La Parola ai Giovani - DipCIA

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<strong>La</strong> <strong>Parola</strong> <strong>ai</strong> <strong>Giovani</strong><br />

Società Chimica Italiana, Sezione Sardegna<br />

Università di Cagliari<br />

Università di Sassari<br />

24 Giugno 2011<br />

Cittadella Universitaria Monserrato<br />

ABSTRACT


INTERAZIONE TRA LA PROTEINA PARK9 E IL MANGANESE: PICCOLI<br />

PASSI VERSO LA COMPRENSIONE DELLA MALATTIA DI PARKINSON<br />

Serenella Medici<br />

e-m<strong>ai</strong>l: sere@uniss.it<br />

Massimiliano Peana, Maria Antonietta Zoroddu<br />

Dipartimento di Chimica, v. Vienna 2, 07100 Sassari<br />

Il morbo di Parkinson è una malattia neurodegenerativa le cui cause non sono state<br />

ancora definitivamente chiarite. Nonostante alcuni episodi possano essere<br />

riconducibili a traumi o all‟esposizione a determinati pesticidi, e che alcune varianti<br />

abbiano origini genetiche, il Parkinson “classico” è una malattia idiopatica, cioè non<br />

dovuta a cause esterne note, ovvero senza causa apparente. E‟ risaputo comunque<br />

che l‟esposizione al manganese di minatori od oper<strong>ai</strong> delle fonderie può sfociare in<br />

una sindrome (manganismo) con problemi motori riconducibili a quelli del Parkinson<br />

(e per questo assimilabile ad altri parkinsonismi). Inoltre, recenti studi epidemiologici<br />

hanno portato in luce come l‟esposizione in aree urbane ad alti livelli di manganese<br />

nell‟atmosfera aumenti di circa 1.8 volte l‟incidenza del Parkinson nella popolazione,<br />

rispetto agli abitanti in zone meno sottoposte all‟inquinamento di questo metallo.<br />

Ultimamente sono apparsi in letteratura due articoli 1,2 che correlano l‟esposizione al<br />

manganese con alcune modificazioni di un gene legato alla sinucleina, proteina<br />

presente con diverse funzioni in tutte le malattie neurodegenerative. Lo studio è stato<br />

effettuato su una proteina di un lievito la YPK9, al 58% simile e al 38% uguale<br />

all‟analoga umana PARK9, la cui mutazione causa appunto lo sviluppo di una forma<br />

ereditaria di Parkinson. Silenziando il gene YPK9 nei lieviti si è notato che in assenza<br />

della relativa proteina questi mostravano disturbi nella crescita se sottoposti<br />

all‟azione di diversi metalli, mentre in presenza del manganese la crescita era<br />

particolarmente ridotta. Veniva quindi dimostrata l‟azione protettiva della YPK9 nei<br />

confronti dei cationi bivalenti, specialmente del manganese. Possibile dunque che<br />

una modifica sull‟analogo umano, il PARK9, sia in grado di inficiare i normali<br />

meccanismi con cui il nostro organismo si protegge da ioni metallici dannosi, quali<br />

appunto il manganese, e dando il via a una serie di processi che portano allo<br />

sviluppo della malattia neurodegenerativa? E‟ quello che abbiamo voluto studiare,<br />

selezionando sulla sequenza della proteina YPK9 dei frammenti promettenti per il<br />

legame con il metallo e investigando la possibilità di una interazione efficace di questi<br />

frammenti con determinati cationi bivalenti, tra cui manganese, calcio e zinco. I<br />

risultati preliminari, ottenuti attraverso alcune tecniche spettroscopiche quali l‟NMR<br />

mono- e bidimensionale e l‟EPR, verranno esposti in questa comunicazione.<br />

1) Gitler, A.D.; Chesi, A.; Geddie, M.L.; Strathearn, K.E.; Hamamichi, S.; Hill, K.J.;<br />

Caldwell, K.A.; Caldwell, G.A.; Cooper, A.A.; Rochet, J.-C.; Lindquist, S.; Nat. Genet.<br />

2009, 41(3): 308-315<br />

2) Schmidt, K.; Wolfe, D.M.; Stiller, B.; Pearce, D.A.; Biochem. Biophys. Res. Comm.<br />

2009, 383: 198-202<br />

O1


COMPLESSI MONO E DINUCLEARI DI ORO (I) E ORO (III): APPLICAZIONI<br />

IN CAMPO FARMACOLOGICO E CATALITICO<br />

Maria Serratrice<br />

e-m<strong>ai</strong>l: mserratrice@uniss.it<br />

M.A. Cinellu, L. M<strong>ai</strong>ore, F. Cocco, A. Zucca, S. Stoccoro<br />

Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Sassari<br />

Negli ultimi anni i complessi di oro hanno suscitato notevole interesse sia in campo<br />

farmacologico che in campo catalitico, come mostrato d<strong>ai</strong> numerosi articoli riportati in<br />

letteratura.<br />

In campo farmacologico, vari complessi di oro(I) e di oro(III) si stanno affermando<br />

come potenziali agenti citotossici ed antitumorali 1 . I primi sono derivati fosfinici e<br />

carbenici, mentre fra i derivati di oro(III) più promettenti troviamo derivati<br />

ciclometallati, porfirinati e ditiocarbammati.<br />

Il campo della catalisi 2 è dominato d<strong>ai</strong> complessi cationici di oro(I) del tipo (L)Au + ,<br />

dove L è una fosfina o un carbene eterociclico. Solo un esiguo numero di complessi<br />

di oro(III) è stato finora utilizzato, in alternativa al poco stabile tricloruro; questo è,<br />

infatti, altamente igroscopico, sensibile alla luce, facilmente idrolizzabile e piuttosto<br />

acido.<br />

Da tempo, nel nostro laboratorio ci si occupa della sintesi e reattività di derivati di oro<br />

con leganti eterociclici azotati, in particolare piridine e 2,2‟-dipiridili sostituiti.<br />

Di alcuni complessi si sono studiate le proprietà farmacologiche, in particolare<br />

l‟attività citotossica ed antitumorale, con risultati ass<strong>ai</strong> promettenti. Solo di recente ci<br />

stiamo interessando alle possibili applicazioni nella catalisi omogenea.<br />

Questo lavoro ha riguardato la sintesi di complessi mono- e dinucleari di oro(I) e<br />

oro(III) con il legante eterocilclico azotato piridil-benzimidazolo (pbiH). I composti<br />

ottenuti sono stati caratterizzati sia in soluzione (UV-vis, NMR) che allo stato solido<br />

(raggi-X), e valutati in vitro sulle due linee cellulari del carcinoma ovarico umano<br />

A2780S e A2780R, quest‟ultima resistente al cisplatino. Di alcuni di questi complessi<br />

si sono studiate le interazioni con proteine modello.<br />

Per quanto riguarda la catalisi, si è deciso di testare alcuni di questi complessi, in<br />

particolare i clorocomplessi [Au(pbi)Cl 2 ], [Au(pbiH)Cl], [Au 2 (pbi)Cl 3 ] e<br />

[Au(pbiMe)Cl 2 ][PF 6 ], nella reazione di coupling di aldeidi, ammine e alchini terminali,<br />

noto come coupling A 3 , che porta alla formazione di propargilammine 3 . Questi<br />

composti sono versatili composti di partenza per la sintesi organica e sono usati<br />

come precursori di una varietà di derivati eterociclici azotati. <strong>La</strong> reazione è, inoltre,<br />

interessante sotto altri aspetti in quanto: 1) può essere condotta in acqua, 2) avviene<br />

in un solo stadio e 3) l‟unico sottoprodotto è H 2 O.<br />

O2<br />

[1] S. Nobili, E. Mini, I. <strong>La</strong>ndini, C. Gabbiani, A. Casini, L. Messori, Med. Res. Rev. 2010, 30<br />

550–580.<br />

[2] AA.VV. Chem. Rev. 2008, 108.<br />

[3] V. Kar-Yan Lo, K. Ka –Yan Kung, Man-Kin Wong, Chi- Ming Che, J. Of Oganic Chemistry, 2009,<br />

694, 583


ATTIVITA‟ ANTITOPOISOMERASICA DI DERIVATI FENANTRIDINICI<br />

ISOLATI DAL PANCRATIUM ILLYRICUM<br />

Nicola Anzani<br />

e-m<strong>ai</strong>l: nikianza@hotm<strong>ai</strong>l.it<br />

<strong>La</strong>ura Casu 1 , Filippo Cottiglia 1 , Marco Leonti 1 , Alessandro De Logu 2 ,<br />

Emanuela Agus 2 ,Yuk-Ching Tse-Dinh 3 , Valentina Lombardo 4 , Claudia Sissi 4<br />

1 Dipartimento Farmaco Chimico Tecnologico, University of Cagliari, via<br />

Ospedale 72, 09124 Cagliari, Italy<br />

2 Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biomediche, Sezione di Microbiologia<br />

Medica, University of Cagliari, Via Porcell 4, 09124 Cagliari, Italy<br />

3 Department of Biochemistry and Molecular Biology, New York Medical<br />

College, Valhalla, NY 10595, USA<br />

4 Department of Pharmaceutical Sciences, University of Padova, v. Marzolo 5.<br />

35131, Padova. Italy<br />

Le piante appartenenti alla famiglia delle Amaryllidaceae sono state ampiamente<br />

utilizzate nella medicina popolare come rimedio per i tumori e lo stesso Dioscoride<br />

nella De Materia Medica suggerisce l‟impiego di estratti di Narcissus<br />

pseudonarcissus nei confronti dei tumori uterini. Il Pancratium illyricum<br />

(Amaryllidaceae) è una pianta che vegeta in Sardegna, Corsica e nell‟Arcipelago<br />

Toscano. Dall‟estratto metanolico ottenuto d<strong>ai</strong> bulbi del P. illyricum abbiamo isolato<br />

tre derivati fenantridinici: (-)-licorina (1), (+)-vittatina (2) e ungeremina (3). <strong>La</strong> struttura<br />

di questi composti è stata determinata sia attraverso lo studio di spettri NMR mono e<br />

bidimensionali che di spettrometria di massa. Inoltre l‟ungeremina è stata ottenuta<br />

anche per semisintesi per ossidazione della (-)-licorina. Questi composti hanno<br />

mostrato un interessante azione antiproliferativa nei confronti delle cellule tumorali<br />

HL-60 e MCF-7 (1.4


APPROCCIO SINTETICO AD ALCALOIDI 3-IDROSSIMETIL<br />

PIRROLIZIDINICI TRAMITE RING CLOSING METATHESIS (RCM)<br />

Sonia Fresu<br />

e-m<strong>ai</strong>l: sfresu@uniss.it<br />

Daniele Muroni, Mauro Mucedda, Antonio Saba<br />

Dipartimento di Chimica (Università Sassari)<br />

Gli alcaloidi che presentano lo scheletro 3-idrossimetil pirrolizidinico, come le Alexine<br />

e le Hyacinthacine, appartengono ad una classe di composti naturali poliidrossilati<br />

potenti inibitori della glicosidasi e che possiedono proprietà antitumorali e antivirali. 1<br />

In una precedente comunicazione del nostro gruppo di ricerca, 2 abbiamo<br />

evidenziato, in accordo con la letteratura, la difficoltà nell‟impiego della reazione di<br />

RCM per condensare un anello a cinque termini con un altro preesistente, e come<br />

fosse possibile migliorare le conversioni combinando l‟impiego del catalizzatore di<br />

Grubbs di Seconda Generazione (GII) con una tecnica di gocciolamento. 3<br />

O4<br />

OPG<br />

OPG<br />

OH<br />

Chiral Pool<br />

O<br />

N<br />

1<br />

Ring Closing<br />

Metathesis<br />

N<br />

O<br />

2<br />

HO<br />

N<br />

3<br />

OH<br />

Nella presente comunicazione verranno presentati i risultati ottenuti dallo studio<br />

delle reazioni di RCM condotte su dieni di tipo 1, preparati da pirrolidine<br />

enantiomericamente pure a partire dal chiral pool, testando diversi catalizzatori di<br />

Grubbs GII e variando le condizioni di reazione quali il solvente e la temperatura.<br />

Vedremo come è stato possibile ottenere una conversione completa con l‟impiego<br />

del catalizzatore Hoveyda-Grubbs GII.<br />

Inoltre, mostreremo il lavoro che si sta attualmente svolgendo nei nostri laboratori per<br />

convertire i prodotti 2 della RCM in alcaloidi 3-idrossi metil-pirrolidinici 3 finali.<br />

Gli autori ringraziano la Fondazione Banco di Sardegna e la Regione Autonoma<br />

della Sardegna (POR Sardegna FSE 2007-2013, L.R.7/2007, Borsa <strong>Giovani</strong><br />

Ricercatori) per i contributi dati a questa ricerca.<br />

1 Watson, A. A.; Fleet, G. W. J.; Asano, N.; Molyneux, R. J.; Nash, R. J.<br />

Phytochemistry 2001, 56, 265; Kato, A.; Kato, N.; Adachi, I.; Hollinshead, J.; Fleet, G.<br />

