24.11.2014 Views

Cassazione Sezioni Unite: È confermata la retroattività dei ... - Ospol

Cassazione Sezioni Unite: È confermata la retroattività dei ... - Ospol

Cassazione Sezioni Unite: È confermata la retroattività dei ... - Ospol

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>Cassazione</strong> <strong>Sezioni</strong> <strong>Unite</strong>: È <strong>confermata</strong> <strong>la</strong> retroattività <strong>dei</strong> parametri<br />

per <strong>la</strong> liquidazione <strong>dei</strong> compensi agli avvocati<br />

Ancora una volta le sezioni unite del<strong>la</strong> Corte di <strong>Cassazione</strong> (Sentenza n. 18027 del<br />

24 ottobre 2012) hanno confermano <strong>la</strong> retroattività <strong>dei</strong> nuovi parametri per <strong>la</strong><br />

liquidazione <strong>dei</strong> compensi agli avvocati.<br />

Gli Ermellini hanno convalidato due precedenti decisioni del<strong>la</strong> Corte di <strong>Cassazione</strong><br />

(<strong>la</strong> n. 17405 e <strong>la</strong> n. 17406) secondo cui i nuovi parametri debbono considerarsi<br />

retroattivi e quindi si applicano anche per le cause in corso.<br />

Del resto, fa notare <strong>la</strong> Corte, anche in passato risultava pacifico che si dovesse<br />

sempre applicare <strong>la</strong> tariffa vigente al momento del<strong>la</strong> liquidazione.<br />

Ricordiamo che su studiocataldi.it è disponibile una risorsa gratuita che consente di<br />

calco<strong>la</strong>re i nuovi compensi professionali e predisporre quindi <strong>la</strong> nota spese<br />

comprensiva dell'IVA, del<strong>la</strong> ritenuta d'acconto, se prevista, e del<strong>la</strong> cassa<br />

previdenza. Potete provare <strong>la</strong> risorsa per il calcolo <strong>dei</strong> compensi per gli avvocati da<br />

questa pagina e calco<strong>la</strong>re i compensi sia per le cause civili sia per le cause penali.<br />

Tornando al provvedimento, secondo i giudici di piazza Cavour, i parametri di cui al<br />

Decreto ministeriale 140/12 si debbono dunque applicare anche per le prestazioni<br />

svolte durante <strong>la</strong> vigenza <strong>dei</strong> vecchi tariffari e che non siano ancora terminate.<br />

(29/10/2012 - N.R.)<br />

<strong>Cassazione</strong>: padre separato e disoccupato? Non basta per non pagare<br />

gli alimenti.<br />

Vi siete separati? Il giudice vi ha appioppato l'esborso su base mensile di un<br />

bell'assegno (per l'ex, non per voi!) per mantenere <strong>la</strong> prole? Vi è capitato, causa<br />

crisi, di perdere il vostro <strong>la</strong>voro, nonché unico mezzo di sostentamento e di<br />

pagamento <strong>dei</strong> suddetti alimenti?<br />

Bene, anzi male, anzi malissimo. Dovrete pagare comunque. Perché, come ha<br />

stabilito <strong>la</strong> <strong>Cassazione</strong>, lo stato di disoccupazione non è sufficiente di per sé a<br />

scagionare un povero papà separato dal pagare ciò che spetta ai figli.<br />

La Corte Suprema ha ricordato infatti che "l'allegazione del<strong>la</strong> sopravvenuta<br />

condizione di disoccupazione non esime da responsabilità", in base all'art. 570 c.p.<br />

Poiché "lo stato di disoccupazione non coincide necessariamente con l'incapacità<br />

economica e incombe pur sempre sull'imputato l'onere di allegazione di idonei e<br />

convincenti elementi sintomatici del<strong>la</strong> concreta impossibilità di adempiere".<br />

Prima di gridare allo scandalo e allo schifo, rammentiamo che esistono moltissimi<br />

