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La salute come bene comune nel Welfare delle opportunità Atti del V congresso nazionale della cooperazione di medicina generale Fiuggi 2010 a cura di Gianfranca Ranisio Valentina Mazzacane con saggio introduttivo di Crescenzo Simone
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La salute come bene comune nel<br />
Welfare delle opportunità<br />
Atti del V congresso nazionale della cooperazione<br />
di medicina generale Fiuggi 2010<br />
a cura di<br />
Gianfranca Ranisio Valentina Mazzacane<br />
con saggio introduttivo di Crescenzo Simone
ANCoM Commentarii<br />
Comitato redazionale:<br />
Crescenzo Simone, Campania<br />
Antonio Di Malta, Lombardia<br />
Giovanni Arpino, Campania<br />
Gianmario Massazza, Liguria<br />
Fabrizio Muscas, Toscana<br />
Domenico Quadrelli, Lazio<br />
Ernesto Salerni, Abruzzo<br />
www.ancomitalia.it<br />
«La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di<br />
speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura,<br />
con gli opportuni controlli, <strong>il</strong> carattere e le finalità»<br />
(Costituzione Italiana - Articolo 45)<br />
Finito di stampare nel mese di ottobre 2010<br />
nella tipografia Stampa Editoriale s.r.l. - Manocalzati (Av)
A Vanda Spoto1 1<br />
«Se <strong>il</strong> chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo;<br />
se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24).<br />
1<br />
Presidente Legacoop Campania e promotrice del Movimento Shalom, scomparsa prematuramente <strong>il</strong> 29/07/2011
Ringraziamenti<br />
Il personale della Samnium Medica, della Samnium Project e dell’ANCoM, che si<br />
è adoperato nell’organizzazione del Congresso.<br />
I relatori che hanno contribuito all’invio delle relazione e dei documenti revisionati.<br />
Un ringraziamento speciale ad Antonella Simone che ha supportato con pazienza e<br />
passione la complessa rete relazionale che sta dietro al nostro lavoro editoriale.<br />
Un ringraziamento infine a Mariamichela Moccia per l’aiuto nella correzione<br />
delle bozze.
FILASTROCCA DELLE COSE NEL TEMPO<br />
“È inut<strong>il</strong>e che <strong>il</strong> fiore<br />
Voglia essere frutto<br />
Con polpe dolci e buone<br />
Deve passare prima la stagione<br />
L’acqua della sorgente<br />
Non può essere mare<br />
Con le onde e le schiume<br />
Deve passare prima un lungo fiume<br />
E mai nessun bambino<br />
Potrà crescere in fretta<br />
Solo cambiando i panni<br />
Ci sono prima i giorni, i mesi e gli anni<br />
C’è prima la partenza<br />
Poi vengono i ritorni<br />
La strada è la pazienza<br />
I piedi sono i giorni”<br />
INVERSI, di Bruno Tognolini
SOMMARIO<br />
Presentazioni .................................................................................................................15<br />
Gianfranca Ranisio<br />
Valentina Mazzacane<br />
Introduzione: Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed innovazione:<br />
l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo................................................................23<br />
Crescenzo Simone<br />
Capitolo 1: Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
1.1 Lectio Magistralis: le sfide della sanita’ del 21° secolo ....................................41<br />
Walter Ricciardi<br />
1.1.1 L’aumento dei bisogni..................................................................................41<br />
1.1.2 La gestione dei bisogni.................................................................................44<br />
1.2 Le cooperative fra mmg per la gestione delle UCCP negli accordi regionali.<br />
appropriatezza e qualità dei servizi alla professione .......................................50<br />
Antonio Di Malta<br />
1.3 Diritti e partecipazione ........................................................................................57<br />
Alessio Terzi<br />
1.4 La sanità territoriale...............................................................................................64<br />
Carmelo Scarcella, Fulvio Lonati<br />
1.5 Territorio, deospedalizzazione, dimissioni protette.............................................70<br />
Enrico Bollero<br />
1.6 Federalismo: finanziamento del fabbisogno e costi standard .......................72<br />
Cesare Cislaghi<br />
Capitolo 2: Tavola rotonda: l’assistenza primaria nell’Italia federata: servizi<br />
territoriali e cooperazione medica<br />
2.1 Introduzione...........................................................................................................79<br />
Crescenzo Simone
Sommario<br />
2.2 Il ruolo del sindacato fimmg rispetto alle cooperative di medicina<br />
generale.................................................................................................................79<br />
Giacomo M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo<br />
2.3 Il rapporto tra la medicina generale e Federsanità-ANCI...............................81<br />
Att<strong>il</strong>io Bianchi<br />
2.4 Legacoop e le cooperative di medicina generale..........................................82<br />
Giorgio Gemelli<br />
2.5 Interoperab<strong>il</strong>ità e sistemi organizzativi per le UCCP..........................................84<br />
Giorgio Moretti<br />
2.6 Federalismo fiscale e assistenza sanitaria...........................................................86<br />
Vincenzo D’Anna<br />
Capitolo 3: Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure del futuro<br />
3.1 La non autosufficienza nelle politiche europee................................................89<br />
Grazia Labate<br />
3.2 Costruire un nuovo welfare, da state a community.......................................101<br />
Antonio Calicchia<br />
3.3 La salute in rete: la collaborazione tra gli operatori e <strong>il</strong> cittadino ................105<br />
Angelo Rossi Mori<br />
3.4 Sanità elettronica e unità complesse di cure primarie ..................................110<br />
Marco Visconti<br />
3.5 Governo clinico e banche dati nell’esperienza campana...........................114<br />
Giovanni Arpino<br />
3.6 Il ruolo della medicina generale nel governo clinico aziendale...................115<br />
Att<strong>il</strong>io Bianchi<br />
3.7 Responsab<strong>il</strong>ità per <strong>il</strong>lecito trattamento dei dati personali- privacy..............117<br />
Federico Bergaminelli<br />
3.8 Il secondo p<strong>il</strong>astro in ambito socio-sanitario e socio-assistenziale: i fondi<br />
sanitari integrativi................................................................................................120<br />
Placido Putzolu<br />
3.9 Le farmacie nella rete dei servizi.......................................................................123<br />
Michele Di Iorio<br />
3.10 Assistenza primaria, presidi territoriali e diagnostica di laboratorio..............125<br />
Vincenzo D’Anna
La salute come bene comune nel Welfare delle opportunità<br />
Capitolo 4: Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la<br />
promozione della salute<br />
4.1 Le aziende termali nella promozione della salute..........................................129<br />
Renato Del Monaco<br />
4.2 Il ruolo dei comuni termali all’interno dell’assistenza sanitaria del territorio...131<br />
Fabrizio Martini<br />
4.3 Le UCCP nella riorganizzazione dell’assistenza primaria................................133<br />
Franco Carrano<br />
4.4 Il settore termale nella riorganizzazione dell’assistenza primaria a 10 anni<br />
dalla legge 323 ...................................................................................................136<br />
Aurelio Crudeli<br />
4.5 Attività motoria e promozione della salute nelle politiche europee............138<br />
Fausto Felli<br />
4.6 “Dieciannidivitainpiu”: un progetto aifa tra ospedale e territorio da<br />
proporre negli stab<strong>il</strong>imenti termali.....................................................................142<br />
Domenico Caruso<br />
4.7 La fondazione per la ricerca scientifica termale (forst) e la medicina<br />
generale: progetti possib<strong>il</strong>i.................................................................................145<br />
Mauro Vaccarezza, Marco Vitale<br />
Capitolo 5: Seminari paralleli<br />
5.1 Governo clinico e banche dati nell’esperienza campana...........................149<br />
5.1.1 Alleanza per <strong>il</strong> diabete: studio sulla gestione integrata del diabete Mellito in<br />
Campania......................................................................................................................... 149<br />
Giovanni Arpino, Umberto De Cam<strong>il</strong>lis<br />
5.2 La gestione del paziente iperteso tra ospedale e territoriio..........................152<br />
5.2.1 Gli errori nell’approccio alle emergenze ipertensive................................. 152<br />
Alfonso Ilardi<br />
5.3 La comunicazione al paziente e i cambiamenti dello st<strong>il</strong>e di vita................157<br />
Daniela Scala<br />
5.4 Residenzialità e domic<strong>il</strong>iarità: <strong>il</strong> ruolo della cooperazione.............................160<br />
5.4.1 L’esperienza della regione Piemonte............................................................. 160<br />
Enrico Chiara
Sommario<br />
5.5 Un progetto per una sanità moderna vicina ai bisogni del paziente; questo è <strong>il</strong><br />
progetto Ippocrate ...............................................................................................168<br />
Meri Nannucci<br />
5.6 Integrazione socio-sanitaria e cooperazione medica...................................169<br />
5.6.1 L’esperienza della regione Campania........................................................... 169<br />
Pier Luigi Cerato<br />
5.7 Integrazione Socio - Sanitaria e complessità dei bisogni ..............................173<br />
Gianfranca Ranisio<br />
5.8 La medicina telematica nella promozione delle UCCP.................................179<br />
5.8.1 Il ruolo delle Società Scientifiche...................................................................... 179<br />
Giancarmine Russo<br />
5.9 Chronic care model: l’esperienza toscana ed <strong>il</strong> ruolo della cooperazione<br />
medica..................................................................................................................184<br />
5.9.1 La cooperazione medica nella gestione dei servizi alle cure primarie .184<br />
Maurizio Pozzi<br />
5.10 Le cooperative di medicina generale: governance societaria e modelli di<br />
gestione ................................................................................................................186<br />
5.10.1 Cooperative per la gestione delle UCCP ................................................... 186<br />
Gianfranco Piseri<br />
5.11 Mission della Cooperativa di Medici Medicina Generale ............................187<br />
Mauro Iengo<br />
5.12 Ma la UCCP potrà esistere senza una cooperativa? ....................................193<br />
Antonio Tartaglione<br />
5.13 Sistemi gis, reti nodali e dati sanitari: nuove opportunità per gli studi clinici e<br />
gestionali...............................................................................................................197<br />
5.13.1 Reti di Associazioni Farmacologiche ............................................................ 197<br />
Mario De Santis<br />
5.14 Personale di studio gestito dalle cooperative di medicina generale: prof<strong>il</strong>i,<br />
formazione, fondi, opportunità............................................................................203<br />
5.14.1 Prof<strong>il</strong>i Professionali del Personale di studio .................................................. 203<br />
Dario Gris<strong>il</strong>lo<br />
5.15 Modelli, contratti, tipologie di gestione dei dipendenti e dei rapporti con i<br />
soci in una Coop di MMG...................................................................................205<br />
Alberto Morellini<br />
5.16 Fiscalità e committenza nella cooperazione di medicina generale ...........210<br />
5.16.1 Integrazione Socio-Sanitaria............................................................................ 210<br />
Maria Concetta Mazzeo, Mina Le Rose
La salute come bene comune nel Welfare delle opportunità<br />
5.17 Fiscalità e committenza nella cooperazione di medicina generale............215<br />
Crescenzo Simone<br />
Capitolo 6: Percorso formativo ECDL Health, le sue origini, i suoi obiettivi e gli<br />
sv<strong>il</strong>uppi futuri<br />
6.1 ECDL Health ........................................................................................................219<br />
Capitolo 7: Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria:<br />
prospettive possib<strong>il</strong>i<br />
7.1 Le cooperative negli accordi integrativi della Campania............................225<br />
Giorgio Massara<br />
7.2 Previdenza integrativa........................................................................................227<br />
Franco Pagano<br />
7.3 UCCP e cooperative: dove va la medicina generale? ................................230<br />
S<strong>il</strong>vestro Scotti<br />
7.4 Il progetto salute legacoop .............................................................................243<br />
Giorgio Gemelli
LEGENDA DELLE SIGLE CONTENUTE NEL TESTO<br />
AA.CC.NN.<br />
ACN<br />
AD<br />
ADI<br />
AFT<br />
AMD<br />
ANCOT<br />
ANR<br />
BDA<br />
COVIP<br />
CUP<br />
DSB<br />
ECM<br />
FdP<br />
FoRST<br />
GISAP<br />
ICT<br />
LEA<br />
MG<br />
MMG<br />
NCP<br />
NHS<br />
OD<br />
OdC<br />
OMS<br />
PCT<br />
PDTA<br />
PLS<br />
PTMG<br />
RSA<br />
SAD<br />
SSN<br />
UCAM<br />
UCP<br />
UCCP<br />
UMG<br />
UTAP<br />
Accordi Collettivi Nazionali<br />
Accordo Collettivo Nazionale<br />
Assistenza Domic<strong>il</strong>iare<br />
Assistenza Domic<strong>il</strong>iare Integrata<br />
Aggregazione Funzionale Territoriale<br />
Associazione Medici Diabetologi<br />
Associazione Nazionale comuni Termali<br />
Associazione Non Riconosciuta<br />
Banca Dati Assistiti<br />
Commissione di vig<strong>il</strong>anza sui fondi pensione<br />
Centro Unico Prenotazioni<br />
Distretto Sanitario di Base<br />
Educazione continua in medicina<br />
Fattori di Produzione<br />
Fondazione per la Ricerca Scientifica Termale<br />
Gruppo indipendente per lo studio dell’Assistenza Primaria<br />
Information and Communication Technology<br />
Livelli Essenziali di Assistenza<br />
medico di medicina generale<br />
medici di medicina generale<br />
Nuclei Cure Primarie<br />
National Health Service<br />
Ospedale Distrettuale<br />
Ospedale di Comunità<br />
Organizzazione Mondiale della Sanità<br />
Primary Care Trust<br />
Percorsi Diagnostici Terapeutici e Assistenziali<br />
Pediatria di libera scelta<br />
Presidio Territoriale di Medicina Generale<br />
Residenza sanitaria assistenziale<br />
Servizi di Assistenza domic<strong>il</strong>iare<br />
Servizio Sanitario Nazionale<br />
Unità di Continuità Assistenziale Multidimensionale<br />
Unità Cure Primarie<br />
Unità Complesse di Cure Primarie<br />
Unità di Medicina Generale<br />
Unità Territoriale Assistenza Primaria
Presentazioni<br />
Gianfranca Ranisio 1<br />
La pubblicazione di questi Atti mi sollecita ad alcune considerazioni, tenendo<br />
conto che nel mio caso, essendo io un’antropologa, si è trattato di r<strong>il</strong>eggere i<br />
testi e riorganizzare l’ampia documentazione che è stata qui raccolta, con lo<br />
sguardo di chi è esterno rispetto al mondo medico e alle problematiche della<br />
cooperazione medica, ma è interessato a cogliere nelle sue sfaccettature e nella<br />
sua complessità <strong>il</strong> rapporto salute-società e ritiene che in questo rapporto <strong>il</strong> ruolo<br />
dell’assistenza primaria sia di fondamentale importanza. Infatti, come r<strong>il</strong>eva Laura<br />
Balbo: “Le pratiche della cura sono una dimensione fondamentale della società<br />
in cui viviamo; in un certo senso, ne sono espressione paradigmatica…” (1999).<br />
Considerando, pertanto, di prioritario interesse <strong>il</strong> rapporto salute-società e <strong>il</strong> modo<br />
complesso e articolato in cui tale rapporto si configura nelle società in cui i sistemi<br />
sanitari sono a carattere pubblico, come nella nostra, particolare attenzione si<br />
deve rivolgere alle trasformazioni della società e al modo in cui queste incidono<br />
sui ruoli sociali degli attori e sui processi di produzione del sapere in campo sanitario,<br />
senza dare per scontati i presupposti che sono alla base di decisioni e iniziative<br />
nel campo dell’assistenza sanitaria (Sepp<strong>il</strong>li 2004, p.62; Fainzang 2006, p.20).<br />
In tale ottica ritengo si possano leggere questi Atti. Infatti, anche dalle relazioni al<br />
convegno emergono riferimenti r<strong>il</strong>evanti al contesto sociale e politico entro cui<br />
vengono attuate sia le politiche sanitarie, sia gli interventi di promozione che di<br />
educazione alla salute.<br />
Dagli atti nel loro complesso, al di là dei contenuti dei singoli interventi, emergono<br />
alcuni elementi comuni, ai quali i medici di medicina generale qui rappresentati<br />
intendono riferirsi, quali da un lato <strong>il</strong> sistema di valori collegato al mondo<br />
dell’assistenza primaria, le opzioni etico-politiche, che sono alla base delle concezioni<br />
della presa in carico e della cura nell’approccio alla salute, riscontrab<strong>il</strong>i<br />
attraverso le preferenze per una medicina patient-centered e per una medicina<br />
d’iniziativa più che di attesa, dall’altro le metodologie e gli strumenti di cui dotarsi<br />
per <strong>il</strong> migliore svolgimento della propria professione.<br />
1<br />
Docente di Antropologia Culturale, Coordinatrice del Master in: Politiche e Sistemi Sociosanitari, organizzazione,<br />
management e coordinamento, Facoltà di Sociologia, Università Federico II Napoli.<br />
15
Presentazione<br />
In linea con la necessità di ridare spazio al territorio e riportare al centro l’assistenza<br />
primaria nel rapporto salute-società, di fronte alla forte settorializzazione<br />
delle professionalità mediche e alla tecnicizzazione delle pratiche diagnostiche,<br />
l’articolazione di contributi di questa pubblicazione rende conto degli apporti<br />
che provengono non solo da altri settori del mondo medico e delle professioni<br />
sanitarie, ma anche da altri ambiti scientifici, ponendo in evidenza come compiti<br />
e funzioni del mmg. tendano a diventare sempre più complessi.<br />
Le mie considerazioni, nell’accompagnare questi Atti, si riferiscono a questo convegno,<br />
ma con uno sguardo più lungo poiché si dipanano tenendo conto di<br />
un arco temporale che comprende anche i quattro convegni precedenti. Sulla<br />
base di una collaborazione pluriennale instauratasi con la Samnium Medica<br />
prima e con l’Ancom poi, ho avuto la possib<strong>il</strong>ità di seguire i convegni nazionali<br />
organizzati con cadenza annuale dal movimento delle cooperative mediche a<br />
Fiuggi, dal 2006 al 2010. Sono stati convegni aperti a personalità delle istituzioni,<br />
della cooperazione, delle società scientifiche, del mondo universitario, dei sindacati<br />
e delle associazioni mediche e hanno, pertanto, rappresentato importanti<br />
momenti di confronto sulla situazione della medicina generale in Italia e sul ruolo<br />
che le cooperative mediche possono svolgere nei processi di cambiamento in<br />
atto (Ranisio, Simone 2010). Si sono configurati come strategici per l’affermazione<br />
e la crescita del cooperativismo medico, che intende porsi come risorsa per la<br />
“ristrutturazione” del sistema sanitario nazionale.<br />
In particolare, i convegni sono stati un’occasione per riflettere e condividere una<br />
serie di esperienze sorte in modo spontaneo sul territorio, dalle esperienze di erogazione<br />
dei servizi ai soci e di gestione di servizi socio-sanitari, alla costituzione di<br />
nuclei territoriali di cure primarie attivi in differenti realtà regionali.<br />
I Convegni, inoltre, hanno avuto una funzione r<strong>il</strong>evante per la costruzione e <strong>il</strong><br />
mantenimento di una rete nazionale, diffusa e consolidata, che unisce insieme<br />
soggetti ed esperienze contribuendo al delinearsi di più chiare prospettive e fornendo<br />
un apporto perché la cooperazione medica emerga come soggetto attivo<br />
di cambiamenti.<br />
Su questa linea, anche in questo Convegno temi centrali sono stati la cooperazione<br />
medica e <strong>il</strong> suo ruolo rispetto alla ridefinizione dell’assistenza primaria nel<br />
processo di riorganizzazione sanitaria, <strong>il</strong> tipo di strumenti che sono indispensab<strong>il</strong>i<br />
per la gestione stessa delle cooperative, <strong>il</strong> tipo di servizi che queste possono fornire<br />
ai propri soci, <strong>il</strong> ruolo che possono svolgere rispetto sia alla ricerca nell’ambito<br />
dell’assistenza primaria, che alla prevenzione ed educazione alla salute.<br />
La pubblicazione di questi Atti risponde all’esigenza di fare un primo b<strong>il</strong>ancio di<br />
questo percorso che si è andato delineando e arricchendo lungo questi anni, ma<br />
16
La salute come bene comune nel Welfare delle opportunità<br />
può anche servire – è questo <strong>il</strong> nostro auspicio- a far conoscere ad un pubblico più<br />
ampio di quello degli addetti ai lavori quanto si sta sperimentando in questo settore.<br />
Si è perciò inteso mantenere, attraverso la ricchezza dei contributi, l’ampiezza<br />
di tematiche e prospettive, poiché, secondo l’impostazione data dagli organizzatori<br />
del convegno, questa articolazione poteva promuovere lo scambio ed <strong>il</strong><br />
confronto tra professionisti di diversi settori, mantenendo <strong>il</strong> rapporto tra la specificità<br />
e anche la settorialità di alcune tematiche e la loro trasversalità.<br />
Nel dibattito, negli interventi, sono emerse, anche in modo vivace, le criticità del<br />
ruolo e delle funzioni del mmg e del rapporto tra cooperative mediche e SSN.<br />
Ritengo pertanto che questa lettura possa costituire una finestra importante sul<br />
mondo della cooperazione medica e, attraverso di esso, sulle trasformazioni di<br />
questo settore della professione medica, verificatisi soprattutto nell’ultimo decennio.<br />
Nei paesi occidentali i sistemi sanitari già dagli anni Ottanta sono stati soggetti a<br />
trasformazioni profonde, con l’introduzione di varie forme di management nella<br />
gestione dell’assistenza e questo ha fatto sì che molti medici abbiano vissuto<br />
questo processo come una deprofessionalizzazione, sentendo minacciata la loro<br />
autonomia professionale (F<strong>il</strong>c 2006). Questo fenomeno ha riguardato in modo<br />
particolare la medicina generale ma, nello specifico della situazione italiana, è<br />
stato anche uno stimolo alla sua riorganizzazione dall’interno (Cipolla C., Corposanto<br />
C., Tousijn 2006; Giarelli G., Patierno M. 2006).<br />
Se alla fine di questa lettura ci si chiede che tipo di intellettuale è oggi <strong>il</strong> mmg.,<br />
come è cambiata la sua figura e <strong>il</strong> suo ruolo nella società, emerge quale punto<br />
fermo la volontà del recupero dell’antica dimensione di medico della persona,<br />
per citare <strong>il</strong> titolo di un libro di successo (Salvestroni 1973), ma con lo sguardo<br />
rivolto al futuro, attraverso l’impiego delle nuove tecnologie e <strong>il</strong> continuo aggiornamento.<br />
Infatti, ed appare evidente dai contributi qui presentati, <strong>il</strong> mmg oggi deve possedere<br />
competenze non solo clinico-diagnostiche, ma anche di informatica e di<br />
tecnica gestionale amministrativa. Se infatti i cambiamenti nell’organizzazione<br />
sanitaria, le pressioni economiche sulle scelte, la necessità di un aggiornamento<br />
continuo, la diffusione di tecnologie sempre più specializzate nella diagnostica e<br />
nelle cure, hanno reso diffic<strong>il</strong>e mantenere le competenze e soddisfare le aspettative<br />
dei pazienti, tuttavia, come ricerche internazionali hanno posto in evidenza,<br />
l’introduzione dei supporti informatici e la telemedicina stanno producendo<br />
nuove modalità di relazione con i pazienti e possono contribuire alla qualità<br />
dell’assistenza (Mechanic 2008).<br />
17
Presentazione<br />
L’associazione in cooperativa può rivelarsi allora ut<strong>il</strong>e anche di fronte a questi<br />
mutamenti perché consente di superare le difficoltà relative a tali trasformazioni<br />
fornendo sia la possib<strong>il</strong>ità di dotarsi di uno strumentario elettronico adeguato, sia<br />
gli stimoli necessari, permettendo un immediato accesso alle informazioni e un<br />
controllo sui dati clinici. Anche rispetto alla riorganizzazione dell’assistenza primaria<br />
e all’istituzione delle UCCP, previste secondo l’ultimo ACN, le cooperative<br />
mediche, in quanto società di servizio, possono fornire gli strumenti e <strong>il</strong> supporto<br />
organizzativo necessari.<br />
Queste nuove esigenze comportano <strong>il</strong> superamento della figura tradizionale del<br />
medico di famiglia che operava in forma solitaria, verso forme aggregative, secondo<br />
una linea di tendenza presente anche in altri paesi ed analizzata nella letteratura<br />
(Damiani 2007).<br />
Il medico in cooperativa rappresenta perciò oggi una nuova figura di intellettuale,<br />
poiché si trova a dover sv<strong>il</strong>uppare capacità manageriali e gestionali amministrative,<br />
a dover fare una formazione continua a tutto campo, nella quale oltre<br />
alla preparazione tecnico-professionale, egli deve acquisire conoscenze e competenze<br />
aggiuntive che gli consentano di lavorare in un’ottica di lavoro integrato.<br />
L’immagine che emerge perciò da questa lettura è quella di una figura complessa<br />
e in trasformazione, che deve stare al passo con l’innovazione tecnologica<br />
e informatica, oltrechè clinico-professionale, ma che continua a costituire a<br />
tutt’oggi una figura di cerniera tra la domanda di salute, i bisogni dei pazienti e<br />
le risposte e gli interventi messi in atto dalle istituzioni.<br />
L’organizzazione degli Atti intende dare conto di tale complessità e ampiezza di<br />
prospettive.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
Balbo L. (1999), introduz. a Demetrio D. et alii, Il libro della cura di sé degli altri del mondo, Rosenberg<br />
& Sellier, Torino.<br />
Cipolla C., Corposanto C., Tousijn (2006), I medici di medicina generale in Italia, Franco Angeli, M<strong>il</strong>ano<br />
Damiani G. et alii (2007), Assistenza primaria: significato e prospettive di sv<strong>il</strong>uppo organizzativo, Organizzazione<br />
sanitaria, (2), pp. 3-16<br />
Fainzang S. (2006), Antropologia e medicina: riflessioni epistemologiche sulla co-disciplinarità nella<br />
ricerca, AM (21-22),pp. 11-24<br />
F<strong>il</strong>c D. (2006), Physician as ‘Organic Intellectuals’. A Contribution to the Stratification versus Deprofessionalization<br />
Debate, Acta Sociologica, 49, pp. 273-285<br />
Giarelli G., Patierno M. (2006), a cura, Medici in associazione. Esperienze, problemi e prospettive<br />
dell’associazionismo in medicina generale, Franco Angeli, M<strong>il</strong>ano<br />
Mechanic D. (2008), Rethinking Medical Professionalism: The Role of Information Technology and<br />
Practice Innovations, The M<strong>il</strong>bank Quarterly, 86 (2), pp. 327-358<br />
Ranisio G., Simone C. (2010), Oltre le convenzioni. La cooperazione di medicina generale nell’esperienza<br />
del Sannio campano, Cues, Salerno<br />
Salvestroni F. (1973), Il medico della persona, Vallecchi, Firenze<br />
Sepp<strong>il</strong>li T. (2004), Introductory Speech- Medical Anthropology, Welfare State and Political Engagement,<br />
AM, (17-18) pp. 41-69.<br />
18
La salute come bene comune nel Welfare delle opportunità<br />
Valentina Mazzacane 2<br />
La presente pubblicazione riunisce gli Atti e non solo del V Congresso Nazionale<br />
di Fiuggi - organizzato dall’Associazione Nazionale delle Cooperative Mediche<br />
(ANCoM) in collaborazione con Federsanità ANCI- costituendo, ancora una volta,<br />
un’occasione importante per affrontare <strong>il</strong> tema dell’attuale crisi del Welfare<br />
e la conseguente riorganizzazione della Medicina Generale in chiave cooperativistica.<br />
“L’associazionismo cooperativo nell’assistenza primaria si sta rivelando uno strumento<br />
prezioso per affrontare la nuova complessità della professione del medico<br />
di medicina generale nell’era dello sv<strong>il</strong>uppo dalla scienza e della tecnica. Le<br />
cooperative di medicina generale, forme associative con personalità giuridica e<br />
capacità d’impresa, liberano <strong>il</strong> medico da tutti gli aspetti organizzativi e gestionali,<br />
consentendogli di dedicarsi alle attività ed ai compiti clinici e di promozione<br />
della salute per la soddisfazione dei bisogni, sanitari ed assistenziali, delle comunità<br />
e degli individui a loro affidati.”<br />
È in un contesto così innovativo che opera l’ANCoM, attraverso la tutela e <strong>il</strong> coordinamento<br />
dell’azione politica e istituzionale delle cooperative mediche, per<br />
favorire la partecipazione dei Medici di Medicina Generale alla gestione dei processi<br />
delle cure primarie e all’ottimizzazione dei costi di gestione in relazione alle<br />
strutture, al personale e alle utenze di servizio.<br />
Gli Atti sono la testimonianza più esplicita e chiara dei contenuti di un Convegno.<br />
Questo di Fiuggi così organico e complesso, contiene sia relazioni generali e specifiche,<br />
che seminari paralleli volti ad approfondire le tematiche di maggiore interesse.<br />
Tuttavia questo testo non rappresenta solo una mera raccolta di atti, ma<br />
contiene anche contributi provenienti dal mondo Accademico ed Istituzionale<br />
come nel caso della lectio magistralis del Prof. Walter Ricciardi, Direttore dell’Istituto<br />
di Igiene dell’Università Cattolica di Roma, e delle relazioni del Prof. Bollero,<br />
Direttore Generale del Policlinico Tor Vergata, e della Prof.ssa Labate, ricercatrice<br />
in Economia Sanitaria presso l’Università di York U.K. e coordinatrice del tavolo<br />
tecnico del Ministero della salute per <strong>il</strong> decreto sui fondi sanitari integrativi.<br />
L’Organizzazione del Convegno ricerca un modo di lavorare altamente partecipativo:<br />
si è inteso affrontare le tematiche emergenti sia durante <strong>il</strong> dibattito della<br />
Tavola Rotonda sulla Medicina Generale che attraverso la costruzione della prima<br />
giornata del Convegno acutamente strutturata in due sessioni plenarie, mattutina<br />
e pomeridiana, articolazione che ha reso i partecipanti tutti egualmente<br />
impegnati nella discussione. I seminari attraversano i vari aspetti della pratica del<br />
2<br />
Dottoressa Magistrale in Biotecnologie Molecolari - Biologa<br />
19
Presentazione<br />
buon dottore, per poi individuare alcuni temi centrali nelle sedute plenarie che si<br />
sono focalizzate su problemi e prospettive della cooperazione medica, tenendo<br />
conto anche degli apporti dei convegni precedenti lungo tre assi tematici: la cooperazione<br />
medica, l’integrazione socio-sanitaria, le risorse per le cure primarie<br />
extra-sanità.<br />
I seminari, costruiti attraverso sessioni di lavoro in contemporanea e momenti<br />
di assemblea plenaria, hanno permesso lo svolgimento dei lavori attraverso la<br />
presentazione di esperienze e la discussione di gruppo su tematiche specifiche,<br />
i cui risultati sono stati poi presentati nelle sedute plenarie della seconda giornata<br />
del Convegno favorendo la condivisione del sapere e la partecipazione.<br />
Accanto a queste, o all’interno di queste linee, si sono individuati nuclei problematici<br />
specifici, che rappresentano ambiti di incontro, confronto e progettazione.<br />
Per l’elaborazione degli atti sono state ut<strong>il</strong>izzate le registrazioni audio e video effettuate<br />
da un cameraman presente per l’intera durata del Convegno. La sbobinatura<br />
delle relazioni corrisponde alla fedele trascrizione su supporto cartaceo<br />
del materiale audio-visivo. Per ciascun intervento delle cinque sessioni plenarie,<br />
articolate durante le tre giornate del Convegno, è stato elaborato un documento<br />
riportante integralmente la relazione, i cui contenuti sono stati, poi, condivisi e<br />
revisionati dai relatori per adattarli ai fini redazionali.<br />
Il lavoro di sbobinatura sembra apparentemente semplice, ma richiede, invece,<br />
notevoli doti grammaticali, padronanza del linguaggio tecnico del settore, conoscenza<br />
dell’argomento trattato, nonché una buona dose di pazienza. Questa<br />
prevede due tipologie di trascrizione: una letterale, “parola per parola” comprese<br />
le interiezioni e gli intercalari e una in cui l’italiano parlato viene modificato in<br />
italiano corretto, rendendo così <strong>il</strong> testo maggiormente fruib<strong>il</strong>e.<br />
La difficoltà maggiore che è stata riscontrata durante la fase di sbobinatura riguardava<br />
la riproduzione scritta del linguaggio parlato, spesso influenzato dallo<br />
stato emozionale del soggetto.<br />
A tal proposito la prof.ssa Solarino nel testo Didattica della lingua Italiana afferma<br />
che “Innanzitutto, quando si scrive non si può contare sul contesto, intendendo<br />
con questo termine <strong>il</strong> contesto situazionale, cioè <strong>il</strong> tempo, <strong>il</strong> luogo, le persone presenti<br />
nella comunicazione. Il testo scritto non è ancorato al momento e al luogo<br />
in cui è prodotto, ma deve poter dire qualcosa in ogni luogo e ad ogni persona.<br />
Questa proprietà costringe chi scrive a decontestualizzarsi, a decentrarsi e ad<br />
adottare <strong>il</strong> punto di vista di una persona che nel momento in cui scrive non è<br />
presente. Un testo orale è personale. Viene prodotto in un momento preciso, in<br />
un luogo preciso e per un interlocutore specifico. È unico, ed è valido solo per<br />
una determinata situazione. Il testo scritto invece è impersonale, adatto ad ogni<br />
situazione e ad ogni persona.”<br />
20
La salute come bene comune nel Welfare delle opportunità<br />
Nella pubblicazione degli atti si è voluto mantenere <strong>il</strong> carattere talvolta dialettico<br />
e spontaneo di alcune relazioni, con citazioni e aneddoti riportati dagli stessi<br />
intervenuti così da restituire la spontaneità degli apporti e la coralità di consensi,<br />
nonché l’innesco di provocazioni che evolvono in dibattiti su temi già affrontati,<br />
ma che si ripresentano sempre attuali.<br />
Relativamente ai seminari paralleli tenutisi nella giornata di sabato, non è stato<br />
possib<strong>il</strong>e effettuare una ripresa video, pertanto gli articoli presenti nel Capitolo V<br />
sono frutto di un impegno maggiore richiesto agli intervenuti, che hanno riscritto<br />
a posteriori le relazioni.<br />
Gli argomenti trattati nel libro non seguono sempre <strong>il</strong> percorso logico-temporale<br />
del Convegno; è stata data al tema sul Termalismo una importanza centrale<br />
visto <strong>il</strong> crescente interesse che <strong>il</strong> Sistema Sanitario Nazionale affida alla promozione<br />
della salute che si attua all’interno di stab<strong>il</strong>imenti termali fortemente legati<br />
al territorio.<br />
Sin dal primo convegno nel 2006, Fiuggi ha rappresentato, per <strong>il</strong> mondo della<br />
cooperazione, un luogo ideale per discutere sulle nuove frontiere della salute.<br />
È stato anche introdotto un capitolo a cura dell’AICA nella convinzione che l’EC-<br />
DL – Health stia assumendo un’importanza sempre maggiore nelle professioni<br />
mediche e sanitarie. L’ultimo capitolo riprende invece le linee generali affrontate<br />
precedentemente.<br />
La realizzazione del testo ha richiesto un impegno e un lavoro lungo e continuativo,<br />
sia per la raccolta dei materiali che per la rielaborazione dei contenuti, giustificando<br />
pertanto <strong>il</strong> ritardo con cui è stato pubblicato <strong>il</strong> secondo <strong>volume</strong> della<br />
collana ANCoM commentarii rispetto al primo.<br />
Il saggio introduttivo curato da Crescenzo Simone, Referente Nazionale ANCoM,<br />
rappresenta una riflessione sulla cooperazione di medicina generale in Italia vista<br />
con gli occhi di un operatore che vive e sperimenta ogni giorno, con i suoi<br />
pazienti, la professione di medico per la salute come Bene Comune. Questi sono<br />
i presupposti essenziali per la Ri-fondazione della medicina generale “proposta<br />
per offrire alle cure primarie una Medicina Generale più efficace ed efficiente<br />
per <strong>il</strong> sistema e più motivante e gratificante per i professionisti”.<br />
21
Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed<br />
innovazione: l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo<br />
Crescenzo Simone 1 “E debbasi considerare come non è cosa più diffic<strong>il</strong>e a trattare, né più dubbia<br />
a riuscire, né più pericolosa a maneggiare, che farsi a capo ad introdurre nuovi ordini. Perché lo<br />
introduttore ha per nimici tutti quelli che delli ordini vecchi fanno bene, et ha tepidi defensori tutti<br />
quelli che delli ordini nuovi farebbono bene.<br />
La quale tepidezza nasce, parte per paura delli avversarii, che hanno le leggi dal canto loro, parte<br />
dalla incredulità delli uomini; li quali non credano in verità le cose nuove, se non ne veggono nata<br />
una ferma esperienza.<br />
Niccolò Machiavelli, Il Principe, cap. 6 Premessa<br />
Non stanno scorrendo tempi normali. L’oggi per l’assistenza primaria e per la medicina<br />
generale rappresenta un diffic<strong>il</strong>e passaggio che la modifica nella sostanza<br />
e nella forma, paragonab<strong>il</strong>e, forse, ai primi decenni dell’Unità d’Italia con la<br />
diffusione delle condotte mediche in tutte le comunità del nuovo stato unitario,<br />
o agli anni seguenti la seconda guerra mondiale con una rapidissima espansione<br />
di servizi, prodotti e prestazioni inimmaginab<strong>il</strong>i nella società italiana del tempo,<br />
povera, arretrata e contadina, fino all’ubriacatura del dott. Terz<strong>il</strong>li, o ancora come<br />
agli anni che seguirono i grandi sconvolgimenti sociali dei decenni sessanta<br />
e settanta e che si conclusero in Italia per la sanità con la promulgazione<br />
della 833 sul modello allora vincente del welfare delle democrazie nord europee<br />
più efficienti e lungimiranti. Il passaggio attuale è radicale ed incerto negli esiti,<br />
se non ben guidato, perché la riorganizzazione dell’assistenza sanitaria va pensata<br />
e realizzata in un nuovo welfare di comunità sostenib<strong>il</strong>e e partecipato di cui<br />
non si sono ancora ben definiti i connotati teorici e pratici. Tutto ciò dentro una crisi<br />
economica lunga e disastrosa.<br />
“Dagli anni ’50 a oggi si è avuto uno sv<strong>il</strong>uppo impetuoso e invadente della tecnologia<br />
diagnostica strumentale e di farmaci innovativi, l’esaltazione delle specializzazioni<br />
e una progressiva frammentazione delle conoscenze e competenze<br />
sub-specialistiche che, oltre a spostare l’interesse della pratica clinica dalla persona<br />
alle malattie di un organo, o di un apparato, hanno consentito di intervenire<br />
sempre più efficacemente sui confini della vita biologica delle persone.<br />
Per porre l’accento sul cambiamento avvenuto nell’arco di alcune generazioni,<br />
a proposito degli strumenti usati dal medico per visitare <strong>il</strong> malato, un <strong>il</strong>lustre<br />
1<br />
Presidente Nazionale ANCoM<br />
23
Saggio introduttivo<br />
clinico scrisse: Mio nonno visitava con l’orecchio, mio padre con lo stetoscopio,<br />
io con <strong>il</strong> fonendoscopio e mio figlio con l’ecografo. Si evidenziava, così, l’accresciuta<br />
capacità del medico di “guardare dentro” un corpo umano, ma anche<br />
un progressivo allontanamento del rapporto fisico e diretto con <strong>il</strong> malato.<br />
Il paradigma del metodo clinico che, sino allora, aveva al centro ‘un rapporto<br />
duale tra medico e malato e una diagnosi ‘ragionata’, è entrato in crisi, ha scritto<br />
ancora Vito Cagli, a causa dello sv<strong>il</strong>uppo degli ospedali come ‘macchine per<br />
guarire, della crescita del sapere medico che ha portato alle specializzazioni, del<br />
progresso e della proliferazione dei mezzi di indagine ‘forniti’ da altri al curante, della<br />
potenza terapeutica che è giunta talora a oscurare la necessità di una diagnosi<br />
esatta, e dell’eclisse delle figure rappresentative nella società, compreso i clinici. 2 ”<br />
Se a questi cambiamenti si aggiunge l’invecchiamento della popolazione,<br />
l’emergenza cronicità, la limitatezza delle risorse, la diffic<strong>il</strong>e tenuta di una cultura<br />
solidaristica e di coesione sociale, si delinea un quadro d’insieme di grande complessità<br />
e dalle incerte soluzioni.<br />
La relazione del prof. Walter Ricciardi, che apre questo testo, suggerisce una<br />
riflessione proprio sul significato e sulle relazioni di domanda, bisogni e risorse.<br />
L’articolo 32 della costituzione: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale<br />
diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite<br />
agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario<br />
se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare<br />
i limiti imposti dal rispetto della persona umana”, risulta ancora più carico di significati<br />
e doveri nell’epoca digitale, dalle tante opportunità diffuse ed inimmaginab<strong>il</strong>i<br />
solo pochi anni prima e ci obbliga ad una nuova declinazione delle sue<br />
disposizioni.<br />
Ma prima di riflettere su orizzonti e modelli organizzativi voglio ribadire la consapevolezza<br />
che, in tempi straordinari, non si raggiungono obiettivi se non si prova<br />
a ricostruire, nella coscienza individuale e collettiva, nella coscienza professionale<br />
e sociale, un nuovo orizzonte umano e professionale ed una scala valoriale<br />
che guidi <strong>il</strong> nostro pensare ed <strong>il</strong> nostro fare per <strong>il</strong> bene comune. Valori e simboli<br />
estranei alla professione d’Ippocrate ed al rispetto della persona umana si sono<br />
troppo radicati nella coscienza di individui e di gruppi, e mi riferisco ad egoismo,<br />
danaro, successo, carriera, priv<strong>il</strong>egi, consumismo dissipatore di beni e persone<br />
eticamente indisponib<strong>il</strong>i.<br />
Non è possib<strong>il</strong>e alcuna riforma dei servizi sanitari ed assistenziali senza un ritrovato<br />
orizzonte valoriale e motivazionale condiviso, senza la consapevolezza di essere<br />
rete, l’uno necessario all’altro, e tutti provvisoriamente abitanti di una piccola<br />
terra dataci in prestito, al servizio di persone sofferenti. Se tutti noi, decisori, operatori<br />
e cittadini utenti fossimo capaci di sentire la salute individuale e collettiva<br />
e lo stesso SSN come bene comune e per esso fossimo capaci di agire trascendendo<br />
l’interesse materiale immediato individuale e di gruppo, avremmo fatto<br />
2<br />
Aldo Pagni, lectio magistralis, “dalla Condotta medica alla medicina telematica”, convegno SIT 2010<br />
24
Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed innovazione: l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo<br />
un progresso inimmaginab<strong>il</strong>e nella qualità e quantità di servizi erogab<strong>il</strong>i e nella<br />
coesione sociale, che è essa stessa salute e benessere.<br />
Riferimenti valoriali<br />
In questa operazione, già in corso ed ineludib<strong>il</strong>e, è necessario individuare i punti<br />
di riferimento. Ne voglio citare solo quattro tra i tanti eroi straordinari e normali<br />
che hanno provato ad indicarci la rotta.<br />
Il primo è senz’altro Giuseppe Moscati, nato a Benevento <strong>il</strong> 25 luglio 1880, che giovanissimo<br />
conseguì la laurea in Medicina e cominciò <strong>il</strong> suo tirocinio all’Ospedale<br />
degli Incurab<strong>il</strong>i, dove appena trentenne divenne primario. “Egli studiò e operò a<br />
Napoli, città che era uno dei centri del positivismo medico italiano di fine Ottocento,<br />
ebbe maestri <strong>il</strong>lustri come Albini e Malerba, che lo avviarono alla carriera<br />
universitaria e, riconoscendone le doti di clinico e ricercatore, lo designarono per<br />
la cattedra di Chimica Fisiologica, ma ciò non l’allontanò dalla fede e, quando<br />
rinunciò alla cattedra universitaria per dedicarsi agli ammalati, proseguì nella ricerca.<br />
Si teneva costantemente aggiornato anche rispetto alla letteratura medica<br />
straniera e alla luce delle nuove acquisizioni cliniche rivedeva continuamente<br />
le sue posizioni. Concepì la professione come una missione, durante la quale<br />
si preoccupava di curare non solo <strong>il</strong> corpo ma anche l’anima dei malati. In un<br />
periodo in cui l’assistenza sanitaria era ancora concepita come atto caritativo e<br />
personalizzato, egli si poneva accanto al malato non come “un riparatore di pezzi<br />
in avaria”, ma condividendone la sofferenza e stab<strong>il</strong>endo un contatto sinergico<br />
e un rapporto empatico tra malato e medico. Giuseppe Moscati si è prodigato<br />
senza risparmiarsi, con generosità, sino a fornire egli stesso ai pazienti poveri l’occorrente<br />
per acquistare le medicine”. (Ranisio, Simone 2010, p.62)<br />
La Chiesa cattolica lo ha proclamato beato con Paolo VI <strong>il</strong> 16/11/1975 e dichiarato<br />
Santo con Giovanni Paolo II <strong>il</strong> 25/10/1987. Il Papa nell’omelia della messa<br />
di canonizzazione ne ha esaltato <strong>il</strong> rigoroso impegno civ<strong>il</strong>e: “Giuseppe Moscati,<br />
medico primario ospedaliero, insigne ricercatore, docente universitario di fisiologia<br />
umana e di chimica fisiologica, visse i suoi molteplici compiti con tutto l’impegno<br />
e la serietà che l’esercizio di queste delicate professioni laicali richiede”.<br />
È sorprendente che, a distanza di un secolo dalla sua vita professionale, questa<br />
figura resti un esempio straordinario di competenza professionale e di umanizzazione<br />
della medicina, non solo per i medici ma per tutti coloro che esercitano<br />
professioni sanitarie ed in tutte le relazioni d’aiuto. Le sue opere e i tanti scritti<br />
che lo riguardano non possono non essere <strong>il</strong> nostro pane quotidiano di uomini e<br />
medici del terzo m<strong>il</strong>lennio.<br />
Un altro medico italiano, punto di riferimento molto diverso dal primo e spesso<br />
portatore di contrasti, ma altrettanto significante, è Gino Strada, chirurgo di guerra.<br />
È nato a Sesto San Giovanni <strong>il</strong> 21 apr<strong>il</strong>e 1948, è un chirurgo italiano laureato in<br />
25
Saggio introduttivo<br />
medicina all’Università Statale di M<strong>il</strong>ano nel 1978 e successivamente specializzato<br />
in chirurgia d’urgenza. Viene assunto dal nosocomio di Rho e fa pratica nel campo<br />
del trapianto di cuore fino al 1988, quando si indirizza verso la chirurgia traumatologica<br />
e la cura delle vittime di guerra. Nel periodo 1989-1994 lavora con <strong>il</strong> Comitato<br />
Internazionale della Croce Rossa in varie zone di conflitto: Pakistan, Etiopia,<br />
Perù, Afghanistan, Somalia e Bosnia-Erzegovina. Questa esperienza sul campo<br />
motiva Strada ed un gruppo di colleghi a fondare Emergency nel 1994 a M<strong>il</strong>ano,<br />
che da allora ha assistito m<strong>il</strong>ioni di pazienti in 16 paesi, costruendo ospedali, centri<br />
chirurgici, centri di riab<strong>il</strong>itazione, centri pediatrici, posti di primo soccorso. Nel<br />
2001 è vincitore del premio Colombe d’Oro per la Pace, assegnato annualmente<br />
dall’Archivio disarmo ad una personalità distintasi in campo internazionale.<br />
Emergency è un’associazione italiana indipendente e neutrale, nata per offrire<br />
cure medico-chirurgiche gratuite e di elevata qualità alle vittime delle guerre,<br />
delle mine antiuomo e della povertà. Dal 1994 i team di Emergency hanno portato<br />
aiuto a 4.373.728 persone (dati al 30 giugno 2011). Proprio perché conosce<br />
gli effetti della guerra, sin dalla sua costituzione Emergency è impegnata nella<br />
promozione dei valori di pace.<br />
Nel 2008, insieme ad alcuni paesi africani, Emergency ha elaborato <strong>il</strong> Manifesto<br />
per una medicina basata sui diritti umani per rivendicare una sanità basata<br />
sull’equità, sulla qualità e sulla responsab<strong>il</strong>ità sociale.<br />
Gino Strada ama definirsi: «Io non sono pacifista. Io sono contro la guerra.»<br />
La storia della sua vita, delle sue idee e del suo lavoro di chirurgo di guerra nel<br />
mondo, quando condivise e quando no, ci sbattono in faccia la necessità di una<br />
riflessione su noi, <strong>il</strong> nostro tempo e la nostra professione.<br />
E poi due esempi molto meno noti ma non meno r<strong>il</strong>evanti, figli delle nostre terre,<br />
che hanno pagato con la vita la loro concezione della professione medica e<br />
della dedizione a chi soffre.<br />
Uno è Girolamo Iacobelli, nato a Cerreto Sannita (BN), laureato in Medicina<br />
all’Università Cattolica di Roma, specializzato in Igiene Pubblica a Ferrara. Dopo<br />
<strong>il</strong> tirocinio presso <strong>il</strong> Centro di igiene mentale di Roma, assieme ad altri colleghi,<br />
per lo più meridionali, si era trasferito a Pordenone, dove aveva partecipato alla<br />
fase iniziale di attuazione della legge 180, che riformava l’assistenza psichiatrica<br />
e chiudeva definitivamente i manicomi. Girolamo Iacobelli era, infatti, un seguace<br />
convinto di Franco Basaglia.<br />
“I matti non hanno più niente, intorno a loro nessuna città, anche se str<strong>il</strong>lano chi li<br />
sente, anche se str<strong>il</strong>lano che fa“. Girolamo Iacobelli, contrariamente ai versi della<br />
canzone di Francesco De Gregori, i “matti” li ascoltava. Lavorava da circa un<br />
decennio come assistente psichiatra presso <strong>il</strong> Centro di salute mentale dell’Usl 9 di<br />
S. Vito a Tagliamento quando, nel pomeriggio del 27 marzo del 1990, arrivò una<br />
segnalazione della madre settantenne di un suo paziente, preoccupata per l’aggravarsi<br />
delle condizioni di salute del figlio, Graziano Selva, da tempo affetto da<br />
gravi disturbi psichici.<br />
26
Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed innovazione: l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo<br />
Nonostante in quel periodo sostituisse <strong>il</strong> direttore del Cim, Girolamo Iacobelli, Informato<br />
della crisi del suo paziente decise di andare a visitarlo. Forse per timore di<br />
un nuovo ricovero, preso da un raptus omicida, Graziano Selva rincorse <strong>il</strong> proprio<br />
medico con un coltello da cucina e lo uccise senza che egli potesse difendersi<br />
in nessun modo. I figli di Girolamo, allora di sei ed un anno hanno aspettato per<br />
molto tempo <strong>il</strong> ritorno del loro papà, morto a 41 anni mentre tentava di ascoltare<br />
i “matti” <strong>il</strong> 27 marzo del 1990.<br />
L’altro è un medico di medicina generale, “medico di campagna”, come tanti<br />
di noi operanti in territori rurali o anche in città, Claudio Carosino, 59 anni, di Parma,<br />
medaglia d’oro per le donazioni di sangue.<br />
Claudio Carosino, uomo di profonda religiosità frequentava assiduamente la<br />
Parrocchia con la sua famiglia, ed era sempre disponib<strong>il</strong>e per tutti, anche nei<br />
giorni festivi. Medico scrupoloso e attento, aveva una grande cultura e conosceva<br />
più lingue. Aveva, però, la capacità non scontata di saper abbinare questa<br />
sua vasta cultura con una straordinaria capacità di dialogo anche con <strong>il</strong> più um<strong>il</strong>e<br />
dei suoi pazienti; dall’inglese e dal linguaggio scientifico passava con fac<strong>il</strong>ità e<br />
con piacere al dialetto della sua bassa.<br />
“Claudio Carosino ci ha tragicamente lasciato domenica pomeriggio mentre<br />
entrava a casa di un suo paziente, agricoltore pensionato, affetto da disturbi<br />
psichici, che lo ha ucciso con una fuc<strong>il</strong>ata a bruciapelo. Ha affrontato, in un<br />
giorno di festa, un uomo psicotico in modo intimamente consapevole del rischio<br />
che quel paziente poteva rappresentare. E così, un “dottore di campagna”<br />
come Claudio amava definirsi, se ne è andato lasciando in tutti noi sconforto ed<br />
amarezza, ma anche l’orgoglio di appartenere ad una categoria nella quale<br />
esempi di dedizione non sono né fugaci né episodici. Claudio era orgoglioso<br />
di essere un medico di campagna e non perdeva occasione per ribadirlo. A<br />
testimonianza di questo suo profondo credo era membro esecutivo di EURIPA<br />
(European Rural and Isolated Pratictioners Association), oltrechè Presidente della<br />
sezione Provinciale di Parma della SIMG e medico di medicina generale della<br />
FIMMG da oltre 30 anni.<br />
Il suo altruismo si distingueva anche nel campo sociale come dimostra la sua<br />
appartenenza ad una associazione a favore delle adozioni in Perù. La FIMMG è<br />
vicina alla moglie Maurizia e ai due figli e non farà mancare tutto <strong>il</strong> suo concreto<br />
appoggio per aiutarli a risolvere i problemi che questa circostanza ha determinato.”<br />
25/10/10 Corrado Parodi - Sito FIMMG Em<strong>il</strong>ia Romagna.<br />
L’individuazione di punti di riferimento valoriali e morali ci porta ad un’ultima brevissima<br />
riflessione su vision, mission ed etica della responsab<strong>il</strong>ità. Nessuna riforma<br />
è possib<strong>il</strong>e in generale, e ancora di più in sanità, se non ricostruiamo l’etica della<br />
responsab<strong>il</strong>ità in modo definito e diffuso nei decisori, negli operatori e negli stessi<br />
cittadini utenti.<br />
27
Saggio introduttivo<br />
Se decisori, operatori della sanità e cittadini utenti non interiorizzano <strong>il</strong> valore della<br />
salute come bene comune nella loro visione condivisa e se i primi ed i secondi<br />
non operano in un orizzonte rigoroso e circoscritto della propria mission professionale,<br />
non ci potrà essere tenuta nella, né tantomeno uscita da essa, al di là di<br />
progetti e modelli messi in campo.<br />
Il buon dottore nel terzo m<strong>il</strong>lennio<br />
Non è compito di un breve saggio sulla cooperazione di medicina generale ragionare<br />
su ruolo, attività e compiti del buon dottore nel terzo m<strong>il</strong>lennio, ma un<br />
accenno a tre questioni preliminari ad ogni riflessione sulla cooperazione non<br />
può essere eluso.<br />
La prima è che <strong>il</strong> buon dottore di oggi e di domani è un clinico che recupera la<br />
tradizione, spesso eroica della condotta medica, olistica e relazionale<br />
di tipo duale, non come conservazione ma come scelta emozionale ed anche<br />
“razionale”, non come dimensione unica ed assoluta, ma parziale e sostanziata<br />
dal vertiginoso sv<strong>il</strong>uppo delle conoscenze e della tecnologia che ci è dato in<br />
dono. La capacità relazionale e la forza della presa in carico del solitario medico<br />
condotto, supportate dalle conoscenze, dagli strumenti tecnologici, dalla sanità<br />
elettronica e dalla necessità di fare rete per rispondere ai bisogni di società<br />
e persone complesse e plurali, configurano oggi una dimensione professionale<br />
diffic<strong>il</strong>e ma possib<strong>il</strong>e, nob<strong>il</strong>e e motivante. Come si può pensare ad un medico di<br />
medicina generale dell’oggi con scarse conoscenze di cultura generale, psicologiche,<br />
antropologiche e cliniche? Un medico generale incapace di ut<strong>il</strong>izzare<br />
le tecnologie diagnostiche più diffuse, (dall’ecografia all’elettrografia, dalla<br />
spirometria all’endoscopia non specialistica, ecc.), equivalenti della borsa dei<br />
ferri e del microscopio del medico del primo novecento? Come pensare ad un<br />
medico di oggi incapace di un lavoro in rete con altri operatori ed inadeguato<br />
a relazionarsi a cittadini pazienti più informati ed esigenti, impreparato a rapportarsi<br />
a comunità di suoi pazienti diffic<strong>il</strong>i e multirazziali? A queste domande<br />
non può rispondere solo la medicina generale ma l’intero sistema istituzionale,<br />
compreso <strong>il</strong> mondo accademico, che di disfunzioni ed inadeguatezze ha tante<br />
responsab<strong>il</strong>ità.<br />
Una seconda questione è la riaffermazione forte che la medicina generale ha<br />
la sua potenza proprio nell’essere medicina olistica, perché non cura/aggiusta<br />
un organo malato, ma si prende cura della persona tutta intera nella sua complessa<br />
dimensione fisica, psichica e sociale. E questo, oggi più di ieri, in tempi di<br />
specialismi totalizzanti è una necessità delle persone, specialmente se malate,<br />
in una società che lascia soli e spersonalizzati soprattutto i più deboli. Anche per<br />
tornare alla ricomposizione del sapere ed all’osservazione della natura che, per<br />
saccenteria, spesso abbiamo trascurato e sottovalutato.<br />
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Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed innovazione: l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo<br />
Ed una terza questione riguarda la prevenzione e la promozione della salute che<br />
va sentita e praticata sempre più dalla medicina generale. La medicina generale<br />
è stata spesso distratta e troppo marginale sulla prevenzione che è la sostanza<br />
di un approccio olistico e sostenib<strong>il</strong>e alla salute degli individui e della collettività.<br />
Luc Montagnier nel suo bel libro del 2009 “La scienza ci guarirà” inserisce nel titolo<br />
di copertina “Vincere le battaglie della vita con la prevenzione”.<br />
Nella sua riflessione sull’AIDS scrive: “Non sono mai stato troppo attratto dalle medicine<br />
tradizionali, anche per formazione. Ma davanti a questo tipo di malattia<br />
multifattoriale devo ammettere che la concezione cinese della salute, secondo<br />
la quale la malattia proviene non solo dall’esterno, ma anche dall’interno, dal<br />
Sé e dal Non-sé, lungi dall’essere obsoleta assume invece una dimensione sorprendentemente<br />
moderna. È questa infatti una concezione olistica in cui l’essere<br />
umano viene integrato in tutte le sue dimensioni. Le forme tradizionali di medicina<br />
sono accomunate tutte da tale concezione olistica sin dalla notte dei tempi,<br />
ed era anche la visione di Ippocrate, come la medicina occidentale farebbe<br />
bene a ricordare. Se negli approcci naturali alla salute vi sono elementi da recepire<br />
ed elementi da scartare, questo postulato di partenza mi sembra <strong>il</strong> più convincente<br />
perché implica una prof<strong>il</strong>assi intima, una supervisione medica a monte<br />
della malattia, una medicina preventiva. Per i cinesi, tradizionalmente, era normale<br />
pagare un medico per restare in buona salute, e non per farsi curare. A<br />
tal punto che quando <strong>il</strong> paziente si ammalava, <strong>il</strong> medico, ritenuto responsab<strong>il</strong>e,<br />
aveva l’obbligo di curarlo, oppure di pagargli le cure.”(Montagnier 2009, p. 99)<br />
Questi spunti di riflessioni generali potrebbero sembrare lontani da un saggio sulla<br />
cooperazione. È stata, invece, proprio la consapevolezza della necessità del<br />
cambiamento e l’intuizione della complessità del rinnovamento nella tradizione<br />
di un’antica professione che hanno spinto alcuni di noi alla ricerca di strumenti<br />
ed assetti più idonei alla medicina generale per continuare a promuovere la<br />
salute individuale, di comunità e della terra che abitiamo.<br />
Le cooperative di medicina generale<br />
Le cooperative di medicina generale nascono in Italia negli anni novanta, promosse<br />
da alcuni medici di famiglia, forse più sensib<strong>il</strong>i ed inquieti di altri, spinti dalla<br />
necessità di esplorare vie nuove, anche se incerte e sconosciute, consci della<br />
necessità di occupare uno spazio lasciato vuoto, anche se in modo diseguale<br />
nelle diverse regioni. A questi hanno guardato con sospetto ed opposizione molti<br />
attori della sanità, con curiosità altri, con curiosità ed interesse altri ancora. E sono<br />
stati questi ultimi i nostri partners di oggi, Federsanità ANCI, Centrali Cooperative,<br />
FIMMG, ed altri, anche istituzionali, che si vanno aggiungendo in questi ultimi mesi,<br />
29
Saggio introduttivo<br />
e che hanno accompagnato la nascita e lo sv<strong>il</strong>uppo delle cooperative di medicina<br />
generale in Italia.<br />
Le cooperative di medicina generale italiane, che ormai coinvolgono oltre <strong>il</strong> 10%<br />
dei medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta, si sono sv<strong>il</strong>uppate per oltre<br />
un decennio, in modo spesso spontaneo, nelle varie realtà regionali e la loro diffusione<br />
ha prodotto esperienze originali e preziose nell’erogazione dell’assistenza<br />
primaria.<br />
Le società cooperative sono previste dall’articolo 45 della Costituzione della Repubblica<br />
Italiana:<br />
“La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di<br />
mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce<br />
l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con opportuni controlli, <strong>il</strong> carattere<br />
e le finalità”.<br />
L’Art. 54 dell’ACN, comma terzo, separa le forme associative che costituiscono<br />
modalità organizzative del lavoro da forme associative, quali società di servizi,<br />
“anche cooperative”… In ogni caso dette società di servizi non possono fornire<br />
prestazioni sanitarie e assicurano esclusivamente beni e servizi ai medici”. (Guzzanti<br />
E, Mazzeo MC, M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo G. Cicchetti A, Meloncelli A. 2009., p.875)<br />
La medicina generale ha sperimentato, in passato, la medicina di gruppo e le<br />
altre forme associative senza personalità giuridica verificandone i limiti. In esse,<br />
infatti, è stato diffic<strong>il</strong>e gestire i fattori di produzione di servizi (ambulatori associati,<br />
personale di studio, tecnologia diagnostica, utenze, servizi integrati, ecc.). Sono<br />
state proprio queste criticità che hanno spinto i primi gruppi a promuovere forme<br />
associative con personalità giuridica per poter gestire i fattori di produzione di<br />
servizi in un sistema sanitario pubblico e universalistico.<br />
Le cooperative negli anni passati sono state un potente acceleratore e fac<strong>il</strong>itatore<br />
della diffusione dell’informatica e della sanità elettronica nella pratica<br />
clinica quotidiana, con la promozione ed alimentazione delle banche dati clinici<br />
di popolazione proprie della medicina generale.<br />
Le cooperative della medicina generale, come tutte le società cooperative,<br />
sono società di persone e non di capitale si ispirano ad importanti principi condivisi<br />
anche dalla FIMMG, sindacato maggioritario della medicina generale, in una<br />
mozione approvata dal consiglio nazionale <strong>il</strong> 13/12/2008:<br />
1. partecipazione paritaria al capitale sociale;<br />
2. rispetto del principio della porta aperta per immissione soci;<br />
30
Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed innovazione: l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo<br />
3. non distribuzione di ut<strong>il</strong>i nella gestione di risorse finanziarie per conto del SSN e<br />
Regionale;<br />
4. avere come scopi sociali prevalentemente la produzione e la fornitura di<br />
beni e servizi ut<strong>il</strong>i all’esercizio individuale della professione medica e di attività<br />
proprie della medicina generale, nell’ambito dell’applicazione dell’ACN<br />
e di attività che non configurano per i singoli professionisti situazioni di incompatib<strong>il</strong>ità<br />
previste dal medesimo ACN.<br />
In quanto forme di associazionismo professionale sono riconosciute e normate<br />
negli accordi collettivi nazionali e negli accordi integrativi regionali concordati e<br />
sottoscritti dai sindacati di categoria con la parte pubblica. Gli accordi collettivi<br />
definiscono i criteri recepiti negli statuti che di fatto limitano gli ambiti territoriali,<br />
dove è possib<strong>il</strong>e erogare servizi (in genere l’area del Distretto o dell’ASL di competenza<br />
della singola cooperativa), la tipologia dei soci, che devono essere in<br />
maggioranza medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, <strong>il</strong> tipo di<br />
servizi ed a volte anche le modalità.<br />
Le cooperative, rispetto alle società di capitale o quelle consort<strong>il</strong>i, presentano<br />
alcuni vantaggi:<br />
1. <strong>il</strong> rischio d’impresa è alto nelle società di capitali e minimo nelle cooperative;<br />
2. si configurano anche come forma associativa a struttura aperta; si entra e si<br />
esce fac<strong>il</strong>mente, le quote sociali sono rimborsab<strong>il</strong>i ma non cedib<strong>il</strong>i; chiunque<br />
ne condivida i principi mutualistici può chiedere di farne parte;<br />
3. le cooperative non redistribuiscono ut<strong>il</strong>i ma servizi, poiché non hanno fini speculativi,<br />
ma scopi mutualistici;<br />
4. le cooperative sono un investimento sociale a medio e lungo periodo e producono<br />
patrimoni sociali per le comunità in cui operano, non producono<br />
ricchezza individuale o fam<strong>il</strong>iare. L’ut<strong>il</strong>ità sociale è caratteristica fondante di<br />
tutta l’attività della professione medica e della medicina generale in particolare.<br />
La scelta della società cooperativa risulta quindi più vicina alla natura<br />
stessa della professione della medicina generale.<br />
La forma cooperativa può risultare ut<strong>il</strong>e alla riorganizzazione del sistema sociosanitario,<br />
può fornire un supporto alle cure primarie; la cooperazione e la mutualità<br />
sono, infatti, strumenti essenziali della riorganizzazione delle reti assistenziali.<br />
Le società fino ad oggi ut<strong>il</strong>izzate dalla medicina generale sono società di mezzi tra<br />
professionisti, ogni medico resta titolare e responsab<strong>il</strong>e individualmente dell’atto<br />
professionale, la cooperativa consente di acquisire più fac<strong>il</strong>mente i fattori di produzione<br />
di servizi. Le cooperative mediche si configurano perciò come cooperative<br />
di servizio, svolgono la propria attività all’interno della compagine societaria<br />
e quindi producono beni e servizi prevalentemente per i propri soci, esse non<br />
31
Saggio introduttivo<br />
possono essere cooperative sociali, cioè di produzione e lavoro in quanto i soci<br />
non sono lavoratori della cooperativa.<br />
Per questo motivo le cooperative di medicina generale devono essere costituite<br />
prevalentemente da medici di assistenza primaria: medici di medicina generale,<br />
pediatri di libera scelta e medici di continuità assistenziale che condividono i<br />
fattori di produzione negli stessi territori.<br />
Compito della società cooperativa è la produzione di beni e servizi per i soci,<br />
essa non prevede, né potrebbe farlo a norma di legge, l’esercizio professionale<br />
in forma societaria, così come le società cooperative non possono negoziare<br />
con parti pubbliche e/o private, qualunque aspetto relativo alle attività professionali<br />
dei medici soci. Obiettivo generale della cooperazione medica è quello<br />
di rendere disponib<strong>il</strong>i per i medici di assistenza primaria strumenti indispensab<strong>il</strong>i<br />
alla pratica del buon dottore con un miglioramento della qualità ed ampliamento<br />
dei servizi disponib<strong>il</strong>i per i cittadini pazienti. Dove si è lavorato bene si sono<br />
realizzate esperienze significative di cooperative di medicina generale percepite<br />
come parte integrante delle stesse comunità in cui operano.<br />
Ri-Fondazione della medicina generale<br />
Lo sv<strong>il</strong>uppo delle cooperative si è intrecciato negli ultimi anni con <strong>il</strong> progetto strategico<br />
di Ri-Fondazione della professione, elaborato e proposto dalla FIMMG sin<br />
dal 2006 e che tra i tre punti strategici da realizzare pone “la ristrutturazione del<br />
compenso per distinguere <strong>il</strong> legittimo onorario dal finanziamento dell’organizzazione<br />
e delle attività”. Questo obiettivo è già stato posto e condiviso dalla parte<br />
pubblica al tavolo tecnico, insediatosi da pochi giorni al ministero della salute<br />
per la modifica dell’articolo 8 del Decreto legislativo 502/92.<br />
“La Ri-fondazione non è mai stata la presuntuosa proposta di voler insegnare a<br />
tutti gli altri soggetti come deve essere riformata l’assistenza primaria o le cure<br />
primarie, a seconda dei termini preferiti. È sempre stata una proposta per offrire<br />
alle cure primarie una Medicina Generale più efficace ed efficiente per <strong>il</strong> sistema<br />
e più motivante e gratificante per i professionisti. Cogliamo con soddisfazione la<br />
centralità della Medicina Generale nel PSN 2011-2013 recentemente approvato<br />
anche dalle Regioni e la convocazione del tavolo tecnico per <strong>il</strong> riordino delle<br />
cure primarie in cui sono state concretamente esaminatele possib<strong>il</strong>i modifiche<br />
ai principi che devono guidare gli AACCNN contenuti nell’art. 8 della502/92 e<br />
s.m.i. Se saranno confermate le conclusioni di questo tavolo, in esse ci saranno<br />
i fondamenti della Ri-fondazione. Il prossimo ACN dovrà regolamentare bene<br />
la compatib<strong>il</strong>ità con le società di servizio dei medici di medicina generale, non<br />
solo per prevenire conflitti di interesse, ma anche per trasformarle in opportunità<br />
32
Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed innovazione: l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo<br />
di sv<strong>il</strong>uppo alla luce del neonato sistema dei Confidi dei professionisti. Opportunità<br />
per finanziare investimenti con risorse non provenienti dal Fondo Sanitario<br />
Nazionale, indirizzate a dare sostegno ad un sistema di affidamenti professionali<br />
garantiti dal SSN prioritariamente alla categoria.<br />
Dovrà introdurre <strong>il</strong> nuovo prof<strong>il</strong>o professionale dell’Assistente di Studio del medico di<br />
famiglia, di recente inserito nel rinnovo del CCNL degli studi professionali per nostra<br />
espressa richiesta, con competenze, capacità e conoscenze appositamente definite<br />
sia in campo relazionale comunicativo che gestionale organizzativo e socio<br />
assistenziale, la cui formazione può essere autofinanziata dal CCNL stesso. Nuovefigure<br />
non già introdotte in sostituzione di quella infermieristica, ma al contrario per<br />
consentire lo sv<strong>il</strong>uppo della sua autonomia professionale, sollevandola da incombenze<br />
pur necessarie al supporto delle attività del medico di medicina generale.”<br />
(dalla Relazione del Segretario Generale Nazionale Giacomo M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo 2011 3 )<br />
L’esperienza diffusa e consolidata delle cooperative di medicina generale oggi<br />
è in campo per <strong>il</strong> progetto di ri-fondazione della professione e per contribuire alla<br />
sostenib<strong>il</strong>ità e riorganizzazione del servizio sanitario nazionale in un nuovo welfare<br />
delle opportunità.<br />
Oltre alla gestione dei fattori di produzione di servizi, oggi alle cooperative è attribuito<br />
una funzione ancora più importante e preziosa in tempi di scarse risorse<br />
economiche pubbliche. Esse, infatti, sono in grado di Individuare e convogliare<br />
sui servizi alle persone risorse finanziarie aggiuntive al Fondo Sanitario Nazionale,<br />
per dotare <strong>il</strong> territorio di nuove tecnologie e strutture, per vincere le sfide della<br />
cronicità e della deospedalizzazione, per prendersi cura del paziente complesso,<br />
per sostenere la riorganizzazione dell’assistenza primaria con risorse strutturali<br />
provenienti dal mercato che si aggiungono a quelle gestionali del Fondo Sanitario<br />
Nazionale.<br />
L’Associazione Nazionale delle Cooperative Mediche (ANCoM)<br />
La prima esperienza di coordinamento delle cooperative di medicina generale<br />
in Italia si è sv<strong>il</strong>uppata dal 2005 al 2006 con una partecipazione unitaria che portò<br />
al primo congresso della cooperazione medica a Fiuggi nell’ottobre del 2006,<br />
nel quale confluirono le esperienze cooperative associate nel CoS, allora unico<br />
consorzio nazionale sanità, e le altre esperienze regionali e territoriali non aderenti<br />
a CoS ma aggregate intorno a “Campania Medica”, consorzio regionale<br />
campano di oltre 30 cooperative.<br />
3<br />
66° Congresso Nazionale Fimmg-Metis, La Medicina Generale nel terzo m<strong>il</strong>lennio, V<strong>il</strong>lasimius (CA) 03-08 ottobre<br />
2011<br />
33
Saggio introduttivo<br />
Ad essa è seguita fino al 2009 una fase che ha visto <strong>il</strong> CoS da una parte e dall’altra<br />
<strong>il</strong> CNCM, Coordinamento nazionale delle cooperative mediche, nuovo soggetto<br />
associativo leggero promosso a partire da Campania Medica.<br />
Il CNCM si costituì su base volontaria dopo <strong>il</strong> primo Congresso Nazionale di Fiuggi<br />
dell’ottobre 2006, e si è sciolto nel giugno 2009 confluendo nell’ANCOM, dopo<br />
aver sv<strong>il</strong>uppato un’intensa attività associativa scandita dai congressi nazionali a<br />
Fiuggi, ogni anno fino al 2009.<br />
Il CNCM ha visto i suoi punti di forza organizzativi ed esperienziali, prevalentemente<br />
nel centro e sud Italia con presenza maggiormente significativa in Campania,<br />
Toscana, Abruzzo, Lucania e Puglia, pur aderendovi diverse cooperative<br />
delle regioni del Nord.<br />
L’ANCoM è stata costituita a Fiuggi <strong>il</strong> 13/6/2009, ha sede legale a Roma in piazza<br />
Marconi, presso la FIMMG. In essa sono confluite le cooperative mediche provenienti<br />
dal CNCM e dal COS, che vi hanno portato le loro diverse e molteplici<br />
esperienze.<br />
L’Associazione ha ad oggi 64 enti associati tra cooperative e consorzi. Ad essa,<br />
infatti, come soci ordinari si possono iscrivere sia cooperative che consorzi. Vi<br />
aderiscono due consorzi nazionali e diversi consorzi regionali e territoriali. Le cooperative<br />
e consorzi associati coinvolgono più di 5.000 Medici di Medicina Generale<br />
soci, distribuiti in quasi tutte le Regioni, con una maggiore presenza in<br />
Campania, Toscana e Lombardia.<br />
Organi dell’associazione sono l’assemblea dei soci, la Consulta dei referenti regionali,<br />
<strong>il</strong> Consiglio Direttivo, l’ufficio di Rappresentanza Nazionale, <strong>il</strong> Referente<br />
Nazionale, che è eletto dal consiglio Direttivo (art. 5 Statuto). Il Referente Nazionale,<br />
che ha la rappresentanza legale e giuridica dell’associazione e la firma<br />
sociale, dura in carica 3 anni.<br />
Tra le finalità dell’Associazione vi è quella di rappresentare, assistere, tutelare e coordinare<br />
le cooperative associate e di avere la responsab<strong>il</strong>ità generale dell’elaborazione<br />
e dell’attuazione della politica della cooperazione medica (art. 2 dello<br />
Statuto, comma 2). Scopo dell’associazione è promuovere l’erogazione delle<br />
cure primarie ed organizzare ricerche, studi, dibattiti su tematiche di generale<br />
interesse degli associati. L’Associazione si propone sia di fornire informazioni e<br />
sostegno ai soci, che di svolgere funzioni di comunicazione del mondo delle cooperative<br />
mediche e di rappresentanza verso l’esterno. Tra i compiti delineati<br />
dallo statuto si individuano infatti: provvedere a fornire appoggio e sostegno ai<br />
singoli associati che ne facciano richiesta, per la ricerca di finanziamenti, per la<br />
preparazione di materiale per la partecipazione a bandi e concorsi, per l’ela-<br />
34
Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed innovazione: l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo<br />
borazione delle procedure atte a garantire la qualità sociale delle cooperative<br />
associate; garantire la comunicazione, informazione e assistenza agli associati,<br />
rispetto a problemi di interesse comune; promuovere azioni idonee a soddisfare<br />
le esigenze di sv<strong>il</strong>uppo del movimento cooperativo operante nel settore dell’assistenza<br />
primaria, sostenere la valorizzazione e la promozione delle esperienze<br />
delle società di servizio.<br />
L’Associazione si propone inoltre di provvedere alla rappresentanza delle società<br />
di servizio nei contesti opportuni, nei confronti di istituzioni e organizzazioni scientifiche<br />
e sindacali, sia in sede locale che nazionale, operando non in competizione<br />
o in conflitto con i sindacati dei medici di medicina generale e con le associazioni<br />
della cooperazione, ma in assoluta sinergia (Ranisio, Simone 2010, p. 37).<br />
L’ANCoM si configura come un’associazione originale nel panorama della sanità<br />
italiana, perché si propone come associazione degli “operativi” nell’assistenza<br />
primaria senza alcuna confusione di ruolo, di vision e di mission con i sindacati e<br />
con le società scientifiche. L’ANCoM non ha nel suo statuto, né potrebbe averlo,<br />
nulla che abbia a che vedere con la contrattazione e la rappresentanza dei<br />
medici di medicina generale nella contrattazione nazionale, regionale ed aziendale,<br />
assolutamente tutta in capo ai sindacati, né competenza e cultura di elaborazione<br />
e definizione di ruoli professionali con attività e compiti, o promozione<br />
di attività di formazione e ricerca proprie delle società scientifiche.<br />
Essa può essere complementare, rappresentare <strong>il</strong> valore aggiunto per sindacati<br />
e società scientifiche, proprio per essere un’associazione di operativi, associati<br />
in cooperative, nelle diverse regioni, che propongono e sperimentano modelli<br />
gestionali nell’erogazione delle cure, anche innovativi.<br />
Oltre allo Statuto, <strong>il</strong> consiglio direttivo dell’AncoM ha elaborato una carta dei<br />
valori che riprende i principi ispiratori della cooperazione riconosciuti sia dalla<br />
Costituzione (art. 45), sia dalla Dichiarazione di Identità approvata al Congresso<br />
di Manchester dall’Alleanza Cooperativa Internazionale nel 1995. Nella Carta<br />
dei Valori ci si richiama ai principi di efficienza, di solidarietà e di sv<strong>il</strong>uppo sostenib<strong>il</strong>e<br />
delle proprie comunità; si individuano, inoltre, alcuni principi di carattere<br />
generale relativi ai rapporti: cooperazione- libertà, democrazia-cooperazione,<br />
solidarietà-Patto intergenerazionale, attraverso <strong>il</strong> trasferimento di competenze e<br />
ab<strong>il</strong>ità tra i soci anziani e i soci giovani, e cooperazione-responsab<strong>il</strong>ità sociale, attraverso<br />
la promozione dello sv<strong>il</strong>uppo sostenib<strong>il</strong>e da un punto di vista ambientale,<br />
sociale ed economico.<br />
Gli art. 5-10 sono poi rivolti esplicitamente a delineare finalità e caratteristiche<br />
delle cooperative mediche, in linea con quanto già esposto precedentemente.<br />
Le cooperative di medicina generale “liberano <strong>il</strong> medico da tutti gli aspetti orga-<br />
35
Saggio introduttivo<br />
nizzativi e gestionali e gli consentono di dedicarsi alle attività ed ai compiti clinici<br />
e di promozione della salute” (art. 6 Carta dei valori). Introducono però elementi<br />
importanti rispetto al ruolo delle cooperative nel sistema sanitario, sia riguardo<br />
all’integrazione sociosanitaria, che al governo clinico e al federalismo sanitario.<br />
Rispetto all’integrazione sociosanitaria si afferma, infatti, <strong>il</strong> ruolo insostituib<strong>il</strong>e<br />
delle cooperative, nell’organizzazione delle nuove forme di assistenza primaria<br />
(UCCP,CDS, ecc.) sia direttamente che con la partecipazione ad altri soggetti<br />
giuridici come fondazioni, consorzi, ecc..<br />
Rispetto al governo clinico, la cooperazione medica deve avere un “rapporto<br />
operativo esteso e proficuo” con i SS. SS.RR. per lo sv<strong>il</strong>uppo della gestione dei<br />
processi di cura e per la presa in carico della cronicità nel contesto delle cure<br />
primarie. Indispensab<strong>il</strong>i al governo clinico delle patologie croniche sono proprio<br />
le banche dati clinici di popolazione, “primo e principale prodotto” dell’associazionismo<br />
cooperativo.<br />
L’Art. 10, che conclude la carta dei Valori, tira un po’ le f<strong>il</strong>a dei presupposti<br />
dell’associazione individuando alcuni punti chiave nel rapporto tra cooperative<br />
mediche e servizi sanitari regionali in uno stato federato.<br />
“Le cooperative di medicina generale operano come imprese nei Servizi Sanitari<br />
Regionali di uno stato Federato, con un orizzonte comune, universalistico e solidaristico,<br />
della salute come bene comune. Le cooperative di medicina generale<br />
gestiscono i fattori di produzione di servizi nell’area dell’Assistenza primaria, in<br />
stretto rapporto con le Aziende Sanitarie Locali e i Distretti Sanitari, a cui compete<br />
programmazione, erogazione di risorse e controllo”.<br />
All’uopo l’ANCoM, appena costituita, sottoscrisse un protocollo d’intesa con Federsanità<br />
ANCI, che nell’ANCI rappresenta le Aziende Sanitarie Locali e le Aziende<br />
ospedaliere. Federsanità ANCI considera la cooperazione medica come un<br />
efficace strumento a supporto di una migliore erogazione di servizi ed assistenza<br />
sul territorio per cui l’affianca nel percorso di riconoscimento istituzionale.<br />
In questo articolo si pone in evidenza l’aspetto imprenditoriale che caratterizza<br />
la cooperativa, che viene poi precisato nella funzione di gestione dei fattori di<br />
produzione di servizi nell’area dell’assistenza primaria, si tratta di un’attività imprenditoriale<br />
non a fini di lucro ma orientata a principi universalistici e solidaristici.<br />
Le cooperative mediche sono forze sociali in movimento che, nel quadro del<br />
progetto di riforma federalista, chiedono un chiaro riconoscimento normativo<br />
e si propongono come punti di garanzia del territorio per l’impiego appropriato<br />
delle risorse. L’ANCoM è impegnata a definire un percorso di accreditamento<br />
36
Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed innovazione: l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo<br />
istituzionale delle società cooperative nel sistema sanitario per farle diventare un<br />
ut<strong>il</strong>i soggetto priv<strong>il</strong>egiato di erogazione di servizi.<br />
È necessario, oggi, che l’associazione nazionale delle cooperative si faccia carico,<br />
oltre che del consolidamento territoriale delle singole associate, sv<strong>il</strong>uppando<br />
cultura d’impresa e di marketing, anche della comunicazione verso l’esterno.<br />
L’ANCoM ha, perciò, promosso questa collana editoriale, appena al secondo<br />
<strong>volume</strong>, ed un sito web “ancomitalia.it”.<br />
La cooperazione di medicina generale, con oltre quindici anni di esperienza in<br />
Italia, sta sempre più rafforzandosi come strumento di miglioramento e sostenib<strong>il</strong>ità<br />
dell’assistenza primaria in un sistema sanitario che si propone di essere<br />
equo, universalistico, efficiente ed efficace. Ha, inoltre, promosso e gestisce nelle<br />
diverse Regioni una rete di presidi territoriali di assistenza primaria, spesso aperti<br />
al pubblico 12 ore al giorno, che ut<strong>il</strong>izzano personale di studio di segreteria ed<br />
infermieristico, dispongono di tecnologia diagnostica residenziale ed in remoto,<br />
ut<strong>il</strong>izzano strumenti di sanità elettronica e procedure di medicina telematica ut<strong>il</strong>i<br />
ai cittadini ed agli operatori per rendere più efficace ed efficiente l’erogazione<br />
dei servizi.<br />
Proprio rispetto alla sanità elettronica e alla medicina telematica non possiamo<br />
non valorizzare <strong>il</strong> nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale che si propone di<br />
sancire nuovi diritti, nuove opportunità e nuovi doveri. Nel primo punto del CAD la<br />
parola chiave è <strong>il</strong> Diritto all’uso delle tecnologie verso amministrazioni e gestori di<br />
servizi pubblici. Questo rappresenta un diritto dei cittadini ed è inammissib<strong>il</strong>e che<br />
in un’epoca, in cui la tecnologia ha messo a disposizione di tutti delle opportunità,<br />
un cittadino, che ha, ad esempio, un dolore toracico in un luogo senza servizi, non<br />
possa essere seguito con tutte le procedure e tecnologie, magari in remoto, nello<br />
stesso modo di chi ha lo stesso problema in territori ricchi di strutture diagnostiche<br />
e terapeutiche. Questi servizi, in epoca digitale, sono un diritto dei cittadini e noi<br />