W. J.; Kuriyama, C.; Ikeda, K.; Asano, N.; Nash, R. J. J. Nat. Prod. 2007, 70, 993.<br />

2 D. Muroni, M. Mucedda, A. Saba Tetrahedron : Asymmetry 2009, 20, 1154; D.<br />

Muroni, M. Mucedda, A. Saba Heterocycles 2009, 78, 635; D. Muroni, N. Culeddu, A.<br />

Saba Tetrahedron: Asymmetry 2004, 15, 2609.<br />

3 D. Muroni, M. Mucedda, A. Saba Tetrahedron Letters 2008, 49, 2373.


NUOVI GRUPPI PROTETTORI DEGLI ALCOLI RIMOVIBILI IN CONDIZIONI<br />

DI TRASFERIMENTO MONOELETTRONICO (SET).<br />

Mocci Sarah<br />

e-m<strong>ai</strong>l: sarahmocci@uniss.it<br />

Ugo Azzera, Luisa Pisano<br />

Dipartimento di Chimica, via Vienna 2, 07100 Sassari.<br />

E‟ noto che in condizioni di trasferimento monoelettronico da metalli alcalini, i m-<br />

terfenil (2,6-difenilfenil) 1 e i 2,6-dimetossifenil 2 metil etere subiscono<br />

demetossilazione regioselettiva del legame C 1 aromatico-Ossigeno. Nell‟intento di<br />

applicare questa reattività ad una nuova metodica di protezione di alcoli, abbiamo<br />

sintetizzato, tramite una variante della reazione di Mitsunobu 3 , una serie di m-terfenil,<br />

o-bifenil-, e di 2,6-dimetossifenil alchil eteri, che abbiamo successivamente<br />

sottoposto a scissione riduttiva con metalli alcalini in THF a temperatura ambiente.<br />

O5<br />

OH<br />

O<br />

n R<br />

G<br />

G = G 1 =Ph<br />

G = G 1 = OCH 3<br />

G = Ph, G 1 = H<br />

G<br />

R(CH 2 ) n OH,<br />

DIAD, Ph3P,<br />

THF, t.a (((<br />

G<br />

G<br />

1. M, THF<br />

2. H 2 O<br />

G<br />

G<br />

+<br />

HO<br />

Come atteso, la reazione di scissione riduttiva avviene con buona regioselettività, ed<br />

i corrispondenti alcoli possono essere facilmente recuperati, con buone rese<br />

complessive, mediante cromatografia dei grezzi di reazione. Lo studio è stato<br />

successivamente esteso alla protezione/deprotezione di altri alcoli funzionalizzati e<br />

non, ottenendo dei buon risultati sopratutto nel caso dei m-terfenil eteri.<br />

Alcuni di questi gruppi protettori sono stati utilizzati per condurre degli studi<br />

preliminari sulla protezione/deprotezione di alcoli secondari chirali, focalizzando<br />

l‟attenzione sulla stereochimica osservata nella sintesi di Mitsunobu. Risultati<br />

preliminari hanno infatti evidenziato che la sintesi dei m-terfenil eteri procede con<br />

ritenzione di configurazione, mentre la sintesi degli o-bifenil eteri procede con<br />

prevalente inversione.<br />

n R<br />

1. Casado, F.; Pisano, L.; Farriol M.; Gallardo, I.; Marquet, J.; Melloni, G. J. Org. Chem.<br />

2000, 65, 322-331.<br />

2. Azzena, U.; Denurra, T.; Melloni, G.; Piroddi, A. M. J. Org. Chem. 1990, 55, 5386-5390.<br />

3. Lepore, S.D.; He, Y. J.Org.Chem. 2003,68,8261-8263


Count<br />

CARATTERIZZAZIONE DI LIPOSOMI CATIONICI DI RAPIDA<br />

PREPARAZIONE<br />

Maura Carboni<br />

e-m<strong>ai</strong>l: carbonimaura@unica.it<br />

Sergio Murgia, Sandrina <strong>La</strong>mpis, Maura Monduzzi, Dipartimento Scienze<br />

Chimiche Università di Cagliari<br />

Angela Maria Falchi, Dipartimento di Citomorfologia, Università di Cagliari<br />

Chiara Sinico, Maria Letizia Manca, Anna Maria Fadda Dipartimento Farmaco<br />

Chimico Tecnologico, Università di Cagliari<br />

Judith Schmidt, Yeshayahu Talmon, Dep. of Chemical Engineering, Technion<br />

- Israel Institute of Technology, H<strong>ai</strong>fa , Israel<br />

I Liposomi sono vescicole di forma sferica costituite nella maggior parte dei casi da bistrati di<br />

fosfolipidi naturali. Sono stati largamente studiati per la loro capacità di veicolare farmaci con<br />

caratteristiche chimico-fisiche diverse (idrofili, lipofili e anfipatici), regolandone la velocità di<br />

cessione e per la proprietà di modificare la farmacocinetica dei farmaci veicolati. [1,2]<br />

O6<br />

a b c<br />

200<br />

Cl<br />

150<br />

100<br />

50<br />

Cl<br />

NH<br />

O<br />

OH<br />

0<br />

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 200 220 240 260 280 300<br />

Diametro particelle (nm)<br />

In questo studio viene presentato un sistema costituito da nanoparticelle di tipo liposomiale a<br />

base di monooleina (MO) e laurilcolina cloruro (LCh) [3]. Il primo è un tensioattivo non-ionico, il<br />

secondo cationico. I liposomi a base di MO/LCh e acqua si differenziano da quelli classici<br />

perché non necessitano dell‟utilizzo di solventi organici in fase di preparazione. Si ottengono<br />

per dispersione della MO in soluzioni acquose contenenti differenti quantità di LCh. <strong>La</strong><br />

dispersione viene eseguita con un Ultra-Turrax T10 (IKA). Le vescicole, come mostrato nella<br />

foto cryo-TEM, riportata in figura a, hanno dimensioni medie inferiori <strong>ai</strong> 50 nm (vedi figura b).<br />

Esperimenti SAXS a temperatura variabile hanno mostrato la stabilità di questo sistema nel<br />

range 25-55 °C. Per i test d‟incapsulazione è stato scelto il diclofenac quale farmaco modello.<br />

Si tratta di un antiinfiammatorio utilizzato sia in forma acida (vedi struttura riportata in figura c)<br />

che neutra, come sale sodico, la prima meno solubile in acqua rispetto alla seconda. Mentre il<br />

sale sodico del diclofenac può essere incapsulato nel core acquoso dei liposomi, la sua forma<br />

acida sarà invece solubilizzata nel bistrato lipidico.<br />

L‟alta stabilità della formulazione e biocompatibilità dei componenti unite alle piccole dimensioni<br />

rendono questi liposomi cationici promettenti sistemi di veicolazione e rilascio.<br />

[1] Vladimir P. Torchilin, Nature Reviews. Drug Discovery Febr. 2005. Vol. 4 145-160<br />

[2] Maruyama, K., et al., Biochimica et biophysica acta. Biomembranes, 1991.1070(1):246-252<br />

[3] Murgia, S., et al., J. Phys. Chem. B, 2010, 114 (10), 3518–3525


Current ( A)<br />

EFFETTI IONO-SPECIFICI SULLE PROPRIETÀ ELETTROCHIMICHE DEL<br />

CITOCROMO C<br />

Luca Medda<br />

e-m<strong>ai</strong>l: lmedda@unica.it<br />

Andrea Salis, Dipartimento Scienze Chimiche Università di Cagliari<br />

Edmond Magner, M.S.S.I. University of Limerick<br />

Maura Monduzzi, Dipartimento Scienze Chimiche Università di Cagliari<br />

Le proteine che contengono il gruppo prostetico eme, come l‟enzima redox citocromo<br />

c, sono largamente utilizzate nel campo della biocatalisi e dei biosensori. I fattori che<br />

possono influenzare il potenziale elettrochimico (E°‟) degli enzimi redox contenenti<br />

l‟eme, spaziano dalla natura dei leganti assiali, alle interazioni proteina-eme e alle<br />

proprietà dielettriche del solvente [1]. L‟ E°‟ degli enzimi redox può essere<br />

determinato usando tecniche elettrochimiche come la voltammetria ciclica (CV) e la<br />

voltammetria differenziale pulsata (DPV). Queste tecniche prevedono l‟utilizzo di un<br />

elettrolita di supporto, che fornisca alla soluzione una adeguata conducibilità<br />

elettrica, e di un mediatore elettronico, come il 4,4‟-bipiridile [2], che favorisca il<br />

trasferimento elettronico tra la proteina e la superficie dell‟elettrodo. In queste<br />

condizioni l‟intensità di corrente rilevata è direttamente proporzionale alla quantità di<br />

proteina adsorbita sulla superficie dell‟elettrodo.<br />

O7<br />

NaCl<br />

NaF<br />

NaBr<br />

NaClO4<br />

NaSCN<br />

A B C<br />

0.12 0.16 0.20 0.24 0.28 0.32<br />

E°' (V vs. SHE)<br />

In questo lavoro è stato studiato l‟effetto di sali appartenenti alla serie di Hofmeister<br />

sul potenziale elettrochimico E°‟ e sull‟intensità di corrente prodotta (A). Gli<br />

esperimenti hanno dimostrato che gli effetti sono più pronunciati per gli anioni e si è<br />

osservato che l‟E°‟ diminuisce nell‟ordine F - >Cl - >Br - >ClO 4 - >SCN - (B). Una possibile<br />

spiegazione di questo andamento è che gli anioni cosmotropici tendano a<br />

stabilizzare lo stato ridotto del ferro nell‟eme, facilitando la reazione redox e<br />

aumentando l‟E°‟. L‟andamento dell‟intensità di corrente di picco ha rivelato un<br />

andamento a “campana”(C) con un massimo in corrispondenza del cloruro di sodio.<br />

A parte l‟inaspettato comportamento del F - , l‟andamento può essere spiegato<br />

considerando che gli anioni caotropici si adsorbono sui residui lisinici carichi presenti<br />

sulla superficie dell‟enzima in accordo con la legge “Matching water affinities”<br />

sviluppata da Collins [3] influenzando negativamente la formazione di legami<br />

idrogeno tra i residui lisinici e gli atomi di azoto del mediatore elettronico.<br />

Concludendo, questi risultati dimostrano l‟importanza della scelta dell‟elettrolita di<br />

supporto nella messa a punto di un esperimento bioelettrochimico in quanto<br />

influenza ampiamente il comportamento redox dell‟enzima studiato.<br />

[1] O'Reilly, N. J.; Magner, E.; <strong>La</strong>ngmuir 2005, 21, 1009- 1014<br />

[2] Eddowes, M. J.; Hill, H.; Allen, O; J. Am. Chem. Soc. 1979, 101, 4461-4464,<br />

[3] W. Kunz, Curr. Opin. Colloid Interface Sci., 2010, 15, 34-39


CONFRONTO DEL PROFILO METABOLICO DI FORMAGGI DI PECORA<br />

PRODOTTI CON LATTE ADDIZIONATO CON COLTURE LATTICHE<br />

AUTOCTONE E STARTER COMMERCIALI<br />

Cristina Piras 1<br />

e-m<strong>ai</strong>l: cristina.piras@unica.it<br />

Maria Barbara Pisano 2 , Sofia Cosentino 2 , Adolfo <strong>La</strong>i 1 , Flaminia Cesare<br />

Marincola 1<br />

1<br />

Dipartimento Scienze Chimiche, Università di Cagliari, Cittadella<br />

Universitaria di Monserrato, S.S. 554 – Bivio per Sestu, 09042 Cagliari, Italy<br />

2<br />

Dipartimento di Biologia Sperimentale, Sezione di Igiene, Cittadella<br />

Universitaria di Monserrato, S.S. 554 – Bivio per Sestu, 09042 Cagliari, Italy<br />

