tra UCCP e Cooperative in modo esaustivo fino a quando<br />

non ho pensato di focalizzare <strong>il</strong> mio intervento su un fondamentale punto di domanda:<br />

“dove va la medicina generale?”.<br />

L’analisi del contesto demografico in cui si muove la Medicina Generale è da<br />

tempo ben delineata per la parte che riguarda gli assistiti. Essa tiene conto:<br />

• della diminuzione della mortalità,<br />

• dell’aumento della popolazione over 65 anni,<br />

• della morbosità per patologie croniche;<br />

rimane però fondamentale, per poter comprendere quale possa essere <strong>il</strong> rapporto<br />

tra le UCCP e le risposte che in termini di assistenza possono arrivare dalle<br />

cooperative, estendere l’analisi agli aspetti professionali della Medicina Generale,<br />

quali:<br />

• i tempi di accesso alla professione,<br />

• le motivazioni vocazionali, <strong>il</strong> numero chiuso (Università, Corso di formazione<br />

in MG),<br />

elementi che, nell’insieme, possono aver contribuito a determinare nel tempo la<br />

diminuzione del numero di medici ut<strong>il</strong>i all’assistenza territoriale.<br />

3<br />

Segretario Nazionale FIMMG Continuità Assistenziale<br />

230


Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />

Un medico di medicina generale compie <strong>il</strong> proprio percorso formativo e arriva<br />

sul mercato del lavoro in un tempo che varia, da Regione a Regione, dai 10 anni<br />

ai 15 anni.<br />

Il numero chiuso, che oggi appare elemento limitativo, è in realtà servito a valorizzare<br />

la professione e a qualificarla; qualificazione che ha creato in molti paesi<br />

europei <strong>il</strong> presupposto alla creazione e al riconoscimento di una specializzazione<br />

in medicina generale. Pensare oggi a scelte diverse comporterebbe un contenuto<br />

economico che va attentamente valutato, anche, in termini di sostenib<strong>il</strong>ità.<br />

Altrettanto significativi sono gli aspetti di carattere geopolitico quali:<br />

• <strong>il</strong> decentramento amministrativo della sanità,<br />

• la presenza di modelli organizzativi di gestione della sanità differenti,<br />

• <strong>il</strong> confronto, spesso di contrapposizione, tra programmazione nazionale versus<br />

programmazione regionale e a volte, addirittura, differenze organizzative<br />

da Azienda sanitaria ad Azienda sanitaria della medesima regione.<br />

Nella maggior parte dei tribunali amministrativi regionali, infatti, oltre che in sede<br />

di Consiglio di Stato, i contenziosi tra Regione e Stato in materia sanitaria, se<br />

confrontati agli atti di programmazione che dalle due parti si realizzano, sono<br />

preponderanti, e tutti alla ricerca del diritto di legiferare in maniera elettiva l’uno<br />

rispetto all’altro.<br />

Se passiamo a esaminare l’evoluzione degli aspetti normativi che regolano l’attività<br />

della Medicina generale, emerge la consapevolezza che una parte fondamentale<br />

nella nostra contrattualità, ossia quella che descrive <strong>il</strong> compenso, è<br />

stata poco valutata nei suoi meccanismi ed è sempre stata ut<strong>il</strong>izzata in maniera<br />

inconsapevole, relegandola alla parte finale della discussione contrattuale quella<br />

in cui si distribuivano le risorse e se ne descriveva l’ut<strong>il</strong>izzo in modo da soddisfare<br />

le aspettative immediate della categoria che rappresentiamo, senza valutarne<br />

l’effetto a lungo termine. Solo negli ultimi tempi, si è compreso che agire sulla<br />

struttura del compenso rappresenta una forte leva per gestire <strong>il</strong> cambiamento di<br />

un’area professionale.<br />

Partendo dalla considerazione che per cercare di prevedere l’evoluzione di<br />

un’area professionale bisogna non solo valutare gli aspetti che si è in grado di<br />

intercettare e quindi di indirizzare, ma anche comprendere gli elementi che si<br />

muovono in una direzione che non si controllano, ci si deve porre <strong>il</strong> problema di<br />

definire i numeri della Medicina generale.<br />

L’ENPAM a tal proposito ci può fornire dati sulle posizioni previdenziali aperte e indicazione<br />

sui redditi che a quelle posizioni sono legati. Raggruppando redditi e posizioni<br />

che avessero una valenza, e riferendole alle titolarità d’incarico si può cercare<br />

di delineare i contesti nei quali la medicina generale si potrà muovere nel futuro.<br />