operatori abbiamo un solo dovere: fare per i nostri paziente <strong>il</strong> meglio possib<strong>il</strong>e.<br />
C’è un diritto dei cittadini ed un dovere di chi amministra di mettere a disposizione<br />
della comunità tutto ciò che la tecnologia rende disponib<strong>il</strong>e.<br />
Un altro principio guida del nuovo CAD è “fare sistema” con l’obbligo di coordinarsi<br />
e lavorare insieme. Le cooperative, sia nella sanità elettronica che nella<br />
medicina telematica, sono e possono sempre più essere dei potenti fac<strong>il</strong>itatori e<br />
diffusori.<br />
Alcune cooperative socie stanno partecipando al progetto dei CREG in Lombardia<br />
e l’associazione le sta seguendo con particolare attenzione promuovendo<br />
momenti di monitoraggio e riflessione.<br />
37
Saggio introduttivo<br />
Da alcuni mesi ha preso avvio, ed è ora in fase avanzata, un importante progetto<br />
sul dolore cronico non oncologico ai sensi della legge 38/2010: IMPACT.<br />
Al Progetto IMPACT hanno aderito 45 cooperative con oltre 500 medici coinvolti<br />
come ricercatori. L’Associazione concorre notevolmente alla buona riuscita del<br />
progetto, partecipando al comitato scientifico, coordinando le cooperative di<br />
MMG iscritte, che sono distribuite su tutto <strong>il</strong> territorio Nazionale. L’obiettivo principale<br />
è l’acquisizione e lo sv<strong>il</strong>uppo delle competenze farmacologiche e gestionali<br />
da parte dei medici di medicina generale, nell’assistenza del paziente con<br />
dolore acuto o cronico, perseguendo un modello organizzativo (Spoke e Hub),<br />
previsto dalla stessa legge, che consentirà la costruzione di “reti” contro <strong>il</strong> dolore,<br />
in modo da reingegnerizzare l’assistenza ai malati territoriali, prevalentemente<br />
oncologici e reumoartropatici. Le cooperative nei territori possono rappresentare<br />
certamente gli Spoke della rete assistenziale.<br />
ANCoM e Shalom<br />
All’etica della professione, all’impegno nel sociale ed alla cooperazione internazionale<br />
con i paesi del mondo più sfortunati, intese richiamarsi <strong>il</strong> III Convegno<br />
di Fiuggi che vide una densa e toccante relazione di don Andrea Cristiani. Don<br />
Andrea <strong>il</strong>lustrò la storia del movimento Shalom, da lui fondato nel 1974, che è<br />
oggi una formazione con migliaia di iscritti. Presentò le attività del movimento,<br />
un’organizzazione laica, ma di ispirazione cattolica che si propone aperta a persone<br />
di ogni età e dai diversi orientamenti politici e religiosi. Le attività, vanno<br />
dai gruppi di studio: i “Cantieri della pace”, alle missioni umanitarie in varie parti<br />
del mondo. Finora <strong>il</strong> movimento ha operato in Burkina Faso, Sudan, Egitto, India,<br />
Bangladesh, Bras<strong>il</strong>e, Iraq, Bosnia, Jugoslavia, Romania. I progetti strutturali sono<br />
volti a garantire un sufficiente livello di alimentazione (costruzione di pozzi, forni<br />
sociali, invio di generi alimentari ecc..), alfabetizzazione (costruzione di scuole,<br />
centri di aggregazione), sanità (costruzione di padiglioni ospedalieri, ambulatori).<br />
Un posto di r<strong>il</strong>ievo tra le attività lo occupano le adozioni a distanza. Don<br />
Andrea sottolineò le carenze e le difficoltà che l’assistenza sanitaria incontra nel<br />
Burkina Faso. L’ANCoM, ed in particolare le cooperative della Campania insieme<br />
alla lega coop,allora presieduta da Vanda Spoto avviarono un percorso di<br />
collaborazione con Shalom facendosi promotrici di “Un’ambulanza per <strong>il</strong> Burkina<br />
Faso” con raccolta fondi per l’acquisto e l’invio nel poverissimo paese africano<br />
di un’autoambulanza attrezzata anche con culla neonatale. Dopo aver concluso<br />
questo primo progetto si sta lavorando ad una nuova fase orientata all’ut<strong>il</strong>izzo<br />
della FAD e della medicina telematica per la formazione e l’assistenza in campo<br />
degli operatori in Burkina e non solo. A Benevento ed in Campania le cooperative<br />
locali e l’ANCoM stanno promuovendo numerose iniziative con la prossima<br />
costituzione di una delegazione locale di Shalom orientata alle problematiche<br />
sanitarie ed assistenziali. Il progetto ha purtroppo cambiato nome per la scom-<br />
38
Il medico di medicina generale tra tradizione, crisi ed innovazione: l’ANCoM e l’associazionismo cooperativo<br />
parsa prematura ed improvvisa di Vanda Spoto, collaboratrice di Don Andrea<br />
e presidente di lega coop campana. È diventato “Progetto Vanda per l’Africa”<br />
promosso e condiviso dall’ANCoM e dalla lega delle cooperative.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
Guzzanti E, Mazzeo MC, M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo G. Cicchetti A, Meloncelli A., 2009. L’Assistenza primaria in Italia: dalle<br />
condotte mediche al lavoro di squadra. Iniziative Sanitarie Editore, Roma.<br />
Montagnier L., 2009, La scienza ci guarirà, Sperling & Kupfer, M<strong>il</strong>ano<br />
Ranisio G., Simone C., a cura, 2010, Oltre le Convenzioni, CUES, Salerno<br />
39
CAPITOLO 1<br />
Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
1.1 Lectio Magistralis: le sfide della sanita’ del 21° secolo<br />
Walter Ricciardi 1<br />
1.1.1 L’aumento dei bisogni<br />
La sanità del 20° secolo è stata dominata dai medici e dai concetti di efficacia<br />
ed efficienza.<br />
La sanità del 21° secolo sarà dominata dai pazienti e dal concetto di valore,<br />
perché in tutto <strong>il</strong> mondo vi sono sfide enormi e crescenti.<br />
Tutti i paesi ricchi stanno immettendo più risorse in sanità ma, ovunque, l’aumento<br />
degli investimenti finanziari risulta del tutto insufficiente a soddisfare l’aumento<br />
stab<strong>il</strong>e nei bisogni e nella domanda (Figura 1)<br />
Figura 1 - Il gap crescente tra risorse e bisogni<br />
Inoltre, anche se fosse disponib<strong>il</strong>e molto più danaro, e sappiamo che non lo sarà,<br />
le risorse umane potrebbero non esserlo altrettanto. Mentre infatti le società diventano<br />
più ricche, sono sempre di meno le persone che ambiscono a fare lavori,<br />
spesso esteticamente poco attraenti, necessari per l’assistenza delle persone<br />
1<br />
Direttore Istituto di Igiene Università Cattolica del Sacro Cuore Roma<br />
41
Capitolo 1<br />
malate. Di conseguenza molti paesi sv<strong>il</strong>uppati hanno cominciato a “saccheggiare”<br />
le risorse umane dei paesi più poveri, impiegando una proporzione significativa<br />
e crescente dei laureati medici ed infermieristici provenienti dai paesi<br />
meno sv<strong>il</strong>uppati. Fortunatamente, mentre nel passato questo comportamento<br />
veniva giustificato dalle necessità economiche, molti ora guardano a questo<br />
fenomeno come a qualcosa di eticamente inaccettab<strong>il</strong>e. Comunque, anche se<br />
questo reclutamento dovesse continuare, la premessa essenziale rimane la stessa<br />
ed è evidenziata nella Figura 1: i bisogni e la domanda stanno aumentando<br />
in modo più veloce delle risorse disponib<strong>il</strong>i per soddisfarli.<br />
Per spiegare l’aumento dei bisogni vi sono tre elementi tra loro correlati <strong>il</strong>lustrati<br />
nella Figura 2.<br />
Figura 2 Le cause dell’aumento dei bisogni<br />
L’invecchiamento della popolazione<br />
In quasi tutte le società, <strong>il</strong> numero degli ultraottantenni sta aumentando in modo<br />
impressionante. Il motivo principale di questa tendenza non risiede soltanto nella<br />
drammatica diminuzione del tasso di mortalità dei settantenni, come risultato di<br />
una migliore assistenza medica, ma è anche perché la percentuale di bambini<br />
sopravvissuti agli anni pericolosi dell’infanzia è cresciuta significativamente sette<br />
decadi fa.<br />
Vi è una buona evidenza che gli attuali ultraottantenni siano più in forma degli<br />
ultraottantenni di venti o trenta anni fa. Tuttavia, anche le persone anziane più in<br />
forma hanno una più elevata prevalenza di malattie croniche e, quindi, <strong>il</strong> numero<br />
di persone con malattie croniche aumenta in modo imponente.<br />
In ogni caso, sia che la gente muoia a 70, a 80 o a 90 anni, gli ultimi mesi di vita<br />
sono quasi sempre un periodo in cui vi è un uso intensivo di servizi sanitari. Pertan-<br />
42
Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
to, un aumento nel numero delle persone sopravissute fino a tarda età conduce<br />
inevitab<strong>il</strong>mente ad un aumento dei bisogni.<br />
Nuove malattie<br />
La sanità del 21° secolo deve fare i conti non solo con le malattie ereditate dal<br />
20° secolo, ma anche con nuove patologie. Invero, in molti paesi poveri i servizi<br />
sanitari devono fronteggiare non solo le epidemie di tubercolosi, colera e malnutrizione<br />
infant<strong>il</strong>e tipiche del 19° secolo, ma anche le malattie cardiache e gli<br />
incidenti stradali.<br />
Nei paesi sv<strong>il</strong>uppati i servizi sanitari devono invece affrontare i problemi derivati,<br />
nel 20° secolo, dalle modifiche degli st<strong>il</strong>i di vita e dall’invecchiamento della popolazione.<br />
E la lista non è finita.<br />
L’ultimo decennio ha visto l’emergenza della SARS e dell’Influenza Aviaria e<br />
l’evoluzione di problemi cui i cambiamenti sociali, i media ed alcuni clinici hanno<br />
fatto assumere un andamento quasi epidemico, come nel caso dell’anoressia<br />
nervosa, della sindrome della falsa memoria e quella da fatica cronica.<br />
Il diagramma di Venn nella Figura 2 dimostra che questi elementi sono correlati<br />
fra loro, ad esempio:<br />
• alcune nuove tecnologie riducono <strong>il</strong> rischio di intervento chirurgico e consentono<br />
a persone anziane, che nel passato non sarebbero state prese in<br />
considerazione per un intervento chirurgico, di avere trattamenti prima non<br />
disponib<strong>il</strong>i; anche questo aumenta i bisogni di assistenza sanitaria.<br />
• cambiano le attitudini. Oggi, a ragione, né le persone più anziane, né i medici<br />
accettano che i problemi sanitari siano causati dalla “tarda età”. Entrambi<br />
ritengono che tutte le persone che hanno problemi sanitari dovrebbero<br />
avere la stessa opportunità di diagnosi e trattamento, indipendentemente<br />
dall’età. E questo aumenta la domanda di assistenza sanitaria.<br />
Nuove tecnologie<br />
Un’ut<strong>il</strong>e definizione di bisogno sanitario è quella di “problema sanitario per cui vi<br />
sia un intervento efficace”. Per questo motivo, quando un nuovo farmaco od un<br />
altro tipo di tecnologia medica vengono creati ed approvati per l’uso, vengono<br />
attivati nuovi bisogni.<br />
43
Capitolo 1<br />
1.1.2 La gestione dei bisogni<br />
Coloro che finanziano o gestiscono i servizi sanitari possono fare poco per controllare<br />
l’aumento dei bisogni. Se i finanziatori dei servizi sanitari sono anche i responsab<strong>il</strong>i della<br />
salute pubblica (come nel caso dei Servizi Sanitari Nazionali), essi debbono certamente<br />
fare <strong>il</strong> possib<strong>il</strong>e per prevenire epidemie di malattie correlate al fumo di tabacco, o<br />
patologie correlate alle droghe, o le conseguenze dell’obesità, ciascuna delle quali<br />
avrà un impatto massiccio sull’assistenza sanitaria. Se i finanziatori dell’assistenza sanitaria<br />
non hanno responsab<strong>il</strong>ità per la salute pubblica, come nei sistemi assicurativosociali,<br />
tutto ciò che possono fare è sperare che quelli che ce l’hanno intraprendano<br />
azioni efficaci, perché non vi sono altri strumenti veramente in grado di prevenire l’aumento<br />
delle malattie.<br />
Come già detto l’invecchiamento della popolazione è un fatto consolidato, determinato<br />
in parte dall’efficacia della medicina moderna, ma anche dal calo della mortalità<br />
infant<strong>il</strong>e sessanta o settanta fa.<br />
I governi possono cercare di controllare la crescita di nuove tecnologie rifiutandosi di<br />
finanziare la ricerca e lo sv<strong>il</strong>uppo, ma ciò avrebbe scarsi effetti, perché oggi i principali<br />
finanziatori delle nuove tecnologie non sono i governi, ma le industrie private.<br />
Quello che i finanziatori ed i gestori dei servizi sanitari possono concretamente fare è<br />
gestire accortamente l’introduzione delle nuove tecnologie e promuovere contemporaneamente<br />
l’abbandono di quella vecchia e ridondante per assicurarsi di ottenere<br />
<strong>il</strong> massimo valore dalle risorse che vengono investite.<br />
L’aumento della domanda e la sua gestione<br />
La domanda di assistenza sanitaria sta aumentando anche in conseguenza di un<br />
fenomeno diffuso denominato “consumerismo” e fortemente alimentato da Internet.<br />
Non è fac<strong>il</strong>e gestire la domanda di servizi sanitari. Sono possib<strong>il</strong>i diverse opzioni, una<br />
delle quali è quella di essere molto chiari ed espliciti su quali servizi, e per quali condizioni,<br />
verranno garantiti dalle strutture pubbliche. Questi potrebbero, o meno, includere<br />
prestazioni quali interventi chirurgici per <strong>il</strong> cambio di sesso, ernia inguinale asintomatica,<br />
chirurgia estetica, vene varicose asintomatiche, calcoli renali asintomatici, etc.<br />
Inoltre, le aziende sanitarie potrebbero rendere esplicita e motivata la decisione di<br />
non finanziare interventi ritenuti di scarso valore, come la chirurgia bariatrica per<br />
l’obesità, <strong>il</strong> trattamento intensivo in regime di ricovero per la tossicodipendenza,<br />
la riparazione chirurgica dei legamenti crociati del ginocchio, ad eccezione degli<br />
sportivi attivi.<br />
44
Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
Gli argomenti a supporto di queste decisioni potrebbero basarsi sui livelli di efficacia<br />
di ciascuno di questi interventi. Quello che non è possib<strong>il</strong>e e controproducente<br />
è gestire la domanda scaricando le decisioni sui singoli medici, che devono fronteggiare<br />
le richieste dei singoli pazienti.<br />
La gestione deve essere invece svolta dai finanziatori ed a livello di popolazione<br />
generale e pur non essendo cosa fac<strong>il</strong>e può essere attuata, ad esempio, nei seguenti<br />
modi:<br />
• essere estremamente chiari su quali sottogruppi di pazienti abbiano maggiore<br />
probab<strong>il</strong>ità di beneficiare da un intervento e, come corollario, quelli che invece<br />
ne trarranno minore vantaggio;<br />
• esprimere la probab<strong>il</strong>ità di un beneficio in termini assoluti piuttosto che relativi,<br />
perché l’uso del rischio assoluto piuttosto che di quello relativo nella comunicazione<br />
dei benefici e dei danni riduce sempre la domanda di assistenza.<br />
Per questo gli “evangelizzatori” di un nuovo servizio abitualmente esprimono<br />
i benefici in termini relativi piuttosto che assoluti, per ottenere un effetto più<br />
eclatante di induzione del bisogno;<br />
• assicurarsi che ai pazienti vengano date informazioni non solo sui benefici, ma<br />
anche sui rischi e sulle limitazioni degli interventi;<br />
• fornire ai pazienti informazioni in diversi modi, ad esempio con l’uso di rapporti<br />
sui dati relativi ai fallimenti dei trattamenti.<br />
Queste azioni possono essere incorporate in strumenti di supporto alla decisione<br />
dei pazienti come parte di un’efficace strategia di coinvolgimento della popolazione<br />
generale.<br />
Uno degli effetti dell’ampia diffusione delle opinioni sul progresso della medicina,<br />
fortemente influenzato da quello che è stato denominato “distorsione ottimistica”,<br />
è che <strong>il</strong> pubblico è fortemente propenso al trattamento.<br />
Uno degli effetti di fornire ai pazienti un’informazione di alta qualità sui benefici, i rischi<br />
e le limitazioni dei trattamenti è quello di contrastare la “distorsione ottimistica”<br />
e far si che la loro scelta sia basata sulle evidenze scientifiche, con una conseguente<br />
positiva riduzione della domanda.<br />
La gestione della domanda clinica<br />
La domanda è spesso generata sia dai medici che dai pazienti.<br />
Nella sua forma più evidente, l’entusiasmo del medico, cioè di un professionista<br />
altruista e propenso a far del bene, armato da un’informazione fornita da entu-<br />
45
Capitolo 1<br />
siastici promotori di una nuova tecnologia, espressa in termini di benefici relativi<br />
invece che assoluti, è quello che alimenta in modo più r<strong>il</strong>evante la domanda, ad<br />
esempio facendogli condurre una campagna attiva per un nuovo servizio o per<br />
una nuova attrezzatura.<br />
Qualche volta, i risultati della ricerca scientifica possono essere trasferiti alla pratica<br />
clinica attraverso decisioni politiche ben ponderate, come ad esempio nel<br />
caso dell’introduzione di un programma di screening per <strong>il</strong> cancro della mammella,<br />
ma molto più spesso le innovazioni vengono introdotte nella pratica medica<br />
dai clinici, che abitualmente cercano le risorse per supportare l’innovazione<br />
da coloro che finanziano i servizi sanitari.<br />
Le modalità con cui le modifiche o le innovazioni nella pratica clinica si traducono<br />
in un aumento dei costi dell’assistenza sanitaria sono molte (vedi Tabella 1)<br />
Come le innovazioni nella pratica clinica aumentano i costi<br />
Trattando condizioni che erano precedentemente intrattab<strong>il</strong>i<br />
Trattando persone che non sarebbero state precedentemente trattate a causa di modifiche nelle percezioni<br />
professionali di bisogno ed appropriatezza e di mutazione nelle aspettative del pubblico. Queste<br />
possono risultare da:<br />
• Aumentata sicurezza degli interventi;<br />
• nterventi più accettab<strong>il</strong>i, meno invasivi, più gradevoli;<br />
• Modificate attitudini verso l’età anagrafica come motivo per rifiutare <strong>il</strong> trattamento;<br />
• Modificate aspettative su salute e malattia.<br />
Fornendo trattamenti più costosi:<br />
• Farmaci più cari;<br />
• Diagnostica per immagini più costosa;<br />
• Test laboratoristici più cari;<br />
• Personale più costoso.<br />
Una pratica clinica più intensiva:<br />
• Una degenza più lunga;<br />
• Più test per paziente;<br />
• Più interventi professionali per paziente;<br />
• Più trattamenti per paziente.<br />
Tabella 1 - Fonte: Evidence Based Healthcare (4)<br />
Uno studio condotto da David Eddy negli USA (1) ha dimostrato che nei sistemi<br />
sanitari in cui le spese non sono limitate, ma oggetto di economia di mercato, le<br />
modifiche nel “<strong>volume</strong> ed intensità” della pratica clinica sono i principali fattori<br />
di aumento dei costi controllab<strong>il</strong>i dai manager.<br />
46
Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
Le altre cause di aumento dei costi – invecchiamento della popolazione, inflazione<br />
generale dei prezzi ed inflazione dei prezzi sanitari – vanno al di la del<br />
potere di controllo del management sanitario (Figura 3).<br />
Figura 3 - Le cause dell’inflazione dei costi<br />
Nei sistemi sanitari in cui le decisioni vengono prese in un contesto di risorse<br />
limitate, benché le spese possano non andare fuori controllo, le modifiche nel<br />
<strong>volume</strong> e nell’intensità della pratica clinica possono generare tensioni finanziarie<br />
e pressioni nei servizi e possono anche indirizzare <strong>il</strong> servizio in direzioni diverse<br />
da quelle identificate come prioritarie dal management.<br />
La gestione dell’innovazione abitualmente si focalizza su di un piccolo numero<br />
di interventi potenzialmente ad alto costo, per esempio <strong>il</strong> numero di Risonanze<br />
Magnetiche Nucleari o di PET, ma le conclusioni del lavoro di Eddy, valide oggi<br />
come quando furono pubblicate per la prima volta, è che ogni innovazione,<br />
non importa quanto piccola o grande, necessita che la sua introduzione, o la<br />
sua rimozione, vengano gestite con attenzione e scientificità, in particolare se<br />
è rivolta verso una patologia ad elevata frequenza.<br />
La proposta di introduzione di un test di screening in una popolazione adulta<br />
potrebbe significare che, anche se <strong>il</strong> test da somministrare costasse soltanto 1<br />
euro, <strong>il</strong> costo totale, ad esempio, in Italia sarebbe di oltre 30 m<strong>il</strong>ioni di euro. Se<br />
le spese amministrative correlate fossero di 10 m<strong>il</strong>ioni di euro, e se una percentuale<br />
della popolazione richiedesse ulteriori accertamenti, <strong>il</strong> costo totale di una<br />
semplice procedura potrebbe fac<strong>il</strong>mente entrare nell’ordine delle centinaia di<br />
m<strong>il</strong>ioni di euro, anche se non vi è la chiara evidenza scientifica del suo valore<br />
aggiunto.<br />
Considerazioni conclusive: viviamo nella terza rivoluzione sanitaria<br />
Quando si avvia una rivoluzione, coloro che detengono <strong>il</strong> potere sono spesso<br />
gli ultimi ad accorgersene, specialmente se l’arma è la conoscenza e non la<br />
polvere da sparo, se l’artiglieria è Internet e non i cannoni, e se i rivoluzionari<br />
sono i pazienti, spesso ancora educati e deferenti nei confronti degli operatori<br />
sanitari.<br />
47
Capitolo 1<br />
Ma la Terza Rivoluzione Sanitaria è già cominciata ed avrà un impatto tanto r<strong>il</strong>evante<br />
quanto quelli conseguenti alla Prima ed alla Seconda Rivoluzione.<br />
Come la Prima Rivoluzione Industriale, la Prima Rivoluzione Sanitaria era basata<br />
sul senso comune. Era infatti <strong>il</strong> buonsenso che aveva condotto all’invenzione dei<br />
telai meccanici ed era la logica che aveva portato alla separazione dell’acqua<br />
dai liquami, molto tempo prima che i microbiologi scoprissero i batteri responsab<strong>il</strong>i<br />
del colera e del tifo.<br />
La Seconda Rivoluzione, sia nell’industria che in sanità, è stata guidata dalla<br />
Scienza. Cioè da biologi, chimici, ingegneri e fisici, che inventarono e sv<strong>il</strong>upparono<br />
non solo automob<strong>il</strong>i, aeroplani, e plastica, ma anche farmaci, trapianti e<br />
protesi artificiali divenuti indispensab<strong>il</strong>i per le attività dei medici.<br />
La Terza Rivoluzione Industriale sta trasformando ogni servizio ed impresa e i suoi<br />
p<strong>il</strong>astri sono la conoscenza, <strong>il</strong> World Wide Web ed i cittadini.<br />
La Sanità appare, al momento, relativamente protetta, a causa della necessità<br />
di erogare la maggior parte dell’assistenza vicino o addirittura, dentro le case<br />
della gente, ma sia <strong>il</strong> lavoro dei medici che le attività dei pazienti saranno presto<br />
radicalmente modificate dalle forze della Rivoluzione, così come lo sono già stati<br />
quelli dei banchieri, delle compagnie telefoniche e degli agenti di viaggio.<br />
La Seconda Rivoluzione Sanitaria ha portato ad enormi miglioramenti nell’efficacia<br />
e nei rapporti costi-efficacia dell’assistenza.<br />
Nella Terza Rivoluzione Sanitaria questo verrà dato per scontato.<br />
Il focus di questa Rivoluzione, guidata dalla conoscenza, dalle tecnologie dell’informazione<br />
e dai cittadini, sarà <strong>il</strong> valore che questi ultimi percepiranno nel ricevere<br />
prestazioni conseguenti ai progressi ottenuti durante la Seconda rivoluzione<br />
scientifica, combinati con l’integrazione della genomica.<br />
Nel suo classico studio Administrative Behaviour (3), la cui quarta edizione è stata<br />
pubblicata 50 anni dopo la prima, <strong>il</strong> Premio Nobel Herbert Simon riflette sulla correlazione<br />
tra decisioni di carattere etico e di carattere operativo. Egli sottolinea<br />
che “la separazione di elementi etici ed operativi nei giudizi può essere effettuata<br />
solo a breve termine”.<br />
In teoria, i burocrati e gli amministratori prendono decisioni presentando i fatti e i legislatori<br />
o i rappresentanti pubblici aggiungono i valori e prendono la decisione finale.<br />
“I funzionari consigliano e i ministri decidono” è una massima comune.<br />
48
Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
Il consiglio dei funzionari influenza i decisori, ed entrambi possono essere influenzati<br />
da esperti consiglieri, di solito scienziati e medici, e non solo dalla forza<br />
dell’evidenza, ma anche dal modo con cui essa viene espressa. Uno studio ha<br />
evidenziato che i burocrati ed i legislatori prendono decisioni differenti se gli stessi<br />
dati sono presentati in modo diverso (2).<br />
Il giudizio dei finanziatori deve raggiungere un equ<strong>il</strong>ibrio tra l’opzione economica<br />
ideale e l’opzione populista, che è quella che soddisferà <strong>il</strong> maggior numero di<br />
persone. Ogni decisione deve essere presa come una decisione etica, poiché<br />
ogni volta un determinato gruppo di pazienti ne trarrà vantaggio ed altri ne soffriranno.<br />
Il principio etico più frequentemente usato per prendere decisioni è probab<strong>il</strong>mente<br />
l’”ut<strong>il</strong>itarismo”, simboleggiato dalla frase “<strong>il</strong> maggior bene per <strong>il</strong> numero<br />
più grande”, che suona irresistib<strong>il</strong>e e molto popolare.<br />
Purtuttavia, dovremmo sempre avere in mente la sfida all’ut<strong>il</strong>itarismo come è<br />
espressa da Dostoyevski nei fratelli Karamazov, quando Ivan chiede ad Alyosha:<br />
“Immagina che tu stia creando una struttura per <strong>il</strong> destino umano con l’obiettivo<br />
di rendere tutti gli uomini felici, conferendo loro, al fine, pace e serenità,<br />
ma che per far questo sia necessario ed inevitab<strong>il</strong>e torturare a morte una sola<br />
piccola creatura – per esempio prendendo a pugni quella bambina – e fondare<br />
quell’edificio sulle sue lacrime innocenti – vorresti tu essere l’architetto di questa<br />
condizione?”<br />
I decisori possono contemporaneamente desiderare di fare <strong>il</strong> maggior bene al<br />
più ampio numero di persone e di fare <strong>il</strong> minimo danno al più piccolo numero di<br />
esse. L’alto costo del trattamento di persone con malattie rare – alto perché non<br />
vi sarà mai un mercato di massa per i “farmaci orfani” per trattare ad esempio<br />
patologie come la malattia di Gaucher – aumenterà le sfide ai valori dei decisori,<br />
poiché i trattamenti per queste patologie saranno sempre più disponib<strong>il</strong>i.<br />
Prendere decisioni è anche un processo a forte contenuto emozionale ed Herbert<br />
Simon lo descrive come “a razionalità limitata”. I fatti contribuiscono alle<br />
decisioni, ma solo in parte.<br />
C’è bisogno che qualcuno sia responsab<strong>il</strong>e di prendere decisioni sull’allocazione<br />
delle risorse: ognuno vorrebbe far parte di coloro che attribuiscono più risorse,<br />
mentre sono pochi quelli che ambiscono a far parte di quelli che decidono di<br />
tagliarle o di rifiutare risorse a gruppi di pazienti che ne hanno bisogno ma, soprattutto<br />
in un’epoca in cui le risorse diminuiscono, qualcuno dovrà pur farlo<br />
questo lavoro.<br />
49
Capitolo 1<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
Eddy, D.M. (1993) Three battles to watch in the 1990’s. JAMA 270: 520-6<br />
Fahey, T. et al (1995) Evidence Based Purchasing. BMJ 311: 1056-1060<br />
Simon, H. (1997) Administrative Behaviour: a study of decision-making processes in administrative<br />
decisions. Simon & Schuster<br />
Gray, J.A.M. (2005) Evidence-Based Healthcare. Elsevier<br />
Gray, J.A.M., Ricciardi W. (2010) Per una sanità di valore. SIMM Edizioni Iniziative Sanitarie, Roma.<br />
1.2 Le cooperative fra mmg per la gestione delle UCCP negli accordi regionali.<br />
appropriatezza e qualità dei servizi alla professione<br />
Antonio di Malta 2<br />
“Ci aspettavamo noi di ANCoM che ci fosse un po’ più di gente. Potrebbe anche<br />
questa essere una testimonianza significativa di come lo stato dell’arte della Medicina<br />
Generale, nel Sistema Sanitario Nazionale italiano, sia piuttosto precario<br />
forse al punto che alla gente non importa più di capire dove sono gli strumenti,<br />
se ci sono, per salvarlo e se va salvato. Ho detto più o meno la stessa cosa a Cagliari<br />
quando ho fatto una relazione sim<strong>il</strong>e al congresso nazionale della FIMMG,<br />
perché abbiamo dovuto aspettare un po’ di tempo affinché in sala ci fossero<br />
150 persone quando nel congresso ne giravano circa 1000. Questo è importante<br />
annotarlo, a mio discapito, anche se poi qualche amico mi consola dicendo<br />
che quello che conta non è <strong>il</strong> numero delle persone ma <strong>il</strong> valore delle idee che<br />
poi sono eventualmente trascinanti nei confronti di quelli che idee pioniere non<br />
riescono ad averle.<br />
Essendo io, per mia natura, un provocatore bonario comincio con questo tipo di<br />
affermazione che è rivolta ai medici di famiglia: “E venuto <strong>il</strong> tempo che “tu” ti dia<br />
da fare! Nessuno farà al posto tuo ciò che tocca a te fare, se non ti decidi a farlo.”<br />
Noi del Co.S. e dell’ANCoM abbiamo fatto cose incredib<strong>il</strong>i eppure sembra che<br />
non siano state colte né che vengano ut<strong>il</strong>izzate tantissimo, e questo nonostante<br />
non mi sembri di vedere in giro soluzioni alternative che siano in grado di vicariare<br />
le nostre proposte con risultati migliori. Nonostante ciò, ci si aspetta che invece<br />
determinate cose vengano fatte.”<br />
Il primo obiettivo di questo congresso dovrebbe essere quello di convincere le<br />
Asl che:<br />
• i medici di famiglia ce la possono fare a …. e che a loro conviene che i medici<br />
ce la facciano a……. (ne parleremo dopo);<br />
• secondo obiettivo convincere i medici che ce la possono fare a ………………<br />
(ne parleremo dopo);<br />
2<br />
Vice Presidente Nazionale ANCoM<br />
50
Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
• terzo obiettivo è spiegare ai MMG e alle Asl che non hanno altra via di uscita<br />
oltre a quelle che proponiamo noi ……….. (ne parleremo dopo) …. pena <strong>il</strong><br />
sacrifico del Servizio Sanitario Nazionale.<br />
Cominciamo a capire finalmente se in Italia c’è una correlazione fra le dichiarazioni<br />
di intenti e i comportamenti consequenziali, cioè se c’è un corrispettivo tra<br />
ciò che si dichiara e ciò che poi realmente si fa, la mia esperienza di cooperazione<br />
negli ultimi 15 anni mostra, da questo punto di vista, uno scenario disastroso.<br />
Naturalmente, io spero sempre che queste mie dichiarazioni possano essere<br />
smentite e che invece ci siano più persone in grado di dire cose diverse.<br />
Durante questi convegni mi diverto anche a parlare della cosiddetta “danza<br />
delle sigle” UTAP, Casa della Salute, UCCP, AFT, Gruppi di Cure Primarie, Nuclei<br />
di Cure Primarie. Di sigle ce ne sono tante e speriamo che <strong>il</strong> Federalismo regionale<br />
non serva solo a cercare di dare un nome diverso a qualcosa che poi<br />
non viene messo in opera. Perché se è vero quanto dichiarato dall’ Istituto Regionale<br />
della Lombardia per la Ricerca (IRER), sono già chiari quali siano i modelli<br />
gestionali che meglio garantiscono risultati di appropriatezza su scala Nazionale.<br />
Hanno cercato le UTAP, Case della salute, e hanno riscontrato che mentre<br />
sulla carta ce n’erano tante in realtà ne sono state individuate poche, e in ogni<br />
caso spesso solo indirizzi o strutture fatiscenti. Le uniche che facevano eccezioni<br />
nel senso che avevano caratteristiche e performance accettab<strong>il</strong>i erano i centri<br />
sanitari polifunzionali del Co.S Lombardia non mappati a livello istituzionale.<br />
Si spera che ci sia quindi una consequenzialità tra le dichiarazioni di intenti e le<br />
conseguenze operative.<br />
Il nostro segretario Nazionale M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo a Cagliari (Convegno FIMMG 2010) giovedì<br />
ha dichiarato sostanzialmente proprio queste cose che sono molto impegnative<br />
e cioè che in Italia spesso fra le dichiarazioni di intenti e i comportamenti successivi<br />
non esiste legame, non c’è per cosi dire una coerenza operativa fra le<br />
promesse e le azioni. Ha dichiarato, poi, sostanzialmente che bisogna usare le<br />
Società di servizio anche Cooperative per fornire i fattori di produzione (Fdp)<br />
ai medici. I Fdp che serviranno sono quelli per le UCCP citati nell’ articolo<br />
26/ter dell’ Accordo Collettivo Nazionale e che deve essere esportato integralmente<br />
nel prossimo ACN, quello che sostanzialmente è stato bloccato<br />
per via della manovra finanziaria di Tremonti.<br />
Il nostro Ministro del lavoro Sacconi in teleconferenza ha dichiarato che si dovranno<br />
creare tante Società di Servizio e Cooperative, che dovranno servire per<br />
gestire le UCCP di cui sono stati approvati i costi standard, (come ha anche<br />
affermato del Favero) che comportano una maggiore responsab<strong>il</strong>ità delle regioni<br />
e delle Asl, rispetto alla spesa e rispetto ai medici di medicina generale.<br />
Ha affermato, inoltre, di voler dare un contributo importante per la gestione<br />
51
Capitolo 1<br />
della non autosufficienza visto che sta diventando un problema importante perché<br />
<strong>il</strong> numero di non autosufficienti totali non trova una risposta in termini di servizio<br />
da parte delle RSA che riesca a coprire questo bisogno. D’altra parte la<br />
patologia dell’acuzie si riduce per cui ci sarebbe bisogno di ridurre i posti letto<br />
ospedalieri, ma non si capisce ancora quale sia la fascia intermedia di bisogno<br />
tra l’acuzie e la non autosufficienza totale, che sostanzialmente è la non autosufficienza<br />
parziale e la cronicità. Che tipo di risposta trova sul territorio questa<br />
affermazione, al di là delle dichiarazioni di intenti che sempre vengono fatte,<br />
visto che <strong>il</strong> medico è al centro del sistema, rappresenta <strong>il</strong> Gatekeeper, <strong>il</strong> potenziale<br />
responsab<strong>il</strong>e della corretta allocazione delle risorse per la prescrizione delle<br />
prestazioni sanitarie?<br />
Poi è intervenuto <strong>il</strong> ministro della sanità Fazio <strong>il</strong> quale ha dichiarato che è necessario<br />
attrezzare <strong>il</strong> territorio e questo significa investire sul territorio stesso. Ha<br />
aggiunto che ha chiesto un tavolo di lavoro fra Ministero, Sisac e sindacati per<br />
preparare una legge che “studi e promuova, <strong>il</strong> ruolo unico della medicina generale,<br />
la separazione dell’onorario dai fattori di produzione del reddito” che è un<br />
concetto sul quale la medicina generale, <strong>il</strong> Dott. M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo, e anche noi, mondo della<br />
cooperazione medica, stiamo lavorando da alcuni anni perché senza questo<br />
tipo di concetto non si va da nessuna parte. I medici di famiglia ricevono degli<br />
incentivi che rappresentano un modo di espandere la busta paga di base se<br />
fanno determinate cose come mettersi in associazione, avere del personale di<br />
studio, essere dotati di un’infermiera e altro.<br />
Naturalmente <strong>il</strong> modo di calcolare questi incentivi appartiene ad un sindacalismo<br />
storico assolutamente corretto in passato, ma che adesso ha fatto <strong>il</strong> suo<br />
tempo e andrebbe trasformato perché si tratta di un incentivo che parte da un<br />
calcolo assolutamente forfettario del costo effettivo sostenuto.<br />
Infatti, se si calcolasse effettivamente <strong>il</strong> fattore di produzione del reddito, per<br />
realizzare quel tipo di prestazione o quel tipo di attività, i risultati sarebbero decisamente<br />
diversi.<br />
L’unica ragione per cui questo metodo sindacale sopravvive, è legata al fatto<br />
che nessuno va a fare <strong>il</strong> calcolo dell’effettivo costo dei fattori di produzione del<br />
reddito, perché sennò quello che la ASL ti paga in termini forfettari con degli<br />
incentivi, non sarebbe assolutamente sufficiente. Per converso nessuno controlla<br />
che <strong>il</strong> risultato del lavoro effettuato in questo modo dia una effettiva ricaduta<br />
sugli indicatori di appropriatezza piuttosto che di miglioramento della cura del<br />
paziente, perché se questo tipo di controlli si dovessero fare ci sarebbero sicuramente<br />
delle sorprese.<br />
Dopo queste dichiarazioni di M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo, del ministro Sacconi, e del ministro Fazio, è<br />
sufficiente imparare a capire come ut<strong>il</strong>izzare le società di servizio per avviare e<br />
gestire le UCCP e come si possono calcolare i fattori di produzione del reddito<br />
per poter computare, all’interno di una contrattazione sindacale, la copertura<br />
degli stessi.<br />
52
Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
Quindi gli obiettivi della riflessione di oggi riguardano:<br />
• <strong>il</strong> calcolo dell’onorario e dei fattori di produzione del reddito relativi all’attività<br />
di base (h24)<br />
• Le modalità di calcolo del costo tipo dei singoli moduli operativi di PDTA che<br />
comprendono l’onorario e i fattori di produzione per quel PDTA. Per capirci<br />
<strong>il</strong> PDTA non è solo la fotografia in termini di dati clinici di come sta <strong>il</strong> paziente<br />
diabetico, ma deve essere anche un modulo organizzativo/operativo che<br />
sia in grado di definire quanto spazio serve, quali standard di personale (infermiera<br />
e collaboratore di studio,e medico) è necessario, quanto materiale<br />
serve, per fare assistere un paziente cronico.<br />
• Definire i modelli tipo dei Presidi Territoriali di Medicina Generale acronimo<br />
con cui noi chiamiamo quelle che nelle varie regioni sono state definite:<br />
Case della Salute, UTAP, Gruppi di Cure Primarie, UCCP, redigendo appositi<br />
Business Plan e la loro organizzazione<br />
• Definire gli assetti Societari più idonei a gestire le predette UCCP:<br />
• Rendere disponib<strong>il</strong>i i supporti e i servizi che <strong>il</strong> Co.S. e Ancom mettono a disposizione<br />
dei medici di famiglia per avviare e gestire i PTMG/UCCP.<br />
Noi di Co.S., dentro ANCoM, ci sforzeremo di mettere a disposizione della medicina<br />
generale una chance nuova e diversa, fornendo strumenti attraverso i<br />
quali imboccare e percorrere una propria strada senza abbandonarsi “inconsapevoli”<br />
e “speranzosi” nelle braccia della Parte pubblica, che è comunque<br />
importante in quanto resa indispensab<strong>il</strong>e dall’attività del medico di famiglia che<br />
è costruita sul servizio pubblico. Il medico di famiglia, infatti,non esisterebbe se<br />
non ci fosse <strong>il</strong> servizio pubblico, ma vorremmo anche avere un ruolo centrale.<br />
Un monito rivolto ai medici di famiglia, senza creare alcun allarmismo, è che<br />
bisogna star attenti a chi ci dice che ci vuole dare una mano perché poi non<br />
sempre implica che ci vuole fare del bene.<br />
Questo perché i farmacisti sono entrati nelle cure domic<strong>il</strong>iari grazie ad una legge<br />
che ha trasformato tutti i farmacisti d’Italia in pattanti per le cure domic<strong>il</strong>iari<br />
come i pattanti della Lombardia ed è ancora incerta la questione su come loro<br />
possano dar fastidio. C’è chi dice che fin quando saremo noi a fare le prescrizioni<br />
non ci potranno dar fastidio, ma del resto ci sono farmacisti che si stanno<br />
organizzando per ospitare delle UCCP. Quindi magari mentre gli altri si organizzano<br />
dove vedono un potenziale business, non sarebbe male che noi medici di<br />
famiglia cercassimo quantomeno di capire <strong>il</strong> quadro e provassimo a macinare<br />
qualche soluzione.<br />
Le Cooperative di servizio per medici di famiglia, non a caso chiamate di servizio,<br />
servono esclusivamente per procurare fattori di produzione del reddito ai<br />
medici, che fanno una professione diversa e che continuano a fare in modo<br />
assolutamente individuale cioè <strong>il</strong> medico del paziente e <strong>il</strong> medico curante. Quel<br />
medico, insieme a tanti altri medici, realizza una Società di Servizio o Coope-<br />
53
Capitolo 1<br />
rative di Servizio per procurarsi insieme le macchine, per pagare <strong>il</strong> personale,<br />
per condividere una sede lavorativa, per organizzare corsi formativi, e tutto ciò<br />
che ne consegue escludendo la vendita delle prestazioni sanitarie con quella<br />
struttura.<br />
Io medico, ho costituito una Società Cooperativa per salvare la medicina generale<br />
perché mi sono reso conto ad un certo punto, <strong>il</strong>luminato sulla via di Damasco,<br />
che l’organizzazione della medicina generale diventava sempre più<br />
complessa e io medico di medicina generale non potevo più assolvere all’acquisizione<br />
di fattori di produzione del reddito da solo, perché magari mi serviva<br />
una UCCP che potrebbe avere una rete logistica con 3 centri sanitari polifunzionali<br />
più 20 studi periferici)<br />
Quindi avendo deciso di fare una società di servizio, devo essere consapevole<br />
che questa società di servizio deve servire al medico esclusivamente per fornire<br />
fattori di produzione del reddito e non deve assolutamente correre <strong>il</strong> rischio di<br />
vendere prestazioni sanitarie, perché innanzitutto diventerebbe una cooperativa<br />
di produzione lavoro (e non di servizio) e dovrebbe entrare nel mercato<br />
generale della domanda e della offerta e questo non deve succedere.<br />
Se questa società di servizio entrasse nel mercato generale dovrebbe affrontare<br />
le regole della concorrenza e se deve affrontare le regole della concorrenza<br />
nel giro di tre anni e mezzo verrebbe massacrata perché la cooperazione generale<br />
ha mezzi e strumenti per cui non esiste nessuna possib<strong>il</strong>ità di competere<br />
con questi soggetti. D’altra parte l’idea originale non era questa e a tal fine non<br />
a caso l’articolo 54 dell’accordo collettivo nazionale vieta alle cooperative di<br />
servizio di vendere prestazioni sanitarie. Non a caso la norma finale numero 19<br />
dice che, ove anche l’articolo 54 venga rimosso perché si entra nella logica<br />
delle UCCP, continua a permanere come eredità <strong>il</strong> fatto di non poter vendere<br />
prestazioni sanitarie. Questo punto è fondamentale in quanto sono 15 anni che<br />
ci battiamo sulla distinzione tra cooperative di servizio, che hanno uno scopo interno<br />
alla categoria, e l’entrare nel mercato generale facendo dell’altro e vendendo<br />
prestazioni sanitarie. Stiamo attenti perché vendendo prestazioni specialistiche<br />
piuttosto che qualsiasi altra cosa, magari troviamo la nostra via per <strong>il</strong><br />
futuro, però prima o poi qualcuno ci spiegherà che l’articolo 17 dell’ACN vieta<br />
la vendita di prestazioni sanitarie e vieta anche di far parte di società di servizio<br />
quindi possedere quote che possono entrare in conflitto con <strong>il</strong> servizio sanitario<br />
nazionale. L’istituto CerGas della Bocconi da molti anni sta disquisendo sulla<br />
possib<strong>il</strong>ità che i medici di famiglia siano contemporaneamente prescrittori e fornitori<br />
di prestazioni sanitarie; non possono essere entrambi ma o solo prescrittori<br />
o solo fornitori, se sono fornitori devono smettere di essere prescrittori, se sono<br />
prescrittori non possono essere fornitori. Se poi l’ASL affida al medico di famiglia<br />
e non alla cooperativa una serie di compiti che si possono estendere in maniera<br />
potenzialmente ut<strong>il</strong>e per <strong>il</strong> medico per <strong>il</strong> cittadino e per l’ASL, in sostanza gli chiede<br />
di potersi occupare dell’assistenza domic<strong>il</strong>iare integrata sul territorio come<br />
può operare al meglio in questo settore? Lo può fare ut<strong>il</strong>izzando la sua società<br />
54
Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
di servizio, le sue infermiere, con le quali farà <strong>il</strong> lavoro che l’ASL affida solo a lui in<br />
quanto medico di famiglia. Infatti la predetta serie di compiti non viene affidata<br />
al consorzio di cui farebbe parte la coop di cui <strong>il</strong> medico è socio. In questo caso<br />
<strong>il</strong> Consorzio “orienterebbe” o costringerebbe la cooperativa di medici propria<br />
socia a vendere prestazioni sanitarie in modo indiretto. Questo metterebbe <strong>il</strong><br />
medico in condizione di incompatib<strong>il</strong>ità poiché fa parte di una cooperativa che<br />
vende prestazioni sanitarie.<br />
La struttura privata accreditata ha bisogno di lavorare e nel momento in cui ha<br />
bisogno di lavorare cerca <strong>il</strong> medico di famiglia perché <strong>il</strong> medico di famiglia è un<br />
prescrittore, per cui <strong>il</strong> ragionamento di fondo è che bisogna che ne prendiamo<br />
atto ossia noi o ci organizziamo da soli “ingegnerizzati nel cambiamento”, come<br />
dice M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo, o c’è <strong>il</strong> rischio che chi ci dà una mano non lo fa perché ci vuole<br />
bene. L’integrazione socio sanitaria è <strong>il</strong> tema che si sv<strong>il</strong>uppa di più attraverso<br />
la collaborazione con le cooperative sociali quindi Legacoop, Confcoop, Federsanità,<br />
e si deve realizzare mettendo insieme medici di medicina generale e<br />
cooperative sociali - ormai l’hanno detto tutti -, ma tra <strong>il</strong> dire e fare c’è di mezzo<br />
un po’ di strada da fare. Noi siamo molto intenzionati a farlo ma la logica non<br />
deve essere quella di entrare in una piattaforma in cui diventiamo un pezzo di<br />
un sistema che prende in carico un pezzo del servizio sanitario nazionale, non è<br />
questa la logica e porterebbe alla fine della medicina generale perché ad un<br />
certo punto i soggetti della contrattazione diventerebbero immancab<strong>il</strong>mente le<br />
cooperative che sono più forti di noi.<br />
Integrazione Socio-Sanitaria:<br />
Cosa vuol dire?<br />
• Integrazione di attività sanitaria (mediche e paramediche e farmaceutiche)<br />
e socio assistenziale a r<strong>il</strong>ievo sanitario<br />
Cosa permette?<br />
• L’erogazione in modo sinergico di prestazioni sanitarie (mmg, e specialisti)<br />
e di prestazioni infermieristiche,riab<strong>il</strong>itative e socio assistenziali (pattanti, farmacisti,<br />
Coop sociali, RSA ect)<br />
Cosa richiede?<br />
• Partnership fra fornitori di prestazioni mediche e infermieristiche e riab<strong>il</strong>itative<br />
e socio assistenziali. La partnership può sv<strong>il</strong>upparsi in:contratti prestazioni<br />
servizi, ATI, protocollo d’intenti, Consorzi sociali<br />
Cosa stiamo facendo?<br />
• Pubblicizzeremo la nostra linea come Ancom che prevede: niente revisione<br />
della 381/91 per consentire alle Coop mediche di essere sociali, si ai Consorzi<br />
sociali, ect.<br />
Noi medici singoli e individuali siamo invincib<strong>il</strong>i e abbiamo una forza incredib<strong>il</strong>e<br />
perché, in quanto prescrittori, ci siamo solo noi sostanzialmente.<br />
55
Capitolo 1<br />
Tutti i sondaggi ci danno per vincenti noi medici di famiglia siamo tutti imbattib<strong>il</strong>i,<br />
insostituib<strong>il</strong>i, simpatici, più belli e più forti, e svolgiamo un ruolo piuttosto forte e<br />
pesante. Se entriamo in un settore che ha una sua attività e che opera nel mercato<br />
generale, noi non siamo più nessuno, chiaramente interessiamo perché<br />
prescriviamo ma chi ad un certo punto si dovesse rendere conto che la nostra<br />
prescrizione induce un potenziamento delle prescrizioni nelle farmacie, ce le<br />
porterebbero sicuramente via.<br />
Quale potrebbe essere <strong>il</strong> migliore dei mondi possib<strong>il</strong>i?<br />
Riuscire a fare quello che Vi viene imposto:<br />
• associazionismo coatto,<br />
• informatizzazione obbligatoria,<br />
• burocrazia crescente senza venire meno alla vostra mission (fare bene <strong>il</strong> medico)<br />
Darsi una organizzazione in grado di decidere con ag<strong>il</strong>ità (senza dovere sentire<br />
ad ogni decisione tutti i MMG interessati) ma con l’obbligo di rispondere ad essi<br />
e rappresentarli comunque tutti sulla scorta di un mandato comune.<br />
Concludo positivamente dicendo che <strong>il</strong> nostro obiettivo è di costruire delle<br />
UCCP che siano gestite dalle società di servizio cooperative; <strong>il</strong> lavoro svolto<br />
negli ultimi 15 anni ha fornito tutti gli strumenti necessari per raggiungere questi<br />
obiettivi, si possono fare economie di scala interessantissime, le UCCP non<br />
sono quelle cattedrali nel deserto che qualcuno immagina di 1000 m quadri in<br />
cui tutti i medici debbano andare dentro ma rappresentano un assetto logistico<br />
che può simbolicamente rappresentare un vestito messo sul territorio, lo fai<br />
come vuoi l’importante è creare delle economie di scala di gruppi di acquisto<br />
dando una gestione amministrativa unica comune a un pezzo di organizzazioni<br />
di UCCP. Le cose fondamentali sono creare ed aderire ad uno strumento (la<br />
società di servizi) caratterizzato da una personalità giuridica propria, da una autonomia<br />
patrimoniale e da una capacità di impresa che le consenta di investire<br />
senza coinvolgere patrimonialmente <strong>il</strong> medico socio, delegare a detta società<br />
di servizi “controllata” dal medico stesso, la fornitura dei beni e servizi necessari<br />
all’avvio e alla gestione della sua professione comunque organizzata.<br />
In conclusione <strong>il</strong> mondo della cooperazione attraverso ANCoM e i Consorzi associati<br />
ad ANCoM è in grado di offrire una risposta concreta operativa per consentire<br />
alle Cooperative e alle Società di servizio di gestire delle UCCP e l’obiettivo<br />
prefissato da ANCoM al termine del Congresso è quello di presentare una<br />
proposta articolata e accompagnata da una mozione finale.<br />
56
Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
1.3 Diritti e partecipazione<br />
Alessio Terzi 3<br />
Dichiarazioni solenni e attuazioni incerte.<br />
Il nesso fra diritti e partecipazione, in linea di principio, è indissolub<strong>il</strong>e. Riconoscere<br />
che un essere umano è un portatore di diritti significa anche riconoscere che<br />
egli è un soggetto dotato di autonomia ed è capace di esercitarla nella vita<br />
pubblica.<br />
Il documento più importante, a questo proposito, è stato certamente la Dichiarazione<br />
universale di diritti dell’uomo del 1948 che all’art. 25 stab<strong>il</strong>isce l’universalità<br />
del diritto alla salute «Ogni individuo ha <strong>il</strong> diritto ad un tenore di vita sufficiente<br />
a garantire la salute e <strong>il</strong> benessere proprio e della sua famiglia, con particolare<br />
riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai<br />
servizi sociali necessari».<br />
Il legame fra diritti e partecipazione è confermato con forza dalla Conferenza di<br />
Alma Ata del 1978, «le popolazioni hanno <strong>il</strong> diritto e <strong>il</strong> dovere di partecipare individualmente<br />
e collettivamente alla programmazione e realizzazione della loro<br />
assistenza sanitaria» (Dichiarazione finale, punto 4). La carta di Ottawa, del 1986,<br />
conferma <strong>il</strong> ruolo attivo della cittadinanza: «La promozione della salute è <strong>il</strong> processo<br />
che mette in grado gruppi e individui di aumentare <strong>il</strong> controllo sui fattori<br />
determinanti della salute e di migliorarla».<br />
Anche l’ultimo comma dell’art. 118 della Costituzione italiana ribadisce in forma<br />
inequivocab<strong>il</strong>e <strong>il</strong> legame fra diritti e partecipazione: «Stato, regioni, province, città,<br />
metropolitane e comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli<br />
e associati,per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla base del principio<br />
di sussidiarietà».<br />
Un’altra affermazione solenne, rintracciab<strong>il</strong>e in tutti i documenti ufficiali, riguarda<br />
la “centralità del malato” come principio ispiratore delle attività di cura e<br />
dell’organizzazione dell’assistenza e, da almeno un decennio, va maturando<br />
la convinzione che tale principio debba alimentare processi di empowerment<br />
degli individui nei confronti del proprio stato di salute, dei professionisti e delle<br />
organizzazioni.<br />
Fatalmente la realtà non coincide con le dichiarazioni. L’universalità del diritto<br />
alla salute non trova riscontro concreti in larga parte del mondo. Anche in Europa<br />
è in atto una seria crisi del modello sociale, è in discussione la sostenib<strong>il</strong>ità dei<br />
3<br />
Presidente di Cittadinanzattiva<br />
57
Capitolo 1<br />
sistemi sanitari ed è già possib<strong>il</strong>e che l’insorgere di malattie gravi e invalidanti o di<br />
condizioni di non autosufficienza diventino veicoli di esclusione sociale.<br />
In nome della compatib<strong>il</strong>ità, le amministrazioni si riservano margini di discrezionalità<br />
nella definizione dei livelli di assistenza e nell’organizzazione dei servizi che possono<br />
trasformare l’erogazione delle prestazioni in una “gent<strong>il</strong>e concessione” più<br />
che nell’attuazione di un diritto dovuto. Decisioni cruciali per la vita dei cittadini<br />
sono prese, nella maggior parte dei casi, senza alcuna seria consultazione dei<br />
cittadini stessi, ai quali è sottratta anche la possib<strong>il</strong>ità di valutare l’appropriatezza<br />
delle scelte e di poter scegliere liberamente <strong>il</strong> luogo di cura con <strong>il</strong> sostegno di informazioni<br />
adeguate.<br />
La “centralità del malato”, tanto solennemente proclamata, rischia di rimanere un<br />
puro principio deontologico (sacrosanto ma abbandonato, di fatto, alla discrezione<br />
dei professionisti). Decenni di intervento attivo dei cittadini e l’evoluzione delle<br />
culture professionali, fortunatamente, hanno favorito la costruzione, in molte situazioni,<br />
di servizi e di procedure effettivamente orientate ai diritti degli utenti e dei<br />
pazienti ma si deve constatare <strong>il</strong> permanere di molte realtà in cui ciò non avviene<br />
e nessuno interviene per porre rimedio (Cittadinanzattiva 2010a, 2010b,2010c).<br />
Una sfida da riconoscere e da vincere<br />
La crisi del modello sociale europeo, fondato su elevati livelli di protezione, è profonda,<br />
e, per quanto riguarda la sanità, sostenuta anche da fenomeni strutturali<br />
in sé positivi, come l’allungamento della vita media e la possib<strong>il</strong>ità di curare efficacemente<br />
molte malattie croniche. L’universalità del diritto alla salute, però;<br />
non può più essere considerata un esito tutto sommato scontato delle politiche<br />
pubbliche.<br />
In primo luogo, è cambiato <strong>il</strong> concetto stesso di universalità. La fondazione del<br />
servizio sanitario nazionale era ispirata da un’idea “assoluta” che, secondo i suoi<br />
critici, corrispondeva alla volontà di «dare tutto a tutti». È poi prevalso un modello<br />
più mitigato fondato sul criterio di garantire le «prestazioni necessarie ed appropriate<br />
a chi ne ha bisogno». Corrispondentemente è cambiato <strong>il</strong> significato<br />
concreto dell’eguaglianza, passando dal principio che «gli individui con lo stesso<br />
stato di salute (o di bisogno) devono venire trattati egualmente» alla convinzione<br />
che «gli individui con peggiore stato di salute o con maggiore bisogno devono<br />
venire trattati più favorevolmente” (equità verticale)» (Luiss, 2008, pp. 25/26).<br />
Questo passaggio inevitab<strong>il</strong>e apre la strada a pericoli che devono essere identificati<br />
e messi sotto controllo. Il Libro bianco sulla non autosufficienza (Ministero,<br />
2010), infatti, introduce <strong>il</strong> concetto di «universalità selettiva» che permette alle<br />
58
Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
amministrazioni di esercitare, in assenza di adeguati contrappesi, un forte potere<br />
discrezionale sulla definizione dei criteri di appropriatezza e di selezione delle<br />
priorità e di “razionare” le prestazioni.<br />
Poco o nulla, invece, si fa per aggredire tre voci di grande r<strong>il</strong>evanza: <strong>il</strong> costo delle<br />
burocrazia inut<strong>il</strong>e (perdite di tempo e di denaro causate da procedure assurde<br />
e arbitrarie), i costi della medicina difensiva (che <strong>il</strong> ministero stima fra i 10 e i 20<br />
m<strong>il</strong>iardi l’anno), i costi della corruzione.<br />
In compenso i Livelli essenziali di assistenza e <strong>il</strong> nomenclatore tariffario delle protesi<br />
e degli aus<strong>il</strong>i, da dieci anni a questa parte, non sono più stati aggiornati (i testi<br />
sono pronti ma non riescono a raggiungere le aule parlamentari). Alcune regioni<br />
e varie aziende hanno provveduto ai necessari adeguamenti, altre no e possono<br />
ut<strong>il</strong>izzare questa lacuna per negare l’accesso a presidi e farmaci. Si riducono le<br />
risorse per la protezione dei soggetti frag<strong>il</strong>i con l’azzeramento, previsto nel 2011,<br />
del fondo per la non autosufficienza. L’assurda gestione delle pensioni di invalidità<br />
messa in atto dall’INPS ha vanificato le disposizione della legge 102 del 2009<br />
senza alcun intervento del governo e del parlamento.<br />
Se questo genere di tendenze non fosse rapidamente corretto, l’universalità del<br />
sistema sarebbe seriamente posta a rischio. Se invece si riparte dal rapporto fra<br />
diritti e partecipazione e dalla centralità del cittadino gli scenari sono più promettenti<br />
ed è possib<strong>il</strong>e pensare di vincere la sfida.<br />
In vari paesi europei, per esempio, emerge una tendenza a compensare la riduzione<br />
dei livelli di protezione con la formazione di “utenti forti” capaci di interagire<br />
efficacemente e appropriatamente con <strong>il</strong> sistema di erogazione delle prestazioni,<br />
attraverso l’esercizio dei diritti alla libera scelta, al consenso informato, al<br />
reclamo e al risarcimento (EPF, 2009).<br />
Su un altro versante si individua nello sv<strong>il</strong>uppo delle patient centered care non un<br />
lusso ma una via strategica per adeguare le prestazione alla concreta situazione<br />
dei malati, ridurre radicalmente molti costi e migliorare l’appropriatezza delle<br />
cure (Maciocco 2010).<br />
La partecipazione civica va oltre <strong>il</strong> diritto di consultazione e diviene una risorsa<br />
centrale per lo sv<strong>il</strong>uppo dell’universalità e per la lotta alla esclusione sociale.<br />
Le risposte dell’empowerment<br />
In contrasto con quanto molti pensano, i cittadini non subiscono passivamente<br />
la crisi ma reagiscono elaborando nuove soluzioni. È un movimento complessi-<br />
59
Capitolo 1<br />
vamente molto ampio ma poco visib<strong>il</strong>e per la sua caratteristica “molecolare” e<br />
cioè fortemente ancorata alle realtà locali.<br />
L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) ha opportunamente<br />
scelto di studiare questo fenomeno nel quadro dell’empowerment, ed ha pubblicato<br />
(Agenas, 2010) un primo censimento di esperienze integrato da un importante<br />
quadro concettuale (Caracci, Carzaniga, 2010).<br />
L’empowerment: è definito come «processo dell’azione sociale attraverso <strong>il</strong> quale<br />
le persone, le organizzazioni e le comunità acquisiscono competenza sulle proprie<br />
vite, al fine di cambiare <strong>il</strong> proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’equità<br />
e la qualità di vita» (Caracci, Carzaniga, 2010, pag. 11). Il processo presenta tre<br />
componenti fondamentali: <strong>il</strong> controllo, la consapevolezza critica e la partecipazione.<br />
«Il “controllo” si riferisce alla capacità, percepita o attuale, di influenzare le<br />
decisioni che riguardano la propria esistenza. La “consapevolezza critica” consiste<br />
nella comprensione del funzionamento delle strutture di potere e dei processi<br />
decisionali ….. La “partecipazione” attiene all’operare insieme agli altri per ottenere<br />
risultati desiderati e condivisi» (Caracci, Carzaniga, 2010, pag. 12).<br />
Nell’ambito dei servizi sanitari l’empowerment può essere considerato, una<br />
chance per affrontare la sfida «della sostenib<strong>il</strong>ità in un sistema universalistico che<br />
si rivolge a cittadini con una sempre maggiore aspettativa di vita, una crescente<br />
cronicità, bisogni di salute sempre più complessi» (Moirano, 2010 pag.7).<br />
Le 71 esperienze censite riguardano gli individui, le comunità e l’organizzazione.<br />
«Gli ambiti entro i quali si possono ritrovare esperienze di empowerment individuale<br />
sono:<br />
1. Acquisire st<strong>il</strong>i di vita e comportamenti più corretti...<br />
2. Gestire e prendere in carico la propria malattia....<br />
3. Accedere all’organizzazione dei servizi e alla gestione dei reclami...”.<br />
4. Accedere al processo decisionale di cura: p. es., <strong>il</strong> consenso informato, la<br />
cartella clinica integrata.<br />
Gli ambiti entro i quali si possono ritrovare esperienze di empowerment organizzativo<br />
sono:<br />
1. condividere <strong>il</strong> processo decisionale di cura... mediazione dei conflitti,...mediazione...<br />
nel rapporto medico-paziente;<br />
2. condividere la pianificazione dei servizi... l’analisi, la progettazione, la valutazione<br />
dei bisogni.. p. es... l’Audit civico, i Laboratori del cittadino;<br />
3. condividere la gestione dei servizi.. p. es. con l’inserimento dei caregivers e<br />
dei volontari (e con) la gestione di alcuni aspetti dell’accoglienza e....<br />
60
Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
Gli ambiti entro i quali si possono ritrovare esperienze di empowerment di comunità<br />
sono:<br />
1. fare ascoltare la propria voce: p.es. i movimenti di difesa, pressione e stimolo<br />
dei diritti del malato.., le reti di ospedali che cooperano … implementare pratiche<br />
di umanizzazione…;<br />
2. contribuire al governo locale della comunità: processi.. capaci di coinvolgere<br />
i cittadini e le organizzazioni nelle scelte.. p. es., i Patti di solidarietà o i Forum<br />
dei cittadini, gli strumenti di programmazione strategica» (Caracci, Carzaniga<br />
2010, pp. 14 – 16).<br />
In questo contesto è possib<strong>il</strong>e individuare tre ambiti di grande r<strong>il</strong>evanza nei quali<br />
l’assunzione di poteri e di responsab<strong>il</strong>ità può interagire positivamente con i processi<br />
in corso e produrre soluzioni innovative.<br />
Per quanto riguarda l’empowerment individuale, si r<strong>il</strong>eva la crescente diffusione<br />
della prassi di sostenere la cura e l’assistenza al domic<strong>il</strong>io dei malati più intensi con<br />
piani personalizzati formalizzati e sottoscritti dall’interessato e/o dai suoi fam<strong>il</strong>iari 4 ,<br />
come strada per coniugare tutela e compatib<strong>il</strong>ità.<br />
Tali piani non possono essere un semplice elenco di prestazioni sociosanitarie, ma<br />
devono definire responsab<strong>il</strong>ità, tempi e interventi di supporto (come l’individuazione<br />
e la formazione dei caregiver 5 ). Nell’approccio dell’empowerment vengono<br />
potenziate le capacità dei cittadini di adottare st<strong>il</strong>i di vita coerenti, di impiegare<br />
al meglio le risorse finanziarie proprie ma anche di intervenire tempestivamente<br />
e positivamente per ripristinare gli impegni previsti e non mantenuti. Quest’ultimo<br />
tratto, <strong>il</strong> più innovativo, trova già riscontri nella realtà con misure tutto sommato<br />
semplici - come mettere a disposizione i cellulari dei professionisti e/o i recapiti<br />
delle organizzazioni civiche di tutela, - e deve essere ulteriormente sv<strong>il</strong>uppato 6 .<br />
Non sembrano necessarie altre considerazioni per confermare <strong>il</strong> potenziale strategico<br />
di un percorso capace di integrare i servizi a partire dalla concreta situazione<br />
dei malati. Questo approccio offre anche ai medici di famiglia una grande<br />
opportunità di potenziare un rapporto di fiducia con i propri assistiti e di contrastare<br />
i rischi di burocratizzazione.<br />
4<br />
Il Rapporto sulla non autosufficienza 2010 cita le prassi adottate dalla Società della salute della Zona Fiorentina<br />
Nord e dal Fondo per la non autosufficienza della Regione Liguria, si ha però notizia dell’ut<strong>il</strong>izzazione di<br />
procedure analoghe in varie altre realtà, p.es. nella Asl To2 e nella Asl di Alessandria.<br />
5<br />
Cosa che potrebbe anche aiutare a contenere <strong>il</strong> fenomeno delle badanti “in nero”.<br />
6<br />
Per esempio i servizi per la salute mentale di Trento prevedono, per i soggetti più frag<strong>il</strong>i, che <strong>il</strong> malato e la sua<br />
famiglia possano essere affiancati da un utente o fam<strong>il</strong>iare esperto (UFE) volontario, adeguatamente formato,<br />
che ha già vissuto in prima persona e con successo un percorso di cura psichiatrico.<br />
(http://www.agenas.it/agenas_pdf/seminario_approfondiment_empowerment/Empowerment_<br />
ORGANIZZATIVO/TRENTO_U.F.E-Utenti%20%20Fam<strong>il</strong>iari%20Esperti.pdf)<br />
61
Capitolo 1<br />
Nell’ambito dell’empowerment di comunità la sfida da raccogliere è quella del<br />
presidio dei territori. Decenni di esperienza dimostrano che <strong>il</strong> problema non può<br />
essere risolto con soluzioni calate dall’alto ma soltanto con la concreta interazione<br />
fra <strong>il</strong> sistema dei bisogni e <strong>il</strong> sistema delle risorse che, fatalmente, variano non poco<br />
da realtà a realtà. Anche qui non si riparte da zero 7 . È possib<strong>il</strong>e definire, per esempio,<br />
carte di servizi integrate del territorio, nelle quali siano precisate non soltanto<br />
le informazioni dovute sulla organizzazione dei diversi servizi ma anche <strong>il</strong> regime<br />
delle responsab<strong>il</strong>ità e insieme impegni precisi e controllab<strong>il</strong>i sui livelli essenziali di<br />
informazione e di comunicazione 8 garantiti ai cittadini, sulle modalità di accesso<br />
ai programmi personalizzati, sull’accesso ai servizi di emergenza urgenza e ai<br />
punti nascite. Un sim<strong>il</strong>e passaggio, senza la partecipazione attiva dei cittadini –<br />
dalla definizione e sottoscrizione dei contenuti all’esercizio delle attività di tutela,<br />
dalla verifica del rispetto degli impegni alla possib<strong>il</strong>ità di esigere concretamente<br />
<strong>il</strong> loro ripristino in caso di inadempienza – è, con ogni probab<strong>il</strong>ità, semplicemente<br />
impossib<strong>il</strong>e. È una strada scomoda per chi non intende rinunciare alla propria discrezionalità<br />
ma non ha alternative e nel panorama internazionale, è disponib<strong>il</strong>e<br />
un ampio repertorio di esperienze di successo per lo sv<strong>il</strong>uppo appropriato della<br />
partecipazione.<br />
Anche nel livello dell’empowerment organizzativo esistono già esperienze di successo<br />
nell’ambito dei sistemi di monitoraggio, valutazione e controllo, come l’Audit<br />
civico (Terzi et al., 2010) ed altre iniziative del Tribunale per i diritti del malato, <strong>il</strong><br />
programma Partecipasalute (Mosconi et al. 2010), la legge Toscana sulla partecipazione,<br />
e della possib<strong>il</strong>ità per i cittadini di accedere ad informazioni r<strong>il</strong>evanti sulle<br />
strutture sanitarie e di esercitare consapevolmente <strong>il</strong> diritto di scelta 9 .<br />
Il sistema della valutazione è tradizionalmente un punto debole della amministrazione<br />
pubblica italiana e causa r<strong>il</strong>evante di inefficienze e di sprechi. In ambito sanitario,<br />
negli ultimi anni, l’attenzione al tema è cresciuta con importanti iniziative,<br />
come un’altra importante ricerca di Agenas (Agenas 2008), le sperimentazioni di<br />
valutazione delle performance (Nuti, Vainieri, 2009) e l’istituzione del Sistema nazionale<br />
di Verifica e controllo sull’Assistenza Sanitaria (Siveas).<br />
Le esperienze già realizzate confermano che l’approccio istituzionale e quello civico<br />
possono essere ampiamente integrati. Riconoscere ai cittadini <strong>il</strong> potere e la responsab<strong>il</strong>ità<br />
di essere soggetti attivi del sistema dei controlli è una chance da non<br />
sprecare per dare a una funzione essenziale di governo la necessaria consistenza.<br />
7<br />
Le Società della salute della Toscana, sono probab<strong>il</strong>mente l’esperienza più avanzata ma non l’unica.<br />
8<br />
L’espressione è mutuata dal programma “Involving citizens in monitoring health services”,fondato sull’Audit<br />
civico, della Asl di Nuoro, premiato nella 5QC 5th Quality Conference for public administration in EU tenuta a<br />
Parigi <strong>il</strong> 20-22 ottobre 2008 (http://www.5qualiconference.eu/bp.php?l=2&bp=286&p=18&c=1&t=0&k=)<br />
9<br />
Dal sito del National Health Service, http://www.nhs.uk/Pages/HomePage.aspx - p.es., è possib<strong>il</strong>e accedere<br />
a informazioni dettagliate sugli ospedali attraverso venti standard (giudizi sintetici sui servizi, tassi di mortalità,<br />
valutazioni degli utenti e altro).<br />
62
Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
Conclusioni<br />
Le dichiarazioni universali e costituzionali confermano che fra diritti e partecipazione<br />
esiste un nesso indissolub<strong>il</strong>e e che l’effettiva tutela dei diritti richiede l’intervento<br />
di tutti gli attori sociali istituzionali: La distinzione dei ruoli è indispensab<strong>il</strong>e<br />
per la definizione e l’esercizio delle responsab<strong>il</strong>ità ma non può legittimare alcuna<br />
pretesa di supremazia totale o di autoreferenzialità.<br />
La nuove sfide poste dallo sv<strong>il</strong>uppo e dalla salvaguardia dell’universalità non<br />
possono essere vinte senza l’intervento attivo e consapevole dei cittadini e delle<br />
organizzazioni civiche. Come si è tentato di documentare, la partecipazione dei<br />
cittadini non può essere ridotta alla semplice consultazione e nemmeno, su un<br />
altro versante, alla adozione di st<strong>il</strong>i di vita responsab<strong>il</strong>i. Le risorse della cittadinanza<br />
si esplicano con interventi multiformi in tutte le fasi della produzione dei servizi<br />
e in tutte le articolazioni della governance e devono essere riconosciute, accolte<br />
e sostenute in tutte le loro manifestazioni.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
Agenas (2008), I sistemi di valutazione dei servizi sanitari. Quaderno di Monitor n.1/2008 (Supplemento<br />
al n.20).<br />
Agenas (2010), Il sistema sanitario e l’empowerment. Quaderno di Monitor n.6/2010 (Supplemento<br />
al n. 25).<br />
Caracci G., Carzaniga S. (2010), I risultati della ricerca Agenas. Definizione, modello di analisi, strumenti<br />
di r<strong>il</strong>evazione ed esperienze significative di empowerment in sanità. Agenas 2010, pp. 10 -19.<br />
Cittadinanzattiva (2010a), Rapporto Pit Salute 2010 - Diritti non solo sulla carta,<br />
http://www.cittadinanzattiva.it/documenti-generale/cat_view/125-salute/130-rapporti-pit-salute.html<br />
Cittadinanzattiva (2010b), VI Rapporto Audit civico - Il sistema sanitario visto dai cittadini,<br />
http://www.cittadinanzattiva.it/progetti-salute/audit-civico/rapporti-e-documenti-audit-civico/<br />
rapporti-nazionali-audit-civico.html<br />
Cittadinanzattiva (2010c), IX° Rapporto sulle politiche della cronicità 2010 – Malattie croniche e<br />
diritti, zona ad accesso limitato,<br />
http://www.cittadinanzattiva.it/cnamc-malati-cronici/ix-rapporto-cnamc.html<br />
European Patient’s Forum (2009), Patient’s right in the European Union, http://www.eu-patient.eu<br />
Luiss “Guido Carli” (2008), “Libro bianco sui principi fondamentali del servizio sanitario nazionale”,<br />
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_808_allegato.<br />
Maciocco G. (2010), Assistenza sanitaria e centralità del paziente. What, Why, How.<br />
Salute internazionale.info,http://saluteinternazionale.info/2010/10/assistenza-sanitaria-e-centralitadel-paziente-what-why-how/<br />
Ministero del lavoro e delle politiche sociali (2010), Rapporto sulla non autosufficienza in Italia 2010.<br />
www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/9B939247-1A95-468A-9A54-6E58BE0DD85C/0/210710rapportosulla<br />
nonautosufficienza.pdf<br />
Moirano F. (2010), “Il ruolo dell’Agenas nelle strategie di sv<strong>il</strong>uppo dell’empowerment”. Agenas 2010,<br />
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Moro G. (2005), Azione civica. Carocci, Roma.<br />
Mosconi P., Colombo C. Liberati A., Satolli R. (2010), “Fare empowerment con le associazioni di<br />
cittadini e pazienti”. Agenas 2010, pp. 124 – 130.<br />
Nuti S., Vainieri M. (2009), Fiducia dei cittadini e valutazione della performance nella sanità italiana.<br />
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Petrangolini T. (2007), Salute e diritti dei cittadini. Baldini Castoldi Dalai, Roma.<br />
Terzi A., Tanese A., Lamanna A. (2010), L’Audit civico in sanità: un ‘espressione della cittadinanza<br />
attiva. Mecosan 74/2010, pp. 129-151.<br />
63
Capitolo 1<br />
1.4 La sanità territoriale<br />
Carmelo Scarcella 10 , Fulvio Lonati 11<br />
La sfida delle problematiche emergenti<br />
L’aumento progressivo del numero di malati cronici e/o con bisogni assistenziali<br />
complessi, accanto alla necessità di orientare tempestivamente a livello territoriale<br />
i singoli problemi emergenti, si configurano come una vera e propria sfida<br />
per i sistemi sanitari: richiedono una nuova mentalità, nuovi obiettivi, nuovi strumenti<br />
professionali.<br />
Per affrontare la sfida, i servizi sanitari territoriali, specie le cure primarie, necessitano<br />
di un’azione di coordinamento e indirizzo rivolta a tutti gli attori locali, analogamente<br />
a quanto avviene mediante le direzioni sanitarie ospedaliere nelle<br />
strutture specialistiche: infatti, solo la presenza di una organizzazione complessiva<br />
della rete dei servizi sanitari territoriali può favorire efficacemente <strong>il</strong> coinvolgimento<br />
delle molteplici componenti, garantendo l’unitarietà degli interventi attorno<br />
all’assistito e la continuità clinico-assistenziale nel tempo e nei passaggi tra<br />
diversi livelli di cura.<br />
Come affrontare la sfida<br />
Il concetto di Governo Clinico appare particolarmente calzante, sottintendendo<br />
la necessità di interdipendenza tra attività di diagnosi e cura, verso <strong>il</strong> singolo,<br />
e gestione complessiva, coinvolgente tutte le componenti: direzione strategica<br />
dell’ASL, dipartimento cure primarie, distretti socio-sanitari, MMG, strutture specialistiche<br />
ambulatoriali e di ricovero, oltre che i singoli assistiti quali coattori del<br />
processo di cura.<br />
L’ASL, in virtù della sua posizione baricentrica, può svolgere nel modo più conveniente<br />
ed opportuno un’azione di coordinamento e di indirizzo in modo autorevole,<br />
con persistenza nel tempo e mediante un processo di miglioramento<br />
contestualizzato e progressivo: un nuovo ruolo di regia del sistema locale dei<br />
servizi sanitari, teso alla valorizzazione di tutte le professionalità e alla crescita<br />
dei meccanismi di integrazione, comunicazione e sinergia, in una logica di rete<br />
complessiva, che potenzi i fattori a valenza preventiva e dia risposte efficaci ed<br />
efficienti alle diverse tipologie di domanda espressa o inespressa.<br />
L’ASL di Brescia, nell’ultimo decennio, ha scelto di intraprendere questa ipotesi di<br />
10<br />
Direttore Generale dell’ASL di Brescia<br />
11<br />
Direttore Dipartimento Cure Primarie dell’ASL di Brescia<br />
64
Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
lavoro ed ha avviato, ed ormai consolidato con esiti positivi, la sperimentazione<br />
di una regia di sistema, focalizzata sulla gestione delle malattie croniche e sulla<br />
valorizzazione dei servizi sanitari territoriali; le osservazioni e le indicazioni esplicitate<br />
nel presente contributo sono infatti dedotte da tale esperienza sul campo.<br />
Dal punto di vista metodologico, l’azione di regia adottata dall’ASL di Brescia si<br />
è basata su una classificazione dei problemi di salute del territorio estremamente<br />
schematica e netta: tutte le problematiche sono ricondotte a tre grandi aree di<br />
lavoro, di diversa dimensione, con specifiche caratterizzazioni, da approcciare<br />
con differente impostazione organizzativa:<br />
1. malattie croniche ad elevata prevalenza: più di 300.000 malati cronici per<br />
m<strong>il</strong>ione di assistiti, in progressiva crescita e con necessità di continuità di cura<br />
nel tempo e nei passaggi tra livelli di cura;<br />
2. malati con bisogni assistenziali complessi: circa 15-20.000 persone per m<strong>il</strong>ione<br />
di assistiti, con necessità che tutti gli attori coinvolti siano tra loro coordinati<br />
attorno alla singola persona e alla sua famiglia;<br />
3. presa in carico di tutte le richieste sanitarie di intervento e/o informazione 24<br />
ore su 24 e 7 giorni su 7: necessità di accogliere e dare opportunamente seguito<br />
ad ogni richiesta posta, offrendo informazioni coerenti e/o valutando <strong>il</strong><br />
problema posto, selezionando la soluzione verso la gestione diretta da parte<br />
delle cure primarie piuttosto che verso servizi specialistici.<br />
Strategie di coordinamento<br />
Per affrontare e dare una risposta sistematica ai problemi prima evidenziati, si<br />
ritiene che gli obiettivi strategici dell’ASL, nel rispetto della propria mission, possano<br />
essere ricondotti a:<br />
• garantire la presenza cap<strong>il</strong>lare sull’intero territorio di servizi sanitari di base<br />
efficienti, valorizzando <strong>il</strong> sistema delle Cure Primarie e supportando i MMG<br />
con servizi distrettuali competenti ed efficienti;<br />
• graduare l’accesso ai servizi specialistici in base al livello di complessità e<br />
problematicità;<br />
• priv<strong>il</strong>egiare le risposte meno complesse e più gestib<strong>il</strong>i nella “quotidianità”<br />
e nella “domic<strong>il</strong>iarità” per consentire <strong>il</strong> coinvolgimento attivo dell’assistito e<br />
della sua famiglia, per ottenere una buona aderenza terapeutica nel tempo,<br />
per contenere i costi, per migliorare la qualità di vita;<br />
• promuovere l’approccio globale e la continuità di cura nel tempo mediante<br />
strumenti di lavoro condivisi che favoriscano la comunicazione tra operatori<br />
e guidino le fasi di passaggio tra <strong>il</strong> livello di base e gli interventi specialistici;<br />
• promuovere la partecipazione attiva dell’assistito e del suo contesto con una<br />
adeguata educazione terapeutica: gli operatori socio-sanitari devono cioè<br />
65
Capitolo 1<br />
spostare <strong>il</strong> baricentro della propria attività dalla esecuzione diretta di interventi<br />
per diventare “maestri” che insegnano al malato e al suo contesto fam<strong>il</strong>iare<br />
come affrontare la propria malattia e disab<strong>il</strong>ità.<br />
Strumenti di coordinamento<br />
Per legare tra loro i diversi nodi della rete sanitaria territoriale, l’ASL può attivare organismi<br />
di confronto e coordinamento finalizzati a promuovere/formalizzare consenso<br />
attorno a processi di miglioramento condivisi:<br />
• Comitati Aziendali e Società Scientifiche dei medici di famiglia, superando una<br />
gestione limitata alle sole logiche sindacali;<br />
• Conferenza ASL dei Legali Rappresentanti delle Strutture, per valutare aspetti a<br />
carattere generale, istituzionale ed amministrativo;<br />
• Tavolo Tecnico dei Direttori Sanitari, per valutare aspetti tecnico-sanitari a carattere<br />
generale oltre che per approvare formalmente documenti professionaliorganizzativi<br />
e/o di coordinamento;<br />
• Tavoli Tecnici mirati, per approfondire specifiche problematiche sanitarie tecnico-organizzative,<br />
composti da specialisti delle corrispondenti branche opportunamente<br />
designati, allargati a rappresentanti dei MMG e, quando possib<strong>il</strong>e, a<br />
figure professionali diversificate; non va peraltro trascurata l’opportunità di coinvolgere<br />
rappresentanti dei malati e delle loro associazioni.<br />
La regia di sistema per le malattie croniche ad elevata prevalenza<br />
Nell’esperienza dell’ASL di Brescia, è risultata vincente, al fine di ottenere effettivi<br />
risultati “di sistema”, la messa in atto dei seguenti f<strong>il</strong>oni tra loro interconnessi:<br />
• Il sistema di monitoraggio integrato e permanente del quadro epidemiologico-assistenziale<br />
dell’intera popolazione dei malati cronici. A questo scopo si è<br />
attivata una apposita metodologia di integrazione delle banche dati amministrativo-gestionali<br />
(anagrafe sanitaria, esenti per patologia, prescrizioni farmaceutiche,<br />
schede di dimissione ospedaliera, assistenza specialistica ambulatoriale):<br />
la Banca Dati Assistito (BDA) così ottenuta permette di individuare dimensioni<br />
e caratteristiche delle sottopopolazioni prese in carico per patologie croniche, <strong>il</strong><br />
relativo consumo di risorse, l’impatto delle azioni di miglioramento intraprese.<br />
• I Percorsi Diagnostico Terapeutico-Assistenziali e i documenti organizzativoprofessionali<br />
di riferimento: definiti in modo condiviso tra ospedale e territorio,<br />
finalizzati a migliorare lo stato di salute dei pazienti affetti da patologie croniche<br />
di r<strong>il</strong>evante prevalenza e a ottimizzare l’ut<strong>il</strong>izzo delle risorse sanitarie territoriali e<br />
specialistiche effettivamente presenti.<br />
66
Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
• La formazione e l’aggiornamento contestualizzati tramite iniziative correlate ai<br />
processi di miglioramento in atto, destinate a tutte le componenti coinvolte,<br />
estese alla totalità degli operatori: quindi, non eventi occasionali rivolti casualmente<br />
ad un sottogruppo di entità marginale, ma opportunità di reale crescita<br />
a cui partecipa l’intera comunità professionale. Tale risultato può essere raggiunto<br />
solo se è l’ASL a promuovere l’intero processo formativo e se sono attivamente<br />
coinvolti, sin dalla progettazione, i referenti di tutte le componenti.<br />
• I ritorni informativi personalizzati: ad ogni MMG dell’ASL di Brescia vengono periodicamente<br />
consegnati ritorni informativi (farmaceutica, specialistica ambulatoriale,<br />
pronto soccorso, ricoveri, presi in carico patologie croniche) con indicatori<br />
(di prevalenza delle principali patologie, di processo, di terapia, di risultato)<br />
che permettono <strong>il</strong> confronto della posizione del singolo MMG rispetto alla media<br />
dell’intera ASL. Inoltre, gli stessi MMG estraggono dalle proprie cartelle report<br />
informatici (anonimizzati) contenenti informazioni protocollate relative ai propri<br />
assistiti e li inviano al Dipartimento Cure Primarie in forma criptata; quest’ultimo li<br />
elabora complessivamente e restituisce a ciascun medico un ritorno personalizzato,<br />
contenente <strong>il</strong> confronto tra la posizione del singolo MMG e quella dell’insieme<br />
dei medici dell’ASL.<br />
• Il confronto tra pari: i ritorni informativi personalizzati per i MMG rappresentano la<br />
base che consente l’audit clinico all’interno di piccoli Gruppi di Miglioramento,<br />
mediante indicatori effettivamente misurab<strong>il</strong>i, riferiti a quanti assistiti hanno raggiunto<br />
specifici risultati di processo e di adeguatezza delle cure.<br />
La regia di sistema per i malati con bisogni assistenziali complessi<br />
Per i malati con compromissione dell’autosufficienza o che necessitino di monitoraggio/terapie<br />
sofisticate non può bastare un unico operatore/ente in grado di<br />
rispondere con competenza e sufficiente specializzazione a tutte le esigenze clinico<br />
assistenziali: deve essere progettato, implementato e verificato-aggiornato<br />
un piano di intervento personalizzato, multi-dimensionale e multi-professionale,<br />
che assegni un ruolo a ciascun attore coinvolto.<br />
A questo scopo l’ASL di Brescia ha attivato, a livello distrettuale l’Unità di Continuità<br />
Assistenziale Multi-dimensionale (UCAM) che, tramite la collaborazione tra<br />
professionalità diverse, accoglie ogni richiesta relativa a malati critici, compie<br />
una tempestiva valutazione multidimensionale (cioè delle “dimensioni”: clinica,<br />
assistenziale, socio-ambientale) dell’utente orientandolo verso i servizi opportuni<br />
al caso ed effettivamente fruib<strong>il</strong>i, pianifica i diversi interventi, verifica periodicamente<br />
i risultati raggiunti, garantendo così la tutela dell’assistito. L’UCAM, svolge<br />
anche azioni riferite al sistema, essendo un punto di monitoraggio della realtà<br />
territoriale, in termini di rete dei servizi e di risorse territoriali, permettendo un ut<strong>il</strong>izzo<br />