Rispetto <strong>ai</strong> formaggi prodotti con latte pastorizzato, i formaggi a latte crudo sono più<br />

pregiati in quanto conservano integra la flora batterica originale, distinguendosi per<br />

gusti e aromi più tipici e caratteristici. Infatti, il mantenimento della flora filocasearia<br />

autoctona e di gran parte del corredo enzimatico assunti direttamente dagli animali<br />

durante il pascolo contribuisce al conferimento di sapori e profumi tipici che<br />

evidenziano <strong>ai</strong> massimi livelli il legame intercorrente tra formaggio e territorio, e<br />

unitamente alle diverse tecniche di produzione, lo rendono un prodotto unico e<br />

inimitabile.<br />

Nella produzione di formaggi industriali, per esigenze di profilassi igienico-sanitaria e<br />

di standardizzazione del gusto, il patrimonio microbiologico del latte non solo viene<br />

ridotto, ma spesso anche sostituito con altri microrganismi. Infatti, il latte viene<br />

sottoposto a trattamenti termici allo scopo di ridurre la flora anticasearia ma che, allo<br />

stesso tempo, distruggono la microflora filocasaeria, causando la perdita di buona<br />

parte del corredo enzimatico. Per poter produrre formaggio da latte trattato<br />

termicamente risulta pertanto necessario reintrodurre i fermenti lattici attraverso<br />

l‟aggiunta di microrganismi selezionati coltivati in laboratorio o starter naturali. In<br />

questo modo risulta più facile ottenere formaggi con caratteristiche costanti, ma allo<br />

stesso tempo ne consegue un indebolimento del legame dell‟alimento con il territorio<br />

che lo ha espresso.<br />

Al fine di migliorare i livelli qualitativi raggiungibili con i metodi di produzione<br />

industriali, valorizzando e conservando la biodiversità microbica dei formaggi, negli<br />

ultimi dieci anni una particolare attenzione è stata rivolta alla ricerca e alla<br />

preparazione di starter autoctoni di pratico impiego tali da garantire, durante la<br />

lavorazione del latte e la maturazione del formaggio, processi fermentativi capaci di<br />

ridurre il rischio di difetti e di mantenere inalterate le caratteristiche organolettiche e<br />

sensoriali tipiche formaggio.<br />

In quest‟ottica si inserisce il presente lavoro, svolto in collaborazione con la Sezione<br />

di Igiene del Dipartimento di Biologia Sperimentale dell‟Università di Cagliari.<br />

Partendo dal presupposto che la maturazione è lo stadio durante il quale ogni<br />

formaggio assume specifiche caratteristiche organolettiche a seguito di<br />

trasformazioni biochimiche per opera della microflora batterica, abbiamo adottato un<br />

approccio combinato di NMR e protocolli di analisi statistica per confrontare il profilo<br />

metabolico di formaggi a maturazione diversa, prodotti con latte di pecora<br />

addizionato con starter commerciali e colture lattiche autoctone.<br />

O8


SINTESI DI IDROGEL NANOCOMPOSITI DI<br />

POLI(n-ISOPROPILACRILAMMIDE) CONTENENTI GRAFENE, OTTENUTI<br />

ATTRAVERSO LA TECNICA DELLA POLIMERIZZAZIONE FRONTALE<br />

Valeria Alzari 1<br />

e-m<strong>ai</strong>l: valzari@uniss.it<br />

Daniele Nuvoli 1 , Roberta Sanna 1 , Sergio Scognamillo 1 , Massimo Piccinini 2 ,<br />

Emilia Gioffredi 3 , Giulio Malucelli 3 , Mario Sechi 4 , Vanna Sanna 5 ,<br />

Alberto Mariani 1<br />

1 Dipartimento di Chimica, Università di Sassari, and local INSTM unit, Via<br />

Vienna 2, 07100 Sassari, Italy.<br />

2 Porto Conte Ricerche S.r.l., SP 55 km 8.400 Loc. Tramariglio, 07041 Alghero<br />

(SS), Italy<br />

3 Dipartimento di Scienza dei Materiali ed Ingegneria Chimica, Politecnico di<br />

Torino, sede di Alessandria, and local INSTM unit, Via T. Michel 5, 15121<br />

Alessandria, Italy<br />

4 Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari – Consiglio Nazionale delle<br />

Ricerche (ISPA-CNR), Li Punti – Reg. Baldinca, Traversa <strong>La</strong> Crucca, Sassari<br />

07100, Italy<br />

5<br />

Dipartimento di Scienze del Farmaco, Università di Sassari, 07100 Sassari,<br />

Italy<br />

L‟obiettivo del lavoro è stato quello di sintetizzare idrogel polimerici di poli(Nisopropilacrilammide)<br />

contenenti grafene. Quest‟ultimo è stato ottenuto per semplice<br />

sonicazione della grafite in N-metilpirrolidone (NMP) senza alcuna manipolazione<br />

chimica. <strong>La</strong> concentrazione di grafene ottenuta è la più elevata m<strong>ai</strong> riportata in<br />

questo mezzo solvente (2.21 mg/mL). Oltre che per spettroscopia UV, la dispersione<br />

è stata caratterizzata attraverso analisi TEM, per studiare la forma e le dimensioni<br />

dei fogli di grafene e analisi Raman, per verificare l‟effettiva esfoliazione della grafite<br />

con formazione di grafene. Successivamente, alla miscela è stata aggiunta la<br />

quantità desiderata di N-isopropilacrilammide (NIPAAm), trietileneglicol dimetacrilato<br />

(reticolante) e persolfato d‟Aliquat (iniziatore), necessari per la sintesi dei<br />

nanocompositi polimerici. <strong>La</strong> polimerizzazione è stata effettuata per via classica e per<br />

via frontale, dimostrando che solo attraverso la seconda si ottengono dei<br />

nanocompositi polimerici in cui la carica è omogeneamente dispersa all‟interno della<br />

matrice. I nanocompositi polimerici ottenuti mediante polimerizzazione frontale sono<br />

stati studiati attraverso analisi SEM e Raman, e sono state studiate le proprietà<br />

reologiche e di rigonfiamento. I risultati mostrano che il rapporto di rigonfiamento<br />

aumenta a mano a mano che cresce la concentrazione di grafene all‟interno della<br />

matrice polimerica, mentre la temperatura critica inferiore di soluzione (LCST) non<br />

viene influenzata. Inoltre, il grafene influenza anche le proprietà reologiche del<br />

sistema: il modulo G‟ e la viscosità aumentano col contenuto di grafene: ciò indica<br />

una buona interazione tra la carica e la matrice polimerica.<br />

O9


O10<br />

IDROGEL SUPER ASSORBENTI A RISPOSTA DI STIMOLO TERMICO<br />

OTTENUTI MEDIANTE POLIMERIZZAZIONE FRONTALE<br />

Roberta Sanna<br />

e-m<strong>ai</strong>l: rosanna@uniss.it<br />

Sergio Scognamillo, Valeria Alzari, Daniele Nuvoli, Alberto Mariani<br />

Dipartimento di Chimica, Università di Sassari e unità locale di ricerca<br />

INSTM, Via Vienna 2, 07100-Sassari<br />

Il presente lavoro si pone l'obiettivo di descrivere l'utilizzo della polimerizzazione<br />

frontale (FP) come tecnica alternativa per la sintesi di idrogel super assorbenti a<br />

risposta di stimolo termico. In particolare, sono stati presi in esame due diversi<br />

sistemi: il primo è stato ottenuto da acrilammide (AAm) e 3-solfopropilacrilato di<br />

potassio (SPAK), mentre il secondo da N-isopropilacrilammide (NIPAAm) e SPAK,<br />

entrambi in presenza di N,N'-metilen-bis-acrilammide (BIS) come reticolante. Tutti i<br />

campioni sono stati preparati variando opportunamente la frazione molare dei due<br />

monomeri e mantenendo costanti le concentrazioni di reticolante, di iniziatore<br />

(persolfato di ammonio, AmPs) e di solvente (dimetilsolfossido, DMSO). Dalle analisi<br />

sulle caratteristiche di rigonfiamento in acqua si osserva che per quanto riguarda il<br />

sistema AAm/SPAK, le proprietà degli idrogel variano a seconda del rapporto tra i<br />

monomeri: i rapporti di rigonfiamento (SR%), per esempio, vanno da circa 1000% nel<br />

caso dell'omopolimero dell‟AAm, a più di 14000% per il campione contenente l‟87.0<br />

mol% di SPAK. Invece, nel caso del sistema NIPAAm/SPAK, è stato osservato che<br />

l'SR% è influenzato sia dal rapporto tra i due monomeri che dalla quantità di<br />

reticolante utilizzato: i valori percentuali si estendono da circa 1000% per<br />

l'omopolimero NIPAAm in presenza del 5 mol% di reticolante, a 35000% per il<br />

campione contenente l'87 mol% di SPAK e l'1 mol% di reticolante. Inoltre, per<br />

entrambi i sistemi, l'affinità all‟acqua è stata studiata attraverso analisi dell‟angolo di<br />

contatto, il quale diminuisce all'aumentare della quantità di SPAK, confermando<br />

l‟andamento osservato per quanto riguarda i rapporti di rigonfiamento.


O11<br />

STUDIO DELLA DIFFUSIONE NELLE ZEOLITI ATTRAVERSO UN METODO<br />

MONTE CARLO CINETICO SINCRONO E PARALLELO<br />

Andrea Gabrieli<br />

e-m<strong>ai</strong>l: agabrieli@uniss.it<br />

Pierfranco Demontis, Federico G. Pazzona, Giuseppe B. Suffritti<br />

Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Sassari<br />

via Vienna, 2, I-07100 Sassari<br />

Le zeoliti sono alluminosilicati microporosi ampiamente utilizzati in chimica industriale<br />

[1]. <strong>La</strong> loro struttura cristallina consiste in una rete di cavità, comunicanti attraverso<br />

canali, nelle quali le molecole possono essere adsorbite. Questi particolari sistemi<br />

manifestano numerosi fenomeni fisici governati dalle specifiche caratteristiche<br />

geometriche e topologiche. <strong>La</strong> maggior parte di questi non sono tuttora ben compresi<br />

e negli ultimi anni numerosi sforzi sono stati compiuti per riuscire ad ottenere una<br />

descrizione completa dell'effetto di confinamento nelle zeoliti.<br />

Metodi quali la Dinamica Molecolare e il Monte Carlo cinetico sono ampiamente usati<br />

per lo studio dei fenomeni di adsorbimento e diffusione nei materiali microporosi, ma<br />

risultano inefficienti qualora si vogliano estendere le scale temporali e spaziali.<br />

Il Monte Carlo cinetico in particolare è limitato dal fatto che occorre conoscere ad<br />

ogni istante lo stato dell'intero sistema. In generale però si può assumere che<br />

in un sistema di grandi dimensioni regioni lontane non interagiscano<br />

significativamente. Questa ipotesi è alla base del metodo Monte Carlo cinetico<br />

sincrono[2,3] nel quale il sistema viene suddiviso in domini indipendenti ed in<br />

ciascuno di essi si esegue una procedura Monte Carlo cinetico classica. Attraverso<br />

una opportuna scelta della forma e delle dimensioni dei domini, nonché un opportuno<br />

trattamento degli eventi <strong>ai</strong> confini, diviene possibile estendere significativamente le<br />

scale spazio-temporali. Dopo la sua messa a punto il metodo è stato applicato allo<br />

studio della diffusione del benzene nelle zeoliti NaX e NaY.<br />

[1] J. Kärger and D. M. Ruthven, Diffusion in Zeolites and Other Microporous<br />

Materials, 1st ed. (Wiley, New York, 1992).<br />

[2] E. Martínez, J. Marian, M. H. Kalos, and J. M. Perlado, J. Comput. Phys. 227,<br />

3804 (2008).<br />

[3] A. Gabrieli, P. Demontis, F. G. Pazzona, and G. B. Suffritti, Phys. Rev. E 83,<br />

056705 (2011).


O12<br />

UN AUTOMA CELLULARE A BLOCCHI PER LO STUDIO DELLA<br />

DIFFUSIONE DI MISCELE IN MATERIALI MICROPOROSI. STRATEGIE<br />

PER ESTENDERE LE SCALE DI SPAZIO E TEMPO NELLO STUDIO DI<br />

QUESTI SISTEMI.<br />

Alberto Maria Pintus<br />

e-m<strong>ai</strong>l: spintus@uniss.it<br />

F.G. Pazzona, P. Demontis, G.B. Suffritti<br />

Dipartimento di Chimica (Universita' di Sassari)<br />

Un modello di tipo Automa Cellulare, precedentemente sviluppato dal gruppo di<br />

ricerca per lo studio della diffusione di singole specie adsorbite in zeoliti, e' stato per<br />

la prima volta applicato allo studio di miscele. I sistemi presi in considerazione<br />

manifestano il cosidetto 'effetto di segregazione', per via della presenza di anidride<br />

carbonica nella miscela. Nonostante la sua estrema semplicita' e il numero minimo di<br />

parametri su cui lavora, il modello si e' dimostrato in grado di riprodurre questo<br />

comportamento, e di ottenere buone informazioni qualitative sugli andamenti della<br />

self-diffusivity al variare della concentrazione di miscela adsorbita e della sua<br />

composizione. Il motivi di interesse del metodo risiedono nella sua estrema velocita'<br />

e nella possibilita' di implementazione parallela che consentono una drastica<br />

riduzione dei tempi di calcolo, rendendo accessibili scale di spazio e tempo molto piu'<br />

estese di quelle tipiche dei classici metodi MD e Monte Carlo.<br />

Il metodo promette di essere un buon candidato per lo studio di microcristalli e<br />

membrane di materiali microporosi utilizzate per la separazione di miscele.<br />

Altre strategie per la riduzione dei tempi di calcolo in sistemi la cui dinamica e'<br />

rallentata da alte barriere energetiche sono allo studio. Di particolare interesse risulta<br />

il metodo DRP sviluppato da Faccioli et al.[2] che prevede un applicazione del<br />

formalismo dei Path Integral alla dinamica Browniana.<br />

[1] F.G. Pazzona, A Cellular Automata Model for Diffusion and Adsorption in Zeolites:<br />