231


Capitolo 7<br />

Il grafico 1 mostra l’andamento del numero dei medici di famiglia dal 2005 al<br />

2008. Non ci sorprende vedere che <strong>il</strong> numero di medici di medicina generale è<br />

diminuito nel corso degli anni.<br />

Grafico 1 - Medicina di famiglia<br />

Il numero dei pediatri di libera scelta, in contro tendenza, aumenta. Questo accade<br />

perché i sistemi di dismissione di strutture ospedaliere ad indirizzo generalista<br />

(medicina interna e pediatria generale) che si stanno realizzando in Italia, di<br />

fatto, favoriscono la crescita dei numeri della pediatria di libera scelta poiché i<br />

pediatri ospedalieri si spostano sul territorio.<br />

Grafico 2 - Pediatria di libera scelta<br />

Perché è importante che la MG valuti questo dato? Perché mantenendosi la numerosità<br />

di professionisti dell’area pediatrica si determina una competizione che<br />

aggredisce una parte di assistiti dai 6 ai 14 anni in concorrenza tra le due professioni<br />

sulla base di disposizioni contrattuali e quindi vengono più frequentemente intercettati<br />

pazienti che potrebbero anche rientrare tra le scelte della medicina generale.<br />

Valutando <strong>il</strong> medesimo aspetto in riferimento alla medicina generale rispetto a<br />

232


Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />

quanto emerso sulla pediatria, si rende evidente che <strong>il</strong> sistema di deospedalizzazione<br />

non conduce, invece, medici ospedalieri verso la medicina generale.<br />

Grafico 3<br />

Il Grafico 3, invece, mostra i medici divisi per sesso, per fasce di età e per numero di<br />

posizione occupata, riprendendo la vecchia curva cosiddetta di “Pizzini” e la riattualizza,<br />

arricchendola, con i dati di pari distribuzione relativi ai medici di Continuità<br />

Assistenziale, nella seconda parte. Le colonne in rosso rappresentano le donne quelle<br />

azzurre gli uomini. Questo confronto mostra come, mentre negli anni compresi tra<br />

<strong>il</strong> 1955 e <strong>il</strong> 1956, le donne rappresentino circa un terzo rispetto agli uomini, negli anni<br />

successivi si realizza una progressiva costante crescita del numero di professioniste.<br />

A tal proposito, appare evidente una prima necessità del modello di evoluzione<br />

della medicina generale, ossia, non possiamo non chiederci in che modo le UCCP<br />

o le cooperative potrebbero favorire una medicina generale di genere, o meglio<br />

come queste entità dovranno organizzarsi per determinare un’offerta assistenziale<br />

attraverso un sistema professionale che evolve al femmin<strong>il</strong>e.<br />

Grafico 4 - Annual retirements trend italian GPs’<br />

233


Capitolo 7<br />

Il grafico “Annual retirements trend italian GPs’” mostra, invece, <strong>il</strong> dato di uscita,<br />

cioè <strong>il</strong> numero di pensionamenti nei prossimi anni per le due aree indicando nella<br />

curva in rosso i medici di guardia (Out of hours GP) e nella curva in blu i medici di<br />

famiglia (General Practioner). Appare evidente che fino al 2016 c’è una situazione<br />

in cui vi è un ricambio poco più o poco meno del 5% dell’attuale dotazione<br />

organica, e dopodiché c’è una risalita che può portare in 5 anni al rinnovo di<br />

oltre <strong>il</strong> 30-40% della forza lavoro.<br />

A questo punto la domanda che ci dovremo porre sarà in che modo potrà l’UC-<br />