razionale della rete stessa e un coordinamento delle risorse disponib<strong>il</strong>i.<br />
67
Capitolo 1<br />
In tale contesto, merita un cenno l’accordo di collaborazione ospedale-territorio,<br />
sottoscritto da tutte le strutture ospedaliere con l’ASL, per le dimissioni e ammissioni<br />
protette, da applicare in tutte le situazioni critiche, al fine di evitare difficoltà<br />
ed interruzioni dei processi di cura ed assistenza nei confronti di utenti multiproblematici<br />
e non autosufficienti: le dimissioni e le ammissioni protette con garanzia<br />
di continuità assistenziale fanno parte a pieno titolo di una corretta modalità di<br />
gestione del paziente, sono elemento apprezzato di qualità della prestazione,<br />
riducono i disagi a paziente e fam<strong>il</strong>iari e limitano i ricoveri ospedalieri ripetuti.<br />
La presa in carico territoriale 24/24 ore 7/7 giorni<br />
Negli ultimi anni si sta verificando un forte incremento di domanda di informazioni<br />
e di interventi sanitari; per evitare <strong>il</strong> passaggio diretto e indiscriminato ai servizi<br />
specialistici si impone che <strong>il</strong> sistema delle cure primarie sia in grado di accogliere<br />
e prendere opportunamente in carico a livello territoriale ogni richiesta, offrendo<br />
tempestivamente informazioni coerenti e/o valutando <strong>il</strong> problema posto, selezionando<br />
la soluzione verso la gestione diretta o verso servizi specialistici.<br />
Si ritiene che l’ipotesi di lavoro più promettente sia un “ambito di cure primarie<br />
funzionalmente organizzato” secondo i seguenti criteri:<br />
• Il rispetto dell’autonomia dei singoli professionisti delle cure primarie e del<br />
rapporto di fiducia medico-paziente, garantito dalla scelta individuale;<br />
• La valorizzazione dell’apporto di tutti i medici delle cure primarie dell’ambito<br />
(MMG, pediatri di famiglia, medici di continuità assistenziale) e delle altre<br />
figure professionali, infermieri in primis;<br />
• L’integrazione strutturata tra <strong>il</strong> SSUEm118, le postazioni di Pronto Soccorso di<br />
riferimento dell’ambito e i servizi sanitario-assistenziali e sociali per anziani e<br />
delle cure domic<strong>il</strong>iari;<br />
• La definizione condivisa da tutti gli attori coinvolti e conseguente attivazione<br />
di efficaci meccanismi di cooperazione funzionali.<br />
Gli strumenti di comunicazione e trasparenza, a supporto dell’integrazione<br />
La visib<strong>il</strong>ità dei processi di miglioramento attivati e la circolazione tra tutti gli attori<br />
della documentazione tecnico-professionale di riferimento rappresentano requisiti<br />
organizzativi imprescindib<strong>il</strong>i.<br />
Nel contesto bresciano, <strong>il</strong> sito web aziendale si è rivelato lo strumento vincente:<br />
consente di comunicare economicamente, fac<strong>il</strong>mente e tempestivamente, sia<br />
all’interno sia all’esterno dell’ASL, fornendo informazioni ad assistiti e ad operato-<br />
68
Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
ri; va tuttavia rimarcato che la sua efficacia è condizionata al suo aggiornamento<br />
quotidiano e competente.<br />
Inoltre, per garantire una informazione “deburocratizzata”, l’ASL di Brescia si avvale<br />
del notiziario mens<strong>il</strong>e “Assistenza Primaria”, di una apposita ma<strong>il</strong>ing destinata<br />
ai medici delle cure primarie, della pubblicazione a stampa di lavori monografici<br />
con dati locali.<br />
Risultati positivi possib<strong>il</strong>i<br />
L’esperienza condotta nell’ultimo decennio dall’ASL di Brescia ha consentito di<br />
provare la positività di una impostazione di lavoro che vede l’ASL “regista” del<br />
sistema locale dei servizi sanitari: l’impatto favorevole sia sul fronte professionaleorganizzativo<br />
che sulla salute della popolazione è sinteticamente documentato<br />
dai seguenti riscontri:<br />
1. Presa in carico sistematica degli assistiti con malattie croniche secondo criteri<br />
e modalità uniformi: nel 2008, gli assistiti di cui si è documentata la presa<br />
in carico per almeno una patologia cronica sono stati 315.033, pari al 27,8%<br />
dell’intera popolazione; la prevalenza di tali soggetti, nel periodo 2003-2008,<br />
è mediamente cresciuta del 2,0% all’anno; inoltre, si è osservato l’incremento<br />
dei soggetti presi in carico per più patologie: nel 2008, dei 219.054 cardio<br />
vasculopatici, solo <strong>il</strong> 47,3% risultava essere portatore della patologia isolata.<br />
2. Presa in carico sistematica dei malati con bisogni assistenziali complessi secondo<br />
criteri e modalità uniformi: mediante le UCAM distrettuali, strumento<br />
cardine per garantire la valutazione multidimensionale e l’attivazione di un<br />
piano individuale globale di intervento, nel 2009 hanno usufruito delle cure<br />
domic<strong>il</strong>iari 12.517 assistiti; inoltre, i soggetti in cura domic<strong>il</strong>iare con condizioni<br />
di grave o completa dipendenza sono passati dal 54,7% nel 2004 al 65,2% nel<br />
2008, a fronte di una riduzione dal 13,8% al 10,7% delle persone quasi autosufficienti<br />
o autosufficienti.<br />
3. Partecipazione attiva dei MMG in una logica di Governo Clinico: al fine di<br />
supportare metodologicamente <strong>il</strong> self audit e <strong>il</strong> confronto tra pari, sono sistematicamente<br />
prodotti e distribuiti ritorni informativi personalizzati a ciascun<br />
medico di famiglia, relativi a: farmaceutica, specialistica, pronto soccorso,<br />
ricoveri, prevalenza delle patologie croniche. Inoltre, la partecipazione al<br />
processo di governo clinico è rapidamente cresciuta, passando dai primi 25<br />
MMG che nel 2005 hanno trasmesso all’ASL dati clinico-gestionali estratti dal<br />
proprio archivio informatico ai 404 MMG (58,7% del totale) nel 2009: costoro<br />
hanno avuto l’opportunità di vedere <strong>il</strong> loro operato tradotto in indicatori e<br />
informazioni quantificate, con la possib<strong>il</strong>ità di individuare quali malati cronici<br />
seguire con un più attento follow-up e/o ricondurre al corretto controllo me-<br />
69
Capitolo 1<br />
tabolico, pressorio, clinico. A riprova di ciò, si è riscontrato che i MMG che da<br />
più tempo vi partecipano hanno una maggior prevalenza di presi in carico per<br />
diabete, ipertensione e dislipidemie, indici di una gestione più sistematica e più<br />
attenta dei malati cronici; inoltre <strong>il</strong> tasso di ospedalizzazione per tutte le cause<br />
e la spesa procapite sono risultati minori.<br />
4. Coinvolgimento sistematico degli specialisti e delle strutture nei processi integrati<br />
di miglioramento e di sv<strong>il</strong>uppo della rete territoriale: la condivisione dei<br />
PDTA tra MMG, operatori del Distretto e specialisti delle strutture favorisce <strong>il</strong> corretto<br />
ut<strong>il</strong>izzo delle risorse sanitarie effettivamente presenti, oltre che la partecipazione<br />
attiva e consapevole del paziente e dei caregivers promuovendone<br />
l’educazione terapeutica. Gli specialisti sono inoltre coinvolti attivamente nelle<br />
iniziative di formazione e di aggiornamento pianificate dall’ASL, sia nel ruolo di<br />
docenti, sia in quello di partecipanti.<br />
La strategia organizzativa di “regia di sistema” dell’ASL di Brescia si è quindi<br />
dimostrata valida, garantendo una “tenuta” anche dal punto di vista economico,<br />
mediante:<br />
• <strong>il</strong> tendenziale spostamento delle risorse verso <strong>il</strong> territorio;<br />
• la gerarchizzazione dell’accesso ai livelli di cura a maggior intensità;<br />
• <strong>il</strong> contenimento della spesa pro-capite media concomitante all’aumento<br />
del numero totale di soggetti presi in carico.<br />
1.5 Territorio, deospedalizzazione, dimissioni protette<br />
Enrico Bollero 12<br />
Dimissioni ospedaliere: impresa diffic<strong>il</strong>e<br />
Allo stato attuale l’Emergenza economica mondiale con risorse per i servizi sanitari<br />
sempre più scarse e, nel nostro paese anche male ut<strong>il</strong>izzate, sta portando ad una<br />
vera e propria Emergenza non più derogab<strong>il</strong>e né demandab<strong>il</strong>e dal punto di vista<br />
della reingegnerizzazione del Sistema Sanitario Nazionale.<br />
L’emergenza dei Sistemi Sanitari del futuro sarà la gestione delle patologie croniche.<br />
Già dal 2030 si stima che nel mondo ci saranno centosettantam<strong>il</strong>ioni di persone con<br />
patologie croniche degenerative con un trend in aumento di tipo esponenziale negli<br />
anni a venire.<br />
In Italia la situazione è ancora peggiore rispetto alla media mondiale, ciò è dovuto<br />
sia ad una maggiore speranza di vita sia ad una più alta percentuale di popolazio-<br />
12<br />
Direttore Generale Policlinico Tor Vergata<br />
70
Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
ne anziana rispetto alla media mondiale. Si calcola che nel nostro paese ci siano<br />
circa duem<strong>il</strong>ioniseicentom<strong>il</strong>a persone disab<strong>il</strong>i, di cui due m<strong>il</strong>ioni tra gli anziani<br />
(76,9%) e 600 m<strong>il</strong>a (23%) in persone di età inferiore ai 65 anni.<br />
La disab<strong>il</strong>ità è più diffusa nell’Italia Insulare (5,7%) e Meridionale (5,2%) rispetto al<br />
4% del Nord.<br />
Tali differenze sono ancora più evidenti nella popolazione anziana, in particolare<br />
in quella femmin<strong>il</strong>e che presenta percentuali del 30% nelle Isole, del 26,5%<br />
nel Sud e del 19,5% nel Nord Italia (queste stime dell’ISTAT non comprendono le<br />
persone di età inferiore a 6 anni e quelle istituzionalizzate. Inoltre lo strumento<br />
di r<strong>il</strong>evazione ut<strong>il</strong>izzato è stato costruito per studiare le limitazioni fisiche sul funzionamento<br />
delle persone, ed ha quindi <strong>il</strong> limite di sottostimare le persone con<br />
disab<strong>il</strong>ità di tipo mentale).<br />
Quindi i sistemi sanitari dovranno soddisfare bisogni sempre maggiori con risorse<br />
sempre più limitate che renderanno improcrastinab<strong>il</strong>e la creazione di modelli sanitari<br />
nuovi che rispondano allo stesso tempo sia ad una maggiore appropriatezza<br />
delle cure sia un maggior governo della spesa.<br />
Nel “The World Health Report 2008” della WHO dedicato al 30° anniversario della<br />
dichiarazione di Alma Ata si sostiene che, con i cambiamenti demografici e epidemiologici,<br />
economici e sociali si verranno a creare diseguaglianze tra i Paesi<br />
e all’interno degli stessi, è necessario quindi reingegnerizzare <strong>il</strong> Servizio Sanitario<br />
Nazionale, troppo sb<strong>il</strong>anciato verso l’assistenza ospedaliera e focalizzato sulle<br />
specializzazioni, le tecnologie e gli specifici problemi di singole malattie.<br />
È necessario rivalutare l’assistenza primaria che è una condizione necessaria, anche<br />
se non sufficiente, per garantire alle singole comunità la tutela della salute<br />
in condizioni di equità.<br />
Il Gruppo Indipendente per lo Studio dell’Assistenza Primaria (GISAP), con un proprio<br />
contributo, ha inteso confermare quanto in Italia è stato scritto e prescritto<br />
per la affermazione della Assistenza Primaria nell’ambito dei Distretti, sostenendo<br />
che solo una rivalutazione, normativa, professionale ed organizzativa, della medicina<br />
generale, della pediatria di libera scelta e della continuità assistenziale<br />
potrà rendere più stab<strong>il</strong>e e sostenib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> malfermo assetto attuale del Servizio sanitario<br />
nazionale.<br />
Al fine di agevolare i processi di deospedalizzazione nelle singole regioni, la dotazione<br />
di posti letto di residenzialità e delle strutture di semi-residenzialità e l’organizzazione<br />
dell’assistenza domic<strong>il</strong>iare per i pazienti anziani e gli altri soggetti<br />
non autosufficienti devono essere riviste alla luce di un nuovo atto di program-<br />
71
Capitolo 1<br />
mazione, inoltre, l’ammissione alle varie forme di assistenza è subordinata alla<br />
valutazione multidimensionale effettuata con gli strumenti valutativi concordati<br />
dalle Regioni con <strong>il</strong> Ministero della Salute.<br />
Esiste comunque un serio ostacolo da superare e riguarda i Distretti, cioè <strong>il</strong> fulcro<br />
da cui partono tutte le attività extra-ospedaliere per l’assistenza sanitaria delle<br />
persone nell’ambito territoriale di competenza, e tutti i libero-professionisti che<br />
hanno una convenzione con <strong>il</strong> SSN.<br />
Fino ad ora i medici di medicina generale e i pediatri sono stati abituati alla<br />
“solo practice” ed è del tutto recente l’avvio di sperimentazioni di “group practice”,<br />
cioè di un lavoro in equipe che dovrebbe coinvolgere le altre professioni<br />
sanitarie non mediche, la cui autonomia rispetto alla responsab<strong>il</strong>ità dei medici è<br />
attualmente un argomento sensib<strong>il</strong>e.<br />
La formazione manageriale dei medici operanti sul territorio deve essere realizzata<br />
in collaborazione con un’ Università che abbia <strong>il</strong> coraggio di rinnovarsi e<br />
proporre nuovi obiettivi.<br />
Il problema della post-acuzie e quello della cronicità richiedono un incremento<br />
di servizi domic<strong>il</strong>iari e residenziali, che non può essere affrontato con <strong>il</strong> solo trasferimento<br />
di risorse dal settore ospedaliero attraverso la riduzione dei posti letto e <strong>il</strong><br />
potenziamento di forme innovative di assistenza (day surgery, one day surgery,<br />
week surgery).<br />
Nelle condizioni demografiche e finanziarie attualmente presenti nel nostro paese,<br />
si potrebbe pensare ad un orientamento della spesa sanitaria privata attraverso<br />
la fac<strong>il</strong>itazione delle forme integrative di assistenza. Questo potrebbe<br />
soddisfare i bisogni sanitari di molti cittadini che <strong>il</strong> solo Servizio sanitario nazionale<br />
non sarebbe in grado di soddisfare, potendo così di fatto, spostare risorse economiche<br />
per rendere migliori le condizioni di assistenza e la qualità di vita delle<br />
persone più vulnerab<strong>il</strong>i.<br />
1.6 Federalismo: finanziamento del fabbisogno e costi standard<br />
Cesare Cislaghi 13<br />
Di costi standard in sanità non si era mai parlato sino a poco tempo fa; si parlava<br />
di appropriatezza, di efficienza, di tetti, di linee guida, anche di standard, ma<br />
mai si era usata l’espressione costi standard: perché da un po’ di mesi è quasi<br />
13<br />
Professore di Economia Sanitaria Facoltà di Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di M<strong>il</strong>ano,<br />
Dirigente Agenas Sezione Monitoraggio della Spesa Sanitaria<br />
72
Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
diventato l’argomento su cui si pone la maggior attenzione nell’ambito delle<br />
decisioni di governo della sanità? Le ragioni sono principalmente due: la prima<br />
è la crisi economica e quindi la compatib<strong>il</strong>ità della spesa sanitaria che tende a<br />
crescere con le risorse disponib<strong>il</strong>i che invece di questi tempi ahimè tendono a<br />
diminuire. La seconda ragione, forse la principale, è <strong>il</strong> federalismo fiscale: se alcune<br />
Regioni “ricche” devono per solidarietà partecipare al finanziamento della<br />
sanità di alcune Regioni “povere” allora esigono che si finanzi l’essenziale ai costi<br />
giusti e quindi emerge sempre più l’esigenza di determinare analiticamente i LEA<br />
e di stab<strong>il</strong>irne i costi quando sono erogati in regime di efficienza.<br />
Il termine “Costi standard” nasce al di fuori della sanità, nell’ambito di aziende<br />
prevalentemente manifatturiere, per significare un costo di produzione di riferimento,<br />
ut<strong>il</strong>e ai fini del controllo di gestione; una risposta cioè alla domanda<br />
“quanto deve costare produrre un bullone? E i costi attuali dell’azienda sono<br />
maggiori o minori?”. Si osservi che solitamente è possib<strong>il</strong>e individuare dei costi<br />
standard se vi è sufficiente omogeneità nei prodotti e negli ambiti di produzione.<br />
In sanità <strong>il</strong> termine è entrato dopo che è stato introdotto “prepotentemente”<br />
dalla legge 42/2009 sul federalismo fiscale e per molti dei propugnatori del federalismo<br />
fiscale è considerato lo strumento che avrebbe risolto e reso possib<strong>il</strong>e<br />
<strong>il</strong> federalismo. Nella legge 42 c’è 13 volte la parola “costo standard”, 28 volte la<br />
parola “fabbisogno standard” e 80 volte la parola standard … è <strong>il</strong> caso di dire<br />
che “repetita iuvant”.<br />
Questo bisogno di riaffermare concettualmente in modo perentorio <strong>il</strong> termine<br />
costo standard nasce quindi dal tentativo di rispondere alle esigenze di determinare<br />
<strong>il</strong> giusto livello di risorse economiche che devono essere garantite ad una<br />
Regione o ad un altro ente locale, all’interno di un contesto federale.<br />
Se l’introduzione del concetto di Costo Standard è legata all’esigenza di garantire<br />
la solidarietà finanziaria in ambito federale, non si sarebbe posto <strong>il</strong> problema<br />
se ogni Regione fosse invece in grado di autofinanziarsi in proprio.<br />
Ma di quale “costo standard” si sta parlando e in particolare ci si sta riferendo ad<br />
un costo standard di produzione, ad un costo standard di erogazione o ad costo<br />
standard di tutela, o di un costo standard assicurativo? La sensazione è che <strong>il</strong><br />
legislatore, o per lo meno chi deve tradurre le norme in provvedimenti operativi,<br />
non ha chiaro questo concetto ed anzi pensa, e dice, che queste distinzioni non<br />
sono ut<strong>il</strong>i; ma l’evidenza dimostra <strong>il</strong> contrario.<br />
Per produrre, o acquistare, delle prestazioni servono delle risorse economiche<br />
e l’insieme di queste corrisponde al costo della prestazione; a questo concetto<br />
di costo è legato quello di costo standard di produzione. Le prestazioni, a loro<br />
volta, servono per produrre un risultato in termini di salute attraverso un processo<br />
assistenziale più o meno complesso che ha quindi un suo costo più o meno elevato;<br />
a questo costo possono affiancarsi i costi standard di erogazione. Infine per<br />
73
Capitolo 1<br />
soddisfare i bisogni di una popolazione bisogna predisporre un sistema sanitario<br />
che per sua natura, seppur con modalità differenti, si baserà su un modello di<br />
ripartizione dei rischi e cioè su un modello assicurativo che avrà i suoi costi; la<br />
giusta misura di questi è <strong>il</strong> costo standard di assicurazione.<br />
Questi tre concetti sono molto diversi tra loro e intervengono in momenti diversi<br />
del processo: Se mi riferisco ai costi di produzione delle prestazioni parlerò di<br />
costo standard della produzione, ad esempio <strong>il</strong> costo di un’ecografia (quanto<br />
è giusto che costi fare un’ecografia? questo è un esempio di costo standard<br />
di produzione). Per <strong>il</strong> controllo di gestione di un ospedale e per chi si occupa di<br />
ottimizzazione dell’efficienza, <strong>il</strong> costo standard di produzione è uno strumento<br />
fondamentale seppur non sempre fac<strong>il</strong>mente determinab<strong>il</strong>e ma chi effettua <strong>il</strong><br />
controllo di gestione di una struttura che produce ecografie deve sapere qual è<br />
<strong>il</strong> “giusto” costo di produzione di un’ecografia in modo da poter giudicare se la<br />
propria gestione è o meno efficiente.<br />
Se invece mi riferisco alla quantità ed ai diversi tipi di prestazioni sanitarie necessari<br />
per erogare un percorso assistenziale parlerò di costo di erogazione e<br />
potrò cercare di determinarne la “giusta” misura (ad esempio definirò <strong>il</strong> numero<br />
di ecografie e di esami appropriati durante una gravidanza senza complicanze).<br />
Per chi si occupa di governo clinico e di ottimizzazione dell’appropriatezza <strong>il</strong> costo<br />
standard di erogazione è uno strumento fondamentale seppur molto diffic<strong>il</strong>e<br />
da determinare in tutte le situazioni assistenziali tranne laddove siano disponib<strong>il</strong>i<br />
linee guida chiare e condivise.<br />
Se infine do un valore di riferimento alla quantità di risorse economiche necessarie<br />
per sostenere la tutela assicurativa di una popolazione parlerò di costi standard<br />
assicurativi (ad esempio le risorse mediamente necessarie per assistere le<br />
gravidanze di una determinata popolazione). Sarebbe un’idea utopica voler<br />
74
Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
determinare <strong>il</strong> costo assicurativo standard come prodotto del bisogno (relativo<br />
magari a tutti i 60 m<strong>il</strong>ioni di italiani) determinando per ciascuno prima i costi<br />
erogativi e poi moltiplicando per <strong>il</strong> costo di produzione delle singole prestazioni<br />
(fabbisogno = bisogni x volumi erogativi x costi di produzione). Se questo calcolo<br />
fosse possib<strong>il</strong>e avrei quanto mi serve per la sanità, e sarebbe un modo fantastico<br />
di risolvere <strong>il</strong> problema della definizione del fabbisogno,, ma purtroppo da un<br />
punto di vista concreto è assolutamente impensab<strong>il</strong>e da praticare. Più o meno<br />
tutti gli autori intervenuti sull’argomento hanno evidenziato che in sanità, data<br />
la enorme varietà di prestazioni e di situazioni, questa via di determinazione del<br />
fabbisogno chiamata “bottom-up” (cioè partendo analiticamente dal basso)<br />
non è praticab<strong>il</strong>e oggi e probab<strong>il</strong>mente non lo sarà mai.<br />
Nell’agenda del Governo si parla di costi standard da molto tempo ma poi si è<br />
arrivati ad oggi ed alla necessità di emanare in fretta (forse con troppa fretta)<br />
un decreto sui costi standard previsto dalla legge 42 sul federalismo; i tempi accelerati<br />
dipendono probab<strong>il</strong>mente da ragioni politiche estranee alle esigenze<br />
della sanità e in una settimana è stato approvato un decreto che forse necessitava<br />
di maggior riflessione e di maggior condivisione.. Ormai comunque in sanità<br />
<strong>il</strong> concetto di “costo standard” è necessariamente quello che è proposto dal<br />
decreto stesso, sia che piaccia o no, ed è quindi di questo che si deve parlare!<br />
[nota: <strong>il</strong> decreto legislativo, <strong>il</strong> n. 68, ha poi avuto la sua approvazione definitiva <strong>il</strong><br />
6 maggio 2011, con <strong>il</strong> titolo: Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle<br />
regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi<br />
e dei fabbisogni standard nel settore sanitario, ma la versione finale non è molto<br />
differente da quella qui esaminata]<br />
L’interpretazione del decreto non trova totale condivisione tra quanti lo hanno<br />
letto ed esaminato e ciò forse è dovuto ai tempi troppo stretti con cui si è deciso<br />
di procedere per emanare <strong>il</strong> decreto o forse alla complessità della materia in<br />
oggetto; non vorremmo che qualcuno avesse invece desiderato che lo si potesse<br />
poi interpretare in diverse maniere. Analizzeremo qui alcuni punti critici che<br />
sinceramente creano dei dubbi legittimi.<br />
Innanzi tutto ci si deve chiedere come <strong>il</strong> decreto determini quante risorse economiche<br />
sono destinati alla sanità complessivamente? Nell’articolo sulla “Determinazione<br />
del fabbisogno sanitario nazionale standard” si dichiara che le risorse<br />
destinate alla sanità nel suo complesso sono determinate da una scelta<br />
esogena, cioè dal parlamento, quindi non da una analisi dei bisogni e dei costi<br />
che parte dal basso e quindi dalla realtà, riconoscendo quindi che ciò sarebbe<br />
improponib<strong>il</strong>e, ma partendo da valutazioni generali di politica economica (cioè<br />
una scelta di tipo Top-Down), e questa è a nostro avviso una scelta giusta e quasi<br />
inevitab<strong>il</strong>e. Decidere quanti soldi oggi possiamo assegnare alla sanità deve<br />
necessariamente essere compatib<strong>il</strong>e con quanto disponiamo ed è come se in<br />
75
Capitolo 1<br />
famiglia dovessimo decidere quanti soldi mettere da parte per andare in ferie:<br />
dipenderebbe ovviamente più da quanti soldi abbiamo e non solo da quanto<br />
bisogno abbiamo di andare in vacanza! Si osservi comunque che <strong>il</strong> fabbisogno<br />
non può essere una percentuale rigidamente fissa di P<strong>il</strong> e quindi rimanere nel<br />
tempo costante; <strong>il</strong> finanziamento può e deve essere definito cercando di riequ<strong>il</strong>ibrare<br />
un’ut<strong>il</strong>ità marginale tra i diversi settori della spesa e quindi se <strong>il</strong> P<strong>il</strong> diminuisce<br />
la sanità, che dovrebbe essere più importante di altri settori, dovrebbe percentualmente<br />
crescere seppur diminuendo magari in valore assoluto. Ma in ogni<br />
caso <strong>il</strong> decreto assegna correttamente questo compito alla scelta politica che è<br />
l’unica che può essere effettuata.<br />
L’aspetto maggiormente critico è quello relativo al riparto delle risorse tra le Regioni:<br />
una volta che si sono determinate quante risorse destinare alla sanità è<br />
necessario stab<strong>il</strong>ire come dividerle tra le Regioni ed <strong>il</strong> decreto prevede <strong>il</strong> meccanismo<br />
seguente:<br />
• Si divide la “torta” in tre pezzi da destinare ai tre livelli di assistenza e cioè <strong>il</strong> 5%<br />
è dedicato alla prevenzione, <strong>il</strong> 44% all’ospedale e <strong>il</strong> 51% per <strong>il</strong> territorio;<br />
• Si scelgono poi delle Regioni virtuose, attraverso specifici criteri, e si vede<br />
quanto hanno speso negli anni precedenti, si determinano così i valori delle<br />
spese pro-capite;<br />
• Questi valori pro-capite virtuosi, qui chiamati appunto costi standard, vengono<br />
usati per determinare i fabbisogni sanitari regionali applicandoli alle relative<br />
popolazioni corrette per i fattori di aggiustamento previsti. La somma<br />
dei fabbisogni regionali così calcolati viene riproporzionata sulla disponib<strong>il</strong>ità<br />
prima già determinata. Non è però chiaro se questo riproporzionamento debba<br />
avvenire all’interno del singolo livello essenziale di assistenza o se le quote<br />
stesse siano determinate in funzione dei pro-capite delle Regioni virtuose.<br />
Una interpretazione differente potrebbe essere quelle che <strong>il</strong> decreto non considera<br />
una determinazione esogena del fabbisogno sanitario nazionale ma intende<br />
ut<strong>il</strong>izzare <strong>il</strong> costo standard delle Regioni virtuose per determinarlo. Se questa<br />
fosse la soluzione, cioè una soluzione Bottom-Up, tutte le Regioni avrebbero oggi<br />
interesse a spendere moltissimo perché <strong>il</strong> punto di partenza sarebbe pur sempre<br />
la spesa storica pro-capite delle Regioni virtuose. Inoltre se <strong>il</strong> principale criterio<br />
di scelta delle Regioni virtuose fosse l’equ<strong>il</strong>ibrio di b<strong>il</strong>ancio non si farebbe altro<br />
che introdurre nuovamente <strong>il</strong> criterio della spesa storica poiché ogni anno ci si<br />
rifarebbe al b<strong>il</strong>ancio degli anno precedenti. Se questa fosse la giusta interpretazione<br />
del decreto allora significherebbe <strong>il</strong> ritorno alla spesa storica o se si vuole al<br />
finanziamento storico: ogni anno <strong>il</strong> fondo sarebbe uguale all’anno precedente<br />
senza neppure un incremento per l’inflazione … ma questa non sarebbe evidentemente<br />
una soluzione praticab<strong>il</strong>e, ma fortunatamente, nonostante alcune<br />
interpretazioni, <strong>il</strong> decreto non sembra aver scelto questa soluzione.<br />
76
Per una sanità di valore: sostenib<strong>il</strong>ità, diritti e governace<br />
Ritornando all’ipotesi più plausib<strong>il</strong>e, quella top-down, occorre osservare che se <strong>il</strong><br />
riproporzionamento avviene all’interno di ciascun livello allora l’ammontare del<br />
fondo nazionale è definito dalla partizione per livelli secondo le indicazioni programmatiche<br />
(5%, 44%, 51%) e se le cose stanno così allora <strong>il</strong> ruolo delle Regioni<br />
virtuose risulta veramente nullo e si potrebbe considerare sia la più virtuosa sia la<br />
peggiore delle Regioni che <strong>il</strong> risultato finale sarebbe lo stesso! Se ad esempio si<br />
prova a considerare Lombardia, Toscana e Marche come regioni virtuose, e poi<br />
invece Lazio Campania e Puglia come regioni non virtuose <strong>il</strong> risultato in termini numerici<br />
è lo stesso e questo dimostra che <strong>il</strong> meccanismo non funziona.<br />
Se invece <strong>il</strong> riproporzionamento avviene dopo aver sommato, Regione per Regione,<br />
la quota dei tre livelli dei fondi regionali, allora <strong>il</strong> ruolo delle Regioni virtuose si<br />
limita a sostituire le percentuali di riparto tra i tre livelli. Ma se l’interpretazione fosse<br />
questa allora non si capisce perché la quota dei tre livelli delle Regioni virtuose<br />
dovrebbe essere “più giusta” di quella delle indicazioni programmatorie!<br />
Al di là di tutte le perplessità che forse non tutti avete potuto cogliere anche perché<br />
forse troppo tecniche, <strong>il</strong> decreto sembra comunque per alcuni versi confuso<br />
e non troppo innovativo. Questo è un peccato visto che <strong>il</strong> decreto introduce<br />
concetti nuovi come i costi standard e come le Regioni virtuose, ma poi in pratica<br />
ripropone la situazione attuale togliendo oltretutto quel minimo di dinamicità che<br />
aveva <strong>il</strong> riparto e di fatto rischiando di far reintrodurre qualcosa di sim<strong>il</strong>e alla spesa<br />
storica. La chiave del problema è comunque l’articolo introdotto nell’ultima versione<br />
probab<strong>il</strong>mente su istanza delle Regioni e che riguarda la rideterminazione<br />
dei pesi per la ponderazione e cioè definisce quali soggetti devono avere un procapite<br />
maggiore e quali un procapite minore. Se quindi si volesse continuare ad<br />
usare l’espressione “costi standard” allora questi potrebbero essere la stima dei costi<br />
differenziali tra soggetti in funzione dei criteri sensib<strong>il</strong>i ai differenti livelli di bisogno,<br />
e questa stima potrebbe esser effettuata proprio nelle cosiddette Regioni virtuose.<br />
Quindi determinare <strong>il</strong> costo standard equivarrebbe a determinare quanto costa<br />
un soggetto anziano, quanto costa un giovane, quanto costa una persona in<br />
determinate condizioni socio economiche, ecc. e cioè in poche parole quanto<br />
costa un paziente in funzione del suo stato che è legato ad alcune condizioni di<br />
salute? Il decreto sembra considerare alla stessa stregua <strong>il</strong> giovane e <strong>il</strong> vecchio ma<br />
si sa che un anziano spende 10 volte quello che spende un giovane ed è quindi<br />
chiaro che non si possono finanziare con la stessa cifra, ma ci sono anche altri fattori<br />
ed altri problemi importanti da affrontare. Se si vuole poi fare un richiamo alle<br />
regioni virtuose allora dovrebbero considerarle come luogo in cui effettuare questi<br />
r<strong>il</strong>evamenti che riguardano i costi e le spese.<br />
E su questa base che AGENAS sta lavorando da diverso tempo e sicuramente è<br />
in grado di contribuire a ridisegnare un sistema di riparto delle risorse tra le Regioni<br />
77
Capitolo 1<br />
fondato su criteri scientificamente individuati e sui quali potrebbe convergere,<br />
grazie anche alla solidità teorica dello studio, <strong>il</strong> consenso di tutte. E questo è <strong>il</strong><br />
presupposto indispensab<strong>il</strong>e perché <strong>il</strong> federalismo si consolidi e non rischi invece<br />
di arenarsi proprio sulle discussioni e sulle liti inerenti <strong>il</strong> riparto tra le Regioni delle<br />
risorse economiche per la sanità.<br />
È importante dare un riferimento non esclusivo ma fondamentale di scientificità<br />
al riparto delle risorse perché se la soluzione viene rimandata solamente alla litigiosità<br />
politica, allora questa sarà la causa che farà crollare <strong>il</strong> federalismo ancor<br />
prima che decolli. Il federalismo comunque dovrà rispettare i valori di solidarietà<br />
e di equità ed è importante che le risorse siano effettivamente ridistribuite in<br />
maniera equa, quindi che tutte dispongano del giusto ma anche che nessuna<br />
consumi più del giusto sulla spalle delle altre. È allora importante che alcuni concetti<br />
fondamentali come quello dei costi standard siano diffusi a livello di azienda<br />
sanitaria, sia per favorire l’efficienza dei processi produttivi, sia per garantire<br />
l’appropriatezza, auspicando che nei processi assistenziali <strong>il</strong> concetto di costo<br />
standard non venga banalizzato solo come costo assicurativo, <strong>il</strong> che può risultare<br />
ut<strong>il</strong>e per determinare <strong>il</strong> riparto economico delle risorse sanitaria tra le Regioni ma<br />
non deve esaurirsi in questo.<br />
78
CAPITOLO 2<br />
Tavola rotonda: l’assistenza primaria nell’Italia federata:<br />
servizi territoriali e cooperazione medica<br />
2.1 Introduzione<br />
Crescenzo Simone 1<br />
Le cooperative di medicina generale, nel quindicennio che abbiamo alle spalle,<br />
hanno navigato con difficoltà, in ambienti ost<strong>il</strong>i e su fondali bassi e spesso sconosciuti.<br />
Hanno, però, promosso e sperimentato significative esperienze di gestione<br />
dei fattori di produzione un po’ in tutto <strong>il</strong> paese dimostrando di essere in grado di<br />
produrre servizi sostenib<strong>il</strong>i ed ut<strong>il</strong>i ai cittadini ed a tutto <strong>il</strong> sistema ed ai suoi attori.<br />
Questa fase si è definitivamente chiusa, in questo momento non c’è da dimostrare<br />
di esserci e di essere capaci di erogare servizi integrati nel sistema delle cure;<br />
servono volontà politiche, volontà sindacali, volontà dell’associazione e norme<br />
fac<strong>il</strong>itatorie per poter mettere in campo questa modalità gestionale che si è dimostrata<br />
capace di migliorare le prestazioni dei medici e degli altri operatori in<br />
cooperativa. Risultati di indagini sociologiche dicono che i servizi erogati da professionisti<br />
in cooperativa risultano più accessib<strong>il</strong>i, disponib<strong>il</strong>i per più ore al giorno<br />
e per più giorni alla settimana e molto graditi ai pazienti oltre che preziosi per <strong>il</strong><br />
Servizio sanitario nazionale nelle sue articolazioni regionali e territoriali. Servono<br />
oggi procedure ed indicatori di accreditamento delle cooperative di medicina<br />
generale. È su tutto questo che sono chiamati ad esprimersi i partecipanti a questa<br />
tavola rotonda. Non si sta più discutendo di cooperative si cooperative no, o<br />
di che sono queste sconosciute, ma di come è possib<strong>il</strong>e condividere i processi di<br />
riorganizzazione dell’assistenza primaria in cui le cooperative di medicina generale<br />
hanno dimostrato di apportare un importante valore aggiunto, nuovi modelli<br />
organizzativi dell’assistenza, nuovi modelli gestionali e di governance, grande<br />
capacità di coinvolgere e motivare gli operatori, definizione e sperimentazione<br />
di procedure e strumenti per l’integrazione dei servizi sociali e sanitari, proposta e<br />
definizione di percorsi di accreditamento istituzionale.<br />
2.2 Il ruolo del sindacato fimmg rispetto alle cooperative di medicina generale<br />
Giacomo M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo 2<br />
L’obiettivo principale del progetto di cambiamento della Medicina Generale<br />
consiste, fermo restando <strong>il</strong> rapporto di fiducia tra medico e paziente, nel portare<br />
1<br />
Presidente Nazionale ANCoM<br />
2<br />
Segretario Generale Nazionale FIMMG<br />
79
Capitolo 2<br />
<strong>il</strong> medico solista a lavorare in squadra, attraverso la creazione delle c.d. aggregazioni<br />
funzionali che rappresentano appunto “la squadra assistenziale” e che<br />
possono svolgere la propria attività all’interno di una Unità complessa di cure primarie<br />
(UCCP).<br />
Nelle varie sperimentazioni portate avanti, le società di servizio, che possono essere<br />
cooperative o non cooperative, anche se come Sindacato riteniamo che la<br />
cooperativa è probab<strong>il</strong>mente più adatta a ricoprire un ruolo in tal senso, hanno<br />
dimostrato un’apprezzab<strong>il</strong>e capacità organizzativa e gestionale, elemento fondamentale<br />
per <strong>il</strong> lavoro di squadra. I medici di medicina generale sono sempre<br />
più attenti a questi aspetti tanto che di società di servizio se ne parla sempre di più<br />
e sono sempre più numerose.<br />
Le cooperative consentono infatti un livello e uno standard organizzativo, in particolare<br />
per quanto riguarda l’acquisizione e la gestione dei fattori di produzione,<br />
l’attività di formazione e audit, che per <strong>il</strong> singolo medico è impensab<strong>il</strong>e raggiungere<br />
in autonomia.<br />
È necessario, tuttavia, sottolineare un aspetto indispensab<strong>il</strong>e: le società di servizio<br />
non possono erogare prestazioni sanitarie. Infatti secondo la legislazione vigente<br />
la Medicina Generale può essere erogata da dipendenti o professionisti convenzionati<br />
con <strong>il</strong> SSN che, secondo quanto disposto dalla normativa europea, sono in<br />
possesso dell’attestato di formazione in MG. Il rapporto con <strong>il</strong> SSN non può essere<br />
delegato a nessuno, in quanto titolare esclusivo e responsab<strong>il</strong>e rimane personalmente<br />
<strong>il</strong> medico che conserva dunque la propria individualità giuridica e autonomia<br />
professionale anche nell’ambito delle società di servizio. Queste dunque<br />
rappresentano forme organizzative funzionali solo alla gestione dei costi e degli<br />
approvvigionamenti di servizi, materiali e personale al fine esclusivo di migliorare<br />
le potenzialità di ciascuno dei singoli MMG che partecipano alla forma societaria.<br />
Le società dei medici non possono che essere dunque sostanzialmente delle società<br />
di servizi.<br />
Quali sono le potenzialità delle cooperative, quali le condizione e le realtà nelle<br />
quali potrebbero avere una funzione se non addirittura diventare indispensab<strong>il</strong>i?<br />
Nel momento in cui una Regione, una Azienda si trova a dover garantire delle<br />
prestazioni ma anche a dover recuperare un disavanzo di b<strong>il</strong>ancio, anche le cooperative<br />
possono, ad esempio, ricoprire un ruolo r<strong>il</strong>evante.<br />
Facciamo un esempio pratico e semplice. L’Azienda che si trova a dover assistere<br />
un paziente diabetico spendendo 100 euro all’anno è consapevole che con una<br />
assistenza territoriale organizzata, in cui i medici operano in squadra, garantendo<br />
la continuità assistenziale, e in cui viene praticata la medicina d’iniziativa, lo stesso<br />
paziente diabetico verrebbe a costare 80/90 euro. La Azienda però, pur sce-<br />
80
Tavola rotonda: l’assistenza primaria nell’Italia federata: servizi territoriali e cooperazione medica<br />
gliendo questo percorso, si trova nella difficoltà di dover investire 500 euro, a titolo<br />
esemplificativo, per poter avere una struttura che eroga appunto a 80/90 euro.<br />
Sul piano negoziale, sia a livello regionale che aziendale, la Medicina Generale si<br />
trova dunque nella posizione di poter proporre una serie di condizioni assistenziali<br />
a “prezzi inferiori” ma con <strong>il</strong> vincolo di trovare investimenti esterni alle Aziende e<br />
che non derivino dal Fondo Sanitario Nazionale. In questo percorso le Aziende<br />
potranno riconvertire la spesa che attualmente sostengono per una serie di inappropriatezze,<br />
che ripetutamente tutti denunciamo e che riguardano ad esempio<br />
l’eccesso di prestazioni specialistiche o l’accesso inadeguato al secondo livello,<br />
determinando uno spostamento delle risorse e investendo e sv<strong>il</strong>uppando l’assistenza<br />
territoriale. I dettagli di questo percorso sono attualmente in discussione,<br />
pertanto riservati, e dunque dobbiamo fermarci qui nel raccontare i prossimi scenari<br />
della Medicina Generale in Italia.<br />
2.3 Il rapporto tra la medicina generale e Federsanità-ANCI<br />
Att<strong>il</strong>io Bianchi 3<br />
Se una colpa ho nell’essere qui, è quella di essere <strong>il</strong> vice presidente di Federsanità-<br />
ANCI. Sono un territoriale convinto, da sempre con <strong>il</strong> ventricolo sinistro che batte<br />
sul territorio anche se oggi mi trovo per una sorta di nemesi storica ad essere <strong>il</strong> Direttore<br />
Generale di una azienda Ospedaliera Universitaria, che continua però a lavorare<br />
nel campo della medicina generale. Mi riallaccio a quanto è stato dichiarato<br />
stamattina da Di Malta e mi sento di dire che per me l’importante non è passare<br />
da 1 a 100 ma da 0 a 1.<br />
Perché ragionare di un' intesa tra ANCoM e Federsanità ? Personalmente parlo<br />
anche per conto di un gruppo di colleghi che da 15 anni prova a ragionare<br />
sul territorio, sulle potenzialità della medicina del territorio, scrivendo articoli e<br />
relazioni, partecipando a convegni, anticipando talvolta i tempi, su ciò che avrebbe<br />
significato la transizione demografica e la conseguente transizione epidemiologica,<br />
rispetto all’invecchiamento della popolazione; <strong>il</strong> mondo stava cambiando,<br />
ma pochi riuscivano a rendersene conto. E poiché sono un velista, quando<br />
mi dicono che tra <strong>il</strong> dire e <strong>il</strong> fare c’è di mezzo <strong>il</strong> mare, allora comincio a divertirmi.<br />
E allora? Credo fortemente in ciò che potrebbe e dovrebbe fare <strong>il</strong> territorio al<br />
di là delle definizioni dei piani sanitari e delle continue dichiarazioni di intenti; ma<br />
in realtà tra un convegno e l’altro che cosa è davvero successo in questi 15<br />
anni in cui avremmo dovuto rielaborare i nostri modelli assistenziali, in cui<br />
avremmo dovuto chiudere gli ospedali ed investire sul territorio? Che cosa<br />
è davvero successo? Al di là degli episodi che possono essere legati ad aree<br />
casuali di medici di medicina generale più spinti e più pronti all’evoluzione o di<br />
3<br />
Vice Presidente FederSanità ANCI<br />
81
Capitolo 2<br />
aziende sanitarie, direttori generali, distretti sanitari che sono più pronti a provarci,<br />
dove è stato <strong>il</strong> cambiamento?<br />
Federsanità è un’associazione che riunisce al suo interno la grande maggioranza<br />
delle aziende sanitarie e ospedaliere di questo paese. Il ragionamento è stato<br />
quello di cercare una base comune di sv<strong>il</strong>uppi ed un convegno come questo<br />
ne è un esempio di ciò che stiamo provando a mettere in campo.<br />
Proviamo a vedere, da un lato con una cassa di risonanza e dall’altro con la<br />
possib<strong>il</strong>ità di intervenire nei meccanismi operativi concreti dentro alle aziende,<br />
cosa fanno davvero le aziende nei rapporti con la medicina generale, con le<br />
cooperative, con l’associazionismo, oppure questi rapporti vengono visti solo come<br />
adempimenti contrattuali decisi e non sono calati dentro alla vita normale<br />
e quotidiana delle aziende che rappresentano lo specchio della ita dei nostri<br />
pazienti. Quindi <strong>il</strong> tentativo è quello di creare una identità, una unità culturale<br />
di intenti senza dimenticare che Federsanità è anche ANCI con tutto <strong>il</strong> risvolto<br />
dei comuni sul versante sociosanitario su cui ci sarebbe molto da dibattere e dissodare:<br />
un esempio è <strong>il</strong> lungo dibattito tuttora attivo che riguarda la dicitura<br />
Federsanità-ANCI: cioè se se vada scritto tutto attaccato<br />
separato da un trattino o in due parole.<br />
Il tentativo nostro è quello di aprirci in<br />
maniera ufficiale ed esplicita a questo fermento là dove c’è, perché <strong>il</strong> problema<br />
vero è cogliere i fermenti che sono in atto, cogliere le volontà di chi ha provato a<br />
metterci del suo nel cambiamento, come si legge sul testo “Oltre le convinzioni”<br />
“siate voi stessi <strong>il</strong> cambiamento che volete vedere nel mondo”. Su questa scia<br />
Federsanità vuole aprire un dibattito serio, leale e concreto su tutto quello che<br />
può e deve rappresentare la medicina generale oltre gli schematismi delle slides<br />
e delle presentazioni dei relatori nei convegni.<br />
2.4 Legacoop e le cooperative di medicina generale<br />
Giorgio Gemelli 4<br />
Vorrei riprendere alcune questioni discusse stamattina, senza ripeterle, ma commentarle<br />
per esporre alcune ragioni che hanno spinto la mia organizzazione a<br />
misurarsi concretamente con quello che chiamiamo “Progetto Salute”.<br />
Mi trovo pienamente in sintonia con le riflessioni del dott. Del Favero e con l’impostazione<br />
data dal Dott. Di Malta sul problema delle cooperative. La forma cooperativa<br />
è quanto necessita all’importante professione del medico di medicina<br />
generale, una forma di società di servizi ai professionisti. Questa forma sta venendo<br />
avanti prepotentemente negli ultimi anni e necessita, secondo la nostra orga-<br />
4<br />
Vicepresidente Nazionale LegaCoop<br />
82
Tavola rotonda: l’assistenza primaria nell’Italia federata: servizi territoriali e cooperazione medica<br />
nizzazione che per mestiere promuove, assiste e rappresenta la cooperazione, di<br />
un qualcosa in più; ha bisogno di fare massa critica per valorizzare la sua presenza<br />
all’interno di un mondo complesso come quello della sanità. C’è necessità di avviare<br />
una seria riflessione sul contesto attuale a partire dalle questioni poste; oggi,<br />
ad esempio, <strong>il</strong> Sindaco di Fiuggi ha parlato della vent<strong>il</strong>ata chiusura di ospedali e<br />
dei timori delle persone. Emergono tematiche e problematiche importanti, arrivano<br />
al pettine nodi che mettono in luce questioni non affrontate, che mettono in<br />
discussione l’attuale assetto della sanità pubblica, imponendo un’ipotesi di riforma<br />
e di riassetto verso un welfare territoriale che può essere avviato tenendo conto<br />
del contesto e dell’analisi dei limiti attuali. Bisogna alzare l’asticella al punto giusto<br />
e soprattutto bisogna coinvolgere i corpi sociali e le categorie interessate che devono<br />
essere corresponsab<strong>il</strong>izzati divenendo parte stessa delle riforme.<br />
Io penso che voi medici rappresentiate un pezzo di questi corpi sociali da coinvolgere<br />
assieme ad altri soggetti per evitare di ripetere errori. Uno dei grossi limiti<br />
di alcune riforme nel nostro paese, è che non si è tenuto conto del fatto che le<br />
riforme non si fanno con un decreto o una legge: <strong>il</strong> processo riformatore presuppone<br />
un grande consenso ed una larga partecipazione di corpi sociali; in questo<br />
senso le riflessioni avanzate in questo convegno analizzano un corpo sociale che si<br />
sta riposizionando dando disponib<strong>il</strong>ità ed idee da voi rappresentate. Le riforme nel<br />
nostro paese si devono portare avanti definendo una nuova frontiera di rapporti<br />
nella partnership tra pubblico-privato nella quale entrambi abbiano pari dignità,<br />
sia pure con scale gerarchiche diverse. Questo vuol dire che i corpi sociali che si<br />
muovono devono essere corresponsab<strong>il</strong>izzati e partecipi di una riforma. Come si<br />
può pensare di prescindere dalla figura del medico di medicina generale, che<br />
rappresenta l’architrave del servizio sanitario nazionale, nell’attuazione di una riforma?<br />
La figura del medico di medicina generale è quella di un professionista che si<br />
deve organizzare per stare al passo con l’innovazione e l’evoluzione sia tecnologica<br />
che informatica. La cooperazione tra medici, nel prossimo futuro, rappresenterà<br />
concretamente la forma più giusta di gestione delle attività complementari ed<br />
essenziali per l’esercizio della professione e potrà integrarsi nel mondo variegato<br />
della salute già operante nella cooperazione e per quanto ci riguarda in Legacoop.<br />
La nostra organizzazione ha una presenza importante nel nostro paese per<br />
quanto riguarda i diversi comparti che guardano alla salute e al benessere. Da<br />
questo punto di vista abbiamo pensato di mettere insieme ed integrare tutte le<br />
esperienze esistenti nel settore a partire dalla cooperazione sociale che è molto<br />
ramificata nell’intero territorio nazionale e che rappresenta un’anima importante<br />
per la sussidiarietà. Dobbiamo mettere insieme le esperienze per discutere con i<br />
nostri interlocutori e studiare assieme al coordinamento dei medici di medicina<br />
generale forme opportune di rappresentanza ed integrazione.<br />
Abbiamo messo in campo per questo “Il Progetto Salute Legacoop” con l’obiettivo<br />
per la cooperazione di essere sussidiaria al Servizio Sanitario Nazionale nel<br />
83
Capitolo 2<br />
quadro della riforma del welfare resa necessaria dalle trasformazioni intervenute<br />
nella struttura demografica, dagli accresciuti bisogni e dai vincoli imposti dalla<br />
finanza pubblica.<br />
Legacoop rappresenta ed organizza imprese specificamente impegnate<br />
nell’ambito della sanità e dell’assistenza socio-sanitaria integrata: realtà dinamiche,<br />
territorialmente diffuse e radicate, dotate di professionalità e di competenze<br />
capaci di evolvere verso direttrici innovative, ma anche fortemente motivate<br />
alla costruzione di percorsi virtuosi di incontro tra domanda pagante e offerta di<br />
servizi e prestazioni.<br />
Il Progetto Salute Legacoop, promuovendo l’interazione tra i diversi comparti, intende<br />
mettere a valore la capacità cooperativa di rappresentare i bisogni semplici<br />
o complessi di un’utenza parzialmente o affatto coperta, fornendo risposte<br />
risolutive ad integrazione del servizio pubblico.<br />
L’azione congiunta e coordinata tra diversi attori della cooperazione (cooperative<br />
tra medici, cooperazione sociale, mutue sanitarie) si propone pertanto di<br />
mettere a sistema l’offerta cooperativa nel settore della salute con una domanda<br />
di assistenza sempre più articolata.<br />
Con <strong>il</strong> progetto cooperativo intersettoriale sulla salute, che si riconosce in un unico<br />
marchio di f<strong>il</strong>iera come espressione della capacità collettiva di intrapresa<br />
dei diversi settori, Legacoop vuole essere portatrice di una proposta univoca,<br />
chiara ed articolata sui diversi tavoli istituzionali, trasmettere un’immagine complessiva<br />
e completa degli strumenti che essa è capace di esprimere e cogliere<br />
con maggiore compiutezza le opportunità e le criticità di ciascun comparto. In<br />
questo quadro occorre trovare forme di rappresentanza e di partecipazione per<br />
<strong>il</strong> comparto di medici di medicina generale.<br />
2.5 Interoperab<strong>il</strong>ità e sistemi organizzativi per le UCCP<br />
Giorgio Moretti 5<br />
Inizierei con una considerazione di ordine generale sui modelli organizzativi delle<br />
UCCP: tutti ormai siamo ben consapevoli di ciò che dovrebbe essere fatto, tuttavia<br />
non siamo capaci di mettere in pratica questa gran quantità di esperienze<br />
virtuose, e questo è uno dei gravi problemi del sistema nazionale italiano.<br />
Nonostante le tecnologie siano estremamente evolute, si tratta di un settore in<br />
cui, a livello di modelli organizzativi, prevale <strong>il</strong> federalismo. In realtà i modelli organizzativi<br />
si somigliano tutti quanti, al di là delle tante sigle che vengono effettivamente<br />
ut<strong>il</strong>izzate per definirli. Pensiamo a tutte le varie UCCP, UCP, ACP, NCP: è<br />
es<strong>il</strong>arante vedere la quantità di sigle atte ad identificare oggetti le cui differenze<br />
5<br />
Amministratore Delegato DEDALUS, Presidente CICOM<br />
84
Tavola rotonda: l’assistenza primaria nell’Italia federata: servizi territoriali e cooperazione medica<br />
non sono sostanzialmente più che sfumature, e parliamo di strutture complesse<br />
che devono essere in grado di cooperare e di interoperare con la componente<br />
ospedaliera.<br />
Considerando che le varie tecnologie collaudate sono già a disposizione, pur<br />
se diverse in base al Territorio, non è da considerarsi un caso che regioni come<br />
Lombardia, Em<strong>il</strong>ia Romagna, Valle D’Aosta e parte del Veneto, tengano meglio<br />
sotto controllo anche gli elementi economici, in quanto queste regioni hanno<br />
effettuato degli ingentissimi investimenti al fine di creare delle reti di interoperab<strong>il</strong>ità.<br />
Questo purtroppo non accade nel centro sud: nonostante sia stata effettivamente<br />
presa una serie di iniziative, <strong>il</strong> problema persiste. Quello che diceva<br />
Bollero è assolutamente comprensib<strong>il</strong>e ma bisogna tener presente che <strong>il</strong> Lazio<br />
è alquanto arretrato per quanto riguarda i processi di esposizione e i sistemi di<br />
interoperab<strong>il</strong>ità.<br />
Le UCCP svolgono una funzione clinica e sanitario-amministrativa piuttosto nota:<br />
a questo punto siamo ben consapevoli di ciò che necessita di essere fatto, si<br />
tratta solo di realizzarlo, di mettere in opera quel che viene detto nel corso di tutti<br />
i convegni. A questo proposito, come possono le aziende di Tecnologie supportare<br />
queste iniziative e promuoverle?<br />
Quello di cui dovremmo discutere oggi riguarda <strong>il</strong> sistema organizzativo delle<br />
UCCP e relativa interoperab<strong>il</strong>ità ma <strong>il</strong> vero problema è come riuscire a distribuirlo<br />
in maniera democratica a tutta la Medicina Generale del Paese. Io credo che i<br />
grandi investimenti che sono stati fatti principalmente in Lombardia ed in Em<strong>il</strong>ia<br />
Romagna saranno di diffic<strong>il</strong>e realizzazione nelle altre regioni italiane, perciò l’unica<br />
strada, l’unica proposta che posso offrire, come azienda che ha realizzato<br />
tutti questi sistemi in toto o in parte, è quella di renderci disponib<strong>il</strong>i per distribuire<br />
gli stessi sistemi a condizioni economiche favorevoli, vale a dire coinvestendo.<br />
Sono convinto che in questo momento, soprattutto in certe regioni, la Medicina<br />
Generale abbia una grandissima opportunità, dal momento che i decisori politici<br />
non sanno come risolvere <strong>il</strong> problema degli sforamenti. Stando al calcolo<br />
indicato dal prof. Bollero, <strong>il</strong> risparmio si aggirerebbe intorno ai 9 m<strong>il</strong>iardi di euro.<br />
Allora forse, quello che possiamo tentare di fare è costituire un grande patto tra<br />
chi mette a disposizione tecnologie e metodologie da una parte e gli operatori<br />
di medicina generale dall’altra, per far sì che anche con una risorsa economica<br />
limitata questi progetti siano realizzab<strong>il</strong>i.<br />
Le parole chiave sono dunque: Sistemi di Interoperab<strong>il</strong>ità tra Ospedale e Territorio,<br />
Sistemi Organizzativi per le UCCP (non solo M<strong>il</strong>lewin, M<strong>il</strong>lewin è uno dei<br />
tasselli). Quindi confrontiamoci, discutiamo insieme sugli elementi strutturali e non<br />
parliamo di “biciclette” ma di “autostrade di operatività”.<br />
85
Capitolo 2<br />
2.6 Federalismo fiscale e assistenza sanitaria<br />
Vincenzo D’Anna 6<br />
Indegnamente sostituisco <strong>il</strong> dott. Palumbo ed entro subito nello spirito della discussione<br />
citando una massima che credo sostenga e soccorra la medicina generale<br />
e cioè “non esistono risposte semplici a domande complesse”.<br />
Uno degli errori che spesso i politici fanno, anche ad alti livelli, è quello di ricercare la<br />
soluzione al complesso problema dei costi economici dell’assistenza sanitaria, attraverso<br />
risposte “semplici”, ossia, per <strong>il</strong> loro modo di vedere, se “siamo fuori budget<br />
allora tagliamo”, facciamo un taglio orizzontale, trasversale e risolviamo <strong>il</strong> problema.<br />
Noi parliamo di federalismo e allora comunichiamo qualche dato in modo tale<br />
che cominciamo a capire di cosa stiamo parlando, perché gli strumenti ce li abbiamo<br />
così come la distribuzione sui vari punti della f<strong>il</strong>iera assistenziale. È stato con<br />
mio grande stupore che alcuni anni fa ho scoperto come viene investito <strong>il</strong> 5% del<br />
Fondo Sanitario nazionale, e cioè che era investito nelle spese burocratiche delle<br />
strutture che erano interessate al trasferimento da aree del centro alla periferia,<br />
era una di quelle circostanze in cui si consumavano soldi del fondo sanitario per<br />
non produrre assistenza. Il problema attuale è che la medicina generale ha delle<br />
idee, ha delle proposte messe in chiaro sui tavoli di discussione, ma è impensab<strong>il</strong>e<br />
che queste idee e queste proposte prendano forma senza una sostenib<strong>il</strong>ità economica.<br />
Chiunque abbia una idea interessante la mette su un campo, questa idea<br />
ha bisogno non solo del supporto della Medicina generale per la sostenib<strong>il</strong>ità organizzativa,<br />
ma anche del supporto Economico.<br />
Allora qual è la situazione del Federalismo e dell’efficientismo nel quale <strong>il</strong> federalismo<br />
dovrebbe muoversi? Tutto deve partire da un’ analisi dell’esistente, altrimenti<br />
ci flagelliamo e ci colpevolizziamo per <strong>il</strong> fatto che non sappiamo farci bastare i denari,<br />
in realtà partiamo da un assunto che è sbagliato, ossia, che <strong>il</strong> fondo economico<br />
sia sufficiente per mettere in campo <strong>il</strong> tipo di assistenza che abbiamo in mente,<br />
ma non è così purtroppo. Il fondo sanitario nazionale, che nell’anno 2010<br />
arriverà a circa 107 m<strong>il</strong>iardi di euro, oltre i vari sfondamenti, è di circa <strong>il</strong> 17% più<br />
basso del fondo sanitario nazionale della restante parte della comunità Europea<br />
calcolato sull’Europa dei 15, ed è circa <strong>il</strong> 50% in meno del fondo sanitario dedicato<br />
rispetto al loro PIL da Canada, Giappone e Stati Uniti. Quindi, la prima cosa che la<br />
Politica trasversalmente dovrebbe fare è aumentare <strong>il</strong> fondo sanitario nazionale<br />
dedicato, poi si può cominciare a parlare sul “cosa fare” e come investire per<br />
spendere bene i soldi e attuare <strong>il</strong> tipo di assistenza sanitaria che noi abbiamo in<br />
mente,altrimenti ci troveremo sempre a ragionare su “chi vuol fare le migliori nozze<br />
con i fichi secchi, ma sempre fichi secchi sono.”<br />
6<br />
Componente della Commissione Affari Sociali e Sanità della Camera dei Deputati – Presidente FederLAB<br />
86
Tavola rotonda: l’assistenza primaria nell’Italia federata: servizi territoriali e cooperazione medica<br />
Il secondo problema è che <strong>il</strong> Federalismo Solidale vuol dire compensazione, cioè,<br />
le regioni che hanno un PIL più alto devono avere un’azione vicariante rispetto<br />
al finanziamento della sanità nelle regioni che questa risorsa non ce l’hanno;<br />
questo significa che bisogna avere i dati comparativi per poter capire qual è<br />
l’entità economica, affinché la solidarietà che noi annunciamo si traduca in una<br />
effettiva solidarietà, in un effettivo finanziamento del 100% dell’attività sanitaria.<br />
Secondo i dati che emergono dal tavolo tecnico della conferenza tra stato e<br />
regioni, noi dobbiamo fare i conti con un federalismo fiscale dal quale emerge<br />
che una regione come la Lombardia ha un PIL di 324 m<strong>il</strong>iardi di euro e che tutte<br />
le regioni meridionali messe insieme arrivano ad un PIL poco più di 250 m<strong>il</strong>iardi<br />
di euro. Noi dobbiamo equ<strong>il</strong>ibrare, dunque, un sistema federativo partendo da<br />
questi disvalori economici e credo che se la sanità è l’indice di maggiore spesa<br />
per questo sistema, la sanità in queste regioni deve fare i conti con questo disvalore<br />
e con questo gap. Questo significa parlare chiaro, ossia equ<strong>il</strong>ibrare è uguale<br />
a travasare. La più grande delle ingiustizia diceva don Lorenzo M<strong>il</strong>ani è quella<br />
di fare “ parti eguali tra diseguali”. Se noi andiamo a r<strong>il</strong>evare, così come stanno,<br />
le diseguaglianze in campo economico e le diseguaglianze sul grado di produzione<br />
delle ricchezze nelle regioni, noteremo che i sistemi sanitari di quelle regioni<br />
saranno l’espressione di queste diseguaglianze economiche. Questo però non<br />
significa che mi iscrivo al partito della cosiddetta “mano tesa”, o di coloro i quali<br />
sanno solo chiedere più soldi e più compensazione alle regioni più ricche, <strong>il</strong> che<br />
significa che, in sanità, bisogna applicare <strong>il</strong> Benchmarking dappertutto, bisogna<br />
fare la governance clinica. Nel disegno di legge che si è arenato in aula, per<br />
<strong>il</strong> veto di una parte politica della maggioranza, per cui è rientrata di nuovo in<br />
commissione. In questo disegno di legge mi propongo e mi impegno, in qualità di<br />
parlamentare, a “deBindizzare”, cioè epurare, tutte le introduzioni del bolscevismo<br />
sanitario introdotte nel decreto legislativo 229 - mi spiego per essere, chiaro,<br />
diretto e provocatorio-. Noi possiamo usare tutti i sistemi, ma l’unico che realmente<br />
funziona è quello che misura <strong>il</strong> rapporto tra costi e benefici, perché se da un<br />
lato del sistema si paga a prestazioni, si paga a tariffa, si paga a diaria e dall’altra<br />
parte del sistema si paga a piè di lista, scambiando“apoditticamente” <strong>il</strong> servizio<br />
pubblico con la statalità della gestione, questo è un sistema statalizzato che non<br />
può che produrre disavanzi. In questo modo in Italia <strong>il</strong> servizio sanitario è un servizio<br />
sanitario statale, che viene di volta in volta integrato facendo l’elemosina, agli<br />
specialisti ambulatoriali, ai medici di famiglia, alle case di cura.<br />
Noi sappiamo che i disavanzi delle regioni in Italia non li creano la medicina<br />
territoriale pubblica/privata, ma a creare <strong>il</strong> disavanzo è la pletoricità degli ospedali<br />
che nel centro-sud Italia sono, improduttivi, sono dei veri e propri“stipendifici”,<br />
è l’ospedalità pubblica, laddove questa non viene misurata con <strong>il</strong> grado di efficienza<br />
della prestazione che produce - e questo voglio dirlo io in partibus infidelium<br />
(terra dei non credenti)- .<br />
La verità è che, se noi non introduciamo nel sistema con fatti normativi e legislativi,<br />
<strong>il</strong> principio che determinati costi standard ci sarà la retribuzione standard, una parte<br />
del sistema continuerà a costare molto più di quanto produce.<br />
87
Capitolo 2<br />
Quindi alle disarmonie di partenza, che sono di tipo economico e di tipo strutturale<br />
del grado di benessere di due Italie, che sono diverse per molti aspetti, si<br />
sommerà la disarmonia dello statalismo, che è una sanità burocratizzata che,<br />
in quanto monopolio statale, si permette <strong>il</strong> lusso di costare più di quanto dovrebbe<br />
costare. L’inefficienza economica cammina di pari passo con l’inefficienza del<br />
sistema sanitario, noi dovremmo rendere <strong>il</strong> malato <strong>il</strong> cittadino depositario<br />
di una effettiva capacità di scelta, perché se vogliamo fare i liberali di mattina<br />
misurando l’efficienza e la Gouvernance e vogliamo fare i socialisti di pomeriggio,<br />
perché ognuno vuole avere la sicurezza del posto assicurato, della convenzione<br />
o della diaria, questa cosa non funziona.<br />
Alla fine di questo percorso, dunque, bisognerebbe finanziare direttamente <strong>il</strong> cittadino<br />
perché è lui che a costo predeterminato, a tariffa, deve scegliere <strong>il</strong> luogo<br />
di cura, perché nessuno meglio del malato, o meglio di colui che deve ut<strong>il</strong>izzare <strong>il</strong><br />
sistema è in grado di stab<strong>il</strong>ire dal sistema cosa vuole e chi gli dà al meglio la prestazione<br />
che desidera.<br />
Questo potrebbe essere applicato attraverso una grande Rivoluzione di Sistema<br />
altrimenti noi facciamo circonvoluzioni oratorie attorno al nulla, perché non affrontiamo<br />
alla radice <strong>il</strong> problema, visto che ognuno di noi all’interno del sistema vuole mantenere<br />
una nicchia di priv<strong>il</strong>egi e di comodità che <strong>il</strong> sistema molte volte non è in grado<br />
di sostenere.<br />
88
CAPITOLO 3<br />
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e<br />
del futuro<br />
3.1 La non autosufficienza nelle politiche europee<br />
Grazia Labate 1<br />
Dati di scenario sulle politiche Socio-Sanitarie in Europa<br />
I sistemi e l’organizzazione assistenziale presentano significative differenze nei<br />
vari paesi dell’Unione europea, sia per i modelli sanitari e sociali adottati, sia per<br />
<strong>il</strong> modo in cui gli stessi si integrano e si coordinano, sia per <strong>il</strong> rapporto tra essi e<br />
le diverse modalità esistenti nell’unione, di soggetti ed istituzioni non profit o for<br />
profit, che concorrono ad affrontare le politiche per la non autosufficienza.<br />
Le società europee stanno rapidamente cambiando.<br />
I cittadini europei vivono sempre più a lungo; si sono modificati nel profondo gli<br />
schemi fam<strong>il</strong>iari tradizionali:<br />
• Avanzano nuove forme di mob<strong>il</strong>ità;<br />
• Si va affermando la parità fra i sessi:<br />
• La globalizzazione e la crisi finanziaria hanno un peso non indifferente nelle<br />
politiche di protezione sociale.<br />
Uno scenario complesso.<br />
La speranza di vita nelle società europee ha registrato un netto miglioramento<br />
negli anni.<br />
• 1950 speranza di vita: 43,5 anni per gli uomini e 46 anni per le donne;<br />
• 2000 speranza di vita: 75,5 anni per gli uomini e 81,4 anni per le donne;<br />
• 2050 speranza di vita: 82 anni per gli uomini e 87,4 per le donne.<br />
Sessanta anni di pace, progressi accelerati in campo biomedico, miglioramento<br />
delle condizioni di vita e di lavoro, hanno fatto si che la maggior parte dei cittadini<br />
europei goda attualmente di un pensionamento tutelato, più lungo, più<br />
attivo che incide radicalmente sui sistemi di previdenza sociale. Si prevede che<br />
la relativa spesa raggiungerà <strong>il</strong> 2,5% del P<strong>il</strong> europeo entro <strong>il</strong> 2030 ed <strong>il</strong> 4,3% entro<br />
<strong>il</strong> 2050.<br />
1<br />
Ricercatore in economia sanitaria Università di York U.K. – Coordinatrice del tavolo Tecnico del Ministero della<br />
Salute per <strong>il</strong> decreto sui Fondi Sanitari Integrativi<br />
89
Capitolo 3<br />
I tassi di natalità registrano in tutte le regioni europee un calo, anche se elementi<br />
comuni, indicano che ovunque <strong>il</strong> desiderio di maternità/paternità, rimane spesso<br />
insoddisfatto.<br />
Una complessa combinazione di fattori, quali ad esempio una non equa ripartizione<br />
delle responsab<strong>il</strong>ità parentali, <strong>il</strong> livello non certo ottimale delle strutture par<br />
l’infanzia, <strong>il</strong> problema della casa, ed una organizzazione del lavoro che mal si<br />
conc<strong>il</strong>ia con la vita fam<strong>il</strong>iare, incidono sulla scelta procreativa.<br />
Tali tendenze demografiche faranno aumentare rischi sociali, quali la dipendenza<br />
delle persone anziane e l’isolamento sociale. Attualmente in Europa <strong>il</strong> 28%<br />
degli ultrasettantenni vive da solo.<br />
Circa due terzi delle persone con età superiore a 75 anni deve ricorrere ad una<br />
assistenza non ufficiale, prestata essenzialmente da badanti o dai fam<strong>il</strong>iari più<br />
stretti ed in particolare da donne.<br />
Un anziano su 6 vive in povertà. Le donne anziane sono particolarmente esposte<br />
al rischio di ricevere pensioni basse a causa di un percorso lavorativo incompleto.<br />
L’immigrazione sta mettendo alla prova l’efficacia delle strategie di integrazione<br />
degli stati membri, soprattutto nelle grandi città europee e nelle regioni frontaliere.<br />
Il rapporto health at glance 2009 (uno sguardo alla salute)<br />
I paesi sv<strong>il</strong>uppati hanno affrontato a partire dal 2008 una profonda recessione<br />
economica.<br />
Entro la fine del 2010 è prevista una riduzione del P<strong>il</strong> di circa <strong>il</strong> 4%, un tasso di disoccupazione<br />
che sfiorerà <strong>il</strong> 10% della forza lavoro.<br />
Le politiche per affrontare la recessione hanno portato ad un aumento dell’indebitamento<br />
ed a un conseguente incremento del deficit di b<strong>il</strong>ancio; <strong>il</strong> controllo<br />
della spesa sanitaria e sociale diventa un elemento fondamentale.<br />
I sistemi sanitari e sociali europei sono tutti quanti sottoposti a regole di ottimizzazione<br />
delle risorse, secondo rigorosi criteri di efficienza ed efficacia.<br />
La strada maestra è quella di implementare i servizi di territorio, la medicina di<br />
comunità, le cure domic<strong>il</strong>iari, la continuità assistenziale.<br />
L’assistenza e la tutela della salute della popolazione anziana nella UE<br />
I modelli per affrontare <strong>il</strong> tema dell’assistenza e della salute della popolazione<br />
anziana si possono classificare in 5 categorie:<br />
1. sistema universalistico: la copertura è pressoché totale del costo delle prestazioni<br />
mediante la fiscalità generale (Danimarca e paesi del Nord Europa);<br />
90
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />
2. sistemi obbligatori: assicurazione obbligatoria LTC per tutta la popolazione<br />
con prestazioni fornite sia dall’assicurazione contro le malattie sia da un apposito<br />
fondo assicurativo (Paesi Bassi);<br />
3. sistemi con la presenza di un’assicurazione sociale obbligatoria sottoscritta<br />
dai lavoratori realizzata mediante la contribuzione a casse mutue oppure la<br />
sottoscrizione di una polizza privata (Germania, Austria, Lussemburgo);<br />
4. sistemi di copertura nei casi di bisogno dove l’erogazione delle prestazioni è<br />
suddivisa fra <strong>il</strong> sistema sanitario nazionale e gli enti locali (Irlanda e Regno Unito);<br />
5. sistemi misti: alle tradizionali assicurazioni sociali (casse malattia, vecchiaia) si<br />
affianca un sistema di assistenza sociale a carico della fiscalità (Belgio, Spagna,<br />
Francia).<br />
L’osservatorio europeo sui sistemi e le politiche sociosanitarie<br />
Il recente rapporto (2008) “financing health care in the european union, challenges<br />
and policy responses”, ha messo in evidenza che l’invecchiamento della<br />
popolazione chiama in causa un problema di sostenib<strong>il</strong>ità, occorre verificare i<br />
sistemi riformati negli ultimi 10 anni e suggerire raccomandazioni per migliorare<br />
la situazione.<br />
La copertura dei cittadini dell’unione<br />
La copertura socio-sanitaria della popolazione è quasi totale (96-98%) ad eccezione<br />
della Germania in cui si raggiunge l’88%, anche se in molte realtà europee<br />
c’è un certo divario tra ciò che è ufficialmente sotto copertura e ciò che lo è<br />
realmente.<br />
Le raccomandazioni<br />
• Effettuare una accurata analisi degli attuali sistemi sanitari per eliminare inefficienze,<br />
sprechi, dirigersi sempre più verso best practices ed indicatori di<br />
qualità del sistema, ridurre la sovrapposizione di obiettivi e di incarichi;<br />
• Incoraggiare l’allocazione strategica delle risorse per garantire una corrispondenza<br />
tra bisogni e risorse;<br />
• Intensificare <strong>il</strong> dialogo tra policy maker e cittadini;<br />
• Trovare un mix di modalità efficaci per affrontare <strong>il</strong> tema dell’invecchiamento<br />
della popolazione, che metta insieme pubblico, privato e privato sociale<br />
per fac<strong>il</strong>itare una gestione strategica dei problemi e più efficaci risposte.<br />
91
Capitolo 3<br />
L’UE ed <strong>il</strong> progetto echoutcome<br />
Nell’ambito del 7° programma quadro, l’UE ha finanziato con circa 1 m<strong>il</strong>ione<br />
di euro <strong>il</strong> progetto echoutcome, volto a confrontare l’organizzazione dei diversi<br />
sistemi sanitari ed i risultati ottenuti. L’obiettivo è quello di analizzare somiglianze,<br />
analogie, differenze, studiare un caso di riferimento, efficiente ed efficace, per<br />
avviare una campagna dell’UE mirata ad incentivare una migliore assistenza<br />
sanitaria nell’Europa a 27.<br />
Echoutcome<br />
Con <strong>il</strong> Prof. Michel Lamure dell’università di Lione, <strong>il</strong> progetto riunisce esperti<br />
dell’università libera di Bruxelles, della LSE di Londra, dell’università Bocconi di<br />
M<strong>il</strong>ano, nonché la società francese di economia della salute (SFES), alcune imprese,<br />
specializzate in tecniche di costruzione di modelli avanzati, (Data Mining<br />
international, Cyklad Group, Lyon ingegnerie projects).<br />
Si metteranno a punto degli indicatori sanitari, validati scientificamente, per fornire<br />
ai responsab<strong>il</strong>i dei singoli stati membri e dei decisori europei, una metodologia<br />
comune per affrontare le sfide del futuro.<br />
QALY (quality adjusted life years), DALY (disab<strong>il</strong>ity adjusted life years), HYE (health<br />
years equivalent), risorse disponib<strong>il</strong>i e prevedib<strong>il</strong>i, capacità di spesa collettiva e<br />
individuale per la prevenzione dei rischi dell’invecchiamento, saranno i temi di<br />
studio analisi e proposte, affinchè alla fine del 2013 l’UE possa fornire agli stati<br />
membri una tabella di marcia comune.<br />
Principali caratteristiche delle soluzioni adottate in alcuni paesi dell’UE<br />
Austria:<br />
la riforma del ’93 ha introdotto un programma universale di supporti alle persone<br />
non autosufficienti. Il finanziamento proviene dalla fiscalità generale. L’individuazione<br />
dei beneficiari è basata esclusivamente sul grado di disab<strong>il</strong>ità. Il reddito ed<br />
<strong>il</strong> patrimonio sono considerati per determinare la compartecipazione al costo<br />
solo nel caso di cure intensive. Viene erogato un sussidio universale per tutti i non<br />
autosufficienti in relazione al grado di disab<strong>il</strong>ità. L’incidenza del costo della non<br />
autosufficienza sul P<strong>il</strong> è dello 0,7% pari a 14 m<strong>il</strong>iardi e 700m<strong>il</strong>a euro per assistere <strong>il</strong><br />
70,6 della popolazione over 65 ed <strong>il</strong> 29,4% della popolazione over 75.<br />
Germania:<br />
Dal 1995 è stata introdotta una specifica assicurazione obbligatoria, che si integra<br />
con le altre 4 già presenti nel Welfare tedesco. Il sistema è finanziato da una<br />
imposta(contributo assicurativo) dell’1,7% sul reddito da lavoro, equamente divi-<br />
92
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />
sa tra lavoratore e datore di lavoro. L’accesso ai servizi è garantito da una perizia<br />
medica che provvede a quantificare <strong>il</strong> bisogno e ad inserire <strong>il</strong> soggetto in una<br />
delle 3 classi a cui è associato un <strong>volume</strong> diverso di prestazioni da scegliere tra<br />
residenziale, domic<strong>il</strong>iare e monetario. Non è prevista alcuna limitazione né per<br />
l’età, né per <strong>il</strong> reddito o <strong>il</strong> patrimonio posseduti. Se la classe nella quale <strong>il</strong> soggetto<br />
è stato inserito prevede l’assistenza residenziale, <strong>il</strong> vitto e l’alloggio sono pagati<br />
dall’assicurazione pubblica solo per gli indigenti. Ne usufruiscono circa 2 m<strong>il</strong>ioni<br />
di persone, di cui <strong>il</strong> 63,3% ha 75 anni o più ed <strong>il</strong> 14,7% è di età inferiore ai 65 anni,<br />
<strong>il</strong> 68% dell’assistenza viene erogato a domic<strong>il</strong>io ed <strong>il</strong> 32% in residenze.<br />
I costi nel 2008 erano pari all’1,2% del P<strong>il</strong> cioè circa 18,9 m<strong>il</strong>iardi di euro (fonte<br />
Economic policy committee of european commission).<br />
Irlanda:<br />
Le prestazioni per gli anziani non autosufficienti sono erogate dal servizio sanitario<br />
pubblico e finanziate dalla tassazione generale. I servizi sono garantiti sulla base<br />
delle necessità stimate da un apposito Health Board. In genere non sono previste<br />
preclusioni per motivi di età, ma è previsto un means test per l’accesso alle<br />
varie prestazioni. L’assistenza residenziale è riservata per coloro i quali sia stato<br />
accertata l’impossib<strong>il</strong>ità fisica e sociale della permanenza a domic<strong>il</strong>io. È prevista<br />
una compartecipazione al costo, fatti salvi gli indigenti, fino all’80% del reddito<br />
dell’anziano. Criteri più stringenti sono previsti per la permanenza in strutture private<br />
convenzionate che vedono <strong>il</strong> concorso della famiglia di appartenenza fino<br />
al 100% del costo della retta. L’assistenza domic<strong>il</strong>iare è erogata dal programma<br />
di Community based care, in parte sottoposta a means test. Non sono previsti<br />
sussidi monetari. Il costo incide per circa lo 0,7% del P<strong>il</strong> e cioè 1m<strong>il</strong>iardo e 215 m<strong>il</strong>a<br />
euro.<br />
Olanda:<br />
Le prestazioni per gli anziani non autosufficienti sono coperte da uno dei tre p<strong>il</strong>astri<br />
sul quale si basa la sanità olandese. Il finanziamento proviene da contributi<br />
assicurativi, secondo uno schema pubblico a ripartizione, ma vi è anche la possib<strong>il</strong>ità<br />
di scegliere un fondo di assistenza privato. L’assistenza residenziale vede<br />
una compartecipazione al costo in base al reddito, l’assistenza domic<strong>il</strong>iare in<br />
base al programma personalizzato dal medico di base e dal geriatra. È prevista<br />
l’erogazione di un sussidio monetario, qualora l’anziano rimanga al proprio domic<strong>il</strong>io,<br />
ma ha un reddito basso o sia indigente. Il 43% degli over 65 è assistito in<br />
residenze ed <strong>il</strong> 57%a domic<strong>il</strong>io. Il costo per la non autosufficienza è pari allo 0,5%<br />
del P<strong>il</strong>, corrispondente a circa 20, 5 m<strong>il</strong>iardi di euro nel 2008 con contributi del<br />
12,15%ed un costo mens<strong>il</strong>e oltre <strong>il</strong> contributo versato, di circa 320 euro a persona.<br />
Norvegia:<br />
Il sistema pubblico eroga un r<strong>il</strong>evante <strong>volume</strong> di servizi e prestazioni finanziati dalla<br />
fiscalità generale con una compartecipazione degli utenti. La fornitura delle<br />
93
Capitolo 3<br />
prestazioni è organizzata su base locale. Per i requisiti di accesso viene fatta una<br />
valutazione da un team di esperti che colloca i soggetti in uno dei tre seguenti<br />
gruppi di prestazioni: cure residenziali, semiresidenziali e domic<strong>il</strong>iari. Non è prevista<br />
alcuna limitazione legata a motivi di età o di reddito posseduto. L’assistenza<br />
residenziale è distinta in residential home, usata solo per degenze di lunga durata<br />
di disab<strong>il</strong>i gravi e nursing home per degenze temporanee in centri diurni. Esiste<br />
poi lo sheltered housing che combina la vita indipendente con servizi di cura ed<br />
assistenza. La soluzione residenziale comporta una compartecipazione al costo<br />
di circa l’80% del reddito dell’utente. L’assistenza domic<strong>il</strong>iare prevede 2 tipi di<br />
intervento. L’assistenza domic<strong>il</strong>iare home help con fornitura di cure ed assistenza<br />
domic<strong>il</strong>iare con partecipazione al costo, home nursing, che fornisce assistenza<br />
medica senza alcun onere per l’utente. È previsto un sussidio retributivo per le<br />
persone che si prendono regolarmente cura di un non autosufficiente. Il costo<br />
incide per <strong>il</strong> 3,5 del P<strong>il</strong> pari a circa 22 m<strong>il</strong>iardi e 900 m<strong>il</strong>a euro.<br />
Spagna:<br />
L’assistenza agli anziani non autosufficienti è organizzata su base regionale ed <strong>il</strong><br />
finanziamento proviene dalla fiscalità generale. Variano da regione a regione i<br />
criteri di eleggib<strong>il</strong>ità, i servizi offerti, le compartecipazioni al costo. In generale è<br />
previsto <strong>il</strong> means test. L’assistenza residenziale varia da regione a regione. In generale<br />
è prevista una compartecipazione al costo del 75% della pensione oltre<br />
ad un contributo aggiuntivo per coloro che hanno un reddito superiore ai 70 000<br />
euro l’anno. Le modalità di assistenza domic<strong>il</strong>iare variano anch’esse da regione<br />
a regione e per le prestazioni monetarie si prevede un sussidio per la soglia di<br />
indigenza. Il costo totale rappresenta lo 0,7 del P<strong>il</strong> pari a 18 m<strong>il</strong>iardi e 300 m<strong>il</strong>a<br />
euro per assistere circa <strong>il</strong> 70% della popolazione over 65 ed <strong>il</strong> 30% degli over 75.<br />
Svezia:<br />
Il settore pubblico eroga un r<strong>il</strong>evante <strong>volume</strong> di servizi finanziati dalla fiscalità<br />
generale, su base locale con una compartecipazione degli utenti. La fornitura<br />
è organizzata su base locale. I requisiti di accesso si basano sulla valutazione<br />
del bisogno. Non è prevista alcuna preclusione in base all’età o al reddito. L’assistenza<br />
residenziale è concessa solo in caso di elevato bisogno e assenza di<br />
una rete fam<strong>il</strong>iare, sono previsti ricoveri diurni per alleggerire <strong>il</strong> carico del care<br />
giver fam<strong>il</strong>iare. Per l’assistenza domic<strong>il</strong>iare è prevista la figura del care manager<br />
che decide modalità ed entità delle cure. È richiesta una compartecipazione<br />
al costo da parte dell’utente in relazione alla qualità dei servizi ut<strong>il</strong>izzati. Sono<br />
previsti per l’assistente fam<strong>il</strong>iare un sussidio economico e la possib<strong>il</strong>ità di partecipare<br />
a corsi di formazione. In alcune regioni è prevista la possib<strong>il</strong>ità di assunzione<br />
da parte del governo locale del care giver con compiti di assistenza di un<br />
malato terminale. Il costo rappresenta <strong>il</strong> 3,8 del P<strong>il</strong>, circa 22 m<strong>il</strong>iardi e 600 m<strong>il</strong>a<br />
euro per assistere <strong>il</strong> 75,7% della popolazione over 65 ed <strong>il</strong> 24,3% della popolazione<br />
over 75.<br />
94
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />
Regno Unito:<br />
L’assistenza continuativa è coordinata su base locale. Il finanziamento proviene<br />
dalla fiscalità generale, sebbene sia spesso richiesta una compartecipazione al<br />
costo variab<strong>il</strong>e in base al reddito ed al patrimonio dell’utente. La valutazione è<br />
effettuata dal governo locale, attraverso <strong>il</strong> primare care trust, PCT. Non è prevista<br />
nessuna preclusione in base all’età, mentre è previsto <strong>il</strong> means test. L’assistenza<br />
residenziale è prevista per tutti coloro per i quali sia stata ritenuta necessaria. La<br />
compartecipazione ai costi varia in relazione al reddito e al patrimonio e non<br />
ha luogo se la valutazione sta nei 30.000 euro annui. I sussidi pubblici per coloro<br />
che si rivolgono a strutture private variano da regione a regione. L’assistenza<br />
domic<strong>il</strong>iare è individuata da un team del PCT e la compartecipazione al costo<br />
è responsab<strong>il</strong>ità dei regolamenti fissati dai consigli di contea in base ai principi<br />
nazionali del Social Act. Le prestazioni monetarie sono previste per coloro, career’s<br />
allowance, che prestano almeno 35 ore alla settimana di assistenza ad una<br />
persona che riceve sussidio economico per la sua condizione di non autosufficienza<br />
e disab<strong>il</strong>ità grave. Il libro bianco dell’ex governo laburista aveva riformato<br />
<strong>il</strong> Social Act prevedendo la possib<strong>il</strong>ità di poter effettuare un assicurazione complementare<br />
o la sottoscrizione con la più grande società di mutuo soccorso Benenden,<br />
di un pacchetto di prestazioni di assistenza domic<strong>il</strong>iare tutte le volte che<br />
a livello di PCT i servizi non potessero essere assicurati in tempo ut<strong>il</strong>e. Per queste<br />
forme si prevedeva un tetto di deducib<strong>il</strong>ità fiscale. Tutto ciò in coerenza con la<br />