(esagero? Forse basta "molti", o persino solo "alcuni") uomini che <strong>la</strong>vorano quasi<br />

per hobby, vantano possedimenti su tutto il suolo nazionale e poi, mai e poi mai,<br />

vivrebbero esclusivamente con il loro stipendio. La <strong>Cassazione</strong> ha sottolineato<br />

proprio <strong>la</strong> differenza tra restare senza posto di <strong>la</strong>voro ed essere indigente; in mezzo<br />

ci può essere un bel patrimonio, o esserci un'altra o più fonti si reddito.<br />

Questo pare essere il caso del signor F.R., padre marchigiano separato (non<br />

necessariamente in quest'ordine, ndr), che si è ritrovato in <strong>Cassazione</strong> per tentare<br />

di annul<strong>la</strong>re <strong>la</strong> decisione del tribunale di Ancona. Tribunale che, nel lontano 2002,


gli aveva imposto il pagamento di alimenti al figlio minore. Sul<strong>la</strong> base di tutto ciò<br />

che è stato precedentemente detto e riportato, <strong>la</strong> Sesta sezione penale del<strong>la</strong><br />

Suprema Corte ha convalidato <strong>la</strong> condanna per vio<strong>la</strong>zione degli obblighi di<br />

assistenza familiare nei confronti del signor F. R., dopo che era stato rego<strong>la</strong>rmente<br />

denunciato dal<strong>la</strong> ex moglie per non aver corrisposto gli alimenti al figlio minorenne,<br />

nel periodo tra il giugno del 2003 e il maggio del 2008. Ben cinque anni scarsi, o<br />

sessanta mesi (fate vobis!), di nul<strong>la</strong> totale.<br />

La Suprema Corte ha precisato che <strong>la</strong> Corte d'appello di Ancona, con sentenza del<br />

giugno 2010, aveva di fatto constatato che il signor F. R "<strong>la</strong>vorava e percepiva un<br />

rego<strong>la</strong>re stipendio fino a quando ha convissuto con <strong>la</strong> moglie". E su questa base ha<br />

stabilito l'inammissibilità del ricorso.<br />

Due considerazioni sorgono spontanee, dritte dritte dal cuore: Se vi sposate<br />

cercate sempre di avere un doppio impiego; Se non vi sposate è meglio!<br />

(25/10/2012 - Barbara LG Sordi)<br />

<strong>Cassazione</strong>: non si può rimuovere ascensore che deturpa lo stabile se<br />

questo serve ad anziani e disabili<br />

I condomini non possono opporsi all'instal<strong>la</strong>zione dell'ascensore richiesta da un<br />

anziano o da un disabile e a nul<strong>la</strong> vale dedurre che l'innovazione possa comportare<br />

un deturpamento estetico del pa<strong>la</strong>zzo.<br />

Non serve neppure che ci sia una delibera unanime <strong>dei</strong> condomini.<br />

Il chiarimento arriva dal<strong>la</strong> Corte di <strong>Cassazione</strong> che ha dato ragione ad un<br />

condominio a cui alcuni condomini avevano chiesto di rimuovere l'ascensore che a<br />

loro dire avrebbe rovinato l'estetica di un pa<strong>la</strong>zzo di stile liberty. I condomini<br />

facevano anche notare che <strong>la</strong> decisione di instal<strong>la</strong>re l'ascensore non era stata<br />

presa all'unanimità.<br />

La Corte (sentenza 18334/2012) fa notare che in ambito condominiale deve vigere<br />

il principio del<strong>la</strong> solidarietà e che sussiste un dovere collettivo "di rimuovere<br />

preventivamente ogni possibile ostacolo all'applicazione <strong>dei</strong> diritti fondamentali<br />

delle persone affette da handicap fisici".<br />

Proprio sul<strong>la</strong> base di questo principio "sono state introdotte disposizioni generali per<br />

<strong>la</strong> costruzione degli edifici privati e per <strong>la</strong> ristrutturazione di quelli preesistenti,<br />

intese all'eliminazione delle barriere architettoniche, indipendentemente dal<strong>la</strong><br />

effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte delle persone disabili".<br />