CP rispondere a questo tipo di problema? È ovvio che la risposta dell’UCCP sarà<br />

un modello organizzativo che potrebbe essere orientato in modo da ottenere o<br />

una risposta in termini di produttività migliore e dunque più qualificata, o uguale<br />

all’attuale ma realizzata da un numero di risorse umane minore. Il problema è<br />

dunque capire come le UCCP produrranno assistenza, medicina generale e delle<br />

cure primarie migliori in presenza di una riduzione delle risorse umane.<br />

L’altra faccia della medaglia è considerare che nel momento in cui diminuiscono<br />

le risorse umane rispetto ad un’area professionale dobbiamo andarci a chiedere<br />

quanto nella struttura del compenso sia collegato alla produzione e quanto<br />

sia collegato al numero degli operatori.<br />

Grafico Abruzzo<br />

234


Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />

Grafico Bas<strong>il</strong>icata<br />

Per meglio comprendere questo faremo un excursus rispetto a dove va la medicina<br />

generale valutando <strong>il</strong> numero di posizioni di medici del territorio a livello<br />

Regionale sulla base dei dati ENPAM.<br />

È importante mettere in relazione numero di medici di famiglia, numero di medici<br />

di continuità assistenziale e numero di pediatri perché se andiamo a sv<strong>il</strong>uppare<br />

modelli di evoluzione verso le UCCP e se poi queste UCCP le dobbiamo realizzare<br />

grazie al supporto di società cooperative di servizio, dobbiamo capire che forse<br />

ci sono problemi di razionalizzazione diversi da regione a regione.<br />

Nel primo grafico l’Abruzzo mostra una realtà dove fondamentalmente tra medicina<br />

di base e guardia medica esiste un rapporto di poco superiore ad 1 medico<br />

di continuità assistenziale ogni 2 medici di famiglia (MCA 50% MAP). In Bas<strong>il</strong>icata<br />

si arriva ad un rapporto del 70-80%, in altre regioni i medici di Continuità Assistenziale<br />

sono pari o addirittura superano i medici di famiglia.<br />

Queste per <strong>il</strong> servizio sanitario nazionale rappresentano risorse ascrivib<strong>il</strong>i alla medicina<br />

generale e quindi possono essere condizionanti rispetto alla possib<strong>il</strong>ità di<br />

realizzare e sv<strong>il</strong>uppare progetti relativi alle UCCP e alle possib<strong>il</strong>ità di investimento<br />

e sv<strong>il</strong>uppo rispetto alla cooperazione e alle cooperative mediche. In Em<strong>il</strong>ia Ro-<br />

235


Capitolo 7<br />

magna c’è un ottimale rapporto tra operatori di assistenza primaria e di continuità<br />

assistenziale che è intorno al 20-30%.<br />

Il giusto rapporto tra operatori dovrebbe essere intorno al 25-35 % poiché l’attività<br />

di continuità assistenziale richiede un rapporto di un medico ogni 5.000<br />

abitanti con una variab<strong>il</strong>ità del 30% (margini del rapporto ottimale tra 3500 e<br />

6500 abitanti per medico) e quindi <strong>il</strong> rapporto relativamente agli ottimali delle<br />

due figure dovrebbe essere di 1:4 - 1:5. Gli operatori di Continuità assistenziale<br />

dovrebbero essere in percentuale circa <strong>il</strong> 30% dei medici di famiglia in pianta<br />

organica regionale.<br />

In Friuli Venezia Giulia, ad esempio, la figura del medico di guardia in alcune<br />

province addirittura scompare, <strong>il</strong> Lazio invece ha disinvestito sul sistema della<br />

continuità assistenziale probab<strong>il</strong>mente perché non ne ha bisogno visto che ha<br />

una grossa diffusione ospedaliera.<br />

La Liguria e la Lombardia mantengono un rapporto valido e ottimale sovrapponib<strong>il</strong>e<br />

a quello dell’Em<strong>il</strong>ia Romagna, ad eccezione di M<strong>il</strong>ano che, essendo una<br />

metropoli, crea un grosso livello di svantaggio con un rapporto che si riduce fino<br />

ad 1/10. Le regioni che invece mostrano un rapporto sim<strong>il</strong>e tra gli operatori di 1:1<br />

tra guardia medica e medici di famiglia sono la Campania, la Calabria, <strong>il</strong> Lazio,<br />