riforma del NHS avviata un anno fa sul binario della choise: quality care.<br />
Non è noto come si muoverà <strong>il</strong> governo Cameron che deve gestire la crisi finanziaria<br />
che stiamo attraversando, ma quel che è certo è che <strong>il</strong> NHS ed <strong>il</strong> Social<br />
ACT riformati sono una necessità percepita da tutti gli inglesi. Il costo della non<br />
autosufficienza rappresenta L’1, 1 del P<strong>il</strong>, pari a circa 19 m<strong>il</strong>iardi e 300m<strong>il</strong>a euro e<br />
copre l’assistenza del 77% degli over 65 ed 23% degli over 75.<br />
Francia:<br />
Le prestazioni per la non autosufficienza sono gestite da un sistema pubblico<br />
a ripartizione attraverso l’assicurazione sociale e le casse previdenziali. Il loro finanziamento<br />
avviene attraverso un contributo di solidarietà (Cotisation Solidaritè<br />
Autonomie) pari allo 0,30% del salario. Sono previste compartecipazioni al costo.<br />
I requisiti d’accesso sono basati sul bisogno espresso dal soggetto e sulla sua<br />
condizione economica. L’età funziona da discriminante. È previsto un programma<br />
per disab<strong>il</strong>i con meno di 20 anni, uno per chi ne ha meno di 60, uno per chi<br />
ne ha più di 60 ed infine uno per chi ne ha più di 65. La soluzione residenziale<br />
è gravata da una compartecipazione basata sui costi sostenuti e sul reddito e<br />
patrimonio dell’utente. Il sussidio erogato dipende anche dall’età del soggetto.<br />
L’assistenza domic<strong>il</strong>iare è valutata con un pacchetto di servizi e prestazioni<br />
insieme allo stato di bisogno ed alle risorse del soggetto. Sono inoltre previsti 2<br />
sussidi monetari, non cumulab<strong>il</strong>i, di importo variab<strong>il</strong>e rispetto alle necessità ed alle<br />
condizioni economiche, che devono essere impiegati nell’acquisto di prestazioni<br />
95
Capitolo 3<br />
assistenziali e mediche. Il costo della non autosufficienza incide per 1,2% sul P<strong>il</strong><br />
essendo pari 19 m<strong>il</strong>iardi e 450 m<strong>il</strong>ioni di euro per far fronte al 72,7 dei bisogni degli<br />
over 65 e al 27,3 degli over 75.<br />
Italia:<br />
Viviamo più a lungo, ma non sempre in buona salute<br />
• L’ISTAT al 1 gennaio 2010 indica in oltre 60.045.068 i cittadini residenti nel nostro<br />
paese.<br />
• Il 20% della popolazione ha più di 65 anni, un italiano su 5.<br />
• 12 m<strong>il</strong>ioni di italiani hanno più di 65 anni ed i grandi vecchi con più di 80 anni<br />
sono <strong>il</strong> 5,6% della popolazione.<br />
• La speranza di vita alla nascita è di 78,6 anni per gli uomini e di 84,1 per le<br />
donne.<br />
• L’indice di vecchiaia (rapporto tra la popolazione con più di 65 anni e quella<br />
con meno di 15 anni) registra un ulteriore incremento, raggiungendo un valore<br />
pari a 143,1.<br />
• La vecchiaia è femmin<strong>il</strong>e.<br />
• Le donne sono <strong>il</strong> 67% delle persone con più di 80 anni.<br />
• Il numero delle donne vedove è 5 volte superiore a quello degli uomini.<br />
• A livello regionale, la Liguria è in testa con la maggiore presenza di anziani<br />
con età superiore ai 65 anni (26%), seguono la Toscana, l’Umbria, <strong>il</strong> Piemonte,<br />
<strong>il</strong> Molise. La Campania si posiziona all’ultimo posto con <strong>il</strong> 15,3%.<br />
• Il 38,8% dei residenti in Italia dichiara di essere affetto da patologie croniche,<br />
la percentuale sale allo 86,9% per gli ultra settantacinquenni.<br />
• Le malattie croniche più diffuse sono: artrosi/artrite, ipertensione, malattie allergiche,<br />
osteoporosi, bronchite cronica e asma bronchiale, diabete.<br />
• Le malattie degenerative più diffuse: Parkinson, Alzheimer, demenza sen<strong>il</strong>e.<br />
Il bisogno crescente di assistenza a lungo termine<br />
La quota di popolazione over 65 si prevede passerà dall’attuale 20% al 21% alla<br />
fine del 2011. Nel 2030 raggiungerà <strong>il</strong> 28%. Fonti ISTAT indicano che circa <strong>il</strong> 40%<br />
delle persone con più di 78 anni non sia autosufficiente e necessiti di adeguata<br />
assistenza. I dati più recenti dell’OMS indicano un aumento delle patologie croniche<br />
degenerative legate all’invecchiamento, quali parkinson ed alzheimer ed<br />
evidenziano la necessità di garantire all’anziano, parzialmente o totalmente non<br />
autosufficiente, un’assistenza adeguata, un servizio flessib<strong>il</strong>e per rispondere alle<br />
esigenze del diverso grado di disab<strong>il</strong>ità e del luogo in cui la persona vive. Ancora<br />
i dati dell’OMS indicano la necessità di garantire l’integrazione tra assistenza<br />
sociale e sanitaria, tra realtà pubblica e privata a sostegno del nucleo fam<strong>il</strong>iare<br />
o dell’individuo solo, al fine di conc<strong>il</strong>iare un migliore servizio offerto ed un con-<br />
96
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />
tenimento dei costi. Emerge l’esigenza non soltanto di un supporto finanziario e di<br />
servizi alla persona possib<strong>il</strong>mente domic<strong>il</strong>iari, ma anche di strumenti di orientamento,<br />
counseling, e sostegno alle famiglie.<br />
L’analisi della situazione italiana<br />
Le più recenti ricerche (Libro bianco del ministero del welfare, Convegno dell’Isvap,<br />
Conferenza Espanet del 2008 sulle politiche sociali in Italia nello scenario europeo, i<br />
paper di ricerca del Censis, <strong>il</strong> recente studio della Fondazione Bassetti ed <strong>il</strong> rapporto<br />
Ceis, redatto dal Prof. Spandonaro) evidenziano che: nonostante le numerose<br />
iniziative e i programmi a livello locale, <strong>il</strong> gap tra necessità delle famiglie e degli<br />
individui da un lato e le risposte istituzionali agli anziani non autosufficienti dall’altro<br />
è crescente.<br />
Le risorse finanziarie pubbliche sono insufficienti. Una d<strong>il</strong>atazione della spesa pubblica<br />
è impensab<strong>il</strong>e sia per i vincoli europei, sia per <strong>il</strong> peso della recente crisi economico<br />
finanziaria, che si riverbera in un basso tasso di crescita e di sv<strong>il</strong>uppo della<br />
ricchezza nazionale prodotta ed in un aumento del debito pubblico.<br />
L’integrazione tra i diversi servizi e tra i diversi operatori (pubblici, privati, volontariato)<br />
è scarsa. Inadeguata permane l’offerta di servizi.<br />
Anziani a corto di assistenza (fonte Anci 2009)<br />
• Il 7,5 degli ultra sessantacinquenni (circa 830.000 persone) percepisce l’indennità<br />
di accompagnamento.<br />
• Il 3% usufruisce dell’assistenza domic<strong>il</strong>iare integrata ADI (circa 347.000 persone).<br />
• L’1,7% degli anziani è assistito attraverso i servizi di assistenza domic<strong>il</strong>iare SAD<br />
dei comuni (circa 193.000 persone)<br />
• Il 2,7% sono gli anziani ospitati nelle RSA (circa 298.000 persone)<br />
Le risposte istituzionali al problema della non autosufficienza<br />
L’Unione europea, nel recente libro bianco sulla strategia in materia sanitaria (2008-<br />
2013) fissa alcuni obiettivi precisi per favorire uno stato di salute buono in un Europa<br />
che invecchia. Promuove misure atte a favorire <strong>il</strong> sostegno agli Stati membri e alle<br />
regioni per l’innovazione e l’integrazione sociosanitaria dei loro sistemi, sostenendo<br />
progetti mirati al mantenimento dell’autosufficienza delle persone anziane, anche<br />
attraverso le nuove tecnologie informatiche e di teleassistenza, con stanziamenti<br />
previsti ad hoc, sia nel settimo programma quadro, che nel fondo sociale europeo.<br />
97
Capitolo 3<br />
Nel nostro paese l’ordinamento giuridico che affronta <strong>il</strong> tema della non autosufficienza<br />
è rintracciab<strong>il</strong>e:<br />
• nella riforma sanitaria territoriale del 1999.<br />
• nell’art. 26 della legge quadro sui servizi sociali n°328/2000 che estende la possib<strong>il</strong>ità<br />
per le persone anziane o disab<strong>il</strong>i di ricorrere a fondi integrativi anche per<br />
la copertura di servizi socio-assistenziali relativi a cure continuative a domic<strong>il</strong>io o<br />
in strutture residenziali e semiresidenziali.<br />
• Nel decreto del Ministro delle finanze del 22/12/2000 che all’art.1 riconosce lo<br />
stato di non autosufficienza quando vi sia l’incapacità di svolgere anche in parte<br />
le azioni comuni della vita quotidiana.<br />
• Nell’atto di integrazione socio-sanitaria previsto dal DPCM del 2001.<br />
• Nella previsione della deducib<strong>il</strong>ità delle spese per assistenza domestica (badante)<br />
per un importo pari a 1820 euro annui a partire dalla legge finanziaria 2005.<br />
• Nella istituzione di un fondo nazionale per la non autosufficienza a partire dalla<br />
legge finanziaria2007/2011. Ma quest’anno non è finanziato.<br />
• Nella definizione dei LEA.<br />
• in alcune leggi regionali: Em<strong>il</strong>ia Romagna, Veneto, Toscana, Lombardia, Liguria,<br />
Prov. Autonome di Trento e Bolzano<br />
L’ordinamento italiano<br />
Dunque la normativa sociosanitaria e fiscale individua l’assistenza a lungo termine<br />
quale campo di intervento delle istituzioni pubbliche, private accreditate,<br />
private e di volontariato, erogando quote di risorse pubbliche, ancorchè limitate<br />
e non sufficienti rispetto alla domanda. Riconosce altresì, non fosse altro che<br />
per la quota di parte sociale a carico dei Comuni e dei cittadini, la possib<strong>il</strong>ità<br />
di considerarla quale prestazione tipica dei fondi sanitari integrativi del Servizio<br />
sanitario nazionale.<br />
La legislazione italiana<br />
Lo Stato individua i LEA ed i LIVEAS, ripartisce le risorse del fondo sanitario e del<br />
fondo nazionale per le politiche sociali, controlla l’uniformità dei trattamenti ed<br />
eroga (mediante <strong>il</strong> Ministero dell’Interno e l’Inps) le prestazioni in denaro a sostegno<br />
degli anziani e dei disab<strong>il</strong>i. Le Regioni hanno <strong>il</strong> compito di programmazione,<br />
coordinamento ed indirizzo degli interventi sociali, nonché di verifica dell’attuazione<br />
a livello territoriale e disciplinano l’integrazione dell’attività sanitaria e sociosanitaria<br />
ad elevata integrazione. Definiscono inoltre i criteri di autorizzazione<br />
ed accreditamento delle strutture che erogano i servizi, quantificano la partecipazione<br />
alla spesa da parte dei cittadini, determinano le tariffe che i Comuni<br />
98
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />
sono tenuti a corrispondere ai soggetti accreditati e decidono la concessione<br />
dei buoni servizio per le strutture eroganti. I Comuni sono i soggetti fondamentali<br />
dell’attuazione della assistenza pubblica ai non autosufficienti per quanto<br />
riguarda le prestazioni ed i servizi sociali, l’eventuale integrazione economica per<br />
le persone non autosufficienti per le quali è necessario <strong>il</strong> ricovero in strutture residenziali<br />
o semiresidenziali, mentre sono di competenza delle Asl le prestazioni<br />
sanitarie e sociosanitarie.<br />
Manca una legge nazionale sulla non autosufficienza<br />
A differenza di molti paesi europei e d’oltreoceano, l’Italia non si è ancora dotata<br />
di un provvedimento specifico, atto ad affrontare <strong>il</strong> rischio della non autosufficienza,<br />
pur avendo <strong>il</strong> tasso di invecchiamento più elevato d’Europa, ed al<br />
contempo, <strong>il</strong> rapporto spesa sanitaria e spesa sociale/P<strong>il</strong> al di sotto della media<br />
europea.<br />
I vari tentativi naufragati ed alcune prime risposte:<br />
• La predisposizione di una legislazione per la non autosufficienza, ancorchè<br />
auspicata da tutti non riesce a vedere la luce.<br />
• A partire dal fondo per le prestazioni di assistenza ai non autosufficienti proposto<br />
dalla commissione Onofri nel 1997 attraverso una tassa di scopo.<br />
• Nel 2003 la commissione affari sociali della Camera avanzò una proposta<br />
bypartisan, insabbiata alla commissione b<strong>il</strong>ancio.<br />
• Nel 2005 proposta di legge di iniziativa popolare, presentata dai sindacati<br />
dei pensionati CGIL, CISL, UIL.<br />
• Nel 2006 <strong>il</strong> Governo Prodi inserisce nella finanziaria 2007 <strong>il</strong> fondo per la non autosufficienza<br />
con una dotazione di 300 m<strong>il</strong>ioni di euro per <strong>il</strong> 2007 e 400 m<strong>il</strong>ioni<br />
di euro per <strong>il</strong> 2008, da cui avrebbe dovuto prendere <strong>il</strong> via <strong>il</strong> Ddl delega al Governo<br />
per la costruzione del sistema e dei LIVEAS, ma la fine della legislatura<br />
ha bloccato tutto.<br />
• Nel marzo 2008 <strong>il</strong> decreto del ministro della salute Livia Turco sugli ambiti di<br />
operatività dei fondi sanitari integrativi del SSN definisce che <strong>il</strong> beneficio fiscale<br />
previsto dalla legge vigente possa ottenersi nella misura in cui i fondi<br />
eroghino almeno <strong>il</strong> 20% delle prestazioni in odontoiatria ed in servizi e prestazioni<br />
per la non autosufficienza.<br />
• In questa legislatura vengono presentate alla Camera le proposte N°413<br />
dell’On.le Di Virg<strong>il</strong>io e la N°706 dell’Onorevole Lucà ma non è iniziata ancora<br />
la discussione in commissione.<br />
• Il ministro del Welfare Sacconi ha varato <strong>il</strong> decreto per la costituzione<br />
dell’Anagrafe dei fondi.<br />
99
Capitolo 3<br />
• L’Anagrafe è entrata in funzione, ha terminato la prima fase di registrazione<br />
dei fondi <strong>il</strong> 30 apr<strong>il</strong>e u.s.<br />
• Attualmente sono iscritti all’anagrafe 279 fondi integrativi, di cui 220 negoziali<br />
e 59 territoriali afferenti a SMS e casse<br />
La rete di protezione è assicurata principalmente dalle famiglie e dal volontariato<br />
• Le ultime stime indicano per <strong>il</strong> nostro paese la presenza tra 700.000 e 900.000<br />
badanti che si occupano dell’assistenza ad anziani.<br />
• Il 5% delle famiglie italiane fa uso di badanti per parziale o totale non autosufficienza.<br />
• I costi si aggirano tra gli 800 e i 1200 euro mens<strong>il</strong>i.<br />
• Vi è ancora molto lavoro in nero, se è vero che la regolarizzazione ha riguardato<br />
circa 700.000 colf.<br />
• Il volontariato, secondo stime recenti, eroga servizi di assistenza agli anziani<br />
non autosufficienti sia sanitari che sociali per circa 790.000 persone<br />
Le coperture LTC in Italia<br />
Forme collettive di protezione mostrano un trend di decisa affermazione attraverso<br />
casse e fondi aziendali. Recentemente si sono conseguiti 2 importanti accordi<br />
nazionali di lavoro (<strong>il</strong> Fondo LTC dei dipendenti del settore assicurativo e dei<br />
dipendenti bancari). Forme individuali hanno finora avuto un limitato successo<br />
sia per la non piena sensib<strong>il</strong>ità del bisogno futuro, sia per i costi elevati dei premi<br />
assicurativi ed infine per la mancanza di adeguati vantaggi fiscali.<br />
Con <strong>il</strong> sistema assicurativo in Italia siamo ai nastri di partenza<br />
Recenti stime dell’Ania del febbraio 2009 quantificano <strong>il</strong> mercato italiano delle<br />
LTC in circa 50 m<strong>il</strong>ioni di euro di premi. Di fatto in Italia l’offerta di soluzioni di LTC<br />
viene fatta attraverso la raccolta assicurativa da forme collettive spesso legate<br />
a importanti contratti integrativi di lavoro.<br />
Sul mercato delle soluzioni individuali le stime indicano più o meno 20 compagnie<br />
impegnate nell’offerta di questa tipologia di prodotti e meno del 50% di<br />
esse ha in catalogo una polizza LTC autonoma. Il rimanente 50% dell’offerta avviene<br />
attraverso coperture accessorie nell’ambito di altri prodotti assicurativi e di<br />
soluzioni previdenziali (fondi pensione aperti).<br />
Sul fronte degli strumenti previdenziali a luglio dell’anno scorso solo 9 fondi pensione<br />
aperti prevedevano una prestazione accessoria per non autosufficienza.<br />
100
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />
Mercato molto embrionale<br />
L’offerta è in generale costituita da polizze del ramo vita in cui la prestazione è<br />
rappresentata nella maggior parte dei casi da una rendita mens<strong>il</strong>e per l’ipotesi<br />
di non autosufficienza che può variare da 500 a 3000 euro al mese, a seconda<br />
del premio pagato, anche se esistono altre formule in cui si prevede o <strong>il</strong> rimborso<br />
di un capitale o <strong>il</strong> rimborso delle spese medico assistenziali. La garanzia dura in<br />
genere per tutta la vita dell’assicurato, in alcuni casi però <strong>il</strong> pagamento è limitato<br />
nel tempo, da 5 a 25 anni o fino a che l’assicurato compie 75 o 80 anni.<br />
L’evento che fa scattare la copertura è la perdita dell’autosufficienza misurata<br />
come incapacità<br />
Che fare?<br />
Far crescere la consapevolezza della copertura del rischio della possib<strong>il</strong>e non<br />
autosufficienza, provocata non solo da infortunio o malattia, ma anche da senescenza,<br />
fattore sempre più identificativo del trend demografico del 3° m<strong>il</strong>lennio.<br />
Razionalizzare e portare a sistema la protezione sociale attualmente prevista dal<br />
ns. ordinamento, in caso di non autosufficienza, costruendo una forte cornice<br />
pubblica di regole e comportamenti per la costruzione di un fondo per la non<br />
autosufficienza, solidaristico, basato sulla fiscalità generale. Avviare la costruzione<br />
di sistema per <strong>il</strong> medio e lungo termine, in cui, un mix di interventi pubblici,<br />
regole contrattuali negoziali, fondi sanitari e pensionistici complementari, regole<br />
etiche condivise di non antiselezione del rischio e di moral hazard in campo assicurativo,<br />
concorra a definire la protezione per la non autosufficienza e la long<br />
term care come protezione stab<strong>il</strong>e di medio e lungo periodo attraverso la solidarietà<br />
pubblica, quella del mondo del lavoro, quella individuale attraverso sistemi<br />
di incentivazione fiscale.<br />
3.2 Costruire un nuovo welfare, da state a community<br />
Antonio Calicchia 2<br />
Cronicità e continuità assistenziale<br />
Il tema che oggi affrontiamo riguarda la cronicità e la continuità assistenziale.<br />
Io faccio parte di una cooperativa sociale ma oggi cercherò di farvi ragionare<br />
su quello che la dottoressa Labate ha spiegato molto bene. Vi farò ragionare<br />
su alcuni dati, la fonte dei quali è rappresentata dal rapporto sullo stato della<br />
Cronicità in Italia, svolto nel 2009 da Cittadinanza Attiva, da cui è emerso che<br />
2<br />
Presidente Cooperativa sociale Roma Medicina Onlus – referente Lazio Consulta Regionale ANCoM<br />
101
Capitolo 3<br />
<strong>il</strong> 39,2% della nostra popolazione mostra patologie croniche (quasi 22 m<strong>il</strong>ioni di<br />
persone), ma di questa percentuale quando andiamo a considerare gli over 75<br />
la percentuale sale fino al’86,9%. Questo vuol dire che circa 16-17 m<strong>il</strong>ioni di ultra<br />
75enni nella nostra nazione sono affetti da patologie croniche. Sono dati questi<br />
con cui noi medici di famiglia dobbiamo fare i conti e soprattutto che conosciamo<br />
benissimo in quanto li incontriamo abitualmente ogni giorno nei nostri studi.<br />
L’Istat classifica abitualmente le malattie croniche in una serie di patologie tra<br />
le quali spiccano le artropatie, l’ipertensione e le malattie allergiche e l’osteoporosi,<br />
mentre noi, medici di famiglia, quando parliamo di malattie croniche ci<br />
riferiamo essenzialmente a cinque grandi insiemi patologici rappresentati da:<br />
ipertensione, BPCO, diabete, scompenso cardiaco e malattie cardiovascolari.<br />
Ma vorrei mostrarvi anche un altro dato, che è importante per conoscere <strong>il</strong><br />
problema, e che vi invito ad ut<strong>il</strong>izzare nella vostra pratica quotidiana: l’indice di<br />
comorb<strong>il</strong>ità e l’indice di severità.<br />
La comorb<strong>il</strong>ità indica la percentuale della popolazione che ha più di un fattore<br />
di cronicità: parliamo di circa <strong>il</strong> 68,3% dei pazienti che hanno più di una<br />
patologia cronica. Nella nostra esperienza a Roma, noi facciamo assistenza domic<strong>il</strong>iare.<br />
Da otto anni gestiamo un progetto di ospedalizzazione domic<strong>il</strong>iare,<br />
assicurando una assistenza domic<strong>il</strong>iare integrata con partecipazione sanitaria<br />
e sociale a 50 pazienti giornalmente. Nei pazienti da noi assistiti abbiamo un<br />
indice di comorb<strong>il</strong>ità pari a 6,64, <strong>il</strong> che vuol dire che nel paziente sono presenti<br />
6,64 malattie croniche contemporaneamente: è un dato su cui dobbiamo riflettere.<br />
Infatti questi malati sono quelli che richiedono più attenzioni, più cure,<br />
più interventi medici, sanitari e sociali: hanno infatti anche elevato l’indice di<br />
severità della loro malattie, che nella nostra esperienza dal 2008 al 2010 ha mostrato<br />
un valore medio di 2,5 (range 1-3,46). Tanto è vero che, come mostrato<br />
nel successivo grafico, nella Regione Lazio <strong>il</strong> tasso di ospedalizzazione di questa<br />
categoria di malati, anziani over 75 con più morb<strong>il</strong>ità, supera <strong>il</strong> 50% nell’anno.<br />
Altro dato caratteristico è rappresentato dal fatto che questi pazienti sono prevalentemente<br />
maschi, mentre le donne, ma ugualmente malate e croniche,<br />
restano di più a casa e devono essere però, allo stesso modo, assistite. Tutti,<br />
medici e amministratori, politici e programmatori, dovrebbero fare i conti con<br />
questa realtà che come ci ricorda ancora Cittadinanza Attiva non è più reversib<strong>il</strong>e<br />
e che sv<strong>il</strong>uppa nel paziente un grado di forte disab<strong>il</strong>ità; che richiede una<br />
gestione dedicata ed integrata e che costringe noi a cambiare <strong>il</strong> nostro modo<br />
di lavorare e di pensare.<br />
Bisogna cambiare perché la realtà sociale è cambiata.<br />
È necessario a questo punto sottolineare le differenze esistenti tra la cronicità e<br />
l’acuzie, che non sono soltanto termini diversi ma che rappresentano un vero e<br />
102
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />
diverso modo di gestire <strong>il</strong> malato. La acuzie è concentrata e finalizzata alla cura<br />
dell’evento malattia, da parte talvolta di un solo operatore in una struttura ben<br />
dedicata; la cronicità invece è centrata sul paziente ed è caratterizzata dalla<br />
necessità di una presa in carico globale fatta da un insieme di sistemi multi professionali<br />
diversi, che operano in diversi setting, come <strong>il</strong> domic<strong>il</strong>io, l’ambulatorio<br />
del medico, <strong>il</strong> centro della Asl, la struttura residenziale intermedia. La cronicità<br />
necessita della gestione e della applicazione di un sistema integrato di qualità,<br />
operante in diversi sistemi, che si parlano tra loro. Negli ultimi trent’anni, in Italia, è<br />
stato curato soltanto <strong>il</strong> sistema della acuzie, basato su una visione ospedalocentrica,<br />
non solo più fac<strong>il</strong>e,se volete, da costruire, applicare e gestire ma anche più<br />
visib<strong>il</strong>e per una sanità molto “politicizzata”.<br />
Nei rapporti di Cittadinanza attiva vengono poi sottolineate quelle che sono anche<br />
le criticità che si riscontrano quotidianamente nella gestione delle cronicità<br />
e che in alcuni casi riguardano anche noi medici di famiglia e con le quali dobbiamo<br />
fare i conti.<br />
Da questi dati risulta che talvolta noi siamo inadeguati, talaltra siamo inappropriati,<br />
che non siamo formati ed una delle cause potrebbe essere dovuta all’invecchiamento<br />
della nostra categoria che ha una distribuzione di tipo gaussiano<br />
con un picco vicino ai 55 anni; probab<strong>il</strong>mente anche perché portiamo in noi<br />
ricordi di una formazione universitaria che, credo sia ancora così adesso, centrata<br />
sull’evento malattia e non sul percorso del paziente; abbiamo poi scarse informazioni<br />
delle realtà che ci circondano, a causa di un isolamento professionale<br />
che soltanto ultimamente sta cambiando.<br />
Infine ci sono le criticità strutturali vere, rappresentate dai vari servizi di ADI nelle<br />
regioni italiane. L’ADI, infatti, intesa come veramente integrata tra <strong>il</strong> sanitario ed<br />
<strong>il</strong> sociale, esiste solo in alcune Regioni; in altre, soprattutto in quelle sottoposte a<br />
piano di rientro, per ADI si intende una assistenza domic<strong>il</strong>iare prestazionale esclusivamente<br />
sanitaria, svolta in numero assolutamente scarso ed insufficiente.<br />
Tutto queste considerazioni ci inducono a soffermare l’attenzione sulla necessità<br />
di una rivoluzione perché effettivamente la situazione sanitaria del nostro paese<br />
sta cambiando, perché la domanda di salute è effettivamente evoluta e soprattutto<br />
perché è <strong>il</strong> sistema paese stesso a chiederci un cambiamento: le cure devono<br />
essere sempre più personalizzate ed appropriate, i processi devono essere<br />
più dedicati e la loro qualità deve migliorare.<br />
Allora dobbiamo cominciare a cambiare anche la nostra idea di fare medicina,<br />
incominciando a fare una medicina di iniziativa per fare prevenzione, pro attiva<br />
per seguire meglio <strong>il</strong> nostro paziente e capace di ottimizzare le risorse, scarse, di<br />
cui disponiamo.<br />
103
Capitolo 3<br />
È chiaro che per fare questo dobbiamo adattare <strong>il</strong> nostro modo di lavorare, dobbiamo<br />
ricorrere a sistemi organizzativi diversi, ut<strong>il</strong>izzando strumenti che ci consentano<br />
di supportare questi sistemi. Dobbiamo passare da una discontinuità assistenziale<br />
ad una continuità assistenziale dove noi possiamo usufruire di strumenti<br />
che ci integrino e ci aiutino nella vita professionale.<br />
È altrettanto chiaro che questo sforzo deve essere intrapreso in ciascuno di noi,<br />
perché <strong>il</strong> cambiamento deve partire dal basso, da noi stessi e non può essere<br />
fatto dai massimi sistemi ed imposto dall’alto. Noi medici dobbiamo capire che i<br />
dati della nostra pratica professionale vanno inseriti nei gestionali, che le diagnosi<br />
con l’ICD IX devono essere ut<strong>il</strong>izzate e registrate, altrimenti non saremo mai in<br />
grado di comunicare con gli altri professionisti che come noi dividono la responsab<strong>il</strong>ità<br />
della cura del nostro paziente.<br />
La convenzione della medicina generale parla di AFT e parla anche di gestione<br />
dell’ADI, parla di UCCP che potrebbero servire a questo scopo, ma noi dobbiamo<br />
lavorare perché non rimangano solo vuote parole. Per <strong>il</strong> cambiamento vero<br />
occorrono però strumenti che possano essere usati nella pratica di tutti i giorni.<br />
Per esempio i protocolli diagnostici e terapeutici rappresentano uno strumento,<br />
lo strumento della clinica concordata interprofessionale, l’audit è un altro strumento<br />
per poter migliorare le prestazioni, così come <strong>il</strong> self audit per imparare a<br />
conoscerci.<br />
Non dobbiamo poi dimenticare anche altri strumenti, ut<strong>il</strong>issimi nella gestione della<br />
cronicità, come le schede di valutazione, come quelle, per esempio, che noi<br />
ut<strong>il</strong>izziamo nella gestione del paziente ricoverato in Ospedale Virtuale. La nostra<br />
esperienza romana ut<strong>il</strong>izza, infatti, cartelle di valutazione multidimensionale dove<br />
l’aspetto sociale e l’aspetto sanitario sono integrati insieme ed imprescindib<strong>il</strong>i<br />
l’uno dall’altro e che alla fine del percorso di valutazione ci danno un punteggio<br />
a cui è legata la composizione della equipe territoriale che potrebbe essere ut<strong>il</strong>izzata<br />
per seguire quel paziente sul territorio. Ciò fac<strong>il</strong>ita molto la gestione di una<br />
equipe territoriale.<br />
Noi siamo qui a Fiuggi per fac<strong>il</strong>itare <strong>il</strong> diffondersi di tutte queste situazioni attraverso<br />
la sv<strong>il</strong>uppo di una cooperazione medica che sia veramente protagonista. Che<br />
possa aiutare i medici a uscire dall’isolamento e faccia conoscere le nostre esperienze<br />
anche a colleghi che molte volte soffrono per un profondo isolamento.<br />
La cooperazione infatti può aiutarci nella organizzazione, nel coordinamento e<br />
nella ut<strong>il</strong>izzazione degli strumenti di cui parliamo. Solo con un coordinamento<br />
forte ed un punto di riferimento territoriale le varie forme dell’associazionismo<br />
medico territoriale come le reti o le UCCP potranno svolgere completamente<br />
quelle funzioni che gli sono richieste.<br />
104
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />
È d’altro canto chiaro che possiamo pure imparare ad usare strumenti nuovi e<br />
diversi, sia gestionali che tecnologici, ma sarebbe tutto inut<strong>il</strong>e se poi dimenticassimo<br />
di curare anche la preparazione clinica, la formazione ed <strong>il</strong> buon rapporto<br />
con <strong>il</strong> nostro paziente; anche per queste cose comunicare, cooperare e lavorare<br />
insieme può rappresentare un vero vantaggio.<br />
3.3 La salute in rete: la collaborazione tra gli operatori e <strong>il</strong> cittadino<br />
Angelo Rossi Mori 3<br />
La salute in rete rappresenta <strong>il</strong> passo successivo alla sanità elettronica. L’argomento<br />
che affronteremo riguarda la collaborazione tra gli operatori e tra <strong>il</strong> cittadino<br />
e gli operatori. Il primo problema che andremo ad affrontare riguarderà<br />
l’ICT, su come riuscirà ad intervenire al meglio nei processi sanitari.<br />
Faremo poi una riflessione sul nuovo modo di gestire la documentazione sia clinica,<br />
che amministrativa e organizzativa, per passare ad una visione più ampia:<br />
cioè non si tratta solo del PC che ci troviamo davanti ma oggi abbiamo internet,<br />
la strumentazione che diventa più intelligente, gli smartphone e tante altre cose<br />
più evolute; l’ultimo punto che andremo a trattare riguarderà <strong>il</strong> supporto ai percorsi<br />
assistenziali e alla governance.<br />
Dov’è che l’ICT può intervenire meglio? Se noi stratifichiamo i pazienti su almeno<br />
tre livelli, abbiamo innanzitutto un livello in cui vengono seguite le persone sane e<br />
la prevenzione, e quindi tutta la parte sulla gestione degli screening e l’aumento<br />
dell’aderenza dei cittadini ad un comportamento salutare.<br />
Ad un livello intermedio vediamo delle patologie in lenta evoluzione, con piani di<br />
assistenza sostanzialmente stab<strong>il</strong>i; è possib<strong>il</strong>e una raccolta dati sistematici, esami<br />
e terapie ripetitivi, trend, indicatori e in questo campo l’ICT può dare di più.<br />
Al terzo livello ci sono le situazioni più complesse, con patologie acute oppure<br />
con patologie croniche multiple; ovviamente in questi casi è molto più diffic<strong>il</strong>e<br />
riuscire ad intervenire con l’informatica.<br />
Riassumendo, dunque, i tre strati sono rappresentati da tre diverse situazioni:<br />
1. Nel primo strato c’è la gestione delle persone sane e la prevenzione, con i<br />
richiami periodici, educazione e istruzione;<br />
2. Il secondo strato è rappresentato da una lenta evoluzione e piani di assistenza<br />
stab<strong>il</strong>i ove cercare di migliorare l’aderenza, con i percorsi assistenziali basati su<br />
evidenza, gestendo bene gli indicatori di autovalutazione e la governance;<br />
3. Il terzo strato, nelle situazioni più complesse possiamo ricorrere in modo saltuario<br />
all’e-ma<strong>il</strong>, alla teleassistenza e al supporto ICT per svolgere singole procedure.<br />
3<br />
Ricercatore Unità Sanità Elettronica Istituto tecnologie Biomediche CNR, Roma<br />
105
Capitolo 3<br />
C’è una bella differenza tra cartaceo e elettronico, nel senso che se noi abbiamo<br />
strutturato bene i dati in formato digitale riusciremo a visualizzarli per diversi scopi; li<br />
introduciamo una sola volta ma li vediamo in tanti modi diversi e per scopi diversi;<br />
inoltre grazie ad internet emergono nuovi servizi come i CUP interaziendali e tutta<br />
la comunicazione tra professionisti; le tecnologie permettono di creare “nuovi documenti”,<br />
tra cui per esempio le notifiche dei contatti del cittadino con <strong>il</strong> sistema e<br />
a breve arriverà <strong>il</strong> Patient Summary, cioè un riassunto dello stato del paziente, che<br />
poi potranno diventare un elemento essenziale della gestione integrata.<br />
La cosa più importante è la cattura del dato, la gestione di compiti interattivi e<br />
poi <strong>il</strong> supporto alla medicina d’iniziativa che dovrebbe aiutare alla migliore gestione<br />
complessiva.<br />
Fac<strong>il</strong>itare i compiti ripetitivi è possib<strong>il</strong>e attraverso schermate strutturate che catturano<br />
meglio i dati più frequenti, li possono verificare e consentono una lettura più<br />
agevole; ovviamente la medicina generale si occupa di tutte le possib<strong>il</strong>i malattie<br />
e di tutte le possib<strong>il</strong>i condizioni per cui non è possib<strong>il</strong>e concepire le schermate<br />
strutturate per qualsiasi cosa, ma se ci concentriamo meglio sui problemi più<br />
frequenti è possib<strong>il</strong>e cercare di strutturare e gestire bene i pochi dati che servono<br />
per gestire queste condizioni.<br />
Dal punto di vista del “sistema”, questo significa affrontare in modo sistematico i<br />
processi di cura più frequenti, e di gestire i relativi indicatori per poterli ottimizzare.<br />
Negli ospedali questo già rappresenta un modello tipico, che nella medicina<br />
generale pare che si stia configurando. Nei percorsi assistenziali più frequenti, se<br />
riusciamo ad ottenere uno scambio di dati strutturato, questi dati saranno riut<strong>il</strong>izzati<br />
bene da un calcolatore.<br />
Riguardo alla qualità del dato, se noi riusciamo a capire quali siano i dati “obbligatori”<br />
per gestire bene <strong>il</strong> paziente e far girare bene tutta la f<strong>il</strong>iera dei processi<br />
che stanno intorno al paziente, avremo già fatto un passo avanti e potremo verificare<br />
accuratamente la congruità dei range, la lista dei valori ammessi e fare<br />
controlli incrociati tra più parametri, ut<strong>il</strong>i per la prescrizione di farmaci in pazienti<br />
con più cronicità.<br />
La documentazione sta diventando digitale e ciò è dimostrato dalla diffusione<br />
della cartella clinica “locale”, con acquisizione di dati a livello locale, con annotazioni<br />
proprie e documentazione prodotta o spedita da altri. Sta nascendo poi<br />
<strong>il</strong> Fascicolo Sanitario Elettronico: le infrastrutture sono sostanzialmente pronte, <strong>il</strong><br />
problema grosso sarà come farlo partire; <strong>il</strong> Consiglio dei Ministri ha approvato un<br />
disegno di legge, una volta approvata ci vorranno sei mesi per scrivere la regolamentazione,<br />
per cui se tutto va bene entro un anno ci sarà una legge italiana<br />
che regolamenterà <strong>il</strong> rapporto tra accesso ai dati e privacy, che come abbiamo<br />
visto nel precedente intervento gioca un ruolo importante.<br />
106
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />
Si tratta di avere una rete sicura e poi di sapere quali documenti saranno scambiati;<br />
inizialmente si pensava all’inserimento dei soli dati clinici, poi si è pensato di<br />
inserire anche altri dati organizzativi e amministrativi rendendolo molto più ricco<br />
di informazione.<br />
Trascinati dall’onda dell’innovazione tecnologica e dell’informatica, è importante<br />
che i MMG si fermino a capire cosa sta accadendo, visto che fino ad oggi<br />
non è stata prestata alcuna attenzione se non per la privacy. Quello che manca<br />
ai MMG è capire “cos’è” un fascicolo: perché bisogna usarlo, perché <strong>il</strong> medico<br />
vi deve inserire i dati, perché li deve andare a leggere, quali saranno le conseguenze<br />
se non legge i dati, se non li riesce ad interpretare correttamente, se<br />
non trova le informazioni giuste al momento giusto. Tutto questo è una cosa da<br />
studiare accuratamente.<br />
Il fascicolo era nato (in Italia come all’estero) come infrastruttura per catalogare<br />
i documenti r<strong>il</strong>evanti sulla storia sanitaria del cittadino, come storia sanitaria posteriore,<br />
dalla nascita alla morte, ma oggi <strong>il</strong> problema è come gestirlo al meglio.<br />
Può contenere le prescrizioni sia “vive” che storicizzate, quindi non si tratta più<br />
solo di un archivio ma di un mezzo da adattare per i nuovi scopi:<br />
• e-prescription (gestione della ricetta) per inviare le ricette alle farmacie o al<br />
laboratorio di analisi;<br />
• Patient Summary (sintesi per altri medici);<br />
• gestione di un database clinico unificato.<br />
Si è parlato della classificazione delle malattie (ICD), ma è nata per la mortalità,<br />
è stata adattata all’ospedaliero e con <strong>il</strong> medico di base ha ben poco da vedere.<br />
Analogamente per <strong>il</strong> referto, che invece di andare direttamente al cittadino o<br />
al medico o al destinatario, viene “distribuito” attraverso <strong>il</strong> fascicolo e segue un<br />
ciclo di vita di un documento. Inoltre si è parlato di epidemiologia e allora per<br />
far ciò i dati devono essere adeguatamente strutturati: si deve capire cosa ci sia<br />
dietro ogni dato e avere le codifiche adatte, che in Italia non abbiamo.<br />
Il patient summary un artefatto in cerca di significato. Produrre <strong>il</strong> patient summary<br />
è un atto clinico, non ancora metabolizzato dalla classe medica, ma promosso<br />
dai tecnologi europei; è la genesi tecnologica di un nuovo atto clinico che<br />
dovrebbe essere “regolato” dalle società mediche; è ovvio che se noi estraiamo<br />
alcuni dati memorizzati in una scheda individuale (elettronica) e li mettiamo<br />
dentro al fascicolo potranno essere ut<strong>il</strong>izzati; questo però vuol dire che <strong>il</strong> medico<br />
esegue un atto clinico per decidere quali siano le informazioni r<strong>il</strong>evanti. Nei vari<br />
Paesi europei ci sono diverse idee di cosa potrebbe essere un Patient Summary,<br />
ma non è comunque una cosa totalmente ovvia.<br />
107
Capitolo 3<br />
Dobbiamo anche capire come verrà gestita la ripartizione delle responsab<strong>il</strong>ità<br />
tra i professionisti sanitari.<br />
Da una parte abbiamo la “responsab<strong>il</strong>ità subordinata”, che riguarda un referto,<br />
una prescrizione o una prenotazione al CUP: un medico scrive un ordine o una<br />
prescrizione che può prevedere un esame diagnostico o un ricovero ospedaliero;<br />
gli deve tornare indietro una informazione, per esempio tramite <strong>il</strong> paziente. Le<br />
forme attuali di interazione cartacea sono già collaudate, e anche la connessione<br />
tra sistemi informativi si riesce a fare: si tratta di collaudare l’interoperab<strong>il</strong>ità tra<br />
i sistemi e di ut<strong>il</strong>izzare gli standard di informatica (di cui molti già esistono).<br />
Esiste poi una “responsab<strong>il</strong>ità parallela”, cioè forme di interazione spontanee e<br />
flessib<strong>il</strong>i, con una forte autonomia decisionale che consente la connessione tra<br />
persone, la “cooperab<strong>il</strong>ità” tra operatori (e cittadini). Se <strong>il</strong> medico deve mandare<br />
dei dati al collega e lui gliene deve rimandare degli altri, possiamo inserire<br />
nella comunicazione un calcolatore e una rete, ma <strong>il</strong> problema sta nelle persone<br />
che devono scambiarsi i dati.<br />
Dato che <strong>il</strong> mezzo di scambio e cioè <strong>il</strong> calcolatore è di fatto un sistema stupido<br />
e asettico, <strong>il</strong> problema diventa serio, per cui si tratta di “cooperab<strong>il</strong>ità”, cioè di<br />
cooperare, mentre “l’interoperab<strong>il</strong>ità” tra i sistemi, cioè l’ab<strong>il</strong>ità ad inter-operare<br />
è relativamente possib<strong>il</strong>e, l’ab<strong>il</strong>ità a cooperare è più diffic<strong>il</strong>e.<br />
C’è poi un altro argomento oltre la collaborazione e <strong>il</strong> coordinamento tra gli<br />
attori, per interazioni mirate e condivisione di dati r<strong>il</strong>evanti, relativo agli usi secondari<br />
dell’informazione. È possib<strong>il</strong>e implementare diverse funzionalità:<br />
• sull’autovalutazione del professionista per un miglioramento della qualità e<br />
dell’appropriatezza e autovalutazione del cittadino – paziente (empowerment:<br />
scelta e valutazione);<br />
• sugli indicatori di governance per azioni mirate sul sistema che sia esso un<br />
distretto, l’Asl, o la Regione.<br />
Infine osserviamo la figura con i tipi di informazioni che circolano nel sistema sanitario.<br />
La documentazione individuale consta di dati amministrativi, dati clinici e strumentazione<br />
domic<strong>il</strong>iare; le risorse informative “locali” ed “universali” sono le informazioni<br />
pratiche che troviamo nei portali, le istruzioni procedurali su come si<br />
eseguono certe procedure, e le conoscenze cliniche; poi infine oggi ci sono i<br />
social network e allora da una parte c’è Facebook, dall’altra ci sono le reti professionali,<br />
le reti sociali riguardanti operatori e le reti sociali tra cittadini malati di<br />
certe patologia.<br />
108
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />
Tutto ciò costituisce in teoria un substrato comune di dati, informazione e conoscenza.<br />
Il futuro è che tutto sarà inserito in un unico sistema informativo coerente.<br />
Gli ut<strong>il</strong>izzatori del fascicolo sanitario elettronico (Electronic Health Record, EHR) sono<br />
rappresentati, nella parte superiore della figura, dagli assistiti (o dai genitori nel caso<br />
della pediatria), dai coadiutori informali, dai pediatri o MMG, dagli operatori di<br />
contact centre e dai manager sanitari o sociali.<br />
Se osserviamo <strong>il</strong> fascicolo sanitario come è stato concepito in Italia, ci rendiamo<br />
conto che coinvolge al momento solo due elementi di questo quadro: i dati clinici<br />
e i professionisti sanitari.<br />
Tutto <strong>il</strong> resto per ora rimane in attesa; <strong>il</strong> cittadino verrà inserito presto come fruitore<br />
dei propri dati (e subito dopo come fornitore).<br />
Negli Stati Uniti Google ha messo in atto un sistema (che adesso sta ritirando),<br />
Microsoft un altro sistema e la volontà di diverse organizzazioni (es. Kaiser Permanente<br />
e Veterans Administration) è di dare al cittadino un “assistente elettronico<br />
personale”, in modo che anche lui possa intervenire sui propri bisogni e gestire, dunque,<br />
la propria malattia (cronica); si cerca cioè di coinvolgere anche <strong>il</strong> paziente e<br />
l’assistito nella gestione.<br />
È appena uscita una dichiarazione di un Workshop dell’European Science Foundation,<br />
intitolata ”L’informatica per l’assistenza sociale incontra l’informatica sanitaria:<br />
una visione olistica, centrata sul cittadino, dell’ICT a sostegno della salute individuale”.<br />
Questo Workshop puntava sull’integrazione tra la parte sociale e la parte sanitaria;<br />
non possiamo lasciare completamente separati, come accaduto fino ad oggi, <strong>il</strong> sistema<br />
informativo sanitario e <strong>il</strong> sistema informativo sociale. Stiamo parlando di ricerca<br />
e la ricerca deve dire come si può mettere in atto questa integrazione e come<br />
può aiutare a ottenere un vero coordinamento; sono già stati fatti vari tentativi ed<br />
anche in Italia è un argomento su cui si sta riflettendo. I problemi citati fin d’ora sono<br />
importanti ma questo è ancora più importante per <strong>il</strong> futuro di tutti noi.<br />
L’ultimo punto che andiamo ad affrontare è su come supportare i processi assistenziali:<br />
qualità e appropriatezza.<br />
Fino ad adesso abbiamo visto <strong>il</strong> trend innovativo che parte dalla tecnologia, ut<strong>il</strong>e<br />
per affrontare i processi più operativi (a responsab<strong>il</strong>ità subordinata).<br />
Nel prossimo futuro bisogna partire, in aggiunta, dai processi di cura, bisogna capire<br />
cosa la qualità e l’appropriatezza richiedono allo strumento ICT, cosa vuol dire fare<br />
gestione integrata e come l’ICT entra nella Gestione Integrata, cosa vuol dire fare<br />
reti nel problema sanitario, quali sono i problemi che bisogna affrontare per primi.<br />
109
Capitolo 3<br />
L’impatto sulle decisioni e sui comportamenti dei professionisti e dei cittadini può<br />
essere molto alto: cominciamo dai programmi a supporto di processi innovativi,<br />
come la gestione integrata; dalla diffusione e valorizzazione dei registri on-line<br />
per patologia; dalla costruzione di reti per affrontare <strong>il</strong> problema sanitario, cominciando<br />
da malattie croniche, oncologia, infanzia, anziani e cominciando dai<br />
punti più sistematici, dove la malattia non è degenerata troppo, dove c’è un<br />
percorso più stab<strong>il</strong>e e un patto con <strong>il</strong> paziente: cerchiamo intanto di applicare<br />
l’ICT su questi processi e poi man mano espandiamo.<br />
Sui processi di cura è possib<strong>il</strong>e, quindi, avere una governance efficace, ut<strong>il</strong>e soprattutto<br />
per la grossa mole di lavoro e di attività che viene fatta sulle principali<br />
malattie croniche, e che consenta azioni strutturali sul sistema, basate su indicatori<br />
di processo e outcome, estratti in modo accurato e tempestivo dalla routine<br />
dell’assistenza.<br />
Per quanto riguarda i Percorsi Assistenziali bisognerebbe, invece, rendere possib<strong>il</strong>e<br />
agli operatori sanitari (e sociali) di monitorare le proprie prestazioni rispetto a<br />
comportamenti ottimali di riferimento a livello locale, nazionale e internazionale,<br />
specifici per i problemi di ogni paziente, e occorre verificare l’aderenza e gli scostamenti<br />
rispetto a tali percorsi.<br />
Concludo citando i principali punti di riflessione:<br />
1. cerchiamo di ut<strong>il</strong>izzare l’ICT al massimo nei punti in cui si può intervenire meglio,<br />
affrontando man mano le malattie meo frequenti e le situazioni più<br />
complesse, da cui è diffic<strong>il</strong>e estrapolare dati statistici e indicatori;<br />
2. la documentazione clinica sta diventando digitale e dobbiamo cercare di<br />
non farci sopraffare dalla tecnologia; sono già arrivati i certificati digitali e<br />
presto arriveranno referti e ricette e dobbiamo riuscire a gestire le nuove tecnologie<br />
nei processi di cura;<br />
3. <strong>il</strong> fascicolo sta cambiando idea: dal fascicolo originale, storico, verso uno<br />
più dinamico; <strong>il</strong> punto chiave per approcciare tutto <strong>il</strong> fenomeno è quello del<br />
supporto ai percorsi assistenziali e della governance iniziando dalle patologie<br />
più importanti.<br />
3.4 Sanità elettronica e unità complesse di cure primarie<br />
Marco Visconti 4<br />
Premesso che <strong>il</strong> tempo è poco vi fornirò solo alcune linee guida sulla Sanità elettronica<br />
e Unità Complesse di Cure Primarie con la promessa che domani nel se-<br />
4<br />
Responsab<strong>il</strong>e sistemi informativi Co.S.<br />
110
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />
minario dedicato presteremo più attenzione all’argomento. Non possiamo entrare<br />
subito nel discorso tipicamente tecnologico dell’informatica e dei sistemi informativi<br />
se prima non facciamo una sintesi di come siamo messi attualmente come<br />
medici. L’evoluzione delle cure primarie è quella che è stata anche sintetizzata<br />
nel congresso FIMMG, concluso di recente, e cioè dalla medicina di attesa alla<br />
medicina d’iniziativa, dal curare al farsi carico, dal “to cure al to care”. M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo, da<br />
Segretario generale della FIMMG, nel documento finale ha ribadito che bisogna<br />
imparare a fare squadra e a lavorare entro schemi organizzativi affinché diventi<br />
efficace questo cambiamento. È arrivato <strong>il</strong> momento di mettere in atto azioni sinergiche<br />
complementari, tra le organizzazioni sindacali e nella fattispecie la FIMMG e<br />
<strong>il</strong> mondo della cooperazione quindi ANCOM. Ma cosa deve fare l’organizzazione<br />
sindacale? Deve occuparsi della negoziazione contrattuale per garantire i fattori<br />
di contesto che sono indispensab<strong>il</strong>i per lo sv<strong>il</strong>uppo e cioè: 1. ristrutturazione del<br />
compenso 2. accesso unico alla convenzione 3. agevolazione nei prestiti bancari<br />
e quant’altro. Le cooperative invece devono fornire e gestire i fattori di produzione<br />
intesi come strutture, come strumenti, come risorse umane ed economiche, come<br />
servizi. Se nello svolgimento della relazione tenete presente questa sorta di b<strong>il</strong>ancia<br />
della giustizia con i due bracci equ<strong>il</strong>ibrati, cooperative e organizzazioni sindacali,<br />
questo ci servirà per capire meglio altre rappresentazioni grafiche. Abbiamo visto<br />
l’evoluzione professionale della medicina generale ma invece l’organizzazione<br />
come evolve? L’organizzazione evolve secondo <strong>il</strong> modello ormai definitivo delle<br />
UCCP. Metteteci qualsiasi altra sigla l’importante è che contenga figure professionali<br />
molteplici e diverse fra di loro, quindi non solo i medici di medicina generale<br />
ma anche pediatri di libera scelta, i medici della continuità assistenziale o guardia<br />
medica e che queste tre figure, identificate come MAP (medici di assistenza primaria)<br />
interagiscano non solo tra loro ma anche con operatori della riab<strong>il</strong>itazione,<br />
personale infermieristico, personale segretariale che lavorano in maniera coordinata<br />
all’interno di strutture poli-ambulatoriali. Questo è <strong>il</strong> modello organizzativo<br />
che viene proposto dal mondo della cooperazione. All’interno delle UCCP, affinché<br />
funzionino e non rimangano puramente sulla carta, occorre identificare delle<br />
aree di interventi e di sv<strong>il</strong>uppo strategico. Continuità assistenziale, gestione cronicità<br />
e presa in carica del paziente frag<strong>il</strong>e, governo clinico e governo amministrativo.<br />
Tutto questo per restare insieme ha bisogno di un collante ovvero di un sistema<br />
che consenta di scambiare in modo efficace informazioni che consentano ai vari<br />
operatori di comunicare tra di loro. L’UCCP dunque ha un estremo bisogno di un<br />
sistema informativo in grado di conseguire tre obiettivi con tre finalità:<br />
1. gestire l’insieme delle attività delle UCCP non solo quindi attività cliniche di<br />
diagnosi e cura ma anche gestionali ed amministrative;<br />
2. misurarne l’operatività e quindi verificarne la funzionalità;<br />
3. prenderne le decisioni in merito, ovvero dopo aver identificato un’area di<br />
malfunzionamento porre in atto i vari correttivi. Queste sono le due fotografie<br />
rispetto all’evoluzione professionale e rispetto all’evoluzione organizzativa.<br />
111
Capitolo 3<br />
Entriamo quindi brevemente nei dettagli del sistema informativo. Rispetto ad altre<br />
relazioni che ho fatto in passato non scenderò nei dettagli tecnologici però<br />
dobbiamo avere ben in chiaro gli obiettivi, partendo dai tre punti identificati<br />
precedentemente.<br />
1. Gestire l’insieme delle attività<br />
Innanzitutto le attività sono: la continuità dell’assistenza e gestione della frag<strong>il</strong>ità/<br />
cronicità del paziente. Cosa vuol dire che un sistema informativo deve gestire<br />
l’insieme delle attività di continuità assistenziale? Vuol dire che <strong>il</strong> sistema informativo<br />
deve essere in grado di far comunicare efficacemente in primis i medici di<br />
medicina generale fra loro e in seconda battuta consentire, per l’attività di H24,<br />
la comunicazione tra i medici di medicina generale e i medici della continuità<br />
assistenziale. Rispetto alla cronicità ed al paziente frag<strong>il</strong>e si tratta di informatizzare<br />
la gestione dei PDTA relativa ad ogni patologia, ricordandosi sempre che<br />
dietro un PDTA c’è tutto un lavoro preparatorio di condivisione di obiettivi, di<br />
procedure, di linee guida, di modi di operare; dopo di che su queste verranno<br />
ritagliate le procedure informatiche. Purtroppo spesso avviene l’inverso.<br />
2. Misurare l’operatività<br />
Misurare l’operatività significa che <strong>il</strong> sistema informativo, oltre a far colloquiare<br />
nella pratica clinica tutti gli operatori deve essere in grado di andare a r<strong>il</strong>evare<br />
e di analizzare e confrontare indicatori che servono a definire l’efficacia dei processi<br />
clinici consentendo l’attività di self audit sia individuali che per gruppi e dei<br />
processi di tipo gestionale, in modo da vedere come l’impatto organizzativo,<br />
nella fattispecie <strong>il</strong> modello organizzativo che si propone come UCCP gestite da<br />
cooperative, abbia delle ricadute positive in termini di salute sui cittadini.<br />
3. Prendere decisioni in merito<br />
Una volta che si è visto che le cose non funzionano ci saranno delle azioni da<br />
intraprendere, azioni individuali del singolo medico, sulla sua attività di diagnosi<br />
e cura, e azioni gestionali all’interno delle UCCP, compito della cooperativa che<br />
assemblerà tutte le procedure cercando di migliorarle: è la famosa spirale della<br />
qualità.<br />
Una volta effettuato questo discorso teorico passiamo a considerare quello che<br />
succede nella realtà quotidiana al medico di famiglia quando si confronta davvero<br />
e sul serio, tutti i giorni, con <strong>il</strong> mondo delle tecnologie, dell’informazione e<br />
della comunicazione.<br />
Il medico di medicina generale si confronta da una parte con la pubblica amministrazione<br />
e dall’altra con i produttori di hardware e di software. Il rapporto<br />
con la pubblica amministrazione è fatto di obblighi di interazione telematica:<br />
certificati di invalidità e soprattutto di malattia INPS, la ricetta on-line, i sistemi<br />
informativi regionali là dove ci sono, la costruzione del fascicolo sanitario, <strong>il</strong> documento<br />
di sintesi clinica (altrimenti chiamato patient summary) e ci mettiamo<br />
anche le Asl che nel loro piccolo ogni tanto ci chiedono l’estrazione di alcuni<br />
112
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />
dati per progetti locali che talvolta spacciano per PDTA non sapendo che un<br />
PDTA è una cosa più complessa rispetto alla semplice estrazione una tantum di<br />
un set statico di indicatori.<br />
Dall’altra parte abbiamo invece i produttori di hardware e software che hanno<br />
provveduto nel tempo all’automazione del doctor office, che ci hanno sollevato<br />
da molte pratiche burocratiche, che ci hanno fornito le cartelle cliniche elettroniche<br />
per la gestione della scheda sanitaria individuale, che ci hanno messo a<br />
disposizione gli strumenti del networking per costruire medicine in rete e di gruppo,<br />
che infine ci hanno approntato procedure che ci consentono di interagire<br />
con <strong>il</strong> mondo della sanità elettronica con <strong>il</strong> certificato INPS, per esempio, oppure<br />
per progetti di governo clinico. Questo è un pò lo stato dell’arte.<br />
Quale soggetto può interporsi con la pubblica amministrazione a favore del<br />
medico di famiglia? Rispetto alle norme della pubblica amministrazione e agli<br />
obblighi di interazione telematica sicuramente l’organizzazione sindacale che<br />
come dice spesso qualche sindacalista “non posso far smettere di piovere però<br />
quantomeno posso cercare di ripararmi dalla pioggia”.<br />
Dall’altra parte, invece, rispetto ai produttori di hardware e di software, la cooperativa<br />
può svolgere un ruolo estremamente efficace a favore del medico<br />
di famiglia …. e ritorniamo così all’immagine iniziale: da una parte <strong>il</strong> sindacato<br />
113
Capitolo 3<br />
dall’altro le cooperative a pari livello. Rispetto ai produttori di hardware e software<br />
la cooperativa attraverso gruppi di acquisto, meccanismi di economie di<br />
scala può contrattare efficacemente gli acquisti sia dei software che hardware<br />
e consentire un evidente risparmio.<br />
Ma la vera forza della cooperativa, è che può imporre l’assenza di vincoli.<br />
1. La cooperativa può chiedere ai produttori di hardware e di software che nel<br />
networking, cioè nel far lavorare in rete i medici aderenti alla cooperativa,<br />
non ci devono essere esclusioni e preclusioni dovute agli strumenti informatici<br />
ut<strong>il</strong>izzati e tutti devono essere quindi posti in condizione di interoperab<strong>il</strong>ità<br />
reciproca<br />
2. Rispetto alla sanità elettronica questa assenza di vincoli, che la cooperativa<br />
e solo lei può imporre, poiché <strong>il</strong> singolo medico è troppo vincolato, garantisce<br />
l’accesso paritario a PDTA e a progetti di governo clinico; in sintesi questo<br />
vuol dire che se si progetta un PDTA in una determinata Asl a cui devono partecipare<br />
i medici di una cooperativa, e se all’interno della Cooperativa c’è<br />
una varietà di software (ed è giusto che ci sia), tutti devono poter partecipare<br />
e non solo quelli che hanno quel determinato software; idem per i progetti<br />
di governo clinico a fini di statistica, audit, appropriatezza ecc. L’assenza di<br />
vincoli vuol dire che la discriminante non è <strong>il</strong> tipo di software che sto ut<strong>il</strong>izzando,<br />
discriminante non ce n’è, né per <strong>il</strong> medico e neanche per i suoi assistiti,<br />
perché se <strong>il</strong> medico è condizionato a non potervi partecipare gli eventuali<br />
benefici vengono negati anche al cittadino. In parole povere la cooperativa<br />
deve essere in grado di garantire questo accesso paritario per tutti i suoi soci.<br />
Come può essere in grado di garantire e con quali strumenti? Bisognerebbe<br />
compiere un’analisi di tutti questi passaggi! Cosa che ora non è possib<strong>il</strong>e ma<br />
che sarà attuata nei seminari successivi.<br />
3.5 Governo clinico e banche dati nell’esperienza campana<br />
Giovanni Arpino 5<br />
L’aumento costante dell’incidenza di malattie croniche impone l’individuazione<br />
di un sistema di monitoraggio e sorveglianza al fine di intraprendere le più corrette<br />
misure sanitarie.<br />
La valutazione di informazioni relative all’insorgenza, la gestione e la mortalità<br />
costituisce, nell’Area dell’Assistenza Primaria, uno strumento essenziale per una<br />
approfondita comprensione dei meccanismi di gestione del processo di assistenza<br />
e dei processi di diagnosi e cura delle malattie a più alta incidenza e costo<br />
sociale ed economico.<br />
5<br />
Presidente Cooperativa Co.Me.Gen - Responsab<strong>il</strong>e settore ricerca consorzio Campania Medica – Consigliere<br />
Nazionale ANCoM<br />
114
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />
La creazione di un “Osservatorio” ad estensione regionale alimentato da un data<br />
base dinamico e condiviso tra <strong>il</strong> MMG e lo specialista territoriale rappresenta una<br />
valida modalità per orientare in modo più completo la ricerca epidemiologica<br />
ed organizzare una Formazione ispirata ai criteri dello Sv<strong>il</strong>uppo Professionale<br />
Continuo assolutamente indispensab<strong>il</strong>e a migliorare la qualità dell’assistenza offerta<br />
al cittadino.<br />
L’esperienza, ancorchè “giovane”, di GMO1 “Alleanza per <strong>il</strong> diabete” e “MAC 2”<br />
rende immediatamente visib<strong>il</strong>e l’importanza di una banca dati di Medicina Generale<br />
in quanto generatrice di informazioni altrimenti non disponib<strong>il</strong>i e più corrispondenti<br />
alla realtà effettiva.<br />
La possib<strong>il</strong>ità di avere dati di sopravvivenza e di follow up dei pazienti rende inoltre<br />
finalmente possib<strong>il</strong>e avere un’idea più precisa del costo economico indotto<br />
dalla patologia oncologica.<br />
Il progetto GMO1, inoltre, ha dimostrato la possib<strong>il</strong>ità di condivisione di un unico<br />
protocollo di ricerca per numero n di regioni, purchè dotate di Banche Dati dedicate<br />
ed ha consentito:<br />
• <strong>il</strong> confronto dei dati provenienti da altre realtà regionali<br />
• Il r<strong>il</strong>ievo di probab<strong>il</strong>i sovra stime nelle differenze dei dati epidemiologici tra due<br />
regioni r<strong>il</strong>evate tenendo conto dei soli dati delle rispettive Agenzie Regionali<br />
• Una valutazione iniziale, ma probab<strong>il</strong>mente molto vicina alla realtà, degli effetti<br />
economici di modelli assistenziali differenti.<br />
Tutto questo ci incoraggia a proseguire <strong>il</strong> nostro lavoro auspicandoci un allargamento<br />
della base di raccolta dei dati a colleghi di altre regioni.<br />
3.6 Il ruolo della medicina generale nel governo clinico aziendale<br />
Att<strong>il</strong>io Bianchi 6<br />
Riprendendo <strong>il</strong> discorso di stamattina, questo titolo forse poteva avere un punto<br />
interrogativo. Che cosa è successo fra tutto quello che ci siamo detti e che ci<br />
andiamo dicendo da 15 anni sul governo clinico, sulla centralità della figura del<br />
medico di medicina generale, sulla vicinanza del medico al paziente, cosa è<br />
successo poi davvero? È quello che è uscito fuori dalla discussione di stamattina<br />
ed è anche al centro del tentativo di FederSanità-ANCI di provare a ragionare<br />
con le aziende, con <strong>il</strong> mondo del cooperativismo medico, immaginando che<br />
questo possa essere <strong>il</strong> nuovo modo con <strong>il</strong> quale possiamo andare a interpretare<br />
l’organizzazione sul territorio. Io sono direttore generale di un’azienda ospedaliera<br />
universitaria, pur avendo avuto percorsi formativi e professionali sempre sul<br />
territorio e dico sempre che <strong>il</strong> ventricolo sinistro del mio cuore batte sul territorio e<br />
6<br />
Vicepresidente FederSanità ANCI<br />
115
Capitolo 3<br />
batte per la medicina generale. Credo che molte delle cose che sono riuscito a<br />
fare è perché ho avuto gli occhi del direttore di distretto, e le orecchie per ascoltare,<br />
guardando <strong>il</strong> mondo con gli occhi del medico di medicina generale ho<br />
capito delle cose che poi nel corso della carriera mi sono servite. Cosa è mancato,<br />
qual è l’anello mancante per cui continuiamo a dare le stesse slides, che15 anni<br />
fa che 15 anni fa potevano essere innovative ma che oggi con difficoltà riusciamo<br />
a riguardare? Qual è stato l’anello debole, cos’è che non ha consentito alla<br />
classe medica, che voleva cimentarsi con nuove sfide, di andare avanti?<br />
La sensazione è che probab<strong>il</strong>mente, e ne faccio ammenda, le Direzioni generali<br />
non hanno mai avuto la dovuta attenzione al mondo del territorio. Noi siamo così<br />
impregnati di una cultura ospedalocentrica, che ci fa correre <strong>il</strong> rischio davvero di<br />
non farci vedere quello che succede prima e dopo <strong>il</strong> ricovero. Ma, se ci pensate<br />
anche noi territoriali, in qualche modo, per definire un possib<strong>il</strong>e ruolo della medicina<br />
generale sul territorio, parliamo di Country Hospital, Ospedale di comunità;<br />
in qualche modo avvertiamo la necessità di trasferire <strong>il</strong> messaggio che <strong>il</strong> ruolo<br />
possib<strong>il</strong>e dei medici di medicina generale sia gioca anche nei moenia, nelle mura,<br />
all’interno di qualcosa che sia sim<strong>il</strong>e ad un ospedale.Questa mattina si parla<br />
va di RSA, come se raffigurassero la panacea dell’assistenza extraospedaliera,<br />
ma stiamo attenti a non dover, tra dieci anni, deresidenzializzare ciò che oggi<br />
tentiamo di de-ospedalizzare. È proprio questa la partita sulla quale ero interessato<br />
a generare un dibattito con voi, su quale sia stato l’anello mancante e che cosa<br />
possiamo fare affinché questo vuoto pieno di idee, pieno di concetti, pieno<br />
anche di tecnologie, già maturo di tecnologie riesca ad esprimersi.<br />
E pensare che nella stessa definizione di assistenza extra ospedaliera un paziente<br />
passa dai sette ai dieci giorni in ospedale, ma 360 li passa sul territorio, allora<br />
sarebbe quella ospeadaliera la assistenza “extraterritoriale” in realtà.<br />
Il tentativo nostro, quello che noi vogliamo fare, quello che proponiamo e di cui<br />
avrà senso anche parlare è <strong>il</strong> primo progetto delle 100 UCCP che devono partire.<br />
Ma qual’è veramente <strong>il</strong> pezzo che è mancato?<br />
Forse le UCCP che voi andate a descrivere somigliano molto a dei mini distretti e<br />
allora forse è <strong>il</strong> distretto che non è riuscito ad interpretare <strong>il</strong> suo ruolo, perché<br />
mancante di una spinta forte e delle direzioni in grado di farlo decollare.<br />
Con FederSanità possiamo provare a realizzare questo tipo di sperimentazione<br />
ma lo facciamo dentro alle aziende, con risultati che si misurano; andremo a<br />
misurare quanto la presenza di una UCCP, due UCCP o tre UCCP sul territorio<br />
piuttosto che in un distretto, ci consentono di abbassare gli accessi al pronto soccorso,<br />
ci consentano di abbassare la emoglobina glicata nei pazienti portatori di<br />
diabete, o di abbassare di 10 mm di mercurio la pressione di una comunità perché<br />
<strong>il</strong> problema è che noi ragioniamo sempre troppo per numero di glicemie e<br />
sempre poco di emoglobina glicata che si abbassa; ragioniamo sempre troppo<br />
per elettrocardiogrammi prestazioni e sempre poco di quanto questo incida sull’abbassamento<br />
di pressione della popolazione di riferimento.<br />
La partita del Welfare locale e del passaggio al Welfare statale e centrale, deve<br />
e può essere proprio questo. Sette anni fa nella ex Napoli 3 della regione Campania<br />
116
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />
abbiamo fatto davvero per <strong>il</strong> diabete e per l’ipertensione i protocolli condivisi<br />
con i tavoli dentro cui stavano anche privati e specialisti dell’ospedale. Ebbene,<br />
per quei quattro anni per una ipertensione lieve nessuno, nemmeno <strong>il</strong> privato,<br />
chiedeva un’ecocolondopler non mettendo poi <strong>il</strong> medico di medicina generale<br />
in condizioni di dover scegliere tra un si e un no. Proviamoci, facciamo<br />
tutto all’interno di una cornice di misurab<strong>il</strong>ità, perché solo di ciò che è misurab<strong>il</strong>e<br />
potremo dimostrare la validità, verificando che cosa significherà inserire dentro alle<br />
UCCP gli specialisti e la gestione di tutta questa partita sia sui protocolli che sulla<br />
cronicità. Proviamoci, probab<strong>il</strong>mente tra un anno saremo qui a raccontarci i risultati.<br />
3.7 Responsab<strong>il</strong>ità per <strong>il</strong>lecito trattamento dei dati personali- privacy<br />
Federico Bergaminelli 7<br />
Innanzitutto vorrei ringraziare <strong>il</strong> presidente dell’ANCoM Crescenzo Simone per<br />
avermi invitato qui oggi al convegno nazionale di Fiuggi, e vorrei ringraziare<br />
anche i dirigenti di FederSanità- ANCI che mi hanno adottato come loro figlio<br />
putativo. Sono un avvocato consulente della privacy di FederSanità – Anci. L’argomento<br />
che tratteremo oggi entra nello specifico di quella che è la metodica<br />
del trattamento dei dati affrontando, essenzialmente, la responsab<strong>il</strong>ità per<br />
<strong>il</strong>lecito trattamento del dato stesso. L’argomento è particolarmente pertinente<br />
visto che <strong>il</strong> parterre è dato, nella stragrande maggioranza, da medici di medicina<br />
generale e non a caso dico questo perché un recente provvedimento<br />
dell’unità garante, relativamente ai referti on-line, ha chiarito le metodiche del<br />
trattamento stesso, soprattutto in riferimento all’acquisizione del consenso e alla<br />
revocatoria del consenso stesso.<br />
Il mio prima che essere un intervento poco dotto, vuole essere sicuramente un<br />
memento, un grido di attenzione a ciò che voi nelle vostre quotidianità, dopo<br />
aver ovviamente pensato alle vostre finalità di istituto, alla diagnosi, alla cura<br />
e terapia dei vostri ammalati, dovete fare per obbligo di legge, affinché i vostri<br />
malati vengano trattati con la dignità di un interessato, ricordando che, nel trattamento<br />
dei dati personali, voi siete interessati dei vostri stessi dati quando prestate<br />
queste informazioni o per una prestazione sanitaria o per una qualsiasi altra<br />
tipologia di contratto.<br />
Il concetto innovativo del codice privacy stab<strong>il</strong>isce all’articolo 1 l’introduzione<br />
della habeas data e cioè “chiunque può far ricorso ad un controllo sulla tipologia<br />
di dati che ha prestato al proprio titolare al fine di monitorare”, quindi al<br />
centro del codice privacy non c’è <strong>il</strong> soggetto attivo ma c’è l’interessato quale<br />
soggetto principe del percorso stesso. Questo significa che, dal concetto ispiratore<br />
e generatore della privacy, cioè <strong>il</strong> diritto di essere lasciati in pace, oggi<br />
7<br />
Consulente Privacy Federsanità ANCI<br />
117
Capitolo 3<br />
la privacy è immaginata come un diritto fondamentale, quindi è tutelato e costituzionalmente<br />
garantito ed è un diritto che è al pari del diritto di salute e del<br />
diritto di lavoro. La normativa sul trattamento dei dati personali è di una pervicacia<br />
enorme perché non immagina graduazioni, significa che sono obbligati<br />
ad adempiere ad ogni dettame normativo sia la grande realtà che gestisce 10,<br />
12, 100 m<strong>il</strong>a dipendenti, che <strong>il</strong> singolo libero professionista che lavora con <strong>il</strong> proprio<br />
computer anche senza segretaria e che ut<strong>il</strong>izza dati di natura sensib<strong>il</strong>e nel<br />
proprio studio professionale. Non c’è graduazione di adempimento, così come<br />
non c’è esenzione né decurtazione di sanzione come vedremo di qui a breve.<br />
Attraverso questa modalità di trattamento passa <strong>il</strong> corretto ut<strong>il</strong>izzo del dato che<br />
vi viene fornito dal vostro paziente, all’atto in cui si porta alla vostra presenza per<br />
godere della prestazione di natura sanitaria. Verosim<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> codice che cosa<br />
chiede ad ogni medico? Ogni professionista della sanità all’alba del 1 gennaio<br />
2004 avrebbe dovuto chiamare al proprio cospetto e debitamente informarlo<br />
sulle metodiche di trattamento del dato stesso, trattandosi di dati relativi alla salute<br />
e alla vita sessuale. Grazie anche ad un’ottima operazione di lobby, i medici<br />
di medicina generale e pediatri di libera scelta, sono riusciti nel 2006 ad ottenere<br />
una informativa semplificata, secondo la quale sono tenuti a raccogliere un<br />
consenso scritto, rispetto al trattamento dei dati personali e a conservarlo finché<br />
dura <strong>il</strong> rapporto di fiducia con <strong>il</strong> medico. Il dato acquisito viene trattato e viene<br />
quindi custodito secondo questi dettami. Il codice immagina tre tipi di responsab<strong>il</strong>ità:<br />
una responsab<strong>il</strong>ità civ<strong>il</strong>e, una responsab<strong>il</strong>ità penale, una responsab<strong>il</strong>ità<br />
amministrativa. Ma che cosa succede? Che <strong>il</strong> legislatore ha qualificato <strong>il</strong> trattamento<br />
del dato personale quale attività pericolosa.<br />
Questo implica che questa disciplina sia sottoposta all’articolo 2050 del codice<br />
civ<strong>il</strong>e e cioè con due conseguenze ben determinate:<br />
1. <strong>il</strong> titolare del trattamento, nella fattispecie ciascun medico di medicina generale,<br />
sarà responsab<strong>il</strong>e e obbligato al risarcimento del danno anche là<br />
dove ha operato senza dolo e colpa grave;<br />
2. dovrà dimostrare di aver posto in essere ogni dettato normativo affinché questo<br />
determinato danno, prodotto in disprezzo del paziente, fosse generato.<br />
Se nel vostro appartamento c’è un’inf<strong>il</strong>trazione di acqua voi dovrete dimostrare<br />
<strong>il</strong> danno e la causa del danno stesso; l’articolo 2050 del codice civ<strong>il</strong>e, invece,<br />
inverte l’ordine della prova e dimostra che se io sono danneggiato, mi limiterò<br />
a dimostrare <strong>il</strong> mio danno. Sarà <strong>il</strong> titolare del trattamento, <strong>il</strong> medico di medicina<br />
generale, a dover provare di aver posto in essere ciò che era in suo possesso<br />
per evitare che quel danno si verificasse; tecnicamente da giurista vi dico<br />
che questa è una prova diabolica, sfido chiunque ad ottemperare ad ogni dettame<br />
in tema di trattamento dei dati personali. Il quadro codicistico affronta <strong>il</strong><br />
trattamento dei dati all’articolo 2043, 2049, 2055, 2059. Non sto qui a tediarvi su<br />
118
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />
cosa dicono ma cercheremo di capire quali sono le violazioni di natura penale.<br />
L’articolo 167 parla di trattamento <strong>il</strong>lecito del dato: se io acquisisco <strong>il</strong> dato del<br />
paziente senza averne preventivamente acquisito <strong>il</strong> consenso, è un <strong>il</strong>lecito trattamento<br />
del dato; se l’autorità garante mi chiede notizie su come custodisco i dati<br />
degli ammalati e io non rispondo o rispondo <strong>il</strong> falso sarà un reato penale, se nel<br />
mio studio o nella mia associazione professionale non dispongo delle cosiddette<br />
misure minime o quantomeno idonee alla sicurezza è reato. La formazione sulla<br />
privacy rappresenta l’unica ipotesi che stab<strong>il</strong>isce un obbligo formativo di tutto <strong>il</strong><br />
personale dipendente a copertura del 100%. La mancata formazione in tema di<br />
privacy comporta un mancato adeguamento alle misure di sicurezza e quindi<br />
un reato penale sanzionato con 24 mesi di reclusione e € 50.000 di ammenda.<br />
Affinché si determini un reato penale c’è bisogno di impostare alcuni comportamenti<br />
e cioè:<br />
1. chiunque opera al fine di trarne profitto per sé o per gli altri o di arrecare<br />
danni a terzi; è <strong>il</strong> primo esperimento probatorio che <strong>il</strong> magistrato dovrà fare<br />
prima che venga applicata una sanzione penale.<br />
2. Se dal fatto ne deriva un documento falso. Questo ci fa capire che prima di<br />
arrivare ad una contestazione c’è un percorso serio da fare e basta poco<br />
per incorrere in un reato. Le misure di sicurezza rappresentano la cosa più importante<br />
per i vostri studi e per le vostre associazioni; basti pensare all’obbligo<br />
nel dover prof<strong>il</strong>are e tracciare <strong>il</strong> vostro intervento sul computer attraverso una<br />
chiave di identificazione e una chiave di autorizzazione, che altro non è che<br />
una User ID e una Password. Quella determinata password, trattando voi dei<br />
dati sensib<strong>il</strong>i, deve essere innanzitutto impostata di 8 caratteri alfa-numerici<br />
e deve essere cambiata ogni tre mesi. Questa minima accortezza che serve<br />
non tanto al titolare ma quantomeno ai soggetti incaricati al trattamento<br />
dei dati personali e quindi immagino ai vostri collaboratori di studio, serve<br />
per prof<strong>il</strong>are <strong>il</strong> grado di accessib<strong>il</strong>ità e di conoscib<strong>il</strong>ità del dato stesso. Quindi<br />
nel caso in cui non vengano poste queste misure minime, tra cui anche la<br />
formazione, si è in sanzione sia penale che amministrative. Ora però anche <strong>il</strong><br />
legislatore si è reso conto che dover sanzionare le misure di sicurezza era un<br />
po’ eccessivo, per cui ha determinato che: se io mi rendo conto indagando<br />
che le misure di sicurezza minime non sono state poste in essere, ti imputo un<br />
termine entro <strong>il</strong> quale tu dovrai adempiere a questo obbligo; decorsi 60 giorni<br />
dall’imputazione del termine ci sarà una ammenda pari ad ¼ della sanzione<br />
amministrativa, quindi € 12.500 da pagare che cancellerà <strong>il</strong> reato. Oltre<br />
l’omessa informazione, c’è l’omessa esibizione al Garante, la cessione di dati<br />
/ comunicazioni dati sensib<strong>il</strong>i, omessa o inidonea informativa. Elaborare e redarre<br />
una buona informativa è importante e dovrà dettare puntualmente la<br />
tipologia del trattamento del dato che voi fate, o che voi ricevete nella qualità<br />
di interessati. È inimmaginab<strong>il</strong>e che uno studio o una associazione faccia<br />
ricorso ad una informativa buona per tutte le stagioni. L’informativa deve<br />
119
Capitolo 3<br />
chiarire e soprattutto deve fare riferimento alla tipologia di dato trattato, alle<br />
finalità che ne fate, e soprattutto deve prestare particolarmente attenzione<br />
a chi cede o con chi condivide i dati anche se si tratta di istituzioni. La prassi<br />
vuole che anche <strong>il</strong> MMG sia partecipe di un percorso di conoscib<strong>il</strong>ità del<br />
dato del proprio paziente ammalato e che non è un passaggio di rito ma<br />
che vede coinvolto <strong>il</strong> vostro paziente. Se per esempio, <strong>il</strong> vostro paziente si<br />
reca in un reparto di chirurgia per un intervento che voi stesso avete autorizzato,<br />
non è prassi che voi ne dobbiate conoscere per legge i risultati ma<br />
dovrà essere <strong>il</strong> paziente a concedere attraverso una espressione formale di<br />
consenso affinché voi ne conosciate le conseguenze. Le lettere di dimissioni<br />
che venivano o vengono erroneamente indirizzate al medico curante rappresentano<br />
una autentica violazione del trattamento del dato personale; voi<br />
siete partecipi dell’intero percorso ma dovrà essere <strong>il</strong> paziente a garantirvi la<br />
conoscib<strong>il</strong>ità del dato, visto che è <strong>il</strong> proprietario di quei dati personali.<br />
Concludiamo con la videosorveglianza. Ricollegandomi all’informativa che rappresenta<br />
<strong>il</strong> caposaldo del trattamento del dato personale perché ciascuno di<br />
noi, nella qualità di interessato, deve sapere come viene trattato <strong>il</strong> dato che<br />
pone come atto di liberalità per ottenerne una prestazione. Quotidianamente<br />
tutti noi siamo tediati dalle telecamere, ma se dietro ogni ripresa non c’è una<br />
dettagliata informativa, che non è rappresentata da un cartello arancione che<br />
detta “area video sorvegliata” e da una bieca descrizione dell’articolo, quella<br />
telecamera è inut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>e come prova ed è in sanzione amministrativa.<br />
3.8 Il secondo p<strong>il</strong>astro in ambito socio-sanitario e socio-assistenziale: i fondi<br />
sanitari integrativi<br />
Placido Putzolu 8<br />
Il tema della sanità integrativa e l’avvento dei fondi sanitari è stato esaurientemente<br />
introdotto dalla dott.ssa Labate. In qualità di presidente della Fimiv (Federazione<br />
italiana delle mutue) vorrei tuttavia aggiungere un ulteriore, specifico<br />
contributo in materia, considerando <strong>il</strong> fatto che le società di mutuo soccorso<br />
sono molto impegnate in tale ambito, essendo riconosciute sul piano normativo<br />
quali enti istitutivi e/o soggetti gestionali dei fondi sanitari integrativi.<br />
Quest’anno, com’è stato ricordato, è stata istituita l’Anagrafe dei fondi sanitari<br />
integrativi: l’iscrizione a questo registro nazionale consente di conferire la deducib<strong>il</strong>ità<br />
fiscale ai soggetti che prevedono forme di copertura sanitaria integrativa<br />
ai propri iscritti e ai propri dipendenti. La nostra realtà è da sempre attiva in ambito<br />
socio-sanitario-assistenziale. Ricordo in proposito che la mutualità integrativa<br />
8<br />
Presidente FIMIV<br />
120
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />
poggia le sue radici negli albori dello Stato unitario. Le società di mutuo soccorso<br />
nascono infatti nel 1848 con lo statuto Albertino, ma ancora oggi, dopo oltre 150<br />
anni, questa realtà è viva e svolge un ruolo prezioso, di riferimento nella integrazione<br />
al servizio sanitario nazionale.<br />
Attraverso una marcata azione sussidiaria e integrativa, non concorrenziale al<br />
servizio pubblico, la mutualità volontaria rappresentata dalle società di mutuo<br />
soccorso intende contribuire ad affermare la sostenib<strong>il</strong>ità di un sistema di assistenze<br />
non selettivo, intergenerazionale, in cui la partecipazione libera e aperta<br />
stimoli la responsab<strong>il</strong>ità individuale, che previene l’abuso, e la responsab<strong>il</strong>ità collettiva,<br />
che induce al rispetto delle regole e del corretto equ<strong>il</strong>ibrio tra contributi<br />
ed erogazioni. Ma formare una coscienza sociale e solidale, capace di riappropriarsi<br />
di ambiti ormai desueti di responsab<strong>il</strong>ità previsionali rispetto ai propri<br />
bisogni sanitari e sociosanitari, è un compito che non può essere lasciato alla<br />
sola intrapresa spontanea dei corpi sociali intermedi. Senza nulla togliere al ruolo<br />
di garanzia dello Stato nelle assistenze essenziali e primarie a tutela della salute<br />
individuale e collettiva, in base al principio di sussidiarietà sancito dal Titolo V<br />
della Costituzione, è doveroso, in primo luogo da parte delle istituzioni, nazionali<br />
e territoriali, far discendere ai cittadini <strong>il</strong> senso della partecipazione a forme organizzate<br />
collettive di previdenza integrativa solidale, sanitaria e sociale.<br />
L’istituzione dei fondi sanitari costituisce quindi una ulteriore opportunità di sv<strong>il</strong>uppo<br />
della mutualità, ma soprattutto rappresenta l’occasione per affermare <strong>il</strong><br />
peculiare modello partecipativo intergenerazionale del mutuo soccorso in ambiti<br />
assistenziali complementari al servizio pubblico e finalizzati ad accorciare la<br />
distanza tra la manifestazione dei bisogni e l’accesso ai servizi.<br />
Fimiv si impegna a continuare <strong>il</strong> lavoro di presidio in questo ambito e a perseguire<br />
soluzioni che favoriscano l’evoluzione mutualistica della sanità integrativa nel<br />
nostro Paese. L’assistenza complementare per i lavoratori dipendenti ha trovato<br />
nella contrattazione collettiva un veicolo di diffusione che negli ultimi tempi ha<br />
assunto una dimensione di rispetto: tuttavia emergono criticità significative che<br />
inevitab<strong>il</strong>mente interessano <strong>il</strong> livello di equità e di solidarietà dell’intero sistema.<br />
È interessante per esempio riflettere sulla possib<strong>il</strong>e correlazione tra fondi sanitari<br />
negoziali chiusi (ex art. 51 del Tuir) e fondi sanitari integrativi aperti (ex art. 9 del<br />
D.lgs. 229/99).<br />
I fondi sanitari di derivazione contrattuale sono già da tempo operanti in Italia,<br />
mentre l’iter che sancisce l’effettiva costituzione di quelli integrativi al Ssn in forma<br />
aperta non si è ancora del tutto concluso: mancano infatti i decreti attuativi<br />
sul loro ordinamento e sulle modalità di affidamento in gestione.<br />
Tra le due realtà dunque non si è prodotto nel tempo un rapporto ut<strong>il</strong>e ad estendere<br />
i benefici delle coperture complementari ai soggetti collocati fuori dall’ambito<br />
del lavoro dipendente.<br />
Non è previsto, per esempio, nessun meccanismo intergenerazionale di accantonamento<br />
per i più giovani in previsione di eventi gravosi come la non autosuffi-<br />
121
Capitolo 3<br />
cienza, in modo da costruire nel tempo una dotazione che essi possano portare<br />
con sé nell’eventuale passaggio da un fondo contrattuale ad un altro, ma soprattutto,<br />
una volta posti in quiescenza, da un fondo chiuso ad un fondo sanitario<br />
aperto.<br />
Le coperture riguardano i soli lavoratori dipendenti, fintanto che sussista <strong>il</strong> rapporto<br />
di lavoro, e non sempre esse sono estese volontariamente ai fam<strong>il</strong>iari. Il<br />
risultato è che ne restano esclusi i soggetti più deboli economicamente, quelli<br />
meno tutelati dalla contrattazione collettiva, quelli che sono usciti dall’attività<br />
lavorativa, quelli che non appartengono a gruppi associati. Se non si interviene<br />
rapidamente ad innescare meccanismi contributivi di tipo associativo solidaristico<br />
a compensazione del divario, <strong>il</strong> rischio più prossimo è una frattura sociale<br />
sull’equità dei livelli di tutela. Sussiste inoltre <strong>il</strong> rischio di una sperequazione tra<br />
