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I prigionieri di guerra - Fondazione Museo Storico del Trentino

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piuttosto tipica): come a ricomporre innanzitutto la propria storia personale; a saldare<br />

almeno nel racconto le <strong>di</strong>verse lacerazioni prodotte dalla <strong>guerra</strong> (il tema <strong>del</strong>la partenza<br />

straziante costituisce uno dei momenti strutturali che unificano gli scritti più <strong>di</strong>versi; il<br />

senso poi <strong>del</strong>la rottura si prolunga fin sui campi galiziani, quando nel nuovo universo<br />

bellico si fa strada la nostalgia per un mondo forse irrime<strong>di</strong>abilmente perduto).<br />

Anche le memorie autobiografiche sono dunque scritture <strong>del</strong>la prigionia: le <strong>di</strong>verse<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> spazio e <strong>di</strong> tempo motivano e consentono ricostruzioni più o meno<br />

<strong>di</strong>stese.<br />

Questa memoria autobiografica è, per <strong>di</strong>r così, un bilancio tra tempo speso in <strong>guerra</strong> e<br />

sopravvivenza. Anzi la sopravvivenza è ciò che conferisce significato all'esperienza <strong>di</strong><br />

<strong>guerra</strong>. “L'aver evitato il crinale <strong>del</strong>la morte in battaglia, l'essersi allontanati da essa,<br />

contrad<strong>di</strong>stingue sempre questo genere <strong>di</strong> autobiografie. [...] La consapevolezza <strong>di</strong><br />

avere fatto la propria parte - richiesta o scelta: il combattere come il rifiutarsi <strong>di</strong> farlo, la<br />

continua ricerca <strong>di</strong> espe<strong>di</strong>enti per sfuggire ad una morte incombente, ma anche il solo<br />

essere presente nei ranghi - dà significato compiuto al tempo trascorso e consente <strong>di</strong><br />

ripercorrerlo come passato e come significativo. Ciò che conferisce significato<br />

all'esperienza è la sopravvivenza <strong>di</strong> cui altro non si fa che raccontare la storia<br />

attraverso gli episo<strong>di</strong> nei quali ha preso forma” 27 .<br />

A volte il tempo lungo <strong>del</strong>la prigionia consente (o induce) a tentare un bilancio più ampio e più<br />

ambizioso, quello <strong>del</strong>l'intera vita. C'è chi pre<strong>di</strong>spone una cronolologia personale, chi un'ampia<br />

topografia familiare; chi tenta la strada <strong>del</strong> romanzo d'infanzia.<br />

8. Ricor<strong>di</strong> e sogni familiari<br />

“Il mio cuore sempre inquieto, sempre malinconico, sempre pensieroso. Il mio corpo era in<br />

Russia ma il mio pensiero, il mio animo restò in Russia soltanto quel po' <strong>di</strong> tempo che<br />

assolutamente era necessario <strong>di</strong> restarvi, altrimenti era sempre in patria. Sognando era a casa.<br />

Appena alzato era in Russia, perché gli occhi vedevano suolo, luoghi russi, il pensiero, andava<br />

sul da farsi <strong>di</strong> quel giorno. Sul lavoro, tutti i giorni era il medesimo, il pensiero aveva tempo ed<br />

ecco che volavo in braccio a voi. Mi pareva d'essere a casa, con voi parlava e riceveva<br />

risposta, mi sedevo attorniato dalle nostre bimbe le facevo carezze e tu mi sorridevi” 28 .<br />

La <strong>di</strong>ssociazione, ben descritta nella pagina <strong>di</strong> questo conta<strong>di</strong>no trentino (abbandonato in un<br />

paese degli Urali), è <strong>di</strong> tutti i <strong>prigionieri</strong>: nei loro <strong>di</strong>ari il pensiero <strong>del</strong>la famiglia e degli affetti,<br />

<strong>del</strong>la casa e <strong>del</strong> paese è centrale.<br />

Giovanna Procacci, occupandosi dei <strong>prigionieri</strong> italiani nella Grande Guerra, scrive che “i<br />

familiari, la terra lontana <strong>di</strong>venivano i punti <strong>di</strong> riferimento affettivi attraverso i quali, nei momenti<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione, il recluso cercava non solo elementi <strong>di</strong> conforto, ma anche la riaffermazione<br />

<strong>del</strong>la propria identità. [...] Il rapporto con la realtà si ricreava dunque ricollegandosi con il<br />

pensiero alla propria vita passata, al quoti<strong>di</strong>ano trascorso in famiglia, al paese, al proprio<br />

27 Camillo Zadra, “Quaderni <strong>di</strong> <strong>guerra</strong>. Diari e memorie autobiografiche <strong>di</strong> soldati trentini nella grande <strong>guerra</strong>”, in<br />

“Materiali <strong>di</strong> lavoro”, 1-2-3, 1985, p. 229.<br />

28 Sebastiano Leonar<strong>di</strong>, <strong>di</strong>ario, cit., p. 157.

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