<strong>il</strong> Molise, la Sardegna e la Sic<strong>il</strong>ia.<br />

Grafico Calabria<br />

236


Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />

Grafico Campania<br />

Il ragionamento non è meramente finalizzato a valutare lo sv<strong>il</strong>uppo del rapporto<br />

tra assistenza primaria e continuità assistenziale, bensì a comprendere i possib<strong>il</strong>i<br />

modelli di sv<strong>il</strong>uppo delle UCCP: quali operatori coinvolgere, con chi e come si<br />

fanno con differenze numeriche così importanti da regione a regione e molte<br />

volte da provincia a provincia, perché i sistemi, non dimentichiamolo, si creano<br />

con insiemi di persone.<br />

Il processo attraverso <strong>il</strong> quale l’insieme di persone che, con <strong>il</strong> proprio lavoro, partecipa<br />

direttamente allo svolgimento dell’attività dell’azienda, viene strutturato<br />

secondo definiti principi di coordinamento, affinché tale insieme acquisisca una<br />

struttura e diventi sistema.<br />

Il prossimo grafico mostra la differenza di popolazione da regione a regione.<br />

Grafico Popolazione<br />

237


Capitolo 7<br />

A parte la Lombardia, che rappresenta un caso in termini di numeri delle popolazioni,<br />

le altre regioni d’ Italia si dividono in un gruppo che supera i 3 mln di abitanti<br />

ed un altro gruppo che è al di sotto di 1,5 mln. Su questo dovremmo riflettere<br />

in termini di sv<strong>il</strong>uppo perché dove va a finire la medicina generale non lo decide<br />

solo la medicina generale e purtroppo non lo decidono solo i sindacati e <strong>il</strong><br />

meccanismo della cooperazione. Immaginate infatti come tutto ciò si confronti<br />

con l’impatto del federalismo, dei costi standard e delle economie di scala<br />

che si possono creare; se poi la proposta dovesse divenire un modello unico ed<br />

unitario proponib<strong>il</strong>e in varie parti come può un’economia di scala creata in<br />

Lombardia, con una popolazione di circa 10 mln di abitanti, essere riproposta<br />

e soprattutto applicata, nelle medesime modalità, in una regione come <strong>il</strong> Molise<br />

o come la Bas<strong>il</strong>icata?<br />

Il grafico seguente mette in relazione <strong>il</strong> numero di medici del territorio in rapporto<br />

alla popolazione nelle singole regioni.<br />

Grafico Rapporto Medici del territorio/pop.<br />

Questa è la dinamica in cui andrebbero inserite le UCCP, se rappresentano un<br />

processo di assistenza che coinvolge i medici del territorio. Il problema sorge in<br />

quei territori in cui c’è un medico ogni 900 abitanti rispetto a regioni dove esiste<br />

un medico ogni 500 abitanti perché chiaramente <strong>il</strong> modello non può essere lo<br />

stesso o comunque se deve essere lo stesso deve poter tenere conto all’interno<br />

di queste differenze abbastanza r<strong>il</strong>evanti.<br />

Dall’ENPAM riusciamo a ricavare anche valutazioni relative agli aspetti economici<br />

quantificando <strong>il</strong> reddito medio regionale.<br />

238


Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />

Grafico reddito medio regionale<br />

Esaminando, infatti, le posizioni ENPAM in un anno in cui non ci sono stati rinnovi<br />

contrattuali e presumib<strong>il</strong>mente non sono stati percepiti arretrati, si ha la dimensione<br />

di quello che è un reddito medio regionale di un medico di famiglia<br />

con le differenze che rappresentano quella che è la capacità di applicazione<br />

dell’Accordo Collettivo Nazionale, insieme alla capacità di applicazione degli<br />

Accordi integrativi regionali. Nel seguente grafico viene valutata invece la differenza<br />

calcolata sul valore medio del reddito nazionale definendo quanto vale<br />

l’Accordo Collettivo Nazionale della medicina generale nella potenzialità che<br />

realizzi <strong>il</strong> 100% delle disponib<strong>il</strong>ità presenti. Una volta calcolato questo dato è stato<br />

raffrontato al reddito medio e, da questo grafico, sembrerebbe che ci siano<br />

regioni in cui i medici di medicina generale guadagnerebbero, nonostante gli<br />

accordi regionali, meno di quello che dovrebbe derivare dall’ACN.<br />

Grafico differenza valore medio reddito nazionale<br />

239


Capitolo 7<br />

È da tener presente, però, che questo grafico non tiene conto del valore medio<br />

del numero dei pazienti affidati al singolo medico che è diverso da regione a<br />

regione;<br />

Grafico numero medio assistiti/medico<br />

In considerazione di questo dato, quando andiamo a calcolare un reddito medio,<br />

ovviamente, esso deve essere condizionato alla potenzialità assistenziale del<br />