fondi negoziali chiusi e fondi integrativi aperti.<br />
I primi, sono caratterizzati da una forte concentrazione patrimoniale a riserva<br />
grazie all’adesione massiva e certa di lavoratori dipendenti - soprattutto quando<br />
la contribuzione è posta per intero a carico del datore di lavoro - e all’erogazione<br />
contenuta, poiché <strong>il</strong> livello medio dell’età degli aderenti abbassa <strong>il</strong> rischio di<br />
morb<strong>il</strong>ità a breve termine.<br />
Per i fondi integrativi aperti, è realistico ipotizzare invece una più ridotta concentrazione<br />
di riserve, sia perché la propensione all’adesione volontaria con contribuzione<br />
a carico diretto dell’assistito è ancora tutta da costruire per ragioni<br />
socio-culturali poco favorevoli, sia perché la prevedib<strong>il</strong>e maggiore incidenza di<br />
anziani nel gruppo associato innalza drasticamente <strong>il</strong> rischio a breve termine di<br />
incidenza patologica, soprattutto di non autosufficienza, e quindi di erogazione.<br />
Allo stato attuale si può legittimamente affermare che le società di mutuo soccorso<br />
sono nelle condizioni di surrogare la funzione mancata dei fondi sanitari<br />
integrativi aperti, in quanto soggetti giuridici annoverati tra le fonti istitutive degli<br />
stessi fondi e già regolamentati da una legge speciale di settore.<br />
Quando una società di mutuo soccorso istituisce un fondo sanitario contrattuale<br />
o ne gestisce uno, si instaura un rapporto associativo che può essere mantenuto<br />
anche dopo l’uscita del lavoratore dallo stesso fondo per le più diverse ragioni: la<br />
sua presa in carico rientra allora nella sussidiarietà generale e circolare espressa<br />
dalla base associata nel suo complesso.<br />
La disomogeneità nei criteri di definizione degli ambiti d’intervento tra i fondi, pur<br />
a fronte di una medesima formulazione delle agevolazioni fiscali (deducib<strong>il</strong>ità),<br />
costituisce un ulteriore elemento di criticità che la Fimiv ha già sottoposto all’attenzione<br />
del Ministero della Salute. La limitazione degli ambiti d’intervento previsti<br />
per i fondi sanitari integrativi al Ssn (art. 9 del D.lgs. 229/1999) alle sole prestazioni<br />
sanitarie e sociosanitarie non comprese nei livelli essenziali ed uniformi di assistenza,<br />
escludendo per esempio di intervenire sul ridimensionamento delle liste di<br />
attesa, si oppone all’ampio ventaglio di competenze previste invece per i fondi<br />
negoziali (art. 51 del Tuir), che attengono non solo a prestazioni di tipo integrativo<br />
e aggiuntivo al Ssn, ma anche ampiamente sostitutivo.<br />
122
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />
Il vincolo imposto ai fondi sanitari ex art. 51 del Tuir, di inserire una quota minima<br />
di risorse destinate a prestazioni esclusivamente integrative al Ssn (socio-sanitarie<br />
e/o odontoiatriche) pari al 20% delle risorse complessivamente destinate a tutte<br />
le prestazioni, rappresenta un primo, parziale tentativo di orientare la sanità<br />
complementare negoziale verso l’integrazione al servizio pubblico. In definitiva,<br />
è stato realizzato un adeguamento importante, ma ancora insufficiente a colmare<br />
le disparità: la significativa limitazione di intervento riservata ai fondi aperti<br />
integrativi del Ssn nel confronto con i fondi chiusi determina la percezione di un<br />
minor vantaggio che non ne aiuta lo sv<strong>il</strong>uppo.<br />
3.9 Le farmacie nella rete dei servizi<br />
Michele Di Iorio 9<br />
Ringrazio gli organizzatori per l’invito. Non è certo la prima volta in cui farmacisti<br />
e medici si incontrano, ma è la prima volta in cui farmacisti e medici si<br />
confrontano tra loro, per cui, spero che a questo primo incontro ne seguano<br />
una serie sempre più fitta ed è importante perché la sanità, fuori dall’ospedale,<br />
può passare esclusivamente da una sintesi estremamente efficace e<br />
coerente tra gli ambulatori dei medici di base, tra gli ambulatori di pediatri<br />
di libera scelta e le farmacie cap<strong>il</strong>larmente disseminate sul territorio. È estremamente<br />
importante conoscere in questa società, in questo stato politico, in<br />
questo sistema economico dove appunto è l’economia a farla da padrone,<br />
la conoscenza è una risorsa fondamentale che nessun governo per quanto<br />
sia in difficoltà potrà mai bypassare; molto spesso se non ci si conosce magari<br />
dopo essersi confrontati a volte anche scontrati, la soluzione si allontana<br />
da noi e si allontana certamente per i cittadini. Pablo Neruda in una poco<br />
conosciuta e antichissima sua poesia parla della farmacia e ne cito solo i<br />
primi due versi: “piccola farmacia, all’angolo di ogni piccola strada, con un<br />
piccolo Dio in ogni p<strong>il</strong>lola”. Proviamo a metterci dalla parte del cittadino e<br />
chiediamoci cosa vuole. Il cittadino individua, nella croce della farmacia e<br />
nella targa dell’ambulatorio del medico di base, la sua risposta reale, concreta,<br />
coerente, quotidiana, abituale alla richiesta di salute, così come, in<br />
questo mondo globalizzato, chi ha fame nel mac-donald trova la risposta al<br />
suo appetito. Questo è <strong>il</strong> principio, oltre questo c’è la burocrazia. Il Ministro<br />
Fazio recentemente con <strong>il</strong> Dlgs 69 sui “servizi alle farmacie” ha attribuito a tutti<br />
i titolari di farmacia la facoltà di esercitare una serie di servizi tra cui analisi<br />
cliniche, rapporto con gli infermieri etc. Io penso molto, e cerco di riflettere,<br />
sui messaggi che troppo spesso provengono da un mondo della politica estremamente<br />
distratto, non tanto per ciò che riguarda i farmacisti, non tanto per<br />
ciò che riguarda i medici al di là delle sigle e degli acronimi. Il ministro Fazio si<br />
9<br />
Presidente FederFarma Napoli<br />
123
Capitolo 3<br />
è accorto che molti dei servizi oggetto dei suoi recenti decreti erano già svolti<br />
dalle farmacie in modo volontaristico e li ha normati legiferando in tal senso.<br />
Io ho 41 anni di esperienza e posso confermare che da sempre siamo stati<br />
ascoltatori delle esigenze del cittadino, da prima che esistessero i C.U.P. e che<br />
l’informatica d<strong>il</strong>agasse; ci siamo interessati di curare le prenotazioni per le visite<br />
negli ospedali o presso <strong>il</strong> medico di medicina generale da sempre, abbiamo<br />
affiancato i cittadini nelle autoanalisi di prima istanza da molto tempo ed<br />
ora con maggiore gratificazione professionale continueremo a farlo in forza<br />
di una norma. Tali servizi sono separatamente, con norme diverse, attribuite<br />
al farmacista, con norme diverse attribuite al medico di medicina generale,<br />
con norme diverse attribuite all’operatore socio sanitario, perché chi governa<br />
la politica nel momento in cui attribuisce qualcosa a qualcuno vuole evitare<br />
che questo qualcuno si vada a confrontare con gli altri attori del vasto sistema<br />
della sanità perché l’Italia è un paese dove <strong>il</strong> pregiudizio non smetterà mai di<br />
picchiare. Io ricordo a me stesso leggendo i decreti delegati che discendono<br />
dalla legge 69 che sì, va bene, la collaborazione, la rete, la cooperazione, la<br />
ricetta elettronica, ma non dimentichiamoci che è ancora in vigore una Dlgs<br />
del ‘38 che impedisce al titolare di farmacia di fittare, qualora sia proprietario<br />
di un immob<strong>il</strong>e, un locale al medico di base perché è vietato per legge<br />
avere dei rapporti con <strong>il</strong> medico di base. Mi domando allora in Italia come<br />
si può fare una “buona sanità” se fuori dall’ospedale restano ancora in piedi<br />
questi p<strong>il</strong>astri arcaici, consunti ormai, ma sufficientemente efficaci da rappresentare<br />
<strong>il</strong> vero nemico della buona sanità? Quando dobbiamo chiedere al<br />
mondo della medicina generale, dei pediatri di libera scelta, dei farmacisti e<br />
degli operatori di intervenire e di farsi avanti per proporre delle nuove normative?<br />
(anche se non ce ne sarebbe bisogno perché le buone normative, per<br />
quanto possano essere buone, di certo non possono sostituire <strong>il</strong> buonsenso).<br />
Quando si ha bisogno qualcosa. E quand’è che si chiede qualcosa? Quando<br />
si è saturato a livello politico assistenzialistico <strong>il</strong> vuoto delle burocrazie regionali<br />
che continuano a rappresentare i principali nemici del buon funzionamento<br />
della sanità.<br />
Concludo ringraziandovi per l’invito che ho molto gradito ed invitandoVi ad<br />
altre sedute e ad altri incontri discutendo e approfondendo l’argomento su<br />
quello che c’è da fare e su quello che è meglio non fare. Vi lascio con una<br />
citazione di oltre 40 anni che nel laboratorio di farmacologia <strong>il</strong> mio professore<br />
Leonardo Donatelli ripeteva spesso:” caro Di Iorio ricorda sempre: “Chi sa fare<br />
faccia, chi sa solo parlare taccia! “. Forte di questo insegnamento con <strong>il</strong> medico<br />
che cura <strong>il</strong> malato, <strong>il</strong> farmacista che si prende cura del malato, mi auguro<br />
che ci sia un amministratore che si prenda cura di quello che c’è da fare per<br />
<strong>il</strong> cittadino e soprattutto, mi auguro che ci sia una Politica a rassicurarci.<br />
124
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />
3.10 Assistenza primaria, presidi territoriali e diagnostica di laboratorio<br />
Vincenzo D’Anna 10<br />
Io non mi voglio chiudere negli ambiti angusti dei laboratori ma vorrei far capire<br />
all’uditorio che <strong>il</strong> problema che noi abbiamo affrontato e che faticosamente<br />
stiamo portando avanti con una serie di azioni, tecniche in un primo momento,<br />
ma che poi diventano politiche, è stato quello della riorganizzazione dell’offerta<br />
delle prestazioni di diagnostica di laboratorio. Nell’ambito del più vasto quadro<br />
della razionalizzazione dell’offerta delle prestazioni di specialistiche ambulatoriali<br />
e del “contenimento della spesa”, <strong>il</strong> problema in Italia è portare i livelli di<br />
finanziamento della spesa sanitaria almeno al livello degli altri paesi europei e<br />
successivamente razionalizzare la spesa ed <strong>il</strong> finanziamento della stessa, cosa<br />
che a mio modesto avviso dovrebbe avvenire precipuamente per le prestazioni<br />
che in ciascun ambito sanitario si erogano, ovviamente prestazioni che siano<br />
state già depurate dell’inappropriatezza, perché uno dei primi elementi che tutti<br />
chiedono, ma che nessuno poi combatte, è proprio quello dell’inappropriatezza.<br />
Dato per scontato che la programmazione del fabbisogno deve avvenire<br />
al netto dell’inappropriatezza, e dato per scontato che la programmazione del<br />
fabbisogno non si fa in nessuna regione poiché io presiedo FederLab Italia e conosco<br />
regione per regione lo stato dell’arte, non temo di poter essere smentito,<br />
in effetti le regioni altro non fanno che ritirare per <strong>il</strong> comparto accreditato privato<br />
una serie di tetti di spesa che vengono calcolati sulla scorta dei fatturati delle<br />
annualità precedenti. Le uniche due regioni che fanno la programmazione dei<br />
volumi e delle tipologie di prestazioni locab<strong>il</strong>i sono la Lombardia e la Campania.<br />
Non è un caso che la Campania nella specialistica ambulatoriale è tra le prime<br />
Regioni che ha adottato tutta una serie di para-detrazioni quali-quantitative dei<br />
volumi di prestazioni che ogni struttura può erogare, in ragione delle dotazioni<br />
tecnologiche, strumentali, strutturali e di personale. È tra le poche regioni che<br />
quindi programma <strong>il</strong> fabbisogno partendo dai volumi delle prestazioni e quindi<br />
dal fabbisogno assistenziale per arrivare ad un correlato limiti di spesa; ovviamente<br />
questo non è che immunizzi la Campania dall’esaurimento dei volumi di<br />
prestazioni perché ancorché si conosca l’esatto fabbisogno non si è disposti per<br />
tutta una serie di questioni, all’attenzione dell’uomo della strada, cioè dei 6 m<strong>il</strong>iardi<br />
di debito fino a questo momento rendicontati, ma ho una sensazione che<br />
non ci fermeremo a 6, per cui quei volumi di prestazioni sono quelli programmati<br />
nell’anno 2003 e da allora quei volumi di prestazioni non si sono più mossi. Il grande<br />
impazzimento della programmazione sanitaria in Italia - ed è un impazzimento<br />
generale dovuto alla burocrazia e allo statalismo “bolscevismo sanitario” e non<br />
me ne vogliate perché non è un’asserzione politica ma bensì organizzativa-, è<br />
che si vuol programmare <strong>il</strong> consumo dei litri di benzina dal numero e dalla tipologia<br />
di distributori di benzina. Non si vuol governare la domanda, si vuol governare<br />
10<br />
Componente della Commissione Affari Sociali e Sanità della Camera dei Deputati – Presidente FederLAB<br />
125
Capitolo 3<br />
la tipologia dell’offerta che è la classica asserzione di un sistema nel quale non<br />
è prevista la competizione, un sistema forse che resiste ancora a Cuba e forse<br />
nella Corea del Nord, in cui lo Stato è l’unico erogatore delle prestazioni quindi<br />
in grado di poter determinare <strong>il</strong> costo del servizio sulla scorta non della domanda<br />
ma da quello che da monopolista intende offrire. C’è un’espressione che gli<br />
economisti liberali usano e dice: “chi dispone di tutti i mezzi stab<strong>il</strong>isce tutti i fini”;<br />
quindi se noi avessimo un sistema solo statalizzato lo Stato potrebbe certamente<br />
controllare la spesa, perché non ci sarebbe la libera scelta o la capacità libera di<br />
poter provvedere al fabbisogno assistenziale, ma ci sarebbe uno Stato che è in<br />
grado di offrire solo determinate prestazioni e non di avere una variegata gamma<br />
dei livelli essenziali di assistenza, perché siamo molto bravi a promettere e ad<br />
erogare molte cose, salvo però a non voler mettere a disposizione <strong>il</strong> corrispettivo<br />
finanziario che quel tipo di assistenza richiede. Senza perder tempo vi dico che<br />
la programmazione è fatta male; da questa discrasia che secondo i burocrati<br />
deve essere curata con <strong>il</strong> contingentamento dell’offerta, perché a voi medici<br />
di medicina generale viene detto: vi diamo un budget voi dovete rientrare in<br />
questo budget ma non vi si dice mettiamoci a tavolino e vediamo quali sono<br />
i protocolli diagnostici terapeutici e vediamo voi che cosa dite, qual è <strong>il</strong> tipo di<br />
popolazione che state assistendo, qual’è <strong>il</strong> fabbisogno, qual è la maggiore incidenza<br />
di certe prestazioni, andiamo a vedere un costo medio per prestazioni e<br />
vi assegniamo un budget che è calibrato sulla tipologia delle prestazioni che voi<br />
dovete garantire. Invece ognuno di voi ha un budget che è un fatto eminentemente<br />
economico, che poi proprio la parola budget significa stare all’interno di<br />
un valore predeterminato. Poiché abbiamo sforato di 1 m<strong>il</strong>iardo di euro <strong>il</strong> budget<br />
e lo sforamento viene dall’ospedalità pubblica e non viene da questo comparto,<br />
né dai prescrittori, né dagli erogatori della spesa, noi dobbiamo recuperare<br />
sul versante che è più debole e che è più semplice perché quando ci rivolgiamo<br />
al privato non abbiamo <strong>il</strong> contraccolpo delle potenti confederazioni sindacali,<br />
non abbiamo <strong>il</strong> contraccolpo di andare ad ostacolare le comode nicchie di<br />
assuefazione che si sono fatte nella parte pubblica. Oggi ci interessa dire che<br />
nonostante tutto questo, la riorganizzazione della rete dell’offerta va comunque<br />
fatta, non è questo che ci immunizza, perché avere in questa nazione circa 2500<br />
laboratori di analisi accreditati è un’enormità soprattutto se teniamo conto che<br />
i due terzi di questo valore cominciano dalle Marche e finiscono in Sic<strong>il</strong>ia. Faccio<br />
l’esempio della Sic<strong>il</strong>ia la quale ha circa 820 laboratori accreditati, oltre a circa<br />
250 laboratori pubblici, superando dunque i 1000 presidi di laboratorio, di cui<br />
circa 540 fanno meno di 40.000 prestazioni all’anno. Tenete conto che in Germania<br />
ci sono laboratori da 200 m<strong>il</strong>ioni di prestazioni all’anno -vi dico questo per<br />
farvi capire qual è <strong>il</strong> gap tra queste realtà-; ovviamente io sono contro i mega<br />
laboratori perché ad un certo punto diventa un numerificio e si perde qualsiasi<br />
tipo di organizzazione, questo porta ad un processo alienante, una meccanizzazione<br />
che può andare bene ad una fase analitica, ma certamente in una fase<br />
pre-analitica e post-analitica vi posso garantire non c’è alcuna attinenza con<br />
126
Territorio ed assistenza primaria al centro delle cure e del futuro<br />
la buona pratica di laboratorio e vi dico di più: uno dei motivi che spingeva gli<br />
statalisti ad accorpare era perché, concentrando la produzione, si abbattono i<br />
costi. Io come presidente di FederLab Italia ho fatto un accesso al laboratorio di<br />
Baggiovara in provincia di Ferrara che è <strong>il</strong> più grande laboratorio pubblico italiano,<br />
perché produce circa 18 m<strong>il</strong>ioni di prestazioni. Ho scoperto che in questo laboratorio,<br />
sicché se ne dica, <strong>il</strong> costo della prestazione non tiene conto della rete<br />
dei costi della struttura e dei centri prelievi, tenuto conto che ogni medico che<br />
ha fatto un prelievo viene pagato quattro euro per <strong>il</strong> solo prelievo. C’è dunque<br />
un meccanismo che taglia le gambe alla competizione cioè quella dei contratti<br />
con i privati e non dei contratti anche con le strutture pubbliche, per sviare surrettiziamente<br />
clienti e quindi la libera scelta verso le strutture a gestione statale e<br />
a gestione diretta.<br />
Le associazioni di categoria del privato accreditato hanno proposto al ministro<br />
un documento, che è stato approvato da un tavolo ministeriale, è arrivato alla<br />
conferenza Stato Regioni per <strong>il</strong> previsto parere, ma è fermo lì da sei mesi. Questo<br />
perché alle fine la Sic<strong>il</strong>ia non può rinunciare alla pletoricità delle presenze e<br />
l’Em<strong>il</strong>ia-Romagna non può rinunciare a quel modello di mega concentrazione<br />
ancorché apoditticamente più remunerativo, ma allo stato pratico più costoso,<br />
se non più del modello costo per prestazione applicato in Sic<strong>il</strong>ia. Allora ci dobbiamo<br />
mettere d’accordo se in questa nazione esiste ancora la figura di un collante<br />
da gherrotipo, perché se ogni regione si pone fuori da quelle che sono le leggi<br />
quadro, all’interno delle quali deve organizzare <strong>il</strong> proprio servizio, voi capirete<br />
che i costi standard sono chimere perché un costo standard viene fuori da un’organizzazione<br />
standard e fino a quando la Sic<strong>il</strong>ia va per i fatti suoi e la Lombardia<br />
va per i fatti suoi, noi tutto potremo avere tranne che un federalismo sanitario.<br />
127
CAPITOLO 4<br />
Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi<br />
territoriali per la promozione della salute<br />
4.1 Le aziende termali nella promozione della salute<br />
Renato Del Monaco 1<br />
Il Piano Sanitario Nazionale 2011-2013 definisce le linee guida di programmazione<br />
e riorganizzazione del Servizio Sanitario ponendo, tra gli obiettivi specifici, la<br />
valorizzazione degli elementi di eccellenza e gli investimenti in settori strategici<br />
quale la prevenzione. Ciò si realizza attraverso un Sistema Salute che ponga la<br />
Clinical Governance come metodo operativo e la soddisfazione del cittadino/<br />
cliente, insieme alla qualità delle prestazioni da esso percepita, come indicatori<br />
di performance per quanto riguarda l’appropriatezza e l’efficienza. Tutto questo<br />
in un quadro di sostenib<strong>il</strong>ità.<br />
Già nel 2008 le direttive della Carta di Tallin dell’OMS definirono la necessità di<br />
una strategia di coordinamento tra le diverse istituzioni e d’integrazione delle<br />
politiche intersettoriali, al fine di orientare positivamente ed in maniera sinergica<br />
i determinanti della Salute e del Benessere.<br />
Solo attraverso la piena identificazione e configurazione di “sistemi coesi”, si possono<br />
concentrare energie, far convergere finanziamenti, provenienti da più settori,<br />
diversi tra loro, coinvolti su obiettivi ed ambiti tematici condivisi e delineati.<br />
La capacità dei diversi soggetti istituzionali, pubblici e privati, di cooperare e di<br />
trasformare operativamente gli indirizzi in relativi progetti, oggi, è alla base di<br />
qualsiasi piano efficiente di programmazione ed organizzazione della salute dei<br />
cittadini e delle comunità, rappresentando <strong>il</strong> macro obiettivo fondamentale del<br />
Servizio Sanitario Nazionale.<br />
Investire in Salute equivale ad investire nello sv<strong>il</strong>uppo umano, nel benessere sociale<br />
ed economico, poiché l’assistenza sanitaria include la prevenzione, la promozione<br />
della salute e tutti gli sforzi atti ad influenzare attori differenti che intendono<br />
occuparsi di problemi di salute nelle loro politiche.<br />
Una sanità moderna così definita nelle risorse dedicate, nella cultura di sistema,<br />
nei servizi resi, dà valore all’educazione alla salute, all’attenzione agli st<strong>il</strong>i di vita,<br />
1<br />
Docente della scuola di Specializzazione in Idrologia Medica dell’Università degli Studi di Parma, già direttore<br />
sanitario delle Terme di Telese, delle Terme Lucane, delle Terme di Fiuggi.<br />
129
Capitolo 4<br />
alla tutela dei luoghi e degli ambienti di vita e di lavoro, quali “nuovi determinanti<br />
della Salute del singolo e della collettività”.<br />
Si debbono definire modelli assistenziali “orizzontali” fondati su una reale centralità<br />
dell’identità del territorio, e delle esigenze dei suoi cittadini, sostenuti da<br />
una rete socio-sanitaria fondata su di un efficace ruolo dell’assistenza primaria<br />
e dei suoi luoghi, la cosiddetta Medicina del Territorio, che declina in maniera<br />
complessa, iniziale e comprensiva, la Promozione e l’Educazione alla Salute per<br />
meglio indurre e potenziare la Prevenzione.<br />
Si ha bisogno per ciò, di luoghi nuovi, “oltre la deospedalizzazione”, e le Terme<br />
d’Italia si pongono come luoghi particolari per un uso appropriato delle risorse<br />
disponib<strong>il</strong>i, in qualsiasi piano di prevenzione, di cura e di riab<strong>il</strong>itazione, anche con<br />
<strong>il</strong> fine di contribuire alla integrazione interdisciplinare dei soggetti di spesa e alla<br />
ri-organizzazione strutturale della “rete della salute” del Servizio Sanitario prima<br />
Regionale e poi Nazionale.<br />
Non c’è Regione che non abbia la presenza sul suo territorio di uno Stab<strong>il</strong>imento<br />
Termale Accreditato. L’equità di trattamento e di accesso ai servizi, la tutela e la<br />
cura di persone deboli, ma ancora fortemente vitali, come gli anziani autosufficienti,<br />
l’eliminazione delle liste d’attesa, attraverso la predisposizione di “percorsi<br />
termali fac<strong>il</strong>itati” per le cronicità, possono essere altre delle mission salutari del<br />
moderno termalismo fortemente radicato e integrato nel sistema salute delle<br />
Regioni d’Italia e dell’intero Paese.<br />
Da queste premesse ben si può intendere <strong>il</strong> forte legame dell’Ambiente Termale<br />
con <strong>il</strong> Territorio a cui appartiene, che si fa Salute, e produce Salute, e ben si può<br />
comprendere la presenza di una sessione dedicata al Termalismo fin dalla prima<br />
edizione dei congressi dei Medici di Medicina Generale associati in Cooperative,<br />
oggi nell’ANCoM. Le riflessioni che seguiranno daranno la certezza di poter realizzare<br />
progetti di salute da parte di attori istituzionali, come le Università, gli Istituti<br />
di Ricerca, le Scuole, ma, soprattutto, la Medicina Generale, ut<strong>il</strong>izzando le Terme<br />
d’Italia come luogo particolare, unico e ideale per produrre salute al servizio del<br />
cittadino e delle comunità a cui appartiene.<br />
4.2 Il ruolo dei comuni termali all’interno dell’assistenza sanitaria del territorio<br />
Fabrizio Martini 2<br />
I comuni termali storici, come Salsomaggiore, Fiuggi e Montecatini, hanno una<br />
storia ed anche un passato recente legati alle cure idropiniche, che fino ai<br />
2<br />
Sindaco di Fiuggi Terme<br />
130
Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la promozione della salute<br />
primi anni novanta hanno beneficiato di forti incentivi statali, consistenti nei<br />
congedi straordinari per cure termali, cioè in veri e propri periodi supplementari<br />
di ferie. Evidentemente, da quando questo stimolo è venuto meno, si è determinato<br />
un forte ridimensionamento dei volumi di produzione di tutte queste<br />
stazioni termali tradizionali.<br />
Di qui è nata la necessità di ripensare l’offerta, di una radicale riconversione,<br />
inizialmente procedendo un po’ per errori e tentativi; oggi invece, grazie<br />
all’azione dell’ANCOT (Associazione Nazionale Comuni Termali) si procede<br />
con una lucidità di intenti ed una chiarezza di idee sicuramente superiori.<br />
Il problema di tutte queste realtà termali è <strong>il</strong> fatto che appartengano a Comuni<br />
di dimensioni medio-piccole, con poche risorse da investire e con grandi<br />
problemi riguardanti la gestione di queste strutture complesse, caratterizzate<br />
da costi fissi considerevoli.<br />
Volendo tracciare una prospettiva diversa e incoraggiante per <strong>il</strong> futuro, ci viene<br />
incontro un radicale mutamento nello st<strong>il</strong>e di vita e nella sensib<strong>il</strong>ità della<br />
società contemporanea la quale guarda con più attenzione e con più interesse<br />
alla medicina naturale e le nostre realtà hanno precorso lo sv<strong>il</strong>uppo della<br />
medicina naturale. Questo dato, unito allo sforzo che si sta facendo ovunque<br />
di diversificazione turistica, sicuramente rappresenta un modo ed una strada<br />
che ci consentirà di recuperare <strong>il</strong> terreno perso. In tutto questo non è di secondo<br />
piano la possib<strong>il</strong>e integrazione con <strong>il</strong> territorio locale in relazione all’offerta<br />
sanitaria che nei comuni termali si può realizzare. Fino ad oggi non si è seguita<br />
questa linea perché i Comuni termali mostravano una vocazione più Nazionale,<br />
veicolando flussi da tutta Italia, mentre di solito con <strong>il</strong> territorio circostante<br />
non esisteva feeling (ad esempio la Ciociaria non ha frequentato molto Fiuggi<br />
per le terapie idropiniche nemmeno quando erano nel loro momento di massimo<br />
fulgore).<br />
Questo ci fa capire quanto ci sia da recuperare in questo senso, partendo dalla<br />
considerazione che nelle strutture termali esiste uno staff medico, esiste una<br />
competenza e quindi c’è la possib<strong>il</strong>ità di offrire servizi che siano complementari<br />
a quelli da organizzare sul territorio. Nel Lazio si sta vivendo un momento<br />
diffic<strong>il</strong>e visto che la sanità è commissariata, c’è stato un taglio considerevole<br />
dei posti letto ospedalieri e si continua a fare una confusione, che sul piano<br />
tecnico è inaccettab<strong>il</strong>e, tra la riduzione della quantità dei posti letto e la conseguente<br />
diminuita qualità assistenziale, perché non è detto che la quantità<br />
corrisponda ad una maggiore qualità assistenziale. Bisognerebbe dunque<br />
pensare a come organizzare meglio le cure sul territorio e come fare in modo<br />
che negli ospedali arrivino meno persone, in modo che le prestazioni ospedaliere<br />
siano più appropriate a vantaggio di un potenziamento del territorio che<br />
131
Capitolo 4<br />
passa anche attraverso un ruolo potenziato del medico di medico di medicina<br />
generale.<br />
Attraverso un riordino della Legge 323/2000, è possib<strong>il</strong>e l’integrazione strutturata<br />
delle aziende termali, che rappresentano oltre 170 realtà ben distribuite sul<br />
territorio italiano, con <strong>il</strong> S.S.N., per completare l’offerta territoriale.<br />
Questa legge di riordino prevedeva, per le stazioni termali tradizionali, la possib<strong>il</strong>ità<br />
di diventare centri di eccellenza per la riab<strong>il</strong>itazione e di offrire anche<br />
la possib<strong>il</strong>ità di realizzare all’interno degli stab<strong>il</strong>imenti termali, che hanno una<br />
fac<strong>il</strong>ità di accesso e una piacevolezza nella fruizione, delle campagne diagnostiche<br />
e delle iniziative importanti di educazione sanitaria, ad esempio riguardanti<br />
l’educazione alimentare. Basta osservare le abitudini delle nuove<br />
generazioni per capire quanto mangino male e quanto questa cattiva alimentazione<br />
produrrà effetti negativi sullo stato di salute futuro. Tutto ciò può<br />
essere realizzato con fac<strong>il</strong>ità in luoghi che hanno insieme alla tradizione ed<br />
alla competenza medica una vocazione turistica che rende <strong>il</strong> soggiorno più<br />
piacevole.<br />
L’ANCOT sta sv<strong>il</strong>uppando una attività di tipo istituzionale importante per far<br />
sì che questi concetti vengano recepiti dai legislatori e si possa arrivare velocemente<br />
alla attuazione di questo modello, come anche per le scuole di<br />
medicina termale che sono sulla carta ma che non sono state mai attivate.<br />
Dato che l’assistenza sanitaria è organizzata su base regionale, ci siamo anche<br />
organizzati in sezioni regionali che stanno avviando questo tipo di dialogo<br />
con i rispettivi enti regionali, proprio per raggiungere in tempi rapidi l’attuazione<br />
della 323. Nel caso di Fiuggi c’è stato già quest’anno un tentativo concreto<br />
di integrazione con <strong>il</strong> territorio grazie alla collaborazione tra le Terme Locali e<br />
un centro di riab<strong>il</strong>itazione convenzionato della zona che è la “Città Bianca<br />
di Veroli”, con risultati molto soddisfacenti. Regolarmente venivano prelevati<br />
dei pazienti, non in condizioni critiche, che hanno potuto beneficiare sia delle<br />
cure idropiniche tradizionali che di altre cure complementari. Sicuramente<br />
questa attività verrà proseguita e estesa nel futuro. Credo che questa sia la<br />
strada più corretta per la riconversione delle stazioni termali classiche, che<br />
dovranno concentrare nel campo della prevenzione una parte significativa<br />
della loro offerta di servizi. Purtroppo, tradizionalmente nella sanità italiana<br />
le valutazioni economiche non riscuotono lo stesso successo che raccolgono<br />
in altri stati Europei, come la Gran Bretagna, poiché non è affatto acquisito<br />
<strong>il</strong> concetto che la pratica intensa della prevenzione produca nel tempo una<br />
significativa riduzione dei costi assistenziali.<br />
Se invece si arriverà all’applicazione, e ce lo auguriamo, di un governo clinico<br />
del territorio in funzione delle valutazioni economiche di cui tutti possiamo<br />
disporre - e tutti noi dobbiamo lavorare per questo - sono convinto che anche<br />
per le stazioni termali ci potrà essere un ruolo nuovo, significativo e moderno.<br />
132
Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la promozione della salute<br />
4.3 Le UCCP nella riorganizzazione dell’assistenza primaria<br />
Franco Carrano 3<br />
L’argomento riguardante le UCCP è stato già oggetto di discussione in questo<br />
Congresso e dunque mi limiterò a ragionare su quello che in realtà è scritto<br />
nell’Accordo Collettivo Nazionale della Medicina Generale. L’ultimo ACN è stato<br />
siglato nel 2009 e ad apr<strong>il</strong>e 2010 è entrato in vigore. Lo scenario che si offre<br />
alla Medicina Generale mette in luce l’evoluzione stessa della Assistenza Primaria<br />
che dalle semplici forme associative va verso quelle più complesse delle UCCP.<br />
Questo quadro generale chiarisce come, da tempo e per tempo, la MG ha pensato<br />
di ridisegnare completamente quello che dovrebbe essere <strong>il</strong> proprio futuro.<br />
Partendo da un contesto regionale e calandosi nelle realtà distrettuali la MG<br />
cerca di creare dei modelli nuovi e di realizzare altri che non sono stati completamente<br />
diffusi o attuati; questo dimostra che la MG è impegnata concretamente<br />
a riorganizzarsi.<br />
L’articolo 29 dell’ACN recita che: “I medici singoli ed associati fanno parte di<br />
centri di responsab<strong>il</strong>ità territoriale, distrettuali o sub distrettuali, per partecipare<br />
al raggiungimento di specifici obiettivi del Distretto”. Il medico non è più, quindi,<br />
solo un libero professionista ma gli viene affidata la responsab<strong>il</strong>ità gestionale<br />
fungendo da garante per la gestione delle risorse che sono state allocate. Le<br />
UCCP hanno solo una definizione regionale ed è la Regione che, come modello,<br />
conferisce all’UCCP la designazione di ruoli, compiti e funzioni. Non è dunque un<br />
modello nazionale ma è in realtà la Regione che ne è titolare visto che investe<br />
i propri fondi, unitamente a quelli centrali, in questa forma organizzativa. Non<br />
riguarda solo i MMG ma, oltre ai pediatri di libera scelta e agli specialisti, può<br />
interessare anche altre figure professionali che da tempo stiamo puntando ad<br />
integrare nell’assistenza socio-sanitaria; questo risulterebbe, dunque, un modello<br />
complesso che sul territorio andrà a svolgere funzioni diverse. I requisiti e le funzioni<br />
minime delle UCCP comprendono l’obbligo a svolgere la propria attività professionale<br />
all’interno dell’unità che scatta per tutti i medici interessati alla singola<br />
unità solo alla sua attivazione ed è comunque subordinata agli accordi regionali.<br />
Alla programmazione regionale spetta la scelta dei modelli di UCCP. Il titolo V<br />
della Costituzione e le leggi generali dello Stato conferiscono ampia autonomia<br />
di programmazione e gestione della sanità ed è proprio in questo contesto che<br />
la FIMMG ha saputo prevedere alcune specifiche di garanzia perché dal momento<br />
in cui si passa dal modello di sanità nazionale a quello di sanità regionale<br />
l’autonomia potrebbe sconfinare in tante diversificazioni, come sta già accadendo.<br />
Nel ACN è scritto chiaramente che questa condizione pattuativa sarebbe stata<br />
accettata solo se <strong>il</strong> modello fosse stato lasciato comunque libero di configurarlo,<br />
3<br />
Segretario Provinciale FIMMG Frosinone<br />
133
Capitolo 4<br />
di programmarlo e di contrattarlo a livello regionale perché eravamo convinti e<br />
lo siamo tutt’ora che la realtà locale è quella che può dare nella nostra configurazione<br />
e nel modello proposto <strong>il</strong> miglior servizio ai cittadini.<br />
Il Sindacato, quindi, potrà intervenire già da subito, dal momento in cui la Regione<br />
dichiara di voler realizzare questo modello complesso di cure primarie.<br />
Il Sindacato collabora su un ventaglio di proposte con osservazioni scritte e motivate,<br />
<strong>il</strong> cui recepimento o meno non sarà ininfluente nei comportamenti “pattistici”<br />
vincolanti previsti dal ACN. Dunque non si potranno attivare UCCP senza<br />
accordo con i Sindacati firmatari della Convenzione. I protagonisti assoluti sono<br />
gli Accordi Regionali: accordi ad hoc per ciascuna UCCP ipotizzata, indispensab<strong>il</strong>i<br />
per determinare le condizioni di praticab<strong>il</strong>ità ed operatività del singolo<br />
progetto. Ogni Unità Complessa dovrà essere quindi creata con uno specifico<br />
accordo regionale che, partendo dalla condizione di ciascun medico interessato<br />
e valorizzando eventuali risorse assistenziali esistenti, tutelando <strong>il</strong> reddito e i<br />
diritti previdenziali di ciascuno, dovrà definire e finanziare la dotazione strutturale,<br />
strumentale e di personale necessaria, e prevedere le modalità partecipative<br />
dei medici. Non è ipotizzab<strong>il</strong>e che un unico accordo regionale possa assolvere<br />
agli obblighi previsti di tutela della diversificazione di ciascuna UCCP e di attivazione<br />
e funzionamento delle “singole unità complesse delle cure primarie”.<br />
Nell’ambito della determinazione dei finanziamenti si potranno intercettare risorse<br />
autonomamente investite dalle regioni, i fondi che saranno previsti dall’intesa<br />
Stato-Regioni e i fondi del Piano Sanitario Nazionale. Al di là della definizione del<br />
modello di Unità Complesse di Cure Primarie, l’iter dei finanziamenti è articolato<br />
e comunque si prospettano diversificazioni. Se parliamo poi di regioni come la<br />
Campania e <strong>il</strong> Lazio, che sono soggette a piano di rientro, si potrà intuire cosa<br />
significa non avere <strong>il</strong> finanziamento regionale adeguato. Si verificherà di avere<br />
un modello, l’UCCP, che in alcune Regioni stenterà a partire o non partirà affatto<br />
perché senza <strong>il</strong> contributo regionale non si va da nessuna parte. Il solo contributo<br />
che viene dal Piano Sanitario Nazionale non è quantitativamente importante e<br />
sufficiente e quindi, l’organizzazione generale della sanità delle Regioni, nei piani<br />
di rientro, deve trovare fondi anche e soprattutto per questa nuova forma di associazione:<br />
le UCCP. Si parla quindi di finanziamenti aggiuntivi. Se non ci saranno<br />
finanziamenti aggiuntivi e congrui non potranno essere sottoscritti accordi regionali<br />
sulle singole unità complesse di cure primarie e quindi non potrà scattare<br />
l’obbligo di adesione previsto dal comma 3) dell’art. 1 e dal comma 4 dell’art.<br />
3. Tutto, sul piano normativo e degli incentivi e delle indennità resterà come ora.<br />
Questi modelli cooperativistici delle UCCP dovranno assicurare sul territorio, di<br />
propria competenza, la erogazione a tutti i cittadini dei livelli essenziali ed uniformi<br />
di assistenza (LEA), si dovrà assicurare l’accesso ai servizi dell’unità complessa<br />
delle cure primarie (assistenza sanitaria di base e diagnostica di 1° livello), anche<br />
al fine di ridurre l’uso improprio del Pronto Soccorso e realizzare nel territorio la<br />
continuità dell’assistenza, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, per garantire una effettiva<br />
presa in carico dell’utente a partire in particolare dai pazienti cronici.<br />
134
Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la promozione della salute<br />
L’UCCP dovrà, soprattutto, perseguire l’integrazione con i servizi sanitari di secondo<br />
e terzo livello, prevedendo <strong>il</strong> diritto all’accesso in ospedale dei medici<br />
convenzionati. Tutto ciò sarà possib<strong>il</strong>e solo attraverso l’impiego di strumenti di<br />
gestione che garantiscano trasparenza e responsab<strong>il</strong>ità dei medici e dei professionisti<br />
sanitari nelle scelte assistenziali e in quelle orientate al perseguimento<br />
degli obiettivi di salute. Ultimamente se ne è parlato diffusamente poiché ad<br />
un nuovo modello organizzativo si dovrà proporre una gestione completamente<br />
diversa che va dall’organizzazione puramente amministrativa e gestionale, all’integrazione<br />
delle diverse figure professionali. Bisognerà farsi carico di sv<strong>il</strong>uppare la<br />
medicina d’iniziativa anche al fine di promuovere corretti st<strong>il</strong>i di vita presso tutta<br />
la popolazione, nonché la salute dell’infanzia e dell’adolescenza con particolare<br />
attenzione agli interventi di prevenzione, educazione e informazione sanitaria.<br />
Il ruolo principale che andrà a svolgere l’UCCP sarà quello di contribuire all’integrazione<br />
sul territorio di tutte le figure professionali e sociali creando integrazione<br />
fra assistenza sanitaria e assistenza sociale. Il Piano di Rientro (PdR) della Regione<br />
Lazio ha decretato la chiusura di strutture sanitarie ospedaliere con basso numero<br />
di accessi in PS e bassa performance (soprattutto scarsa occupazione dei<br />
posti letto).<br />
Noi come Medicina Generale abbiamo espresso già un parere, parzialmente<br />
positivo, a questo piano di rientro poiché si sta sv<strong>il</strong>uppando la volontà certificata<br />
di andare a spostare l’allocazione di risorse economiche dall’ospedale sul territorio,<br />
proponendo dei modelli gestionali della medicina del territorio abbastanza<br />
concreti e attuab<strong>il</strong>i. Tuttavia dovremo aspettare la seconda fase più complessa<br />
e di verifica in cui a quanto scritto dovrà far seguito una serie di interfacce contrattuali<br />
per andare poi a controllare se le risorse allocate saranno giuste e sufficienti<br />
a realizzare per intero la progettualità.<br />
Tra le forme che sono state proposte ci sono gli Ospedali Distrettuali OD che sono<br />
di impostazione vicina agli ospedali di comunità e si va verso un modello più<br />
funzionale perché prevede delle integrazioni con realtà proprie della Regione<br />
Lazio come le Unità di Cure Primarie UCP. Le UCP sono Unità di Cure Primarie<br />
con apertura di studi di medici associati in varie forme, con collegamenti in rete,<br />
aperti dalle 10 alle 19 nei giorni feriali. Quindi c’è questa disponib<strong>il</strong>ità di rete ben<br />
articolata nel Lazio con circa 196 UCP a cui volontariamente <strong>il</strong> 97% dei MMG della<br />
Regione ha aderito, diventando dunque una realtà di rete territoriale. L’Ospedale<br />
Distrettuale rappresenta attualmente <strong>il</strong> modello di aggregazione,tra quelli<br />
proposti nel piano di rientro sanitario, maggiormente accreditato e più avanzato<br />
in questo momento per quanto riguarda la Regione Lazio. L’Ospedale Distrettuale<br />
OD prevede, al suo interno, diverse funzioni, articolate secondo un’organizzazione<br />
modulare in: 1. Funzioni “Core”, irrinunciab<strong>il</strong>i ed identificative della struttura;<br />
2. Moduli funzionali aggiuntivi che andranno poi a caratterizzare anche quella<br />
specificità di quell’ospedale perché magari in quel territorio c’è una necessità<br />
135
Capitolo 4<br />
sociale più evidenziata; in ultima battuta ci sono le RSA (residenze socio assistenziali)<br />
non obbligatorie ma attivab<strong>il</strong>i in funzione di valutazioni locali in sintonia con<br />
<strong>il</strong> fabbisogno e la programmazione regionale.<br />
Stiamo assistendo ad una svolta in ambito di Cure Primarie nel Lazio in cui tutto<br />
è vincolato alla risorsa economica, perché si garantisce <strong>il</strong> primo livello assistenziale,<br />
forse si potrà integrare <strong>il</strong> secondo, ma tuttavia tutto quello che poi sarà<br />
auspicab<strong>il</strong>e è già definito come aggiuntivo e quindi le UCCP in questo ambito a<br />
mio giudizio dovranno essere rimodulate con attenzione verificando, passo per<br />
passo, risorse economiche e tempi di attuazione.<br />
Tra i Moduli funzionali aggiuntivi ci sono le UCP unite al Presidio Territoriale dello<br />
Stab<strong>il</strong>imento Termale.<br />
Il Presidio Territoriale dello Stab<strong>il</strong>imento Termale rappresenta un modello che non<br />
rientra nei nostri accordi sindacali, non lo ritroviamo nei piani di rientro, ma se<br />
immaginassimo una rete di MMG, integrata ad una rete di Ospedali Distrettuali<br />
e in questo ambito di OD rientrasse anche uno stab<strong>il</strong>imento termale, <strong>il</strong> discorso<br />
delle prestazioni di primo livello, dell’educazione sanitaria e dell’assistenza sociosanitaria,<br />
non rappresenterà più un modello aggiuntivo vincolato alle risorse, ma<br />
potrebbe rappresentare invece una componente essenziale in questo nuovo<br />
modello gestionale integrato.<br />
4.4 Il settore termale nella riorganizzazione dell’assistenza primaria a 10 anni dalla<br />
legge 323<br />
Aurelio Crudeli 4<br />
FederTerme è l’Associazione di Confindustria che associa tutte le aziende termali<br />
del nostro paese, ha una rappresentatività pressochè totale su tutto <strong>il</strong> territorio nazionale,<br />
90 anni di storia alle spalle fondata nel 1919 data in cui è stato emanato<br />
<strong>il</strong> primo provvedimento organico in tema di termalismo. Da allora sono trascorsi<br />
circa 80 anni per l’emanazione del secondo provvedimento quadri della legge<br />
323 che oggi compie 10 anni dal 24 Ottobre del 2000. A questo punto si impone<br />
una riflessione sulla legge 323 che andrebbe ritoccata anche se, in questi anni,<br />
ha assolto la sua funzione dando un peso maggiore al ruolo delle cure termali nel<br />
sistema sanitario nazionale rafforzandone <strong>il</strong> ruolo. In più circostanze ha rappresentato<br />
un elemento di sostegno per le imprese e per quanti lavorano nel settore e<br />
nei momenti critici senza dimenticare la battaglia per i LEA o le vicende che ci<br />
hanno visto sempre protagonisti come i rinnovi degli accordi con le regioni, sempre<br />
più travagliati, i quali non hanno contenuti meramente economici, ma che<br />
regolano la vita delle aziende termali sul territorio. Uno dei problemi principali di<br />
questa legge riguarda la mancata attuazione di alcune sue parti e se volessimo<br />
4<br />
Direttore Generale FederTerme<br />
136
Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la promozione della salute<br />
fare una statistica per settori ci renderemmo conto che la maggior parte dei provvedimenti<br />
non emanati sono quelli che dovrebbero avere matrice regionale. Per<br />
quanto riguarda gli aspetti demandati alla competenza governativa in realtà ne<br />
vedrei sostanzialmente due: uno è la definizione di linee guida sui cicli combinati<br />
di cura mentre l’altro è quello sul marchio di qualità termale per <strong>il</strong> quale manca<br />
ancora un decreto interministeriale tra <strong>il</strong> Ministero dello Sv<strong>il</strong>uppo Economico e <strong>il</strong><br />
Ministero dell’Ambiente, che dovrebbe rappresentare la base per l’emanazione<br />
dei vari marchi di qualità. Se questo, in grandi linee, è stato l’apporto della legge<br />
323 in questi dieci anni, sarebbe ut<strong>il</strong>e parlare di una rivisitazione anche in termini<br />
di prospettive. Il convegno organizzato dall’ANCOT l’8 di luglio 2010, ha rappresentato<br />
un momento sicuramente molto interessante, in cui <strong>il</strong> ministro Fazio ha<br />
chiarito <strong>il</strong> ruolo che le aziende termali dovrebbero poter svolgere all’interno del<br />
sistema sanitario nazionale, oltre a quello che già sostengono attraverso l’erogazione<br />
delle cure per le patologie riconosciute, ed è sicuramente un ruolo di presidio<br />
sanitario fortemente radicato sul territorio. Stiamo ragionando di una presenza<br />
cap<strong>il</strong>larmente diffusa e siamo consapevoli del fatto che siamo e saremo in grado<br />
di svolgere un ruolo a tutto tondo, in ogni singolo distretto, grazie a questa cap<strong>il</strong>lare<br />
presenza in ogni area del nostro paese. Qualche riflessione di carattere tecnico<br />
normativo sul come, ipoteticamente, operare una revisione sulla legge 323 che<br />
da più parti, viene sollecitata anche dagli ambienti istituzionali. Si potrebbe ragionare,<br />
ad esempio, sulla revisione del sistema autorizzatorio attualmente molto<br />
concentrato sullo stab<strong>il</strong>imento ma che potrebbe prevedere anche una copertura<br />
da parte dell’autorizzazione che viene r<strong>il</strong>asciata dallo stab<strong>il</strong>imento termale<br />
per una serie di attività collaterali, oppure si potrebbero estendere i cicli di riab<strong>il</strong>itazione<br />
termale a tutti i cittadini così come previsto dall’Articolo 3 della legge,<br />
norma che è rimasta largamente inattuata nonostante le numerose pressioni che<br />
abbiamo svolto. Si potrebbe andare a mutuare qualcosa come quanto è stato<br />
previsto ad esempio per le farmacie in termini di servizi aggiuntivi erogati ai cittadini,<br />
immaginando un giorno non lontano in cui anche noi (Aziende Termali) potremmo<br />
svolgere servizi di primo livello, di prevenzione, di educazione sanitaria, di<br />
partecipazione a programmi di diffusione di corretti st<strong>il</strong>i di vita, così come anche<br />
per altre strutture sanitarie. Non sempre, dunque, è necessario o serve modificare<br />
o aggiungere norme ma talvolta basta ragionare sull’esistente oppure in talune<br />
circostanze, come nei prof<strong>il</strong>i autorizzatori, basta semplicemente passare ad una<br />
modifica della legge, ma credo che molto possa essere fatto attraverso una più<br />
attenta lettura delle norme vigenti. L’impegno forte non dovrà essere solo quello<br />
del legislatore ma anche quello del governo e delle regioni con le quali <strong>il</strong> rapporto<br />
in tema di sanità è divenuto piuttosto complicato, soprattutto nelle regioni<br />
soggette a piani di rientro. Sarebbe opportuno chiedersi se le risorse allocate,<br />
seppure limitate, potrebbero essere allocate in maniera diversa e più razionale,<br />
trasferendo alcune competenze ed alcuni servizi dall’ospedale a fuori e in questo,<br />
di sicuro, le terme potrebbero essere degli ottimi candidati per l’erogazione di alcuni<br />
servizi e sicuramente a costi per <strong>il</strong> Servizio Sanitario Nazionale molto più bassi.<br />
137
Capitolo 4<br />
In questo quadro, pensiamo anche alla riab<strong>il</strong>itazione. L’esperienza biennale di ricerca<br />
attraverso l’INAIL, allorché si parlò di riab<strong>il</strong>itazione degli infortunati sul lavoro<br />
presso le terme, dimostrò che i nostri costi erano in assoluto più competitivi e bassi.<br />
Un ruolo importante al nostro fianco possono giocarlo i Comuni Termali e i relativi<br />
Sindaci che ci sono da sempre vicini in tutte le nostre battaglie. Dobbiamo dunque<br />
cominciare a ragionare non più in termini di strategia difensiva ma in termini<br />
di prospettiva per riuscire a costruire qualcosa, dato che indubbiamente <strong>il</strong> settore<br />
presenta un andamento cristallizzato visto che dai dati degli ultimi anni è emerso<br />
che la spesa è ormai consolidata e tenuta sotto controllo.<br />
Il governo ha cominciato a mostrare segni di interesse, visto che sul versante normativo<br />
nell’ultimo disegno di legge sulla sanità <strong>il</strong> ministro ha inserito una norma<br />
sulla comp<strong>il</strong>azione di un testo unico sulle attività termali che sicuramente rappresenta<br />
un argomento importante nel quale potremmo già inserire qualche previsione<br />
ordinamentale di sostegno e di supporto però credo che la strada sia lunga.<br />
Da quanto emerso in questo Congresso, è chiaro che le Terme possono rappresentare<br />
un presidio territoriale di grande interesse per tutti, dai medici alle regioni,<br />
<strong>il</strong> come è un tema da guardare con maggiore attenzione e passa attraverso<br />
una razionalizzazione della legge nazionale ma anche un impegno più forte delle<br />
regioni per far leva sulla normativa esistente, sulla ottimizzazione delle risorse esistenti<br />
e sulla volontà di perseguire anche una maggiore appropriatezza nell’erogazione<br />
delle singole prestazioni.<br />
4.5 Attività motoria e promozione della salute nelle politiche europee<br />
Fausto Felli 5<br />
L’argomento che andremo ad affrontare riguarderà alcune tematiche che si<br />
stanno ordinatamente sv<strong>il</strong>uppando in ambito Europeo. Come tali vengono viste<br />
lontane e non connesse alle problematiche nazionali ma dobbiamo cominciare<br />
a considerarle vicine e strettamente connesse, man mano che <strong>il</strong> quadro di riferimento<br />
normativo europeo diventa un punto di riferimento per i 27 Stati. Infatti la<br />
Corte di Giustizia Europea solo lo scorso anno ha emanato 200 sentenze a favore<br />
dell’applicazione di quei principi che fanno dell’Europa non un’entità geografica<br />
ma un soggetto Normatore.<br />
A Bruxelles ci sarà tra breve una riunione del Comitato delle regioni dove verrà<br />
affrontato <strong>il</strong> tema della promozione della salute all’interno dei nuovi fondi di coesione.<br />
Ci sarà poi una riunione con <strong>il</strong> Presidente del parlamento europeo <strong>il</strong> quale<br />
ha preso in seria considerazione l’idea di inserire tutte le azioni della promozione<br />
5<br />
Presidente Istituto Italiano per la Qualità del Vivere<br />
138
Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la promozione della salute<br />
della salute all’interno di un’azione comunitaria sostenuta economicamente e in<br />
grado di dare un prof<strong>il</strong>o nuovo ai fondi di coesione.<br />
Tutto questo è stato preceduto da una serie di impegni e di atti primo fra tutti<br />
<strong>il</strong> libro verde sulla Health workforce in cui è scritto chiaramente che “la promozione<br />
della salute non è importante solo di per sé ma è importante perché essa<br />
consente di contenere i costi della spesa sanitaria”. Questa affermazione precedeva<br />
di due anni quella dell’Open Health Forum del 2010 dove si diceva nel<br />
documento finale che non è più a lungo accettab<strong>il</strong>e che ci sia un investimento<br />
del 97% per la Health Care e solo del 3% per la Health Promotion.<br />
Questo dibattito a livello europeo ha condotto ad un discorso di riconfigurazione<br />
dei sistemi sanitari. C’è un lavoro culturale, scientifico e politico che tenta di<br />
dimostrare la necessità ed opportunità di migliorare le performance sociali, fra le<br />
quali la salute in primis.<br />
Il prezzo che si paga ? Oltre che dover perdere tempo nei singoli paesi di appartenenza<br />
a parlare con “cinghiali” per dare un’idea della violenza del nulla,<br />
che non produce nulla, nei singoli paesi si è arrivati ad una sorta di situazione<br />
ambigua ed insostenib<strong>il</strong>e che è quella che “chi fa i tagli dei costi non conosce <strong>il</strong><br />
costo dei tagli”.<br />
Questa situazione insostenib<strong>il</strong>e sul piano della democrazia è invece ben sostenuta<br />
da una sostanziale ignoranza dei ruoli e delle responsab<strong>il</strong>ità, a vari livelli, per<br />
cui l’arte di cucinare e riscaldare i concetti all’infinito sta sostituendo l’arte del<br />
ragionare.<br />
Il ragionamento diventa oggi molto semplice perché l’Europa con i suoi 500 mln<br />
di abitanti ha deciso che la Health Promotion diventi un punto caratterizzante di<br />
quello che attualmente viene definito la European Public Health System caratterizzato<br />
da tre novità fondamentali:<br />
1. Non avere più un sistema a due gambe Farmaco-Ospedale ma avere un sistema<br />
a tre gambe rappresentato da Health Promotion-Farmaco-Ospedale;<br />
2. Individuare un soggetto attuativo di queste politiche evolute, che è stato<br />
individuato nelle regioni;<br />
3. Priv<strong>il</strong>egiare come metodologia per la formazione dei b<strong>il</strong>anci la bottom up<br />
planning cioè partire dalla ricognizione dei bisogni dal basso e poi pazientemente<br />
riannodare tutte queste notizie, come fa in nervo ottico con la retina,<br />
riunirle e farla diventare proposta di b<strong>il</strong>ancio.<br />
Con la globalizzazione in un’ora e mezzo di aereo possiamo lasciare un sistema<br />
(Italiano) che oltre ad ignorare tutto ciò sta affidando a coloro che hanno fatto i<br />
danni anche <strong>il</strong> compito di ripararli, manifestando <strong>il</strong>logicità, per entrare in Europa,<br />
139
Capitolo 4<br />
e penetrare le architetture e le tessiture di quello che lì possiamo senza vergogna<br />
definire “ragionamento”.<br />
Questa è una critica costruttiva volta a incentivare ad aprire gli occhi visto che<br />
“per guardare le punte delle scarpe non ci accorgiamo che ci sta attraversando<br />
un’astronave sopra la testa”.<br />
Come proposta concreta la direzione generale di DG SANCO, la commissione<br />
che si occupa del coordinamento dei 27 ministeri della salute dei 27 paesi, ha<br />
creato un gruppo di lavoro che si occupa della riconfigurazione dei sistemi sanitari<br />
nazionali.<br />
Questo gruppo di lavoro consta di 20 importanti esperti - di cui mi onoro di far<br />
parte nel ruolo di coordinatore di un network di 10 ASL con tre università, con<br />
FederSanità ANCI e con significativi contatti con Agenas, - che si sta occupando<br />
di declinare <strong>il</strong> concetto di Health Promotion.<br />
La prima cosa che è stata messa in luce è <strong>il</strong> concetto di promozione di salute su<br />
larga scala perché se non si introduce <strong>il</strong> termine di larga scala non si hanno le<br />
armi per entrare nei b<strong>il</strong>anci, dato che solo la larga scala pone in essere la visione<br />
quantitativa e ti obbliga a parlare di numeri.<br />
Il concetto benché espresso in forme autorevoli e br<strong>il</strong>lanti non è ut<strong>il</strong>izzab<strong>il</strong>e ai fini<br />
della modifica di nessun b<strong>il</strong>ancio. Le 10 ASL di cui 6 della Puglia, due del Lazio, 2<br />
dell’Em<strong>il</strong>ia Romagna hanno messo in piedi un modello dividendosi i compiti dove<br />
si parte dal cittadino auto produttore di salute, all’attività motoria somministrata<br />
su larga scala, alla nutrizione e alla riab<strong>il</strong>itazione immunitaria pensando alle terme<br />
come uno strumento per <strong>il</strong> mantenimento dello stato di salute.<br />
Rivendico, avendo partecipato alle audizioni parlamentari per la legge 323/2000<br />
di Riordino del Sistema Termale, di aver proposto e con soddisfazione di vedere<br />
accettato un emendamento riportato nell’Articolo 1, in cui si cita che “le terme<br />
sono riconosciute come strumento per <strong>il</strong> mantenimento della salute”.<br />
Questa sola frase può essere sufficiente per riconfigurare ancora una volta <strong>il</strong><br />
ruolo delle terme che attualmente è marginale, consegnato a quella monoprescrizione<br />
termale che non ha senso terapeutico e che non incide sulla spesa<br />
pubblica e fa del settore un settore altamente mortificato. L’Agenas ha ospitato<br />
l’idea di formare un gruppo di lavoro per assistere ed essere protagonista<br />
della declinazione completa del termine Health Promotion, visto che la esatta<br />
e puntuale interpretazione di questo principio varrà alle regioni che si candideranno<br />
ai fondi di coesione una sorta di priv<strong>il</strong>egio nell’ambito dell’acquisizione<br />
dei fondi.<br />
140
Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la promozione della salute<br />
La Regione Lazio, la Regione Puglia e la Regione Em<strong>il</strong>ia Romagna si stanno candidando<br />
per questo e ovviamente nel gruppo di riflessione con Agenas accoglieremo<br />
tutti i rappresentanti di quei settori cenerentola, nelle cui mani c’è l’attività<br />
e la possib<strong>il</strong>ità di svolgere un ruolo attivo nella Health Promotion e quindi di<br />
potersi candidare alle risorse Europee e verso una funzione nuova.<br />
Mi aspetto dunque che FederTerme ci faccia la richiesta di essere incluso in questo<br />
gruppo di lavoro e laddove questo avverrà la accoglieremo con grande<br />
gioia. Abbiamo provveduto oltre che all’elaborazione del modello, anche ad<br />
effettuare i preliminari formativi senza i quali nessuna cosa si potrà mai svolgere.<br />
È stato organizzato un master sulla Equity Health Manager, cioè <strong>il</strong> manager della<br />
salute, quella figura professionale che manca nelle ASL perché questa proposta<br />
di Health Promotion permane nei cassetti dei concetti e quindi la declinazione<br />
operativa è la fatica che va compiuta con calma e serenità.<br />
La Regione Puglia, ovvero l’Organismo Regionale per la Formazione in Sanità,<br />
diretto dal Prof. Felice Ungaro, proprio ieri ha avviato <strong>il</strong> primo corso per creare un<br />
dialogo fra dirigenti delle Asl, dirigenti dei servizi sociali e dei comuni, delle forze<br />
sociali e della medicina generale.<br />
Questo primo corso mira a sottolineare <strong>il</strong> fatto che oggi nessuno può sentirsi persona<br />
arrivata se riesce a svolgere anche nella maniera migliore le migliori azioni, ma<br />
può dirsi soddisfatto solo se riesce a essere promotore di interazioni ed integrazioni.<br />
La vera ricchezza e <strong>il</strong> vero valore aggiunto è proprio quello delle interazioni/integrazioni<br />
e con questo modello vorremmo portare in Europa non <strong>il</strong> lamento di<br />
chi vede nell’Europa qualcosa che deve darci qualcosa, ma chi vede nell’Europa<br />
qualcosa a cui noi dobbiamo dare qualcosa affinchè essa possa avere uno<br />
spessore ed un significato.<br />
Queste due esperienze risultano molto importanti: <strong>il</strong> network che coinvolge circa<br />
6mln di persone e ci consente di effettuare un buon lavoro per l’acquisizione dei<br />
dati, <strong>il</strong> master dove <strong>il</strong> Presidente del CUN Andrea Lenzi ha voluto lasciarci una testimonianza<br />
di grande vicinanza, perché questo passaggio da un sistema a due<br />
p<strong>il</strong>asti Farmaco-Ospedale ad un sistema a tre P<strong>il</strong>astri Health Promotion-Farmaco-<br />
Ospedale non è una prova muscolare dove chi ha o chi difende le situazioni di<br />
potere dovrà guerreggiare con chi attenta a questa situazione di potere.<br />
È invece previsto l’avvio di questo discorso di Health Promotion e con esso anche<br />
l’avvio di un processo culturale, scientifico, organizzativo e politico. Quando<br />
parlo di processo scientifico faccio riferimento alle ultime acquisizioni sui temi di<br />
acquisizione genica, attività telomerasica, ovvero si è visto che attività motoria e<br />
nutrizione possono incidere sulla performance del nostro DNA.<br />
141
Capitolo 4<br />
In questo abbiamo un dialogo con una società Europea di Genetica che ha<br />
visto in questa nuova dimensione di Health Promotion un campo d’azione formidab<strong>il</strong>e<br />
per ridonare alla faretra clinica quelle frecce che si sono ridotte a ben<br />
poche e a volte anche spuntate.<br />
Non ci turba la fatica della salita, la difficoltà nel seguire tante attività insieme<br />
perché i risultati ci sono e lo stesso Eurispes ha voluto aprire un settore dedicandolo<br />
a queste tematiche. Quindi siamo fiduciosi che con la forza del ragionamento<br />
e la dimostrazione dei passi che si fanno potremmo portare in Europa <strong>il</strong><br />
modello italiano che certamente ha tutti gli elementi per essere un modello di<br />
punta ed un modello evoluto.<br />
4.6 “Dieciannidivitainpiu”: un progetto aifa tra ospedale e territorio da proporre<br />
negli stab<strong>il</strong>imenti termali<br />
Domenico Caruso 6<br />
L’ipertensione arteriosa (IA) è, dopo l’artrosi, la malattia più diffusa nei paesi industrializzati.<br />
Secondo la Società Europea dell’Ipertensione ne è affetto almeno<br />
un terzo della popolazione,in Italia probab<strong>il</strong>mente oltre <strong>il</strong> 35% (oltre 21 m<strong>il</strong>ioni). Di<br />
questo numero enorme solo <strong>il</strong> 30-35% ha valori normalizzati di pressione ed <strong>il</strong> restante<br />
o non sa di essere iperteso o non riesce o non vuole controllare la malattia.<br />
L’IA è tra i più importanti fattori di rischio per le malattie cardiovascolari che rappresentano<br />
la prima causa di morte in Italia (ISTAT) e si prevede che resterà tale<br />
fino al 2050.<br />
Nel 2008 in Italia sono stati spesi (costi diretti ed indiretti) per questo tipo di patologia<br />
oltre 1 m<strong>il</strong>iardo ed 800 m<strong>il</strong>ioni di euro (ISTAT). Ci troviamo di fronte, quindi,<br />
ad un gravissimo problema sociale, morale ed economico e dobbiamo attuare<br />
tutte le strategie possib<strong>il</strong>i per contrastarlo, tenuto conto che l’allungamento della<br />
vita media, contribuisce, viceversa, ad appesantirlo.<br />
Sono tante le cause dell’insufficiente controllo della pressione e del mancato<br />
rispetto del piano igienico-terapeutico previsto per ciascun paziente: gli effetti<br />
collaterali dei farmaci 53,3%, l’inadeguatezza della terapia 34,1%,disponib<strong>il</strong>ità di<br />
nuovi farmaci 8,5%, varie 5% (Ambrosioni 2000), ma soprattutto la mancata adozione<br />
di corretti st<strong>il</strong>i di vita.<br />
Nel 2008 Redon sul Journal of Hypertension ha pubblicato un interessante lavoro<br />
sulle principali cause del mancato controllo pressorio indicando tra le più frequenti<br />
la prevenzione primaria inefficace, la mancata compliance, la difettosa<br />
percezione dl rischio,la mancanza di semplicità, <strong>il</strong> sovraccarico lavorativo dei<br />
medici, <strong>il</strong> peso insopportab<strong>il</strong>e dei servizi sanitari.<br />
6<br />
Direttore UOC struttura Complessa AORN Cardarelli Napoli<br />
142
Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la promozione della salute<br />
È necessario, evidentemente, individuare nel più breve tempo possib<strong>il</strong>e, nuove<br />
strategie, per aumentare <strong>il</strong> numero di ipertesi con pressione normalizzata e ridurre<br />
le complicanze cardio-vascolari.<br />
L’ampliamento dei rapporti tra “Territorio” ed Ospedale affidando a quest’ultimo<br />
solo i casi di ipertensione resistente e quelli che appaiono realmente collegati a<br />
severi problemi vascolari, con un occhio sempre aperto al controllo della spesa<br />
pubblica, è certamente un cardine di una nuova e più moderna organizzazione<br />
sanitaria.<br />
Un altro aspetto da sv<strong>il</strong>uppare necessariamente, è la messa a punto di un sistema<br />
che convinca gi ipertesi a migliorare ed a correggere le proprie abitudini di<br />
vita. Da questa necessità è partito <strong>il</strong> Centro per la diagnosi e la terapia dell’ipertensione<br />
dell’ospedale Cardarelli di Napoli sin dal 2001, che nel 2003 ha creato<br />
un percorso da far compiere agli ipertesi per migliorare le conoscenze sulla<br />
malattia ed a rafforzare in loro la necessità di curarsi non solo con i farmaci ma<br />
soprattutto migliorando lo st<strong>il</strong>e di vita. Nel 2007, grazie alla collaborazione con <strong>il</strong><br />
Centro di Biotecnologie dello stesso ospedale e l’istituto Mario Negri Sud è stato<br />
organizzato un programma ambizioso chiamato “dieciannidivitainpiu”. Presentato<br />
alla Regione Campania tra i progetti della Legge 5, è stato approvato con<br />
delibera regionale ed è stato attuato grazie alla collaborazione determinante<br />
dei medici di Medicina Generale di Benevento. Avendo ottenuto soddisfacenti<br />
risultati (riportati successivamente) nel 2008 <strong>il</strong> progetto è stato ampliato a tutta la<br />
Regione Campania, grazie ad un finanziamento AIFA che evidentemente ne ha<br />
condiviso l’ut<strong>il</strong>ità.<br />
L’obiettivo primario di questo studio è la riduzione dei valori della pressione arteriosa<br />
attraverso le modificazioni dello st<strong>il</strong>e di vita. Gli obiettivi secondari sono: riduzione<br />
degli eventi avversi cardiovascolari e cerebrali, riduzione del numero delle<br />
specialità farmaceutiche adoperate e/o del dosaggio (compliance), riduzione<br />
del passaggio a farmaci differenti, riduzione degli accessi al pronto soccorso<br />
ed agli studi dei medici di medicina generale. Sono stati arruolati nel primo progetto<br />
regionale 147 pazienti nel gruppo Intervento (I) e 132 nel gruppo controllo<br />
(C). Tutti i pazienti hanno comp<strong>il</strong>ato un questionario sulla qualità e sulle abitudini<br />
dello st<strong>il</strong>e di vita a tempo 0 ed alla fine. I pazienti del gruppo I dopo 90 giorni<br />
dall’arruolamento sono stati divisi per gruppi non superiori alle 20 unità ed invitati<br />
a partecipare ad un focus group della durata di due ore. Dopo tre mesi hanno<br />
partecipato ad un role-playng e dopo altri 90 giorni ad un incontro libero di altre<br />
due ore. I focus ed i role-playng sono stati introdotti da personale esperto (medici,<br />
farmacisti, biologi). Sono stati registrati i farmaci assunti da tutti a tempo 0 ed<br />
alla fine e le eventuali complicanze cardiovascolari. I pazienti che alla fine del<br />
programma hanno ridotto la terapia sono <strong>il</strong> 28,6% nel gruppo I ed <strong>il</strong> 9,8 nel C; non<br />
ha apportato variazioni terapeutiche <strong>il</strong> 63,3 del gruppo I ed <strong>il</strong> 50% del C,l’8,2%<br />
del gruppo ha aumentato la terapia, <strong>il</strong> 40,9 del gruppo C. nel gruppo I c’è stata<br />
una riduzione della spesa media di 4,03€ per mese pro capite e nel gruppo C un<br />
aumento di 6,8€ per mese pro capite.<br />
143
Capitolo 4<br />
È in corso lo studio finanziato dall’AIFA e ci vorrà un po’ di tempo per analizzarne<br />
i risultati, per altro non ancora completi. I pazienti arruolati son circa 2900 e ne<br />
mancano altri 800 per arrivare al target previsto per avere risultati che abbiano<br />
una significatività statistica attendib<strong>il</strong>e.<br />
Dalla nostra esperienza appare chiaro che al paziente dovrebbe essere fornito<br />
un chiaro razionale sulla necessità del trattamento, che sia consono alla sua percezione<br />
di malattia. Le sue specifiche preoccupazioni dovrebbero essere esplicitate<br />
e gestite insieme. Per fac<strong>il</strong>itare l’aderenza è necessario costruire una buona<br />
relazione con <strong>il</strong> paziente (ab<strong>il</strong>ità comunicative ed empatia), conoscere le sue<br />
convinzioni e le sue preoccupazioni circa la malattia e <strong>il</strong> trattamento, stab<strong>il</strong>ire<br />
insieme finalità, priorità e metodi del trattamento, coinvolgere <strong>il</strong> paziente nella<br />
gestione della malattia, individuare le risorse e i limiti del paziente monitorare l’efficacia<br />
dei trattamenti insieme alle loro ricadute sulla qualità della vita.<br />
È evidente che <strong>il</strong> programma va esteso ad un numero sempre maggiore di pazienti<br />
per verificarne ulteriori aspetti che potrebbero sfuggire nel corso dell’attuale<br />
indagine. Quale platea, per approfondire questa valutazione, può essere<br />
migliore offerta dia clienti delle terme italiane? Chi va a curarsi in uno dei tanti e<br />
prestigiosi istituti termali italiani, è evidentemente interessato alla propria salute<br />
e durante la cura è certamente molto r<strong>il</strong>assato e ben disposto ad affrontare tematiche<br />
semplici ma efficaci per la propria salute. Proporre un percorso relativo<br />
all’informazione salute in cui <strong>il</strong> paziente, attraverso focus e role-playng, non è più<br />
soggetto passivo ma protagonista della gestione della problematica, potrebbe<br />
rappresentare un miglioramento della qualità, già altissima, dell’offerta termale<br />
e anche un occasione importante per avvicinare <strong>il</strong> paziente al problema della<br />
gestione dell’ipertensione arteriosa. Il paziente si sentirebbe coinvolto direttamente<br />
in un processo decisionale in cui la scelta è affidata esclusivamente a se<br />
stesso e non più adottata con accettazione perché imposta dal medico a da<br />
altri addetti ai lavori. Egli avrebbe la possib<strong>il</strong>ità, in un ambiente sereno quali sono<br />
le Terme italiane, di imparare e di capire <strong>il</strong> perché di scelte di vita che altrimenti<br />
potrebbero risultargli ost<strong>il</strong>i e richiamare alla loro memoria Molieré che si domandava:<br />
a che serve vivere da malati per morire sani? Ovviamente la mia, è una<br />
proposta sintetizzata al massimo, in questa sede, che prima di essere attuata<br />
dovrà essere verificata sia sotto l’aspetto scientifico che in quello organizzativo,<br />
attraverso un confronto con i Vertici della Società delle Terme, per <strong>il</strong> quale sin<br />
da questo importante consesso nazionale, do la disponib<strong>il</strong>ità mia personale e di<br />
tutto <strong>il</strong> gruppo di lavoro che rappresento. Bisogna adottare rapidamente soluzioni<br />
che non tengano più conto soltanto dell’opzione farmacologica, sgradita al<br />
paziente e sicuramente dispendiosa, ma che facciano capire a tutti i vantaggi<br />
che derivano dal miglioramento dello st<strong>il</strong>e di vita e dal rispetto di semplici norme<br />
igienico alimentari, che non costano nulla e che ci fanno guadagnare anni di<br />
buona salute.<br />
144
Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la promozione della salute<br />
4.7 La fondazione per la ricerca scientifica termale (forst) e la medicina generale:<br />
progetti possib<strong>il</strong>i<br />
Mauro Vaccarezza 7 , Marco Vitale 8<br />
FoRST (Fondazione per la Ricerca Scientifica Termale) è attivamente impegnata<br />
nella rivalutazione su basi scientifiche della medicina termale per un r<strong>il</strong>ancio del<br />
settore nel nuovo m<strong>il</strong>lennio collaborando con enti, istituzioni nazionali e internazionali<br />
e con le principali associazioni mediche italiane, inclusa la FIMMG (Federazione<br />
Italiana Medici di Famiglia)<br />
La categoria del benessere è intrinsecamente legata ai concetti di qualità della<br />
vita e di salute.<br />
Essa include:<br />
1. gli aspetti oggettivi che concorrono nel determinare buone condizioni di vita<br />
(stato di salute, la qualità dell’ambiente, sicurezza, lavoro, condizione socioeconomica,<br />
accessib<strong>il</strong>ità dei servizi)<br />
2. gli aspetti soggettivi che riguardano la percezione della propria situazione particolare.<br />
Riguardo al concetto di salute, l’OMS ormai da tempo sostiene la non corrispondenza<br />
dello stato di salute con la semplice assenza di malattia, considerandolo<br />
invece uno stato di benessere più generale, fisico, psichico e sociale.<br />
Le terme sono state storicamente una fonte di benessere e di rimedio a patologie<br />
di varia natura. L’impiego di acque termali per idroterapia era diffuso nel bacino<br />
del Mediterraneo fin dall’antichità. In particolare, i Romani trasformarono <strong>il</strong> termalismo<br />
da strumento di cura a strumento di benessere attraverso la realizzazione di<br />
Thermae pubbliche su tutto <strong>il</strong> territorio dell’impero.<br />
Le maggiori di esse erano una vera e propria istituzione sociale, con biblioteche,<br />
sale per riunioni, palestre: erano cioè un vero e proprio “luogo di benessere” in<br />
senso moderno.<br />
Oggi è sempre più attuale <strong>il</strong> passaggio da un concetto statico di salute inteso<br />
meramente come assenza di malattia ad un concetto dinamico di salute, legato<br />
agli st<strong>il</strong>i di vita e alle iniziative volte a modificarli a seconda delle esigenze e delle<br />
circostanze; allo stesso modo lo stab<strong>il</strong>imento termale, già moderno ai tempi dei<br />
7<br />
Professore Associato presso <strong>il</strong> Dipartimento di Anatomia, Farmacologia e Medicina Forense, Università di<br />
Parma, Parma e del Dipartimento di Scienze Motorie e della Salute, Università di Cassino, Cassino (FR)<br />
8<br />
Preside Vicario Dipartimento di Anatomia, Farmacologia e Medicina Forense, Università di Parma, Parma<br />
Coordinamento Scientifico, FoRST, Federterme, Roma<br />
145
Capitolo 4<br />
Romani, estende oggi la propria caratteristica esclusivamente terapeutica e abbraccia<br />
un concetto più ampio che non esclude la terapia ma che introduce<br />
lo stab<strong>il</strong>imento termale in un percorso dinamico di salute e di benessere, in altre<br />
parole di medicina preventiva.<br />
Il termalismo oggi va infatti inquadrato non solo in termini di efficacia terapeutica<br />
ma anche di prevenzione e contrasto attivo alla “medicalizzazione” degli st<strong>il</strong>i di<br />
vita (con una importante valenza economica, visti i potenziali risparmi per <strong>il</strong> Sistema<br />
Sanitario Nazionale).<br />
In che modo <strong>il</strong> mondo sanitario e della ricerca biomedica possono contribuire a<br />
validare e a promuovere questo nuovo e più ampio ruolo del termalismo?<br />
Da un lato la Comunità Europea ha riconosciuto alla Medicina Termale lo status<br />
di specializzazione a tutti gli effetti; dall’altro nel nuovo ordinamento italiano della<br />
Facoltà di Medicina è stab<strong>il</strong>ito fra gli obiettivi formativi qualificanti che i laureati<br />
in Medicina e Chirurgia dovranno essere dotati “….. delle capacità di analizzare<br />
l’ut<strong>il</strong>ità di metodologie preventive e terapeutiche basate sull’attività motoria,<br />
sull’uso della medicina termale e delle altre forme di intervento legate alla cosiddetta<br />
medicina del benessere.” All’uopo è previsto un nuovo ambito disciplinare,<br />
la “Medicina delle attività motorie e del benessere”, che comprende discipline<br />
quali medicina interna, cardiologia, malattie dell’apparato respiratorio, endocrinologia,<br />
metodi e didattiche delle attività motorie e sportive, scienze tecniche<br />
mediche applicate.<br />
Se da un lato sono state introdotte queste novità riguardo alla formazione culturale<br />
del laureato in Medicina e Chirurgia ed alla formazione post-laurea, la comunità<br />
biomedica si pone anche <strong>il</strong> tema della validazione scientifica del termalismo terapeutico.<br />
Anche se probab<strong>il</strong>mente la prassi termalistica non si sarebbe conservata<br />
per tanti secoli se non si fosse rivelata empiricamente efficace, tuttavia oggi nessuno<br />
potrebbe ragionevolmente negare che la storia non rappresenti di per sé un<br />
mezzo di dimostrazione scientifica. Perciò oggi <strong>il</strong> termalismo è ben deciso a recuperare<br />
<strong>il</strong> proprio ruolo di promozione del benessere, essenzialmente attraverso due<br />
strumenti: l’interazione costruttiva con le Autorità sanitarie e la ricerca scientifica.<br />
Nello specifico, l’interazione con le autorità sanitarie prende spunto dalla legge<br />
italiana di riordino del settore (l. 24 ottobre 2000, n. 323) che nel suo articolo 6<br />
prevede <strong>il</strong> coinvolgimento e la collaborazione delle aziende termali per la realizzazione<br />
di programmi di ricerca scientifica, di r<strong>il</strong>evazione statistico-epidemiologica<br />
e di educazione sanitaria, mirati ad obiettivi di interesse sanitario generale. È altresì<br />
specificato che le Regioni nella realizzazione dei programmi di cui sopra si avvalgono<br />
delle Università, degli Enti e degli Istituti di ricerca specializzati per lo svolgimento<br />
e la supervisione tecnico-scientifica.<br />
146
Termalismo e medicina generale nella rete dei servizi territoriali per la promozione della salute<br />
In questo nuovo scenario si inserisce l’attività scientifica della Fondazione per la<br />
Ricerca Scientifica Termale (FoRST) quale ente finanziatore di progetti di ricerca<br />
selezionati mediante peer-review da panels di esperti internazionali, oltre che<br />
promotore di iniziative scientifiche quali congressi e contatti con le altre realtà<br />
scientifiche europee e mondiali (FEMTEC, WHO).<br />
Questa recente internazionalizzazione e razionalizzazione del processo di allocazione<br />
dei fondi per la ricerca termale si basa su un crescente bisogno di qualità<br />
scientifica, di obiettività di giudizio e di conduzione appropriata della ricerca<br />
scientifica che è alla base dell’attendib<strong>il</strong>ità e riproducib<strong>il</strong>ità dei dati clinico-scientifici.<br />
FoRST si è dotata di un comitato scientifico a maggioranza straniera e di una<br />
consistente lista di esperti stranieri per poter ottemperare agli obiettivi di qualità<br />
sopra menzionati. La procedura di applicazione per i bandi è solo in inglese (su<br />
una piattaforma elettronica) e può essere rivolta sia a tematiche di scienze di<br />
base (riguardanti essenzialmente l’azione e le componenti chimiche attive delle<br />
acque minerali) sia a tematiche di ricerca clinica. I criteri ut<strong>il</strong>izzati per la valutazione<br />
anonima delle proposte sono internazionalmente riconosciuti e standardizzati,<br />
e vanno dall’ottemperanza dei requisiti di ammissione, alla qualità scientifica<br />
e fattib<strong>il</strong>ità del progetto ed alla sua portata innovativa, alla qualità scientifica del<br />
proponente, alla appropriatezza dei fondi richiesti.<br />
Ciascun progetto è monitorato in itinere e nel risultato finale in termini di pubblicazioni<br />
scientifiche.<br />
Inoltre FoRST collabora attivamente con Associazioni ed Enti europei e mondiali<br />
(FEMTEC, WHO) a vari fini, che vanno da un programma con <strong>il</strong> WHO di metaanalisi<br />
della letteratura scientifica riguardante la medicina termale – peraltro<br />
molto più ricca di quanto, in modo spesso poco documentato, non si ritenga<br />
comunemente - fino all’ottimizzazione di una lista di parole chiave per la ricerca<br />
sui database disponib<strong>il</strong>i oggi.<br />
Questo ingente di lavoro di rivalorizzazione della medicina termale è di indubbio<br />
impatto anche per la medicina generale, intesa come la prima interfaccia fra<br />
<strong>il</strong> mondo sanitario e <strong>il</strong> soggetto che fruisce delle prestazioni del sistema sanitario:<br />
una maggiore formazione e una maggiore consapevolezza del termalismo<br />
moderno da parte del giovane medico e del medico di famiglia è sicuramente<br />
auspicab<strong>il</strong>e e va proprio nella direzione di poter coinvolgere <strong>il</strong> mondo termale<br />
già dall’inizio nelle scelte terapeutiche del medico, secondo criteri di appropriatezza.<br />
In proposito, è allo studio anche una cartella clinica standardizzata su<br />
supporto informatico delle prestazioni termali intesa a servire come iniziale indice<br />
per verificare le indicazioni delle terapie termali e che potrà in futuro essere ut<strong>il</strong>izzata<br />
proprio dalla comunità scientifica dei medici di famiglia come database<br />
delle prestazioni stesse. Una maggiore consapevolezza del medico di famiglia,<br />
147
Capitolo 4<br />
un maggiore controllo sulla qualità della prestazione termale erogata selettivamente<br />
per le patologie per le quali vi sia una solida base scientifica, con regole<br />
sicure e una chiare normative, rappresentano in sintesi <strong>il</strong> futuro del termalismo<br />
terapeutico.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
Falagas M.E., Zarkadoulia E., Rafa<strong>il</strong>idis P.I. (2009), The therapeutic effect of balneotherapy: evaluation<br />
of the evidence from randomised controlled trials. Int J Clin Pract. 63, pp.1068–1084.<br />
Gutenbrunner C, Bender T, Cantista P, Karagülle Z. (2010), A proposal for a worldwide definition of<br />
health resort medicine, balneology, medical hydrology and climatology. Int J Biometeorol. 54, pp.<br />
495-507. Epub 2010 Jun 9.<br />
Vaccarezza M., Vitale M. (2010), Crenotherapy: a neglected resource for human health now reemerging<br />
on sound scientific concepts. Int J Biometeorol. 54, pp. 491-3. Epub March 29.<br />
148
CAPITOLO 5<br />
Seminari paralleli<br />
5.1 Governo clinico e banche dati nell’esperienza campana<br />
5.1.1 Alleanza per <strong>il</strong> diabete: studio sulla gestione integrata del diabete Mellito in<br />
Campania<br />
Giovanni Arpino 1 , Umberto De Cam<strong>il</strong>lis 2<br />
Lo studio è nato per iniziativa della Società italiana di Medicina Generale (SIMG),<br />
della AMD – Associazione Medici Diabetologi e del Consorzio di Cooperative<br />
Mediche “Campania Medica” che fornisce <strong>il</strong> supporto organizzativo e logistico,<br />
la sua Banca Dati e la collaborazione/partecipazione dei 474 MMG soci afferenti<br />
alle nove Società di Servizi che hanno dato la loro disponib<strong>il</strong>ità.<br />
I dati dell’indagine riguardano una popolazione di circa 682.000 cittadini campani<br />
con una prevalenza di pazienti diabetici pari a 7,43% (ben 45.389 soggetti<br />
diagnosticati).<br />
Lo studio è scaturito dalla esigenza di indagare le ragioni della più alta incidenza,<br />
nell’Italia del sud rispetto al resto del Paese, di eventi cerebro - cardiovascolari<br />
di cui Ipertensione arteriosa, Obesità e st<strong>il</strong>i di vita errati sono indiscutib<strong>il</strong>mente responsab<strong>il</strong>i<br />
ma dei quali, in misura certamente superiore, sono responsab<strong>il</strong>i i danni<br />
generati nell’organismo dalla malattia diabetica e dalla dislipidemia che spessissimo<br />
ad essa si associa. Al fine di conseguire questo obiettivo SIMG e AMD,<br />
dunque, hanno inteso focalizzare l’analisi sullo studio della gestione del Diabete<br />
Mellito nell’Area dell’Assistenza Primaria. È stato individuato come documento<br />
da ut<strong>il</strong>izzare per la realizzazione del Progetto, denominato “Alleanza per <strong>il</strong> Diabete”,<br />
<strong>il</strong> data base del MMG generato dalla cartella clinica M<strong>il</strong>lewin, <strong>il</strong> processo<br />
di osservazione/valutazione è stato incardinato sull’esame di novanta indicatori<br />
relativi alla malattia diabetica e alle patologie concomitanti. È stato stab<strong>il</strong>ito un<br />