Construction of a Mesoscopic Model. (LAP <strong>La</strong>mbert Academic, Germany 2010)<br />

[2] Faccioli P., Sega M., Pederiva F., Orland H.; J. Chem. Phys. 130, 2009


O13<br />

IMMAGAZZINAMENTO DI IDROGENO ALLO STATO SOLIDO PER<br />

APPLICAZIONI VEICOLARI: PROPRIETÀ ABSORBITIVE E<br />

CARATTERIZZAZIONE STRUTTURALE DEL SISTEMA NaBH 4 /MgH 2<br />

DISPERSO IN MATRICI MESOPOROSE.<br />

Sebastiano Garroni 1<br />

e-m<strong>ai</strong>l: sgarroni@uniss.it<br />

R. Campesi 2 , E. Napolitano 1 , F. Peru 1 , C. Milanese 3 , A. Girella 3 , E. Pellicer 4 ,<br />

M.D.Baró 4 , S. Enzo 1 , G. Mulas 1<br />

1 Dipartimento di Chimica, Università di Sassari and INSTM, Via Vienna 2, I-<br />

07100 Sassari, Italy.<br />

2 JRC-IE, Westernduinweg 3, 1755 ZG Petten, The Netherlands.<br />

3 C.S.G.I. & Dipartimento di Chimica, Sezione di Chimica Fisica, Università di<br />

Pavia, Viale Taramelli 16, I-27100 Pavia, Italy.<br />

4 Departament de Física, Universitat Autònoma de Barcelona, E-08193<br />

Bellaterra, Sp<strong>ai</strong>n<br />

Nella transizione verso uno scenario energetico alternativo <strong>ai</strong> combustibili fossili,<br />

l‟idrogeno viene oggi considerato il possibile vettore energetico del futuro in virtù<br />

delle sue caratteristiche di elevata densità energetica per unità di massa, atossicità e<br />

compatibilità ambientale. Lo stoccaggio di idrogeno in forma di idruri solidi appare<br />

oggi una via più percorribile, rispetto alle tecniche di compressione o di liquefazione<br />

del gas, per soddisfare i requisiti che consentano l'alimentazione di sistemi di celle a<br />

combustibile. <strong>La</strong> preparazione di materiali caratterizzati da elevate capacità di<br />

immagazzinamento e buona reversibilità rappresenta pertanto un tema di notevole<br />

attualità per la comunità scientifica ed industriale.<br />

In questo lavoro, viene focalizzata l‟attenzione sullo studio delle proprietà sorbitive e<br />

strutturali del sistema NaBH 4 /MgH 2 confinato in materiali mesosporosi a base di Si,<br />

SBA-15. Differenti miscele di NaBH 4 /MgH 2 disperse in materiali ad alta area<br />

superficiale a base di silicio erano preparati mediante infiltrazione via fusione.<br />

L‟efficienza della tecnica di impregnazione era stimata per mezzo di analisi di<br />

scattering di neutroni a basso angolo (SANS) e microscopia eletronica a<br />

trasmissione (TEM), Fig. 1. Le analisi sulle proprietà sorbitive, svolte mediante un<br />

apparato manometrico (PCT-pro2000), hanno evidenziato come i materiali<br />

impregnati mostrino temperature di de-idrogenazione inferiori e cinetiche di<br />

desorbimento più rapide rispetto <strong>ai</strong> risultati ottenuti sul materiale massivo.<br />

Fig. 1.


O14<br />

EVIDENZE SPERIMENTALI DI DINAMICHE OSCILLANTI NELL‟IDROLISI DI<br />

NaBH 4<br />

Emiliano Biosa<br />

e-m<strong>ai</strong>l: ebiosa@uniss.it<br />

M.Budroni, S. Garroni, G. Mulas, M.Rustici<br />

Dipartimento di Chimica, Università degli studi di Sassari<br />

<strong>La</strong> produzione di idrogeno mediante tecniche alternative <strong>ai</strong> combustibili fossili<br />

costituisce una tra le problematiche principali associate allo sviluppo di un sistema<br />

economico basato sul vettore energetico idrogeno. A tal riguardo il sodio-boroidruro<br />

rappresenta uno tra i materiali più interessanti per la produzione d‟idrogeno mediante<br />

il processo di idrolisi. L‟alto contenuto d‟idrogeno, l‟elevata purezza e la semplicità<br />

nella sua produzione rendono tale idruro chimico un ottimo candidato come sorgente<br />

di energia in molti dispositivi tecnologici. Riveste particolare importanza per<br />

l‟efficienza di tali apparati la regolarità del flusso di H 2 prodotto durante l‟idrolisi. In<br />

proposito recenti dati di letteratura hanno mostrato come il flusso di H 2 generato<br />

sotto specifiche condizioni sperimentali, presenti un andamento non costante nel<br />

tempo. Indagini sperimentali, condotte nei nostri laboratori, hanno messo in evidenza<br />

che tali fenomeni oscillatori sono riconducibili a dinamiche non lineari soggiacenti<br />

alla cinetica della reazione di idrolisi. In questo lavoro mostriamo evidenze<br />

sperimentali di specie oscillanti durante l‟idrolisi del NaBH 4 . Il nostro obiettivo è<br />

quello di generare un modello capace di rendere conto dei fenomeni riscontrati<br />

sperimentalmente al fine di ottimizzare il rendimento del flusso di idrogeno prodotto.<br />

Il modello cinetico noto in letteratura, non consente di spiegare totalmente la<br />

dinamica complessa (oscillazioni, biforcazioni) osservata sperimentalmente, e il<br />

presente studio è rivolto allo sviluppo di un modello chimico e matematico capace di<br />

giustificare il comportamento osservato.


O15<br />

WATER GAS SHIFT REACTION OVER MESOPOROUS CuO-Co 3 O 4<br />

CATALYSTS<br />

Shaji Varghese<br />

e-m<strong>ai</strong>l: shajivarg@gm<strong>ai</strong>l.com<br />

M.G. Cutrufello, E. Rombi, R. Monaci, D. Meloni, M.F. Sini, I. Ferino<br />

Dipartimento di Scienze Chimiche, Università di Cagliari; Complesso<br />

Universitario di Monserrato, S.S. 554 Bivio Sestu, 09042 Monserrato (CA).<br />

Recently the demand of hydrogen as a fuel has increased because of the<br />

development of fuel cell technology. Fuel cells offer highly efficient conversion of<br />

chemical energy to electrical energy with zero emission of environmental pollutants<br />

only if pure hydrogen is fed as a fuel. Industrially hydrogen is produced by an<br />

economically viable process called steam reforming, this method produce CO as<br />

byproduct along with hydrogen [1].The water gas shift (WGS) is a critical step in fuel<br />

processors for preliminary CO clean up and additional hydrogen generation prior to<br />

CO preferential oxidation [2].<br />

(1)<br />

CO + H 2 O CO 2 + H 2 , ΔH° 298 = - 41.1 kJ mol -1 , ΔG = -28.6 kJ mol -1<br />

In present work we report the synthesis, characterisation and water gas shift activity<br />

of mesoporous CuO-Co 3 O 4 catalysts. Samples were successfully synthesized by an<br />

SBA-15 - templated pathway with varying content of CuO (10,15 and 20 mol%).The<br />

obt<strong>ai</strong>ned materials showed a BET surface area value in the range 89-94 m 2 /g, XRD<br />

analysis showed only the patterns typical of nanocrystalline Co 3 O 4 phase, indicating<br />

a high dispersion of the copper species. TPR analysis showed that the reduction<br />

temperature of the mixed oxides is lower than that of the corresponding pure metal<br />

oxides, suggesting strong interactions between CuO and Co 3 O 4 . TEM analysis<br />

shows that the obt<strong>ai</strong>ned materials are replicas of the templating structure. Catalytic<br />

activity of CuO-Co 3 O 4 catalysts in WGS is shown in figure 1.<br />

References:<br />

Figure 1. CO conversion over CuO-Co 3 O 4 catalyst<br />

[1]. J.N. Armor, Appl. Catal. A: Gen. 176 (1999) 159<br />

[2]. A.F.Ghenciu, Current Opin.Solid State Mater. Sci. 6 (2002) 389


O16<br />

MOLECULAR IMPRINTING CATALITICO: NUOVE PROSPETTIVE PER LO<br />

SVILUPPO DI MATERIALI POROSI GERARCHICI CON ATTIVITÀ<br />

CATALITICA<br />

Davide Carboni<br />

e-m<strong>ai</strong>l: dcarboni@uniss.it<br />

L. Malfatti, P. Innocenzi<br />

<strong>La</strong>boratorio di Scienza dei Materiali e Nanotecnologie (LMNT) - D.A.D.U.<br />

Università di Sassari.<br />

Il molecular imprinting è una tecnica che permette di creare cavità tridimensionali in<br />

matrici polimeriche mediante l‟uso di un templante molecolare. <strong>La</strong> rimozione del<br />

templante dalla matrice lascia una cavità complementare che è capace di<br />

riconoscere selettivamente analoghi strutturali dello stampo molecolare [1-2].<br />

Ottimi risultati si sono ottenuti con l‟approccio enzimo-mimetico usato per la sintesi di<br />

nanogels acrilamidici aventi attività aldolasica di tipo I [3]. In questo caso un derivato<br />

prolinico, la prolinsulfonamide, forma un complesso covalente (enaminone) con il<br />

templante 1,3-dichetone, che ha una analogia strutturale con l‟intermedio della<br />

reazione cross-aldolica che si vuole catalizzare. L‟efficienza dell‟imprinting, misurata<br />

come rapporto delle k cat del MIP (molecularly imprinted polymer) rispetto al NIP (Not<br />

imprinted polymer) è risultata essere quasi 20, uno dei più alti valori in letteratura per<br />

la formazione di legami C-C.<br />

Un simile approccio è stato usato anche per lo sviluppo di dispositivi idrolitici basati<br />

su matrici ibride organico-inorganiche ottenute via sol-gel. In questo caso la<br />

funzionalità guanidinica è stata fatta reagire con un templante fosfato (TSA) per<br />

formare un complesso di imprinting attorno a cui è stata fatta polimerizzare una<br />

matrice organica acrilamidica. Con questo metodo sono state realizzate SPIONs<br />

(Super paramagnetic iron oxide nanoparticles) caratterizzate da una molecularly<br />

imprinted shell acrilamidica e presto saranno sviluppati anche film sottili di titania con<br />

struttura gerarchica [4] contenenti particelle acrilamidiche imprinted (Fig.1). Questi<br />

materiali potranno essere usati per sviluppare dispositivi capaci di idrolizzare agenti<br />

inquinanti con strutture analoghe a quelle dei pesticidi carbammati.<br />

Figura 1: Immagini AFM di titania gerarchica con particelle di acrilamide<br />

Bibliografia:<br />

[1]. C. Alexander, H. Andersson, L. Andersson, R. Ansell, N. Kirsch, I.A. Nicholls, J.<br />

O'mahony, M. Whitcombe, J. Mol. Recognit., 2006, 19 (2), 106-180.<br />

[2]. M. Resmini, K. Flavin and D. Carboni, Microgels and Nanogels with catalytic activity,<br />

Book Chapter in Topics in Current Chemistry, 2010, pagg. 1-37, Springer-Verlag, Berlin<br />

Heidelberg.<br />

[3]. D. Carboni, K. Flavin, A. Servant, V. Gouverneur and M. Resmini, Chem. Eur. J., 2008,<br />

14, 7059-7065.<br />

[4]. P. Innocenzi, L. Malfatti and G. J. A. A. Soler-Illia, Chem. Mater., 2011, 23, 2501–2509.


