terra trentina - Riviste - Provincia autonoma di Trento

Terra Trentina

S O M M A R I O
Terra Trentina
3 eventi
Agriculture:
racconti mitici sui prodotti tipici del Trentino
6 leggi e provvedimenti
Progetto per il nuovo Piano Urbanistico Provinciale
9 segnalazione fitosanitaria
Rinvenuti due focolai di vespa galligena del castagno
11 difesa/atomizzatori
Distribuzione dei prodotti fitosanitari
16 macchine sfogliatrici
Giornata dimostrativa sull’uso delle macchine
sfogliatrici in viticoltura
19 viticoltura/irrigazione
Per una gestione responsabile della risorsa acqua
in viticoltura
23 viticoltura/difesa
Antibotritici: attività, residui alla vendemmia
e qualità delle uve
27 diario antico
Una giornata di malga:
cronaca di una giornata d’agosto in malga anni ’30
e raffronti con i giorni nostri
31 prodotti di territorio
La rava de Bont
33 cibo e salute
Il selenio: l’ultima star tra i minerali antiossidanti
notizie
32 Scadenze
10 Fatti/previsioni
18 Tecnica flash
34 Europa informa
36 Notizie dall’Istituto Agrario
41 europa/progetti
Energia intelligente per l’Europa
45 orto&dintorni
La lattuga. Un “antico” ortaggio dalle impensate
virtù terapeutiche
TERRA
TRENTINA
PROVINCIA
AUTONOMA
DI TRENTO
7/2007
Mensile di economia e tecnica
dell’agricoltura
Organo dell’Assessorato provinciale
all’agricoltura di Trento
Reg. Trib. Trento n. 41 del 29.8.1955
Direttore responsabile
Alberto Faustini
Coordinatore tecnico
Sergio Ferrari
Segreteria di redazione
Daniela Poletti
Redazione
Piazza Dante, 15
38100 TRENTO
Tel. 0461.494614-492670
Fax 0461-494615
COMITATO DI DIREZIONE
Mauro Fezzi
Dipartimento agricoltura e alimentazione
Fabrizio Dagostin
Servizio aziende agricole e territorio rurale
Marta Da Vià
Servizio promozione delle attività agricole
Alberto Giacomoni
Incarico speciale di studio, verifica e attuazione
dell’Organismo pagatore regionale
Giovanni Defrancesco
Incarico speciale di studio, consulenza
e coordinamento nell’ambito
del settore agricolo provinciale
Giovanni De Silvestro
Servizio promozione delle attività agricole
Giuliano Dorigatti
Servizio aziende agricole e territorio rurale
Romano Masè
Dipartimento risorse forestali e montane
Michele Pontalti
Centro per l’assistenza tecnica – IASMA
Silvia Ceschini
Ufficio stampa – IASMA
Fotocomposizione e stampa
Tipolitografia TEMI
Via Maccani, 108/12 – Trento

III Edizione, 13 luglio – 28 agosto 2007
Agriculture
Racconti mitici
sui prodotti tipici del Trentino
eventi
Si tratta di una manifestazione
che viene riproposta anche quest’anno,
dopo il successo ottenuto la scorsa estate
e che trasforma alcune delle più belle località
di villeggiatura del Trentino in veri e propri
palcoscenici sui quali recitano i prodotti tipici
del territorio e gli stessi turisti
a cura dell’Ufficio stampa di Trentino Spa
Come far conoscere il territorio e
i prodotti tipici del Trentino? In
quale modo si possono mettere
in contatto turisti e appassionati
con l’unicità del patrimonio e
delle tradizioni enogastronomiche
di vallate, altipiani o aree
alpine? Con Agriculture l’evento
estivo, ideato e realizzato dall’Assessorato
all’Agricoltura, al
Commercio e Turismo, dal Dipartimento
Agricoltura e Alimentazione
della Provincia autonoma
di Trento e da Trentino S.p.A
in collaborazione con i Consorzi
di produzione, gli Istituti di Tutela,
le Apt, le Pro Loco e i Comuni
che lo ospitano.
Si tratta di una manifestazione
che viene riproposta anche quest’anno,
dopo il successo ottenuto
la scorsa estate, e che trasforma
alcune delle più belle località
di villeggiatura della provincia
in veri e propri palcoscenici sui
quali recitano, in brillanti performance,
i prodotti tipici del territorio
e gli stessi turisti.
Dal 13 luglio al 28 agosto si alternano
undici appuntamenti che
interessano le località di Campitello
di Fassa, Riva del Garda,
Comano, Tesero, Spiazzo Rendena,
Ronzo Chienis, Bondo,
Fiera di Primiero, Rabbi, Fai
Terra Trentina

eventi
della Paganella e Coredo e
in ciascuno di questi i visitatori
vengono diretti con abilità dalla
Compagnia Koinè attraverso un
itinerario performativo teatralagro-culinario
nel quale ci si avvicina
ai prodotti trentini, alla loro
nascita, produzione e alle loro
caratteristiche in un modo originale
e accattivante.
Inoltre per favorirne la conoscenza
e allo stesso tempo la diffusione,
nei punti vendita ad insegna
Famiglia cooperativa, Coop
Trentino e Supermercati Trentini
delle zone che ospiteranno Agriculture,
verranno allestite delle
vetrine specificatamente dedicate
ai prodotti tipici e saranno effettuate
delle promozioni.
Tutti i prodotti che trasmettono
i profumi dei pascoli, la purezza
delle acque e l’unicità delle tradizioni
di questa terra e cioè mele,
formaggi, vini, grappe, salumi, trote,
piccoli frutti, polenta e ortaggi
entrano in scena in un percorso a
tappe durante il quale i turisti, guidati
da informazioni in cuffia, si ci-
Terra Trentina

Agriculture 2007
Il calendario
Venerdì 13 luglio
Val di Fassa, Campitello di Fassa
Martedì 17 luglio
Garda Trentino, Riva del Garda
Venerdì 20 luglio
Valli Giudicarie, Comano
Venerdì 27 luglio
Val di Fiemme, Tesero
Venerdì 3 agosto
Val Rendena, Spiazzo Rendena
Venerdì 10 agosto
Val di Gresta, Ronzo Chienis
Martedì 14 agosto
Valle del Chiese, Bondo
Venerdì 17 agosto
Primiero, Fiera di Primiero
Martedì 21 agosto
Val di Sole, Rabbi
Venerdì 24 agosto
Altopiano della Paganella, Fai della Paganella
Martedì 28 agosto
Val di Non, Coredo
Info 0461 219500
www.agriculture.to
mentano in situazioni tipiche legate
alla preparazione del cibo, alla
conoscenza e coltivazione della
terra e alla particolare organizzazione
produttiva del Trentino.
Si comincia con Il tuo canederlo
o Il tuo strudel, ovvero l’incontro
con l’impasto e la forma di
questi tipici piatti trentini, in compagnia
di un personaggio famoso
ogni volta diverso, alle ore 9.30,
11, 16, 17.30, 20.30, 21.30, mentre
alle 10 e alle 16.30 prende il via
l’itinerario completo composto di
ben sette tappe che, dopo la preparazione
dei canederli o dello
strudel, propone subito l’incontro
con l’affascinante mondo del vino
grazie a Lo yin chardonnay
e lo yang marzemino. Un racconto
multimediale che descrive
le differenze tra vitigni bianchi e
rossi, tra i terreni che li ospitano
e allo stesso tempo narra anche
del frutto ultimo della vite, della
sua essenza, ovvero la grappa. La
terza tappa, Coi denti nella mela,
prevede l’incontro con i sapori
asprigni e la consistenza del
frutto che simboleggia il Trentino,
mentre Tu zappa è un divertente
“assaggio” del lavoro necessario
per preparare la terra alla semina
degli ortaggi. In un ideale atlante
delle produzioni tipiche non potevano
certo mancare formaggi e
salumi che costituiscono la quinta
e la sesta parte di questa sorta di
agritrekking.
In Degustazione di prato, bovina,
bovaro, latte, caglio e casaro
riassunti e ristretti nei loro
formaggi si odorano i formaggi
per riconoscerne l’origine e abbinarli
alle diverse erbe dei pascoli
alpini mentre in La parte migliore
si ammirano gli speck, le ciuighe
e le mortandela che vengono
preparati o messi “nel sacco”.
La legge del banco è invece un
modo divertente per scoprire le
trote, il salmerino, la pescicoltura
di montagna e per conoscere la
cooperazione, che in Trentino è
un sistema organizzativo e produttivo
dalle origini antiche, partecipando
a un’ipotetica assemblea
sociale.
Un brindisi a base di Trento
D.O.C metodo classico conclude
questo itinerario caratterizzato da
performance, spettacoli ma anche
da piccoli e saporiti assaggi.
Un modo originale e divertente
per scoprire che il Trentino non è
solo natura e paesaggi incontaminati,
relax e svago ma anche prodotti
genuini, tradizioni culinarie
e produttive uniche e originali.
Terra Trentina