cronogramma che ha consentito una analisi retrospettiva dei dati al tempo 0<br />
reiterab<strong>il</strong>e per gli indicatori di processo a sei mesi dall’inizio del progetto e ad un<br />
anno per la valutazione di tutti gli outcomes (indicatori di processo e di esito) per<br />
tutta la durata dello studio stab<strong>il</strong>ita in due anni. Contestualmente è stato distribuito<br />
ai 474 Medici di MG arruolati <strong>il</strong> testo delle Linee Guida aggiornate per <strong>il</strong> trattamento<br />
complessivo del Diabete Mellito e al cronogramma della produzione dei<br />
1<br />
Presidente Cooperativa Co.Me.Gen - Responsab<strong>il</strong>e settore ricerca consorzio Campania Medica – Consigliere<br />
Nazionale ANCoM<br />
2<br />
Medico di Medicina Generale SIMG Napoli<br />
149
Capitolo 5<br />
report (congegnati in modo di permettere al singolo MMG di valutare la propria<br />
performance per ciascuno dei novanta indicatori rispetto a quella dei colleghi<br />
della sua cooperativa e a quella dell’intera popolazione di Medici partecipanti),<br />
è stato fatto coincidere quello della attività didattica condotta con la metodica<br />
dell’audit di gruppo (revisione tra pari) effettuata insieme ai diabetologi<br />
dell’AMD operanti sullo stesso territorio dei MMG.<br />
Come per altre iniziative del Consorzio Campania Medica e SIMG Campania è<br />
stato attivato anche per “alleanza per <strong>il</strong> diabete” un percorso di ECM ispirato ai<br />
criteri dello Sv<strong>il</strong>uppo Professionale Continuo che, se monitorato e supportato per<br />
<strong>il</strong> futuro dal Servizio Sanitario Regionale, potrebbe contribuire in modo positivo e<br />
rapido a ridurre gli eventi cardiovascolari in ambito regionale, migliorare la qualità<br />
di vita dei cittadini e ridurre in termini drastici i sensib<strong>il</strong>i problemi di sostenib<strong>il</strong>ità<br />
economica del Sistema di erogazione delle cure in Campania.<br />
L’intero iter formativo viene autorizzato e supportato dal Board Scientifico<br />
composto da SIMG, AMD e Consorzio Campania Medica che, dopo attenta<br />
valutazione delle criticità emergenti dall’analisi dei dati e della compliance<br />
complessiva dei MMG al protocollo dello studio, mette in atto le strategie più<br />
opportune per comprenderne entità e natura e, se possib<strong>il</strong>e, correggerle.<br />
Le tematiche trattate nei corsi e negli incontri fin qui espletati sono state le<br />
seguenti:<br />
• Criteri diagnostici del diabete mellito<br />
• Epidemiologia del diabete mellito e storia naturale della patologia<br />
• Ricerca dei soggetti a rischio di diabete (questionario di Thuom<strong>il</strong>eto)<br />
• Ritardo di diagnosi del diabete mellito (diagnosi precoce)<br />
• Variab<strong>il</strong>ità glicemica<br />
• Attualità della terapia del diabete mellito (st<strong>il</strong>i di vita e terapia farmacologica)<br />
• Inerzia terapeutica<br />
• La prevenzione delle complicanze croniche<br />
I risultati fin qui ottenuti, sono molto incoraggianti, e la qualità dei dati nelle<br />
estrazioni effettuate nel corso dei primi dieci mesi di vita dell’iniziativa, già<br />
lasciano intravedere che gli eventi formativi fin qui organizzati hanno determinato<br />
un netto miglioramento delle performances che, si spera, possa tradursi<br />
progressivamente in una migliore gestione della patologia diabetica.<br />
Naturalmente sarà lo studio degli outcomes finali costituiti, come si è già detto,<br />
da una minor incidenza di complicanze, dalla riduzione di eventi cerebro<br />
e cardio-vascolari e dei ricoveri per complicanze, a determinare <strong>il</strong> successo<br />
dell’iniziativa. Crediamo, tuttavia, di poter sostenere che <strong>il</strong> Progetto Alleanza<br />
150
Seminari paralleli<br />
per <strong>il</strong> diabete porterà in ogni caso una cascata di conseguenze positive che<br />
schematizziamo come segue:<br />
Vantaggi per l’utente<br />
• miglior efficacia clinica<br />
• accesso più fac<strong>il</strong>e ai diversi livelli assistenziali, in funzione dello stato di salute<br />
• migliore qualità della vita<br />
Vantaggi per l’Amministratore<br />
• integrazione tra i diversi livelli assistenziali<br />
• razionalizzazione delle risorse<br />
• miglior qualità delle cure<br />
• maggior soddisfazione dell’utente<br />
Vantaggi per <strong>il</strong> MMG<br />
• maggior professionalità<br />
• modello per la gestione e cura di altre patologie croniche<br />
• incentivazione<br />
Vantaggi per lo specialista Diabetologo<br />
• riduzione carico di lavoro improprio<br />
• riconoscimento attività specialistica<br />
• acquisizione di nuove funzioni<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
American Diabetes Association (2010), Standards of Medical Care in Diabetes. Diabetes Care; 33<br />
(Suppl. 1).<br />
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AMD-SID-SIMG Commissione Nazionale (2001), L’assistenza al paziente diabetico: Raccomandazioni<br />
cliniche e organizzative di AMD-SID-SIMG. UTET, Torino.<br />
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dell’Assistenza alle persone con Diabete nelle Regioni Italiane). Istituto Superiore di Sanità, Roma.<br />
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Torino.<br />
Giusti A, Gawronski O, Maggini M.(2007), La gestione integrata del diabete. Risultati di una indagine<br />
qualitativa sulla percezione e i bisogni informativi ISTAT - Istituto Italiano di Statistica. Annuario<br />
Statistico Italiano.<br />
Lombardo F, Sp<strong>il</strong>a Alegiani S, Maggini M, et al. (2007), Prevalenza e incidenza delle complicanze<br />
del diabete: studio DAI. Istituto Superiore di Sanità, Roma.<br />
Maggini M, Raschetti R, Giusti A, et al. (2008), Requisiti informativi per un sistema di gestione integrata<br />
del diabete mellito di tipo 2 nell’adulto. Il Pensiero Scientifico Editore, Roma.<br />
Istituto Superiore di sanità e Agenzia per i servizi Sanitari Regionali (2004), PNLG: come produrre,<br />
diffondere e aggiornare raccomandazioni per la pratica clinica. Manuale Metodologico.<br />
Progetto IGEA. (2008), Gestione integrata del diabete mellito di tipo 2 nell’adulto. Il Pensiero Scientifico<br />
Editore, Roma.<br />
151
Capitolo 5<br />
5.2 La gestione del paziente iperteso tra ospedale e territoriio<br />
5.2.1 Gli errori nell’approccio alle emergenze ipertensive<br />
Alfonso Ilardi 3<br />
Introduzione<br />
Un’ Ipertensione Severa (PAS 180, PAD 110) è di frequente riscontro nella pratica<br />
clinica «1» (Shayne, 2003, p.516). Tuttavia solo in una piccola percentuale di<br />
questi pazienti (< dell’1% di tutti gli accessi in Pronto Soccorso) si concretizza una<br />
reale Emergenza Ipertensiva «2» (Feldstein, 2007, p.135), condizione in cui <strong>il</strong> repentino<br />
incremento dei valori pressori si associa a danno d’organo acuto. Pertanto le<br />
Emergenze Ipertensive si configurano come condizioni minacciose per la vita, tali<br />
da richiedere un tempestivo intervento terapeutico, indifferib<strong>il</strong>mente attraverso la<br />
somministrazione di farmaci per via endovenosa «3» (Rodriguez, 2010, p.102).<br />
Eppure, la gestione terapeuticamente aggressiva dell’Ipertensione Severa rimane<br />
una pratica diffusa, nonostante i rischi potenziali ad essa correlati: al di fuori di una<br />
reale Emergenza, la brusca caduta pressoria può favorire insulti ischemici renali,<br />
cerebrali, miocardici «4» (Cherney, 2002; p. 937).<br />
La discrepanza tra dato epidemiologico e condotta terapeutica è in parte favorita<br />
da quella che potremmo definire la questione terminologica.<br />
La categorizzazione delle cosiddette Crisi Ipertensive (JNC-V, 1993) e la differenziazione<br />
in tale ambito delle Urgenze dalle Emergenze (in base alla assenza/presenza<br />
di un danno d’organo acuto degli organi bersaglio) ha indubbiamente <strong>il</strong> pregio di<br />
individuare due differenti percorsi gestionali, ma non è del tutto scevra da critiche.<br />
In particolare, <strong>il</strong> termine di Urgenza, per quell’idea evocata di pericolo più o meno<br />
imminente, può sollecitare <strong>il</strong> medico al raggiungimento di un rapido decremento<br />
pressorio «5» (Chobanian, 2003, p.1235). Inoltre, negli ultimi anni, alcuni Autori hanno<br />
incominciato ad ut<strong>il</strong>izzare in modo sinonimico i termini di Crisi/Emergenza «6»<br />
(Stewart, 2006, 614), altri ancora hanno introdotto <strong>il</strong> termine di Pseudo-Urgenza per<br />
descrivere quelle elevazioni pressorie severe, ma “non critiche”, suscettib<strong>il</strong>i di una<br />
rapida gestione già in Pronto Soccorso «7» (Sch<strong>il</strong>laci, 2000, 80).<br />
Rialzo Pressorio Semplice<br />
Sulla scia della classificazione proposta da Soldini e coll. «8» (Migneco, 2004,<br />
p.144) appare più opportuno diversificare, nell’ambito dei Rialzi Pressori, quelli<br />
3 Dirigente Medico Medicina d’urgenza U.O.C. Azienda Ospedaliera Cardarelli Napoli<br />
152
Seminari paralleli<br />
semplici (non complicati da danno d’organo acuto/cronico ed assim<strong>il</strong>ab<strong>il</strong>i alle<br />
Pseudo-Urgenze) dalle Crisi Ipertensive propriamente dette (rialzi pressori complicati).<br />
Un Rialzo Pressorio Semplice può inscriversi lungo <strong>il</strong> decorso di un’ipertensione<br />
cronica pre-esistente in assenza di complicanze d’organo obiettivab<strong>il</strong>i (ipertensione<br />
severa non complicata) oppure rappresentare un evento isolato e comunque<br />
transitorio in soggetti non ipertesi (ipertensione severa transitoria). Queste<br />
condizioni sono secondarie ad eventi stressogeni, capaci di evocare una tipica<br />
reazione di allarme, caratterizzata, tra l’altro, da un’elevazione dei valori pressori<br />
sisto-diastolici «9» (Slovis, 2008, p. S7). Oltre che da stimoli esogeni (conflittualità<br />
psico-sociale), tale reazione può essere suscitata da stimoli endogeni (vertigini,<br />
dolore, epistassi), vissuti dal soggetto come situazioni di pericolo e dunque<br />
potenzialmente minacciose, nonché dal riscontro occasionale di elevati valori<br />
pressori in corso di r<strong>il</strong>evazione domic<strong>il</strong>iare – pratica sempre più diffusa non solo tra<br />
i pazienti ipertesi «10» (Lenti S, 2008, p.24).<br />
Tra tutti gli eventi citati, l’epistassi è certamente quello che desta <strong>il</strong> grado maggiore<br />
di apprensione nel paziente e nei suoi fam<strong>il</strong>iari. Tuttavia, nonostante le dimensioni<br />
del problema, che interessa, almeno una volta nella vita, circa <strong>il</strong> 60%<br />
per cento della popolazione generale, solo <strong>il</strong> 6% di tutte le epistassi necessita di<br />
un fattivo intervento medico «11» (Pope, 2005, 309) Le possib<strong>il</strong>e cause possono<br />
essere suddivise in locali, prevalentemente traumatiche e flogistico-irritative e<br />
generali (emopatie, epatopatie, nefropatie, farmaci). In una piccola percentuale<br />
dei casi, l’epistassi può essere secondaria al brusco rialzo pressorio. Ed in<br />
questi casi, invariab<strong>il</strong>mente, si manifesta come epistassi posteriore, secondaria<br />
cioè alla lacerazione di vasi della porzione posteriore del setto, ed in particolare<br />
dell’arteria nasale, che è un ramo della sfenoplatina. Rappresentando un’emergenza<br />
medica, l’epistassi posteriore richiede un rapido intervento terapeutico<br />
comprensivo di tamponamento posteriore. Al tempo stesso perché questa evenienza<br />
possa realizzarsi è necessario che <strong>il</strong> nostro paziente sia un iperteso di vecchia<br />
data, ovvero che si siano già affermati quei processi di rimaneggiamento<br />
in senso sclerosante che giustifichino la lacerazione della parete vascolare sotto<br />
l’onda d’urto dell’elevazione pressoria.<br />
Tuttavia la maggior parte degli eventi emorragici che giungono alla nostra osservazione<br />
si configura come epistassi anteriore, a partenza cioè dai rami terminali<br />
delle arterie palatine, delle arterie etmoidali, e dell’arteria sfenopalatina, che<br />
decorrono nello strato sottomucoso della porzione anteriore del setto, formando<br />
<strong>il</strong> cosiddetto plesso di Kisselbach «11» (Pope, 2005,309). In questi casi l’emorragia<br />
può essere agevolmente fronteggiata con la semplice pressione ed eventualmente<br />
con <strong>il</strong> tamponamento anteriore. Nelle evenienze suddette, così come<br />
nei bruschi incrementi pressori da conflittualità psico-sociale, una riduzione, fino<br />
153
Capitolo 5<br />
alla normalizzazione, dei valori sisto-diastolici, è obiettivab<strong>il</strong>e già nel corso di una<br />
seconda r<strong>il</strong>evazione (dopo 20-30 m’) e può eventualmente essere agevolata<br />
(soggetti non-responders) dalla somministrazione di ansiolitici e/o dalla rimozione<br />
delle cause scatenanti <strong>il</strong> rialzo pressorio (dolore) «1» (Shayne, 2003, p.519).<br />
Crisi Ipertensive: Urgenze Ed Emergenze<br />
Al contrario, nelle Crisi Ipertensive, l’elevazione severa dei valori pressori si associa<br />
sempre a danno d’organo, benché tra i due sottoinsiemi (Urgenze-Emergenze)<br />
esistano profonde differenze in termini di patogenesi, approccio terapeutico, prognosi<br />
e gestione complessiva.<br />
Nelle Urgenze, <strong>il</strong> rialzo pressorio, generalmente sub-acuto, è costantemente associato<br />
a sintomi. Il paziente può lamentare cefalea gravativa, dispnea o anche dolore<br />
toracico, spesso a carattere puntorio. Sebbene i medesimi eventi stressogeni,<br />
precedentemente riferiti, possano favorirne l’affioramento, l’anamnesi ci propone<br />
un preciso prof<strong>il</strong>o del paziente tipo: iperteso di vecchia data con danno d’organo<br />
cronico «12» (Elliot, 2006, p.316) clinicamente manifesto oppure latente (microalbuminuria,<br />
ispessimento intimo-mediale, ipertrofia ventricolare sinistra), in terapia<br />
medica domic<strong>il</strong>iare (frequentemente discontinuata nelle ultime settimane o sottodosata)<br />
«13» (Tisdale, 2004, 423), poco aderente alle prescrizioni igienico-dietetiche,<br />
frequentemente in sovrappeso «14» (Saguner, 2010, p.778; Tisdale, 2004, p.).<br />
Per queste ragioni, <strong>il</strong> paziente con un’urgenza ipertensiva necessita di un livello di<br />
attenzione maggiore e di un percorso assistenziale diversificato rispetto ai pazienti<br />
con Rialzo Pressorio Semplice. Alcuni Autori suggeriscono una riduzione graduale<br />
dei valori pressori nell’arco delle 24 ore attraverso la somministrazione già in Pronto<br />
Soccorso di farmaci short-acting somministrati per os, benché i dati della letteratura,<br />
non evidenzino sostanziali differenze prognostiche tra i pazienti trattati in Pronto<br />
Soccorso rispetto a quelli dimessi in terapia farmacologica domic<strong>il</strong>iare «5,7» (Chobanian,<br />
2003, p.1235; Sch<strong>il</strong>laci, 2000, p.80). In ogni caso è assolutamente controindicata<br />
la somministrazione di nifedipina sublinguale, che promuovendo riduzioni<br />
non prevedib<strong>il</strong>i dei valori pressori può favorire l’insorgenza a breve termine di insulti<br />
ischemici a carico di encefalo e miocardio «2» (Feldstein, 2007, 136).<br />
Più complesso <strong>il</strong> discorso relativo alle emergenze ipertensive, perché<br />
a. <strong>il</strong> paziente è sintomatico (deficit di lato, cefalea, diplopia, amaurosi, distress<br />
respiratorio, dolore toracico tipico/atipico, insufficienza renale acuta);<br />
b. una parte delle emergenze ipertensive può insorgere in soggetti non ipertesi:<br />
pre-eclamsia, emergenze secondarie a glomerulonefrite acuta o all’assunzione<br />
di sostanze psicotrope (cocaina) «2,15» (Feldstein, 2007, p.135; Slama,<br />
2006, p.280);<br />
154
Seminari paralleli<br />
c. <strong>il</strong> livello assoluto di pressione non è vincolante: ovvero altri elementi oltre <strong>il</strong> livello<br />
pressorio condizionano <strong>il</strong> significato clinico e prognostico e, tra questi,<br />
l’età del paziente, la rapidità con cui si afferma <strong>il</strong> rialzo pressorio ed <strong>il</strong> contesto<br />
anatomico in cui si struttura <strong>il</strong> danno d’organo «16» (Marik, 2007, 1951).<br />
E proprio in base a quest’ultimo elemento è possib<strong>il</strong>e individuare <strong>il</strong> cosiddetto livello<br />
critico di pressione (soglia terapeutica), ovvero <strong>il</strong> livello di pressione a partire dal<br />
quale è necessario avviare <strong>il</strong> trattamento terapeutico. Pertanto se nella maggior<br />
parte delle Emergenze Ipertensive <strong>il</strong> livello critico di pressione si inscrive al disopra<br />
dei 180 (PAS) e/o dei 110 (PAD), nelle emorragie cerebrali <strong>il</strong> medesimo livello scende<br />
a 160 di PAS (al di sopra di questo limite aumenta l’incidenza di re-bleeding),<br />
mentre nella dissezione aortica la soglia terapeutica si abbassa ulteriormente a<br />
120 (PAS) «12» (Elliot, 2006, p.318). Considerazioni diametralmente opposte devono<br />
essere fatte per lo stroke ischemico: nelle aree in penombra ischemica <strong>il</strong> flusso è<br />
largamente dipendente dalla pressione di perfusione, sicché una caduta troppo<br />
rapida della PAM nelle prime 24 ore può favorire l’allargamento dell’area ischemica<br />
ed <strong>il</strong> cosiddetto Deterioramento Neurologico Precoce. Pertanto in questa categoria<br />
di pazienti si consiglia di non somministrare alcun farmaco fino a quando<br />
la PAD non superi i 120 mmHg o la PAS i 220 mmHg, sempre che non sussistano le<br />
indicazioni per un intervento trombolitico «17» (Adams, 2007, p.1670)<br />
Patogenesi Del Danno D’organo Acuto<br />
Il brusco aumento dei valori pressori può evidentemente determinare danni diretti<br />
a carico del miocardio e delle pareti vascolari, come ad esempio si verifica nella<br />
dissezione aortica; ma un peso ancora maggiore assumono i cosiddetti effetti indiretti<br />
promossi dal coinvolgimento endoteliale e quindi potenzialmente ubiquitari.<br />
È possib<strong>il</strong>e ipotizzare che l’elevazione repentina della PAM determini, attraverso lo<br />
stiramento delle superfici endoteliali, una riprogrammazione metabolico-funzionale<br />
dell’endoteliocito con secondario sb<strong>il</strong>anciamento del metabolismo dell’acido<br />
arachidonico verso la sintesi dei trombossani. L’aumento dell’aggregab<strong>il</strong>ità piastrinica,<br />
in uno con l’accentuata permeab<strong>il</strong>izzazione della barriera endoteliale, condurrebbe<br />
alla deposizione di fibrina nel microcircolo ed alla costituzione di stop<br />
trombotici, concorrendo a delineare un’atmosfera ipossica tissutale «16» (Marik,<br />
2007, p.1950). Quest’ultima, a sua volta, attraverso la liberazione di citokine proflogogene,<br />
promuoverebbe, in un circolo vizioso, l’ulteriore incremento delle Resistenze<br />
Vascolari Periferiche «18» (LaMarca, 2007, p.70).<br />
Inoltre, nel soggetto cronicamente iperteso, bisogna tener conto della perdita da<br />
parte delle arteriole, in particolare a livello encefalico, della capacità di adeguare<br />
<strong>il</strong> proprio calibro alle variazioni pressorie (arteriolo-costrizione se la pressione au-<br />
155
Capitolo 5<br />
menta, arteriolo-d<strong>il</strong>atazione se diminuisce) «12» (Elliot, 2006, p.318). Tale capacità<br />
di autoregolazione si esprime nel soggetto cronicamente iperteso in un range<br />
compreso tra 110 e 180 mmHg. Ciò significa che se in questi pazienti interveniamo<br />
aggressivamente per riportare la PAM in un range di normalità, al di sotto del limite<br />
di autoregolazione, la perfusione si riduce, fino a diventare inadeguata rispetto al<br />
fabbisogno metabolico «1» (Shayne, 2003, p.516)<br />
Trattamento delle emergenze ipertensive<br />
Per le ragioni su espresse, gli esperti suggeriscono, con le eccezioni precedentemente<br />
sollevate a proposito dello stroke, di ridurre la PAM del 20-25% entro le prime<br />
due ore attraverso la somministrazione di farmaci per via endovenosa; successivamente,<br />
a paziente emodinamicamente stab<strong>il</strong>e i valori pressori dovrebbero essere<br />
ulteriormente ridotti a 160/100 mmHg entro la 6^ ora ed infine ulteriormente ridotti<br />
entro le 24-48 ore «5» (Chobanian, 2003, 1235).<br />
Ma con quali farmaci perseguire <strong>il</strong> decremento pressorio desiderato?<br />
Tra i cosiddetti inibitori adrenergici, <strong>il</strong> labetalolo è ancor oggi <strong>il</strong> più usato; mentre tra<br />
i vasod<strong>il</strong>atatori, accanto ai più recenti fenoldopam, clevidipina, enalapr<strong>il</strong>ato, <strong>il</strong> nitroprussiato<br />
e soprattutto la nitroglicerina (da evitare in caso di accertata o anche<br />
solo sospetta emorragia intracranica), continuano ad essere ampiamente ut<strong>il</strong>izzati,<br />
sebbene alcuni Autori considerino attualmente i nitroderivati come farmaci di<br />
seconda scelta «3» (Rodriguez MA, 2010, 104).<br />
Inoltre capita spesso che ai farmaci convenzionali si associno i diuretici dell’ansa<br />
(furosemide), che andrebbero invece riservati ai pazienti con reale sovraccarico<br />
di <strong>volume</strong> (EPA), tenendo conto che nella maggior parte delle Emergenze, ad<br />
esempio nello stroke sia ischemico che emorragico, <strong>il</strong> paziente è spesso <strong>volume</strong><br />
contratto «2 » (Feldstein, 2007, p. 136)<br />
Conclusioni<br />
Le cause più frequenti di errore nell’approccio alle EI possono essere schematizzate<br />
nel modo seguente:<br />
1. Errori legati a diagnosi inappropriata (ritardo diagnostico):<br />
a. inadeguatezza della r<strong>il</strong>evazione<br />
b. sottostima del/dei sintomi di presentazione (cefalea)<br />
c. sottostima dei livelli pressori alla presentazione (<strong>il</strong> livello di pressione non è<br />
tutto);<br />
156
Seminari paralleli<br />
2. Errori legati a terapia inappropriata:<br />
a. ut<strong>il</strong>izzo di farmaci short-acting per via orale (riduzione inadeguata della<br />
PAM nelle prime due ore)<br />
b. ut<strong>il</strong>izzo inappropriato di farmaci per e.v (nitroglicerina nell’emorragia ce<br />
rebrale: può incrementare la pressione endocranica)<br />
c. miscelazione inadeguata degli stessi (la nitroglicerina, ad esempio, non<br />
dovrebbe essere somministrata in sacche di polivin<strong>il</strong>e, in quanto <strong>il</strong> cloruro<br />
di polivin<strong>il</strong>e tende ad assorbire <strong>il</strong> farmaco in modo non prevedib<strong>il</strong>e con<br />
inevitab<strong>il</strong>i sottodosaggi e parziale vanificazione degli effetti terapeutici)<br />
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5.3 La comunicazione al paziente e i cambiamenti dello st<strong>il</strong>e di vita<br />
Daniela Scala 4<br />
La tutela della salute, quale bene personale e bene sociale, è una responsab<strong>il</strong>ità<br />
che coinvolge sia <strong>il</strong> singolo, sia la collettività. Obiettivo comune è la promozione di<br />
4<br />
Farmacista- Centro di Biotecnologie A.O. Cardarelli, Counselor Dipartimento di Patologia Generale e dell’Invecchiamento,<br />
A.O. Cardarelli, Napoli<br />
157
Capitolo 5<br />
uno st<strong>il</strong>e di vita sano, mantenendo un adeguato livello di benessere fisico, psichico<br />
e sociale e sv<strong>il</strong>uppando la consapevolezza che la salvaguardia della salute va<br />
perseguita in modo partecipativo e integrato, non solo curando la malattia, ma<br />
soprattutto prevenendo situazioni e comportamenti favorenti <strong>il</strong> verificarsi di stati<br />
patologici o di disagio. In questa visione, che comporta la modifica dei ruoli delle<br />
figure che interagiscono nello scenario del “Sistema Salute”, nonché degli obiettivi<br />
e delle strategie di intervento, <strong>il</strong> contributo del Medico di Medicina Generale<br />
assume particolare r<strong>il</strong>evanza, soprattutto nella gestione di patologie in cui entrano<br />
in gioco molteplici fattori di rischio legati a st<strong>il</strong>i comportamentali non adeguati. La<br />
capacità del medico di impostare <strong>il</strong> rapporto con l’utente come una vera e propria<br />
“relazione di aiuto”, mantenendo costantemente “viva” la comunicazione e<br />
l’interazione, rappresenta nella medicina di famiglia <strong>il</strong> cardine fondamentale per<br />
ottenere risultati efficaci.<br />
Perché <strong>il</strong> medico di famiglia sia in grado di instaurare con i suoi “assistiti” un approccio<br />
olistico, che consideri “<strong>il</strong> sintomo” come la risultante dell’interazione dinamica<br />
di molteplici forze e processi biologici, psicologici e sociali, non è necessario istituire<br />
nuove specializzazioni, ma è sufficiente sensib<strong>il</strong>izzare e formare i medici ai principi<br />
base e alle ab<strong>il</strong>ità del counselling, quale intervento da applicare nella relazione di<br />
aiuto professionale (1). Il bagaglio conoscitivo, tecnico-pratico è premessa fondamentale,<br />
ma non sufficiente: l’accoglienza, l’ascolto attivo, l’empatia cognitiva<br />
e emotiva, le ab<strong>il</strong>ità e le strategie relazionali, nonché la conoscenza e l’applicazione<br />
dei principi e dei passi fondamentali specifici dell’intervento di counselling<br />
dovrebbero avere pari spazio nella cultura e nella formazione di ogni medico (2).<br />
In particolare l’apprendimento/perfezionamento di conoscenze teorico-pratiche<br />
sul counselling può rappresentare un valore aggiunto alla competenza professionale,<br />
un’opportunità per attuare interventi non improvvisati dal punto di vista relazionale,<br />
ma piuttosto ispirati a principi e strategie comunicative “standardizzate”,<br />
mantenendo sempre vivo <strong>il</strong> calore e l’intensità della relazione umana. Interventi<br />
attenti e professionali non solo per ciò che riguarda i contenuti, ma anche per<br />
quanto riguarda i processi comunicativi, molto spesso sono gestiti esclusivamente<br />
attraverso la buona volontà, la disponib<strong>il</strong>ità o <strong>il</strong> rischio personale (3).<br />
Il superamento del modello di tipo paternalistico-direttivo impone, infatti, un coinvolgimento<br />
del singolo in un rinnovato approccio relazionale in cui le regole della<br />
relazione non possono essere più dettate dall’”esperto”, ma devono essere di volta<br />
in volta modulate con la persona che a lui si rivolge.<br />
Lo scopo del counselling è valorizzare e riattivare <strong>il</strong> contatto con risorse dell’individuo<br />
per rendere possib<strong>il</strong>i scelte e cambiamenti in situazioni percepite come diffic<strong>il</strong>i<br />
dalla persona stessa, nel pieno rispetto dei suoi valori e delle sue capacità di autodeterminazione.<br />
L’intervento di counselling si fonda sull’ascolto, <strong>il</strong> supporto e su<br />
principi peculiari ed è caratterizzato dall’ut<strong>il</strong>izzo da parte del counsellor di qualità<br />
158
Seminari paralleli<br />
personali, di conoscenze specifiche, nonché di ab<strong>il</strong>ità e strategie comunicative<br />
e relazionali finalizzate all’attivazione e alla riorganizzazione delle risorse personali<br />
dell’individuo.<br />
Le ab<strong>il</strong>ità di counselling richiedono:<br />
• Interesse per <strong>il</strong> paziente e i suoi problemi<br />
• Le capacità di comprendere e di usare <strong>il</strong> linguaggio del paziente<br />
• La comprensione del perché <strong>il</strong> paziente faccia esperienza di certe difficoltà<br />
• Uso dell’ascolto attivo (comprendere la struttura interna di riferimento del paziente).<br />
Saper ascoltare <strong>il</strong> contenuto della comunicazione verbale e paraverbale<br />
e saper osservare aspetti e manifestazioni della comunicazione non verbale.<br />
Tale ab<strong>il</strong>ità fac<strong>il</strong>ita la creazione di una relazione efficace, premessa per una futura<br />
alleanza terapeutica. Serve a dimostrare interesse e ad aiutare l’interlocutore<br />
a parlare per meglio comprendere i suoi bisogni, le sue esigenze e necessità<br />
• Periodico parafrasare e riassumere gli elementi essenziali delle interazioni<br />
• Uso sensib<strong>il</strong>e e tempestivo delle domande<br />
• Autocontrollo e pazienza per permettere al paziente di procedere con <strong>il</strong> proprio<br />
ritmo<br />
• Empatia: capacità di identificarsi con <strong>il</strong> paziente senza farsi travolgere emotivamente<br />
dai suoi problemi. Saper entrare nello schema di riferimento dell’altro, nel<br />
“mondo” dell’altro “come se” fosse <strong>il</strong> proprio, per poter capire le sue richieste e<br />
i suoi bisogni. “Come se” va evidenziato e sottolineato in quanto per essere empatici<br />
non si può e non si deve confondere <strong>il</strong> “mondo” dell’altro con <strong>il</strong> proprio,<br />
con <strong>il</strong> rischio di perdere l’obiettività necessaria per un intervento efficace.<br />
• Capacità di usare la comunicazione non verbale in maniera adeguata per<br />
incoraggiare <strong>il</strong> paziente a parlare<br />
• Capacità di rendere <strong>il</strong> paziente fiducioso nella sua possib<strong>il</strong>ità e capacità di<br />
trovare e applicare la giusta soluzione ai suoi problemi.<br />
• Capacità di indagine (questioning sk<strong>il</strong>ls – capacità di chiedere):informazioni<br />
dal paziente al sanitario saper porre domande scegliendo la tipologia più adeguata<br />
in base alla fasi del colloquio: domande aperte, chiuse o ipotetiche.<br />
• I comportamenti di ciascuno di noi sono condizionati da ciò che abbiamo<br />
sempre fatto e siamo convinti di dover continuare a fare, e da ciò che temiamo<br />
di vedere succedere se tentassimo di cambiare. Se <strong>il</strong> medico non tiene<br />
conto di questi fondamentali ostacoli al cambiamento, finisce per parlare di<br />
un mondo che non ha nulla a che vedere con quello che <strong>il</strong> paziente considera<br />
<strong>il</strong> suo mondo, e di dare indicazioni del tutto valide e corrette ma assolutamente<br />
intraducib<strong>il</strong>i in termini di comportamento.(4,5).<br />
Poiché col paziente è necessario comunicare, e le comunicazioni (comunicare<br />
significa mettere in comune) non avvengono nel vuoto bensì all’interno di una<br />
relazione, una qualche relazione bisogna pur costruirla: non sarà una relazione<br />
159
Capitolo 5<br />
amichevole o affettiva classica, ma una relazione terapeutica. Una comunicazione<br />
capace di costruire relazioni valide implica non solo lo stare a sentire, che<br />
già non sarebbe male, ma anche una compartecipazione, una condivisione,<br />
una reciprocità; tutto ciò richiede la capacità di mettersi, per quanto possib<strong>il</strong>e,<br />
nei panni dell’altro; è quella che si chiama empatia: non ci si mette nei panni<br />
dell’altro perché si è buoni, ma perché questo è <strong>il</strong> modo di intuire cosa significhi<br />
per l’altro ciò che diciamo e facciamo, e di conseguenza quanto gli sarà possib<strong>il</strong>e<br />
fare, accettare, accogliere e quanto non è al momento in grado di reggere. Mettersi<br />
nei panni dell’altro non significa dirsi “cosa farei io, se fossi lui. Ma al contrario,<br />
cercare di vedere le cose dal suo punto d vista, a partire da quello che sappiamo<br />
di lui (6,7). Gli studi sull’impatto che i trattamenti terapeutici hanno sulla qualità<br />
della vita del paziente spingono a passare dall’approccio riparativo centrato sulla<br />
malattia all’approccio centrato sulla persona, ossia dal “curare al prendersi cura”<br />
(8,9). Per effettuare questo passaggio, non si può prescindere da un’adeguata<br />
attività di formazione alle ab<strong>il</strong>ità di counselling per tutto <strong>il</strong> personale sanitario.<br />
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5.4 Residenzialità e domic<strong>il</strong>iarità: <strong>il</strong> ruolo della cooperazione<br />
5.4.1 L’esperienza della regione Piemonte<br />
Enrico Chiara 5<br />
La sanità territoriale è l’ambito in cui <strong>il</strong> mondo medico entra di più in contatto<br />
con quello della “Salute”, vale a dire con l’irregolarità propria di ogni soggetto,<br />
individuo, persona, comunità, società, luogo, tutti accomunati dalla ricerca del<br />
5<br />
Presidente Cooperativa FO.QU.S. Torino<br />
160
Seminari paralleli<br />
proprio “benessere” visto ora come “non-malattia”, ora come “soddisfazione”,<br />
“auto-adempimento”, “felicità”.<br />
In un settore come <strong>il</strong> nostro, legato indissolub<strong>il</strong>mente al mondo biologico ed umano,<br />
caratterizzato da molteplicità ed<br />
unicità, ogni paradigma finisce con l’essere, perciò, puramente teorico, in quanto<br />
autoreferenziale e irrealizzab<strong>il</strong>e, ponendosi come riferimento rigido a fronte di un<br />
contesto per sua natura continuamente mutevole.<br />
Limitatamente alla Medicina di Famiglia nel suo insieme, credo che noi possiamo<br />
godere di un contesto legislativo nazionale di eccellenza, pur se in presenza di<br />
ovvie differenze locali: e per quel che concerne, nello specifico, la domic<strong>il</strong>iarità, mi<br />
viene da dire come in Italia non vi sia un deficit normativo importante, anzi! Eppure<br />
sappiamo benissimo che le “cure a casa” sono ancora un problema, che non vi è<br />
uniformità di proposta, che l’applicazione della legge trova eccessive variegature<br />
per lo più limitative, sino a delineare una sostanziale ineguaglianza fra cittadini a<br />
fronte di un dovere di cura che si presupporrebbe uguale per tutti nel suo essere<br />
“diritto costituzionale” e “legge” o “norma” per Decreto o Convenzione.<br />
La ragione di questa difformità credo stia proprio nella premessa, vale a dire che<br />
la sostanza operante di un servizio non sia data dalla legge o dalla norma, a cui,<br />
peraltro, tendiamo a far costante riferimento e a cui si tenta comunque di uniformarsi,<br />
quanto dai contesti operativi, che non vanno perciò visti in modo negativo<br />
o neutro come semplici “fattori di interferenza” o “contenitori”, ma come elementi<br />
costitutivi, sostanziali, agenti, ed essi stessi intimamente interconnessi con ciò che<br />
riteniamo essere proprio di una legge, vale a dire “un contenuto” e “un valore”.<br />
Siamo cioè in presenza di un insieme in cui non sono disgiungib<strong>il</strong>i un “contenuto”<br />
da un “contenitore”, in quanto sistema tipicamente “a rete”, e di un tipo particolare<br />
di rete, quale è un network globale, aperto, libero.<br />
Per considerare l’importanza dei contesti porto ad esempio alcune situazioni<br />
presenti nella città che conosco meglio, Torino, esempi in parte tratti da lavori<br />
dell’Osservatorio Epidemiologico Regionale, in parte da lavori compiuti dal Politecnico<br />
di Torino oltre ad alcune fotografie relative ad interventi compiuti sulla<br />
città.<br />
161
Capitolo 5<br />
Figura A<br />
Nella Figura A si può vedere come i fattori di deprivazione (qui non rappresentati<br />
per l’intera città) e la mortalità non siano uniformemente distribuiti su tutto un<br />
territorio cittadino, pur presentando fra loro una stretta correlazione. La difformità<br />
diventa ancora più importante se si considera, poi, che all’interno di aree critiche,<br />
vi siano zone comunque priv<strong>il</strong>egiate ed altre assai critiche, al punto da far<br />
attribuire a tutta la zona un significato di complessivo svantaggio.<br />
Figura B<br />
In questo caso (Fig. B) è evidente come un intervento di recupero urbano abbia<br />
modificato profondamente l’aspetto di un territorio, sostituendo delle raccolte di<br />
olii di produzione industriale con un’area verde, adibita successivamente a parco<br />
e in parte, area abitativa. Questo intervento è da considerarsi a tutti gli effetti<br />
in grado di migliorare non solo l’aspetto di uno spazio urbano o di cambiarne in<br />
positivo le caratteristiche, ma di migliorare la salute di quel territorio, globalmente<br />
intesa.<br />
Allo stesso modo, le case che negli anni della forte industrializzazione ospitarono<br />
l’immigrazione di massa (Fig. C), sono oggi zone abitative priv<strong>il</strong>egiate, in cui gli<br />
spazi abitab<strong>il</strong>i sono ripartiti fra appartamenti, aree verdi, zone di ricreazione e<br />
aree per l’infanzia.<br />
162
Seminari paralleli<br />
Mentre qualche dubbio sorge su alcune<br />
costruzioni sorte in seguito alle Olimpiadi<br />
Invernali (Fig. D), nonostante gli sforzi compiuti<br />
per renderle più gradevoli e di stimolo<br />
alla creazione di legami sociali, a differenza<br />
di quanto si è fatto per <strong>il</strong> centro storico<br />
(Fig. E) che, da zona fortemente deprivata,<br />
con abitazioni fatiscenti, ospitanti fasce di<br />
cittadinanza “diffic<strong>il</strong>e” e soggetti neoimmigrati<br />
da Paesi Extraeuropei si è trasformata<br />
in zona di riunioni, incontri, vita comunitaria.<br />
Appare cioè evidente che non può essere<br />
considerato di pari r<strong>il</strong>evanza per natura<br />
dell’impegno, qualità di prestazione, quantità<br />
delle risorse umane, strutturali, economiche<br />
l’operare in zone tanto diverse, sia<br />
da un punto di vista “orogeografico”, che<br />
viario dei trasporti, che socioeconomico o<br />
culturale.<br />
In questo senso non si può prescindere, almeno<br />
nel momento applicativo, di passare<br />
dall’astrazione di una legge alla creazione<br />
di percorsi specifici, sorretti da procedure<br />
idonee, non limitandosi a massimizzare l’offerta,<br />
quanto, piuttosto, a individualizzare <strong>il</strong><br />
più possib<strong>il</strong>e gli interventi, adattandoli alla<br />
realtà in cui si opera.<br />
Del resto non possiamo ignorare come tutta<br />
la nostra azione, lo si voglia o no, si compia<br />
all’interno di un sistema biologico, di cui<br />
facciamo parte e con cui continuamente<br />
ci troviamo a doverci relazionare. Questo<br />
sistema si caratterizza per non essere deterministico, gerarchico, meccanico, prevedib<strong>il</strong>e<br />
ma, invece, governato dall’impredicib<strong>il</strong>ità e dall’indeterminazione. Ciò che<br />
possiamo tentare di prevedere è soltanto quello che riusciamo a collocare in spazi<br />
e tempi “corti”, con relazioni semplici e variab<strong>il</strong>i possib<strong>il</strong>i minime.<br />
La rete dei sistemi di cura primaria ricalca fedelmente l’immagine delle reti complesse.<br />
È pertanto una pia <strong>il</strong>lusione pretendere di ricondurne l’azione alla semplice<br />
applicazione di standard legislativi generali.<br />
Questi saranno ut<strong>il</strong>i per dare una certa “struttura” al sistema complessivo, favorendo<br />
o meno <strong>il</strong> crearsi di suoi legami interni, ma non riusciranno a determinarne mai l’esito<br />
163
Capitolo 5<br />
finale, che resta <strong>il</strong> “compiuto incompleto” di un processo circolare di continuo cambiamento,<br />
evoluzione, modificazione.<br />
Nel mondo dei Sistemi di cura, e a maggior ragione se nel senso del “care”,<br />
là dove più elementi disparati vengono ad interagire relazionalmente, dinamicamente,<br />
evolutivamente all’interno di un’identica struttura e organizzazione,<br />
<strong>il</strong> risultato finale in termini di struttura ed organizzazione non sarà pertanto<br />
sempre prevedib<strong>il</strong>e e controllab<strong>il</strong>e, né sempre semplice espressione della<br />
somma algebrica dei singoli fattori che sembrano comporlo. Oltre a ciò non<br />
va trascurato <strong>il</strong> fatto che <strong>il</strong> “modello biologico”, vale a dire <strong>il</strong> modello complesso,<br />
presuppone anche una possib<strong>il</strong>ità aggiuntiva, della non netta separazione<br />
fra “tutto” e “parti”: in ogni parte vi sarebbe, cioè una rappresentazione<br />
dell’insieme, così come l’insieme accoglierebbe in sé la totalità delle parti. Se<br />
questo è vero anche nel mondo del “divenire storico” dei Sistemi, un evento<br />
può generare non solo altri eventi diversi, del tutto imprevedib<strong>il</strong>i, nell’ambito<br />
di tutto <strong>il</strong> sistema, seguendo una logica ad “effetto farfalla”, dove comunque<br />
esiste una consequenzialità spazio-temporale, ma può ritrovare un’immediata<br />
risonanza in qualche punto anche remotissimo del sistema, secondo una<br />
logica di contemporaneità e specularità, in qualche modo “astorica” (effetto<br />
olografico), ricreando simultaneamente in remoto lo stesso fenomeno che<br />
viene localmente osservato.<br />
E visto che siamo in un ambito di cooperazione medica attuata da Medici di<br />
Famiglia, <strong>il</strong> rischio più grande è che, a fronte di gravi carenze strutturali dovute<br />
a un “difetto di sistema”, l’organizzazione della domic<strong>il</strong>iarietà si trasformi,<br />
finendo con <strong>il</strong> non identificandosi più nella Medicina Generale ma in quella<br />
ospedaliera (o in quella privata): a fronte di una normativa che peraltro offre<br />
al territorio tutte le opportunità possib<strong>il</strong>i per attuare una buona “cura a casa”,<br />
integrata o programmata, <strong>il</strong> fatto stesso che in certe realtà si affermino fortemente<br />
progetti di ospedalizzazione a domic<strong>il</strong>io, a volte sponsorizzati da privati,<br />
disposti a investire sull’ospedale e non sul territorio, ci deve pure indurre a<br />
riflettere sulla capacità di offerta che <strong>il</strong> territorio è in grado di elaborare o sui<br />
riconoscimenti (anche pubblici) che è in grado di attrarre. Questo non solo<br />
come offerta di servizio alla persona, ma come offerta di un servizio intesa<br />
164
Seminari paralleli<br />
quale entità organizzata e strutturata in grado di sv<strong>il</strong>uppare valenze di significato<br />
economico, dove investitori privati, e specialmente investitori legati allo<br />
studio ed all’applicazione di nuove tecnologie, possano trovare incentivi e<br />
ut<strong>il</strong>ità nell’erogazione di finanziamenti per attività di ricerca o di servizio.<br />
Ciò premesso, non resta che cercare di condurre <strong>il</strong> centro della nostra attenzione<br />
dalle norme ai contesti, dal mondo dei principi a quello delle esperienze. E da<br />
uomini di scienza come siamo, dobbiamo cercare di rispondere a due grandi<br />
esigenze solo in apparenza contrapposte, l’una della verificab<strong>il</strong>ità, senza la<br />
quale non potremmo stab<strong>il</strong>ire nessun criterio di appropriatezza, l’altro della confutab<strong>il</strong>ità,<br />
senza la quale non potremmo procedere ad alcuna ricerca efficace.<br />
Da una parte, cioè, dovremmo procedere a verificare quanto i principi trovino<br />
applicab<strong>il</strong>ità nel mondo reale, e dall’altra avere coscienza che esiste sempre<br />
una possib<strong>il</strong>ità “diversa”, non calata dal principio, non obbediente al paradigma,<br />
non soggetta a verifica, una possib<strong>il</strong>ità critica, che bisogna sapere cogliere<br />
ed accettare.<br />
Quali le conseguenze pratiche che potremmo, allora, derivarne?<br />
Innanzitutto compiere una volta per tutte <strong>il</strong> passaggio da un concetto di sistema<br />
sanitario focalizzato sulla malattia ad un sistema di salute, di cui quello sanitario<br />
fa parte, in integrazione con altri sotto-sistemi, tutti centrati sull’aspetto “positivo”<br />
della salute, priv<strong>il</strong>egiando l’educazione, la prevenzione, l’iniziativa, l’autocoscienza.<br />
Là dove la malattia è insorta, un sistema di salute non si limita a fornire<br />
prestazioni strumentali ma mette in atto anche le risorse personali degli operatori,<br />
oltre che quelle dei vari “care-giver”, le reti fam<strong>il</strong>iari, amicali o di assistenza pubblica<br />
e privata.<br />
165
Capitolo 5<br />
Sanità - malattia<br />
valore monetario concetto ut<strong>il</strong>itaristico prevalenza<br />
aspetti quantitativi rapporto costo/beneficio<br />
Sanità - salute<br />
valore economico di beni non monetizzab<strong>il</strong>i<br />
aspetti qualitativi<br />
concetto personalistico rapporto costo/<br />
valore<br />
strumenti (uso)<br />
costo sociale, personale, benessere, soddisfazione<br />
appropriatezza normativa aspetto prescrittivo<br />
dai percorsi ai protocolli<br />
etica percorsi<br />
linee guida condivise<br />
standard di erogazione<br />
standard di tutela/<br />
assicurazione<br />
medico= erogatore prestazioni<br />
medico=promotore attivo di salute,<br />
fattore di innovazione, co-protagonista<br />
del sistema<br />
In questo senso la “sanità a casa” diventa un esempio estremo di co-partecipazione<br />
tecnica, relazionale, organizzativa. Occorre però contestualizzare l’offerta di<br />
servizi, far prevalere gli aspetti qualitativo-relazionali, agire a sostegno di operatori<br />
e care-giver formali o informali (rinforzo motivazionale, enpowerment), non cadendo<br />
nell’errore di considerare la sanità primaria solo sotto l’aspetto dell’erogazione,<br />
ma anche sotto quello, più complesso, della tutela/assicurazione: <strong>il</strong> benessere<br />
sociale ed individuale, la creazione di condizioni favorevoli alla conservazione,<br />
recupero, sv<strong>il</strong>uppo delle ab<strong>il</strong>ità, <strong>il</strong> rinforzo e lo stimolo all’espressione delle proprie<br />
attitudini, la funzione di ascolto, narrazione, aderenza rispetto all’adozione di st<strong>il</strong>i<br />
di vita sani non hanno niente a che vedere con l’assioma medico=erogatore là<br />
dove le risorse erogate sono intese non come risorse endogene, umane, personali,<br />
che <strong>il</strong> medico mette a disposizione, ma risorse esogene, strumentali, “di sistema”,<br />
che <strong>il</strong> medico ut<strong>il</strong>izza e consuma.<br />
Per dirla diversamente, anche nel caso dell’assistenza domic<strong>il</strong>iare a pazienti in condizioni<br />
fisiche gravemente compromesse, la funzione del Medico di Famiglia non<br />
può essere considerata solo in quanto erogatore di un servizio da valutarsi i termini<br />
di appropriatezza prescrittiva, ma come elemento attivo di una serie di economie<br />
positive non sempre immediatamente monetizzab<strong>il</strong>i e comunque valutab<strong>il</strong>i<br />
ut<strong>il</strong>izzando indicatori specifici non-standard. Dovremmo quindi cercare di partire<br />
dalle cose come sono, fotografare la realtà senza necessariamente incanalarla in<br />
166
Seminari paralleli<br />
obiettivi “attesi” e “precodificati”. Non partire, cioè, da una definizione predefinita<br />
e arbitraria di “buona pratica”. Ciò che può sembrare a un osservatore remoto<br />
una pratica scorretta, a un Attore che la vive, può sembrare la migliore possib<strong>il</strong>e e<br />
tante volte lo può anche essere. Di nuovo, le “buone pratiche” dovrebbero trovare<br />
definizione in relazione ai contesti operativi e non a quelli teorici e paradigmatici<br />
dei riferimenti normativi generali. Anzi, è proprio dagli eventuali “scostamenti” che<br />
si possono trarre idee, insegnamenti, proposte. Dovremmo quindi passare dall’indicazione<br />
all’ascolto, dalla proposizione alla ricerca. Da percorsi lineari a percorsi<br />
processuali, sottoposti sempre a valutazioni e finalizzati al miglioramento continuo.<br />
Le azioni da compiere dovrebbero quindi consistere in una ridefinizione degli obiettivi<br />
(da obiettivi “di servizio/esito” a obiettivi “di processo”), valutando anche gli<br />
“esiti intermedi” e non solo l’output/outcome finale; in una definizione di nuovi indicatori<br />
che tengano conto non solo dell’esito ma anche dell’”input”(valorizzandone<br />
le caratteristiche) e considerino i contesti (le “matrici”), le relazioni, i flussi, le caratteristiche<br />
dei singoli “nodi” di rete; nel non ragionare in termini ut<strong>il</strong>itaristici di<br />
semplice costo/beneficio, ma in termini personalistici, valorizzando la dimensione<br />
soggettiva del benessere fisico, psichico, relazionale sia degli operatori che degli<br />
utenti; nell’effettuare momenti di periodica valutazione, considerare le possib<strong>il</strong>ità<br />
di correzione, tendere al miglioramento continuo anche attraverso meccanismi<br />
“premianti” e non solo “sanzionatori”.<br />
Tutto ciò porta ad identificare <strong>il</strong> “beneficio” non solo rispetto all’efficacia-efficienza<br />
di una prestazione se considerata sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o strettamente tecnico: Valore significa<br />
anche relazioni, rapporti, culture, conoscenze, identità, modalità di sv<strong>il</strong>uppo,<br />
innovazione. E nessuno può negare che anche questa sia economia, anzi l’economia<br />
per eccellenza, quella che punta a uno sv<strong>il</strong>uppo globale, dove <strong>il</strong> significato<br />
di ricchezza non è separato da quello di felicità, autorealizzazione, compimento,<br />
secondo un criterio di sostenib<strong>il</strong>ità sociale e antropologica.<br />
Là dove <strong>il</strong> bisogno di cura si rende sempre più complesso, occorrono risposte adeguate<br />
in grado di gestire la complessità senza snaturarne l’aspetto umano, relazionale,<br />
consuetudinario, in una parola, etico.<br />
La cooperazione è lo strumento che è più idoneo ad affrontare insieme esigenze<br />
di complessità, economicità, relazionalità, salvaguardando <strong>il</strong> ruolo pubblico del<br />
professionista, la sua funzione sociale, l’indipendenza da interessi finanziari impropri,<br />
cosa che non può essere a priori garantita da alcuna altra forma societaria se<br />
per sua norma lucrativa.<br />
Il modello cooperativistico, ispirato alla mutualità fra soci e fondato sui principi di<br />
reciprocità, gratuità, bene comune e dove l’essere cooperativa è essere comunque<br />
impresa, dovrebbe pertanto potersi porre come soggetto in grado di attrarre<br />
investimenti privati a beneficio delle attività territoriali: ma questo sarà possib<strong>il</strong>e<br />
solo là dove i medici aggregati in forma cooperativa costituiranno la realtà prevalente<br />
di un territorio, evitando <strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e di discriminare i Medici di Famiglia<br />
rispetto alle opportunità di miglioramento di cui possono godere e a cui hanno<br />
diritto di accedere.<br />
167
Capitolo 5<br />
Nota finale: questa relazione ha inteso sv<strong>il</strong>uppare l’argomento proposto considerandone<br />
soprattutto le potenzialità di sv<strong>il</strong>uppo secondo diversi modelli di gestione<br />
ed organizzazione, priv<strong>il</strong>egiando quelli che considerano l’organizzazione<br />
come organismo (scuola sistemica) e come cervello, in grado di elaborare informazioni<br />
e favorire l’auto-organizzazione (approccio decisionale, learning organization,<br />
organizzazioni “olografiche”).<br />
5.5 Un progetto per una sanità moderna vicina ai bisogni del paziente; questo è<br />
<strong>il</strong> progetto Ippocrate<br />
Meri Nannucci 6<br />
Il Progetto Ippocrate, ovvero le emotrasfusioni domic<strong>il</strong>iari del servizio trasfusionale<br />
della ASL di Frosinone, nasce dalla esigenza di promuovere la sanità sul territorio<br />
attraverso l’integrazione della Continuità Assistenziale nell’organizzazione e nello<br />
sv<strong>il</strong>uppo dell’assistenza territoriale.<br />
L’aumentata richiesta di salute con la conseguente crescita della domanda,<br />
la necessità di razionalizzare le risorse in campo, la necessità del governo della<br />
domanda hanno portato ad un protocollo condiviso tra ASL e Medici della Continuità<br />
Assistenziale di Frosinone.<br />
Dal 2008 anno di nascita del progetto sono stati effettuati a domic<strong>il</strong>io 1394 controlli<br />
e 559 trasfusioni, nel 2009 i controlli a domic<strong>il</strong>io sono stati 1355 con 839 trasfusioni.<br />
Il costo giornaliero del servizio è stato stimato in 103,3 euro/die versus 800 euro/<br />
die di un giorno di ricovero ospedaliero.<br />
Precedentemente al Progetto <strong>il</strong> paziente doveva recarsi al pronto soccorso e<br />
ricoverato per la trasfusione o quando le condizioni cliniche lo permettevano doveva<br />
recarsi al centro trasfusionale, impegnando <strong>il</strong> fam<strong>il</strong>iare accompagnatore a<br />
sostare per lunghe ore in attesa.<br />
La trasfusione domic<strong>il</strong>iare ha determinato una indubbia positiva ricaduta sia economica<br />
che di qualità della vita del paziente e dei fam<strong>il</strong>iari non più costretti a<br />
giorni di lavoro persi per accompagnare ed assistere i propri cari durante i ricoveri.<br />
Dal punto di vista procedurale <strong>il</strong> paziente con una patologia ematologica può<br />
essere arruolato attraverso la richiesta del Medico Curante al centro trasfusionale,<br />
la presa in carico è immediata e comunque non superiore alle 72 ore, viene<br />
inviato presso <strong>il</strong> domic<strong>il</strong>io un infermiere per un emocromo di controllo.<br />
6<br />
Medico di Medicina Generale e Continuità Assistenziale ASL di Frosinone, Cooperativa Medi.Ter<br />
168
Seminari paralleli<br />
In tempo reale <strong>il</strong> risultato viene visionato dal Medico Responsab<strong>il</strong>e del servizio<br />
che predispone la trasfusione domic<strong>il</strong>iare relativamente alla disponib<strong>il</strong>ità del<br />
gruppo sanguigno.<br />
A seconda della gravità del paziente si programma la trasfusione domic<strong>il</strong>iare.<br />
L’equipe è formata da Medici della Continuità Assistenziale e da un infermiere<br />
ospedaliero.<br />
L’accesso dura in media tre ore comprendente anche una visita medica accurata<br />
con la valutazione dei parametri vitali, mantenendo alti standard di<br />
qualità,di efficienza e di efficacia.<br />
Con le trasfusioni effettuate presso <strong>il</strong> domic<strong>il</strong>io del paziente si realizza in sostanza: la<br />
promozione della sanità territoriale, aumentano le prestazioni erogab<strong>il</strong>i sul territorio,<br />
diminuiscono i ricoveri impropri, si rafforza ed integra <strong>il</strong> ruolo della Continuità Assistenziale<br />
sul territorio, migliora in assoluto la qualità di vita dei pazienti e della famiglia.<br />
Le azioni qualificanti sono tra l’altro l’uso efficace ed efficiente delle risorse aziendali,<br />
con la realizzazione di un equo uso dell’accesso ospedaliero riservando<br />
quest’ultimo alle patologie acute. Si realizza così un servizio territoriale parte integrante<br />
della rete dei servizi dell’azienda di Frosinone.<br />
5.6 Integrazione socio-sanitaria e cooperazione medica<br />
5.6.1 L’esperienza della regione Campania<br />
Pier Luigi Cerato 7<br />
L’evoluzione del sistema sanitario regionale, prima ancora che arrivi <strong>il</strong> federalismo,<br />
sta già esprimendo potenzialità e criticità differenti, territorio da territorio e,<br />
più in particolare, fra Nord, Centro e Sud.<br />
Quindici anni di quota capitaria, pur se corretta dall’indice di vecchiaia, non<br />
sono riusciti a colmare i deficit strutturali ed organizzativi che hanno caratterizzato<br />
<strong>il</strong> primo periodo del sistema sanitario nazionale, quello per intenderci della<br />
spesa storica (1980 – 2005).<br />
Particolarmente problematici sono rimasti due aspetti dell’assistenza sanitaria<br />
nelle regioni del Sud e specificamente in Campania:<br />
7<br />
Direttore Struttura Operativa Programmazione e Pianificazione A.R.San (Agenzia Regionale Sanitaria della<br />
Campania)<br />
169
Capitolo 5<br />
1. l’offerta di prestazioni socio - sanitarie, non solo per <strong>il</strong> mancato corrispettivo da<br />
parte del sociale della quota di compartecipazione, previsto per i nove LEA socio<br />
– sanitari, ma per l’assenza sul territorio di strutture, programmi ed interventi<br />
sociali;<br />
2. la mancata presa in carico di un cittadino con problemi cronici o a tendenza<br />
cronica o, comunque, la mancata offerta di percorsi diagnostici e terapeutici<br />
nei distretti socio – sanitari delle AA.SS.LL.<br />
In Regione Campania <strong>il</strong> cittadino assomiglia alla pallina del flipper che batte<br />
da un fungo all’altro (ogni fungo è una struttura, un presidio, una prestazione<br />
sanitaria ed <strong>il</strong> totalizzatore che appare sullo schermo rappresenta i costi delle<br />
prestazioni) senza, molte volte, risolvere <strong>il</strong> problema o, comunque, risolvendolo<br />
tardi dove tardi per le malattie oncologiche significa perdita di anni di vita.<br />
Quali sono gli elementi di debolezza del sistema di assistenza territoriale in un distretto<br />
della Campania?<br />
Sono: ristretto numero di ore di offerta di assistenza nella giornata: più o meno ogni<br />
distretto è aperto dalle h. 8,30 alle h. 14,30, spesso solo in orario antimeridiano; questo<br />
si traduce in una disponib<strong>il</strong>ità reale dell’intera struttura di circa quattro ore giornaliere;<br />
mancata formulazione dell’offerta attiva dei percorsi diagnostici e terapeutici integrati<br />
e coordinati (diabete, ipertensione, cardiopatia, ecc.);<br />
la mancata presa in carico nel tempo del paziente cronico per un tempo che è<br />
sempre lungo.<br />
Le carenze complessive del sistema campano hanno prodotto, in questi ultimi anni,<br />
che gli indici di speranza di vita sono migliorati in Italia, meno in Campania, soprattutto<br />
tra le donne; lo svantaggio permane anche nei confronti delle altre Regioni del<br />
Mezzogiorno. In particolare <strong>il</strong> trend della speranza di vita a 45 anni registra in Campania,<br />
dal 1990 al 2002, un peggioramento, in quanto aumenta negli uomini campani<br />
la differenza con la media italiana.<br />
Esiste un gradiente in peggioramento dal Nord al Sud d’Italia nella distribuzione della<br />
maggior parte dei Fattori di Rischio delle malattie croniche e, quindi, nella frequenza<br />
delle forme gravi. Il più alto rischio di morbosità cronica tra i più poveri è più intenso<br />
nelle Regioni meridionali e appare anche associato al livello di istruzione. Una posizione<br />
sociale sfavorevole fa più che raddoppiare la morbosità cronica, le differenze<br />
geografiche possono essere, in parte, spiegate da una maggiore concentrazione di<br />
poveri nelle Regioni meridionali.<br />
I dati relativi alla “mortalità evitab<strong>il</strong>e” sembrano mostrare che in Campania ed in altre<br />
regioni meridionali si muore di più in età giovan<strong>il</strong>e sia per cause definite evitab<strong>il</strong>i<br />
170
Seminari paralleli<br />
che non evitab<strong>il</strong>i; sia per problemi legati all’assistenza sanitaria che agli st<strong>il</strong>i di vita<br />
e sia, infine, all’età maggiore di 69 anni.<br />
In altri termini sembra di poter affermare che non è l’età della popolazione a<br />
costituire un rischio per la salute, ma <strong>il</strong> contesto sociale - economico e culturale<br />
nel quale si invecchia.<br />
Questa è la malattia o meglio sono le conseguenze della malattia.<br />
Quali sono i rimedi? Questi sono:<br />
1. far seguire alla generica affermazione “potenziare <strong>il</strong> territorio” un maggior<br />
investimento di quota capitaria dall’ospedale al territorio;<br />
2. rendere i distretti erogatori di salute con:<br />
2.1 apertura 12 ore, integrate con guardia medica e presidio di emergenza,<br />
2.2 offerta attiva di percorsi diagnostici e terapeutici attraverso <strong>il</strong> coordinamento<br />
degli specialisti e della diagnostica strumentale (da potenziare);<br />
3. integrazione con i MMG organizzati in cooperative.<br />
Quest’ultimo, in particolare, significa:<br />
a. fac<strong>il</strong>itare <strong>il</strong> rapporto fiduciario tra cittadino e medico di libera scelta;<br />
b. garantire un più elevato livello qualitativo ed una maggiore appropriatezza<br />
delle prestazioni erogate;<br />
c. realizzare forme adeguate di continuità assistenziale, anche attraverso modalità<br />
di integrazione professionale tra medici;<br />
d. perseguire <strong>il</strong> coordinamento funzionale dell’attività dei MMG con i servizi e le<br />
attività del Distretto in coerenza con <strong>il</strong> programma delle attività distrettuali;<br />
e. realizzare forme di maggior fruib<strong>il</strong>ità e accessib<strong>il</strong>ità da parte dei cittadini dei<br />
servizi e delle attività dei MMG;<br />
f. perseguire maggiori e più qualificati standard strutturali, strumentali e di organizzazione<br />
dell’attività professionale;<br />
g. condividere e implementare linee guida diagnostico – terapeutiche per le<br />
patologie a più alta prevalenza ed attuare momenti di verifica periodica.<br />
A questo punto vengono in mente le UCCP, le Case della Salute e qualunque<br />
altra sigla che serva a ricordare un modello di approccio territoriale a partenza<br />
dai MMG e dai PLS.<br />
Ma non è questo <strong>il</strong> modello vincente perché non è possib<strong>il</strong>e pensare di organizzare<br />
su un territorio regionale, come la Campania, di oltre sei m<strong>il</strong>ioni di abitanti,<br />
tante UCCP quante servono per un bacino medio di 10.000/15.000 abitanti è<br />
cioè da 400 a 600 UCCP.<br />
171
Capitolo 5<br />
Quello che è vincente oggi è <strong>il</strong> modello di approccio che prevede:<br />
1. l’aumento di offerta dei MMG e dei PLS rispetto all’ambulatorio singolo,<br />
2. l’integrazione vera con <strong>il</strong> distretto,<br />
3. la rifondazione delle UU.OO. di Medicina di Base che, nella realtà campana,<br />
sono identificate nella gestione del poliambulatorio specialistico che oggi<br />
viene ancora identificato con <strong>il</strong> modello di funzionamento del poliambulatorio<br />
ex mutualistico.<br />
È assolutamente evidente che un modello così concepito viene incontro al problema<br />
che caratterizza un territorio e cioè la presa in carico, l’integrazione socio<br />
– sanitaria, l’ut<strong>il</strong>izzo di prestazioni adeguate, <strong>il</strong> controllo della spesa e quant’altro<br />
è stato nel tempo detto e ridetto per definire una nuova sanità territoriale.<br />
Purtroppo è diffic<strong>il</strong>e oggi pensare ad una programmazione regionale forte che<br />
sposti i rapporti esistenti in ogni ASL fra ospedale e territorio, riformulando <strong>il</strong> piano<br />
degli investimenti, i fondi dell’art. 20 l. 68/88, la dislocazione del personale e delle<br />
attrezzature.<br />
Segnale evidente lo si può cogliere esaminando quanto sta avvenendo in questi<br />
mesi a seguito del Commissariamento della Regione Campania e l’applicazione<br />
del piano di rientro.<br />
Quale migliore occasione sarebbe stata quella, all’ombra della presenza del subcommissario<br />
governativo, di rivedere l’assetto complessivo del sistema sanitario<br />
regionale, ricordando a noi stessi che i b<strong>il</strong>anci in attivo prodotti nelle regioni del<br />
Sud dal finanziamento a quota capitaria negli anni 2005, 2006 e 2007 erano, per<br />
buona parte, dovuti all’assenza delle strutture territoriali, dei distretti, delle RSA ecc.<br />
Proprio nel Sud dove, come abbiamo visto sopra, è <strong>il</strong> contesto socio – economico<br />
e culturale, quello che crea le peggiori disuguaglianze ed iniquità nell’ut<strong>il</strong>izzo<br />
del sistema sanitario dove va potenziato <strong>il</strong> territorio.<br />
Invece in ogni ASL sta avvenendo esattamente <strong>il</strong> contrario: al blocco del turnover<br />
si risponde trasferendo medici ed infermieri dal territorio all’ospedale, bloccando<br />
<strong>il</strong> rinnovo dei contratti dei lavoratori atipici che, per la maggior parte delle volte,<br />
sono presenti proprio sul territorio dove, nei decenni, di fronte ad una assenza di<br />
dotazione organica, si è cercato di far crescere le prestazioni offerte ut<strong>il</strong>izzando<br />
appunto contratti precari nella speranza che, ad una generica volontà di potenziare<br />
<strong>il</strong> territorio, prima o poi fosse corrisposta una seria programmazione sanitaria.<br />
Ben singolare <strong>il</strong> destino del territorio, della prevenzione, del socio – sanitario, della<br />
presa in carico, della continuità delle cure ecc; tutti questi concetti sono alla<br />
172
Seminari paralleli<br />
base di ogni convegno di programmazione sanitaria, ne parlano tutti, ne teorizzano<br />
molti, ma guai a metterli in pratica!<br />
5.7 Integrazione Socio - Sanitaria e complessità dei bisogni<br />
Gianfranca Ranisio 8<br />
In questo Convegno abbiamo avuto modo di ascoltare in molti interventi l’esigenza<br />
di un’integrazione più efficace tra <strong>il</strong> sociale e <strong>il</strong> sanitario, in modo di rispondere<br />
a una domanda di salute, che è in relazione con le trasformazioni demografiche<br />
e sociali della società italiana e con esse del quadro nosologico.<br />
L’antropologia medica può fornire un contributo nell’identificare i fattori di rischio<br />
ambientale e nel porre in evidenza i modelli culturali, i valori, i significati che sottendono<br />
alle attività dei soggetti, può porre in evidenza le condizioni di vita, le<br />
aspettative, le stesse modalità della cura, le relazioni che si instaurano nella cura<br />
(Hagan Hennessy 2004, p. 316).<br />
Il bisogno di salute è un bisogno presente in tutte le società umane. Tuttavia,<br />
come le teorie antropologiche, da Malinowski in poi, hanno più volte sottolineato,<br />
ai bisogni umani ciascuna società ha risposto con modalità differenti, all’interno<br />
di specifiche situazioni ambientali e storiche. Più recentemente si è posto in<br />
evidenza che i bisogni, al di sopra di una certa soglia minima, sono bisogni che<br />
si definiscono e prendono forma all’interno di contesti specifici, poiché i bisogni<br />
non sono dati una volta per tutte, ma sono prodotti storico-culturali. Anche <strong>il</strong> bisogno<br />
di salute è culturalmente modellato, così come lo sono le pratiche finalizzate<br />
a contrastare lo star male. Salute e malattia sono eventi in continuo mutamento<br />
sul piano clinico, sociale, simbolico, sono eventi socialmente costruiti e ogni sistema<br />
di cura è in relazione con la società che lo attua (Sepp<strong>il</strong>li 1996).<br />
I sistemi sanitari delle società complesse contemporanee sono sistemi ad alta<br />
tecnologia, che si trovano di fronte alla necessità di fornire risposte a domande<br />
sempre più pressanti, che riguardano bisogni e aspettative in rapida evoluzione<br />
e in costante aumento, devono oggi tenere conto dell’estendersi delle patologie<br />
croniche e delle nuove emergenze sociali. Sono chiamati a essere efficaci e<br />
efficienti, ma devono fare i conti con i costi sempre crescenti della spesa sanitaria<br />
e confrontarsi con nuove utenze e con domande che riguardano una ricerca<br />
più ampia di salute, che non è solo assenza di malattia, ma ricerca di uno stato<br />
di benessere, in cui l’aspetto sanitario si incontra con <strong>il</strong> sociale.<br />
8<br />
Docente di Antropologia Culturale , Coordinatrice del Master in: Politiche e Sistemi Sociosanitari, organizzazione,<br />
management e coordinamento, Facoltà di Sociologia, Università Federico II Napoli.<br />
173
Capitolo 5<br />
Per quanto riguarda la situazione italiana, i rapporti ISTAT fotografano un paese<br />
caratterizzato da un progressivo invecchiamento della popolazione e dall’emergere<br />
di nuove povertà che riguardano le famiglie con un sol genitore, le famiglie<br />
monoreddito con figli minori a carico, prevalentemente nel mezzogiorno, gli<br />
anziani spesso soli che vivono con la pensione minima, gli immigrati, i senza fissa<br />
dimora, <strong>il</strong> cui numero è tuttora in crescita. Tra di loro si annidano quelle che sono<br />
considerate le malattie della povertà, malattie che rivelano come le disuguaglianze<br />
sociali incidano non soltanto rispetto all’accesso alle cure, ma anche alla<br />
possib<strong>il</strong>ità di godere di uno stato psicofisico di benessere. Attualmente di alcune<br />
malattie si guarisce, di altre si ritardano gli effetti infausti e questo comporta un<br />
mutamento profondo e cioè <strong>il</strong> prevalere sui casi acuti di malattie croniche e degenerative,<br />
di lungo periodo, oncologiche, cardiologiche, che richiedono una<br />
continuità assistenziale, non solo di ambito sanitario.<br />
Come r<strong>il</strong>eva Cosmacini, <strong>il</strong> passaggio da malattie epidemico-contagiose del<br />
passato a quelle epidemico-degenerative del presente ha avuto come conseguenza<br />
<strong>il</strong> passaggio dalla spiegazione causale monofattoriale, alla spiegazione<br />
causale multifattoriale della malattia dovuta a più fattori insieme convergenti.<br />
Ne deriva l’attenzione rivolta ai modelli di rischio, legati ai comportamenti e agli<br />
st<strong>il</strong>i di vita (1997, p.379).<br />
In alcune regioni, <strong>il</strong> sistema sanitario è chiamato a ridefinirsi, non solo per l’entrata<br />
in vigore del federalismo fiscale, ma anche per i piani di rientro imposti e questo<br />
potrebbe/dovrebbe comportare una riprogettazione della gestione della salute,<br />
tenendo conto delle linee di tendenza e dei bisogni di salute emergenti.<br />
In tale prospettiva al territorio è assegnato un rinnovato ruolo per la sua qualità<br />
di spazio sociale, di campo di forze, in cui interagiscono differenti attori sociali,<br />
gruppi, istituzioni, operatori professionali con competenze diverse, che devono<br />
essere messi in grado di operare sinergicamente.<br />
Si tratta, pertanto, di riorganizzare una rete sociosanitaria efficiente e dinamica.<br />
Infatti i servizi forniti dalle varie istituzioni devono essere riconfigurati non come<br />
terminali di iniziative pensate ed erogate top-down, ma cercando di promuovere<br />
forme di partecipazione dei cittadini, a partire dai comportamenti e dalle<br />
scelte organizzative, non imponendo modelli calati dall’alto, ma costruendoli a<br />
partire dalle esperienze e dalle risorse presenti (Balbo 2008).<br />
L’ospedalizzazione e l’istituzionalizzazione, soprattutto per gli anziani, avevano<br />
comportato <strong>il</strong> separare la malattia, la morte, la stessa vecchiaia dai contesti relazionali<br />
del vissuto, ai quali oggi tornano ad essere affidate. Questo richiede<br />
già attualmente profonde modifiche di impostazione, risposte articolate e rende<br />
necessario progettare un’organizzazione di servizi sociosanitari territoriali che<br />
174
Seminari paralleli<br />
sia in grado di rispondere ai complessi e molteplici bisogni dei pazienti/utenti,<br />
attrezzando <strong>il</strong> territorio di forme organizzative e di strutture adeguate, anche attraverso<br />
la riconversione di strutture già esistenti, secondo la logica non di deospedalizzare<br />
<strong>il</strong> territorio ma riportare le cure dall’ospedale al territorio. In termini di<br />
programmazione e riorganizzazione è anche necessario considerare gli ospedali<br />
come uno degli snodi problematici, in quanto spesso svolgono funzioni improprie<br />
per supplire alla mancanza di adeguati interventi territoriali, in particolare, per<br />
le fasce più povere della popolazione e per le fasce deboli (bambini, anziani,<br />
tossicodipendenti, senza fissa dimora, immigrati, ecc.).<br />
Non si tratta solo di una riorganizzazione delle strutture ma di un cambiamento di<br />
tipo culturale, poiché si tratta di ripensare la malattia e l’organizzazione della sanità<br />
rispetto a differenti categorie di spazio e di tempo. L’assistenza ospedaliera è infatti<br />
organizzata sulle modalità dello spazio, vede <strong>il</strong> corpo come organismo, ha modelli<br />
concettuali legati alla categorizzazione, concentra l’iter diagnostico-terapeutico<br />
in un luogo fisico e delimitato. L’assistenza territoriale è legata alla dimensione del<br />
tempo, un tempo non circoscrivib<strong>il</strong>e, ma in rapporto alla storia e al vissuto del paziente,<br />
richiede la capacità di integrare saperi scientifici, sociali, individuali, mentre<br />
lo spazio è quello della dimensione quotidiana e delle relazioni socio-affettive.<br />
In queste trasformazioni un forte apporto può essere fornito dalle cooperative<br />
della medicina generale, dalla cooperazione sociale e dalle professioni sociosanitarie<br />
organizzate.<br />
A livello di prospettiva più ampia questo presuppone di ripensare <strong>il</strong> rapporto<br />
medicina-società, andando oltre quel modello biomedico, sempre più basato<br />
sulla specializzazione, sulla parcellizzazione dei corpi e delle funzioni e sulla ipertecnologizzazione,<br />
modello che trova difficoltà a conc<strong>il</strong>iarsi con la visione antropologica<br />
della malattia ed è tra le cause del senso di disagio nell’esercizio della<br />
professione, spesso sperimentato dal medico di famiglia, che è chiamato ad<br />
occuparsi del paziente nella sua totalità.<br />
Si consideri ad esempio un ambito specifico delle attività del mmg: <strong>il</strong> settore delle<br />
cure domic<strong>il</strong>iari.<br />
A livello internazionale questa problematica è molto avvertita, le cure domic<strong>il</strong>iari<br />
sono divenute punto cardine dei sistemi sanitari avanzati: questo ambito ha avuto<br />
notevole espansione e crescita negli USA, anche perchè permette una riduzione<br />
dei costi rispetto all’ospedalizzazione e all’istituzionalizzazione (Montauk 1998).<br />
Anche nelle nazioni europee, l’assistenza a domic<strong>il</strong>io degli anziani non autosufficienti<br />
è la modalità assistenziale prescelta per garantire una migliore qualità<br />
della vita e per evitare l’istituzionalizzazione (Pesaresi, Gori 2003). L’estensione<br />
175
Capitolo 5<br />
delle cure domic<strong>il</strong>iari ha comportato l’avvio di nuove politiche di integrazione tra<br />
<strong>il</strong> sociale e <strong>il</strong> sanitario, poiché l’assistenza domic<strong>il</strong>iare è stata considerata “asse<br />
strategico su cui puntare”. Queste politiche si sono accompagnate a una costante<br />
crescita del settore privato per prestazioni sociali domic<strong>il</strong>iari e residenziali;<br />
attualmente i fornitori privati no-profit e for-profit costituiscono una parte assai<br />
importante di molti sistemi di servizi sociali, mentre l’ente pubblico è sempre più<br />
impegnato, più che a erogare direttamente prestazioni, a finanziare, regolare e<br />
coordinare le prestazioni erogate dai privati.<br />
In Italia, già negli anni Settanta-Ottanta, si erano progettate politiche per la salute<br />
integrate nel territorio, che erano state poi accantonate perché si trattava<br />
di raccogliere una domanda di salute, non misurab<strong>il</strong>e attraverso la categoria di<br />
terapia/guarigione, ma al contrario una domanda che richiede che l’atto medico<br />
si debba integrare con interventi che richiedono professionalità diverse (Bindi<br />
2005, p.52) 9 . È a partire dagli anni Novanta che, rielaborando a livello di politiche<br />
sociosanitarie <strong>il</strong> modello pubblico/privato, si attua <strong>il</strong> passaggio da una concezione<br />
di welfare, gestito dal pubblico, a una concezione di welfare a intervento<br />
misto pubblico/privato sociale.<br />
Nell’assistenza domic<strong>il</strong>iare, che comprende trattamenti medici, infermieristici, riab<strong>il</strong>itativi,<br />
di aiuto alla persona e al governo della casa, obiettivo è mettere al centro<br />
l’individuo e, per quanto riguarda l’anziano, mantenerlo nella sua famiglia e<br />
nel tessuto sociale e, quando non è possib<strong>il</strong>e, combattere <strong>il</strong> senso di isolamento<br />
e di inut<strong>il</strong>ità che spesso pervade gli anziani istituzionalizzati.<br />
L’assistenza è attuata sul territorio e richiede l’intervento di figure professionali<br />
con competenze diverse, <strong>il</strong> medico di mg, l’infermiere, l’assistente sociale, <strong>il</strong> fisioterapista,<br />
lo psicologo e così via, che devono condividere obiettivi e modalità<br />
di intervento, pur rimanendo come punto di riferimento <strong>il</strong> MMG per la conoscenza<br />
e la dimestichezza che ha acquisito con <strong>il</strong> paziente; si recupera in tal modo<br />
<strong>il</strong> significato più profondo dell’assistenza primaria, quale processo continuo di<br />
assistenza, che comprende non solo cure ma anche promozione della salute,<br />
prevenzione e riab<strong>il</strong>itazione. Per questo è importante che si operi un’integrazione<br />
non solo delle mansioni ma anche dei saperi e che siano previsti percorsi formativi<br />
adeguati sia per gli operatori sociali che sanitari, in particolare che sia valorizzata<br />
la formazione in medicina generale per potenziare le capacità relazionali e<br />
di comunicazione dei medici di famiglia.<br />
L’assistenza domic<strong>il</strong>iare presuppone la capacità di collaborazione, oltre che con<br />
le figure istituzionali, anche con le risorse attivab<strong>il</strong>i sul territorio, quali <strong>il</strong> volontariato<br />
9 L’atto di indirizzo sull’integrazione sociosanitaria è legato al decreto legislativo 229/1999. (Rosy Bindi, La<br />
salute impaziente, 2005, p.52)<br />
176
Seminari paralleli<br />
e l’associazionismo. Si basa perciò sul presupposto di valorizzare le risorse disponib<strong>il</strong>i<br />
e dovrebbe prevedere l’attivazione di percorsi di formazione e di sostegno.<br />
La presa in carico della persona è gestita dai fam<strong>il</strong>iari con l’individuazione di un<br />
caregiver, con tutti i problemi che questo comporta. Infatti spesso chi si occupa<br />
dell’assistenza del proprio fam<strong>il</strong>iare è una persona a sua volta anziana, per lo più<br />
una donna, che agisce in prima persona o affida l’assistenza a soggetti esterni<br />
alla famiglia, come nel caso delle badanti spesso straniere. La famiglia è una<br />
risorsa cruciale, sia per l’ut<strong>il</strong>izzo di lavoro femmin<strong>il</strong>e non pagato in quanto interno<br />
alla famiglia, che sottopagato attraverso <strong>il</strong> mercato delle donne migranti. Tuttavia<br />
<strong>il</strong> rischio implicito in questo modello, che è basato sulla femmin<strong>il</strong>izzazione<br />
delle attività di cura, è che tutto <strong>il</strong> peso dell’assistenza a domic<strong>il</strong>io ricada sulla<br />
famiglia e sulle donne, della famiglia e non. E questo tanto più in una fase di crisi<br />
economica come quella attuale e di fronte all’affermarsi di un modello di società<br />
a disuguaglianza crescente, sia su basi sociali, che territoriali e regionali. In<br />
questa situazione, se non adeguatamente supportata da politiche sociosanitarie<br />
efficaci, vi è <strong>il</strong> rischio del prevalere di un modello privatistico e quindi fam<strong>il</strong>istico,<br />
soprattutto a spese delle fasce sociali più deboli, delegando la cura alla famiglia<br />
e rendendo la casa/domic<strong>il</strong>io <strong>il</strong> luogo priv<strong>il</strong>egiato di attraversamenti di confini<br />
tra comportamenti amorevole e pratiche professionali, senza che le istituzioni<br />
predispongano un sistema adeguato di welfare, contribuendo al contrario al<br />
perdurare di quello che Sgritta definisce un welfare senza futuro (Maluccelli 2007;<br />
Sgritta 2009).<br />
Le cure domic<strong>il</strong>iari già da tempo assumono forme e modalità organizzative diverse<br />
a seconda delle regioni (Pesaresi 2007) 10 . Al di là delle linee guida ministeriali, vi<br />
sono notevoli disuguaglianze nelle modalità di organizzazione e nell’impiego delle<br />
risorse a disposizione, nel numero di pazienti assistiti, nel monte ore, negli investimenti.<br />
Inoltre l’integrazione tra le prestazioni sanitarie e quelle sociali, che vede<br />
coinvolti operatori che fanno capo a enti differenti e su capitoli di spesa differenti,<br />
è tuttora un aspetto problematico. In questo ambito forme di cooperazione medica<br />
e di cooperazione sociale trovano un fert<strong>il</strong>e terreno di incontro, ma anche<br />
di nuove criticità e inducono a riflettere sullo stesso uso del termine integrazione,<br />
concetto che presenta delle ambiguità di fondo per <strong>il</strong> modo in cui viene impiegato.<br />
Si tratta infatti di un processo da realizzare attraverso un sistema organizzato<br />
di relazioni tra sistema sanitario, territorio, comunità e altri soggetti operanti sul<br />
territorio e deve essere un mezzo per conseguire un fine (Cavicchi 2008).<br />
Nell’ambito della medicina generale forme di sperimentazione sul territorio sono<br />
state attuate in alcune regioni con le Case della Salute, le UTAP o le UCCP.<br />
10<br />
Un caso a sé è costituito dalla Regione Lombardia che ha adottato <strong>il</strong> sistema di erogare le cure domic<strong>il</strong>iari<br />
attraverso dei voucher , rendendo <strong>il</strong> cittadino un consumatore di prestazioni in campo sanitario.<br />
177
Capitolo 5<br />
L’integrazione socio-sanitaria può garantire una ricaduta positiva sia nei termini<br />
di uguaglianza e appropriatezza che di economicità, poiché consentirebbe l’implementazione<br />
della rete integrata di servizi evitando <strong>il</strong> ricorso a ricoveri impropri.<br />
Basti pensare, ad esempio, a quanti pazienti disab<strong>il</strong>i di lieve-medio grado, con<br />
bisogni prioritari sociali di vitto, alloggio, socializzazione, sono impropriamente<br />
ospitati in strutture sanitarie istituzionalizzanti e ad alto costo. In questi casi più<br />
adeguati interventi sociali consentirebbero contemporaneamente una riduzione<br />
della spesa complessiva e risposte più appropriate ed incisive. Anche le ricerche<br />
internazionali - in particolare mi riferisco a una ricerca norvegese- pongono<br />
in evidenza che quanto più la rete dei medici di medicina generale funziona<br />
bene ed è alta la qualità professionale, suscitando un alto gradimento tra i pazienti,<br />
tanto più è basso <strong>il</strong> ricorso ai ricoveri ospedalieri (Carlsen, Grytten, Kjelvik,<br />
Skau 2007).<br />
L’Integrazione Socio-Sanitaria è pertanto un’opzione strategica, sia da un punto<br />
di vista istituzionale che gestionale e professionale, in quanto la sola in grado di<br />
promuovere risposte unitarie ai bisogni complessi del cittadino, che non possono<br />
essere adeguatamente affrontati da sistemi di risposte separate sanitarie e<br />
sociali.<br />
Riflettere nel corso di questo convegno sull’integrazione sociosanitaria, sia dal<br />
punto di vista dei modelli teorici, che degli interventi e delle sperimentazioni già<br />
attuati sul territorio da parte di professionalità diverse, può fornire un contributo al<br />
dibattito generale, stimolando nuove iniziative e progettualità.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
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R. Bindi (2005), La salute impaziente. Jaca Book, M<strong>il</strong>ano.<br />
F. Carlsen, J. Grytten, J. Kjelvik (2007), Better primary physician services lead to fewer hospital admissions.<br />
“Eur. J. Health Econ” 8, pp. 17-24.<br />
Cavicchi (2008), Il pensiero debole della sanità. Dedalo, Bari.<br />
G. Cosmacini (1997), L’arte lunga. Storia della medicina e della sanità nell’Italia contemporanea.<br />
Laterza, Bari.<br />
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Angeli, M<strong>il</strong>ano.<br />
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Medical Anthropology, Springer, New York, pp. 311-18.<br />
L. Maluccelli (2007), Lavori di cura.Cooperazione sociale e servizi alla persona. L’esperienza di Cadiai.<br />
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Franco Pesaresi, Cristiano Gori (2003), Politiche per gli anziani non autosufficienti in Europa, in Carla<br />
Facchini, a cura, Anziani e rete dei servizi. Provincia di M<strong>il</strong>ano, Università di M<strong>il</strong>ano Bicocca, pp.. 47-84.<br />
Franco Pesaresi (2007), Le cure domic<strong>il</strong>iari per anziani, in “Prospettive sociali e sanitarie”, 156, pp.1-6.<br />
Luigi Scaffino et alii (2003), Cure domic<strong>il</strong>iari. La partnership tra pubblico e privato, Franco Angeli<br />
editore, M<strong>il</strong>ano.<br />
Tullio Sepp<strong>il</strong>li (1996), Antropologia medica: fondamenti per una strategia. “AM”, I, pp.7-22.<br />
G. B. Sgritta (2009), Badanti e anziani in un welfare senza futuro. Ediz. Lavoro, Roma.<br />
178
Seminari paralleli<br />
5.8 La medicina telematica nella promozione delle UCCP<br />
5.8.1 Il ruolo delle Società Scientifiche<br />
Giancarmine Russo 11<br />
Il termine telemedicina si presta a svariate definizioni, non sempre univoche in letteratura,<br />
che spesso focalizzano l’attenzione solo su alcuni aspetti della materia.<br />
La Telemedicina consiste, sostanzialmente, nella trasmissione e condivisione, in<br />
tempo reale, di informazioni di carattere sanitario e scientifico tra medico e cittadino<br />
o tra gli stessi operatori sanitari, attraverso sistemi di comunicazione di tipo<br />
telematico/informatico.<br />
La definizione più esaustiva del termine è senz’altro quella concordata a livello<br />
CEE, da una Commissione di esperti, che ha redatto un documento sulle prospettive<br />
di sv<strong>il</strong>uppo della Telemedicina in Europa (Advanced Informatics in Medicine<br />