O17<br />

SINTESI SIMULTANEA DI BIODIESEL E TRIACETINA DA TRIGLICERIDI E<br />

ACETATO DI METILE UTILIZZANDO CATALIZZATORI ENZIMATICI<br />

Elisabetta Maria Us<strong>ai</strong><br />

e-m<strong>ai</strong>l: elisabetta.us<strong>ai</strong>@unica.it<br />

Andrea Salis<br />

Dipartimento di Scienze Chimiche, Università di Cagliari, Cittadella<br />

Universitaria di Monserrato, S.S. per Sestu, 09042 Monserrato CA<br />

Nel processo convenzionale di produzione del biodiesel, il glicerolo è<br />

inesorabilmente il principale sottoprodotto. In previsione di una crescente richiesta di<br />

biodiesel si arriverà ad un accumulo di glicerolo con un conseguente crollo del<br />

prezzo di mercato [1]. Il presente lavoro descrive un processo innovativo di sintesi<br />

simultanea del biodiesel (FAME; esteri metilici degli acidi grassi) e della triacetina,<br />

senza la co-produzione di glicerolo, per mezzo di una reazione di interesterificazione<br />

a partire da oli vegetali (trigliceridi) e acetato di metile (Figura 1). <strong>La</strong> triacetina<br />

miscelata al biodiesel ne migliora le proprietà a freddo come il punto di scorrimento e<br />

la viscosità [2]. L‟obiettivo di questo studio è stato quello di testare, nella reazione in<br />

esame, una serie di enzimi (lipasi) immobilizzati e non su supporti adeguati per le<br />

reazioni in solvente organico, al fine di trovare quello più adatto a sintetizzare<br />

simultaneamente e con elevate rese il biodiesel e la triacetina (il prodotto finale della<br />

conversione del glicerolo). Le prove catalitiche, effettuate in fase liquida alla<br />

temperatura di 30°C, sono state condotte in microreattori batch. Fra le lipasi di<br />

origine microbica prese in esame, la lipasi B da Candida antarctica immobilizzata su<br />

resina acrilica (Novozym 435, commerciale) è quella che ha mostrato le migliori<br />

prestazioni catalitiche.<br />

CH 2 OCOR 1<br />

CH 2 OCOCH 3<br />

R 1 COOCH 3<br />

CH OCOR 2 3 CH 3 COOCH 3<br />

CH OCOCH 3<br />

R 2 COOCH 3<br />

CH 2 OCOR 3<br />

CH 2 OCOCH<br />

R 3 COOCH 3<br />

3<br />

Figura 1: Interesterificazione di trigliceridi con acetato di metile.<br />

Ringraziamenti:<br />

Elisabetta M. Us<strong>ai</strong> ringrazia la RAS (Regione Autonoma della Sardegna) per il<br />

sostegno ottenuto attraverso una borsa di ricerca co-finanziata con fondi a valere sul<br />

PO Sardegna FSE 2007-2013 sulla L.R. 7/2007 “ Promozione della ricerca scientifica<br />

e dell‟innovazione tecnologica in Sardegna ”.<br />

Riferimenti bibliografici:<br />

[1] M. McCoy, Chem. Eng. News, (2005), Feb.16.<br />

[2] Melero J.A., van Grieken R., Morales G., Paniagua M., Energy & Fuels, (2007),<br />

21, 1782-1791.


O18<br />

OTTENIMENTO DI SOLUZIONI DI FEW-LAYER GRAFENE AD ELEVATA<br />

CONCENTRAZIONE ATTRAVERSO ESFOLIAZIONE DI GRAFITE IN<br />

ORGANOSILANI<br />

Daniele Nuvoli a<br />

e-m<strong>ai</strong>l: dnuvoli@uniss.it<br />

Valeria Alzari a , Roberta Sanna a , Sergio Scognamillo a , Massimo Piccinini b ,<br />

Josè Maria Kenny c , Alberto Mariani a<br />

a Dipartimento di Chimica, Università di Sassari<br />

b Porto Conte Ricerche S.r.l.<br />

c ICTP-CSIC<br />

Il grafene è sicuramente uno dei materiali che ha suscitato maggiore interesse nella<br />

comunità scientifica negli ultimi anni, tanto che i suoi scopritori hanno ricevuto il<br />

premio nobel per la fisica nel 2010. Esso è un materiale bidimensionale, di spessore<br />

atomico, formato solo da atomi di carbonio disposti secondo una struttura a nido<br />

d‟ape. Il grafene possiede straordinarie proprietà meccaniche, elettriche, termiche,<br />

che lo rendono utile per una vastissima gamma di applicazioni. Nel presente lavoro<br />

viene riportato l‟utilizzo di due organosilani, 3-glicidossipropil trimetossisilano<br />

(GPTMS) e fenil trietossisilano (PhTES), come efficaci mezzi solventi per la<br />

preparazione di dispersioni di grafene, attraverso un metodo semplice ed economico<br />

che non prevede nessuna modificazione chimica ma solo l‟utilizzo di ultrasuoni per<br />

l‟esfoliazione della grafite. Le dispersioni così ottenute hanno mostrato l‟effetto<br />

Tyndall, indice della presenza di particelle nanometriche e sono state caratterizzate<br />

mediante microscopia TEM e spettroscopia Raman, che hanno confermato la<br />

presenza di few-layer grafene. Le concentrazioni, ottenute attraverso gravimetria ed<br />

analisi UV, sono pari a 0.0659 e 7.999 mg/ml per il PhTES ed il GPTMS<br />

rispettivamente. <strong>La</strong> seconda rappresenta uno dei valori di concentrazione di grafene<br />

in soluzione tra i più elevati m<strong>ai</strong> ottenuti. Considerato che i silani utilizzati sono<br />

reattivi, questo risultato apre la strada alla sintesi diretta di polimeri ibridi<br />

nanocompositi contenenti grafene, in cui la dispersione di questa nanoparticella<br />

direttamente nel mezzo reattivo evita l‟aggiunta di solventi o stabilizzanti che una<br />

volta rimossi potrebbero portare alla riaggregazione del grafene in grafite.<br />

Figura 1: immagine TEM di grafene<br />

disperso in PhTES<br />

Figura 2: effetto Tyndall in una<br />

dispersione di grafene in GPTMS


P1<br />

INDAGINE SULL‟IMPATTO AMBIENTALE DI ATTIVITÀ MINERARIE ED<br />

INDUSTRIALI ATTRAVERSO DETERMINAZIONE ETAAS DI METALLI IN<br />

TRACCE IN MATRICI BIOTICHE ED ABIOTICHE<br />

1 Severyn Salis<br />

e-m<strong>ai</strong>l: sesalis@uniss.it<br />

1 Nadia Spano, 1 Maria I. Pilo, 2 Carlo Piga, 3 Ignazio Floris, 1 Gavino Sanna<br />

1 Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Sassari, Via Vienna 2,<br />

07100 Sassari<br />

2 AGRIS Sardegna – Dipartimento per la Ricerca in Produzioni Animali, Loc.<br />

Bonass<strong>ai</strong>, S.S. 291 Km.18,6, 07100 Sassari<br />

3 Dipartimento di Protezione delle Piante, Università degli Studi di Sassari, Via<br />

E. de Nicola 1, 07100 Sassari<br />

Le attività analitiche sviluppate nel presente <strong>La</strong>voro hanno riguardato la<br />

determinazione, attraverso ETAAS, di sette metalli (Cd, Co, Cr, Cu, Mn, Ni, Pb) in<br />

cinque differenti matrici, campionate mensilmente nell‟arco di tre anni, in un sito<br />

industriale, quattro siti minerari e un sito di controllo (bianco), localizzati nel distretto<br />

sud-occidentale della Sardegna.<br />

In ciascun sito è stato effettuato il campionamento di porzioni di suolo superficiale e<br />

foglie della vegetazione locale e, in apiari appositamente installati, di api vive, pollini<br />

e miele, per un totale di 659 campioni.<br />

Il <strong>La</strong>voro ha previsto lo sviluppo, la messa a punto e la validazione (in termini di<br />

precisione, sensibilità e bias) di opportune metodiche di pretrattamento delle matrici<br />

(mediante digestione acida con microonde) ed analisi ETAAS dei singoli analiti.<br />

I risultati quantitativi ottenuti sono stati sottoposti a trattamento chemiometrico,<br />

attraverso Principal Components Analysis (PCA) e Partial Least Square Regression<br />

(PLS2), per verificare l‟esistenza di eventuali correlazioni tra concentrazioni dei<br />

metalli, natura delle matrici indagate, tipologia del sito monitorato e periodo di<br />

campionamento.<br />

Ringraziamenti _ Si ringrazia la Regione Autonoma della Sardegna per il contributo alla<br />

Ricerca (PO Sardegna FSE 2007-2013, Legge Regionale 7/2007 “Promozione della ricerca<br />

scientifica e dell‟innovazione tecnologica in Sardegna”)


TERTIOFENI ETINIL-SOSTITUITI: INFLUENZA DELLA POSIZIONE DEL<br />

SOSTITUENTE SULLE PROPRIETÁ OTTICHE ED ELETTRONICHE<br />

P2<br />

Paola Manca<br />

e-m<strong>ai</strong>l: paolamanca@uniss.it<br />

Maria I. Pilo, Andrea Cipri, Luca M<strong>ai</strong>dich, Elisabetta Masolo, Gavino Sanna,<br />

Nadia Spano<br />

Dipartimento di Chimica, Via Vienna 2, 07100 Sassari<br />

I polimeri organici erano comunemente noti per le loro proprietà isolanti fino a<br />

quando non si arrivò alla scoperta dei polimeri conduttori (CP). Tali materiali,<br />

caratterizzati da un elevato grado di coniugazione, possono essere ottenuti sia<br />

tramite sintesi chimica tradizionale sia tramite tecniche elettrochimiche. <strong>La</strong> loro<br />

caratteristica più interessante è data dal fatto che possono essere sottoposti a<br />

processi di doping ossidativo o riduttivo, che promuove un incremento della<br />

conducibilità dallo stato di isolanti allo stato di semiconduttori e conduttori. Grazie a<br />

queste proprietà i CP (politiofeni, polipirroli, etc.) sono studiati dal punto di vista<br />

applicativo in molti settori, d<strong>ai</strong> dispositivi elettrocromici 1 , OLED 2 e fotovolt<strong>ai</strong>ci<br />

organici 3 , fino alla sensoristica 4 e biosensoristica 5 e alla biomedicina 6 .<br />

Il nostro gruppo di ricerca è attivo nella sintesi e caratterizzazione elettrochimica di<br />

polimeri a base tertiofenica contenenti frammenti con funzionalità chelanti all‟azoto,<br />

che consentano la coordinazione con metalli di transizione, incorporando in tal modo<br />

i metalli lungo il backbone polimerico. Recentemente abbiamo verificato l‟influenza<br />

sia del frammento chelante (terpiridina o fenantrolina) che dello spacer (saturo o<br />

insaturo) sulle proprietà redox, sull‟estensione della coniugazione e sulla conduttività<br />

del polimero. In particolare, tali proprietà risultano migliorate in seguito<br />

all‟introduzione di un triplo legame come spacer. In questa comunicazione riportiamo<br />

la caratterizzazione di un tertiofene etinil-sostituito in posizione laterale e il confronto<br />

con il sistema analogo sostituito sull‟anello centrale.<br />

1. Mortimer R.J., Chem. Soc. Rev., 1997, 26, 147.<br />

2. Logothetidis S., Materials Science and Engineering B, 2008, 152, 96.<br />

3. Roncali J., Macromol. Rapid Commun., 2007, 28, 1761.<br />

4. <strong>La</strong>nge U., Roznyatovskaya N.V., Mirsky V.M., Anal. Chim. Acta, 2008, 614, 1.<br />

5. Abidian M.R., Martin D.C., Biomaterials, 2008, 29, 1273.<br />

6. Guimard N.K., Gomez N., Schmidt C.E., Prog. Polym. Sci., 2007, 32, 876.<br />

Ringraziamenti. Si ringrazia la Regione Autonoma della Sardegna per il contributo alla<br />

ricerca (PO Sardegna FSE 2007-2013, L.R. 7/2007 “Promozione della ricerca scientifica e<br />

dell‟innovazione tecnologica in Sardegna” – progetto di ricerca “Polimeri conduttori a base<br />

tiofenica: nuove architetture molecolari” – CRP1_636).


P3<br />

REATTIVITÀ DI COMPLESSI CICLOMETALLATI ROLLOVER<br />

Luca M<strong>ai</strong>dich<br />

e-m<strong>ai</strong>l: lm<strong>ai</strong>dich@uniss.it<br />

Antonio Zucca, Sergio Stoccoro, Maria Agostina Cinellu e Marco Masia<br />

Dipartimento di Chimica, Università di Sassari, via Vienna 2, I-07100 Sassari<br />

<strong>La</strong> ciclometallazione rollover è un comportamento inusuale mostrato da alcuni leganti<br />

eteroaromatici chelanti. Nel corso della reazione il legante chelante stacca uno degli<br />

atomi donatori dal metallo, ruota l'anello aromatico e attiva un legame C-H per dare<br />

un complesso ciclometallato. <strong>La</strong> reattività dei derivati rollover così ottenuti è arricchita<br />

dalla presenza dell'atomo di azoto non coordinato. Uno dei leganti più studiati in<br />

questo campo è la 2,2'-bipiridina (bipy) che ciclometalla in seguito alla attivazione del<br />

legame C (3') -H. 1<br />

Particolarmente interessante si è rivelata la reattività dei derivati ciclometallati<br />

cationici di tipo [Pt(bipy*)(L)(CH 3 )][BF 4 ] (L=PPh 3 , PCy 3 , P(OPh) 3 ) che si ottengono d<strong>ai</strong><br />

corrispondenti complessi neutri [Pt(bipy-H)(L)(CH 3 )] per trattamento con [18-crown-6-<br />

H 3 O][BF 4 ].<br />

Il legante bipy* ha una duplice possibilità interpretativa, può infatti essere visto come<br />

legante zwitterionico oppure come un carbene eterociclico di tipo abnormal-remote. Il<br />

confine tra le due forme è estremamente sottile e la distinzione può essere<br />

considerata solo semantica. 2<br />

<strong>La</strong> reattività delle specie [Pt(bipy*)(L)(CH 3 )][BF 4 ] presenta aspetti di notevole<br />

interesse: a seconda delle condizioni di reazione possono ad esempio evolvere<br />

verso una nuova serie di derivati, in accordo con la formulazione<br />

[Pt(bipy)(L)(CH 3 )][BF 4 ], recanti la bipy coordinata in maniera classica N,N.<br />