leggi e provvedimenti
Seconda adozione da parte della Giunta provinciale di Trento
PROGETTO PER IL NUOVO
PIANO URBANISTICO
PROVINCIALE
Terra Trentina
Per quanto riguarda il comparto agricolo
le modifiche più significative riguardano
le norme di attuazione e l’adeguamento
della cartografia. Possono essere proposte
osservazioni limitatamente alle parti variate
Giovanni Bazzoli
Servizio aziende agricole e territorio rurale
Ufficio economia e politica agraria/PAT
In occasione della prima adozione
del progetto di piano avvenuta
con delibera n° 2402 del 17
novembre 2006, il piano è stato
depositato a disposizione per il
pubblico per 60 gg. consecutivi
dal 27 novembre al 25 gennaio
2007 e nei 30 giorni successivi,
sono state presentate numerose
osservazioni che, opportunamente
raccolte in una tabella
riepilogativa, costituiscono uno
specifico allegato al Piano medesimo.
L’articolo 33 della legge urbanistica
che detta disposizione sulle
procedure per l’adozione del
Piano urbanistico provinciale dispone
che, qualora la Giunta
provinciale, in considerazione di
osservazioni pervenute o del parere
della CUP, deliberi variazioni
al piano, deve essere ripetuta
(reiterata) la procedura di deposito
del piano in tutti i sui elementi
a disposizione del pubblico.
In questo caso tuttavia i
tempi di esposizione al pubblico
degli elaborati sono dimezzati
(30gg. anzichè 60gg) e possono
essere proposte osservazioni
limitatamente alle parti variate.
In applicazione del citato articolo
la Giunta provinciale con delibera
n. 1279 del 15 giugno 2007

ha provveduto alla seconda adozione
del progetto per il nuovo
PUP.
Le modifiche ed integrazioni al
progetto di piano riguardano:
• l’adeguamento della relazione;
• le modifiche alle norme di attuazione;
• l’adeguamento e il perfezionamento
della cartografia.
Per quanto riguarda il comparto
agricolo le modifiche più significative
riguardano le norme di
attuazione e l’adeguamento della
cartografia; più in dettaglio esse
possono essere così rappresentate.
Norme di attuazione
1. Articolo 33 – Aree produttive
del settore secondario di livello
provinciale e locale: Rispetto
alla prima adozione è stato
aggiunto un nuovo comma
contraddistinto con il n° 9.
Con tale aggiunta è offerta la
possibilità di individuare nell’ambito
delle aree produttive
di livello locale, specifiche
zone per l’insediamento
di allevamenti soggetti a procedure
di verifica ai sensi delle
disposizioni provinciali in
materia di impatto ambientale.
Il riferimento è agli allevamenti
intensivi di animali,
come indicati nell’allegato A
del regolamento di esecuzione
della legge n° 28 del 28
agosto 1988 “disciplina la valutazione
di impatto ambientale
e ulteriori norme di tutela
dell’ambiente” i cui carichi
ivi previsti sono: 40.000 posti
pollame; 1400 posti suini da
produzione (di oltre 30 kg);
550 posti scrofe; 150 UBA
(bovini) da latte; 400 UBA
(bovini) da ingrasso; 10.000
posti per conigli.
2. Articolo 37 – aree agricole:
Rispetto alla prima adozione
sono stati riformulati e integrati
alcuni commi. Le modifiche
più significative riguardano:
a. La specifica previsione che
nelle aree agricole è possibile
la realizzazione di strutture
destinate alla conservazione,
trasformazione e commercializzazione
dei prodotti agricoli
provenienti prevalentemente
dall’impresa interessata
ovvero da imprese agricole
associate ubicate nel territorio
provinciale;
b. La possibilità di realizzare all’interno
delle aree agricole
impianti per il recupero e
trattamento di residui zootecnici
e agricoli per la produzione
di biogas anche per la
produzione di energia.
c. La possibilità di realizzare,
da parte di soggetti che non
esercitano l’attività agricola a
titolo professionale, manufatti
di limitate dimensioni per il
deposito di attrezzature e materiali
per la coltivazione del
fondo in forma non imprenditoriale.
d. La possibilità di realizzare maneggi.
e. La possibilità di realizzare
nuove strutture agrituristiche
anche da parte di aziende
con orientamento produttivo
prevalente diverso da quello
zootecnico.
f. La deroga per i giovani imprenditori
che intendono richiedere
l’autorizzazione alla
edificazione di nuove strutture
da adibire ad iniziative
agrituristiche, dall’obbligo di
avere svolto attività agricola a
titolo principale da un periodo
non inferiore ai tre anni.
g. La verifica preventiva dei requisiti
soggettivi degli operatori
titolari di richieste per
l’edificazione di nuove strutture
agrituristiche, l’idonea
collocazione delle stesse, la
complementarietà e la connessione
con l’esercizio dell’attività
agrituristica, da parte
di un organo della Provincia,
che sarà previsto dalla legge
urbanistica.
3. Articolo 38 – Aree agricole
di pregio: rispetto alla prima
adozione sono stati riformulati
e aggiunti alcuni commi.
Le modifiche più significative
riguardano:
a. I manufatti o infrastrutture di
cui all’art. 37 commi 3, 4 e 5
sono possibili in aree agricole
di pregio ove, valutate le alternative,
risulti dimostrata la
non convenienza anche sotto
il profilo paesaggistico ambientale
di ubicarle in altre
parti del territorio.
b. La valutazione delle alternative
e la convenienza anche
sotto il profilo paesaggistico
ambientale è demandata allo
stesso organo della Provincia
preposto alle verifiche
preventive delle condizioni
previste per l’edificazione di
nuove strutture agrituristiche.
c. È ammesso il trasferimento in
aree agricole di pregio di attività
zootecniche ai fini del loro
allontanamento dai centri
abitati per ragioni igienico sanitarie.
d. La riduzione delle aree agricole
di pregio è possibile
qualora sia prevista la compensazione
del suolo trasformato
con altre aree con destinazione
diversa da quella
agricola da destinare a fini
agricoli aventi superfici non
inferiori all’80% dell’area agricola
destinata ad insediamenti,
ivi comprese aree a bosco
che possono formare oggetto
di cambio colturale, con
esclusione delle aree boscate
di pregio.
e. È demandato alla nuova legge
urbanistica la disciplina e i
criteri generali per l’effettuazione
delle compensazioni.
Terra Trentina