medico in quella regione, perché se io in una regione ho un rapporto di un medico<br />

ogni m<strong>il</strong>le abitanti ed in un’altra un diverso rapporto si verifica che <strong>il</strong> reddito<br />

medio che ne deriva, ricalcolato sul singolo paziente, ha ovviamente un valore<br />

diverso. Alla luce di tali considerazioni, in questo grafico è stata ricalcolata la<br />

differenza del reddito medio nazionale corretto per singolo paziente. Rispetto ai<br />

precedenti notiamo subito che le regioni che prima erano all’inizio ora si trovano<br />

alla fine. Dalla lettura di questi dati si evince che, nel definire dove va la medicina<br />

generale, bisogna capire se l’interesse sia l’applicazione di sistemi economici<br />

alla quota capitaria e quindi alla quota fissa legata alla soddisfazione individuale<br />

all’aumento degli assistiti e allo stipendio percepito per assistito, o se invece ci si<br />

voglia muovere in direzioni diverse che danno delle variab<strong>il</strong>ità.<br />

Diversamente noi avremmo la percezione che <strong>il</strong> singolo avendo più assistiti ha<br />

una redditualità maggiore ma nel momento in cui questo deriva, in presenza di<br />

un ottimale che viene mantenuto allo stesso livello, dalla riduzione del numero<br />

di medici, la collettività dei medici produce nell’insieme una massa salariale inferiore.<br />

240


Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />

Grafico differenza reddito media nazionale corretto per media scelte/medico regionale<br />

Oltretutto questo ci dimostra che fondamentalmente molto spesso gli accordi<br />

integrativi regionali vanno in competizione con l’Accordo collettivo Nazionale.<br />

Bisogna infatti valutare qual è <strong>il</strong> livello di saturazione di compiti che un medico<br />

di assistenza primaria può avere rispetto alle proposte che gli vengono fatte,<br />

poiché a quel punto discrimina tra le prestazioni che gli derivano dal nazionale<br />

e che gli producono reddito e le prestazioni che gli derivano dall’Accordo integrativo<br />

Regionale e gli producono reddito diventando competitive. La paura<br />

comune è che le UCCP e l’investimento della cooperazione nelle UCCP vada<br />

a definirsi in un sistema che diventa competitivo per se stesso e sostanzialmente<br />

non produca un arricchimento reale di cui ha bisogno sia <strong>il</strong> mondo della cooperazione<br />

per esplicitare la sua azione, sia la medicina generale per riqualificarsi nel<br />

progetto di rifondazione.<br />

Le tabelle seguenti danno indicazioni rispetto a quelle che sono le percentuali<br />

espresse dalla valorizzazione delle quote B e C dello stipendio da cui si evince<br />

quale sia l’investimento che i medici fanno per le prestazioni e quindi quale sia<br />

l’investimento che oggi viene fatto a fronte del fatto che i medici potrebbero, su<br />

quella quota C, valorizzare molto di più di quel 8,51%.<br />

La quota variab<strong>il</strong>e B indica quale sia l’investimento percentuale rispetto al nostro<br />

compenso che viene fatto in termini di organizzazione e di integrazione professionale.<br />

241


Capitolo 7<br />

% compenso totale<br />

1. Totale onorario professionale (quota A) 78,6%<br />

1.1 quota capitaria base 60,92%<br />

1.2 altre quote fisse dell’onorario 17,74%<br />

quota ad personam<br />

quota aggiuntiva d’ingresso<br />

14.57%<br />

quota ponderazione qualitativa<br />

quota aggiuntiva scelte >=75 anni 3,23%<br />

quota aggiuntiva scelte comprese nella classe<br />

d’età >=6 e < 14 anni, post 02.10.2000<br />

0,73%<br />

2. quota variab<strong>il</strong>e base per obiettivi (quota B) 12,83%<br />

3. quota variab<strong>il</strong>e per prestazioni (quota C) 8,51%<br />

2. quota variab<strong>il</strong>e base per obiettivi (quota B) % potenziali ACN Italia % raggiunte<br />