Studi 1 H e 31 P NMR hanno permesso di osservare che la velocità della reazione di<br />

isomerizzazione dipende dalla natura del fosfano. Sono inoltre stati eseguiti calcoli<br />

DFT sui complessi coinvolti in questo processo e sono stati ottenuti dei diagrammi di<br />

energia in accordo con i dati sperimentali.<br />

1 Zucca, A.; Petretto, G.L.; Stoccoro, S.; Cinellu, M.A.; Manassero, M.; Manassero, C.;<br />

Minghetti, G.; Organometallics, 2009, 28(7), 2150.<br />

2 Schuster, O.; Yang, L.; Raubenheimer, H.G.; Albrecht, M.; Chem. Rev., 2009, 109.


NUOVI COMPLESSI DI ORO(I,III) CON PROPRIETÀ ANTIPLASMODICHE<br />

P4<br />

<strong>La</strong>ura M<strong>ai</strong>ore<br />

e-m<strong>ai</strong>l: lm<strong>ai</strong>ore@uniss.it<br />

M. A. Cinellu, M. Serratrice, L. Messori, C. Gabbiani, A. Guerri, N. Micale, C.<br />

Severini<br />

Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Sassari, Via Vienna 2,<br />

07100 Sassari.<br />

<strong>La</strong> Malaria è una parassitosi piuttosto diffusa nel mondo. Si calcola ne siano affette<br />

circa 500 milioni di persone e costituisce la causa di circa due milioni di morti l‟anno.<br />

Questa malattia è causata da protozooi del genere Plasmodium, tra cui il più mortale<br />

conosciuto è il Plasmodium Falciparum. Questo parassita si insinua all‟interno dei<br />

globuli rossi causando la rottura della membrana cellulare. Il vettore con cui viene<br />

trasmessa la malattia è principalmente costituito dalle zanzare del genere<br />

Anopheles, motivo per cui le zone tropicali del pianeta risultano le più colpite.<br />

I farmaci utilizzati per contrastare il plasmodio sono principalmente molecole<br />

organiche, tra cui artemisina, clorochina e pochi altri, che costituiscono i principali<br />

agenti antiplasmodici. Tuttavia l‟insorgere di fenomeni di resistenza rende sempre più<br />

problematica l‟efficacia della terapia.<br />

I composti a base metallica stanno riscuotendo un notevole successo nella<br />

farmacologia moderna ed il campo degli antiplasmodici non fa eccezione. 3 Diversi<br />

complessi di metalli di transizione hanno mostrato una notevole attività<br />

antiplasmodica in vitro, e sono risultati inoltre dei buoni inibitori della Falcip<strong>ai</strong>na-2,<br />

una proteasi cisteinica che potrebbe costituire un buon bersaglio molecolare per<br />

questo tipo di composti.<br />

Studi recenti hanno mostrato che i complessi di oro esercitano una notevole attività<br />

antiplasmodica persino su generi di plasmodio resistenti alla usuale terapia. Sembra<br />

inoltre che il carattere soft del centro metallico sia di particolare importanza nel<br />

determinare l‟attività, motivo per cui anche l‟oro si presenta come un buon candidato<br />

per questi scopi. 4<br />

Per questo motivo abbiamo pensato di testare alcuni complessi di Au(I) ed Au(III)<br />

con diversi leganti eterociclici azotati, tra cui lo ione saccarinato, un legante<br />

monoanionico azotato e comune dolcificante non tossico. Di questi derivati, di cui è<br />

stata studiata precedentemente l‟attività citotossica nei confronti di cellule tumorali, 5<br />

è stata valutata l‟attività antiplasmodica e la capacità di inibire la Falcip<strong>ai</strong>na-2,<br />

ottenendo dei buoni risultati sia in termini di attività sia di capacità inibitoria.<br />

3 M. Navarro, C. Gabbiani, L. Messori, D. Gambino, Drug Discovery Today, 2010,<br />

15, 1070-1078.<br />

4 C. Gabbiani, L. Messori, M. A. Cinellu, A. Casini, P. Mura, A. R. Sannella, C.<br />

Severini, G. Majori, A. R. Bilia, F. F. Vincieri, J Inorg Biochem, 2009, 103, 310-<br />

312.<br />

5 L. M<strong>ai</strong>ore, M. A. Cinellu, E. Michelucci, G. Moneti, S. Nobili, I. <strong>La</strong>ndini, E. Mini,<br />

A. Guerri, C. Gabbiani, L. Messori, J Inorg Biochem, 2011, 105, 230-237.


INTERAZIONE DI UN FRAMMENTO MULTI-ISTIDINICO CON CATIONI<br />

DIVALENTI QUALI Co(II) e Mn(II)<br />

P5<br />

Massimiliano Peana<br />

e-m<strong>ai</strong>l: peana@uniss.it<br />

Serenella Medici, Maria Antonietta Zoroddu<br />

Dipartimento di Chimica, v. Vienna 2, 07100 Sassari<br />

Da diversi anni il nostro gruppo di ricerca si occupa di interazioni tra metalli e alcune<br />

proteine contenenti residui istidinici correlate con lo sviluppo di diverse patologie.<br />

Una di queste proteine, la Cap43, si è dimostrata molto promettente come “palestra”<br />

per lo studio di tali interazioni, sia perché contiene una sequenza molto interessante<br />

per il legame con i metalli, un decapaptide monoistidinico ripetuto per tre volte<br />

consecutive, sia perché contenendo più di un residuo istidinico può fungere da<br />

modello nella ricerca sulle cosiddette “multihistidinic proteins” che recentemente<br />

sono state identificate come responsabili di malattie neurodegenerative, o sono<br />

comunque coinvolte nel loro sviluppo. <strong>La</strong> Cap43, oltre a essere presente in<br />

numerose cellule tumorali, viene espressa anche dalle cellule sane quando si trovino<br />

in presenza di alti livelli di nichel, e in misura minore di cobalto. Abbiamo verificato<br />

che la sequenza di legame è estremamente efficace nel legame col nichel (lega fino<br />

a tre ioni metallici contemporaneamente), 1,2 ipotizzando dunque un suo ruolo come<br />

agente detossificante nei confronti di metalli tossici. Come residuo multi-istidinico<br />

abbiamo voluto testare anche la sua interazione con altri metalli di interesse<br />

biologico, quali il rame 3,4 e lo zinco, 5 evidenziando come invece questi ioni abbiano la<br />

tendenza a legarsi utilizzando un diverso pattern coordinativo.<br />

Lo sviluppo naturale della nostra ricerca è stato pertanto quello di estenderla ad altri<br />

due metalli, il cobalto, in quanto anch‟esso è capace di indurre l‟espressione della<br />

Cap43 nelle cellule sane, 6 e il manganese, recentemente identificato come il<br />

responsabile di alcuni parkinsonismi. Vogliamo pertanto presentare qui i nostri ultimi<br />

risultati, ottenuti prevalentemente attraverso l‟uso di tecniche spettroscopiche quali<br />

l‟NMR multidimensionale e l‟EPR.<br />

1) M. A. Zoroddu, M. Peana, S. Medici, "Metal Ions in Biology and Medicine", Vol. IX,<br />

John Libbey Eurotext, Paris, pp 133-137 (2006)<br />

2) M. A. Zoroddu, S. Medici, M. Peana, R. Anedda, Dalton Trans., 5523-5534 (2009)<br />

3) M. A. Zoroddu, T. Kowalik-Jankowska, S. Medici, M. Peana, H. Kozlowski, Dalton<br />

Trans.,6127-6134 (2008)<br />

4) M. A. Zoroddu, S. Medici, M. Peana, J. Inorg. Biochem. 103,1214-1220 (2009)<br />

5) M. A. Zoroddu, S. Medici, M. Peana, R. Anedda, Dalton Trans. 2010, 39 (5) 1282-<br />

1294<br />

6) Q. Li, H. Chen, X. Huang, M. Costa, Toxicology and Applied Pharmacology, 213,<br />

245–255 (2006)


THE BELOUSOV-ZHABOTINSKY REACTION AS A MODEL FOR<br />

UNDERSTANDING COMPLEX DYNAMICS<br />

P6<br />

Marcello Antonio Budroni<br />

e-m<strong>ai</strong>l: mabudroni@uniss.it<br />

M. Masia, M. Rustici<br />

Dipartimento di Chimica di Sassari<br />

Chemical oscillations generated by the Belousov-Zhabotinsky reaction in batch<br />

unstirred reactors, exhibit a characteristic chaotic transient in their dynamical regime,<br />

which is generally found between two periodic regions. Chemical chaos starts and<br />

finishes by following a direct and an inverse Ruelle-Takens-Newhouse scenario,<br />

respectively. In this work we show, both experimentally and theoretically, that the<br />

complex oscillations are generated by the coupling among the nonlinear kinetics and<br />

the transport phenomena, the latter due to concentration and density gradients. To<br />

this end we develop a reaction-diffusion-convection model to explore i) the mutual<br />

influence between these transport mechanisms in the direct transition to aperiodic<br />

oscillations; ii) the influence of the reagents consumption in the inverse transition<br />

from chaos to periodicity. We demonstrate that, on the route towards thermodynamic<br />

equilibrium, the reagents concentration directly modulates the strength of the<br />

coupling between chemical kinetics and mass transport phenomena.<br />

References:<br />

1) M.A. Budroni, M. Masia, M. Rustici, N. Marchettini, V. Volpert and P. Cresto,<br />

J. Chem. Phys., 2008, 128, 111102-4;<br />

2) M.A. Budroni, M. Masia, M. Rustici, N. Marchettini and V. Volpert, J. Chem.<br />

Phys., 2009, 130, 024902-8;<br />

3) N. Marchettini, M.A. Budroni, F. Rossi, M. Masia, M.L. Turco Liveri and M.<br />

Rustici, Phys. Chem. Chem. Phys., 2010, 12, 11062-11069.


P7<br />

AUTOMI CELLULARI: ALGORITMI SEMPLIFICATI COME STRUMENTO DI<br />

INDAGINE TEORICA E PER LA RAPPRESENTAZIONE DI SISTEMI<br />

MOLECOLARI DINAMICI SU SCALA MESOSCOPICA<br />

Federico G. Pazzona<br />

e-m<strong>ai</strong>l: fpazzona@uniss.it<br />

Alberto M. Pintus, Andrea Gabrieli, Pierfranco Demontis, Giuseppe B. Suffritti<br />

Dipartimento di Chimica, Università degli Studi di Sassari.<br />

<strong>La</strong> Dinamica Molecolare (Molecular Dynamics, MD) è la tecnica di simulazione<br />

numerica più utilizzata per l'investigazione delle proprietà dinamiche di un sistema<br />

atomistico. Sebbene una corretta parametrizzazione delle interazioni permetta di<br />

ottenere le proprietà statiche e dinamiche del sistema in oggetto con un elevato<br />

livello di verosimiglianza, la tecnica MD è piuttosto costosa in termini di tempi di<br />

calcolo, per cui le scale di spazio e tempo che è possibile esplorare attraverso essa<br />

sono ridotte. Pertanto, molti gruppi di ricerca dirigono i loro sforzi verso la<br />

produzione di algoritmi di simulazione semplificati (coarse-gr<strong>ai</strong>ned, ossia “a grana<br />

grossa”), ma similmente efficaci, che permettano di studiare sistemi molecolari di<br />

grandi dimensioni per tempi di osservazione lunghi, sfruttando i tratti essenziali della<br />

loro dinamica e tralasciando i dettagli su scala atomistica. In questa direzione,<br />

algoritmi discreti e sincroni come gli Automi Cellulari (Cellular Automata, CA)<br />

rappresentano tuttora una frontiera. 1-4 Malgrado la loro implementazione app<strong>ai</strong>a<br />

relativamente semplice, il loro carattere sincrono ne complica notevolmente la<br />

meccanica statistica. Adattare un CA a un sistema molecolare specifico significa<br />

dunque investigare, caso per caso, la meccanica statistica del CA in oggetto, per poi<br />

costruire un ponte tra essa e quella del sistema molecolare di riferimento. Lo sforzo<br />

è ripagato dall'ottenimento di algoritmi che sono al tempo stesso metodi di<br />

simulazione efficaci nell'allargamento delle scale di spazio e tempo accessibili, e<br />

strumenti di indagine teorica sui fondamenti della meccanica statistica.<br />

1 B. Chopard, M. Droz, Cellular Automata Modeling of Physical Systems, Cambridge<br />

University Press: Cambridge, England, 1998.<br />

2 F. G. Pazzona, P. Demontis, G. B. Suffritti, J. Phys. Chem. B 112, 12444 (2008), J. Chem.<br />

Phys. 131, 234704 (2009).<br />

3 F. G. Pazzona, P. Demontis, G. B. Suffritti, J. Chem. Phys. 131, 234703 (2011), J. Chem.<br />

Phys. 131, 234704 (2009).<br />

4 F. G. Pazzona, A. Gabrieli, A. M. Pintus, P. Demontis, G. B. Suffritti, J. Chem. Phys. 134,<br />

184109 (2011)