leggi e provvedimenti
Terra Trentina
Adeguamento e perfezionamento
della cartografia
a. Per le aree agricole e aree
agricole di pregio, la cartografia
è elaborata in stralci
planimetrici in scala 1.10.000;
b. Ridefinizione delle aree agricole
di pregio, anche attraverso
la loro riclassificazione in
aree agricole secondo la disciplina
dei piani regolatori
comunali vigenti in prossimità
dei centri abitati .
Norme di salvaguardia
Nel confermare le motivazioni
della deliberazione n. 2402 del
2006 che richiedono l’applicazione
del regime di salvaguardia
alle invarianti, alle aree agricole
e alle aree agricole di pregio,
LE NORME DI SALVAGUAR-
DIA PREVISTE PER LA SECON-
DA ADOZIONE ED ADOTTATE
CON LA DELIBERA 1279 DEL 15
GIUGNO 2007 RIGUARDANO:
a) gli interventi che interessano
le invarianti di cui all’articolo
8, ferma restando la disciplina
prevista dalle leggi vigenti;
b) la realizzazione di nuove
strutture destinate alla conservazione,
trasformazione e
commercializzazione dei prodotti
agricoli, nonché di impianti
per il recupero e trattamento
di residui zootecnici e
agricoli per la produzione di
biogas anche per la produzione
di energia di cui al comma
3 dell’articolo 37;
c) la realizzazione di nuovi edifici
da destinare ad esercizi
agrituristici di cui al comma 5
dell’articolo 37;
d) la realizzazione di manufatti e
infrastrutture di cui all’articolo
37, commi 3, 4 e 5, nelle
aree agricole di pregio.
Per gli interventi riguardanti le
aree agricole di cui alle lettere b),
c) e d) del precedente periodo, in
attesa della costituzione dell’organo
provinciale di cui all’articolo
37, comma 5, lettera d), delle
norme di attuazione del piano, il
nulla osta della Giunta provinciale
è preceduto dal parere espresso
da una conferenza di servizi
alla quale partecipano funzionari
designati dai dirigenti generali
del Dipartimento Agricoltura e
Alimentazione e del Dipartimento
Urbanistica e Ambiente.
Ne consegue che i comuni e le
competenti commissioni per la
tutela del paesaggio dovranno
sospendere i procedimenti di rilascio
dei titoli abilitativi edilizi
(concessione edilizia, DIA e accertamento
di conformità urbanistica)
e delle autorizzazioni paesaggistiche
richiedendo per gli
interventi predetti il nulla osta
preventivo della Giunta provinciale,
per il tramite del Servizio
Urbanistica e tutela del paesaggio
al quale sono affidate le funzioni
di segreteria della conferenza.
Per gli interventi che interessano
le aree agricole i comuni e le
competenti commissioni per la
tutela del paesaggio prima dell’invio
della documentazione al
servizio provinciale citato richiedono
altresì all’interessato, ad integrazione
della documentazione
ordinaria e mediante sospensione
del procedimento di competenza,
una dichiarazione sottoscritta
dallo stesso contenente le
seguenti precisazioni:
• se l’interessato è imprenditore
agricolo a titolo professionale
e, in caso positivo, la specificazione
delle sezioni di iscrizione
all’elenco degli imprenditori
agricoli e/o dell’iscrizione
alla Camera di commercio, industria,
artigianato e agricoltura
e relativa partita IVA;
• per gli interventi nelle aree
agricole di pregio, la dimostrazione,
valutate le alternative,
della non convenienza,
anche sotto il profilo paesaggistico-ambientale,
di ubicare
le opere in aree diverse da
quelle previste.
Il termine del procedimento per
il rilascio del nulla-osta è stabilito
in sessanta giorni dal ricevimento
della richiesta; fino all’adozione
del nulla-osta della Giunta
provinciale i termini dei procedimenti
per il rilascio dell’autorizzazione
paesaggistica e dei titoli
abilitativi edilizi sono sospesi.

Nota dell’Ufficio fitosanitario della Provincia autonoma di Trento
RINVENUTI DUE FOCOLAI
DI VESPA GALLIGENA DEL CASTAGNO
Servizio promozione delle attività agricole
Ufficio Fitosanitario provinciale
Istituto Agrario di San Michele
Dipartimento valorizzazione delle risorse naturali
Si comunica che in data 14 giugno
u.s. è stata accertata per la
prima volta in Trentino la presenza
di Dryocosmus kuriphilus
Yasumatsu, il cinipide galligeno
del castagno, contro il quale esistono
misure per la lotta obbligatoria
ai sensi del Decreto Ministeriale
23 febbraio 2006, in
attuazione di specifiche direttive
comunitarie.
Nell’ambito di un’attività di monitoraggio
effettuata già da tempo
in collaborazione tra il Dipartimento
valorizzazione delle
risorse naturali dell’Istituto agrario
di S. Michele e la Cooperativa
castanicoltori del Trentino
Alto Adige sono state infatti individuate
le tipiche galle provocate
da questo insetto sui germogli e
sulle foglie, in comune di Civezzano,
su 3 giovani piante di castagno
euro-giapponese messe a
dimora nel 2005.
In osservanza delle disposizioni
vigenti le piante infette sono
state distrutte, onde evitare che
le larve presenti nelle galle potessero,
una volta diventate adulte,
volare su altre piante di castagno
presenti in zona per deporvi
le uova (da 100 a 300 per femmina).
In pari data sono state controllate
alcune zone vicine al focolaio,
dove ne è stato accertato
un altro rappresentato da un’unica
pianta di castagno euro-giapponese,
in comune di Madrano,
anch’essa immediatamente eliminata.
Questo secondo focolaio è
strettamente collegato al primo
in quanto la pianta colpita dal cinipide
appartiene allo stesso lotto
messo a dimora in comune di
Civezzano.
Sono in corso le verifiche per appurare
la provenienza del materiale
vivaistico.
Data la pericolosità di questa
piccola vespetta per l’intera produzione
castanicola provinciale,
si ritiene fondamentale la collaborazione
dei proprietari sia nella
fase di monitoraggio che in
quella successiva di eventuale
estirpo. Si raccomanda altresì di
acquistare piante di castagno solo
da vivaisti professionali locali,
evitando di ricorrere a rivenditori
ambulanti le cui piante non
siano accompagnate da un “passaporto
delle piante” conforme
alla normativa vigente, che assicuri
la tracciabilità della provenienza.
Si ricorda inoltre che nel caso si
riscontrino i sintomi sospetti sul
castagno (galle sui germogli e
sulle foglie) è importante darne
segnalazione tempestiva ad uno
dei seguenti recapiti:
Terra Trentina
segnalazione fitosanitaria