spesa per associazioni semplici 40% 26,27%<br />

spesa per associazioni in rete 9% 21,66%<br />

spesa per associazioni in gruppo 12% 26,92%<br />

spesa per indennità collaboratore di studio 40% 32,07%<br />

spesa per l’indennità infermiere professionale 8% 10,70%<br />

spesa per indennità informatica (*) 100% 77,02%<br />

Quota variab<strong>il</strong>e per prestazioni (quota C) 12,83%<br />

spesa per ADI 1,39%<br />

spesa per ADP (limitazione al 20% dei compensi mens<strong>il</strong>i) 3,79%<br />

spesa per assistenza residenziale 0,81%<br />

spesa per PIPP (allegato D) 1,87%<br />

altre prestazioni (visite occasionali, oneri sindacali, comitati<br />

regionali e aziendali, ecc.)<br />

0,66%<br />

Il ragionamento è che noi dobbiamo svolgere un processo che parta dal riconoscimento<br />

di un cambiamento culturale della medicina generale. Questo<br />

cambiamento è stato tentato e non realizzato in tutta Italia con le Aggregazioni<br />

Funzionali Territoriali che rappresentano ciò che può determinare di fatto la premessa<br />

relazionale per creare la coscienza nei medici del lavoro in team.<br />

La struttura è rappresentata dalle UCCP che devono poter valutare, anche<br />

attraverso l’investimento della cooperazione, la possib<strong>il</strong>ità di diventare sistema<br />

gestendo la transizione, sv<strong>il</strong>uppando la cultura del lavoro in team, attualizzan-<br />

242


Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />

do le vecchie motivazioni di competizione sulle scelte, ottimizzando le proposte<br />

contrattuali riferite all’organizzazione, creando economie di scala come volano<br />

per ulteriori investimenti, richiamando le cooperative ad un maggiore coinvolgimento<br />

del sistema orario della medicina generale all’interno dei loro sistemi e<br />

soprattutto creando un sistema di coinvolgimento dei giovani medici.<br />

7.4 Il progetto salute legacoop<br />

Giorgio Gemelli 4<br />

Come nasce <strong>il</strong> Progetto Salute Legacoop<br />

“La riforma del sistema di welfare è resa necessaria dalle trasformazioni intervenute<br />

nella struttura demografica della società, nel lavoro, nella competizione<br />

internazionale.<br />

Essa va realizzata promuovendo la collaborazione tra i soggetti pubblici responsab<strong>il</strong>i<br />

e le forme imprenditoriali più attente alle finalità pubbliche del sistema di<br />

protezione sociale.<br />

La cooperazione può dare un importante contributo purché essa sia realizzata<br />

salvaguardando l’equità del sistema e recuperando efficienza, e tutelando in<br />

particolare i soggetti svantaggiati e le fasce deboli.<br />

A partire dalle esperienze consolidate dei settori più direttamente coinvolti (cooperazione<br />

sociale, società di mutuo soccorso, cooperazione fra medici) Legacoop<br />

promuove progetti integrati finalizzati al conseguimento di questi obiettivi.”<br />

(Documento di mandato del 37° Congresso Legacoop – 2007)<br />

Quadro di riferimento: Libro Bianco sul futuro del modello sociale (maggio 2009)<br />

• Sostiene la tesi di un nuovo Welfare delle opportunità e delle responsab<strong>il</strong>ità<br />

che affronti, in ottica sistemica, gli aspetti di sostenib<strong>il</strong>ità della spesa.<br />

• Propone un modello basato su una visione integrata dell’insieme delle prestazioni<br />

e dei servizi pubblici e privati per concorrere alla “vita buona” dei cittadini.<br />

• Prof<strong>il</strong>a un nuovo ruolo per l’attore pubblico, non più monopolista nell’erogazione<br />

dei servizi, ma garante dell’uniformità degli standard procedurali e dei<br />

livelli qualitativi dei servizi.<br />

• Individua <strong>il</strong> territorio come dimensione maggiormente idonea all’attuazione<br />

delle politiche.<br />

4<br />

Vicepresidente Nazionale LegaCoop<br />

243


Capitolo 7<br />

• Si apre una nuova frontiera nei rapporti tra pubblico e privato<br />

Quale politica<br />

A fronte di un sistema universalistico sempre più selettivo, condizionato da:<br />