- AIM 1990) con l’obiettivo di migliorare la qualità dei servizi sanitari, fac<strong>il</strong>itare<br />
la formazione professionale di medici e infermieri ed ottimizzare <strong>il</strong> trasferimento<br />
qualificato di dati ed esperienze tra i vari Paesi europei che, testualmente, recita:<br />
“Con <strong>il</strong> termine di Telemedicina si intende l’integrazione, <strong>il</strong> monitoraggio e la<br />
gestione dei pazienti, nonché l’educazione degli stessi e del personale sanitario,<br />
usando sistemi che consentano un pronto accesso alla consulenza di esperti ed<br />
alle informazioni del paziente, indipendentemente da dove l’individuo, o le informazioni,<br />
risiedano”.<br />
Ma anche questa definizione non ci è apparsa soddisfacente. La Società Italiana<br />
di Telemedicina e sanità elettronica, in quanto Società scientifica, con <strong>il</strong> Manifesto<br />
italiano della Medicina Telematica, presentato a Firenze l’8 apr<strong>il</strong>e 2010 dal<br />
suo Presidente professor Gianfranco Gensini, nel corso del suo primo Congresso<br />
nazionale, ha ritenuto opportuno definire i principi fondamentali necessari per lo<br />
sv<strong>il</strong>uppo, armonico e sostenib<strong>il</strong>e, della “Telemedicina”, intesa come strumento di<br />
innovazione tecnologica a valenza multidisciplinare che comprende: la formazione,<br />
l’integrazione, <strong>il</strong> monitoraggio e la gestione dei pazienti, attraverso l’impiego<br />
di sistemi di telecomunicazione che si avvalgono della cooperazione di<br />
differenti professionalità al fine della promozione della salute attraverso i percorsi<br />
di prevenzione, diagnosi e cura dell’assistito.<br />
Il primo principio che la Società Italiana di Telemedicina e sanità elettronica ha<br />
affermato nel Manifesto, riguarda <strong>il</strong> riconoscimento, sia a livello culturale che<br />
organizzativo ed operativo, della coesistenza nella “Telemedicina” di tre p<strong>il</strong>astri<br />
fondamentali: la Medicina Telematica, la Sanità Elettronica e l’ICT (Information<br />
11<br />
Segretario Generale SIT<br />
179
Capitolo 5<br />
and Communication Technology) in Sanità. Si afferma inoltre che questi tre p<strong>il</strong>astri<br />
costituiscono fondamento della “Telemedicina” nella misura in cui concorrono<br />
al miglioramento, sia dell’esercizio della professione medico-chirurgica, che<br />
dell’offerta sanitaria per i pazienti.<br />
La Medicina Telematica è una branca della scienza medica che ha una sua<br />
propria valenza clinica ed una sua propria specificità tecnico-scientifica. Si tratta<br />
di un’innovazione nella modalità di esercizio della Medicina e Chirurgia che<br />
richiede conoscenze ed ab<strong>il</strong>ità specialistiche.<br />
Con <strong>il</strong> termine di Medicina Telematica si definisce pertanto l’erogazione di servizi<br />
di assistenza sanitaria tramite <strong>il</strong> ricorso alle tecnologie di telecomunicazione computer<br />
assistite, in situazioni in cui <strong>il</strong> professionista della salute ed <strong>il</strong> paziente (o due o<br />
più professionisti) non si trovino nella stessa località o vi si trovino in momenti diversi.<br />
Essa comporta la trasmissione, in modalità sicura e protetta, di informazioni e dati<br />
di carattere medico grazie a testi, suoni, immagini o altre informazioni necessarie<br />
per la prevenzione, la diagnosi, <strong>il</strong> trattamento ed <strong>il</strong> successivo monitoraggio dei<br />
pazienti. Si tratta di un’attività eminentemente clinica che presuppone l’intervento<br />
del medico e dell’infermiere i quali, per mezzo di strumenti tecnologici idonei,<br />
svolgono tutte le azioni necessarie a garantire ai pazienti la migliore assistenza a<br />
distanza, ovvero: r<strong>il</strong>evare, registrare, elaborare, trasmettere, decodificare informazioni<br />
e dati clinici, ut<strong>il</strong>izzare, a distanza, strumentazioni medico-chirurgiche.<br />
La Medicina Telematica individua, pertanto, l’insieme di attività prettamente di<br />
medicina e chirurgia cliniche, analoghe a quelle tradizionali, ma ricomprese nel<br />
termine più vasto e generale di “Telemedicina”, così come definito dall’Unione<br />
Europea, e si distingue dalla cosiddetta “Sanità Elettronica” (connected-Health<br />
o e-Health) atta ad indicare i Sistemi ed i Servizi Sanitari erogati per via info-telematica<br />
(teleprenotazione, certificati on-line, e-prescription, refertazione on-line<br />
etc.) e dall’ICT sanitario atto ad indicare le tecnologie info-telematiche ut<strong>il</strong>izzate<br />
in Sanità e nei Sistemi sanitari.<br />
I campi di applicazione della Medicina Telematica sono numerosissimi ed in continua<br />
evoluzione, ma quelli inerenti le Cure Primarie sono essenzialmente: la teleassistenza<br />
domic<strong>il</strong>iare, <strong>il</strong> teleconsulto specialistico, <strong>il</strong> telemonitoraggio medicale<br />
delle patologie croniche (in particolare: scompenso cardiaco, diabete ed insufficienza<br />
respiratoria) ed <strong>il</strong> telesoccorso.<br />
Applicare la telematica in ambito medico significa, infatti, rispondere con tempestività<br />
alle esigenze diagnostiche (telediagnosi) e terapeutiche (teleassistenza)<br />
di cittadini distanti dalle strutture sanitarie o comunque impossib<strong>il</strong>itati a muoversi<br />
da casa, ma anche i grossi centri urbani con i conseguenti problemi di traffico<br />
180
Seminari paralleli<br />
e di parcheggio risultano “distanti” sia per i pazienti che per gli stessi operatori<br />
sanitari, fornire una risposta valida ed efficace in caso di malati cronici, anziani<br />
o comunque a rischio (telemonitoraggio) ed un supporto indispensab<strong>il</strong>e nelle<br />
urgenze (telesoccorso), favorire l’aggiornamento scientifico (teledidattica) ed <strong>il</strong><br />
collegamento interattivo tra medici (teleconsulto) con condivisione dinamica di<br />
informazioni sanitarie, cartelle cliniche elettroniche, tracciati diagnostici, immagini<br />
biomediche, che si “muovono” in tempo reale e con la massima definizione.<br />
Ne consegue una concreta interrelazione tra le strutture minori o più deboli e<br />
quelle maggiori o specialistiche.<br />
La definizione CEE di “Telemedicina” mette dunque in evidenza come la finalità<br />
della Telemedicina non sia solo quella di assicurare assistenza medica a pazienti<br />
distanti dai centri sanitari, permettendo la comunicazione paziente-medicostruttura<br />
sanitaria, ma anche di rendere adeguato ed aggiornato <strong>il</strong> Servizio Sanitario<br />
Nazionale con particolare attenzione ai servizi di assistenza domic<strong>il</strong>iare,<br />
d’emergenza, di organizzazione e educazione sanitaria, di didattica, di formazione<br />
ed aggiornamento professionale.<br />
È possib<strong>il</strong>e oggi, grazie all’innovazione tecnologica, avvicinare i servizi sanitari<br />
ai cittadini in un’ottica di miglioramento della qualità offerta e di soddisfazione<br />
del cliente/utente. In particolare, l’applicazione di sistemi informatici e di telecomunicazione<br />
alle scienze mediche ha reso concrete prospettive inimmaginab<strong>il</strong>i<br />
sino a poco tempo fa, come, ad esempio, quella di garantire la “sicurezza sanitaria”<br />
del paziente attraverso la teleassistenza domic<strong>il</strong>iare ed <strong>il</strong> telemonitoraggio<br />
medicale delle patologie croniche, definite ormai come “la nuova emergenza<br />
sanitaria”.<br />
L’innovazione tecnologica può, quindi, fornire un contributo sempre più significativo<br />
all’aumento dell’efficacia, dell’efficienza e dell’equità di accesso alle<br />
prestazioni sanitarie: si pensi ad esempio alla raccolta di dati clinici provenienti<br />
da più sistemi diagnostici separati tra loro, al monitoraggio remoto di parametri<br />
clinici, alla distribuzione cap<strong>il</strong>lare delle informazioni mediche…<br />
La Telemedicina, metodologicamente e tecnologicamente, offre nuove opportunità<br />
di collegamento secondo “assi geografici” diversi: interconnessione tra<br />
punti di cura variamente distribuiti sul territorio (domic<strong>il</strong>io del paziente, studi dei<br />
Medici di Famiglia, UCCP, poli-ambulatori di ASL, pronto soccorso, servizi ospedalieri,<br />
strutture di ricovero, di riab<strong>il</strong>itazione, di lungo-degenza ecc.). Dal punto<br />
di vista organizzativo, invece, essa offre un valido ed efficace strumento di collegamento<br />
tra i diversi livelli di cura (Medicina Generale, Continuità Assistenziale,<br />
Emergenza e Pronto Soccorso, Specialistica Ambulatoriale ed Ospedaliera ecc.).<br />
L’intersezione virtuale di queste due connessioni (punti di cura e livelli di cura)<br />
può rappresentare la base del moderno concetto di “continuità delle cure”.<br />
181
Capitolo 5<br />
Se ne deduce che la Telemedicina, al pari della Medicina Telematica, non è solo<br />
un problema tecnico o di tecnologie da calare direttamente nei Servizi Sanitari<br />
Nazionali e Regionali, e neanche un problema puramente sanitario o medico.<br />
È necessario, infatti, prevedere una fase di riorganizzazione e razionalizzazione<br />
dell’intero Servizio Sanitario onde sfruttare pienamente le opportunità offerte da<br />
tali tecnologie, al fine di impostare, in forma innovativa, i servizi offerti; occorre,<br />
quindi, ridisegnare (“ripensare”…) lo stesso Servizio Sanitario Nazionale e Regionale<br />
in modo orientato alla soluzione dei problemi “problem solving”. Le attuali<br />
moderne vedute del “Health Technology Assessment”, infatti, prendono in considerazione<br />
non solo gli aspetti economici, ma anche quelli riguardanti i benefici,<br />
l’efficienza, l’efficacia, l’ut<strong>il</strong>ità, l’equità…, ovvero un insieme di raffronti tendenti<br />
ad innalzare ed a migliorare la qualità di cura, di erogazione e di fruizione dello<br />
stesso Servizio Sanitario Nazionale e Regionale.<br />
L’istituzione delle UCCP – Unità Complesse di Cure Primarie (previste dall’ACN<br />
per la Medicina Generale) quali modalità organizzative per l’erogazione dell’assistenza<br />
ambulatoriale in tutti i giorni della settimana, nell’arco delle dodici ore<br />
diurne, e l’assistenza domic<strong>il</strong>iare continua, diurna e notturna, non può prescindere<br />
da una reale implementazione della medicina Telematica nel nostro Servizio<br />
Sanitario Nazionale e Regionale.<br />
Le UCCP, infatti, dovranno assicurare, nel rispetto della diffusione cap<strong>il</strong>lare dei<br />
punti di erogazione dell’assistenza ed avvalendosi di personale infermieristico e<br />
di supporto, <strong>il</strong> raccordo e <strong>il</strong> collegamento con <strong>il</strong> distretto, <strong>il</strong> dipartimento, i presidi<br />
ospedalieri e le altre strutture aziendali, nonché la continuità e l’accompagnamento<br />
della persona all’interno del percorso diagnostico terapeutico e assistenziale,<br />
offrendo, a nostro parere, l’opportunità, imperdib<strong>il</strong>e, per la definitiva “messa<br />
a sistema” della Medicina Telematica, onde garantire, nella riorganizzazione<br />
della rete dei medici di medicina generale, l’integrazione tra cure primarie, servizi<br />
di emergenza e di pronto soccorso, cure ospedaliere, assistenza domic<strong>il</strong>iare<br />
e servizio sociali.<br />
In questo scenario, che in pieno condividiamo, l’implementazione delle sopra<br />
menzionate applicazioni cliniche di Medicina Telematica comporterebbe i seguenti<br />
vantaggi:<br />
• Migliorare la qualità di vita dei pazienti, consentendo loro di essere curati a<br />
domic<strong>il</strong>io o comunque <strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e vicino alla loro abitazione.<br />
• Disponib<strong>il</strong>ità di specialisti indipendentemente dal luogo in cui abiti <strong>il</strong> paziente,<br />
migliorando l’assistenza anche in quelle comunità territorialmente sparse.<br />
• Accrescimento della qualità delle decisioni del medico mettendo a sua disposizione,<br />
in modo semplice e veloce, le informazioni esistenti relative al paziente.<br />
182
Seminari paralleli<br />
• Fornire al paziente un servizio migliore ed anche maggiori informazioni sullo<br />
stato della propria salute.<br />
• Incrementare l’efficienza e la produttività del servizio sanitario riducendo <strong>il</strong> lavoro<br />
amministrativo superfluo, quale ad esempio la ribattitura di informazioni<br />
già presenti in forma elettronica, e distribuendo in modo organico i compiti<br />
tra le istituzioni ed <strong>il</strong> personale sanitario.<br />
• Curare <strong>il</strong> rispetto del programma terapeutico e r<strong>il</strong>evare assiduamente ogni<br />
variazione di ordine fisco e clinico che possa richiedere una modifica nella<br />
terapia del paziente.<br />
• Indurre nel paziente un atteggiamento positivo ed indipendente.<br />
• Garantire sicurezza e privacy nello scambio di informazioni mediche di ogni<br />
singolo paziente.<br />
• Garantire una più efficace e tempestiva assistenza diagnostica e terapeutica<br />
soprattutto nei casi di emergenza/urgenza.<br />
• Ridurre i tempi di ricovero dei pazienti e del pendolarismo ospedale-domic<strong>il</strong>io.<br />
• Adattamento dell’assistenza sanitaria alle variazioni temporanee di popolazione<br />
(es. per turismo o per calamità naturale).<br />
• Riduzione dei costi per le stesse Istituzioni garantendo, tramite l’integrazione<br />
socio-sanitaria, un servizio assistenziale domic<strong>il</strong>iare di duplice valenza: una<br />
teleassistenza domic<strong>il</strong>iare cap<strong>il</strong>larmente distribuita su tutti i pazienti a rischio<br />
(anziani, soli, cronici, disab<strong>il</strong>i o comunque “vulnerab<strong>il</strong>i”…), in grado di evidenziare,<br />
in tal modo, quei soli casi, di particolare criticità, che necessitano<br />
anche della presenza fisica del medico curante, ottimizzando così le risorse<br />
disponib<strong>il</strong>i.<br />
In conclusione la Medicina Telematica rende accessib<strong>il</strong>e la migliore assistenza<br />
medica possib<strong>il</strong>e, anche al di là delle barriere geografiche, quando la distanza<br />
può rappresentare un problema o quando <strong>il</strong> problema è rappresentato dallo<br />
stato di “vulnerab<strong>il</strong>ità” dello stesso paziente.<br />
Affinché tutto questo si realizzi, non occorre aspettare domani: la Telemedicina<br />
è già oggi, le tecnologie sono più che mature e sperimentate, anzi di tecnologia<br />
ce ne è anche troppa! La vogliono i cittadini ed anche gli operatori sanitari sono<br />
ormai pronti per iniziare.<br />
La Medicina Telematica non è fantascienza tecnologica o una mirab<strong>il</strong>ia dell’ingegneria,<br />
ma significa prendere atto di ciò che già fa parte della vita di tutti i<br />
giorni e guidarlo nella giusta direzione, nell’interesse primario del cittadino, con <strong>il</strong><br />
medico intermediario tra <strong>il</strong> paziente e le modalità di cura.<br />
183
Capitolo 5<br />
5.9 Chronic care model: l’esperienza toscana ed <strong>il</strong> ruolo della cooperazione medica<br />
5.9.1 La cooperazione medica nella gestione dei servizi alle cure primarie<br />
Maurizio Pozzi 12<br />
Durante <strong>il</strong> seminario è stato approfondito un modello di gestione delle patologie<br />
croniche. È stata valutata l’impostazione della Toscana che ha avviato<br />
la gestione di tali patologie attraverso <strong>il</strong> Chronic Care Model. Il modello è<br />
ritenuto meritevole di essere approfondito e può costituire un impegno per<br />
la medicina generale anche in coerenza con un ragionamento che (come<br />
sindacato e come mondo cooperativo) abbiamo svolto soprattutto riguardo<br />
alla necessità di trasferire risorse (economiche, umane, organizzative) nel<br />
territorio ed in particolare <strong>il</strong> management delle patologie croniche valorizzando<br />
la prevenzione, <strong>il</strong> lavoro di team, lo sv<strong>il</strong>uppo di nuove professionalità.<br />
È dunque positivo che una Regione, in maniera organica, decida di investire<br />
risorse in questa direzione coinvolgendo la medicina generale. Seppure l’investimento<br />
è parziale ed insufficiente rappresenta comunque un significativo<br />
atto di novità, anche rispetto alle altre Regioni.<br />
Valutazioni critiche sull’impostazione del progetto ed elementi di riflessione<br />
possono esser riassunti in tre ordini:<br />
1. Indicazione prioritaria della parte organizzativo-gestionale del modello<br />
centrata su un ruolo diretto di impegno delle aziende sanitarie locali<br />
con fornitura di personale da destinare agli studi dei medici di medicina<br />
generale o addirittura chiamando gli stessi medici ad esercitare questa<br />
attività presso presidi pubblici distrettuali. Esperienza di correzione<br />
dell’impostazione regionale nell’ambito dell’ASL 7 di Siena, dove è stato<br />
possib<strong>il</strong>e concludere un accordo che prevede di “conferire un budget”<br />
a disposizione di ciascun gruppo di medici partecipante che tramite la<br />
cooperativa si è quindi assunto tutti i compiti organizzativo-gestionali e<br />
la fornitura dei “relativi fattori di produzione”. Inoltre tale impostazione<br />
è stata condivisa da Medicina Generale, Coop medica ed ASL 7 quale<br />
fase preliminare all’avvio di UCCP, ritenute <strong>il</strong> vero modello di gestione<br />
territoriale da perseguire.<br />
2. La seconda riflessione riguarda la valutazione sugli indicatori di processo<br />
e di esito. Essendo un progetto in fase di avvio non poteva che prevedere<br />
la prevalenza di indicatori di processo in quanto quelli di esito<br />
richiedono più tempo per essere verificati, tuttavia eccessivi e come tali<br />
elementi di rischi per spostare l’attenzione del modello su un versante<br />
eccessivamente burocratizzato a danno della r<strong>il</strong>evanza clinica. L’indica-<br />
12<br />
Presidente Consorzio Toscano Sanità<br />
184
Seminari paralleli<br />
tore di esito è ovviamente più coerente per la misurazione del successo<br />
(quindi anche strumento adeguato). Inoltre un indicatore di esito ben<br />
individuato specialmente nell’ambito delle patologie croniche (dove è<br />
componente fondamentale l’aderenza da parte del paziente) ricomprende<br />
necessariamente anche tutti gli indicatori di processo e può essere<br />
fortemente rappresentativo persino dell’appropriatezza. Valorizzando<br />
l’esito rispetto al processo si lascia autonomia di gestione clinica ed<br />
organizzativa alla Medicina Generale e si riduce <strong>il</strong> controllo burocratico.<br />
Nel modello della medicina di iniziativa si deve recuperare fino in fondo<br />
l’aspetto dell’atto professionale medico che si caratterizza nel calibrare,<br />
nel modulare, in modo clinicamente corretto, la quantità, la frequenza<br />
e l’intensità dei controlli, garantendo la compliance del paziente, interpretando<br />
e non solo applicando protocolli predefiniti che possono<br />
rimanere assolutamente rigidi, spersonalizzanti <strong>il</strong> rapporto con medicopaziente,<br />
rischiosi di abbandoni da parte dei pazienti.<br />
3. La terza riflessione riguarda <strong>il</strong> ruolo delle professionalità presenti nel team<br />
ed in particolare quella degli infermieri.<br />
Nel modello deliberato dalla Regione Toscana si prevede un r<strong>il</strong>evante ruolo<br />
degli infermieri professionali ed in particolare riguardo all’attività di counseling<br />
nei confronti dei pazienti reclutati, sia in forma individuale che in forma<br />
collettiva. Questo aspetto pone importanti problematiche al Medici di Medicina<br />
Generale (soprattutto ove non si possegga la gestione diretta, compreso<br />
<strong>il</strong> governo dei fattori di produzione) quali: la necessità di elevare <strong>il</strong><br />
contenuto del rapporto di fiducia interpersonale con <strong>il</strong> paziente, pena la<br />
possib<strong>il</strong>ità di essere gradualmente sostituito dall’infermiere; riuscire ad ut<strong>il</strong>izzare<br />
la presenza di nuove figure professionali, in attività nuove, per accrescere<br />
la propria professionalità e quella percepita dal paziente; rifuggire<br />
modelli eccessivamente schematici e ripetitivi, purtroppo spesso promossi e<br />
sostenuti dalla parte pubblica.<br />
Nel modello senese abbiamo sv<strong>il</strong>uppato una iniziativa aggiuntiva, caratterizzata<br />
dalla valutazione del prof<strong>il</strong>o psicologico-emozionale del paziente (in<br />
corso uno studio con <strong>il</strong> gruppo di psichiatria dell’Ospedale S. Raffaele di M<strong>il</strong>ano).<br />
Elemento che riteniamo possa comportare diverse ut<strong>il</strong>i conseguenze:<br />
una nostra crescita professionale; che ci mette in condizione di rafforzare <strong>il</strong><br />
ruolo di confidente del paziente; di personalizzare <strong>il</strong> percorso di gestione della<br />
patologia cronica; di avere un ulteriore importante elemento per incidere<br />
sulla compliance del paziente al percorso; uno strumento ut<strong>il</strong>e per l’appropriatezza;<br />
una prerogativa indispensab<strong>il</strong>e per rapporti nuovi e corretti con<br />
la specialistica.<br />
185
Capitolo 5<br />
5.10 Le cooperative di medicina generale: governance societaria e modelli di<br />
gestione<br />
5.10.1 Cooperative per la gestione delle UCCP<br />
Gianfranco Piseri 13<br />
Negli ultimi anni le cooperative hanno rappresentato uno dei pochi strumenti<br />
capaci di operare e di dare una risposta organizzativa funzionale alle esigenze<br />
di gestione di forme complesse di organizzazione dei servizi sul territorio nell’interesse<br />
e come supporto ai medici.<br />
Rispetto all’esperienza cooperativa, che si è realizzata in molte realtà, e che in<br />
parte è stata <strong>il</strong>lustrata nei diversi interventi sottolineando i problemi (<strong>il</strong> personale<br />
di studio, le strutture, le prestazioni, le reti informative), si può evidenziare come<br />
nel progetto di nascita delle UCCP queste esperienze possono diventare un elemento<br />
di forza e avere un forte incremento. Si è cercato di definire quali potrebbero<br />
essere i modelli organizzativi e funzionali adatti a questo scopo, ad esempio<br />
la dimensione delle imprese, l’ut<strong>il</strong>izzo di strumenti che nella nuova legislazione<br />
societaria possono essere ut<strong>il</strong>i a questo fine.<br />
L’idea che è emersa dal seminario riguarda la possib<strong>il</strong>ità prevista dalla legislazione<br />
cooperativa, di avere come membri all’interno del consiglio di amministrazione<br />
della cooperativa, in numero minoritario, soggetti che non siano soci<br />
ma tecnici competenti. Questo può permettere l’inserimento di competenze e<br />
capacità che in molte esperienze di cooperative sono state ut<strong>il</strong>issime nella fase<br />
di start up e di sv<strong>il</strong>uppo.<br />
Le cooperative presenti, che svolgono diverse attività, hanno svolto una analisi,<br />
durante i seminari, approfondendo gli aspetti di gestione della complessità dei<br />
servizi realizzati e da realizzare a partire dalla gestione delle sedi e dalle potenzialità<br />
che possono derivare dai diversi modelli organizzativi. Si è valutato come<br />
tutti questi aspetti gestionali possono trovare nello strumento cooperativo uno<br />
elemento importante.<br />
Questo pone, ovviamente, nuovi problemi, primo fra tutti quello dei soci della<br />
cooperativa perché le cooperative sono, per principio, società aperte; per questo<br />
va definito in modo chiaro, all’interno dello Statuto delle Cooperative, quali<br />
sono i requisiti fondamentali dei soci che chiedono di aderire alle cooperative.<br />
Nelle Cooperative di Medici di Medicina generale requisito fondamentale deve<br />
essere l’esercizio della attività di Medico di Medicina Generale iscritto all’Albo.<br />
13<br />
Responsab<strong>il</strong>e Nazionale Settore Multiservizi ANCST<br />
186
Seminari paralleli<br />
Un ulteriore problema riguarda la definizione di criteri interni di gestione della cooperativa,<br />
poiché è indispensab<strong>il</strong>e che le cooperative si dotino di regolamenti<br />
per l’accesso ai servizi che erogano ai soci. Sulla base di questi regolamenti si<br />
definiscono in modo chiaro i contratti individuali con i singoli soci e dunque <strong>il</strong><br />
rapporto tra soci e cooperativa non è più lasciato alla discrezione tra le parti ma<br />
nasce da una forma oggettiva che viene approvata dall’assemblea dei soci.<br />
Sono stati analizzati, infine, due nuovi strumenti societari che possono risultare<br />
importanti per l’elaborazione di progetti delle UCCP e per la collaborazione con<br />
soggetti diversi che sono da una parte la costituzione di un gruppo cooperativo<br />
paritetico e la rete d’impresa. Il Gruppo cooperativo paritetico consente a diverse<br />
cooperative di costituire un rapporto stretto tra cooperative volto ad un fine,<br />
cioè un progetto, delegando ad una o più cooperative parti del progetto. In<br />
progetti di gestione delle cronicità sul territorio può rappresentare uno strumento<br />
ag<strong>il</strong>e e semplice che va governato bene ma ut<strong>il</strong>e per realizzare progetti mirati.<br />
Rappresenta, inoltre, un elemento voluto ed introdotto dalle centrali cooperative<br />
durante la discussione sulla Riforma del Diritto societario e intorno al quale si<br />
è cominciato a fare delle esperienze che trovate in diversi testi, libri, convegni.<br />
Questo è un modello ut<strong>il</strong>e per la cooperazione medica in rapporto ad altre cooperative<br />
che comporta la definizione chiara di una mission e di progetti effettivi<br />
senza imporre una forma societaria stab<strong>il</strong>e che porterebbe a costi ulteriori.<br />
Un’ altra importante forma di organizzazione societaria è rappresentata dalla<br />
Rete d’Impresa, che definisce un modello d collaborazione tra soggetti diversi<br />
con una regolamentazione che si sta definendo nell’esperienza concreta. Può<br />
rappresentare uno strumento ut<strong>il</strong>e per questa esigenza di flessib<strong>il</strong>ità e di integrazione<br />
perché uno degli scopi fondamentali delle UCCP è di mettere in rete più<br />
competenze e più capacità.<br />
Infine insieme al Avv. Mauro Iengo abbiamo pensato di presentare una nota su<br />
tali strumenti del diritto societario in modo che venga mantenuta negli agli atti<br />
del congresso.<br />
5.11 Mission della Cooperativa di Medici Medicina Generale<br />
Mauro Iengo 14<br />
La riflessione sul modello di governance delle società cooperative sta sempre più<br />
coincidendo con quella generale sul loro ruolo economico e sociale.<br />
14<br />
Responsab<strong>il</strong>e Ufficio Legislativo Legacoop Nazionale<br />
187
Capitolo 5<br />
Nel corso degli ultimi decenni <strong>il</strong> miglioramento dei livelli di efficienza della cooperazione<br />
si è accompagnato con la tutela del lavoro, con la salvaguardia<br />
dell’occupazione, con la difesa del potere di acquisto dei cittadini, con <strong>il</strong> rispetto<br />
dell’ambiente, con la cultura della responsab<strong>il</strong>ità sociale e della partecipazione<br />
dei soci. Perché nell’idea cooperativa è insita un’idea di sv<strong>il</strong>uppo per cui l’efficienza<br />
è al servizio delle persone e delle comunità, per consentire loro di perseguire<br />
ciò che ha valore (la mutualità, la partecipazione, la libertà, la solidarietà),<br />
oltre gli interessi e i bisogni personali.<br />
I vantaggi del modello cooperativo possono essere sintetizzati, in ultima istanza,<br />
nel senso di appartenenza e nella fiducia che hanno i soci nell’operato della<br />
cooperativa stessa per soddisfare bisogni reali delle persone. Ciò la rende un’impresa<br />
“moderna” attenta ai vincoli dell’economia e preoccupata delle persone,<br />
in primo luogo della crescita non solo economica dei propri soci.<br />
Da più parti e con molta enfasi viene evidenziato come nelle carenze di cultura<br />
manageriale risieda un preciso deficit dell’impresa italiana in quanto, per ragioni<br />
radicate nella struttura stessa del tessuto produttivo, prevalgono comportamenti<br />
dirigenziali ispirati alla vicinanza e alla lealtà verso la proprietà, anziché comportamenti<br />
volti a conseguire la maggiore efficienza.<br />
Si tratta di un problema generale che trova oggi una declinazione nuova: la<br />
cultura manageriale legata al solo obiettivo della massimizzazione del profitto<br />
nel breve periodo è entrata in crisi, insieme al sistema che l’aveva generata, e si<br />
avverte la necessità di un management legato a solidi valori e ad una visione di<br />
lungo periodo.<br />
Nel mondo cooperativo si sono sv<strong>il</strong>uppate esperienze, anche originali, di cultura<br />
dirigenziale. Vi sono stati nel passato anche casi di scarsa coerenza tra valori<br />
dichiarati e st<strong>il</strong>i direzionali effettivamente praticati. Ma <strong>il</strong> mondo cooperativo<br />
ha dimostrato di possedere anticorpi adeguati per affrontare tali situazioni, che<br />
possono ovviamente riproporsi. Lo scopo non è solo quello di prevenire comportamenti<br />
non conformi ma, soprattutto, quello di offrire valori di riferimento e un<br />
modello operativo, caratterizzato da un elevato grado di democrazia interna,<br />
che hanno generato st<strong>il</strong>i e modalità dirigenziali che, nel contesto complessivo,<br />
potrebbero essere di interesse più generale. Occorre dare sistematicità a queste<br />
esperienze ed elaborazioni, potenziare e qualificare le strutture formative, allacciare<br />
e consolidare rapporti stab<strong>il</strong>i di collaborazione con qualificate scuole di<br />
management, a partire da quelle strutture formative già attive che hanno conseguito<br />
significativi risultati.<br />
In altre parole, occorre curare con maggiore attenzione la composizione della<br />
base sociale, anche come presupposto per garantire alla cooperativa gruppi<br />
188
Seminari paralleli<br />
dirigenti adeguati sia sul piano manageriale che su quello mutualistico. In altre<br />
parole, la qualità degli amministratori si fonda e dipende dalla qualità dei soci<br />
cooperatori.<br />
Mi è parso corretto aprire la presente relazione sulla governance delle cooperative<br />
di medici di medicina generale con alcuni concetti contenuti negli Atti del<br />
… Congresso di Legacoop perché essi sono assolutamente pertinenti a tale categoria<br />
di cooperative, nonostante sia caratterizzata da uno “scopo mutualistico<br />
di servizio” in favore dei soci.<br />
Dalla riforma del diritto societario (d.lgs 6 del 2003) è ormai evidente che non<br />
possiamo più considerare anc<strong>il</strong>lari le regole che disciplinano <strong>il</strong> modello di governance<br />
delle cooperative rispetto a quelle che ne caratterizzavano l’assetto<br />
patrimoniale e <strong>il</strong> relativo regime fiscale. Al contrario, le peculiarità del modello<br />
cooperativo –nel confronto con le altre forme societarie- risiederanno con sempre<br />
maggiore nettezza sulle dinamiche che regolano la governance della cooperativa,<br />
in coerenza con <strong>il</strong> quadro di valori che l’ordinamento italiano ha inteso<br />
confermare e valorizzare.<br />
Dinamiche peraltro affidate in gran parte alla volontà assembleare delle cooperative<br />
se si considera che la riforma del diritto societario ha incrementato in<br />
modo notevole l’autonomia statutaria delle imprese cooperative, dando loro<br />
diverse opzioni nel definire e regolamentare <strong>il</strong> rapporto con i soci e <strong>il</strong> ruolo degli<br />
organi sociali.<br />
Anche per tale motivo, quando si approfondisce <strong>il</strong> tema della governance delle<br />
cooperative, non si può certo pensare di ragionare su un unico modello. I fattori<br />
in gioco possono essere numerosi:<br />
• le differenti espressioni dello scambio mutualistico, riassumib<strong>il</strong>i nei convenzionali<br />
settori della cooperazione di utenza, di lavoro e di supporto, così come<br />
definiti dall’articolo 2512 c.c.;<br />
• le differenti dimensioni della base sociale, le quali possono persino determinare<br />
un differente quadro normativo di riferimento (quello della SRL qualora<br />
la compagine sociale sia ristretta e/o esiguo l’assetto patrimoniale; quello<br />
della SPA nei casi contrari);<br />
• l’omogeneità o la pluralità di interessi presenti in una cooperativa (pluralità<br />
che può esprimersi nella presenza di più scambi mutualistici; nella presenza<br />
di soci finanziatori; nella partecipazione della cooperativa al capitale di società<br />
ordinarie; etc).<br />
Fattori che peraltro possono combinarsi in modo differente da cooperativa a<br />
cooperativa. In occasione del V Convegno nazionale ANCoM “La salute come<br />
189
Capitolo 5<br />
bene comune nel Welfare delle opportunità”, ho avuto occasione di relazionare<br />
sul tema della governance delle cooperative in genere e delle cooperative di<br />
medicina generale in particolare. E oltre alla ovvia consapevolezza dell’importanza<br />
del tema in vista degli impegni complessi che le cooperative di medici<br />
debbono sostenere nel prossimo futuro, sia nei confronti dei medici stessi, sia nei<br />
confronti del sistema sanitario di riferimento, è emersa con nettezza la necessità<br />
di sv<strong>il</strong>uppare alcuni temi particolari per <strong>il</strong> carattere strategico che essi possono<br />
assumere nel migliorare le modalità di governo delle cooperative e i rapporti tra<br />
i soci.<br />
Il primo riguarda l’applicazione di uno dei principi generali della cooperazione,<br />
cioè quello della porta aperta, con particolare riguardo all’ammissione di nuovi<br />
soci nella compagine sociale della cooperativa.<br />
Sappiamo che la competenza degli amministratori in materia di ammissione di<br />
nuovi soci, e la relativa clausola di gradimento ex lege, corrispondono ad un tratto<br />
caratteristico della società cooperativa, rappresentato dal carattere mutualistico<br />
della società, che comporta l’esigenza che <strong>il</strong> socio partecipi direttamente<br />
all’attività della stessa. L’ammissione del nuovo socio, quindi, non si limita a modificare<br />
la compagine, ma rappresenta sempre anche un atto di gestione dell’impresa<br />
(assunzione di un nuovo lavoratore, di un nuovo fornitore o di un nuovo<br />
utente). Sappiamo anche che <strong>il</strong> potere degli amministratori trova nella legge<br />
importanti temperamenti, tra i quali ricordo <strong>il</strong> vincolo di ammettere soggetti che<br />
abbiano i requisiti professionali previsti dallo statuto; <strong>il</strong> rispetto di “criteri non discriminatori<br />
coerenti con lo scopo mutualistico e l’attività economica svolta” e<br />
del principio di pari trattamento nella costituzione, oltre che nell’esecuzione, dei<br />
rapporti mutualistici; l’obbligo del CdA di motivare l’eventuale provvedimento<br />
di rigetto e comunicarlo al soggetto interessato affinché quest’ultimo possa ricorrere<br />
all’organo assembleare qualora non sia soddisfatto delle ragioni espresse<br />
dall’organo amministrativo. L’assemblea può poi decidere se confermare <strong>il</strong><br />
provvedimento del Cda oppure esprimere un atto favorevole all’ammissione<br />
dell’aspirante socio, rispetto al quale <strong>il</strong> CdA deve uniformarsi.<br />
Queste sono le regole generali per disciplinare l’ingresso di nuovi soci, ma potrebbe<br />
essere considerata un’ulteriore modalità che è quella riferib<strong>il</strong>e alla categoria<br />
dei soci speciali (art. 2527, comma 3), la cui adozione può effettivamente<br />
determinare una dinamica diversa nella formazione della compagine sociale.<br />
La norma, infatti, attribuisce al CdA di ammettere nuovi soci inserendoli in una<br />
categoria speciale potendo attribuire loro diritti differenziati in funzione delle esigenze<br />
di formazione (professionale) del socio ovvero di un suo inserimento nella<br />
attività mutualistica, prefigurando la possib<strong>il</strong>ità che, sulla base di previsioni statutarie,<br />
i soci speciali abbiano diritti ed obblighi inferiori rispetto a quelli dei soci<br />
ordinari.<br />
190
Seminari paralleli<br />
Per tale motivo, gli statuti debbono fornire indicazioni rigorose, con particolare<br />
riguardo ai diritti relativi alla prestazione mutualistica (retribuzione del lavoro,<br />
prezzo del conferimento, etc), i quali non possono certo essere diversi da quelli<br />
dei soci ordinari.<br />
Si può prevedere statutariamente che <strong>il</strong> socio speciale sottoscriva una quota di<br />
capitale sociale inferiore a quella prevista per i soci ordinari ovvero si può prevedere<br />
un apporto mutualistico differenziato sia sul piano qualitativo che quantitativo.<br />
Ovviamente, i diritti relativi ai dividendi e al ristorno saranno inferiori rispetto<br />
a quelli dei soci ordinari, ma in termini relativi e non assoluti.<br />
Per quanto riguarda i diritti di partecipazione agli organi sociali, le ipotesi possono<br />
essere diverse:<br />
• si può prevedere un diritto di partecipazione in assemblea senza diritto di<br />
voto ovvero un voto limitato a particolari argomenti (approvazione del b<strong>il</strong>ancio,<br />
escludendo temi che investano compiti gestionali dell’assemblea) o<br />
in presenza di determinate situazioni (articolo 2351 c.c.).<br />
• non può rappresentare in assemblea i soci cooperatori ordinari;<br />
• non può essere eletto nel consiglio di amministrazione della cooperativa;<br />
• non possono essere computati ai fini dell’esercizio dei diritti previsti dall’articolo<br />
2545-bis del codice civ<strong>il</strong>e.<br />
Ho dedicato un certo spazio alla categoria dei soci speciali perché penso che le<br />
cooperative tra medici possano adottarla, non tanto per gli scopi di formazione<br />
professionale, quanto per le finalità di inserimento nella società.<br />
In altre parole, la categoria dei soci speciali può essere ut<strong>il</strong>e per consentire alle<br />
parti interessate (cooperativa e medico) di conoscersi reciprocamente: di verificare<br />
se <strong>il</strong> professionista si inserisce correttamente ed efficacemente nei “protocolli”,<br />
nei meccanismi adottati dalla cooperativa, e -viceversa- se la cooperativa<br />
risponde alle aspettative del professionista stesso. Insomma, può equivalere<br />
ad un periodo di convivenza prestab<strong>il</strong>ito, superato <strong>il</strong> quale si può decidere <strong>il</strong> matrimonio.<br />
Il principio della porta aperta non è declinab<strong>il</strong>e unicamente nel senso dell’ingresso<br />
di soci nella compagine sociale, ma anche – ovviamente - nel senso della loro<br />
uscita. Generalmente non si presta particolare attenzione ai temi del recesso o<br />
dell’esclusione dei soci dalla cooperativa, perché l’istinto è semmai quello di allargare<br />
<strong>il</strong> raggio d’azione mutualistico ad altri soggetti interessati. Tuttavia, questo<br />
approccio è sbagliato e rende spesso deboli gli strumenti della cooperativa volti<br />
a ridimensionare gli effetti dei recessi da parte dei soci o di loro comportamenti<br />
contrari alle norme statutarie.<br />
191
Capitolo 5<br />
Occorre quindi dedicare maggiore cura agli Statuti e ai Regolamenti, soprattutto<br />
a questi ultimi, per regolare in particolare i casi di esclusione. Quest’ultimo<br />
istituto deve essere considerato l’ultima “ratio”, che deve essere preceduta<br />
da sanzioni intermedie (ad esempio la sospensione dei servizi erogati<br />
dalla cooperativa o sanzioni pecuniarie) che consentano alla cooperativa di<br />
esercitare un deterrente contro comportamenti pregiudizievoli o passivi dei<br />
soci, tali da compromettere gli obiettivi assunti dalla cooperativa verso le ASL<br />
o altri Enti.<br />
Come accennato in premessa, la qualità degli amministratori si fonda e dipende<br />
dalla qualità dei soci cooperatori. Per questo motivo è stata data<br />
particolare enfasi al principio della porta aperta. Tuttavia, nell’ambito delle<br />
cooperative di medicina generale è frequente registrare un fenomeno per<br />
alcuni versi contraddittorio: lo scopo primario delle cooperative in esame è<br />
indubbiamente quello di consentire ai soci medici di concentrarsi sul proprio<br />
lavoro, svolgerlo nelle migliori condizioni possib<strong>il</strong>i, liberi da qualsiasi onere e<br />
difficoltà (compresi quelli di gestire una società), scopo che tuttavia si scontra<br />
-soprattutto nelle imprese di minori dimensioni- con la crescente importanza<br />
e complessità che l’azione delle cooperative sta assumendo nel Sistema Sanitario<br />
Nazionale e che richiede ai medici capacità manageriali sempre più<br />
sofisticate.<br />
Una soluzione potrebbe essere quella di avvalersi della possib<strong>il</strong>ità, prevista dal<br />
Cod. civ. (art. 2542), di eleggere nel CdA anche amministratori che non siano<br />
medici, ma abbiano capacità e professionalità adeguate a condurre una<br />
società. La condizione è che essi siano sempre in una condizione di minoranza.<br />
In altre parole, non possono mai assumere <strong>il</strong> controllo della cooperativa in<br />
quanto la maggioranza dei membri del CdA deve sempre essere espressione<br />
dei soci cooperatori (medici).<br />
Infine, è emersa la necessità/opportunità che le cooperative di medici assumano<br />
nel territorio regionale condotte e protocolli operativi sempre più omogenei.<br />
Questo non significa necessariamente procedere a fusioni, ma ricorrere<br />
a strumenti – come <strong>il</strong> Gruppo Cooperativo Paritetico – che consentano di raggiungere<br />
l’obiettivo efficacemente.<br />
Si tratta di un contratto con <strong>il</strong> quale più cooperative possono decidere di standardizzare<br />
le loro prestazioni avvalendosi delle migliori capacità e know-how<br />
presenti nel pool di imprese stipulanti. Nel contratto sarà possib<strong>il</strong>e individuare<br />
una cooperativa capogruppo o costituire un Comitato (al quale possono partecipare<br />
tutte le cooperative coinvolte) al quale affidare compiti di direzione<br />
e coordinamento. Le direttive della Capogruppo o del Comitato sono vincolanti<br />
nei confronti di tutte le cooperative partecipanti.<br />
192
Seminari paralleli<br />
Ad oggi <strong>il</strong> GCP ha fondamentalmente dato soluzione a tre diverse esigenze:<br />
• la prima è quella di realizzare sul mercato di riferimento – territoriale o nazionale<br />
– un’offerta cooperativa omogenea, caratterizzata cioè dalla presenza<br />
di cooperative che operano con comuni protocolli organizzativi, finanziari,<br />
di marketing, etc, grazie alla direzione e al coordinamento svolto da una<br />
cooperativa (o più cooperative) in possesso del know-how migliore e più<br />
efficiente;<br />
• la seconda è quella di creare le condizioni affinchè una cooperativa, che<br />
intervenga finanziariamente in favore di altra che versi in condizioni critiche –<br />
sotto <strong>il</strong> prof<strong>il</strong>o imprenditoriale ed economico -, possa esercitare un’attività di<br />
direzione e coordinamento che le consenta di tutelare <strong>il</strong> proprio investimento<br />
e di svolgere nei confronti di quest’ultima un ruolo di “tutoraggio”;<br />
• la terza è quella di preparare la fusione tra due o più cooperative. L’omogeneizzazione<br />
dei comportamenti e dei rispettivi assetti organizzativi è finalizzata<br />
in questo caso a rendere più agevole l’incorporazione di una cooperativa<br />
da un’altra o la nascita di un nuovo soggetto cooperativo.<br />
Non che le diverse esigenze siano tra loro alternative. Si può partire con un obiettivo<br />
ed arrivare a decidere l’altro.<br />
5.12 Ma la UCCP potrà esistere senza una cooperativa?<br />
Antonio Tartaglione 15<br />
L’evoluzione dell’Assistenza primaria sul territorio sta superando progressivamente<br />
la caratteristica di pratica professionale individuale isolata e richiede sempre<br />
più livelli organizzativi crescenti che consentano la collaborazione fra medici di<br />
medicina generale (MMG), <strong>il</strong> supporto di professionisti non medici, l’impiego di<br />
tecnologie diverse compresa la ICT.<br />
Il fenomeno della Cooperazione tra MMG, in oltre dieci anni di attività sul<br />
territorio nazionale, ha maturato un patrimonio di esperienza che non deve<br />
essere disperso, e che può essere una risorsa anche per le nuove forme associative<br />
complesse previste dall’Accordo collettivo nazionale per la medicina<br />
generale (ACN).<br />
Le diverse tipologie di società di servizio (Società a responsab<strong>il</strong>ità limitata, studi<br />
associati, Società Cooperative a responsab<strong>il</strong>ità limitata) per motivi diversi, sono<br />
diventati strumenti ut<strong>il</strong>i per favorire e sostenere questa evoluzione.<br />
15<br />
Segretario Provinciale FIMMG Isernia<br />
193
Capitolo 5<br />
Le Cooperative di MMG costituiscono, allo stato attuale, la più grande opportunità<br />
sulla strada della realizzazione delle prime UCCP, perché offrono la possib<strong>il</strong>ità<br />
di superare in tempi brevi ostacoli organizzativi, amministrativi e legali altrimenti<br />
di diffic<strong>il</strong>e soluzione.<br />
Le società di servizio in medicina generale, secondo la FIMMG, devono tendere<br />
progressivamente al raggiungimento del rispetto delle seguenti regole:<br />
a. prevedere partecipazione paritaria al capitale sociale (per scelta statutaria)<br />
b. rispettare <strong>il</strong> principio della porta aperta per immissione soci o quanto meno<br />
prevedere per statuto la regola che eventuali medici di medicina generale<br />
debbano essere sempre accolti e senza sovrapprezzo azionario contribuendo<br />
in modo equo al patrimonio storico<br />
c. non prevedere la distribuzione finanziaria di ut<strong>il</strong>i quando le società di servizio<br />
debbano gestire per conto del SSN e regionale budget di risorse finanziarie<br />
d. avere quali scopi sociali prevalentemente la produzione e la fornitura di beni<br />
e servizi ut<strong>il</strong>i all’esercizio individuale della professione medica e di attività proprie<br />
della medicina generale, nell’ambito dell’applicazione dell’ACN e di<br />
attività che non configurino per i singoli professionisti situazioni di incompatib<strong>il</strong>ità<br />
previste dal medesimo ACN.<br />
Il ruolo della Cooperativa dei MMG inizialmente può limitarsi, dunque, anche<br />
solo a una funzione di supporto. Ma, nel futuro, potrebbero anche aprirsi nuovi<br />
scenari, per esempio, attraverso la revisione della Legge 8 novembre 1991,<br />
n. 381(disciplina delle cooperative sociali), oppure attraverso l’inserimento delle<br />
Cooperative Mediche nei Consorzi Sociali.<br />
In questi casi le Cooperative potrebbero contribuire a fornire su tutto <strong>il</strong> territorio<br />
servizi più ampi in risposta ai bisogni socio-sanitari dei cittadini. Vi sono già esempi<br />
proficui di Consorzi Sociali con all’interno Cooperative di MMG, anche in CDA,<br />
che gestiscono RSA, Centri Polifunzionali, Assistenza Domic<strong>il</strong>iare Integrata, ecc.<br />
La natura no-profit, propria e strutturale del sistema cooperativo, è una garanzia<br />
contro interessi speculativi e assume un ruolo fondamentale in questo processo in<br />
quanto non è ammesso un uso privatistico dei propri capitali, delle proprie risorse,<br />
delle proprie professionalità e delle proprie tecnologie. Essa assume inoltre la<br />
responsab<strong>il</strong>ità di agire in una Funzione Pubblica in maniera autonoma, sussidiaria<br />
e non sostitutiva delle responsab<strong>il</strong>ità e delle funzioni dello Stato e delle regioni,<br />
nelle loro diverse articolazioni, e tutto questo va anche nella direzione indicata<br />
nell’ultimo Libro Bianco del Governo.<br />
Questa nuova visione vede la Medicina Generale, con le sue forme associative<br />
semplici e più complesse, con le sue Cooperative, posizionata nella centrale<br />
194
Seminari paralleli<br />
operativa di una vera e propria “Rete di servizi socio-sanitari del Territorio” e la<br />
trova quindi nella veste di protagonista di un rinnovamento che ha valenza r<strong>il</strong>evante<br />
anche sul piano del rinnovamento culturale.<br />
Molto, infatti, va fatto per formare i MMG e tutti gli altri operatori interessati a questa<br />
dimensione di gruppo dell’assistenza primaria, e molto va fatto per prepararli<br />
ai nuovi compiti, allargando <strong>il</strong> loro orizzonte e implementando sinergie e collaborazione<br />
anche nella direzione dell’integrazione ospedale-territorio, anche nel<br />
campo della formazione.<br />
La Medicina generale quindi, anche attraverso le proprie cooperative, non solo<br />
potrà avere attività di carattere prestazionale, ma potrà sv<strong>il</strong>uppare al meglio anche<br />
le attività di governo della domanda di servizi socio-sanitari in ambiti di particolare<br />
complessità e multidisciplinarità come sono quelli della Medicina del territorio.<br />
In quest’ottica, ovviamente, è importante la collaborazione con <strong>il</strong> Distretto Sanitario<br />
di Base (DSB) che dovrà essere proficua e costante, anche alla luce di un<br />
necessario ricollocamento del DSB i cui compiti sono ben più ampi e più complessi<br />
rispetto a quelli di una Rete Integrata della Medicina del Territorio creata<br />
dalla sola sinergia tra UCCP e Cooperative Mediche e in cui agisce in primo<br />
piano <strong>il</strong> medico di Assistenza primaria.<br />
Il DSB ha tutta una serie di funzioni e compiti di altissima r<strong>il</strong>evanza che dovrà realizzare<br />
in modo completo ed efficiente e inoltre dovrà essere <strong>il</strong> centro principale<br />
del Territorio con <strong>il</strong> compito di implementare <strong>il</strong> processo di integrazione sociosanitaria.<br />
Inoltre spetta al DSB promuovere le verifiche e i controlli dei progetti<br />
socio-sanitari gestiti dai Medici di AP nelle UCCP con gli altri Settori impegnati nel<br />
Socio-Sanitario, dagli enti locali al Volontariato.<br />
Quindi <strong>il</strong> Distretto deve tendere in varie forme a fare da semplice committente<br />
dei servizi e, coerentemente a questo indirizzo, dovrebbe escludere ogni presa<br />
in carico di fornitura diretta del personale e del supporto tecnico che necessita<br />
alle UCCP stesse. Anche immaginando che, limitatamente all’attuazione delle<br />
UCCP, le regioni decidano di contraddire questa loro politica di fondo, rimane<br />
vero che, nella la maggior parte dei casi, le Asl non hanno le competenze e le<br />
risorse umane ed economiche per organizzare e far funzionare le UCCP.<br />
L’ACN prevede per le UCCP una contrattazione regionale per definirne l’assetto<br />
organizzativo, gestionale, logistico/strutturale e finanziario.<br />
Per quanto riguarda <strong>il</strong> finanziamento dei fattori di produzione (collaboratori di studio,<br />
infermieri, sede degli studi o Centri sanitari polifunzionali, gestionali e sistema<br />
195
Capitolo 5<br />
informativo, tecnologia, ecc.) prevede due possib<strong>il</strong>i modalità di finanziamento.<br />
L’ACN da una parte parla di fornitura diretta dei fattori di produzione dalla Asl e,<br />
dall’altra, parla di fornitura indiretta di finanziamento ai medici di famiglia.<br />
Per ciò che riguarda la prima formula, ovvero la fornitura diretta dei fattori di<br />
produzione, va tenuto conto che <strong>il</strong> SSN da anni promuove l’idea del Distretto Sanitario<br />
di Base (DSB) come soggetto che si deve occupare solo di pianificazione,<br />
acquisto, controllo e non di produzione e commercializzazione di servizi.<br />
Va tenuto conto, inoltre, che i MMG, in quanto liberi professionisti, ancorché<br />
parasubordinati, sono soggetti diffic<strong>il</strong>mente “inquadrab<strong>il</strong>i” in ruoli culturalmente<br />
più consoni al personale dipendente, in un momento, oltretutto, in cui<br />
vanno evitate contrapposizioni e confusione di ruoli avendo bisogno di tutta<br />
la loro collaborazione consapevole, volontaria e non forzata, per rimodulare<br />
<strong>il</strong> SSN al fine di mettere sotto controllo la spesa sanitaria.<br />
Per ciò che riguarda la seconda formula, ovvero l‘avvio e la gestione diretta da<br />
parte dei medici delle UCCP, l’ACN del 27/05/09, norma finale n. 19, ha chiarito<br />
che, se previsto dagli accordi regionali, i MMG componenti le UCCP possono<br />
impiegare i finanziamenti indiretti erogati ut<strong>il</strong>izzando proprie società di servizio<br />
anche cooperative, al fine di assicurare beni e servizi ai medici stessi.<br />
La UCCP dal punto di vista della organizzazione giuridica si può configurare<br />
quale “Associazione non Riconosciuta”. Nel caso che la UCCP abbia sede in<br />
una struttura della Azienda Sanitaria, dunque, saranno gli Accordi regionali ad<br />
individuarne specifiche funzioni, compiti e le responsab<strong>il</strong>ità del referente unico<br />
e dovranno definire anche la figura giuridica di quest’ultimo e <strong>il</strong> relativo compenso.<br />
Nel caso in cui la struttura della UCCP dovesse essere in una sede non gestita<br />
dall’Azienda o dal Distretto, affidata direttamente ai MMG, <strong>il</strong> ruolo del Referente<br />
unico dell’UCCP giuridicamente potrebbe essere assim<strong>il</strong>ato a quello<br />
proprio del “responsab<strong>il</strong>e-presidente” di una Associazione non Riconosciuta<br />
(ANR). Questo lo espone a tutta una serie di limiti operativi e a conseguenze<br />
anche giuridiche da non sottovalutare.<br />
Infatti l’ANR non ha:<br />
a. responsab<strong>il</strong>ità limitata,<br />
b. personalità giuridica,<br />
c. capacità d’impresa,<br />
Quindi in essa la responsab<strong>il</strong>ità degli atti adottati è in capo al responsab<strong>il</strong>e che<br />
ne risponde direttamente e con <strong>il</strong> proprio capitale.<br />
196
Seminari paralleli<br />
Le cose poi diventano ancora più complesse se la dotazione della struttura e<br />
l’ut<strong>il</strong>izzo del personale non medico avviene attraverso la forma del finanziamento<br />
diretto al medico. Infatti in questo caso alla UCCP-ANR viene rimesso un capitale,<br />
che al di là agli aspetti fiscali complicati dall’aggravio dell’IVA per ogni<br />
transazione effettuata, coinvolge <strong>il</strong> Referente unico in tutta una serie di altre responsab<strong>il</strong>ità<br />
dirette (basti pensare al Testo Unico per la sicurezza).<br />
Per tutelare la figura del Referente e, conseguentemente, anche gli altri associati<br />
che lo scelgono, per dare un supporto amministrativo a tutta l’organizzazione<br />
dell’UCCP, le Cooperative Mediche di Servizio possono dare un contributo risolutivo.<br />
Nell’UCCP si realizza l’ottimizzazione delle risorse logistiche, strutturali, umane,<br />
professionali ed economiche, <strong>il</strong> superamento di schematismi e mansionari rigidi<br />
di lavoro e <strong>il</strong> rispetto dell’approccio olistico al paziente tipico dell’Assistenza<br />
Primaria. Il ruolo svolto dal Volontariato anche nell’ambito dell’organizzazione<br />
dell’UCCP può risultare molto importante, sia se svolto da singoli individui sia da<br />
Associazioni, su programmi concordati e con personale preparato che si impegni<br />
per tempi determinati. In questi compiti infatti <strong>il</strong> personale volontario deve<br />
poter offrire un supporto continuativo e non saltuario in quanto sono sì necessari i<br />
servizi volontari, ma questi devono poter essere assicurati con regolarità e modalità<br />
ben precise, e integrati in un piano assistenziale a volte complesso.<br />
Il coinvolgimento, in questo progetto, delle organizzazioni provenienti dal mondo<br />
del Volontariato è di grande r<strong>il</strong>evanza.<br />
L’opera di queste figure, molto spesso dotate di particolare professionalità, è di<br />
fondamentale importanza per permettere che l’assistenza in ospedale, ma anche<br />
in RSA, sia la più vicina possib<strong>il</strong>e a quella che si realizza all’interno delle mura<br />
domestiche e con <strong>il</strong> calore dei propri fam<strong>il</strong>iari.<br />
5.13 Sistemi gis, reti nodali e dati sanitari: nuove opportunità per gli studi clinici e<br />
gestionali<br />
5.13.1 Reti di Associazioni Farmacologiche<br />
Mario De Santis 16<br />
Una rete è in generale formata da nodi (nodes) e linee (edges) che li connettono.<br />
Estrarre un significato da una rete non è ovvio e dipende in parte da cosa<br />
sono in realtà i nodi e le linee.<br />
16<br />
Presidente Società di Sanità in Rete di Salerno<br />
197
Capitolo 5<br />
La teoria delle reti riesce a dare delle informazioni “pure”, cioè indipendenti dalla<br />
reale interpretazione dei componenti della rete. I tipi di informazione che si ottengono<br />
sono l’eventuale orientamento della rete, <strong>il</strong> grado di raggruppamento<br />
dei nodi (clustering), <strong>il</strong> grado di connessione dei nodi tra loro (degree), ecc.<br />
Normalmente le lunghezze delle linee che connettono i nodi non sono considerate<br />
influenti sulla rete, e i nodi sono tutti equivalenti. Tuttavia, quando si attribuiscono<br />
proprietà specifiche ai nodi e alle linee le cose cambiano.<br />
Immaginiamo una rete costituita dalle connessioni elettriche tra le centrali di produzione<br />
e gli ut<strong>il</strong>izzatori. Una tale rete esiste veramente (la rete di distribuzione<br />
elettrica) e alla sua gestione sono dedicate ingenti risorse. Questa rete è anche<br />
caratterizzata da una notevole complessità. Tutti noi ce ne rendiamo conto<br />
quando succedono degli incidenti che determinano black out a catena.<br />
Ora in una tale rete gioca un ruolo fondamentale la quantità di corrente che<br />
scorre nelle linee. Esiste una corrente massima trasportab<strong>il</strong>e, che non è neanche<br />
la stessa per tutte le linee, così come esiste una corrente (potenza) massima erogab<strong>il</strong>e<br />
dai nodi “centrali”. In una tale rete la lunghezza del percorso da un nodo<br />
all’altro gioca un ruolo importante, a causa della dissipazione elettrica, e non c’è<br />
arbitrarietà nello scegliere un percorso tra un nodo e un altro.<br />
Una rete sim<strong>il</strong>e è quella delle strade che collegano centri abitati. Anche qui ogni<br />
connessione ha una capacità finita di trasporto e la sua lunghezza ha un peso<br />
non indifferente nella scelta del percorso per andare da un nodo all’altro.<br />
Ci sono invece reti in cui le connessioni non hanno queste caratteristiche. Ad<br />
esempio la rete delle amicizie che collega persone (i nodi) che sono amiche<br />
l’un dell’altro (le linee), descrive un tipo di rete in cui due nodi, comunque collegati<br />
attraverso altri, hanno in comune persone che, almeno a due a due, sono<br />
amiche.<br />
La rete che noi consideriamo è formata da farmaci a vari livelli di dettaglio secondo<br />
la codifica ATC: classificazione Anatomica Terapeutica Chimica.<br />
Nota sull’ATC<br />
L’ATC è un sistema di classificazione dei farmaci curato dal Nordic Counc<strong>il</strong> on<br />
Medicine e dal WHO/OMS Collaborating Centre for Drug Statistics Methodology<br />
di Uppsala (Svezia). Nel sistema ATC i farmaci sono suddivisi in diversi gruppi in<br />
rapporto all’organo bersaglio, al meccanismo di azione ed alle caratteristiche<br />
chimiche e terapeutiche.<br />
198
Seminari paralleli<br />
Ciascun gruppo principale è suddiviso in 5 livelli gerarchici secondo lo schema:<br />
Livello<br />
I Gruppo anatomico principale - Contraddistinto da una lettera dell’alfabeto<br />
II Gruppo terapeutico principale - Contraddistinto da un numero di 2 cifre<br />
III Sottogruppo terapeutico - Contraddistinto da una lettera dell’alfabeto<br />
IV Gottogruppo chimico/terapeutico - Contraddistinto da una lettera dell’alfabeto<br />
V Sottogruppo chimico - Contraddistinto da un numero di due cifre specifico<br />
per ogni singola sostanza chimica<br />
A titolo di esempio i 14 “Gruppi Anatomici Principali” sono:<br />
1. A Apparato gastrointestinale e metabolismo<br />
2. B Sangue ed organi emopoietici<br />
3. C Sistema cardiovascolare<br />
4. D Dermatologici<br />
5. G Sistema genito-urinario ed ormoni sessuali<br />
6. H Preparati ormonali sistemici, esclusi gli ormoni sessuali<br />
7. J Antimicrobici generali per uso sistemico<br />
8. L Farmaci antineoplastici ed immunosoppressori<br />
9. M Sistema muscolo-scheletrico<br />
10. N Sistema nervoso centrale<br />
11. P Farmaci antiparassitari, insetticidi e repellenti<br />
12. R Sistema respiratorio<br />
13. S Organi di senso<br />
14. V Vari<br />
Due “nodi” della nostra rete sono connessi se compaiono in una stessa prescrizione.<br />
La rete viene generata tenendo conto di tutte le prescrizioni effettuate<br />
da un gruppo campione di 100 Medici di Medicina Generale nell’arco di 6<br />
mesi. Oltre a determinare la forma della rete (nodi e linee) vengono anche calcolate<br />
quante volte due nodi sono associati insieme e questo numero diventa <strong>il</strong><br />
“peso” del collegamento tra i due nodi. Inoltre viene calcolato e registrato per<br />
ogni nodo quante volte quel farmaco è stato prescritto, da solo o in associazione.<br />
Questo determina <strong>il</strong> “peso” del nodo.<br />
Naturalmente se <strong>il</strong> campione è abbastanza vasto, come nel nostro caso, ci<br />
sono tanti possib<strong>il</strong>i collegamenti. Per limitare la complessità della rete abbiamo<br />
deciso di definire delle reti “ridotte” in cui si considerano attivi solo i collegamenti<br />
tra nodi per i quali <strong>il</strong> numero di prescrizioni, <strong>il</strong> peso, è superiore ad una<br />
data soglia. Infine abbiamo anche derivato delle “sottoreti” considerando delle<br />
fasce di età e <strong>il</strong> sesso dei pazienti.<br />
199
Capitolo 5<br />
In questo studio noi abbiamo analizzato le proprietà delle reti così ottenute, sia in<br />
termini di proprietà specifiche delle reti, sia in termini di implicazioni di tipo sanitario.<br />
I dati numerici relativi al campione analizzato sono riportati nella tabella qui sotto,<br />
insieme alle dimensioni delle relative reti ottenute.<br />
N. Pazienti N. Prescrizioni Nodi Archi<br />
T U T T I<br />
Totale 42965 631232 964 52915<br />
< 30 anni 6882 35052 494 3398<br />
30-60 anni 20515 196787 820 23775<br />
>60 anni 17177 399393 830 39580<br />
M A S C H I<br />
Totale 19321 281435 794 29864<br />
< 30 anni 3297 16078 372 1709<br />
30-60 anni 9290 89129 664 12801<br />
>60 anni 7656 176228 697 22730<br />
F E M M I N E<br />
Totale 24832 349797 896 37356<br />
< 30 anni 3793 18974 400 2155<br />
30-60 anni 11978 107658 743 15438<br />
>60 anni 10212 223165 759 28506<br />
Un risultato molto significativo ottenuto dall’analisi delle reti composte dall’associazione<br />
di farmaci è che esse formano reti ad “invarianza di scala”. Questo termine<br />
fu coniato da Albert-László Barabási dell’Università di Notre Dame (USA) nel<br />
1998. Viene definita rete a invarianza di scala (in inglese scale-free network) un<br />
grafo che gode della seguente proprietà: la distribuzione del grado di connessione<br />
dei nodi (degree) segue una legge di potenza, almeno asintoticamente.<br />
Cioè, la frazione P(k) di nodi della rete aventi k connessioni ad altri nodi va, per<br />
grandi valori di k, come P(k) ~ k −γ dove γ è una costante <strong>il</strong> cui valore è tipicamente<br />
2 < γ < 3, sebbene occasionalmente può assumere valori fuori da tali limiti. Le<br />
reti ad invarianza di scala sono interessanti in quanto molte reti reali hanno questa<br />
proprietà, incluso reti neurali, reti di proteine, reti di citazioni e alcune reti sociali.<br />
Una rete a invarianza di scala si può costruire nel modo seguente: si stab<strong>il</strong>isce<br />
che quando un nodo deve stab<strong>il</strong>ire un nuovo collegamento, preferisca farlo verso<br />
un nodo che ne ha già molti, portando questi ad una crescita esponenziale<br />
con l’aumentare del numero dei collegamenti della rete. In breve è una situazione<br />
del tipo: <strong>il</strong> ricco diventa sempre più ricco mentre <strong>il</strong> povero sempre più povero<br />
(in proporzione). Nodi di questo tipo vengono detti hub.<br />
200
Seminari paralleli<br />
Questo meccanismo di “preferential attachment” tra farmaci ad alto livello di<br />
connessione sembra essere presente nelle nostre reti.<br />
Nella figura è riportata la distribuzione della probab<strong>il</strong>ità di connessione in funzione<br />
del grado (degree) di connessione. Come si vede l’andamento è del tipo<br />
P(k)= a k-b con b circa 1. La rete considerata è quella di tutti i farmaci (livello 5<br />
ATC) senza ulteriori f<strong>il</strong>tri. (f<strong>il</strong>e grafo_norm_cnt_by_ricetta_atc5_T_0_0.nwb)<br />
In seguito sono riportati gli stessi dati separati per sesso e fascia d’età:<br />
201
202<br />
Capitolo 5
Seminari paralleli<br />
appare evidente che la pendenza delle distribuzioni ha una dipendenza dalla<br />
fascia di età considerata, mentre non v’è apparente dipendenza dal sesso.<br />
Inoltre appare un cut off intorno a degree= 300 (che probab<strong>il</strong>mente è legato al<br />
numero totale di nodi delle reti considerate)<br />
5.14 Personale di studio gestito dalle cooperative di medicina generale: prof<strong>il</strong>i,<br />
formazione, fondi, opportunità<br />
5.14.1 Prof<strong>il</strong>i Professionali del Personale di studio<br />
Dario Gris<strong>il</strong>lo 17<br />
Le figure professionali attualmente ricomprese nel termine “Personale di studio”<br />
sono <strong>il</strong> Collaboratore di Studio che svolge attività segretariali e l’Infermiere, che<br />
svolge attività sanitarie. Il recente ACN 2009 ha introdotto la possib<strong>il</strong>ità che operino<br />
come collaboratori del MMG anche altre figure professionali tra cui l’Operatore<br />
Socio Sanitario.<br />
La presenza di “personale di studio” che affianchi <strong>il</strong> Medico di Medicina Generale<br />
è oggi una necessità resa irrinunciab<strong>il</strong>e dalla evoluzione organizzativa cui sta<br />
andando incontro la Medicina Generale: <strong>il</strong> passaggio dalla medicina “del singolo”<br />
all’Associazionismo per arrivare al lavoro in Team, l’evoluzione dalla medicina<br />
di attesa alla medicina di iniziativa e dalla gestione dell’acuzie alla prevenzione<br />
e gestione della cronicità, la progressiva “digitalizzazione” dello studio medico<br />
con le nuove incombenze legate alle certificazioni, ma anche alla elaborazione<br />
17<br />
Presidente FIMMGmatica<br />
203
Capitolo 5<br />
dei dati di attività per supportare da un lato la produzione di flussi dati collegati<br />
all’”accountab<strong>il</strong>ity” e dall’altro la elaborazione dei dati per l’autovalutazione e<br />
l’”audit tra pari” tra i membri del Team, rendono la presenza di un collaboratore<br />
di studio una necessità bas<strong>il</strong>are per <strong>il</strong> MMG.<br />
Oltretutto ad un aumento “aspecifico” del carico burocratico–amministrativo si<br />
aggiunge <strong>il</strong> lavoro in strutture associative, gestite da società di Professionisti o da<br />
Cooperative, che richiedono personale qualificato per la gestione amministrativa<br />
degli stessi e la medicina di iniziativa con la necessità di creazione di coorti<br />
di pazienti e di richiamo attivo degli stessi che rende necessaria una gestione<br />
programmata della sala di attesa, ma soprattutto la gestione delle “agende”.<br />
Quindi alle nuove esigenze organizzative del “setting” della Medicina Generale<br />
corrisponde l’esigenza di avere a disposizione non solo dei collaboratori, ma dei<br />
collaboratori che acquisiscano nuove competenze e poi sappiano attuare nuovi<br />
compiti in ambito segretariale, amministrativo, relazionale, socio-assistenziali e<br />
sanitario.<br />
Appare evidente che questa peculiarità di competenze non può essere posseduta<br />
da un personale genericamente preparato a svolgere compiti segretariali<br />
ma necessita di una specifica formazione sia pre-assunzione, sia soprattutto<br />
“continua” durante lo svolgimento stesso del lavoro.<br />
Appare altrettanto evidente che diffic<strong>il</strong>mente <strong>il</strong> personale potrà essere fornito<br />
dalla ASL che dovrebbe attingere a personale amministrativo proprio, senza una<br />
preparazione specifica ma sarà opportuno che venga assunto dal MMG o fornito<br />
dalle Società di Servizio della Medicina Generale e poi nel tempo “formato”<br />
ai compiti specifici.<br />
L’attuale ACN non consente di fornire personale a tutti i professionisti e non definisce<br />
compiutamente chi assume <strong>il</strong> personale e con quale tipo di contratto.<br />
Accanto al Contratto Collettivo Nazionale di lavoro dei collaboratori di studio<br />
definito dalle Parti Sociali, che finanzia la formazione permanente dei collaboratori<br />
preposte si fa ancora un largo uso dei cosiddetti “contratti atipici” apparentemente<br />
meno costosi ma che poi non finanziano la formazione e non tutelano i<br />
diritti dei lavoratori. Alcuni AIR hanno già tentato di trovare soluzioni al “tetto” di<br />
finanziamento dei collaboratori ampliandolo alla formazione istituendo la figura<br />
del “collaboratore formato” con un maggior incentivo economico per <strong>il</strong> medico<br />
datore di lavoro.<br />
È possib<strong>il</strong>e invece usufruire della formazione permanente dei collaboratori finanziata<br />
dal CCNL attraverso enti attuatori accreditati come Fondoprofessioni o CoSER.<br />
204
Seminari paralleli<br />
5.15 Modelli, contratti, tipologie di gestione dei dipendenti e dei rapporti con i<br />
soci in una Coop di MMG<br />
Alberto Morellini 18<br />
Chi assume <strong>il</strong> personale?<br />
• La Cooperativa di MMG<br />
pro: selezione e gestione autonoma<br />
contro: impegno amministrativo e contrattuale<br />
• Una Agenzia di lavoro interinale<br />
pro: delega dell’impegno amministrativo<br />
contro: delega della selezione pur mantenendo una contrattualità indipendente<br />
dai progetti<br />
• La Azienda Usl<br />
pro: delega dell’impegno amministrativo<br />
contro: delega della selezione e una contrattualità inscindib<strong>il</strong>e dai progetti<br />
finanziati<br />
Le diverse tipologie di lavoro possono essere suddivise sulla base delle caratteristiche<br />
della prestazione:<br />
1. Lavoro dipendente-subordinato<br />
2. Contratto a progetto<br />
3. Lavoro autonomo<br />
4. Somministrazione di lavoro<br />
5. Appalto di servizi<br />
1. Lavoro dipendente<br />
Il contratto è di lavoro dipendente quando <strong>il</strong> lavoratore svolge una attività subordinata<br />
al datore di lavoro: orari, compiti, organizzazione del lavoro, attrezzature.<br />
Per <strong>il</strong> lavoratore dipendente vi è l’obbligo di applicare un CCNL e di provvedere<br />
ad un corretto inquadramento professionale rispetto ai compiti svolti (definito<br />
nella lettera di assunzione).<br />
Il lavoro dipendente prevede diverse tipologie contrattuali che permettono di<br />
rendere flessib<strong>il</strong>e la prestazione; la Legge 30/03 ne ha definito alcune nuove e<br />
ridefinito precedenti tipologie.<br />
È indispensab<strong>il</strong>e la conoscenza per rispondere meglio alle esigenze della cooperativa<br />
e dei soci.<br />
Lavoro a tempo parziale<br />
• Prevede la prestazione settimanale, mens<strong>il</strong>e o annuale inferiore al tempo<br />
pieno.<br />
• I contratti collettivi prevedono l’orario minimo.<br />
18<br />
Presidente Cooperativa MEDITEM – Referente Em<strong>il</strong>ia Romagna Consulta Regionale ANCoM<br />
205
Capitolo 5<br />
• L’orario parziale può essere: Orizzontale: (4 ore al giorno), Verticale: (8 ore<br />
due giorni alla settimana o 10 giorni al mese), Misto: Il mix delle due tipologie.<br />
• Il contratto a tempo parziale può prevedere delle clausole flessib<strong>il</strong>i (modifica<br />
temporanea della prestazione)<br />
• Le prestazioni superiori all’orario normale sono previste come lavoro supplementare<br />
• Può essere a tempo determinato o indeterminato<br />
• Il trattamento economico è percentualmente riferito alle ore contrattuali<br />
Lavoro ripartito<br />
• Contratto che distribuisce l’obbligazione lavorativa su due lavoratori<br />
• Discrezionalità dei lavoratori nella ripartizione del lavoro<br />
• Forma scritta: luogo lavoro, percentuale distribuzione, trattamento economico,<br />
norme di sicurezza.<br />
Lavoro intermittente a chiamata<br />
• Disponib<strong>il</strong>ità del lavoratore a svolgere lavori discontinui.<br />
• Contratto scritto che indica luogo della prestazione, forme o modalità di<br />
chiamata, modalità di pagamento delle prestazioni e della disponib<strong>il</strong>ità.<br />
• Possib<strong>il</strong>ità di predeterminare i tempi delle prestazioni e specifica normativa<br />
• Contratti misti studio-lavoro<br />
• Apprendistato, per giovani di età superiore ai 15 anni.<br />
• Apprendistato professionalizzante, per giovani di età compresa tra 18 e 29<br />
anni. Durata da 2 a 6 anni<br />
• Programma formativo specifico<br />
• Contratto di inserimento: Specifici soggetti ab<strong>il</strong>itati e categorie interessate o<br />
Progetto individuale di inserimento<br />
Prestazioni occasionali<br />
• Sono prestazioni di diverso carattere con contenuti professionali (tipo collaborazione<br />
e comunque di carattere autonomo) caratterizzate dai seguenti elementi:<br />
• Durata non superiore a 30 gg /anno.<br />
• Retribuzione non superiore a 5.000 €<br />
2. Contratti a progetto ex Co.Co.Co.<br />
• Sono legittimi quando <strong>il</strong> lavoratore, in possesso di una specifica competenza<br />
professionale, svolga un lavoro in forma autonoma con solo obblighi di coordinamento.<br />
• Sono esclusi i lavori intellettuali (albi).<br />
• Il contratto, in forma scritta, deve definirsi su un progetto specifico o programmi<br />
di lavoro da attuarsi con autonomia e in funzione del risultato;<br />
• determina durata, corrispettivo, forme di coordinamento con <strong>il</strong> committente,<br />
norme sulla sicurezza.<br />
206
Seminari paralleli<br />
• Penali: conversione in lavoro subordinato.<br />
3. Contratti di prestazione professionale<br />
• Deve essere svolta da un soggetto autonomo:<br />
• Con specifica personalità di impresa (individuale)<br />
• Con una specifica professionalità che consente autonomia di esecuzione<br />
• Opportuno definirne tutti gli elementi in un contratto di prestazione in forma<br />
scritta.<br />
4. La Somministrazione di lavoro<br />
La somministrazione di lavoro (a tempo determinato o indeterminato) è equivalente<br />
al lavoro dipendente a condizione che sia effettuata da società autorizzate.<br />
Il lavoratore è assunto dalla società e la cooperativa riceve una fattura per la<br />
prestazione svolta fatta dal costo del lavoro ed i diritti di agenzia.<br />
Agenzie per <strong>il</strong> lavoro (lavoro interinale = somministrazione)<br />
• Agenzie generali: Tempo determinato ed indeterminato; Tutti i settori; Requisiti<br />
specifici economici e sociali<br />
• Agenzie settoriali: Tempo indeterminato; Ragioni di carattere tecnico, produttivo,<br />
organizzativo; Requisiti inferiori e limite di attività<br />
5. Appalto di servizi<br />
• L’appalto di servizi è legittimo quando <strong>il</strong> fornitore sia dotato di propria organizzazione<br />
e autonomia di impresa (mezzi e rischio di impresa)<br />
• Opportuno definire l’appalto con un contratto che specifichi tali principi definendo<br />
gli aspetti economici<br />
• Controllo sulle prestazioni e sulla regolarità degli addetti (responsab<strong>il</strong>ità solidale<br />
del committente)<br />
Art. 29 del DL n. 276 del 10 Settembre 2003:<br />
“Ai fini della applicazione delle norme contenute nel presente titolo, <strong>il</strong> contratto<br />
di appalto, stipulato e regolamentato ai sensi dell’articolo 1655 del codice civ<strong>il</strong>e,<br />
si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi<br />
necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle<br />
esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere<br />
organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori ut<strong>il</strong>izzati nell’appalto, nonchè<br />
per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa”.<br />
La gestione cooperativa<br />
• La cooperativa ha una specifica personalità giuridica<br />
• I rapporti sono tra cooperativa e addetti ed escludono i soci da responsab<strong>il</strong>ità<br />
• La correttezza formale e sostanziale dei rapporti di lavoro è indispensab<strong>il</strong>e<br />
per evitare contenziosi e costi imprevisti<br />
• Il corretto ut<strong>il</strong>izzo del personale è un fattore di successo per la cooperativa<br />
207
Capitolo 5<br />
Criteri di legittimità dell’invio di personale presso gli studi dei soci (“appalto genuino”):<br />
• Complessità e integrazione dei servizi erogati sia in sedi centrali che periferiche<br />
(continuità assistenziale, sistema informativo, raccolta dati ecc.)<br />
• Organizzazione gerarchica della cooperativa (turni e ordini di servizio, sistema<br />
informativo, supporti tecnici)<br />
Sono necessari:<br />
• Regolamenti interni per normare <strong>il</strong> rapporto con i soci nell’ut<strong>il</strong>izzo dei servizi,<br />
nella distribuzione delle attività ed opportunità<br />
• Contrattualizzazione dei rapporti con i soci per dare continuità e certezza ai servizi<br />
• Attenzione ai rapporti gestionali ed ai modelli di erogazione dei servizi (personale,<br />
acquisti, modelli organizzativi, fornitori)<br />
Gli strumenti per realizzare i progetti e supportare lo sv<strong>il</strong>uppo della cooperativa<br />
possono essere:<br />
• Finanziari: interni ai soci (prestito sociale) ed esterni (soci finanziatori, azioni di<br />
partecipazione cooperativa, fondi di promozione ecc.)<br />
• Organizzativi tramite gli strumenti consort<strong>il</strong>i ed i loro servizi (formazione, consulenza,<br />
supporto gestionale, promozione di nuove cooperative)<br />
• Contratto di servizi con i soci ut<strong>il</strong>izzatori per definire i contenuti del rapporto:<br />
• Sul piano organizzativo-funzionale (spazi ut<strong>il</strong>izzati, servizi, orari ecc.)<br />
• Sul piano economico (preventivo ed onere mens<strong>il</strong>e, verifica a consuntivo)<br />
• Sul piano della continuità del rapporto (durata pluriennale del contratto che<br />
tenga conto dell’ammortamento dei costi, possib<strong>il</strong>ità di sostituzione nell’impegno)<br />
Regime IVA tradizionale<br />
• Esente se viene fornito un servizio solamente di tipo sanitario (es. infermiera)<br />
• Con IVA se <strong>il</strong> servizio non è sanitario (es. collaboratore di studio, ma anche<br />
infermiera presso sede Coop con strumentazione tutta di Coop) regime IVA<br />
in base alla circolare 23/E 8 maggio 2009<br />
L’art. 132, par. 1, lett. f), della Direttiva n. 2006/112/CE, consente agli Stati membri<br />
di esentare “le prestazioni di servizi effettuate da associazioni autonome di<br />
persone che esercitano un’attività esente o per la quale non hanno la qualità di<br />
soggetti passivi, al fine di rendere ai loro membri i servizi direttamente necessari<br />
all’esercizio di tale attività, quando tali associazioni si limitano ad esigere dai loro<br />
membri l’esatto rimborso della parte delle spese comuni loro spettante, a condizione<br />
che questa esenzione non possa provocare distorsioni della concorrenza”.<br />
Il secondo comma dell’art. 10, del D.P.R. n. 633 del 1972, introdotto dalla legge<br />
finanziaria per <strong>il</strong> 2008, in conformità alla norma comunitaria, stab<strong>il</strong>isce che:<br />
208
Seminari paralleli<br />
“Sono altresì esenti dall’imposta le prestazioni di servizi effettuate nei confronti<br />
dei consorziati o soci da consorzi, ivi comprese le società consort<strong>il</strong>i e le società<br />
cooperative con funzioni consort<strong>il</strong>i, costituiti tra soggetti per i quali, nel triennio<br />
solare precedente, la percentuale di detrazione di cui all’art. 19-bis, anche per<br />
effetto dell’opzione di cui all’art. 36-bis, sia stata non superiore al 10 per cento,<br />
a condizione che i corrispettivi dovuti dai consorziati o soci ai predetti consorzi e<br />
società non superino i costi imputab<strong>il</strong>i alle prestazioni stesse”.<br />
Dunque i criteri sono:<br />
• Consorzi con attività di servizi per i consorziati esenti o con diritto di detrazione<br />
inferiore al 10%<br />
• Triennio solare precedente al fine del 10%<br />
• Esenzione nel limite dei costi sostenuti per i servizi resi<br />
L’ esperienza gestionale della “Casa della Salute” di Castiglion Fiorentino (AR)<br />
• ex piccolo ospedale riconvertito<br />
• 10 MMG aderenti ad una cooperativa<br />
• circa 12.000 pazienti<br />
• presenza di punto di Continuità Assistenziale e quindi attività H24<br />
• presenza di altre figure professionali del Distretto<br />
• medicina di iniziativa (team)<br />
• coordinatore MMG<br />
in pratica esperienza di UCCP nell’ ottica della ri-fondazione<br />
• struttura fornita dalla ASL<br />
• utenze pagate dalla ASL<br />
• indennità di Medicina di Gruppo<br />
• indennità aggiuntiva professionale a fronte di obiettivi di salute<br />
• personale di studio per 90 ore settimanali (3 segretarie)<br />
• assunto dalla Cooperativa con <strong>il</strong> CCNL<br />
• formato con gli strumenti del CCNL<br />
• pagato dalla ASL ai MMG sotto forma di incentivi (quota ENPAM)<br />
• fatturato ai MMG dalla Cooperativa (senza IVA)<br />
”servizi relativi a riscaldamento, condizionamento, energia elettrica, pulizie, servizi telefonici,<br />
gestione della rete informatica con server per archivi condivisi, servizi di segreteria<br />
e materiale di consumo prestati nella Casa della Salute di Castiglion Fiorentino”<br />
…. “esenti IVA ai sensi del secondo comma dell’art. 10, del D.P.R. n. 633 del 1972”<br />
L’esperienza gestionale della Unità di Medicina Generale di Carpi (MO)<br />
Coop “MediTeM” CARPI<br />
• 52 soci circa 63.000 pazienti<br />
• 9 medicine di Gruppo (34 MMG)<br />
209
Capitolo 5<br />
• 3 medicine in Rete (18 MMG)<br />
• 1 centro polifunzionale della Coop<br />
• 12 segretarie<br />
• 4 infermiere<br />
• 9 medici sostituti stab<strong>il</strong>i<br />
in pratica esperienza di U.M.G. con gestione autonoma di tutte le figure del Team<br />
• MMG associati nei loro studi<br />
• segretarie e infermiere nelle Medicine di Gruppo<br />
• Segretaria presso sede Coop per Medicine in Rete e per progetto H10<br />
• Medico sostituto (in sede Coop) e gestione MCA (in sede Ausl) per progetto<br />
Continuità Assistenziale Integrata.<br />
• Infermiere Coop e specialisti Ausl presso sede Coop + 4 sedi territoriali di MdG<br />
per progetto Diabete TAO …<br />
•<br />
<strong>il</strong> personale di studio è:<br />
• assunto dalla cooperativa con <strong>il</strong> CCNL degli studi professionali, per un totale<br />
di 380 ore / sett<br />
• Ut<strong>il</strong>izzato sia nella sede Coop per servizi a tutti soci (H10, codici bianchi, Diabete,<br />
..) sia fornito ai MMG operanti in Medicina di Gruppo<br />
• formato con progetto del nostro Consorzio<br />
• <strong>il</strong> MMG socio paga alla propria Coop<br />
• Il personale “dislocato” presso la sua MdG, in base al preciso costo del lavoro<br />
dipendente sostenuto da Coop (con IVA le segretarie, esenti IVA le infermiere)<br />
• I servizi a “pacchetto completo” presso sedi Coop per progetto Diabete e<br />
Codici Bianchi con quote annuali (sempre con IVA)<br />
• <strong>il</strong> MMG socio riceve dalla AUSL<br />
• Incentivo di Gruppo / Rete<br />
• Incentivo di personale di studio<br />
• Incentivi per i vari progetti sv<strong>il</strong>uppati<br />
5.16 Fiscalità e committenza nella cooperazione di medicina generale<br />
5.16.1 Integrazione Socio-Sanitaria<br />
Maria Concetta Mazzeo 19 , Mina Le Rose<br />
Evidenze di demografia ed epidemiologia delle patologie croniche permettono<br />
di definire ormai indifferib<strong>il</strong>e la necessità di una effettiva realizzazione della integrazione<br />
socio-sanitaria quale concreta espressione dell’Assistenza Primaria; in<br />
particolare risulta evidente da tempo la improcrastinab<strong>il</strong>ità di lavorare per una<br />
19<br />
GISAP (Gruppo Indipendente per lo Studio della Assistenza Primaria)<br />
210
Seminari paralleli<br />
chiara e inequivocab<strong>il</strong>e definizione del ruolo dei Distretti, quale sede più appropriata<br />
per la sua attuazione, anche in relazione al ruolo che potenzialmente potrebbe<br />
essere attribuito a questo scopo al terzo settore, ma anche esaminando<br />
le criticità che attualmente limitano significativamente tale realizzazione.<br />
Conviene a questo riguardo ricordare che la definizione di Assistenza Primaria a<br />
livello internazionale costituisce la corretta traduzione del termine anglosassone<br />
“Primary Health Care”, data dall’OMS nella famosa Conferenza di Alma Ata del<br />