segnalazione fitosanitaria
• Ufficio Fitosanitario provinciale
(tel. 0461 495660; fax
0461-495763);
• Dipartimento valorizzazione
delle risorse naturali dell’Istituto
Agrario di San Michele
(dott. G. Maresi e dott.ssa C.
Salvadori: tel. 0461 615365 e
tel 0461/615398);
• Tecnico del CAT dell’Istituto
Agrario di San Michele a/
A (p.a. Morelli Paolo: 335
7440192);
• Cooperativa castanicoltori Trentino
Alto Adige (Viesi Lodovico:
328 7575494).
Il cinipide galligeno del castagno,
è un insetto originario del
nord della Cina, attualmente
considerato uno degli insetti più
nocivi per il castagno in tutto il
mondo.
Nel 2002 l’insetto, che non risultava
ancora segnalato in Europa,
ha fatto la sua comparsa a sud
di Cuneo, area nella quale è presente
una significativa attività vivaistica
castanicola, e da lì si è
propagato in Piemonte e nel Lazio,
dove ha colpito in particolare
la provincia di Viterbo. Recentemente
ne è stata segnalata la
presenza anche in Lombardia e
nel Veneto.
Considerato il danno economico
già prodotto nelle maggiori aree
castanicole, ivi compreso quello
al vivaismo, il Ministero per le
Politiche agricole e forestali ha
emanato nel 2006 il decreto recante
“Misure per la lotta obbligatoria
contro il cinipide del castagno
Dryocosmus kuriphilus
Yasumatsu”.
Terra Trentina
10
fatti/previsioni
I magazzini frutta
cooperativi che fanno
capo alle OP Melinda,
la Trentina e
CIO hanno completato
o stanno ultimando
la vendita di mele
della stagione 2006.
È quindi certo che
si affronterà la prossima
campagna di
commercializzazione
senza residui di mele
invendute. La circostanza
fa sperare in
una buona partenza
di mercato.
La Giunta provinciale
di Trento ha approvato
su proposta
dell’assessore Tiziano
Mellarini uno schema
di regolamento per
l’organizzazione e il
funzionamento dell’Agenzia
provinciale
per i pagamenti, in
sigla APPAG. Si tratta
del primo passo per
l’istituzione a livello
provinciale di un
organismo pagatore
che subentrerà alla
struttura nazionale
denominata AGEA. Il
nuovo ente gestirà direttamente
gli aiuti legati
alla politica agricola
comunitaria per
un ammontare annuo
di circa 30 milioni di
euro. Sarà possibile
accorciare i tempi di
erogazione e garantire
una migliore possibilità
di controllo.
I produttori di ciliegie
che hanno sottoscritto
contratti di assicurazione
multirischio
per tutte le avversità
meteoriche che possono
compromettere
la quantità e la qualità
della produzione
saranno risarciti dalle
compagnie, se i
frutti maturi si sono
spaccati a causa delle
continue piogge.
Il contratto prevede
una franchigia, cioè
una quota di danno
non risarcibile, pari
al 30%. Questa soglia
ha spaventato qualche
produttore che
ha rinunciato all’assicurazione,
non tenendo
conto del fatto
che la spaccatura
dei frutti raggiunge
ed oltrepassa assai facilmente
la soglia di
danno non coperta.
L’associazione troticoltori
trentini ha affidato
alle pescicolture
associate Valenti
di Bondo in Val del
Chiese e Armanini di
Biacesa in Val di Ledro
una prova di allevamento
di salmerino
alpino. Il protocollo
di allevamento è stato
messo a punto dall’unità
operativa Limnologia
e pescicoltura
dell’Istituto Agrario
di S. Michele all’Adige.
Altre pescicolture
aderenti alla cooperativa
saranno coinvolte
quando si conosceranno
i primi risultati
tecnici ed economici
della prova in corso.
Il salmerino alpino
ha carni più pregiate
del salmerino di fonte
che viene allevato
da molte pescicolture
trentine.
Il testo del piano di
sviluppo rurale 2007-
2013 della Provincia
di Trento, corredato
della valutazione
ex ante e della valutazione
strategica, entrambe
affidate a docenti
dell’Università di
Trento, è stato inviato
alla commissione europea
in data 26 maggio
2007. Gli incontri
preliminari di chiarimento
avuti con i funzionari
di Bruxelles
sono serviti per apportare
al testo alcuni
aggiustamenti che
dovrebbero evitare richieste
di modifica o
integrazione e rendere
più facile e rapida
l’approvazione.

Considerazioni tecniche per la scelta e l’uso ragionato degli atomizzatori
DISTRIBUZIONE
DEI PRODOTTI FITOSANITARI
difesa/atomizzatori
foto 1
Dalla manifestazione “Macchine in campo”
che si è svolta a Tassullo in Val di Non sono
emerse indicazioni tecniche di pratica
applicazione per un impiego più responsabile,
economico ed ecologico dell’atomizzatore
Maurizio Valer
Servizio Aziende Agricole e Territorio Rurale/PAT
La sempre maggior attenzione alle
problematiche della difesa delle
piante si prefigge l’obiettivo di
garantire la sicurezza alimentare
a tutela del consumatore, la protezione
dell’ambiente e la salute
dell’operatore agricolo.
Nell’esecuzione della distribuzione
degli agrofarmaci esistono
dei punti critici che determinano
dei notevoli sprechi di prodotto
con conseguente inquinamento
ambientale ed in certe situazioni
portano ad una riduzione dell’efficacia
dell’intervento.
Le perdite nei trattamenti sono
commisurate in un 10-15% per
l’effetto deriva, 4-6 % per l’evaporazione
nel tragitto ugello-bersaglio,
30-60 % per perdite a terra.
Ne consegue che solo un 20-35 %
si deposita sulle piante. Dalla manifestazione
“Macchine in campo”
che si è svolta a Tassullo in Val di
Non ed è stata organizzata in collaborazione
tra Istituto Agrario di
S.Michele all’Adige e regione Veneto
con la compartecipazione
dell’Associazione dei Commercianti
di Macchine Agricole del
Trentino, sono emerse delle indicazioni
tecniche di pratica applicazione
per un miglior impiego
delle macchine irroratrici.
Le prove dimostrative hanno
permesso di cogliere i vari aspetti
che si devono considerare per
un impiego più responsabile, efficiente,
economico ed ecologico
dell’atomizzatore.
Terra Trentina
11