Nel<strong>la</strong> parte motiva del<strong>la</strong> sentenza i giudici di piazza Cavour ricordano anche che "<strong>la</strong><br />

socializzazione deve essere considerata un elemento essenziale per <strong>la</strong> salute"<br />

degli anziani e <strong>dei</strong> disabili tanto da poter "assumere una funzione sostanzialmente<br />

terapeutica assimi<strong>la</strong>bile alle stesse pratiche di cura o riabilitazione".<br />

Il caso è stato quindi rimesso al<strong>la</strong> corte di appello di Genova che dovrà riesaminare<br />

<strong>la</strong> vicenda al<strong>la</strong> luce <strong>dei</strong> principi dettati dal<strong>la</strong> <strong>Cassazione</strong>.<br />

(27/10/2012 - N.R.)


<strong>Cassazione</strong>: va condannato per abuso d'ufficio primario che attua<br />

'gestione baronale' del<strong>la</strong> clinica<br />

La Corte di <strong>Cassazione</strong>, con sentenza n. 41215 del 22 ottobre 2012, ha rigettato il<br />

ricorso proposto dal primario di una nota clinica avverso <strong>la</strong> sentenza con cui <strong>la</strong><br />

Corte d'Appello lo condannava per avere, nell'esercizio delle sue funzioni, arrecato<br />

un danno ingiusto compiendo atti e comportamenti di emarginazione nei confronti<br />

di un medico dello stesso reparto impedendogli di prestare l'attività chirurgica e<br />

spossessando un dirigente dell'Unità operativa, suo primo aiuto e vicario, delle<br />

funzioni e competenze a lui spettanti.<br />

Come spiega <strong>la</strong> Corte "Il primario di un ospedale è tenuto quale pubblico<br />

dipendente a prestare <strong>la</strong> sua opera in conformità delle leggi ed in modo da<br />

considerare sempre l'interesse del<strong>la</strong> pubblica amministrazione, in partico<strong>la</strong>re<br />

ispirandosi nei rapporti con i colleghi (...) al principio di una assidua e solerte<br />

col<strong>la</strong>borazione. Sussiste, pertanto il reato di abuso di ufficio con vio<strong>la</strong>zione di legge,<br />

secondo <strong>la</strong> nuova formu<strong>la</strong>zione dell'articolo 323 C.P., allorché il medesimo ponga in<br />

essere comportamenti di vessazione ed emarginazione <strong>dei</strong> medici del reparto che<br />

non assecondano le proprie scelte".<br />

Nel caso in esame - si legge nel<strong>la</strong> sentenza - le scelte del primario erano finalizzate<br />

ad una gestione autoritaria e 'baronale' del<strong>la</strong> clinica spinta fino al punto di arrivare<br />

al<strong>la</strong> punizione di due qualificatissimi professionisti che venivano emarginati per<br />

indurli ad abbandonare <strong>la</strong> clinica.<br />

La Suprema Corte sottolinea come i giudici di merito abbiano proceduto ad una<br />

accurata e approfondita disamina di tutti gli elementi acquisiti, dando conto <strong>dei</strong><br />

criteri di giudizio e esponendo fatti e valutazioni con motivazione completa e<br />

coerente, giuridicamente corretta ed indenne da contraddizioni e vizi logici. "In<br />

partico<strong>la</strong>re lucida e coerente risulta <strong>la</strong> giustificazione sull'accertamento <strong>dei</strong> reali<br />

motivi ritorsivi personali e professionali che indussero l'imputato ad azioni e atti<br />

emarginanti e vessatori nei confronti delle due parti offese, con gravi e negativi<br />

effetti sul<strong>la</strong> loro vita professionale e personale."<br />

Per <strong>la</strong> configurabilità dell'elemento soggettivo dell'abuso d'ufficio - proseguono i<br />

giudici di legittimità - è richiesto il dolo intenzionale, ossia <strong>la</strong> rappresentazione e <strong>la</strong><br />

volizione dell'evento come conseguenza diretta e immediata del<strong>la</strong> condotta<br />