• rigidità della spesa<br />

• inefficienze e sacche di spreco<br />

• fabbisogno assistenziale crescente<br />

• maggiorazione dei costi generati dall’innovazione tecnologica<br />

emerge:<br />

• la necessità di una politica di riqualificazione del sistema di welfare nel suo<br />

complesso<br />

• l’opportunità di un intervento qualificato, complementare ed integrativo rispetto<br />

al servizio pubblico sanitario e socio-sanitario.<br />

Questi temi sono stati determinanti nell’alimentare <strong>il</strong> dibattito sul federalismo,<br />

orientandone le scelte.<br />

Quali opportunità<br />

La sostenib<strong>il</strong>ità dei sistemi di welfare richiede la ricerca di modelli e interventi che<br />

promuovano:<br />

• una crescita di presenze e comportamenti imprenditoriali orientati alla qualità<br />

e alla responsab<strong>il</strong>ità sociale oltre che all’efficienza;<br />

• una maggiore integrazione tra interventi e soggetti pubblici e privati al fine di<br />

perseguire maggiore appropriatezza e qualità;<br />

• uno sv<strong>il</strong>uppo di partnership ampie e solide a livello territoriale ai fini di una<br />

migliore ottimizzazione delle risorse;<br />

• un coinvolgimento e una responsab<strong>il</strong>izzazione più diretta dei cittadini e degli<br />

utenti (dagli st<strong>il</strong>i di vita all’orientamento della spesa)<br />

La cooperazione Legacoop nel welfare<br />

Il mondo cooperativo Legacoop:<br />

• è presente da tempo in significativi ambiti del welfare e su una f<strong>il</strong>iera di attività<br />

che, rispetto al tema salute, si presenta lunga e diversificata: dall’educazione<br />

e prevenzione, all’assistenza socio-sanitaria, al campo assicurativo, alla<br />

commercializzazione di farmaci…..<br />

• ha prodotto esperienze e competenze che hanno contribuito a costruire ri-<br />

244


Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />

sposte concrete e innovative nel campo della tutela della salute e del benessere<br />

dei cittadini<br />

• costituisce un fattore di aggregazione, organizzazione e integrazione, sia dal<br />

lato dell’utenza sia sul fronte dell’offerta.<br />

In sintesi, rappresenta una f<strong>il</strong>iera del “buon vivere” che ha dato e può continuare<br />

a dare un suo peculiare apporto allo sv<strong>il</strong>uppo di un welfare territoriale.<br />

Principali servizi e soggetti della f<strong>il</strong>iera del “buon vivere” Legacoop<br />

• servizi alla persona - con prestazioni di carattere socio-sanitario, assistenziale<br />

ed educativo ed interventi di integrazione, promozione sociale e culturale di<br />

fasce deboli e a rischio esclusione (Cooperazione sociale)<br />

• sanità integrativa - attraverso forme di mutualità volontaria (Fimiv)<br />

• interventi di natura assicurativa (UNISALUTE)<br />

• organizzazione e aggregazione di professionisti: medici di base (cooperazione<br />

tra MMG) e altre figure professionali in ambito sanitario (cooperazione<br />

tra specialisti: ottici, odontoiatri…) e socio-sanitario (operatori socio-sanitari)<br />

• vendita di farmaci e parafarmaci e distribuzione di prodotti con certificazione<br />

di qualità (cooperazione di consumo e fra dettaglianti)<br />

• prevenzione, educazione alla salute e promozione del benessere fisico (pluralità<br />

di soggetti ed esperienze cooperative trasversali ai settori)<br />

Il contributo della f<strong>il</strong>iera del “buon vivere” Legacoop<br />

Legacoop, partendo da queste esperienze, intende contribuire, in una visione<br />

propulsiva e non residuale del principio di sussidiarietà e attraverso lo sv<strong>il</strong>uppo e<br />

l’ulteriore qualificazione delle attività e della presenza cooperativa, ai processi di<br />

riorganizzazione e innovazione del welfare, in particolare nel campo della salute,<br />

sia dal punto di vista del miglioramento del sistema di offerta (in termini di efficienza,<br />

efficacia ed equità), sia favorendo la crescita della responsab<strong>il</strong>izzazione<br />

e della partecipazione dei cittadini e degli utenti nell’ut<strong>il</strong>izzo e nel consumo di<br />

beni e servizi riferib<strong>il</strong>i al benessere della persona.<br />

Obiettivi generali del Progetto Salute<br />

• garantire continuità di cure alla persona, assumendo un ruolo di sussidiarietà<br />

finalizzata ad assicurare efficienza ed equità nell’accesso e nella fruizione<br />

dei servizi<br />

• contribuire alla “formazione” di una nuova cultura dell’assistenza sanitaria,<br />