difesa/atomizzatori
foto 2 foto 2b foto 2c
Terra Trentina
12
Le moderne macchine
irroratrici
L’obiettivo di ridurre l’inquinamento,
di tagliare i costi della difesa
antiparassitaria, di aumentare
l’efficacia dell’intervento con
una maggior copertura del bersaglio
(riducendo anche la distanza
dallo stesso degli ugelli),
di minimizzare l’effetto deriva, di
ridurre lo spreco di prodotto che
ricade nella parte centrale dei filari
limitrofi; negli impianti a filare
può essere raggiunto con l’impiego
di macchine moderne ed
innovative.
Le recenti macchine irroratrici
adottano delle soluzioni tecniche
che aiutano l’imprenditore agricolo
ad eseguire una difesa fitosanitaria
efficace ed efficiente, evitando
gli eccessi che danneggiano
l’ambiente e l’immagine della
realtà agricola sull’opinione pubblica.
L’adozione di: ugelli a bassa
pressione antigoccia, ugelli antideriva,
deflettori antideriva, ventilatori
a flusso tangenziale, centraline
elettriche ed elettroniche di
controllo, serbatoi per il lavaggio
del circuito e delle mani ha notevolmente
migliorato la capacità
operativa e la funzionalità d’uso
delle macchine irroratrici.
La messa a punto di gruppi ventola
dotati di raddrizzatori del flusso
d’aria, od in alternativa di doppia
ventola controrotante o sovrapposta,
ha permesso di ridurre il
volume dell’aria messa in movimento
dalle pale del ventilatore e
di indirizzare con maggior precisione
il flusso al bersaglio.
Passando da 73.000 a 19.300
mc/ora si ottiene una riduzione
dell’70% della deriva.
Con convogliatori d’aria a flusso
orizzontale (le cosiddette torrette)
sono sufficienti 15.000-20.000
mc/ora per ottenere una buona
copertura negli impianti a filare.
Gli ugelli a bassa pressione permettendo
la riduzione dell’erogazione
della miscela antiparassitaria,
consentono l’esecuzione di
trattamenti a basso volume con
concentrazione della miscela. La
maggior autonomia derivata dall’irrorazione
a basso volume consente
la riduzione dei tempi di
rifornimento con conseguenti
minori costi e maggior tempestività
di intervento.
Con gli atomizzatori ad aeroconvenzione
non è opportuno scendere
sotto 300 lt ad ettaro.
Si precisa che nelle prove dimostrative
non sono state prese
in considerazione le irroratrici
pneumatiche, comunemente
definite nebulizzatori, vale a dire
quelle irroratrici che sfruttano
il flusso d’aria ad alta velocità per
frantumare e trasportare la miscela
antiparassitaria e che consentono
concentrazioni spinte.
foto 3

Atomizzatori
ad aeroconvenzione
Tra gli atomizzatori ad aeroconvenzione
si distinguono le macchine
tradizionali con ventilatore
assiale e flusso radiale dotate di
ugelli disposti a raggiera (foto 1)
e le più moderne irroratrici dotate
di convogliatori per il flusso
mirato dell’aria. (tangenzialeorizzontale).(foto
2, 2b e 2c)
Le macchine con convogliatore
d’aria a getto mirato possono
essere del tipo portato o trainato
Adottano convogliatori a flusso
tangenziale del tipo a torretta
o con diffusori multipli orientabili.
In quest’ultimo caso la macchina
prevede ventilatori assiali o radiali,
con convogliatori multipli ed allungati
che determinano una maggiore
velocità dell’aria in prossimità
del bersaglio.(foto 3). Il convogliatore
allungato avvicina l’uscita dell’aria
al bersaglio ed alla sua estremità
viene applicato l’ugello.
Il montaggio degli erogatori su
supporti registrabili, permette di
adeguare la distribuzione alle diverse
forme di allevamento, modificando
sia altezza sia interasse
degli ugelli.
La velocità dell’aria che esce dal
ventilatore deve essere uniforme
ma non eccessiva per evitare il
dilavamento.
Per una buona copertura è da ribadire
l’importanza dei deflettori
di flusso superiore (Foto 4)
che vanno correttamente orientati
per evitare l’inutile dispersione
della miscela antiparassitaria nella
parte sovrachioma, perchè dove
arriva l’aria arriva anche il liquido.
Questi semplici dispositivi
aumentano la percentuale di aria
utile per la veicolazione della miscela
antiparassitaria.
Le irroratrici a flusso orizzontale
sono macchine particolarmente
adatte negli impianti a spalliera
e per le forme di allevamento a
filare. Rispetto alle macchine tradizionali
con convogliatore circolare
ed ugelli disposti a raggiera,
garantiscono una velocità dell’aria
più uniforme alle varie distanze
da terra della vegetazione
Sulle macchine tradizionali la velocità
dell’aria non è uniforme
perchè bassa in alto ed alta in
basso.
Nella variegata realtà delle forme
di allevamento del Trentino,
l’atomizzatore con convogliatore
tradizionale trova ancora ragione
d’essere per il trattamento ad
esempio dei vigneti a pergola.
È opportuna anche nella scelta
di quest’ultime macchine, la
preferenza a quelle che, con
l’applicazione di ventole controrotanti
(foto 5) o di raddrizzatori
di flusso opportunamente
sagomati, permettono una distribuzione
equilibrata dell’aria
sui due lati.
Nelle coltivazioni in pendio risulta
di grande utilità l’applicazione
di meccanismi che permettano la
regolazione con rotazione bilaterale
dei convogliatori, consentendo
l’adeguamento del flusso
d’aria alla pendenza del terreno.
La portata d’aria
Per una valida esecuzione del
trattamento non serve un alto volume
di aria, perché se questo
è eccessivo si ha il dilavamento
delle gocce già depositate. Succede
in pratica l’effetto che si sfrutta
negli autolavaggi indirizzando
contro la carrozzeria una corrente
d’aria per asciugare le gocce rimaste
dopo il lavaggio. Non dobbiamo
dimenticare che l’aria, è
solo un veicolo per trasportare l
gocce di antiparassitario sul bersaglio.
L’aria che arriva in mezzo
al filare limitrofo è sprecata.
È importante regolare la portata
del ventilatore in funzione dello
sviluppo vegetativo, usando poca
aria nelle prime fasi vegetative ed
adeguandola al sesto di impianto.
Ad una portata corretta corrisponde
una riduzione della potenza
impiegata con minori consumi
energetici, perché l’assorbimento
di potenza è esponenziale rispetto
alla velocità della ventola.
Da non trascurare anche il miglioramento
del comfort dell’operatore
dovuto alla diminuzione
della rumorosità, perché il
rumore della ventola con il raddoppio
della sua velocità aumenta
di ben cinque volte.
La pressione
La pressione non serve per aumentare
il deposito sulla vegetazione,
perché, come precefoto
4
Terra Trentina
13