dell'agente e nel caso in esame "le sentenze di merito hanno dato conto<br />

dell'intenzionalità del dolo, sottolineando <strong>la</strong> precisa volontà dell'imputato di colpire<br />

nell'attività più importante e qualificante del chirurgo, sospendendone <strong>la</strong> crescita<br />

professionale e procurandogli danno professionale (mancato esercizio del<strong>la</strong><br />

chirurgia, mancata esperienza, mancati contatti e re<strong>la</strong>zioni connessi all'attività<br />

chirurgica), al<strong>la</strong> reputazione e al<strong>la</strong> vita di re<strong>la</strong>zione (...), al<strong>la</strong> sfera psicologica, per<br />

l'effetto di umiliazione e svalutazione in lui determinato.".<br />

Confermata dal<strong>la</strong> Suprema Corte anche <strong>la</strong> responsabilità dell'Azienda ospedaliera<br />

in considerazione dell'indiscutibile potere di vigi<strong>la</strong>nza che all'azienda spettava sul<br />

suo dipendente, vigi<strong>la</strong>nza che "non risulta essere stata esercitata con efficienza ed<br />

efficacia così da impedire <strong>la</strong> condotta illegittima dell'imputato e, comunque,<br />

rimediare con immediatezza agli effetti determinati da tale condotta".<br />

(26/10/2012 - L.S.)


<strong>Cassazione</strong>: non sempre il Notaio è responsabile se non rileva esistenza<br />

di ipoteche<br />

Il notaio incaricato del<strong>la</strong> stipu<strong>la</strong> di un atto di compravendita non è responsabile se<br />

dal<strong>la</strong> visura non risulta un'ipoteca, per via di una irrego<strong>la</strong>rità del<strong>la</strong> conservatoria,<br />

che per essere superata comporterebbe <strong>la</strong> consultazione di migliaia di atti.<br />

Lo ha stabilito <strong>la</strong> Corte di <strong>Cassazione</strong> (sentenza n.16549/2012) accogliendo il<br />

ricorso contro una sentenza del<strong>la</strong> Corte di Appello di Roma che aveva confermato<br />

una condanna al risarcimento <strong>dei</strong> danni inflitta già in primo grado a un Notaio per<br />

non aver rilevato l' esistenza di due ipoteche sugli immobili oggetto del<strong>la</strong><br />

compravendita.<br />

In re<strong>la</strong>zione al<strong>la</strong> diligenza del notaio che ha stipu<strong>la</strong>to l'atto <strong>la</strong> Corte d'Appello aveva<br />

fatto notare che rientra tra gli obblighi del Notaio anche il compito di svolgere<br />

attività accessorie da anche successive necessarie per conseguire il risultato voluto<br />

dalle parti e, in partico<strong>la</strong>re compiere visure catastali ed ipotecarie per verificare<br />

anche l'esistenza o meno di vincoli.<br />

Secondo <strong>la</strong> Corte d'Appello il Notaio è tenuto anche ad esaminare il registro<br />

generale e, se questo non risulta aggiornato, oppure se ci si trova di fronte ad altre<br />

difficoltà di consultazione, è tenuto a comunicarlo al cliente.<br />

In partico<strong>la</strong>re <strong>la</strong> Corte d'Appello aveva ritenuto <strong>la</strong>mpante <strong>la</strong> colpa del professionista<br />

nell'eseguire le visure perché in un separato atto aveva dichiarato di aver<br />

esaminato documenti e pubblici registri senza rinvenire alcun peso sul compendio<br />

immobiliare.<br />

Secondo <strong>la</strong> <strong>Cassazione</strong> però, l'affermazione del<strong>la</strong> responsabilità del notaio non può<br />

basarsi su questo elemento specialmente se non è stato prima correttamente<br />

individuato l'ambito del<strong>la</strong> dirigenza esigibile dal professionista nel<strong>la</strong> specificità del<br />

caso.<br />

Se è vero - spiega <strong>la</strong> Corte - che <strong>la</strong> prestazione del Notaio si estende anche ad<br />

attività accessorie e funzionali ad assicurare lo scopo dell'atto (compreso l'obbligo<br />

di procedere alle visure), prima di affermare <strong>la</strong> responsabilità del professionista è<br />

necessario individuare <strong>la</strong> portata del<strong>la</strong> c.d. "dirigenza esigibile".<br />

