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I prigionieri di guerra - Fondazione Museo Storico del Trentino

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mette in atto un vero e proprio processo riparativo “lo scrivere, cioè, come occasione<br />

e mezzo per superare, per elaborare l'affetto connesso a determinate esperienze<br />

percepite come traumatiche” 18 .<br />

Ancor al <strong>di</strong> qua <strong>del</strong> racconto esiste il piacere <strong>del</strong>la scrittura intesa come gesto fisico,<br />

materiale, in grado <strong>di</strong> lasciare intenzionalmente dei segni su una superficie: gesto<br />

analogo in qualche modo, scrive ancora Ferrari, all'urlo <strong>del</strong>l'uomo che dà sollievo<br />

collegato com'è alla scarica motoria. Ma poi il lavoro <strong>del</strong>la scrittura “spezza, seziona,<br />

parcellizza l'inarticolato flusso <strong>del</strong> dolore, insopportabile nella sua continuità, e lo<br />

pre<strong>di</strong>spone alla elaborazione” 19 .<br />

Il lavoro <strong>del</strong>la scrittura si intreccia quin<strong>di</strong> con il lavoro <strong>del</strong> ricordare (quanta memoria in<br />

queste scritture <strong>di</strong>aristiche!) che a lungo andare anestetizza il dolore, trasforma il<br />

soggetto rimemoratore/scrivente da passivo (ha subito il trauma) in soggetto attivo (lo<br />

elabora o meglio elabora un testo, un tessuto con cui proteggere le proprie ferite).<br />

Nella pratica quoti<strong>di</strong>ana, la scrittura (in prigionia, <strong>del</strong>la prigionia) si <strong>di</strong>fferenzia in forme,<br />

in sottogeneri dai tratti assai marcati (anche sociali, culturali, ideologici).<br />

L'agenda, il calendario, che costituiscono forse il grado zero <strong>del</strong> <strong>di</strong>ario, riportano la<br />

registrazione nuda dei fatti, la serialità pura <strong>del</strong>la cronologia e degli avvenimenti (quando<br />

succedono), liste <strong>di</strong> nomi propri, località. L'agenda si presenta come un sussi<strong>di</strong>o <strong>del</strong>la memoria<br />

“una serie esterna <strong>di</strong> riferimento, scan<strong>di</strong>ta per giorni e per settimane, cui correlare dati <strong>di</strong><br />

memoria che solo a tratti vengono messi in carta, depurati per lo più <strong>del</strong> loro contenuto<br />

emozionale che pure ha prescritto e guidato la registrazione” 20 .<br />

Sono innumerevoli le agen<strong>di</strong>ne russe riempite dai nostri scriventi popolari: ogni due paginette<br />

un mese, una riga al giorno; a sinistra la numerazione <strong>del</strong> calendario romano con l'iniziale <strong>del</strong><br />

giorno, a destra la numerazione russa. Le annotazioni sono brevissime e si riferiscono al clima,<br />

al lavoro, all'alimentazione, agli acquisti, alle spese, alla registrazione <strong>del</strong>la corrispondenza in<br />

arrivo e in partenza, alle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita e <strong>di</strong> salute, alle feste religiose e civili. L'accanimento,<br />

la costanza, la <strong>di</strong>ligenza con cui le agende vengono tenute rimandano al valore <strong>del</strong>la<br />

misurazione <strong>del</strong> tempo, al senso <strong>di</strong> sicurezza che il ritorno dei giorni comunica, alla volontà <strong>di</strong><br />

metter or<strong>di</strong>ne in una esistenza in cui si ha <strong>di</strong>fficoltà a riconoscersi. Certo per noi ora non tutto è<br />

chiaro. Ma come non con<strong>di</strong>videre ciò che scrive Canetti a proposito <strong>del</strong>le agende: “Conosco<br />

persone che si beffano dei calendari degli altri poiché in essi c'è così poco. Ma solo chi si è<br />

18 Stefano Ferrari, Scrittura come riparazione. Saggio su letteratura e psicoanalisi, Laterza, Roma-Bari 1994, p.<br />

87. Sulla scrittura epistolare come terapia si veda Antonio Gibelli che nel suo libro L'officina <strong>del</strong>la <strong>guerra</strong>. La<br />

grande Guerra e le trasformazioni <strong>del</strong> mondo mentale, Bollati Boringhieri, Torino 1991, scrive: “Per certi aspetti<br />

dunque la lettera presenta il carattere <strong>del</strong>la terapia, <strong>di</strong>venta un mezzo <strong>di</strong> autoconservazione: scrivere a casa e<br />

ricevere posta sono innanzitutto mo<strong>di</strong> per alleviare il dolore <strong>del</strong>la lontananza e l'orrore <strong>del</strong>lo stato presente,<br />

ricomponendo in tal modo gli elementi <strong>di</strong> una identità fortemente minacciata. Si spiega così il bisogno quasi<br />

ossessivo <strong>di</strong> ricevere posta, testimoniato tanto abbondantemente ed espresso non <strong>di</strong> rado con un'ostinazione<br />

altrimenti <strong>di</strong>fficile da spiegare. E, altrettanto, il bisogno <strong>di</strong> scrivere, con un'intensità decisamente sproporzionata<br />

alle abitu<strong>di</strong>ni e alle attitu<strong>di</strong>ni dei protagonisti”. Pp. 55.<br />

19 Stefano Ferrari, op. cit., p. 92.<br />

20 Guido Baldassarri, “Fra ypomnémata e soliloquium: usi e ri-uso <strong>del</strong> <strong>di</strong>ario in<strong>di</strong>viduale”, in Le forme <strong>del</strong> <strong>di</strong>ario,<br />

cit., p. 31.

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