difesa/atomizzatori
dentemente ricordato, è l’aria
che effettua la veicolazione dell’agrofarmaco
e con il ventilatore
non serve l’effetto della pressione
per la copertura della vegetazione.
Un aumento di pressione determina
un aumento di portata
ed una riduzione delle dimensioni
delle gocce con maggiore
deriva ed evaporazione. La
goccia esageratamente piccola,
soprattutto nelle giornate calde
evapora prima di raggiungere il
bersaglio, determinando una riduzione
di efficacia soprattutto
quando si impiegano nei trattamenti
prodotti translaminari e
sistemici.
La pressione massima da utilizzare
non deve superare i 10 bar.
È possibile lavorare anche a 4-5
bar. Ad esempio nel caso di utilizzo
degli ugelli del tipo Albuz
gialli ATR 80 la pressione di funzionamento
ottimale ottimale è
di 6 bar.
Se risulta opportuno un aumento
di portata nell’erogazione della
miscela, anzichè agire sulla
pressione è preferibile utilizzare
un ugello con maggior erogazione,
come ad esempio l’Albuz
rosso.
Per raddoppiare la portata è necessario
quadruplicare la pressione
determinando l’effetto nebbia,
con i conseguenti problemi
di deriva e di evaporazione delle
gocce prima del raggiungimento
della superficie fogliare.
le attuali è generalmente esagerata
e le possibilità di regolazione
sono limitate alla variazione
del numero dei giri alla presa di
forza del trattore.
Per ottenere un buon deposito
di antiparassitario sulle foglie è
preferibile utilizzare ugelli a bassa
portata, avanzare ad alta velocità,
ed operare con una bassa portata
d’aria sulla vegetazione.
Con filari di melo con interfila da
3-3,30 m ed altezza delle piante
di 3,5 metri, si raggiunge una
buona copertura con velocità di
avanzamento elevate che possono
raggiungere i 10 km/ora, ovviamente
quando la giacitura del
terreno lo permette.
Gli ugelli
Gli ugelli sui deflettori permettono
di mirare e raggiungere le cime
delle piante riducendo l’effetto deriva.
La possibilità di variare la disposizione
degli ugelli con lo scorrimento
degli stessi sugli archi o
sulle barre che li sostengono permette
di adeguare l’erogazione alle
varie forme di allevamento, alle
diverse altezze delle piante ed ai
vari sesti di impianto.
Con riferimento alla collocazione
degli ugelli fuori flusso o dentro
flusso, non vi sono differenze
determinanti, perchè, se collocati
dentro il flusso, non si avverte
una penalizzazione della portata
dell’aria. Nel caso di ugelli
fuori flusso è importante che gli
stessi siano prossimi alla corrente
d’aria.
Gli ugelli antideriva funzionano
meglio fuori flusso, perchè non
viene disturbato l’effetto venturi
che richiama nell’ugello dell’aria,
che inglobandosi nella goccia
determina l’ingrossamento della
stessa conferendole caratteristiche
antideriva.
L’impiego degli ugelli antideriva
è raccomandabile in presenza di
vento e sono particolarmente indicati
per l’impiego di prodotti
sistemici, mentre nelle altre condizioni
sono preferibili gli ugelli
normali.
Rimanendo in tema di dimensione
delle gocce, le sperimentazioni
fatte hanno dimostrato che gocce
con diametri inferiori a 150 micrometri
determinano la comparsa
della deriva, mentre con dimensioni
superiori ai 600 micrometri
la copertura non è più ottimale.
Terra Trentina
14
Le velocità
Per avere assicurato il massimo
deposito sulla pianta, l’aria deve
raggiungere il bersaglio con velocità
ottimale di 3-4 m/s., oltre il
filare non deve superare 1m/sec.
Velocità troppo basse diminuiscono
il deposito, mentre quelle
troppo alte lo dilavano.
La velocità di avanzamento nei filari
deve essere di almeno 7 km/
h, perché la portata delle vento-
foto 5

La dimensione ottimale delle microgocce
è compresa nel range tra
i 150 ed 350 micrometri.
I gruppi di ventilazione
Il ventilatore assiale tende a distribuire
più aria su un lato rispetto
all’altro, pertanto sono
necessari i raddrizzatori di flusso
che devono essere ben progettati.
Aspirazione anteriore o posteriore?
Se le pale si sporcano, significa
che la miscela antiparassitaria
viene risucchiata dalla macchina.
Questo fenomeno è maggiormente
accentuato con l’aspirazione
posteriore. A chi obietta
che l’aspirazione posteriore è
più efficiente di quella anteriore,
si può rispondere che i volumi
d’aria prodotti dagli atomizzatori
in commercio.(40.000-80.000
mc/ora), sono in ogni caso esuberanti
e pertanto il problema
non si pone.
L’aspirazione posteriore causa un
maggior risucchio di fogliame al
quale è possibile porre parziale
rimedio con l’applicazione di appositi
deflettori rivolti verso il basso,
sulla parte inferiore del carter
della ventola. (foto 6)
L’impiego di macchine irroratrici
dotate di ventole sovrapposte dotate
di raddrizzatori di flusso consente
un’ottimale distribuzione del
flusso d’aria alle diverse altezze riducendo
l’effetto di deriva con
conseguente risparmio di liquido
erogato e la maggiore velocità di
avanzamento consente l’esecuzione
di interventi tempestivi.
Dotazioni utili
Tenendo presente che su strada
non sarebbe possibile il trasporto
della miscela antiparassitaria perché
è considerato trasporto pericoloso,
sottoposto a particolare
normativa, è ’importante disporre
sull’atomizzatore o sul trattore
di un cassetto per il trasporto
in sicurezza delle confezioni
di agrofarmaci.
Con l’impiego di miscele a forte
concentrazione è importante
che la macchina disponga di un
adeguato miscelatore dotato di
ugelli uniformemente distribuiti
lungo tutta la lunghezza del serbatoio
e di regolazioni separate
della pressione di miscelazione
rispetto a quella di erogazione,
in modo da permettere una miscelazione
ad alta pressione pur
con una pressione di erogazione
inferiore ai 10 bar.
Particolarmente valida ed utilile
la presenza di centraline elettriche
per la regolazione a pressione
costante di erogazione e
di elettrovalvole per l’apertura
e chiusura dei settori di barra.
L’applicazione di un computer
di bordo per la distribuzione
dei fitosanitari, a fronte di un
incremento dei costi d’acquisto
dell’atomizzatore, permette
di mantenere il controllo di tutti
i parametri utili per l’esecuzione
di trattamenti di precisione.
Sul display del computer sono
visualizzati i dati di: pressione
di erogazione, velocità di rotazione,
velocità di avanzamento,
quantità di miscela irrorata per
unità di superficie, ugelli in uso
e loro portata, superficie trattata,
distanza percorsa, tempo di lavoro,
livello serbatoio.
La scelta ragionata e l’utilizzo cosciente
dell’atomizzatore migliorano
sicuramente le condizioni
e la sicurezza di lavoro nella distribuzione
dei fitofarmaci e consentono
una difesa ottimizzata
unitamente alla riduzione della
pressione ambientale.
foto 6
Terra Trentina
15

macchine sfogliatrici
Seconda edizione della Giornata della sfogliatura
GIORNATA DIMOSTRATIVA
SULL’USO DELLE MACCHINE SFOGLIATRICI
IN VITICOLTURA
Terra Trentina
16
Mercoledì 30 maggio 2007 presso
l’azienda Secchi Romano in località
Fenilon di Preabocco si è tenuta
la seconda edizione della Giornata
della sfogliatura organizzata dalla
Cantina Sociale di Avio in collaborazione
con i tecnici dell’Ufficio
Viticoltura del CAT IASMA.
In questa occasione sono state
presentate due relazioni tecniche
sulla sfogliatura della vite. Nel
primo intervento sono stati esposti
i dati di 3 anni di esperienze
sull’influenza delle diverse epoche
di sfogliatura. La seconda ha
riguardato considerazioni ed osservazioni
sull’impiego di due
delle più diffuse macchine sfogliatrici
presenti in Trentino.
Francesco Penner, Roberto Lucin, Michele Margoni
Ufficio Viticoltura ed Enologia. Centro Assistenza Tecnica Istituto Agrario S. Michele all’Adige
Successivamente è stato possibile
vedere all’opera alcune macchine
che vengono brevemente
descritte.
Binger
È una macchina con un sistema ad
aspirazione costituito da una ventola
posta dietro a due rulli in materiale
plastico di cui uno rigido e
scanalato per favorire l’aspirazione
delle foglie ed il secondo morbido
in grado di strappare la foglia. La
macchina, progettata per le spalliere,
è stata munita anche di un dispositivo
idraulico che ne permette
l’impiego su pergola. (foto 1)
Stockmayer
Anche questa macchina utilizza il
principio dei due rulli controrotanti,
in questo caso l’aspirazione avviene
all’interno di uno dei due rulli
che è forato. La lamina fogliare
aderisce alla sua superficie e viene
trascinata in una zona di strappo.
L’asportazione della foglia avviene
all’altezza del picciolo. (foto 2)

