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Catalogo - Mostra internazionale del nuovo cinema

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un soldato ucciso dall’eutanasia nazista, inimitabile star a<br />

Berlino, Parigi, Roma, cantante di Warhol e dei Velvets con<br />

il nome di Nico, successivamente divenuta con la sua musica<br />

di droga e morte la Marlene Dietrich <strong>del</strong>l’era post-sessantottesca.<br />

Oppure frammenti <strong>del</strong> mondo di Günther<br />

Aschenbrenner, <strong>del</strong>l’“eroe” di Warheads, figlio di una famiglia<br />

di nazisti, che andò presto nella legione straniera e<br />

divenne militare assoldato nelle guerre degli altri. Oppure<br />

frammenti <strong>del</strong> mondo di Peter Lorre, austriaco di vecchio<br />

stampo, che attraverso la Berlino <strong>del</strong> teatro e <strong>del</strong> film M<br />

nonché attraverso l’esilio di Hollywood fece ritorno in<br />

Germania nel 1951, per girare in veste di regista e di protagonista<br />

l’ultimo film <strong>del</strong>l’estraneità: Der Verlorene. Tutte<br />

queste sono naturalmente anche <strong>del</strong>le costruzioni, ma una<br />

costruzione radicale è in ultima analisi il punto che l’opera di<br />

Karmakar – oltre il “lasciar sedurre” e lo “scandagliare” – ha<br />

rilevato e raggiunto. I personaggi di Manila sono tedeschi<br />

costruiti, scritti, stratificati, che, lontani dalla patria, esperiscono<br />

la durezza e la clemenza <strong>del</strong> loro artefice attraverso il<br />

canto, lo stress, l’osservazione di sé e <strong>del</strong>l’immagine altrui.<br />

Essi raccontano una volta per tutte (anche grazie all’arte <strong>del</strong>l’attore)<br />

l’uomo reale, benché essi non percorrano la loro<br />

strada “improvvisati” oppure a guisa di “documentario”.<br />

Essi sono “frasi complete”, come quelle condensate e costruite<br />

senza precipitazione che Romuald Karmakar tenta di proferire<br />

davanti alla macchina da presa di Kluge, nella conversazione<br />

privata oppure davanti al pubblico <strong>del</strong> <strong>cinema</strong>.<br />

Quando ad esempio Christoph Schlingensief perde scientemente<br />

il controllo per generare nuove situazioni, Karmakar<br />

tende alla concentrazione e al controllo <strong>del</strong> suo discorso<br />

(<strong>cinema</strong>tografico e verbale). Ne nascono nuovi aggregati di<br />

pensieri e di suoni/immagini.<br />

Entrambi i metodi possono ingenerare fraintendimenti, controversie<br />

o spontanee spaccature in momenti nei quali essi<br />

contengono principalmente l’“imprecisione” (ad esempio<br />

nelle discussioni con il pubblico dopo la proiezione). Tuttavia<br />

nella nostra pacifica e merceologica cultura da intenditori tali<br />

situazioni emergono comunque sin troppo di rado.<br />

construction is, in a final analysis, the point that Karmakar’s<br />

work – besides the “seduction” and the “probing” – revealed<br />

and reached. The characters in Manila are constructed, written,<br />

layered Germans who, far from their homeland, live out<br />

the harshness and mercy of their artifice through song,<br />

stress, self-observation and other people’s images. They also<br />

present once and for (also thanks to the actor’s artistry) the<br />

real man, even though they do not follow their paths “improvising”<br />

or under the guise of a documentary. They are “complete<br />

fragments”, like those condensed and constructed without<br />

haste, that Romuald Karmakar attempts to articulate in<br />

front of Kluge’s camera, in the private conversation or in<br />

front of a <strong>cinema</strong> audience. When, for example, Christoph<br />

Schlingensief scientifically loses control to generate new situations,<br />

Karmakar leans towards concentration and control<br />

of his thesis (<strong>cinema</strong>tic and verbal). There, new aggregates of<br />

thoughts and sound/images are born.<br />

Both of these methods generate misunderstandings, controversies<br />

and spontaneous rifts in the moments when they<br />

mainly contain the “imprecision”. (For example, during discussions<br />

with the public after the screenings.) Nevertheless,<br />

in our peaceful and commodity driven culture of experts<br />

these situations still emerge all too rarely.<br />

NOTES<br />

1<br />

The title of Karmakar’s film, Der Totmacher, literally “The<br />

Murderer”, evokes the title of the famous 1931 film starring<br />

Peter Lorre, M, in which the letter stood for “murderer.” [T.N.]<br />

2<br />

“We never close up shop.” [T.N.]<br />

3<br />

“Once upon a time a girl lived in a Polish town…” [T.N.]<br />

PERSONALE ROMUALD KARMAKAR<br />

NOTE<br />

1<br />

Mercenari e indipendenti. [N.d.T.]<br />

2<br />

“Riuscirete a sopportarlo. Vi tormenterà, ma ce la<br />

farete.”[N.d.T.]<br />

3<br />

“Hai un bell’aspetto con gli occhiali da sole.” [N.d.T.]<br />

4<br />

“Con quelli posso vederci sicuramente meglio.” [N.d.T.]<br />

5<br />

“Quando NON eravamo dei re.” [N.d.T.]<br />

6<br />

Il titolo <strong>del</strong> film di Karmakar, Der Totmacher, letteralmente<br />

“L’omicida”, riecheggia il titolo <strong>del</strong> famoso film interpretatoto<br />

da Peter Lorre nel 1931, M, iniziale <strong>del</strong>la parola “Mörder”,<br />

assassino. [N.d.T.]<br />

7<br />

“Non conosciamo orario di chiusura.” [N.d.T.]<br />

8<br />

“In una cittadina polacca viveva una volta una ragazza…”<br />

[N.d.T.]<br />

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