SUPERPARAMAGNETISMO IN OSSIDI FERRITICI NANOSTRUTTURATI<br />

P8<br />

Davide Peddis<br />

e-m<strong>ai</strong>l: dpeddis@hotm<strong>ai</strong>l.com<br />

G. Muscas, G. Piccaluga, A. Musinu, C. Cannas, A. Ardu, F. Orrù, G. Ennas<br />

Dipartimento Scienze Chimiche, Università di Cagliari<br />

<strong>La</strong> chimica-fisica di nanoparticelle a monodominio magnetico è argomento di grande<br />

attualità sia per le importanti applicazioni di questo tipo di materiali (Biomedicina,<br />

Registrazione Magnetica) sia perché la formazione di una struttura magnetica a<br />

monodomino è alla base di un nuovo tipo di magnetismo. Una particella a<br />

monodominio magnetico può essere considerata come un super spin e un insieme di<br />

particelle più o meno interagenti mostrano fenomeni di ordine magnetico analoghi <strong>ai</strong><br />

materiali massivi, ma con scale di tempi e valori di magnetizzazione molto differenti.<br />

Per questo motivo il complesso dei fenomeni magnetici relativi a questi sistemi è<br />

chiamato Supermagnetismo[1]. Nell‟ampio quadro di rifermento dato dalla ricerca<br />

fondamentale sullo studio del supermagnetismo si inserisce Il progetto<br />

“Superparamagnetismo in ossidi ferritici nanostrutturati”, (finanziato tramite la LR<br />

7/2007 dalla regione Sardegna). Questo progetto, sviluppato in collaborazione con<br />

diverse realtà italiane ed estere, ha come obiettivo lo studio della correlazione tra<br />

sintesi, struttura e proprietà magnetiche di nanoparticle di ossidi di ferro con struttura<br />

a spinello. Scopo di questa comunicazione è illustrare linee, contenuti e primi risultati<br />

di questo progetto, attraverso la discussione di alcuni aspetti del supermagnetismo<br />

evidenziati in nanoparticelle di magnetite (Fe 3 O 4 ) e ferrite di manganese (MnFe 2 O 4 ).<br />

Le nanoparticelle di magnetite, preparate con il metodo della decomposizione<br />

termica ad alta temperatura assistita da tensioattivi, sono tra loro debolmente<br />

interagenti e per questo mostrano una forma di magnetismo non cooperativo simile<br />

al paramagnetismo (superparmagnetismo). Le nanoparticelle di MnFe 2 O 4 , preparate<br />

con il metodo delle micelle inverse, mostrano invece la presenza di interazioni di<br />

media intensità a corto raggio che indicano la formazione a bassa temperatura di uno<br />

stato magnetico collettivo con caratteristiche simili <strong>ai</strong> vetri di spin (superspinglass).<br />

[1] Bedanta S and Kleeman W 2009 Supermagnetism J. Phys. D: Appl. Phys. 42<br />

013001<br />

Ringraziamenti:<br />

Davide Peddis ringrazia la RAS (Regione Autonoma della Sardegna) per il sostegno<br />

ottenuto attraverso una borsa di ricerca co-finanziata con fondi a valere sul PO<br />

Sardegna FSE 2007-2013 sulla L.R. 7/2007 “ Promozione della ricerca scientifica e<br />

dell‟innovazione tecnologica in Sardegna ”.


ADSORBIMENTO E RILASCIO DI PROTEINE TERAPEUTICHE DA<br />

MATERIALI MESOPOROSI<br />

Daniela Steri<br />

e-m<strong>ai</strong>l: daniela.steri@virgilio.it<br />

Monica Piras Dipartimento di Citomorfologia Università di Cagliari<br />

Andrea Salis Dipartimento di Scienze Chimiche Università di Cagliari<br />

Marco Piludu Dipartimento di Citomorfologia Università di Cagliari<br />

Maura Monduzzi Dipartimento di Scienze Chimiche Università di Cagliari<br />

<strong>La</strong> richiesta di materiali innovativi capaci di combinare funzioni di veicolazione di<br />

molecole di interesse terapeutico e di protezione della molecola in esame, riveste un<br />

ruolo importante nello sviluppo di nuove tecnologie. I vantaggi derivanti da tali<br />

tecnologie sono rivolti all'ottenimento di sistemi adeguati, non solo al trasporto delle<br />

molecole terapeutiche, ma anche ad una cinetica di rilascio versatile tale da essere<br />

controllata a seconda delle esigenze.<br />

I materiali mesostrutturati a base silicea rappresentano delle interessanti matrici per<br />

tali applicazioni. Fin dalla loro scoperta, infatti, si sono rivelati essere eccellenti<br />

supporti per l'immobilizzazione di diverse molecole, per cui, le potenzialità come<br />

sistemi di drug delivery, sono in continuo studio. L'obiettivo di questa ricerca è stato<br />

sintetizzare diversi tipi di silici mesoporose, come la SBA-15 e l'MSE, testarle in<br />

ambienti che riproducono le condizioni fisiologiche e studiare il rilascio di una<br />

proteina terapeutica (lisozima), previo adsorbimento della stessa sulla superficie<br />

delle matrici in esame. Le differenze strutturali e chimiche dei due materiali, portano<br />

ad un diverso adsorbimento della stessa proteina. Test in vitro evidenziano la diversa<br />

cinetica di rilascio e la diversa stabilità della struttura ordinata delle matrici in<br />

ambiente acquoso. Un aspetto chiave per l'utilizzo di questo tipo di materiali come<br />

sistemi di veicolazione, è l'ubicazione della proteina nella matrice. Recentemente è<br />

stato dimostrato che le molecole proteiche sono adsorbite sia sulla superficie esterna<br />

del materiale che all'interno dei pori.<br />

P9<br />

Figura 1.Immagini TEM: (A) SBA-15, (D) MSE.<br />

Ringraziamenti:<br />

Daniela Steri ringrazia la RAS (Regione Autonoma della Sardegna) per il sostegno<br />

ottenuto attraverso una borsa di ricerca co-finanziata con fondi a valere sul PO Sardegna<br />

FSE 2007-2013 sulla L.R. 7/2007 “Promozione della ricerca scientifica e dell'innovazione<br />

tecnologica in Sardegna”<br />

Riferimenti:<br />

Vallet-Regí, M. Int. J. Nanomedicine, 2010, 1, 22-43<br />

Bhattacharyya M.S., Hiwale P., Piras M., Medda L., Steri D., Piludu M., Salis A.,<br />

Monduzzi M. J. Phys. Chem. C, 2010, 114, 19928-19934.<br />

Piras M., Salis A., Piludu M., Steri D., Monduzzi M. Chem. Comm.,2011, In press.


P10<br />

OTTENIMENTO DI GRAFENE IN ALTA CONCENTRAZIONE E SUO<br />

UTILIZZO PER LA PREPARAZIONE DI NANOCOMPOSITI POLIMERICI<br />

Valeria Alzari 1<br />

e-m<strong>ai</strong>l: valzari@uniss.it<br />

Daniele Nuvoli 1 , Roberta Sanna 1 , Sergio Scognamillo 1 , Alberto Mariani 1 ,<br />

Massimo Piccinini 2 , Josè Maria Kenny 3 , Giulio Malucelli 4<br />

1 Dipartimento di Chimica, Università di Sassari, via Vienna 2, Sassari;<br />

2 Porto Conte Ricerche S.r.l., SP 55 km 8.400 Loc. Tramariglio, 07041 Alghero<br />

(SS), Italy;<br />

3 ICTP-CSIC, Juan de la Cierva 3, 28006 Madrid, Spagna;<br />

4 Dipartimento di Scienza dei Materiali ed Ingegneria Chimica, Politecnico di<br />

Torino, sede di Alessandria, and local INSTM unit, Via T. Michel 5, 15121<br />

Alessandria.<br />

Col presente lavoro abbiamo sintetizzato, per la prima volta, un materiale polimerico<br />

nanocomposito contenente grafene ottenuto attraverso dispersione e successiva<br />

esfoliazione della grafite direttamente nel monomero. <strong>La</strong> dispersione, ottenuta<br />

esclusivamente attraverso l‟ausilio degli ultrasuoni, senza alcuna manipolazione di<br />

tipo chimico, ha raggiunto una concentrazione di grafene di 9.45 mg/mL, la più alta<br />

m<strong>ai</strong> ottenuta fino ad ora in qualunque mezzo e attraverso qualunque metodo.<br />

<strong>La</strong> dispersione TEGDA/grafene è stata caratterizzata attraverso: analisi gravimetrica,<br />

al fine di calcolare la concentrazione di grafene in TEGDA; analisi TEM (Figura 1),<br />

che ci ha permesso di visualizzare gli strati di grafene e di notare la formazione di<br />

alcuni nanoribbon; analisi Raman (Figura 2), con la quale abbiamo identificato con<br />

esattezza la presenza del grafene, con i suoi picchi caratteristici a circa 1580 e 2700<br />

cm -1 .<br />

I nanocompositi polimerici sono stati caratterizzati attraverso spettroscopia Raman,<br />

SEM, DSC, TGA, e analisi dinamico-meccanica. I risultati mostrano un notevole<br />

aumento di T g (temperatura di transizione vetrosa) e un netto miglioramento delle<br />

proprietà meccaniche per i polimeri contenenti grafene rispetto al polimero non<br />

caricato.<br />

Fig.1 Immagini TEM della dispersione<br />

TEGDA/grafene (diluita 1:40); a) alcuni fogli di<br />

grafene few-layer; b) alcuni nanoribbon.<br />

Fig. 2 Spettri Raman della grafite (curva<br />

superiore) e del grafene ottenuto dalla<br />

dispersione in TEGDA (curva inferiore).


NUOVI CATALIZZATORI PER LA REAZIONE DI IDRODESOLFORAZIONE<br />

DI FRAZIONI PETROLIFERE<br />

Sarah <strong>La</strong>i a<br />

e-m<strong>ai</strong>l: sarah.l<strong>ai</strong>@unica.it<br />

E. Rombi a , M.G. Cutrufello a , C. Delitala b , D. Meloni a , I. Ferino a<br />

a Università di Cagliari, Dipartimento di Scienze Chimiche<br />

b Sartec S.p.A., V Strada trav. C, Z.I. Macchiareddu, 09032 Assemini, Italy<br />

P11<br />

Le nuove regolamentazioni, sempre più stringenti, sul commercio di combustibili con<br />

bassi contenuti di zolfo spinge la ricerca allo sviluppo di nuovi sistemi catalitici capaci<br />

di raggiungere alti livelli di desolforazione. In questo lavoro si presentano i primi<br />

risultati riguardanti sistemi catalitici a base di ossidi Ni-Mo e Co-Mo supportati su<br />

materiali non-convenzionali quali, ad esempio SBA-15, Al-SBA-15 e MAS-5. Inoltre,<br />

tali supporti non-convenzionali sono stati utilizzati per preparare una nuova classe di<br />

catalizzatori contenenti rodio. Tutti i campioni testati nella reazione di<br />

idrodesolforazione (HDS), utilizzando come composto modello il tiofene.<br />

I catalizzatori sono stati preparati con due differenti tecniche di impregnazione:<br />

„incipient wetness impregnation’, tecnica orm<strong>ai</strong> consolidata, e „two solvents’, tecnica<br />

innovativa che consente di migliorare la dispersione degli ossidi sulla matrice; sono<br />

stati poi caratterizzati mediante ICP-AES, adsorbimento-desorbimento di N 2 ed XRD.<br />

Al fine di ottenere la fase cataliticamente attiva, i catalizzatori sono stati sulfidati<br />

ex-situ prima della reazione, mediante l‟impiego di una corrente di H 2 S (5 vol.% in<br />

H 2 ) alla temperatura di 400°C. <strong>La</strong> reazione è stata condotta in continuo in un<br />

micro-reattore a letto fisso, inviando una miscela di tiofene (5.2 vol%) e H 2 alla<br />

temperatura di 350°C e a pressione atmosferica. I prodotti della reazione sono stati<br />

analizzati mediante l‟utilizzo di un GC online equipaggiato con un FID.<br />

Le performance catalitiche sono state calcolate in termini di tiofene convertito a<br />

idrocarburi C 4 e confrontate con quelle di un catalizzatore commerciale a base di<br />

Co-Mo/ Al 2 O 3 . I primi dati ottenuti sembrano indicare un‟attività comparabile ed in<br />

alcuni casi superiore rispetto a quella del catalizzatore commerciale.