Olmi pneumatica
Si tratta di una macchina che funziona
con un getto d’aria discontinuo
e intenso che ha la facoltà di frantumare
le foglie nelle sue immediate
vicinanze. Se impiegata nelle prime
fasi dopo la fioritura effettua anche
una pulizia del grappolo dai residui
fiorali e un leggero diradamento
degli acini. Nelle fasi fenologiche
più avanzate può produrre delle lesioni
ai chicchi. Questa defogliatrice
è stata adattata anche per l’utilizzo
su pergola. (foto 5)
foto 1
foto 2 foto 3
Volentieri Pellenc
Macchina con principio innovativo
costituita da un cestello rotante in
rete di acciaio fine deformabile sul
quale poggiano dei tastatori. All’interno
del cesto avviene l’aspirazione
che cattura le foglie sul cestello
e le traina fino all’organo di taglio.
Le lamine asportate vengono poi
spazzolate a terra. Esegue un intervento
molto delicato e per questo
adatto a quasi tutte le fasi fenologiche.
Si tratta di una macchina molto
sofisticata anche per l’impiego
di molti comandi elettronici e non
è stato possibile finora valutare il
suo complesso metodo di lavoro a
livello locale. (foto 6)
Fama
Sempre impostata con il principio
dei due rulli controrotanti
con aspirazione da uno dei rulli
che funge da aspiratore mentre
l’altro asporta le foglie. Non ci
sono per il momento in Trentino
esperienze sufficienti per poter
valutare completamente la sua
efficacia defogliante. (foto 3)
Olmi ad aspirazione
Altra macchina a rulli controrotanti,
l’aspirazione avviene attraverso
uno dei rulli che è forato e
accompagna le foglie verso il secondo
rullo che ha la funzione
di strapparle. Si tratta di un nuovo
prototipo che necessita di ulteriori
messe a punto. (foto 4)
foto 4
Terra Trentina
17

Conclusioni
L’evoluzione delle macchine sfogliatrici
negli ultimi anni è stata
molto rapida ed ha portato a
realizzare attrezzi con una buona
capacità di lavoro per quanto
riguarda gli impianti a spalliera.
L’industria meccanica produce
soprattutto attrezzature per le
spalliere che sono la forma di allevamento
più diffusa nel mondo,
pertanto è scontato che sia
in termini meccanici che economici
le macchine per la pergola
siano più complesse e costose.
L’impiego delle sfogliatrici meccaniche
anche sugli impianti a
pergola comporta una significamacchine
sfogliatrici
tiva riduzione delle ore a ettaro,
una migliore tempestività di intervento
e, non ultimo, una minore
esposizione degli operatori
foto 5 foto 6
ai residui dei prodotti fitosanitari.
Si ringrazia per la collaborazione
il tecnico della cantina sociale di
Avio Luca Sartori.
Terra Trentina
18
tecnica flash
I ricercatori della Stazione
sperimentale
per l’agricoltura biologica
di Frick vicino
a Zurigo sono riusciti
a controllare al
98% il danno causato
dalla mosca delle
ciliegie coprendo il
terreno con una rete
a maglie sottili. Hanno
infatti scoperto
che la mosca vola di
preferenza dal basso
verso l’alto. I tecnici
dell’Assessorato
provinciale all’agricoltura
e dell’istituto
Agrario di S. Michele
che seguono un
impianto di ciliegio
biologico in Alta Val
di Non hanno applicato
la stessa copertura
e potranno verificarne
l’efficacia al
momento della raccolta
delle ciliegie.
La mosca compie infatti
buona parte del
ciclo sotto forma di
pupa nel terreno dal
quale emerge come
insetto perfetto
al momento della invaiatura
dei frutti.
Il diradamento manuale
delle mele
si rende necessario
quando il carico
è troppo elevato e
si vuole favorire un
giusto equilibrio fra
pianta e frutti. Per
diradare un ettaro di
frutteto con piante a
taglia bassa servono
circa 30 ore, se il diradamento
chimico
fatto in precedenza
ha funzionato bene.
In caso contrario le
ore impiegate possono
diventare anche
90.
Negli ultimi quattro
anni in Val di Cembra
sono stati rinnovati
60 ettari di vigneto
su un totale
esistente di 300 ettari.
Il fatto più significativo
è dato dalla
prevalenza del sistema
a Gujot rispetto
alla pergola. La spalliera
raggiunge infatti
l’80%.
Si ripeterà anche
quest’anno per la
quinta volta il monitoraggio
della peste
americana degli
alveari affidato alla
sezione veterinaria
dell’Azienda per
i servizi sanitari della
Provincia di Trento.
Le visite agli alveari
nei comuni indicati
nel protocollo predisposto
dall’Ufficio
del veterinario provinciale
inizieranno
nel mese di agosto,
dopo la smielatura.
Ad effettuarle saranno
gli esperti apistici
sotto la responsabilità
dei veterinari
di zona. Il protocollo
prevede un massimo
di 4000 ore di
lavoro ispettivo pagate
25 euro a ora.

Servono conoscenze tecniche e attenzione a molte variabili vegeto-ambientali
PER UNA GESTIONE
RESPONSABILE
DELLA RISORSA ACQUA IN VITICOLTURA
viticoltura/irrigazione
Molti fattori influiscono sul fabbisogno d’acqua
da parte della vite: tessitura e struttura
del terreno, giacitura del vigneto, andamento
climatico, portainnesto, varietà,
forma di allevamento, stadio fenologico,
stato vegetativo e carica produttiva
Maurizio Bottura
Istituto Agrario di San Michele all’Adige
Centro per l’Assistenza Tecnica – Ufficio Viticoltura ed enologia
La vite è considerata una pianta
mediterranea abbastanza resistente
alla carenza idrica. L’irrigazione
è una pratica che in viticoltura è
quasi esclusivamente di soccorso.
In molti areali vitati la presenza di
sistemi di irrigazione non è nemmeno
prevista. In questi casi la tipologia
del terreno prettamente
argillosa con maggiore ritenzione
idrica accompagnata dalle lavorazioni
superficiali che facilitano la
risalita dell’acqua per capillarità,
consente di ottenere produzioni
di elevata qualità nonostante l’assenza
di sistemi irrigui. Purtroppo
le caratteristiche dei nostri terreni
prettamente sciolti con una importante
componente scheletrica
e sabbiosa determina una ridotta
capacità di trattenere l’acqua piovana.
L’orografia stessa del nostro
territorio con molti vigneti sistemati
in pendio esige la presenza
al suolo dell’inerbimento che consente
una drastica riduzione dell’erosione
ma comporta un maggior
consumo di acqua da parte
delle erbe infestanti e l’impossibilità
della lavorazione superficiale
con conseguente mancato sfruttamento
del fenomeno di risalita
capillare.
Terra Trentina
19