Nel caso di specie non c'è stato un semplice ritardo nel<strong>la</strong> registrazione nel registro<br />

partico<strong>la</strong>re, cosa che avrebbe comunque consentito al Notaio di compiere ulteriori<br />

verifiche, ma di "sviamento" nel<strong>la</strong> registrazione, perché "viene annotata nel registro<br />

del debitore indicato con <strong>la</strong> vecchia sede e non in quello con <strong>la</strong> nuova sede".<br />

Come si legge in sentenza non può contestarsi che costituisce obbligo del notaio<br />

consultare anche il registro generale per il periodo successivo all'aggiornamento<br />

del registro partico<strong>la</strong>re, ma non può ugualmente dubitarsi che "tale obbligo sussista<br />

con riferimento alle ipotesi in cui tale mancato aggiornamento riguarda il limitato<br />

periodo di tempo, non potendo pretendersi che il Notaio consulti migliaia di<br />

formalità".<br />

(24/10/2012 - N.R.)


<strong>Cassazione</strong>: ecco quando si può dare del 'cafone'. E quando no<br />

<strong>Cassazione</strong>: cafone a chi? Attenzione a chi apostrofate, rischiate una condanna per<br />

calunnia! Ma non sempre. Oltre al<strong>la</strong> frustrazione sempre più frequente di vivere<br />

perennemente sotto assedio e sotto pressione, ecco che dovremo aggiunge al<br />

lungo elenco di ciò che è permesso dire e fare e ciò che non lo è, <strong>la</strong> paro<strong>la</strong><br />

"cafone". E dovremo inserir<strong>la</strong> in entrambe le colonne.<br />

Così ha deciso <strong>la</strong> <strong>Cassazione</strong>, non sdoppiando un giudizio, bensì in due giudizi<br />

distinti. In un caso dare del cafone nello stressante traffico cittadino, è stato<br />

giudicato lecito e giustificato; da non intendersi come vera e propria offesa, quanto<br />

più come uno sfogo spontaneo in una situazione altamente a rischio di crollo<br />

nervoso.<br />

In un altro caso invece, apostrofare qualcuno con questo termine, può essere<br />

considerato solo ed esclusivamente una calunnia.<br />

E' stato così assolto un 30enne di Cagliari che, bloccato al vo<strong>la</strong>nte del<strong>la</strong> sua auto<br />

da un automobilista che aveva deciso di sostare in un passaggio ostruendolo, si<br />

era rivolto a quest'ultimo dandogli del "cafone". Il "cafone" per tutta risposta lo<br />

aveva trascinato in tribunale per ingiuria.<br />

Tra<strong>la</strong>sciando i commenti che spontaneamente sorgono (Uno: "possibile che ci sia<br />

gente che non ha nul<strong>la</strong> di meglio da fare che portare in giudizio qualcuno per<br />

avergli dato del "cafone?" Due: "possibile che ci siano soldi da spendere per queste<br />

cause? "), il giovane non ha accettato <strong>la</strong> condanna e ha fatto ricorso in <strong>Cassazione</strong>.<br />

Ottenendo un ribaltamento del giudizio, proprio grazie allo "sdoganamento" del<br />

termine cafone, che in una simile situazione è stato giudicato come assolutamente<br />

legittimo: " l'ingiuria, se provocata da fatto ingiusto merita tutte le attenuanti senza<br />

escludere l'assoluzione".<br />

Di diverso avviso invece, sono stati gli ermellini, in un caso di offesa arrecata ad<br />

pubblico ufficiale. La signora C. G, una 38 enne che si era precipitata in un parco<br />

per soccorrere il padre cardiopatico, si è rifiutata di esibire i suoi documenti ad un<br />