245


Capitolo 7<br />

dall’educazione e prevenzione alla deospedalizzazione (anche evidenziando<br />

realtà di best-practices)<br />

• contribuire alla implementazione di una rete di servizi alla persona mediante<br />

un processo di integrazione funzionale e di coordinamento tra i soggetti cooperativi<br />

(la Rete)<br />

Il “di più” della Cooperazione Legacoop<br />

Le cooperative e le mutue sono forme imprenditoriali che non hanno come finalità<br />

prioritaria la ricerca del profitto.<br />

Esse possono estendere e sperimentare nuovi campi di impegno, mediante criteri di:<br />

• sussidiarietà al SSN<br />

• efficacia e competenze<br />

• economie di scala<br />

con scelte di campo precise:<br />

• la persona al centro della missione (mutualità – solidarietà)<br />

• <strong>il</strong> territorio come ambito naturale e strategico (adattab<strong>il</strong>ità alle diverse realtà<br />

regionali)<br />

• la qualità e l’innovazione organizzativa<br />

Il Progetto salute: valorizzare la f<strong>il</strong>iera del “buon vivere”<br />

Non è una semplice somma di esperienze ma espressione di una politica associativa<br />

capace di qualificare, valorizzare ed estendere l’offerta cooperativa nel settore.<br />

È un network tra cooperative e mutue con capacità di generare un’offerta di<br />

sistema basata su:<br />

• ottimizzazione dei processi di presa in carico delle persone<br />

• migliore negoziazione dei costi a carico dei cittadini<br />

• efficacia e qualità di risposta<br />

• capacità di ascolto<br />

• possib<strong>il</strong>i percorsi coordinati di erogazione dell’assistenza e dei servizi<br />

Il Progetto salute: caratteristiche distintive<br />

• Il Progetto Salute Legacoop è un progetto/programma intersettoriale che<br />

mette a sistema e promuove la totalità e la complessità del tema, dandone<br />

significativa visib<strong>il</strong>ità<br />

246


Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />

• ll Progetto è traguardato verso una concezione ampia della problematica<br />

della salute e quindi riguarda realtà anche diverse da quelle strettamente<br />

rivolte alla assistenza sociosanitaria, come le cooperative che svolgono attività<br />

più generalmente rivolte al benessere fisico<br />

• Mette in collaborazione funzionale autonome responsab<strong>il</strong>ità rappresentative,<br />

finalizzando la diversità ad una azione complessa di project management<br />

Il Progetto Salute: azioni<br />

Azioni avviate con la collaborazione dei territori:<br />

a. Analisi strutturata della presenza cooperativa nel settore<br />

b. Individuazione best practices<br />

c. Censimento ipotesi di collaborazione e di integrazione<br />

d. Individuazione delle azioni e delle aree di riferimento delineando anche priorità<br />

di impegno in relazione all’analisi dell’offerta cooperativa<br />

e. Individuazione ambiti innovativi e di consolidamento e promozione cooperativa<br />

Il Progetto Salute: metodo<br />

Il lavoro procede per stati di avanzamento condivisi, verso la realizzazione di un<br />

programma che aggiunga valore alle attività che le cooperative svolgono, dando<br />

visib<strong>il</strong>ità, sotto un’etichetta comune e riconoscib<strong>il</strong>e, al diverso impegno dei<br />

soggetti della Cooperazione Legacoop nell’ambito della Salute (Cooperative<br />

Sociali, Mutue Volontarie, Cooperative di Medici e di specialisti, Cooperative di<br />

consumatori e dettaglianti, Assicurazioni, etc.)<br />

Il Progetto Salute: finalità<br />

In conclusione, <strong>il</strong> progetto è finalizzato all’elaborazione di un sistema integrato<br />

di proposte della cooperazione Legacoop sul tema della Salute, collocab<strong>il</strong>i nel<br />

confronto in atto sulla revisione degli strumenti di welfare nel nostro Paese, imperniate<br />

su una f<strong>il</strong>iera lunga e diversificata di attività e interventi (la f<strong>il</strong>iera del<br />

buon vivere) e volte a produrre anche un cambiamento culturale nel rapporto<br />

tra cittadini e sistemi di risposta ai loro bisogni.<br />

247

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