DEALOGENAZIONE DI INQUINANTI ORGANICI CLORURATI<br />

P12<br />

Mario Pittalis<br />

e-m<strong>ai</strong>l: pittalis@uniss.it<br />

Ugo Azzena, Luisa Pisano<br />

Dipartimento di Chimica, Università di Sassari, via Vienna 2, 07100 Sassari<br />

Diverse classi di composti organici alogenati sono largamente utilizzate in svariati<br />

campi applicativi. Tuttavia, per numerosi di questi composti, è stata evidenziata<br />

un‟elevata tossicità per l‟ambiente e per la salute umana. Tra i metodi proposti per la<br />

loro detossificazione, i metodi di degradazione riduttiva mediati da metalli alcalini<br />

rappresentano un valido approccio. Riportiamo in questa comunicazione i risultati<br />

inerenti la degradazione di due importanti classi di inquinanti organici persistenti,<br />

come gli acidi arilossiacetici 1 (erbicidi tra i più diffusi) e i fenoli policlorurati, effettuate<br />

in condizioni di trasferimento elettronico riduttivo. E‟ stata studiata la reattività di<br />

diversi erbicidi clorurati a scheletro arilossialcanoico utilizzando sia Li che Na, che<br />

forme attivate degli stessi metalli.<br />

O<br />

>95%<br />

O<br />

OH<br />

i.<br />

Na<br />

Ph<br />

Ph Na<br />

ii. H 3 O +<br />

Cl<br />

O<br />

Cl<br />

OH<br />

O<br />

OH<br />

OH<br />

O i. Li + [C 10 H 8 ] .- O<br />

ii. H 3 O + +<br />

16% 84%<br />

i. Li o Na, THF<br />

ii. H 3 O +<br />

prodotto di partenza<br />

In maniera analoga, sono state condotte le reazioni di dealogenazione su una serie<br />

di fenoli mono- e policlorurati. Con entrambe le tipologie di substrati clorurati, le<br />

reazioni condotte in presenza del solo metallo portano al recupero quantitativo dei<br />

prodotti di partenza, mentre l‟utilizzo dei metalli in diverse forme attivate, sia come<br />

1,2-disodio-1,2-difeniletani 2,3 , che come Na e Li naftalenidi, permette di ottenere, in<br />

condizioni blande, ottimi risultati in termini di dealogenazione.<br />

1. Azzena U., Pittalis M. Tetrahedron 2011, 67, 3360-3362.<br />

2. Azzena U., Pittalis M., Dettori G., Pisano L., Azara E. J. Organomet. Chem. 2007, 692, 3892-3900.<br />

3. Azzena U., Dettori G., Mocci S., Pisano L., Cerioni G., Mocci F. Tetrahedron 2010, 66, 9171-9174.


P13<br />

SINTESI DI NUOVE CLASSI DI INIBITORI INTEGRINICI E LORO<br />

APPLICAZIONE PER LA PREPARAZIONE DI SISTEMI CONIUGATI<br />

Paola Carta a‡<br />

e-m<strong>ai</strong>l: paolacarta@tiscali.it<br />

Paola Burreddu, b,‡ Luciana Auzzas, b Gloria Rassu b<br />

a Porto Conte Ricerche, Alghero; b Istituto di Chimica Biomolecolare del CNR,<br />

Sassari<br />

Le integrine rappresentano un‟importante famiglia di proteine transmembranarie<br />

coinvolte nei processi di adesione delle cellule alla matrice extracellulare e nella<br />

regolazione delle interazioni cellula-cellula. 1 Dal punto di vista strutturale, le integrine<br />

sono glicoproteine eterodimeriche costituite dall‟associazione non covalente di una<br />

subunità<br />

ed una . Per molti di questi recettori la sequenza tripeptidica Arg-Gly-Asp<br />

(RGD) rappresenta il motivo di riconoscimento comune. In particolare, i recettori v 3<br />

e v 5 hanno ricevuto grande attenzione perché sono direttamente coinvolti<br />

nell‟evoluzione e diffusione delle metastasi tumorali e nell‟angiogenesi tumorale.<br />

H<br />

N<br />

H<br />

R<br />

N<br />

O<br />

OH<br />

R<br />

N<br />

H<br />

N<br />

O<br />

Asp<br />

Gly<br />

Arg<br />

Asp<br />

Gly<br />

Arg<br />

linker active unit<br />

N<br />

H<br />

N<br />

O<br />

Amp<br />

c[-RGDAmp-]<br />

In questo lavoro si riporta la sintesi e la valutazione biologica di una nuova classe di<br />

ciclotetrapeptidi contenenti la sequenza RGD legata ad un nucleo 4-amminoprolinico<br />

(Amp). Di particolare interesse è il loro utilizzo nella preparazione di sistemi coniugati<br />

mono e multivalenti, 2 nei quali il ligando integrinico costituisce il vettore “targetspecifico”<br />

per diverse unità bioattive.<br />

1) (a) Hynes, R.O. Cell. 1992, 69, 11-25; (b) Cox, D.; Aoki, T.; Seki, J.; Motoyama, Y.; Yoshida, K.<br />

Med. Res. Rev. 1994, 14, 195-228.<br />

2) (a) Battistini, L.; Burreddu, P.; Carta, P.; Rassu, G.; Auzzas, L.; Curti, C.; Zanardi, F.; Manzoni, L.;<br />

Araldi, E. M. V.; Scolastico, C.; and Casiraghi, G. Org. Biomol. Chem., 2009, 7, 4924-4935; (b) Auzzas,<br />

L.; Zanardi, F.; Battistini, L.; Burreddu, P.; Carta, P.; Rassu, G.; Curti, C.; Casiraghi, G. Curr. Med.<br />

Chem, 2010, 17, 1255-1299.<br />

‡ Borsa di Ricerca co-finanziata con fondi a valere sul PO Sardegna FSE 2007-2013 (L.R.7/2007)


BIPHENYL COMPOUNDS AND FLAVONOIDS WITH ANTIFUNGAL AND<br />

ANTIMICROBIAL ACTIVITY FROM ONONIS NATRIX<br />

P14<br />

Anna Rita Saba<br />

e-m<strong>ai</strong>l: arsaba@unica.it<br />

<strong>La</strong>ura Casu, Marco Leonti<br />

Dipartimento Farmaco Chimico Tecnologico<br />

Chemical investigation of the dichloromethane extract of the aerial parts of Ononis<br />

natrix afforded two novel natural products: 1,4-Bis-(4-methoxy-phenyl)-butan-2-one<br />

(1) and 1-(2,4-Dihydroxy-6-methoxy-phenyl)-4-(4-methoxy-phenyl)-butan-2-one (2),<br />

along with 12 known compounds (five dihydrochalcones, one chalcone, four<br />

flavanones and two flavones). The structures were determined by mono- and<br />

bidimensional NMR spectroscopy as well as mass-spectrometry. All compounds<br />

were evaluated for their activity ag<strong>ai</strong>nst Staphylococcus aureus and Candida<br />

albicans. All five dihydrochalcones showed activity ag<strong>ai</strong>nst S. aureus, while 2‟,6‟-<br />

dihydroxy-4‟-methoxydihydrochalcone (3) was the most active (4 µg/mL). 1,4-Bis-(4-<br />

methoxy-phenyl)-butan-2-one (1) was active ag<strong>ai</strong>nst S. auerus (16 µg/mL), while the<br />

other new compound, 1-(2,4-Dihydroxy-6-methoxy-phenyl)-4-(4-methoxy-phenyl)-<br />

butan-2-one (2) was not active. Both flavones and flavanones showed activity ag<strong>ai</strong>nst<br />

C. albicans, while 7-hydroxy-8-methoxy–flavone (4) was the most active (8 µg/mL).<br />

O<br />

O<br />

O<br />

O<br />

O<br />

O<br />

(1) (2)<br />

HO<br />

OH<br />

OH<br />

O<br />

O<br />

HO<br />

O<br />

O<br />

OH<br />

(3) (4)<br />

O


P15<br />

CARATTERIZZAZIONE DEI MECCANISMI MOLECOLARI ALLA BASE<br />

DELL‟ATTIVITÀ ANTITUMORALE DELL‟ANALOGO STRUTTURALE DELLA<br />

CURCUMINA D6<br />

Ilaria Sassu* e Sara Cossu*<br />

e-m<strong>ai</strong>l: ilaria.sassu@libero.it<br />

cossusara@gm<strong>ai</strong>l.com<br />

Antonio Corrias, Valentina Nieddu, Mario Pescatori 1 , Grazia Galleri 1 ,<br />

Emanuela Azara, Davide Fabbri, Maria Antonietta Dettori, Giovanna Delogu,<br />

Giuseppe Palmieri, Marina Pisano, Carla Rozzo<br />

Istituto di Chimica Biomolecolare-CNR, Traversa <strong>La</strong> Crucca 3, 07100 Sassari.<br />

1<br />

Porto Conte Ricerche Srl. S.P. 55 Porto Conte/ Capo Caccia Km 8.400,<br />

07041 Alghero (SS)<br />

*borsa di Ricerca co-finanziata con fondi a valere sul PO Sardegna FSE<br />

2007-2013 sulla L.R.7/2007 "Promozione della ricerca scientifica e<br />

dell'innovazione tecnologica in Sardegna" .<br />

IS e SC hanno contribuito equamente al lavoro.<br />

Il melanoma maligno (MM) è il tumore della pelle più aggressivo e resistente alle<br />

terapie in uso ed è quindi essenziale la ricerca di nuovi farmaci capaci di controllarlo.<br />

Il nostro gruppo ha precedentemente caratterizzato l‟attività antiproliferativa di un<br />

bifenile idrossilato, analogo strutturale della curcumina, il chetone α,β-insaturo<br />

denominato D6. Esso mostra un‟attività antitumorale su MM circa dieci volte<br />

maggiore rispetto alla curcumina, sia in vitro che in vivo, inducendo la morte cellulare<br />

per apoptosi. Per chiarirne quindi i meccanismi d‟azione è stata valutata inizialmente<br />

l‟internalizzazione di D6 nelle cellule di MM attraverso analisi di cromatografia liquida<br />

- spettrometria di massa (LC-MS) dimostrando la presenza del D6 all‟interno delle<br />

cellule trattate. Inoltre, mediante la tecnica dei microarrays ad alta densità, è stata<br />

eseguita un‟analisi dei profili di espressione genica su cellule di MM trattate con D6.<br />

Tale analisi ha evidenziato, tra i geni la cui espressione è modulata dal trattamento,<br />

una forte induzione del gene CDKN1A, il cui prodotto p21 è uno dei più importanti<br />

regolatori negativi del ciclo cellulare. Tale dato, insieme alla diminuzione<br />

dell‟espressione della ciclina B è stato confermato attraverso western blot. Analisi del<br />

ciclo cellulare mediante citofluorimetro mostrano inoltre che D6 provoca un arresto<br />

del ciclo cellulare in fase S-G2/M, confermandone l‟azione antiproliferativa e<br />

mettendo in luce alcuni probabili meccanismi d‟azione di questo composto.


NANOTECHNOLOGICAL EDIBLE COATINGS FOR FOOD PACKAGING<br />

Barbara <strong>La</strong>sio a<br />

e-m<strong>ai</strong>l: blasio@uniss.it<br />

Stefania Mura a , Alessandra Pinna b , Luca Malfatti b , Plinio Innocenzi b<br />

P16<br />

a Lea Nanotech srl, s.p. 55 Porto Conte - Capo Caccia 8400, 07041<br />

Tramariglio Alghero (Sassari)<br />

b LMNT <strong>La</strong>boratorio di Scienza dei Materiali e Nanotecnologia, CR-INSTM,<br />

CNBS, DADU, Università di Sassari, s.p. 55 Porto Conte - Capo Caccia<br />

8400, 07041 Tramariglio Alghero (Sassari)<br />

Edible coatings can provide an additional protection to preserve the freshness of<br />

products like fruits or vegetables and also to prolong the food shelf-life [1]. In the near<br />

future, the antimicrobial packaging will be broadly used for food processing and<br />

storage so that the food quality will also benefit of longer freshness [2].<br />

In this work edible coatings with antimicrobial activity were prepared, using a wet<br />

procedure and green conditions methods, to preserve coated food from being<br />

polluted. Microwave irradiation and non-toxic chemicals (silver nitrate, carboxymethyl<br />

cellulose, titanium ethoxide, tetraethoxy-silane, ethanol) have been used. In<br />

the present work, the antimicrobial properties were obt<strong>ai</strong>ned by inducing a microwave<br />

assisted in situ growth of silver nanoparticles directly in the solution cont<strong>ai</strong>ning the<br />

coating precursors [3].Moreover, various types of coating have been prepared to<br />

enhance tensile strength and water resistance. Coating films with properties<br />

dependent upon the different compositions have been successfully obt<strong>ai</strong>ned and<br />

preliminary biological tests have been also performed.<br />

Reference:<br />

[1] R.N. Tharanathan, Trends in Food Science & Technology, 14 (2003) 71-78.<br />

[2] P.K. Dutta et al, Food Chemistry, 114 (2009) 1173-1182.<br />

[3] J. Chen et al, Material Chemistry and Physics, 108 (2008) 421-424.

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