poliziotto; dandogli anche del "cafone", "maleducato", e aggiungendo come<br />

ciliegina un bel "ti faccio vedere io".<br />

Il poliziotto non ha gradito e ha citato <strong>la</strong> signora in giudizio. Poche parole, che però<br />

sono bastate al<strong>la</strong> Quinta Sezione penale del<strong>la</strong> <strong>Cassazione</strong> per confermare <strong>la</strong><br />

condanna per ingiuria e minaccia, con tanto di risarcimento del danno morale<br />

all'agente, quantificato in mille euro.<br />

A nul<strong>la</strong> è servito il tentativo del<strong>la</strong> difesa di sottolineare che i fatti si fossero svolti in<br />

una circostanza di forte stress emotivo, data <strong>la</strong> condizione di emergenza del padre<br />

(colto da malore dopo aver visto una bimba cadere in malo modo da una bicicletta,<br />

ndr). Così come il tentativo di sostenere che il termine "cafone" non poteva essere<br />

considerato con valenza offensiva data <strong>la</strong> situazione pregressa.<br />

Due giudizi opposti che però hanno un loro perché, così come ci rammenta Piazza<br />

Cavour, che osserva: "in tema di ingiuria, il criterio a cui fare riferimento ai fini del<strong>la</strong><br />

ravvisabilità del reato e' il contenuto del<strong>la</strong> frase pronunciata e il significato che le<br />

parole hanno nel linguaggio comune, prescindendo dalle intenzioni inespresse<br />

dell'offensore, come pure dalle sensazioni puramente soggettive che <strong>la</strong> frase può<br />

avere provocato nell'offeso".<br />

Attenzione allora a soppesare quel che direte in tutte le situazioni "a rischio<br />

ingiuria". Anche il vostro portafoglio potrebbe risentirne.<br />

(24/10/2012 - Barbara LG Sordi)


<strong>Cassazione</strong>: va condannato l'investigatore privato che filma <strong>la</strong> persona<br />

all'interno del<strong>la</strong> sua dimora<br />

La Suprema Corte, con Sentenza 19 ottobre 2012 n. 41021, ha respinto il ricorso di<br />

un investigatore privato già condannato dal Tribunale per il reato di interferenze<br />

illecite nel<strong>la</strong> vita privata ex art. 615-bis c.p<br />

L'imputato si era procurato indebitamente, mediante uso di uno strumento di ripresa<br />

visiva, immagini attinenti al<strong>la</strong> vita privata del<strong>la</strong> persona offesa, introducendosi nel<br />

giardino adiacente all'abitazione in cui essa si trovava.<br />

Il Tribunale con <strong>la</strong> precedente sentenza aveva accertato il reato di interferenze<br />

illecite nel<strong>la</strong> vita privata in quanto egli aveva vio<strong>la</strong>to il domicilio del<strong>la</strong> persona<br />

offesa.<br />

Dello stesso avviso anche <strong>la</strong> Corte di <strong>Cassazione</strong> che ribadisce che "il riferimento<br />

contenuto nel primo comma dell'art. 615-bis c.p. ai luoghi indicato nell'art. 614 c.p.<br />

ha <strong>la</strong> funzione di delimitare gli ambienti nei quali l'interferenza nel<strong>la</strong> vita privata<br />

altrui assume rilevanza penale, ma anche quel<strong>la</strong> di recepire il regime giuridico<br />

dettato dal<strong>la</strong> disposizione.<br />

Aggiunge infatti che "ai fini del<strong>la</strong> configurabilità del reato punito dall'art. 615 bis c.p.<br />