1978, quando si riconobbe <strong>il</strong> ruolo strategico rispetto al raggiungimento della Salute<br />
per tutti nell’anno 2000, un traguardo di ambizioni e di speranze considerato<br />
fondamentale dall’OMS a sostegno dell’equità e del diritto alla tutela alla salute<br />
per tutti gli abitanti del mondo.<br />
Con questa denominazione si identifica a livello nazionale quella che attualmente<br />
viene definita come assistenza distrettuale o territoriale e che invece va opportunamente<br />
tradotta come Assistenza Primaria, (benché in molti documenti<br />
venga definita come cure primarie), sia per una impropria traduzione dall’inglese<br />
del termine “care” con <strong>il</strong> termine cure, sia perché si preferisce dare ad una<br />
visione complessiva, olistica, assistenziale un ruolo più allargato e più appropriato<br />
di quello semplicemente medicalizzante, implicito nel termine “cura”.<br />
L’integrazione socio-sanitaria come effettiva realizzazione della Assistenza Primaria<br />
La realizzazione della integrazione socio-sanitaria rappresenta un traguardo particolarmente<br />
significativo ma anche estremamente critico, in generale in tutti i<br />
Paesi, anche con diversi sistemi sanitari, ma soprattutto nell’ambito di un sistema<br />
sanitario cosiddetto di Welfare Social System come quello italiano.<br />
L’integrazione socio-sanitaria comprende una serie di interventi assistenziali che<br />
coinvolgono unitariamente settori diversi ma al contempo profondamente integrati<br />
nelle ricadute operative con <strong>il</strong> sistema sanitario, destinati a fasce di cittadini<br />
in condizioni di disagio psico-fisico e quindi particolarmente bisognose che<br />
questi interventi siano tempestivamente erogati nei modi, nei tempi e nelle sedi<br />
appropriate.<br />
Diversi studi e documenti internazionali e nazionali, tra cui <strong>il</strong> Libro Verde sul futuro<br />
del modello sociale “La vita buona nella società attiva”, sottolineano come<br />
l’integrazione socio-sanitaria risulterà sempre più necessaria alla luce sia delle<br />
crescenti difficoltà incontrate dai Paesi in termini di sostenib<strong>il</strong>ità economica dei<br />
relativi sistemi sanitari, sia di un aumento importante e sempre più significativo<br />
della speranza di vita, e quindi ad un aumento del tasso di dipendenza della<br />
popolazione, della percentuale di persone anziane, ultra-anziane e disab<strong>il</strong>i.<br />
211
Capitolo 5<br />
Realizzazione della integrazione socio-sanitaria: dove? Il ruolo del Distretto<br />
Emerge con evidenza la necessità di rendere coerenti <strong>il</strong> ruolo del Distretto con<br />
la piena e fattiva realizzazione degli obiettivi di Assistenza Primaria, in particolare<br />
della integrazione socio-sanitaria.<br />
In effetti, benché la programmazione sanitaria affidi al Distretto tutte le attività<br />
riferib<strong>il</strong>i alla integrazione socio-sanitaria, è necessario sottolineare come questo,<br />
anche in presenza di una ricca normativa che ha negli anni cercato di definirne<br />
funzioni, ruolo ed obiettivi, si è sv<strong>il</strong>uppato spesso come una somma di diversi servizi<br />
non comunicanti.<br />
Già lo stesso Piano Sanitario 1994/96, <strong>il</strong> primo in Italia, ha dato un’identità organizzativa<br />
al distretto definendolo come “un’articolazione organizzativo-funzionale<br />
della ASL finalizzata a realizzare un elevato livello di integrazione tra i diversi servizi<br />
che erogano le prestazioni sanitarie e tra questi e i servizi socio-assistenziali,<br />
in modo da consentire una risposta coordinata e continuativa ai bisogni sanitari<br />
della popolazione... ”.<br />
Le successive riforme, ed in particolare <strong>il</strong> D.Lgs 229/99, che ha rappresentato una<br />
svolta per la sanità del territorio, hanno attribuito al Distretto l’autonomia indispensab<strong>il</strong>e<br />
per <strong>il</strong> raggiungimento degli obiettivi ad esso preposti.<br />
Nonostante un programma di grande valore sanitario e sociale, <strong>il</strong> Distretto è riuscito<br />
a realizzare molto parzialmente e con vistose differenze tra le diverse Regioni<br />
i suoi obiettivi. In particolare, rispetto alla realizzazione della integrazione<br />
socio-sanitaria, le criticità sono principalmente legate alla difficoltà di definire<br />
l’assetto istituzionale dei rapporti tra Aziende Sanitarie e Comuni, titolari degli<br />
interventi sociali.<br />
Tra i nodi irrisolti, emerge in modo specifico la limitata autonomia decisionale e<br />
di gestione dei finanziamenti attribuiti al Distretto, nonché la mancata chiarezza<br />
rispetto alla formazione del responsab<strong>il</strong>e.<br />
In particolare, alla luce del ruolo che tale figura professionale è chiamata a<br />
svolgere, si evidenzia la necessità di una formazione specifica e l’acquisizione<br />
di competenze appropriate necessarie a istaurare e a sv<strong>il</strong>uppare i rapporti di<br />
committenza con attori vari e dalle professionalità differenti (medici di medicina<br />
generale, liberi professionisti, terzo settore).<br />
Rispetto all’attribuzione finanziaria non sempre chiara ed adeguata, si sottolinea<br />
come prioritaria l’esigenza di giungere ad un Distretto quale vero centro decisionale<br />
di responsab<strong>il</strong>ità e di costo, tale da divenire un “committente cap<strong>il</strong>lare<br />
212
Seminari paralleli<br />
sapiente”, cioè che conosce a fondo i bisogni della popolazione del territorio di<br />
propria competenza.<br />
Integrazione socio-sanitaria: interazione tra diversi attori<br />
La crescita e progressiva differenziazione e specializzazione della domanda di<br />
servizi di ut<strong>il</strong>ità sociale, unitamente alla crisi finanziaria dei sistemi di welfare,<br />
hanno aperto spazi crescenti per lo sv<strong>il</strong>uppo di forme non profit orientate alla<br />
produzione di servizi di ut<strong>il</strong>ità.<br />
Infatti, attualmente, <strong>il</strong> terzo settore rappresenta un ambito di emergente e significativo<br />
peso rispetto alla realizzab<strong>il</strong>ità piena, efficace ed efficiente di obiettivi<br />
di Assistenza Primaria e di integrazione socio-sanitaria, in cui i punti di forza sono<br />
la cap<strong>il</strong>larità territoriale, la formazione ad hoc e la motivazione degli operatori,<br />
specificamente orientata da una sensib<strong>il</strong>ità di interesse verso settori particolari;<br />
queste valenze danno un impulso determinante al terzo settore nell’andare incontro<br />
alle spesso non sufficienti risposte offerte dall’ambito pubblico e privato,<br />
specie per quanto riguarda l’integrazione socio-sanitaria.<br />
Vari documenti di politica sanitaria, e tra questi in particolare <strong>il</strong> PSN 2006-2008<br />
e, da ultimo, <strong>il</strong> Libro Bianco sul futuro del modello sociale “La vita buona nella<br />
società attiva”, riconoscono e promuovono <strong>il</strong> ruolo innovatore svolto nell’ambito<br />
della tutela della salute e del sistema integrato dei servizi sociali dal terzo<br />
settore.<br />
Tra le diverse forme organizzative riferib<strong>il</strong>i al settore non profit, le cooperative<br />
rappresentano una realtà sempre più interessante, specie per l’Assistenza Primaria,<br />
e negli ultimi anni hanno sv<strong>il</strong>uppato una notevole esperienza nell’ambito<br />
della gestione dei servizi socio-sanitari nonché nella organizzazione, fornitura e<br />
gestione dei fattori di produzione.<br />
In particolare, le cooperative sociali ricoprono un ruolo r<strong>il</strong>evante nell’ambito<br />
dei servizi di tipo socio-assistenziale, attraverso l’erogazione di assistenza infermieristica<br />
di base, cosi come di assistenza domic<strong>il</strong>iare o riab<strong>il</strong>itativa, rivolgendosi<br />
dunque principalmente a categorie di assistiti caratterizzate da una condizione<br />
di svantaggio sociale.<br />
Il rapporto tra Distretto e attori del terzo settore diviene dunque una occasione<br />
di necessaria cooperazione e sinergia. Il distretto non può più prescindere dunque<br />
dall’interfacciarsi con <strong>il</strong> terzo settore, che dovrà da parte sua avviare un<br />
processo di accreditamento sia delle attività che degli operatori, che preveda<br />
necessariamente la definizione da parte dei vari attori coinvolti la definizione di<br />
regole chiare e precise.<br />
213
Capitolo 5<br />
Integrazione socio-sanitaria per realizzare quali obiettivi?<br />
Tra le molteplici possib<strong>il</strong>ità di assistenza integrata socio-sanitaria è necessario sottolineare<br />
le problematicità legate all’assistenza domic<strong>il</strong>iare integrata e all’assistenza<br />
residenziale che costituiscono in qualche modo gli esempi di offerta più<br />
elementare di assistenza integrata socio-sanitaria. In particolare, va sottolineata<br />
la povertà di offerta di queste modalità assistenziali rispetto agli altri Paesi europei,<br />
ed evidenziato, ad esempio, come nel corso del 2006 siano state dedicate<br />
mediamente a ciascun paziente assistito in ADI circa 24 ore di assistenza, erogata<br />
in gran parte da personale infermieristico. Rispetto alla assistenza residenziale<br />
è possib<strong>il</strong>e sottolineare invece che, sebbene questa sia dedicata prioritariamente<br />
agli anziani, in realtà nel 2005 sono stati assistiti presso le Residenze Sanitarie<br />
solo 2 anziani su 100.<br />
Possib<strong>il</strong>i sv<strong>il</strong>uppi del modello di integrazione socio-sanitaria<br />
Partendo dalla valutazione complessiva della realtà di attuazione della integrazione<br />
socio-sanitaria in Italia e dall’esame delle peculiari problematiche e criticità,<br />
è possib<strong>il</strong>e proporre alcune fondamentali auspicab<strong>il</strong>i linee di evoluzione e<br />
sv<strong>il</strong>uppo, in termini di interventi operativi e, soprattutto, di programmazione di<br />
politica sanitaria.<br />
Come già sottolineato, una particolare complessità nella realizzazione della integrazione<br />
socio-sanitaria è riconducib<strong>il</strong>e alla necessità di coordinare comportamenti<br />
e azioni che fanno riferimento a organizzazioni, figure assistenziali e addirittura<br />
sistemi assistenziali differenti.<br />
L’area dell’integrazione socio-sanitaria, richiede un cambiamento di prospettiva<br />
r<strong>il</strong>evante nell’azione organizzativa, con un focus organizzativo che si sposta<br />
da strutture gerarchiche e funzioni organizzative a processi (a valenza sociale,<br />
clinica e riab<strong>il</strong>itativa) incentrati sulla persona assistita, che quindi hanno natura<br />
trasversale e si sv<strong>il</strong>uppano mediante <strong>il</strong> coinvolgimento di una molteplicità di soggetti<br />
altamente specializzati.<br />
Nel ribadire la estrema delicatezza della tematica, appare significativo ricordare<br />
quanto argomentato dal Prof Americo Cicchetti nel testo “La progettazione<br />
organizzativa” (Cicchetti A., 2004, Franco Angeli, M<strong>il</strong>ano), “… È opportuno che<br />
i professionisti sanitari e sociali coinvolti si concentrino sui valori di assistito, sistema,<br />
finanziamento pubblico…per orientare la motivazione al soddisfacimento di<br />
vaste aree di bisogno. … la fonte della regolazione organizzativa…é l’interazione<br />
tra gli attori organizzativi (professionisti)”, pertanto l’approccio istituzionale e<br />
manageriale, che si riferiscono rispettivamente alle leggi ed ai criteri di efficienza<br />
214
Seminari paralleli<br />
ed economicità “non sono sufficienti in un settore complesso come la Assistenza<br />
Primaria”, ed in essa della assistenza socio-sanitaria in particolare.<br />
È necessario ed urgente che sistemi istituzionali, organizzativi, e di finanziamento<br />
sappiano individuare strumenti capaci di realizzare un effettivo coordinamento<br />
per garantire alle persone che necessitano di assistenza l’offerta di servizi efficaci<br />
ed efficienti, evitando duplicazioni, inefficienze o vuoti e carenze del sistema.<br />
Sarà poi di strategica importanza una riflessione attenta ed approfondita, di carattere<br />
multidisciplinare, sulla necessità di offrire a tutti i professionisti e agli operatori<br />
a vario titolo coinvolti nella realizzazione di obiettivi di integrazione sociosanitaria,<br />
una formazione integrata.<br />
Entrambi i passaggi sopra descritti, la strutturazione di rapporti fra operatori e<br />
professionisti del settore, nonché la formazione integrata ad essi dedicata, potranno<br />
consentire finalmente la formulazione condivisa di linee guida operative<br />
specifiche per le prestazioni socio-sanitarie.<br />
In conclusione così come sottolineato anche nel Libro Verde sul futuro del modello<br />
sociale “La vita buona nella società attiva” rispetto al modello di integrazione<br />
socio-sanitaria, ed in particolare riferendosi alle politiche per le persone anziane,<br />
per promuovere una vera integrazione socio-sanitaria si renderà necessario lavorare,<br />
operativamente e sulla formazione dei vari operatori, allo scopo di favorire:<br />
• l’integrazione delle politiche (sanitarie, socio-sanitarie e sociali);<br />
• l’integrazione tra i soggetti istituzionali (Regione, ULSS, Comuni) e con i soggetti<br />
sociali;<br />
• l’integrazione operativa tra servizi (sanitari, socio-sanitari, e sociali);<br />
• l’alleanza tra soggetti erogatori pubblici e privati.<br />
5.17 Fiscalità e committenza nella cooperazione di medicina generale<br />
Crescenzo Simone 20<br />
La Circolare n.23 del 8 maggio 2009 dell’Agenzia dell’entrate contiene le disposizioni<br />
di cui i medici di medicina generale intendono avvalersi nella ricerca del miglior<br />
assetto organizzativo che legittimi la loro attività di società di servizi con una<br />
fatturazione senza IVA; ci riferiamo non solo al personale di studio che rappresenta<br />
la parte r<strong>il</strong>evante delle attività delle cooperative nella gestione dei fattori<br />
di produzione ma anche a tutti gli altri servizi che le cooperative offrono ai propri<br />
soci contro fattura. I costi così sostenuti dalla società cooperativa saranno a loro<br />
20<br />
Presidente Nazionale ANCoM<br />
215
Capitolo 5<br />
volta fatturati nella loro interezza e senza eccedenza ai singoli soci in esenzione<br />
dall’imposta sul valore aggiunto. Questa è una direttiva europea che l’Italia ha<br />
recepito nel 2009 con la circolare dell’Agenzia delle entrate n°23. Nella circolare<br />
si definisce che per poter usufruire della fatturazione in regime di esenzione IVA<br />
l’utente finale, in questo caso <strong>il</strong> MMG, sia un soggetto esente da IVA per una percentuale<br />
di reddito imponib<strong>il</strong>e non inferiore al 90% nelle dichiarazioni presentate<br />
nel triennio solare precedente.<br />
La circolare chiarisce, inoltre, che se la società cooperativa con funzioni consort<strong>il</strong>i<br />
svolga attività nei confronti non solo dei soci cooperatori, ma eventualmente<br />
anche nei confronti di soggetti terzi, ciò è possib<strong>il</strong>e purché le prestazioni fatturate<br />
nei confronti di terzi incida sul fatturato complessivo in misura inferiore al 50%,<br />
proprio nel rispetto del principio della mutualità prevalente.<br />
Altri temi condivisi nel gruppo di lavoro del seminario riguardano la necessità che<br />
<strong>il</strong> territorio si muova non solo secondo la logica dell’organizzazione e dell’erogazione<br />
dei servizi, ma sia coinvolto nella programmazione, acquisto e controllo<br />
delle prestazioni. Se non ci fosse questo non capiremmo perché si parla di committenza<br />
ed accreditamento. È necessario assicurare combinazioni sostenib<strong>il</strong>i<br />
tra l’appropriatezza, l’economicità e l’innovazione. Per ottimizzare l’offerta attraverso<br />
<strong>il</strong> governo della domanda occorrono: percorsi di accreditamento, tetti<br />
di spesa, governo tariffario. Le azioni della committenza riguardano la programmazione,<br />
la pianificazione ed <strong>il</strong> coordinamento di tutte le linee produttive, l’integrazione<br />
dei servizi socio-sanitari, <strong>il</strong> monitoraggio dell’efficacia dei servizi e delle<br />
prestazioni erogate, la valutazione del conseguimento degli obiettivi previsti dalla<br />
programmazione. La committenza è una funzione di governo organizzativo,<br />
gestionale ed economico. Per accreditamento, invece, si intende un’attività di<br />
valutazione periodica per r<strong>il</strong>evare l’adesione ai criteri previsti da leggi e regolamenti,<br />
per promuovere la buone qualità delle prestazioni erogate. Si tratta di<br />
verifica di tipo tecnico-professionale delle modalità operative poste in essere. È<br />
necessario lavorare sulle diversità regionali attraverso strati di omogeneizzazione<br />
che portino a sistemi regionali diversi ma congruenti e coerenti per cui l’accreditamento<br />
istituzionale è un atto con <strong>il</strong> quale viene riconosciuto ai soggetti già in<br />
possesso dell’autorizzazione all’esercizio di attività sanitarie, lo stato di potenziali<br />
erogatori di prestazioni nell’ambito e per conto del SSN e quindi <strong>il</strong> titolo a poter<br />
erogare. Gli aspetti del processo di accreditamento riguardano sia aspetti Giuridico<br />
amministrativi che economici-finanziari. L’accreditamento è un processo<br />
di condivisione (committente-erogatore) di regole precise, di legalità, è un processo<br />
che nasce dal basso (bottom –up) ma con regole nazionali e valide dappertutto.<br />
Dobbiamo intanto cavalcare in qualche modo la contingenza positiva,<br />
lavorando in squadra nelle UCCP. Il gruppo di lavoro nel seminario ha condiviso<br />
le relazioni della dott.ssa G.Testa e M.C. Mazzeo, la discussione si è incentrata<br />
sulla necessità di cultura della formazione e delle regole, sono state poste molte<br />
216
Seminari paralleli<br />
domande sul futuro del medico di medicina generale, è stata fatta una riflessione<br />
sulla specialistica ambulatoriale e sulla necessità non più di convenzioni a<br />
rapporti orari ma per progetti assistenziali. Nel seminario si è constatato come la<br />
professione di medicina generale sia stata capace di produrre idee e progetti<br />
interessanti. È stata valutata anche la necessità ed l’efficacia delle reti sociali. Il<br />
seminario si è concluso in maniera propositiva e coinvolgente.<br />
217
CAPITOLO 6<br />
Percorso formativo ECDL Health, le sue origini, i suoi<br />
obiettivi e gli sv<strong>il</strong>uppi futuri<br />
6.1 ECDL Health<br />
La certificazione ECDL Health è <strong>il</strong> risultato dell’attività di un gruppo internazionale di<br />
esperti, su sollecitazione del National Health System inglese. Il programma ha visto<br />
coinvolti diversi paesi: Italia, UK, USA, Svezia, Norvegia, Olanda e Finlandia; per l’Italia<br />
hanno partecipato l’Università Bocconi e <strong>il</strong> Policlinico Umberto I. Poiché i requisiti nazionali,<br />
includendo prassi correnti, lingua, cultura, quadro legislativo, variano da paese<br />
a paese, sono state studiate delle localizzazioni specifiche.<br />
La certificazione ECDL Health implica un percorso di formazione, che non è<br />
un semplice addestramento all’uso del Personal Computer; gli obiettivi del<br />
percorso formativo possono essere così riassunti: avere piena consapevolezza<br />
sulla natura particolare del dato sanitario, sulle implicazioni di carattere<br />
legale ed etico a questo associate; gestire con strumenti ICT le informazioni<br />
sanitarie con procedure atte a rispettare i principi di cui sopra, con particolare<br />
riferimento a sicurezza e privacy; descrivere i principali campi di applicazione<br />
dell’ICT in ambito medico, nonché la struttura e la terminologia relativa a sistemi<br />
informativi e documenti sanitari; eseguire le operazioni fondamentali di<br />
ut<strong>il</strong>izzo di sistemi ICT per la gestione dei dati sanitari del progetto più ambizioso<br />
qui proposto.<br />
Il Syllabus (<strong>il</strong> documento che riassume le competenze necessarie agli operatori<br />
sanitari che ut<strong>il</strong>izzano la tecnologia ICT) è in fase di ampliamento, attraverso <strong>il</strong><br />
confronto con una ampia community di stakeholders istituzionali, e diventerà<br />
immediato riferimento per l’elaborazione, da parte dei Provider ECM aderenti<br />
al progetto, di un corpus di percorsi formativi in grado di coprire in modo più<br />
mirato le necessità formative dei diversi attori dell’ e-health; esigenze diversificate<br />
sia in funzione della varietà di prof<strong>il</strong>i e ruoli professionali, sia in riferimento<br />
alla varietà di ambiti assistenziali (medicina d’urgenza, radiologia e medicina<br />
di laboratorio, medicina territoriale, f<strong>il</strong>iera del farmaco etc.). Parallelamente<br />
esso si propone di rendere fac<strong>il</strong>mente accessib<strong>il</strong>i a tutti gli operatori sanitari<br />
adeguati strumenti di check-up delle proprie competenze in materia ICT.<br />
Bas<strong>il</strong>are è l’obiettivo di diffondere, anche nella sanità, la cultura della certificazione<br />
delle competenze mediante la loro verifica in un ambiente controllato<br />
(Test-center), sopperendo a una carenza dell’attuale normativa ECM in<br />
materia di attribuzione dei crediti FAD. A questo scopo sarà attivata la rete di<br />
Test center AICA, con adeguata copertura di tutto <strong>il</strong> territorio nazionale. Il test<br />
finale erogato presso uno di questi Test Center avrà caratteristiche tali da sod-<br />
219
Capitolo 6<br />
disfare contemporaneamente e contestualmente sia i requisiti della normativa<br />
ECM sia i requisiti della Certificazione internazionale ECDL-Health.<br />
Il contesto<br />
In tutti i paesi occidentali i sistemi sanitari stanno attraversando profonde trasformazioni<br />
strutturali e organizzative, legate da un lato alla crescita della domanda<br />
di salute, dall’altro alla drammatica necessità di contenimento dei costi. L’ut<strong>il</strong>izzo<br />
di tecnologie dell’informazione è fondamentale a questo processo di trasformazione,<br />
sotto una pluralità di prof<strong>il</strong>i che vanno dalla disponib<strong>il</strong>ità di nuovi strumenti<br />
diagnostici, all’integrazione funzionale tra processi sanitari e amministrativi,<br />
per arrivare a nuove modalità di relazioni tra strutture e pazienti. Lo sv<strong>il</strong>uppo delle<br />
tecnologie digitali di tipo diagnostico e biomedico, ha impatti significativi sulla<br />
qualità e sull’outcome clinico delle prestazioni sanitarie disponib<strong>il</strong>i.<br />
Il modello di sanità elettronica presuppone una crescita delle capacità d’integrazione<br />
e consolidamento delle informazioni cliniche ed amministrative in<br />
formato digitale. La telemedicina, l’assistenza domic<strong>il</strong>iare integrata, la costruzione<br />
di PDTA, condivisi tra più strutture e specialisti di diverse aree, impattano<br />
profondamente sulle modalità di relazioni tra erogatori di prestazioni sanitarie e<br />
pazienti.<br />
Nell’e-health la tecnologia dell’informazione non è più un accessorio ma una<br />
componente propria del `core business’ dell’assistenza sanitaria.<br />
La sfida che accompagna la rivoluzione della sanità elettronica è innanzitutto<br />
quella culturale; oggi, presso gli operatori sanitari, sembra esserci ancora un’incompleta<br />
consapevolezza del cambiamento culturale che l’e-health implica<br />
per la gestione della salute. Una ricerca condotta da AICA e SDA Bocconi nel<br />
settore sanitario [“L’ignoranza informatica: <strong>il</strong> costo nella Sanità” ed. McGraw H<strong>il</strong>l]<br />
ha dimostrato come la competenza ancora inadeguata degli operatori ospedalieri<br />
e dei medici di base nell’ut<strong>il</strong>izzo di applicazioni informatiche comporti una<br />
perdita di produttività del sistema, con pesanti riflessi sia in termini economici (<strong>il</strong><br />
costo sommerso, legato alla scarsa capacità d’uso delle risorse informatiche, è<br />
stato quantificato in tutto <strong>il</strong> SSN in 2 m<strong>il</strong>iardi di euro l’anno, pari al 2,5% della spesa<br />
sanitaria pubblica) sia in termini “sociali”: allungamento dei tempi di attesa, duplicazione<br />
di indagini diagnostiche per perdita o indisponib<strong>il</strong>ità di dati essenziali,<br />
scarsa tutela della privacy.<br />
A seguito di tale indagine AICA, che ha fra i propri obiettivi istituzionali quello<br />
di diffondere la cultura informatica in Italia, ha aderito, nel 2005, all’iniziativa,<br />
sollecitata dal sistema sanitario Inglese, di creare, a livello europeo, una certificazione<br />
ECDL Health orientata alla definizione e alla verifica delle competenze<br />
informatiche minime richieste agli operatori sanitari.<br />
Sulla base dell’attuale Syllabus ECDL Health sono nati percorsi formativi con accreditamento<br />
ECM.<br />
220
Percorso formativo ECDL Health, le sue origini, i suoi obiettivi e gli sv<strong>il</strong>uppi futuri<br />
Il Syllabus<br />
Il Syllabus è <strong>il</strong> documento che descrive in dettaglio le ab<strong>il</strong>ità e le conoscenze<br />
richieste a tutti gli operatori della sanità: medici, infermieri, personale tecnico e<br />
amministrativo.<br />
L’idea di fondo è stata quella di produrre un Syllabus comune europeo, con gli<br />
adattamenti nazionali necessari a dar conto della diversità dei sistemi sanitari.<br />
L’adattamento nazionale è ottenuto a livello delle applicazioni di valutazione.<br />
Se ad esempio si considera una competenza comune come: “conoscere ed<br />
applicare i protocolli di gestione dell’identità del paziente”, la valutazione locale<br />
della competenza sarà: “gestire praticamente l’accettazione di un paziente<br />
attraverso un’applicazione che tratti i dati di identificazione previsti dalla normativa<br />
in Italia”.<br />
Il Syllabus prevede obiettivi per i tre livelli tassonomici abituali:<br />
• Sapere: definire, elencare, descrivere, comprendere (=applicare una conoscenza<br />
ad un contesto.)<br />
• Saper fare: selezionare un record, navigare, registrare, produrre stampe/report.<br />
• Saper essere: dimostrare la consapevolezza.<br />
I contenuti del syllabus (protetti da copyright della Fondazione ECDL) comprendono<br />
i seguenti argomenti:<br />
• Concetti base e definizioni di un SIS (Sistema Informativo Sanitario).<br />
• Tipologie di SIS – la cartella clinica elettronica, i sistemi per gli ordini, per le<br />
immagini, le prescrizioni, <strong>il</strong> laboratorio, i PACS, i sistemi basati sui referti, i sistemi<br />
di supporto alla decisione, i sistemi multimediali, i sistemi di fatturazione.<br />
• Caratteristiche dei SIS, funzioni, vantaggi (accessib<strong>il</strong>ità, attendib<strong>il</strong>ità, rapidità<br />
di accesso, viste condivise, aggiornamento, accuratezza, sostegno alla continuità<br />
delle cure) e possib<strong>il</strong>i limiti.<br />
• Responsab<strong>il</strong>ità di un operatore sanitario in rapporto alla riservatezza verso un<br />
paziente nel contesto di un SIS.<br />
• Accesso autorizzato ad un SIS.<br />
• Sicurezza dei dati di un SIS.<br />
• Competenze pratiche – (ricerca e localizzazione della cartella di un paziente,<br />
registrazione delle informazioni di un paziente, prescrizioni, refertazioni, differenti<br />
tipi di supporto alla decisione..)<br />
• Principi di creazione ed editing di documenti sanitari.<br />
Per ciascun argomento sono definite specifiche aree di conoscenza e competenza.<br />
I contenuti sono contestualizzati in modo da adattarsi ai diversi linguaggi<br />
221
Capitolo 6<br />
e alle specifiche terminologie nazionali, ai diversi organismi e strutture legali e<br />
professionali.<br />
ECDL Health è in fase di evoluzione. Sono, oggi, in fase di studio ulteriori ampliamenti<br />
del Syllabus ad argomenti quali:<br />
• Banche dati specialistiche<br />
• Strumenti di ricerca specialistici<br />
• Criteri di valutazione dell’informazione - classificazione e controllo delle fonti,<br />
standard di qualità internazionali per i siti web sanitari<br />
• Tecniche di selezione e recupero dei documenti<br />
• Applicazioni di Telemedicina,<br />
• Assistenza domic<strong>il</strong>iare integrata (dispositivi di home care domestico)<br />
• PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutici e Assistenziali) territoriali e ospedalieri<br />
L’offerta formativa ECDL Health<br />
ECDL- Health implica necessariamente un percorso di formazione che pone<br />
l’accento sulla necessità di una piena consapevolezza della natura sensib<strong>il</strong>e<br />
del dato sanitario e sulle implicazioni che questo comporta nella gestione con<br />
strumenti ICT delle informazioni sanitarie. La formazione deve inoltre coprire<br />
i principali campi di applicazione dell’ICT in ambito medico, la struttura e la<br />
terminologia relativa a sistemi informativi e documenti sanitari, la capacità di<br />
eseguire alcune operazioni fondamentali di ut<strong>il</strong>izzo di sistemi ICT per la gestione<br />
dei dati sanitari.<br />
I temi trattati in un processo formativo sono i seguenti:<br />
• E-health: gli impatti delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione<br />
sul mondo della sanità. Un modello di riferimento.<br />
• La progettazione di un sistema informativo clinico integrato: centralità della<br />
cartella clinica elettronica.<br />
• Elementi di progettazione di un sistema informativo clinico.<br />
• Le diverse tipologie di “cartella clinica elettronica”.<br />
• La riprogettazione per processi, <strong>il</strong> “percorso del paziente” e la cartella clinica<br />
elettronica.<br />
• La gestione elettronica delle immagini.<br />
• Cenni agli standard tecnologici a supporto dei sistemi informativi clinici (HL7<br />
e DICOM).<br />
• Il quadro normativo e le soluzioni tecnologiche e organizzative per la sicurezza<br />
e la privacy.<br />
• La validità legale del documento elettronico e la firma digitale.<br />
222
Percorso formativo ECDL Health, le sue origini, i suoi obiettivi e gli sv<strong>il</strong>uppi futuri<br />
L’offerta formativa è diretta sia a professionisti che si confrontano con i temi della<br />
sanità elettronica, sia a studenti universitari delle facoltà mediche.<br />
Offerta formativa collegata a crediti ECM<br />
1. Formazione esclusivamente FAD con certificazione, in collaborazione con la<br />
Fondazione IRCCS Policlinico di M<strong>il</strong>ano.<br />
Si rivolge al personale sanitario in generale di cliniche e ospedali.<br />
È costituita da un Corso FAD articolato su tre moduli, di cui due preparatori<br />
d’informatica medica (ECDL like) e uno specifico sulla certificazione ECDL<br />
Health.<br />
Superando <strong>il</strong> test di certificazione, si possono ottenere fino a 50 ECM. Il solo<br />
test ECDL Health garantisce 22 ECM. I tempi di fruizione stimati sono complessivamente<br />
(per i tre corsi FAD) di 33 ore.<br />
L’offerta si basa su una piattaforma sv<strong>il</strong>uppata dal Policlinico di M<strong>il</strong>ano chiamata<br />
ECM Campus.<br />
2. Corso blended della durata di due giorni (16 ore), comprensivo di materiale<br />
didattico FAD e associato a crediti ECM da 22 a 50. Il personale docente è<br />
rappresentato da professori universitari che hanno contribuito allo sv<strong>il</strong>uppo<br />
della certificazione.<br />
Anche questo programma si rivolge al personale sanitario di cliniche e ospedali.<br />
3. Corso in presenza con certificazione in collaborazione con Unicampus Biomedico<br />
di Roma. Durata del corso 32 ore, con associati 48 ECM.<br />
Si rivolge come <strong>il</strong> precedente al personale sanitario di cliniche e ospedali.<br />
L’esame si svolge sulla piattaforma ATLAS, in modo conforme alle specifiche<br />
AGENAS (Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari Regionali) che sovrintende<br />
all’assegnazione dei crediti ECM.<br />
Il personale docente viene selezionato dal Test Center.<br />
Offerta formativa non collegata a crediti ECM<br />
4. Corso in presenza Si rivolge al personale sanitario e amministrativo di cliniche<br />
e ospedali. L’esame si svolge sulla piattaforma ATLAS. Durata del corso 24 ore<br />
Il personale docente, rappresentato da professori universitari che hanno<br />
contribuito allo sv<strong>il</strong>uppo della certificazione, è a carico di AICA 1 .<br />
1<br />
Per maggiori informazioni sui corsi formativi: ecdlhealth@aicanet.i - Tel. 02 764550 37/41<br />
223
Capitolo 6<br />
Come acquisire la certificazione ECDLHealth<br />
La certificazione ECDL Health si ottiene superando un esame riguardante <strong>il</strong> modulo<br />
Health. Un pre requisito, consigliato ma non obbligatorio, per <strong>il</strong> conseguimento<br />
di tale certificazione, è la conoscenza di base relativa all’ut<strong>il</strong>izzo di un<br />
personal computer (ECDL Start like).<br />
Il candidato deve rivolgersi a un Test Center accreditato ECDL Health, <strong>il</strong> cui elenco<br />
è riportato sul sito AICA (http://www.aicanet.it/certificazioni/ecdl/specialisedlevel/health/sedi-desame)<br />
e acquistare una Sk<strong>il</strong>l Card. La Sk<strong>il</strong>l Card è una tessera<br />
individuale, riportante i dati anagrafici del titolare, sulla quale viene registrato l’<br />
esame superato. La Sk<strong>il</strong>l Card ha una validità di due anni dalla data del r<strong>il</strong>ascio.<br />
L’esame ECDL Health è effettuato mediante un sistema che automatizza in<br />
modo integrale tutto <strong>il</strong> processo: erogazione dei test al candidato, valutazione<br />
dei risultati, registrazione nel database nazionale di AICA.<br />
Il sistema automatico consente un’uniformità di valutazione dei risultati, essendo<br />
indipendente da fattori di soggettività inevitab<strong>il</strong>i nel caso di esaminatori umani.<br />
Inoltre, i candidati possono conoscere i risultati immediatamente, al termine<br />
dell’esame, e ottenere una descrizione analitica degli errori commessi.<br />
Si considera superata la prova d’esame se <strong>il</strong> candidato ha risposto positivamente<br />
almeno al 75% delle domande.<br />
Come prepararsi all’esame<br />
La modalità di preparazione agli esami dipende, ovviamente, dal livello di conoscenze<br />
già acquisite dal candidato. Si presentano quindi più possib<strong>il</strong>ità:<br />
• Il candidato, non interessato all’acquisizione di crediti ECM, può prepararsi in<br />
modo autonomo e sostenere l’esame presso un qualunque Centro, purché<br />
accreditato.<br />
È possib<strong>il</strong>e acquistare materiale didattico ad hoc, validato da AICA, in cui è<br />
garantita la copertura di tutti gli argomenti previsti dal Syllabus ECDL Health.<br />
Esistono, inoltre, corsi FAD (formazione a distanza), quali quelli erogati da IRC-<br />
CS Policlinico di M<strong>il</strong>ano e Caspur di Roma.<br />
(http://www.aicanet.it/certificazioni/ecdl/specialised-level/health/materiale-didattico).<br />
• Chi lo ritenga opportuno può invece seguire uno dei corsi di formazione che<br />
oggi sono proposti sia da AICA che dai Test Center accreditati ECDL Health;<br />
tali corsi (vedi: L’offerta formativa ECDL Health), danno anche la possib<strong>il</strong>ità di<br />
acquisire la certificazione con l’eventuale riconoscimento di crediti ECM.<br />
224
CAPITOLO 7<br />
Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria:<br />
prospettive possib<strong>il</strong>i<br />
7.1 Le cooperative negli accordi integrativi della Campania<br />
Giorgio Massara 1<br />
Sono <strong>il</strong> Presidente SNAMI per la regione Campania e porto i saluti del nostro Presidente<br />
Nazionale, dott. Angelo Testa.<br />
Lo SNAMI è stato presente negli ultimi tre anni a questo appuntamento ed anche<br />
quest’anno è lieto di portare <strong>il</strong> suo saluto a cui si somma questo mio piccolo<br />
contributo di idee.<br />
Uno dei miei maestri, interrogato a proposito di quali siano i compiti di un buon<br />
sindacalista, mi rispose: “fare dei buoni contratti e farli applicare”.<br />
Sotto questo aspetto in Campania siamo tutti dei cattivi sindacalisti visto che<br />
l’ultimo Accordo Integrativo Regionale è stato stipulato solo nel lontano 2003.<br />
L’argomento che cercherò di chiarire riguarderà <strong>il</strong> rapporto tra le cooperative i<br />
medici di famiglia ed <strong>il</strong> sindacato in particolare relativamente alla Regione Campania.<br />
Un tassello importante di questo discorso è stato posto proprio ieri grazie a quanto<br />
chiarito nel testo “Oltre le Convenzioni”, curato da Crescenzo Simone e Gianfranca<br />
Ranisio.<br />
Questo libro rappresenta una importante testimonianza e conferma la mia convinzione<br />
che è l’operare pratico, <strong>il</strong> nostro “lavoro” di ogni giorno, ad essere poi<br />
trasposto in quelli che sono gli accordi scritti.<br />
C’è innanzitutto da dire che la promozione della medicina di gruppo rappresenta<br />
un elemento fondamentale che, eventualmente sv<strong>il</strong>uppato nell’ambito<br />
delle cooperative, fornisce una potenzialità in più, basti pensare alla gestione<br />
del personale di studio.<br />
D’altro canto però vorrei sottolineare che l’esperienza presentata ieri in merito<br />
alla presenza degli specialisti nei nostri poliambulatori è un fatto fondamentale<br />
che si sta vivendo in prima persona in varie cooperative giacché da tre anni molte<br />
medicine di gruppo hanno avviato in Campania un discorso per la realizzazione<br />
di ambulatori dedicati riguardanti varie patologie tra cui l’ipertensione ed<br />
<strong>il</strong> diabete; ciò vuol dire che vi è in questi ambulatori la presenza, in determinati<br />
giorni e ad orari prestab<strong>il</strong>iti, del diabetologo, del cardiologo e di altre figure che<br />
concorrono al trattamento di queste patologie.<br />
1<br />
Presidente Regionale SNAMI Campania<br />
225
Capitolo 7<br />
Questa è una esperienza, però che, avviata in un determinato contesto e pur<br />
essendo valida fin da subito, sv<strong>il</strong>upperà <strong>il</strong> massimo delle sue potenzialità quando<br />
sarà esportata su scala più ampia, vale a dire quando sarà possib<strong>il</strong>e inserirla in un<br />
Accordo Integrativo Regionale.<br />
Per fare ciò sicuramente la presenza di cooperative mediche è senz’altro ut<strong>il</strong>e<br />
per una visione “strategica” capace di garantire efficaci modelli organizzativi.<br />
Un altro importante aspetto, che in Campania come sindacato SNAMI ci sta<br />
molto a cuore, riguarda una riflessione su quello che è l’effettivo ruolo di uno<br />
studio medico. Oggi lo studio medico è diventato, di fatto, un organismo complesso,<br />
poiché se andiamo – ad esempio - a concepire l’organizzazione di una<br />
medicina di gruppo abbiamo una grande complessità (vedi <strong>il</strong> personale, i problemi<br />
fiscali, la gestione dell’attività informatica, <strong>il</strong> problema delle banche dati<br />
ecc.) per cui piuttosto che andare a fare trattative per Accordi nei quali si va a<br />
chiedere 50 centesimi in più quando capita e se capita, noi dovremmo ridiscutere<br />
quello che è <strong>il</strong> ruolo del medico di famiglia nell’ambito delle prestazioni che va<br />
ad erogare, tutto ciò - per quanto riguarda la Campania – tenuto anche conto<br />
dello smantellamento di fatto della rete ospedaliera che stiamo già vivendo in<br />
maniera piuttosto traumatica.<br />
Cinghia di trasmissione tra l’ACN e l’AIR sono, secondo noi, le società scientifiche<br />
e le cooperative; l’ha detto <strong>il</strong> collega Marotta poc’anzi e mi piace ribadirlo. Ieri<br />
si parlava molto di medico solista e devo dire che, senza trascurare quello che<br />
noi dello SNAMI chiamiamo “rapporto duale medico-paziente” stiamo andando<br />
indubbiamente verso le aggregazioni; io penso che nel superamento del medico<br />
solista e nell’integrazione del medico duale dovremmo creare un’orchestra<br />
dove ognuno suona uno strumento diverso, che sa suonare bene, e viene diretto<br />
in un determinato modo per creare una “musica” di alto valore.<br />
Credo che questo sia <strong>il</strong> nostro compito, che sia un compito complesso e r<strong>il</strong>evo<br />
che uno dei pericoli - emerso in maniera chiarissima anche da questi lavori - è<br />
che per le UCCP si realizzi quello che in f<strong>il</strong>osofia è noto come eterogenesi dei fini<br />
e cioè che, mentre vi è la volontà dei medici di famiglia di gestire queste strutture<br />
attraverso le cooperative mediche, arriverà poi qualcuno “dall’esterno” e ci imporrà<br />
la “sua” gestione: in tale prospettiva invece di essere noi i protagonisti del<br />
nostro lavoro finiremmo per essere fatalmente, solo e semplicemente, “impiegati”<br />
di qualcun altro e questo, oltre ad essere una cosa che non ci piace e non può<br />
piacerci, rappresenta un pericolo contro <strong>il</strong> quale è necessario fare massa critica,<br />
cioè creare una unità della categoria.<br />
Il discorso sulle cooperative è venuto finalmente fuori, dopo anni, da una lettura<br />
spesso parziale se non addirittura manichea: inizialmente si riteneva, da parte di<br />
alcuni, che le cooperative avrebbero introdotto <strong>il</strong> regno di Saturno nella professione<br />
medica, da parte di altri, invece, si pensava che esse ne rappresentassero<br />
l’inferno.<br />
226
Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />
Esse non sono e non saranno mai né l’una né l’altra cosa ma rappresentano<br />
solo uno strumento che se usato bene può servire per raggiungere degli obiettivi<br />
che ci permetteranno di svolgere al meglio <strong>il</strong> nostro lavoro che è cambiato nel<br />
tempo: chi ha cominciato la propria attività venti o venticinque anni fa sa bene<br />
che oggi deve sapersi confrontare, come già sta facendo, con realtà profondamente<br />
diverse ed in continua trasformazione.<br />
Evidentemente ci siamo resi conto di quanto sia cambiata la professione e di<br />
come abbiamo l’obbligo di adeguarci a questi mutamenti, altrimenti finiremo<br />
per essere superati completamente da persone diverse che faranno scelte diverse<br />
e che hanno ben poco a che vedere non solo con le nostre esigenze di<br />
professionisti della salute ma anche, e soprattutto, con quelle dei nostri pazienti.<br />
7.2 Previdenza integrativa<br />
Franco Pagano 2<br />
Oggi presenteremo Fondo Sanità ossia <strong>il</strong> fondo complementare che l’ENPAM ha<br />
messo in campo nel 2007 e approfondiremo <strong>il</strong> tema della previdenza complementare.<br />
La pensione è un diritto che deriva dall’articolo 38 della costituzione e qualsiasi<br />
reddito fiscalmente r<strong>il</strong>evante deve essere sottoposto a contribuzione previdenziale.<br />
L’ENPAM è l’ente erogatore della pensione obbligatoria del medico che svolge<br />
la propria professione come libero professionista e/o in convenzione con <strong>il</strong> SSN.<br />
Tra la modalità di gestione economico-finanziaria a “capitalizzazione” la cui negatività<br />
è rappresentata dal rischio dell’inflazione che riduce <strong>il</strong> potere d’acquisto<br />
del montante accumulato e la modalità “a ripartizione” la cui negatività è rappresentata<br />
dalle gravi modificazioni demografiche ed economiche che minano<br />
<strong>il</strong> patto solidale intergenerazionale, l’ENPAM ha adottato un “modello a ripartizione<br />
attenuato da elementi di capitalizzazione” in cui la capitalizzazione del patrimonio<br />
funge nel tempo da riserva di compensazione a garanzia di solvib<strong>il</strong>ità del<br />
sistema a fronte di squ<strong>il</strong>ibri demografici ed economici delle future generazioni e<br />
di tenuta del potere d’acquisto delle pensioni.<br />
L’ENPAM ha superato anche la diatriba tra retributivo e contributivo in quanto la<br />
modalità di calcolo delle pensioni è su “base reddituale-contributiva” ovvero <strong>il</strong><br />
calcolo della pensione è basato su una diretta proporzione tra contributi versati<br />
e retribuzione media di tutta la vita lavorativa.<br />
Se <strong>il</strong> modello ENPAM è più virtuoso dei modelli INPS e INPDAP che necessità c’è<br />
di parlare di pensione complementare, di pensione volontaria, di pensione aggiuntiva?<br />
2<br />
Segretario Provinciale FIMMG Chieti<br />
227
Capitolo 7<br />
La riforma previdenziale introdotta dalla legge Dini ha portato al passaggio dal<br />
sistema retributivo al sistema contributivo; questo ha significato e significherà che<br />
per le generazioni attuali e soprattutto per quelle future la pensione sarà di gran<br />
lunga inferiore a quella attuale.<br />
Il legislatore, pertanto, affinché in quiescenza tutti i cittadini possano mantenere<br />
un tenore di vita adeguato alle proprie aspettative, ha ritenuto opportuno introdurre<br />
a fianco del sistema previdenziale obbligatorio un secondo p<strong>il</strong>astro rappresentato<br />
dalla pensione complementare.<br />
Nel 2007 l’ENPAM propone e la COVIP approva “FondoSanità”, fondo complementare<br />
chiuso, che rappresenta <strong>il</strong> p<strong>il</strong>astro volontario e facoltativo della previdenza<br />
del medico.<br />
Perché creare un fondo complementare chiuso?<br />
I fondi complementari presenti sul mercato sono divisi in “chiusi” e “aperti”:<br />
i fondi complementari “chiusi o negoziali” sono quelli che ciascuna categoria<br />
organizza per i propri aff<strong>il</strong>iati e l’ENPAM con Fondosanità ha costituito un fondo<br />
complementare rivolto solamente agli esercenti le attività sanitarie; mentre i fondi<br />
complementari “aperti” sono quelli proposti dalle agenzie assicurative o dalle<br />
banche e sono accessib<strong>il</strong>i a tutti.<br />
Sia i fondi negoziali che quelli aperti devono rispondono alle stesse leggi e alle<br />
stesse norme della COVIP; si differenziano in quanto i fondi aperti sono gravati da<br />
costi di gestione, costi di retrocessione e costi di caricamento molto elevati, mentre<br />
i fondi negoziali chiusi, proprio perché sono organizzati da singole categorie,<br />
hanno costi di gestione molto ridotti.<br />
FondoSanità si rivolge ai medici che svolgono la libera professione, ai medici<br />
convenzionati e ai soggetti fiscalmente a carico del medico.<br />
Il medico, pertanto, sottoscrivendo FondoSanità può aprire una posizione previdenziale<br />
anche per <strong>il</strong> soggetto fiscalmente a carico.<br />
FondoSanità, però, non è aperto solo ai medici ma anche agli infermieri iscritti<br />
all’IPASVI e all’ENPAPI, ai farmacisti iscritti all’ENPAF e da ieri anche ai veterinari<br />
iscritti al SIVeMP.<br />
FondoSanità è costituito in comparti che si differenziano tra loro per linee di investimento<br />
più o meno aggressive:<br />
Comparto A-Scudo(obbligazioni); Comparto B Progressione (obbligazioni in quota<br />
minima del 55% + azioni); Comparto C–Espansione (azioni in quota minima<br />
non inferiore al 55% + obbligazioni); Comparto D – Garantito.<br />
Ogni aderente in base all’età, alle disponib<strong>il</strong>ità finanziarie e alla propensione al<br />
rischio può decidere di scegliere <strong>il</strong> comparto che meglio risponde alle sue esigenze<br />
previdenziali, oppure suddividere i flussi contributivi anche su più linee di<br />
investimento indicando le rispettive quote.<br />
Quando ci si iscrive ad un fondo complementare c’è l’obbligatorietà di rimanere<br />
nel fondo complementare per almeno due anni, trascorsi i quali si può passare<br />
ad altro fondo complementare; questo vale anche per chi è iscritto ad altro fondo<br />
complementare e vuole transitare a FondoSanità.<br />
228
Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />
Da poco poi è stato introdotto nel FondoSanità un’agevolazione per i più giovani,\<br />
cioè la possib<strong>il</strong>ità di versamenti mens<strong>il</strong>i evitando così soluzioni semestrali o<br />
annuali.<br />
In FondoSanità i costi annui di gestione finanziaria sono compresi tra lo 0,10% e lo<br />
0,15% in quanto non vi sono percentuali da corrispondere a produttori e venditori;<br />
negli altri fondi, invece, i costi annuali di caricamento e retrocessione, mediamente<br />
intorno al 2%, riducono <strong>il</strong> capitale e i relativi interessi maturati.<br />
I costi di gestione finanziaria, in tutti i Fondi Pensione, incidono in maniera pesantissima<br />
sulle prestazioni finali, infatti, l’1% di commissioni in più all’anno, su un investimento<br />
ventennale, può determinare una pensione integrativa inferiore anche<br />
del 20-30%.<br />
I vantaggi di FondoSanità sono quindi di due tipi sia previdenziale che fiscale.<br />
Il vantaggio fiscale deriva dalla deducib<strong>il</strong>ità dei fondi complementari.<br />
Infatti <strong>il</strong> contributo è deducib<strong>il</strong>e sino al 12% del reddito dichiarato, con un limite<br />
massimo di €. 5.164,57 e si può sommare alla deducib<strong>il</strong>ità dell’aliquota modulare<br />
volontaria e del riscatto di anni di laurea, di specializzazione e di allineamento;<br />
mentre le polizze assicurative sono detraib<strong>il</strong>i sino al 19% con un tetto di € 1.290<br />
(che si traduce in un vantaggio fiscale massimo di €. 245). Il medico sottoscrittore,<br />
che accende una posizione previdenziale per <strong>il</strong> fam<strong>il</strong>iare a carico, potrà portare<br />
in deduzione <strong>il</strong> costo delle due posizioni, fermo restante che <strong>il</strong> limite massimo deducib<strong>il</strong>e<br />
non superi €. 5.164,57.<br />
Nel caso in cui <strong>il</strong> medico sottoscrittore accenda posizione previdenziale (per sè<br />
e/o per soggetti fiscalmente a carico) per somme superiori a € 5.164,57 la quota<br />
di pensione corrispondente alla cifra di cui ha goduto del beneficio fiscale sarà<br />
gravata di tassazione, mentre la somma che non ha goduto di beneficio fiscale<br />
non subirà alcuna tassazione sulla corrispondente pensione.<br />
Un soggetto con un reddito di € 50.000/anno (aliquota marginale IRPEF 38%) versando<br />
a FondoSanità € 5.000/anno per 30 anni avrà sì versato € 150.000, ma <strong>il</strong><br />
costo reale sarà stato di € 93.000 (versamento al netto del risparmio fiscale) in<br />
quanto € 57.000 saranno tasse risparmiate.<br />
Questo è <strong>il</strong> vantaggio immediato, tangib<strong>il</strong>e anno per anno.<br />
Ma <strong>il</strong> vantaggio più importante, introdotto dal legislatore, per invogliare i giovani<br />
a costituire un fondo previdenziale aggiuntivo è che le pensioni complementari<br />
godono di una tassazione agevolata che parte dal 15% ed arriva al 9% contro <strong>il</strong><br />
38% - 41% - 43% della pensione obbligatoria; quindi vantaggio fiscale immediato,<br />
vantaggio previdenziale e vantaggio di tassazione agevolata sulla prestazione<br />
finale.<br />
La vera mission, però, dei fondi complementari al di la dei vantaggi fiscali è quella<br />
di permettere la costruzione nel tempo di una pensione aggiuntiva le cui prestazioni<br />
potranno tradursi in pensione di anzianità, di vecchiaia, di prestazione in<br />
capitale sino al 50% del montante maturato (contro <strong>il</strong> 15% erogato dall’ENPAM),<br />
di anticipazione per spese sanitarie, per acquisto della 1^ casa, per opere di<br />
ristrutturazione.<br />
229
Capitolo 7<br />
7.3 UCCP E COOPERATIVE: DOVE VA LA MEDICINA GENERALE?<br />
S<strong>il</strong>vestro Scotti 3<br />
Sono un medico di medicina generale che riveste un duplice ruolo tanto<br />
nell’ambito professionale che sindacale. Sono infatti medico di continuità assistenziale,<br />
in relazione alla quale area rivesto l’incarico di Segretario Nazionale<br />
FIMMG, e medico di assistenza primaria per la quale sono stato chiamato<br />
nell’ultimo congresso elettivo da Giacomo M<strong>il</strong><strong>il</strong>lo a svolgere <strong>il</strong> ruolo di vice<br />
segretario nell’esecutivo nazionale generale, con un atto teso a valorizzare <strong>il</strong><br />
ruolo unico nella medicina generale quale prerequisito indispensab<strong>il</strong>e della sua<br />
evoluzione verso le UCCP e verso i programmi che le UCCP si propongono di<br />
realizzare.<br />
L’area delle cooperative ha nella regione da cui provengo, la Campania, esperienze<br />
più che significative e consolidate a partire da quella del dott. Crescenzo<br />
Simone.<br />
Sono io stesso membro di una cooperativa ma nonostante questo non vi nascondo<br />
che non è stato fac<strong>il</strong>e trovare una linea che mi consentisse di affrontare<br />
<strong>il</strong> tema della relazione tra UCCP e Cooperative in modo esaustivo fino a quando<br />
non ho pensato di focalizzare <strong>il</strong> mio intervento su un fondamentale punto di domanda:<br />
“dove va la medicina generale?”.<br />
L’analisi del contesto demografico in cui si muove la Medicina Generale è da<br />
tempo ben delineata per la parte che riguarda gli assistiti. Essa tiene conto:<br />
• della diminuzione della mortalità,<br />
• dell’aumento della popolazione over 65 anni,<br />
• della morbosità per patologie croniche;<br />
rimane però fondamentale, per poter comprendere quale possa essere <strong>il</strong> rapporto<br />
tra le UCCP e le risposte che in termini di assistenza possono arrivare dalle<br />
cooperative, estendere l’analisi agli aspetti professionali della Medicina Generale,<br />
quali:<br />
• i tempi di accesso alla professione,<br />
• le motivazioni vocazionali, <strong>il</strong> numero chiuso (Università, Corso di formazione<br />
in MG),<br />
elementi che, nell’insieme, possono aver contribuito a determinare nel tempo la<br />
diminuzione del numero di medici ut<strong>il</strong>i all’assistenza territoriale.<br />
3<br />
Segretario Nazionale FIMMG Continuità Assistenziale<br />
230
Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />
Un medico di medicina generale compie <strong>il</strong> proprio percorso formativo e arriva<br />
sul mercato del lavoro in un tempo che varia, da Regione a Regione, dai 10 anni<br />
ai 15 anni.<br />
Il numero chiuso, che oggi appare elemento limitativo, è in realtà servito a valorizzare<br />
la professione e a qualificarla; qualificazione che ha creato in molti paesi<br />
europei <strong>il</strong> presupposto alla creazione e al riconoscimento di una specializzazione<br />
in medicina generale. Pensare oggi a scelte diverse comporterebbe un contenuto<br />
economico che va attentamente valutato, anche, in termini di sostenib<strong>il</strong>ità.<br />
Altrettanto significativi sono gli aspetti di carattere geopolitico quali:<br />
• <strong>il</strong> decentramento amministrativo della sanità,<br />
• la presenza di modelli organizzativi di gestione della sanità differenti,<br />
• <strong>il</strong> confronto, spesso di contrapposizione, tra programmazione nazionale versus<br />
programmazione regionale e a volte, addirittura, differenze organizzative<br />
da Azienda sanitaria ad Azienda sanitaria della medesima regione.<br />
Nella maggior parte dei tribunali amministrativi regionali, infatti, oltre che in sede<br />
di Consiglio di Stato, i contenziosi tra Regione e Stato in materia sanitaria, se<br />
confrontati agli atti di programmazione che dalle due parti si realizzano, sono<br />
preponderanti, e tutti alla ricerca del diritto di legiferare in maniera elettiva l’uno<br />
rispetto all’altro.<br />
Se passiamo a esaminare l’evoluzione degli aspetti normativi che regolano l’attività<br />
della Medicina generale, emerge la consapevolezza che una parte fondamentale<br />
nella nostra contrattualità, ossia quella che descrive <strong>il</strong> compenso, è<br />
stata poco valutata nei suoi meccanismi ed è sempre stata ut<strong>il</strong>izzata in maniera<br />
inconsapevole, relegandola alla parte finale della discussione contrattuale quella<br />
in cui si distribuivano le risorse e se ne descriveva l’ut<strong>il</strong>izzo in modo da soddisfare<br />
le aspettative immediate della categoria che rappresentiamo, senza valutarne<br />
l’effetto a lungo termine. Solo negli ultimi tempi, si è compreso che agire sulla<br />
struttura del compenso rappresenta una forte leva per gestire <strong>il</strong> cambiamento di<br />
un’area professionale.<br />
Partendo dalla considerazione che per cercare di prevedere l’evoluzione di<br />
un’area professionale bisogna non solo valutare gli aspetti che si è in grado di<br />
intercettare e quindi di indirizzare, ma anche comprendere gli elementi che si<br />
muovono in una direzione che non si controllano, ci si deve porre <strong>il</strong> problema di<br />
definire i numeri della Medicina generale.<br />
L’ENPAM a tal proposito ci può fornire dati sulle posizioni previdenziali aperte e indicazione<br />
sui redditi che a quelle posizioni sono legati. Raggruppando redditi e posizioni<br />
che avessero una valenza, e riferendole alle titolarità d’incarico si può cercare<br />
di delineare i contesti nei quali la medicina generale si potrà muovere nel futuro.<br />
231
Capitolo 7<br />
Il grafico 1 mostra l’andamento del numero dei medici di famiglia dal 2005 al<br />
2008. Non ci sorprende vedere che <strong>il</strong> numero di medici di medicina generale è<br />
diminuito nel corso degli anni.<br />
Grafico 1 - Medicina di famiglia<br />
Il numero dei pediatri di libera scelta, in contro tendenza, aumenta. Questo accade<br />
perché i sistemi di dismissione di strutture ospedaliere ad indirizzo generalista<br />
(medicina interna e pediatria generale) che si stanno realizzando in Italia, di<br />
fatto, favoriscono la crescita dei numeri della pediatria di libera scelta poiché i<br />
pediatri ospedalieri si spostano sul territorio.<br />
Grafico 2 - Pediatria di libera scelta<br />
Perché è importante che la MG valuti questo dato? Perché mantenendosi la numerosità<br />
di professionisti dell’area pediatrica si determina una competizione che<br />
aggredisce una parte di assistiti dai 6 ai 14 anni in concorrenza tra le due professioni<br />
sulla base di disposizioni contrattuali e quindi vengono più frequentemente intercettati<br />
pazienti che potrebbero anche rientrare tra le scelte della medicina generale.<br />
Valutando <strong>il</strong> medesimo aspetto in riferimento alla medicina generale rispetto a<br />
232
Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />
quanto emerso sulla pediatria, si rende evidente che <strong>il</strong> sistema di deospedalizzazione<br />
non conduce, invece, medici ospedalieri verso la medicina generale.<br />
Grafico 3<br />
Il Grafico 3, invece, mostra i medici divisi per sesso, per fasce di età e per numero di<br />
posizione occupata, riprendendo la vecchia curva cosiddetta di “Pizzini” e la riattualizza,<br />
arricchendola, con i dati di pari distribuzione relativi ai medici di Continuità<br />
Assistenziale, nella seconda parte. Le colonne in rosso rappresentano le donne quelle<br />
azzurre gli uomini. Questo confronto mostra come, mentre negli anni compresi tra<br />
<strong>il</strong> 1955 e <strong>il</strong> 1956, le donne rappresentino circa un terzo rispetto agli uomini, negli anni<br />
successivi si realizza una progressiva costante crescita del numero di professioniste.<br />
A tal proposito, appare evidente una prima necessità del modello di evoluzione<br />
della medicina generale, ossia, non possiamo non chiederci in che modo le UCCP<br />
o le cooperative potrebbero favorire una medicina generale di genere, o meglio<br />
come queste entità dovranno organizzarsi per determinare un’offerta assistenziale<br />
attraverso un sistema professionale che evolve al femmin<strong>il</strong>e.<br />
Grafico 4 - Annual retirements trend italian GPs’<br />
233
Capitolo 7<br />
Il grafico “Annual retirements trend italian GPs’” mostra, invece, <strong>il</strong> dato di uscita,<br />
cioè <strong>il</strong> numero di pensionamenti nei prossimi anni per le due aree indicando nella<br />
curva in rosso i medici di guardia (Out of hours GP) e nella curva in blu i medici di<br />
famiglia (General Practioner). Appare evidente che fino al 2016 c’è una situazione<br />
in cui vi è un ricambio poco più o poco meno del 5% dell’attuale dotazione<br />
organica, e dopodiché c’è una risalita che può portare in 5 anni al rinnovo di<br />
oltre <strong>il</strong> 30-40% della forza lavoro.<br />
A questo punto la domanda che ci dovremo porre sarà in che modo potrà l’UC-<br />
CP rispondere a questo tipo di problema? È ovvio che la risposta dell’UCCP sarà<br />
un modello organizzativo che potrebbe essere orientato in modo da ottenere o<br />
una risposta in termini di produttività migliore e dunque più qualificata, o uguale<br />
all’attuale ma realizzata da un numero di risorse umane minore. Il problema è<br />
dunque capire come le UCCP produrranno assistenza, medicina generale e delle<br />
cure primarie migliori in presenza di una riduzione delle risorse umane.<br />
L’altra faccia della medaglia è considerare che nel momento in cui diminuiscono<br />
le risorse umane rispetto ad un’area professionale dobbiamo andarci a chiedere<br />
quanto nella struttura del compenso sia collegato alla produzione e quanto<br />
sia collegato al numero degli operatori.<br />
Grafico Abruzzo<br />
234
Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />
Grafico Bas<strong>il</strong>icata<br />
Per meglio comprendere questo faremo un excursus rispetto a dove va la medicina<br />
generale valutando <strong>il</strong> numero di posizioni di medici del territorio a livello<br />
Regionale sulla base dei dati ENPAM.<br />
È importante mettere in relazione numero di medici di famiglia, numero di medici<br />
di continuità assistenziale e numero di pediatri perché se andiamo a sv<strong>il</strong>uppare<br />
modelli di evoluzione verso le UCCP e se poi queste UCCP le dobbiamo realizzare<br />
grazie al supporto di società cooperative di servizio, dobbiamo capire che forse<br />
ci sono problemi di razionalizzazione diversi da regione a regione.<br />
Nel primo grafico l’Abruzzo mostra una realtà dove fondamentalmente tra medicina<br />
di base e guardia medica esiste un rapporto di poco superiore ad 1 medico<br />
di continuità assistenziale ogni 2 medici di famiglia (MCA 50% MAP). In Bas<strong>il</strong>icata<br />
si arriva ad un rapporto del 70-80%, in altre regioni i medici di Continuità Assistenziale<br />
sono pari o addirittura superano i medici di famiglia.<br />
Queste per <strong>il</strong> servizio sanitario nazionale rappresentano risorse ascrivib<strong>il</strong>i alla medicina<br />
generale e quindi possono essere condizionanti rispetto alla possib<strong>il</strong>ità di<br />
realizzare e sv<strong>il</strong>uppare progetti relativi alle UCCP e alle possib<strong>il</strong>ità di investimento<br />
e sv<strong>il</strong>uppo rispetto alla cooperazione e alle cooperative mediche. In Em<strong>il</strong>ia Ro-<br />
235
Capitolo 7<br />
magna c’è un ottimale rapporto tra operatori di assistenza primaria e di continuità<br />
assistenziale che è intorno al 20-30%.<br />
Il giusto rapporto tra operatori dovrebbe essere intorno al 25-35 % poiché l’attività<br />
di continuità assistenziale richiede un rapporto di un medico ogni 5.000<br />
abitanti con una variab<strong>il</strong>ità del 30% (margini del rapporto ottimale tra 3500 e<br />
6500 abitanti per medico) e quindi <strong>il</strong> rapporto relativamente agli ottimali delle<br />
due figure dovrebbe essere di 1:4 - 1:5. Gli operatori di Continuità assistenziale<br />
dovrebbero essere in percentuale circa <strong>il</strong> 30% dei medici di famiglia in pianta<br />
organica regionale.<br />
In Friuli Venezia Giulia, ad esempio, la figura del medico di guardia in alcune<br />
province addirittura scompare, <strong>il</strong> Lazio invece ha disinvestito sul sistema della<br />
continuità assistenziale probab<strong>il</strong>mente perché non ne ha bisogno visto che ha<br />
una grossa diffusione ospedaliera.<br />
La Liguria e la Lombardia mantengono un rapporto valido e ottimale sovrapponib<strong>il</strong>e<br />
a quello dell’Em<strong>il</strong>ia Romagna, ad eccezione di M<strong>il</strong>ano che, essendo una<br />
metropoli, crea un grosso livello di svantaggio con un rapporto che si riduce fino<br />
ad 1/10. Le regioni che invece mostrano un rapporto sim<strong>il</strong>e tra gli operatori di 1:1<br />
tra guardia medica e medici di famiglia sono la Campania, la Calabria, <strong>il</strong> Lazio,<br />
<strong>il</strong> Molise, la Sardegna e la Sic<strong>il</strong>ia.<br />
Grafico Calabria<br />
236
Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />
Grafico Campania<br />
Il ragionamento non è meramente finalizzato a valutare lo sv<strong>il</strong>uppo del rapporto<br />
tra assistenza primaria e continuità assistenziale, bensì a comprendere i possib<strong>il</strong>i<br />
modelli di sv<strong>il</strong>uppo delle UCCP: quali operatori coinvolgere, con chi e come si<br />
fanno con differenze numeriche così importanti da regione a regione e molte<br />
volte da provincia a provincia, perché i sistemi, non dimentichiamolo, si creano<br />
con insiemi di persone.<br />
Il processo attraverso <strong>il</strong> quale l’insieme di persone che, con <strong>il</strong> proprio lavoro, partecipa<br />
direttamente allo svolgimento dell’attività dell’azienda, viene strutturato<br />
secondo definiti principi di coordinamento, affinché tale insieme acquisisca una<br />
struttura e diventi sistema.<br />
Il prossimo grafico mostra la differenza di popolazione da regione a regione.<br />
Grafico Popolazione<br />
237
Capitolo 7<br />
A parte la Lombardia, che rappresenta un caso in termini di numeri delle popolazioni,<br />
le altre regioni d’ Italia si dividono in un gruppo che supera i 3 mln di abitanti<br />
ed un altro gruppo che è al di sotto di 1,5 mln. Su questo dovremmo riflettere<br />
in termini di sv<strong>il</strong>uppo perché dove va a finire la medicina generale non lo decide<br />
solo la medicina generale e purtroppo non lo decidono solo i sindacati e <strong>il</strong><br />
meccanismo della cooperazione. Immaginate infatti come tutto ciò si confronti<br />
con l’impatto del federalismo, dei costi standard e delle economie di scala<br />
che si possono creare; se poi la proposta dovesse divenire un modello unico ed<br />
unitario proponib<strong>il</strong>e in varie parti come può un’economia di scala creata in<br />
Lombardia, con una popolazione di circa 10 mln di abitanti, essere riproposta<br />
e soprattutto applicata, nelle medesime modalità, in una regione come <strong>il</strong> Molise<br />
o come la Bas<strong>il</strong>icata?<br />
Il grafico seguente mette in relazione <strong>il</strong> numero di medici del territorio in rapporto<br />
alla popolazione nelle singole regioni.<br />
Grafico Rapporto Medici del territorio/pop.<br />
Questa è la dinamica in cui andrebbero inserite le UCCP, se rappresentano un<br />
processo di assistenza che coinvolge i medici del territorio. Il problema sorge in<br />
quei territori in cui c’è un medico ogni 900 abitanti rispetto a regioni dove esiste<br />
un medico ogni 500 abitanti perché chiaramente <strong>il</strong> modello non può essere lo<br />
stesso o comunque se deve essere lo stesso deve poter tenere conto all’interno<br />
di queste differenze abbastanza r<strong>il</strong>evanti.<br />
Dall’ENPAM riusciamo a ricavare anche valutazioni relative agli aspetti economici<br />
quantificando <strong>il</strong> reddito medio regionale.<br />
238
Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />
Grafico reddito medio regionale<br />
Esaminando, infatti, le posizioni ENPAM in un anno in cui non ci sono stati rinnovi<br />
contrattuali e presumib<strong>il</strong>mente non sono stati percepiti arretrati, si ha la dimensione<br />
di quello che è un reddito medio regionale di un medico di famiglia<br />
con le differenze che rappresentano quella che è la capacità di applicazione<br />
dell’Accordo Collettivo Nazionale, insieme alla capacità di applicazione degli<br />
Accordi integrativi regionali. Nel seguente grafico viene valutata invece la differenza<br />
calcolata sul valore medio del reddito nazionale definendo quanto vale<br />
l’Accordo Collettivo Nazionale della medicina generale nella potenzialità che<br />
realizzi <strong>il</strong> 100% delle disponib<strong>il</strong>ità presenti. Una volta calcolato questo dato è stato<br />
raffrontato al reddito medio e, da questo grafico, sembrerebbe che ci siano<br />
regioni in cui i medici di medicina generale guadagnerebbero, nonostante gli<br />
accordi regionali, meno di quello che dovrebbe derivare dall’ACN.<br />
Grafico differenza valore medio reddito nazionale<br />
239
Capitolo 7<br />
È da tener presente, però, che questo grafico non tiene conto del valore medio<br />
del numero dei pazienti affidati al singolo medico che è diverso da regione a<br />
regione;<br />
Grafico numero medio assistiti/medico<br />
In considerazione di questo dato, quando andiamo a calcolare un reddito medio,<br />
ovviamente, esso deve essere condizionato alla potenzialità assistenziale del<br />
medico in quella regione, perché se io in una regione ho un rapporto di un medico<br />
ogni m<strong>il</strong>le abitanti ed in un’altra un diverso rapporto si verifica che <strong>il</strong> reddito<br />
medio che ne deriva, ricalcolato sul singolo paziente, ha ovviamente un valore<br />
diverso. Alla luce di tali considerazioni, in questo grafico è stata ricalcolata la<br />
differenza del reddito medio nazionale corretto per singolo paziente. Rispetto ai<br />
precedenti notiamo subito che le regioni che prima erano all’inizio ora si trovano<br />
alla fine. Dalla lettura di questi dati si evince che, nel definire dove va la medicina<br />
generale, bisogna capire se l’interesse sia l’applicazione di sistemi economici<br />
alla quota capitaria e quindi alla quota fissa legata alla soddisfazione individuale<br />
all’aumento degli assistiti e allo stipendio percepito per assistito, o se invece ci si<br />
voglia muovere in direzioni diverse che danno delle variab<strong>il</strong>ità.<br />
Diversamente noi avremmo la percezione che <strong>il</strong> singolo avendo più assistiti ha<br />
una redditualità maggiore ma nel momento in cui questo deriva, in presenza di<br />
un ottimale che viene mantenuto allo stesso livello, dalla riduzione del numero<br />
di medici, la collettività dei medici produce nell’insieme una massa salariale inferiore.<br />
240
Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />
Grafico differenza reddito media nazionale corretto per media scelte/medico regionale<br />
Oltretutto questo ci dimostra che fondamentalmente molto spesso gli accordi<br />
integrativi regionali vanno in competizione con l’Accordo collettivo Nazionale.<br />
Bisogna infatti valutare qual è <strong>il</strong> livello di saturazione di compiti che un medico<br />
di assistenza primaria può avere rispetto alle proposte che gli vengono fatte,<br />
poiché a quel punto discrimina tra le prestazioni che gli derivano dal nazionale<br />
e che gli producono reddito e le prestazioni che gli derivano dall’Accordo integrativo<br />
Regionale e gli producono reddito diventando competitive. La paura<br />
comune è che le UCCP e l’investimento della cooperazione nelle UCCP vada<br />
a definirsi in un sistema che diventa competitivo per se stesso e sostanzialmente<br />
non produca un arricchimento reale di cui ha bisogno sia <strong>il</strong> mondo della cooperazione<br />
per esplicitare la sua azione, sia la medicina generale per riqualificarsi nel<br />
progetto di rifondazione.<br />
Le tabelle seguenti danno indicazioni rispetto a quelle che sono le percentuali<br />
espresse dalla valorizzazione delle quote B e C dello stipendio da cui si evince<br />
quale sia l’investimento che i medici fanno per le prestazioni e quindi quale sia<br />
l’investimento che oggi viene fatto a fronte del fatto che i medici potrebbero, su<br />
quella quota C, valorizzare molto di più di quel 8,51%.<br />
La quota variab<strong>il</strong>e B indica quale sia l’investimento percentuale rispetto al nostro<br />
compenso che viene fatto in termini di organizzazione e di integrazione professionale.<br />
241
Capitolo 7<br />
% compenso totale<br />
1. Totale onorario professionale (quota A) 78,6%<br />
1.1 quota capitaria base 60,92%<br />
1.2 altre quote fisse dell’onorario 17,74%<br />
quota ad personam<br />
quota aggiuntiva d’ingresso<br />
14.57%<br />
quota ponderazione qualitativa<br />
quota aggiuntiva scelte >=75 anni 3,23%<br />
quota aggiuntiva scelte comprese nella classe<br />
d’età >=6 e < 14 anni, post 02.10.2000<br />
0,73%<br />
2. quota variab<strong>il</strong>e base per obiettivi (quota B) 12,83%<br />
3. quota variab<strong>il</strong>e per prestazioni (quota C) 8,51%<br />
2. quota variab<strong>il</strong>e base per obiettivi (quota B) % potenziali ACN Italia % raggiunte<br />
spesa per associazioni semplici 40% 26,27%<br />
spesa per associazioni in rete 9% 21,66%<br />
spesa per associazioni in gruppo 12% 26,92%<br />
spesa per indennità collaboratore di studio 40% 32,07%<br />
spesa per l’indennità infermiere professionale 8% 10,70%<br />
spesa per indennità informatica (*) 100% 77,02%<br />
Quota variab<strong>il</strong>e per prestazioni (quota C) 12,83%<br />
spesa per ADI 1,39%<br />
spesa per ADP (limitazione al 20% dei compensi mens<strong>il</strong>i) 3,79%<br />
spesa per assistenza residenziale 0,81%<br />
spesa per PIPP (allegato D) 1,87%<br />
altre prestazioni (visite occasionali, oneri sindacali, comitati<br />
regionali e aziendali, ecc.)<br />
0,66%<br />
Il ragionamento è che noi dobbiamo svolgere un processo che parta dal riconoscimento<br />
di un cambiamento culturale della medicina generale. Questo<br />
cambiamento è stato tentato e non realizzato in tutta Italia con le Aggregazioni<br />
Funzionali Territoriali che rappresentano ciò che può determinare di fatto la premessa<br />
relazionale per creare la coscienza nei medici del lavoro in team.<br />
La struttura è rappresentata dalle UCCP che devono poter valutare, anche<br />
attraverso l’investimento della cooperazione, la possib<strong>il</strong>ità di diventare sistema<br />
gestendo la transizione, sv<strong>il</strong>uppando la cultura del lavoro in team, attualizzan-<br />
242
Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />
do le vecchie motivazioni di competizione sulle scelte, ottimizzando le proposte<br />
contrattuali riferite all’organizzazione, creando economie di scala come volano<br />
per ulteriori investimenti, richiamando le cooperative ad un maggiore coinvolgimento<br />
del sistema orario della medicina generale all’interno dei loro sistemi e<br />
soprattutto creando un sistema di coinvolgimento dei giovani medici.<br />
7.4 Il progetto salute legacoop<br />
Giorgio Gemelli 4<br />
Come nasce <strong>il</strong> Progetto Salute Legacoop<br />
“La riforma del sistema di welfare è resa necessaria dalle trasformazioni intervenute<br />
nella struttura demografica della società, nel lavoro, nella competizione<br />
internazionale.<br />
Essa va realizzata promuovendo la collaborazione tra i soggetti pubblici responsab<strong>il</strong>i<br />
e le forme imprenditoriali più attente alle finalità pubbliche del sistema di<br />
protezione sociale.<br />
La cooperazione può dare un importante contributo purché essa sia realizzata<br />
salvaguardando l’equità del sistema e recuperando efficienza, e tutelando in<br />
particolare i soggetti svantaggiati e le fasce deboli.<br />
A partire dalle esperienze consolidate dei settori più direttamente coinvolti (cooperazione<br />
sociale, società di mutuo soccorso, cooperazione fra medici) Legacoop<br />
promuove progetti integrati finalizzati al conseguimento di questi obiettivi.”<br />
(Documento di mandato del 37° Congresso Legacoop – 2007)<br />
Quadro di riferimento: Libro Bianco sul futuro del modello sociale (maggio 2009)<br />
• Sostiene la tesi di un nuovo Welfare delle opportunità e delle responsab<strong>il</strong>ità<br />
che affronti, in ottica sistemica, gli aspetti di sostenib<strong>il</strong>ità della spesa.<br />
• Propone un modello basato su una visione integrata dell’insieme delle prestazioni<br />
e dei servizi pubblici e privati per concorrere alla “vita buona” dei cittadini.<br />
• Prof<strong>il</strong>a un nuovo ruolo per l’attore pubblico, non più monopolista nell’erogazione<br />
dei servizi, ma garante dell’uniformità degli standard procedurali e dei<br />
livelli qualitativi dei servizi.<br />
• Individua <strong>il</strong> territorio come dimensione maggiormente idonea all’attuazione<br />
delle politiche.<br />
4<br />
Vicepresidente Nazionale LegaCoop<br />
243
Capitolo 7<br />
• Si apre una nuova frontiera nei rapporti tra pubblico e privato<br />
Quale politica<br />
A fronte di un sistema universalistico sempre più selettivo, condizionato da:<br />
• rigidità della spesa<br />
• inefficienze e sacche di spreco<br />
• fabbisogno assistenziale crescente<br />
• maggiorazione dei costi generati dall’innovazione tecnologica<br />
emerge:<br />
• la necessità di una politica di riqualificazione del sistema di welfare nel suo<br />
complesso<br />
• l’opportunità di un intervento qualificato, complementare ed integrativo rispetto<br />
al servizio pubblico sanitario e socio-sanitario.<br />
Questi temi sono stati determinanti nell’alimentare <strong>il</strong> dibattito sul federalismo,<br />
orientandone le scelte.<br />
Quali opportunità<br />
La sostenib<strong>il</strong>ità dei sistemi di welfare richiede la ricerca di modelli e interventi che<br />
promuovano:<br />
• una crescita di presenze e comportamenti imprenditoriali orientati alla qualità<br />
e alla responsab<strong>il</strong>ità sociale oltre che all’efficienza;<br />
• una maggiore integrazione tra interventi e soggetti pubblici e privati al fine di<br />
perseguire maggiore appropriatezza e qualità;<br />
• uno sv<strong>il</strong>uppo di partnership ampie e solide a livello territoriale ai fini di una<br />
migliore ottimizzazione delle risorse;<br />
• un coinvolgimento e una responsab<strong>il</strong>izzazione più diretta dei cittadini e degli<br />
utenti (dagli st<strong>il</strong>i di vita all’orientamento della spesa)<br />
La cooperazione Legacoop nel welfare<br />
Il mondo cooperativo Legacoop:<br />
• è presente da tempo in significativi ambiti del welfare e su una f<strong>il</strong>iera di attività<br />
che, rispetto al tema salute, si presenta lunga e diversificata: dall’educazione<br />
e prevenzione, all’assistenza socio-sanitaria, al campo assicurativo, alla<br />
commercializzazione di farmaci…..<br />
• ha prodotto esperienze e competenze che hanno contribuito a costruire ri-<br />
244
Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />
sposte concrete e innovative nel campo della tutela della salute e del benessere<br />
dei cittadini<br />
• costituisce un fattore di aggregazione, organizzazione e integrazione, sia dal<br />
lato dell’utenza sia sul fronte dell’offerta.<br />
In sintesi, rappresenta una f<strong>il</strong>iera del “buon vivere” che ha dato e può continuare<br />
a dare un suo peculiare apporto allo sv<strong>il</strong>uppo di un welfare territoriale.<br />
Principali servizi e soggetti della f<strong>il</strong>iera del “buon vivere” Legacoop<br />
• servizi alla persona - con prestazioni di carattere socio-sanitario, assistenziale<br />
ed educativo ed interventi di integrazione, promozione sociale e culturale di<br />
fasce deboli e a rischio esclusione (Cooperazione sociale)<br />
• sanità integrativa - attraverso forme di mutualità volontaria (Fimiv)<br />
• interventi di natura assicurativa (UNISALUTE)<br />
• organizzazione e aggregazione di professionisti: medici di base (cooperazione<br />
tra MMG) e altre figure professionali in ambito sanitario (cooperazione<br />
tra specialisti: ottici, odontoiatri…) e socio-sanitario (operatori socio-sanitari)<br />
• vendita di farmaci e parafarmaci e distribuzione di prodotti con certificazione<br />
di qualità (cooperazione di consumo e fra dettaglianti)<br />
• prevenzione, educazione alla salute e promozione del benessere fisico (pluralità<br />
di soggetti ed esperienze cooperative trasversali ai settori)<br />
Il contributo della f<strong>il</strong>iera del “buon vivere” Legacoop<br />
Legacoop, partendo da queste esperienze, intende contribuire, in una visione<br />
propulsiva e non residuale del principio di sussidiarietà e attraverso lo sv<strong>il</strong>uppo e<br />
l’ulteriore qualificazione delle attività e della presenza cooperativa, ai processi di<br />
riorganizzazione e innovazione del welfare, in particolare nel campo della salute,<br />
sia dal punto di vista del miglioramento del sistema di offerta (in termini di efficienza,<br />
efficacia ed equità), sia favorendo la crescita della responsab<strong>il</strong>izzazione<br />
e della partecipazione dei cittadini e degli utenti nell’ut<strong>il</strong>izzo e nel consumo di<br />
beni e servizi riferib<strong>il</strong>i al benessere della persona.<br />
Obiettivi generali del Progetto Salute<br />
• garantire continuità di cure alla persona, assumendo un ruolo di sussidiarietà<br />
finalizzata ad assicurare efficienza ed equità nell’accesso e nella fruizione<br />
dei servizi<br />
• contribuire alla “formazione” di una nuova cultura dell’assistenza sanitaria,<br />
245
Capitolo 7<br />
dall’educazione e prevenzione alla deospedalizzazione (anche evidenziando<br />
realtà di best-practices)<br />
• contribuire alla implementazione di una rete di servizi alla persona mediante<br />
un processo di integrazione funzionale e di coordinamento tra i soggetti cooperativi<br />
(la Rete)<br />
Il “di più” della Cooperazione Legacoop<br />
Le cooperative e le mutue sono forme imprenditoriali che non hanno come finalità<br />
prioritaria la ricerca del profitto.<br />
Esse possono estendere e sperimentare nuovi campi di impegno, mediante criteri di:<br />
• sussidiarietà al SSN<br />
• efficacia e competenze<br />
• economie di scala<br />
con scelte di campo precise:<br />
• la persona al centro della missione (mutualità – solidarietà)<br />
• <strong>il</strong> territorio come ambito naturale e strategico (adattab<strong>il</strong>ità alle diverse realtà<br />
regionali)<br />
• la qualità e l’innovazione organizzativa<br />
Il Progetto salute: valorizzare la f<strong>il</strong>iera del “buon vivere”<br />
Non è una semplice somma di esperienze ma espressione di una politica associativa<br />
capace di qualificare, valorizzare ed estendere l’offerta cooperativa nel settore.<br />
È un network tra cooperative e mutue con capacità di generare un’offerta di<br />
sistema basata su:<br />
• ottimizzazione dei processi di presa in carico delle persone<br />
• migliore negoziazione dei costi a carico dei cittadini<br />
• efficacia e qualità di risposta<br />
• capacità di ascolto<br />
• possib<strong>il</strong>i percorsi coordinati di erogazione dell’assistenza e dei servizi<br />
Il Progetto salute: caratteristiche distintive<br />
• Il Progetto Salute Legacoop è un progetto/programma intersettoriale che<br />
mette a sistema e promuove la totalità e la complessità del tema, dandone<br />
significativa visib<strong>il</strong>ità<br />
246
Cooperative di medicina generale ed assistenza primaria: prospettive possib<strong>il</strong>i<br />
• ll Progetto è traguardato verso una concezione ampia della problematica<br />
della salute e quindi riguarda realtà anche diverse da quelle strettamente<br />
rivolte alla assistenza sociosanitaria, come le cooperative che svolgono attività<br />
più generalmente rivolte al benessere fisico<br />
• Mette in collaborazione funzionale autonome responsab<strong>il</strong>ità rappresentative,<br />
finalizzando la diversità ad una azione complessa di project management<br />
Il Progetto Salute: azioni<br />
Azioni avviate con la collaborazione dei territori:<br />
a. Analisi strutturata della presenza cooperativa nel settore<br />
b. Individuazione best practices<br />
c. Censimento ipotesi di collaborazione e di integrazione<br />
d. Individuazione delle azioni e delle aree di riferimento delineando anche priorità<br />
di impegno in relazione all’analisi dell’offerta cooperativa<br />
e. Individuazione ambiti innovativi e di consolidamento e promozione cooperativa<br />
Il Progetto Salute: metodo<br />
Il lavoro procede per stati di avanzamento condivisi, verso la realizzazione di un<br />
programma che aggiunga valore alle attività che le cooperative svolgono, dando<br />
visib<strong>il</strong>ità, sotto un’etichetta comune e riconoscib<strong>il</strong>e, al diverso impegno dei<br />
soggetti della Cooperazione Legacoop nell’ambito della Salute (Cooperative<br />
Sociali, Mutue Volontarie, Cooperative di Medici e di specialisti, Cooperative di<br />
consumatori e dettaglianti, Assicurazioni, etc.)<br />
Il Progetto Salute: finalità<br />
In conclusione, <strong>il</strong> progetto è finalizzato all’elaborazione di un sistema integrato<br />
di proposte della cooperazione Legacoop sul tema della Salute, collocab<strong>il</strong>i nel<br />
confronto in atto sulla revisione degli strumenti di welfare nel nostro Paese, imperniate<br />
su una f<strong>il</strong>iera lunga e diversificata di attività e interventi (la f<strong>il</strong>iera del<br />
buon vivere) e volte a produrre anche un cambiamento culturale nel rapporto<br />
tra cittadini e sistemi di risposta ai loro bisogni.<br />
247