è irrilevante <strong>la</strong> mancata identificazione, o <strong>la</strong> non identificabilità, del<strong>la</strong> persona cui si<br />

riferisce l'immagine abusivamente captata dal terzo, atteso che il tito<strong>la</strong>re<br />

dell'interesse protetto dal<strong>la</strong> norma non è soltanto il soggetto direttamente attinto<br />

dall'abusiva captazione delle immagini, ma chiunque, all'interno del luogo vio<strong>la</strong>to,<br />

compia abitualmente atti del<strong>la</strong> vita privata che necessariamente alle stesse si<br />

ricolleghino".<br />

Per questi motivi <strong>la</strong> Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso<br />

dell'investigatore privato.<br />

(23/10/2012 - L.S.)<br />

<strong>Cassazione</strong>: responsabile penalmente il datore di <strong>la</strong>voro per<br />

l'infortunio al dipendente che non ha ricevuto adeguata formazione<br />

Il datore di <strong>la</strong>voro che non fornisce un'adeguata formazione sul funzionamento <strong>dei</strong><br />

macchinari pericolosi risponde penalmente per le gravi lesioni subite dal <strong>la</strong>voratore.<br />

E' quanto affermato dal<strong>la</strong> Corte di <strong>Cassazione</strong> che, con sentenza n. 41191 del 22<br />

ottobre 2012, ha respinto il ricorso di un direttore di supermercato, condannato in<br />

primo e secondo grado per non avere preparato adeguatamente i <strong>la</strong>voratori sui<br />

rischi derivanti dallo svolgimento delle mansioni.<br />

In partico<strong>la</strong>re <strong>la</strong> Suprema Corte afferma che <strong>la</strong> Corte di Appello "ha correttamente<br />

considerato che le norme antinfortunistiche sono destinate a garantire <strong>la</strong> sicurezza<br />

delle condizioni di <strong>la</strong>voro, anche in considerazione del<strong>la</strong> possibile negligenza con <strong>la</strong><br />

quale gli stessi <strong>la</strong>voratori effettuano le prestazioni; e che <strong>la</strong> responsabilità del<br />

datore di <strong>la</strong>voro può essere esclusa solo in presenza di un comportamento del<br />

<strong>la</strong>voratore del tutto imprevedibile, tale da presentare i caratteri del<strong>la</strong> eccezionalità<br />

rispetto al procedimento <strong>la</strong>vorativo.


Risultava accertato, infatti, che <strong>la</strong> donna, all'epoca dell'infortunio, <strong>la</strong>vorava presso il<br />

reparto macelleria da circa tre mesi, che il corso di formazione organizzato<br />

dall'ipermercato aveva avuto una durata inferiore a quel<strong>la</strong> prevista e che, in<br />

partico<strong>la</strong>re, non era stata erogata <strong>la</strong> formazione specifica.<br />

Invero - proseguono i giudici di legittimità - le considerazioni svolte dal<strong>la</strong> Corte<br />

territoriale si collocano nell'alveo dell'orientamento espresso ripetutamente in<br />

riferimento al<strong>la</strong> valenza esimente da assegnare al<strong>la</strong> condotta colposa posta in<br />

essere dal <strong>la</strong>voratore, rispetto al soggetto che versa in posizione di garanzia.<br />

Si è, infatti, chiarito che, "nel campo del<strong>la</strong> sicurezza del <strong>la</strong>voro, gli obblighi di<br />

vigi<strong>la</strong>nza che gravano sull'imprenditore risultano funzionali anche rispetto al<strong>la</strong><br />

possibilità che il <strong>la</strong>voratore si dimostri imprudente o negligente verso <strong>la</strong> propria<br />

incolumità; e che può escludersi l'esistenza del rapporto di causalità unicamente<br />

nei casi in cui sia provata l'abnormità del comportamento del <strong>la</strong>voratore infortunato<br />

e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento.<br />

Nel<strong>la</strong> materia che occupa deve, cioè, considerarsi abnorme il comportamento che,<br />

per <strong>la</strong> sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di<br />

controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di<br />

prevenzione contro gli infortuni sul <strong>la</strong>voro; e <strong>la</strong> giurisprudenza di legittimità ha più<br />

volte affermato che l'eventuale colpa concorrente del <strong>la</strong>voratore non può spiegare<br />

alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l'obbligo di sicurezza che si siano<br />

comunque resi responsabili del<strong>la</strong> vio<strong>la</strong>zione di prescrizioni in materia<br />

antinfortunistica".<br />

(26/10/2012 - L.S.)

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!