viticoltura/irrigazione
Terra Trentina
20
L’acqua è un elemento fondamentale
che costituisce l’80-90%
della massa fresca. Inoltre entra
come componente essenziale
della fotosintesi clorofilliana e attraverso
la traspirazione concorre
a regolare la temperatura della
pianta.
Ci sono molti fattori che influiscono
sul fabbisogno d’acqua da
parte della vite, alcuni di origine
orografica, quali tessitura e struttura
del terreno e giacitura dello
stesso. Altri di origine climatica,
quali la piovosità, la distribuzione
della stessa nel corso dell’anno
e la ventosità; altri che dipendono
dalle caratteristiche del
vigneto stesso, quali portainnesto,
varietà, forma di allevamento,
stadio fenologico, stato vegetativo
e carica produttiva.
Sulle condizioni di origine climatica
non abbiamo nessuna possibilità
di intervento. Il trend degli ultimi
anni rivela piovosità inferiori
alla media ed eventi intensi che
costituiscono fino al 30% del totale,
concentrati in due o tre settimane
consecutive, intervallate da
lunghi periodi secchi. Questo determina
un surplus di disponibilità
idrica in alcuni momenti associati
poi a lunghi periodi di deficit.
Anche sulle caratteristiche orografiche
non possiamo incidere;
C
o
n
s
u
m
o
%
FABBISOGNO DI ACQUA IN FUNZIONE
DELLOSTADIO FENOLOGICO
germogliamento
fioritura
allegagione
invaiatura
Stadio fenologico
maturazione
ci possiamo solo adattare. I terreni
della nostra provincia, a parte
qualche rara eccezione, sono caratterizzati
da una predominanza
di sabbia e limo, oltre che di una
importante componente scheletrica;
la percentuale argillosa generalmente
è molto bassa e raramente
supera il 10%. Dell’acqua
che arriva al terreno almeno il
50%, dopo pochi giorni tende a
percolare verso il basso a causa
della predominante presenza
dei macropori che non riescono
a trattenere l’acqua. Al contrario
nei terreni argillosi prevalgono i
micropori ove l’acqua viene trattenuta.
Pertanto i terreni coltivati a vite,
soprattutto collinari, trattenendo
per breve tempo l’acqua, necessitano
di interventi frequenti,
ma quantitativamente non abbondanti.
Pena la perdita di una
parte di acqua che viene portata
con l’intervento irriguo negli
strati più profondi.
Valutando singolarmente i fattori
su cui il viticoltore può incidere,
l’interazione portainnesto varietà
è uno dei principali.
Generalmente i primi 60 cm di
terreno vengono esplorati da
più dell’80% delle radici di vite
e solo la rimanente parte si approfondisce.
La scelta migliore è
certamente preferire portainnesti
che si approfondiscono nel terreno,
con angolo geotropico stretto.
L’angolo geotropico è l’angolo
che si forma dalla verticale
determinata dalla vite e la radice
più esterna. Più l’angolo è stretto
più le radici esplorano il terreno
in profondità, più è largo più
le radici rimangono superficiali.
Generalmente però i portainnesti
con angolo geotropico stretto
che richiedono una disponibilità
di acqua inferiore inducono molta
vigoria. L’eccesso di vigore nei
terreni fertili tipici dei nostri territori
vitati costituisce un problema.
Infatti i vigneti lussureggianti
in vegetazione non forniscono
produzioni qualitativamente elevate
e la sensibilità alle malattie
fungine è maggiore.

Per quanto riguarda i vitigni, le
cultivar bianche sono più sensibili
agli stress idrici delle cultivar
rosse, soprattutto nella fase
che va dall’invaiatura alla vendemmia.
Lo stress idrico va ad
incidere in maniera pesante sulla
riduzione di alcuni parametri
quali acidità, freschezza e profumi
che sono dominanti nelle varietà
bianche. Al contrario nelle
cultivar rosse uno stress idrico
moderato nell’ultima fase prima
della vendemmia determina un
aumento della componente fenolica.
Relativamente alla forma di allevamento,
le pergole hanno
una superficie fogliare traspirante
maggiore rispetto alle forme a
spalliera e una maggior resa per
ceppo. Quindi necessitano di una
quantità di acqua maggiore rispetto
alle spalliere. Se però stimiamo
il fabbisogno irriguo per unità
di superficie, il maggior numero
di ceppi per ettaro dei sistemi a
spalliera pareggia sostanzialmente
i fabbisogni con la pergola.
A seconda dello stadio fenologico
la vite abbisogna di diversi
quantitativi di acqua. Generalmente
nella prima fase le
richieste sono di limitata entità,
poiché la superficie fogliare
è modesta e il grappolo non
DISTRIBUZIONE DELL’ACQUA IN FUNZIONE DEL
TIPO DI SUOLO
argilloso
medio impasto
sabbioso
è ancora presente. Solo nei casi
in cui la crescita vegetativa prima
della fioritura venga fortemente
limitata da situazioni prolungate
di stress idrico, è opportuno
intervenire con irrigazioni di
soccorso. Il momento di maggior
richiesta d’acqua la vite lo esige
nella fase che va dall’allegagione
all’invaiatura, dove il grappolo è
in attiva moltiplicazione cellulare.
Uno stress idrico in questa fase
determina una riduzione nel
peso medio del grappolo e quindi
perdita di produzione. Il fabbisogno
idrico torna a decrescere
nella fase che va dall’invaiatura
alla maturazione e quindi alla
vendemmia. In questo periodo
la crescita vegetativa in un vigneto
equilibrato si dovrebbe arrestare.
Purtroppo è in questa fase
che in molti casi assistiamo ad
apporti eccessivi di acqua attraverso
l’irrigazione. Ciò determina
un aumento dell’incidenza della
botrite e conseguente penalizzazione
della qualità del prodotto.
Una oculata gestione irrigua
nell’ultima fase ha una incidenza
notevole sulla qualità del prodotto
che andremo ad ottenere.
Il sistema irriguo migliore in viticoltura,
è senz’altro la goccia. Infatti
la vite non necessita di irrigazione
antibrina; al contrario
l’irrigazione sovrachioma con
conseguente bagnatura della superficie
fogliare e della produzione
può determinare un aumen-
Terra Trentina
21

viticoltura/irrigazione
Terra Trentina
22
to dell’incidenza di malattie quali
peronospora e botrite. Nell’ottica
poi di un razionale utilizzo della
risorsa acqua, l’impianto a goccia
è sicuramente la soluzione migliore.
L’acqua viene distribuita
in un unico punto e si distribuisce
con dei profili che variano a
seconda del tipo di terreno. Più
stretti e allungati nei terreni sciolti,
più globosi nei terreni argillosi
(foto power point 2). Inoltre il sistema
a goccia permette, in una
specie mediterranea come la vite
con richieste idriche limitate, di
gestire ottimamente anche periodi
prolungati di stress.
I vantaggi del sistema a goccia
oltre alla riduzione del consumo
per ettaro di acqua, si esplicano
in un inumidimento più profondo
del terreno, in uno stimolo
più moderato all’accrescimento
vegetativo evitando fenomeni
di forzatura produttiva, in un
miglior controllo delle infestanti
dell’interfila e un costante livello
di umidità del terreno nel caso di
turni brevi e ripetuti.
Pertanto ogni singolo viticoltore
o ogni consorzio irriguo deve
valutare attentamente per singolo
vigneto le differenti esigenze
idriche delle cultivar bianche rispetto
alle rosse, in relazione allo
stadio fenologico raggiunto.
Inoltre è necessario differenziare
i vigneti in produzione da quelli
in allevamento.
Generalmente si assiste a danni
qualitativi nei vigneti più da
eccessi idrici che non da carenze.
Soprattutto nella gestione
del passaggio da sistemi irrigui
a pioggia o microjet a goccia, la
tendenza è quella nei primi anni
di apportare un contenuto idrico
eccessivo con conseguente eccesso
di vigore vegetativo e problemi
di sanità in vendemmia. È
opportuno posizionare dei rubinetti
per poter eventualmente
rinunciare al turno irriguo,
poiché all’interno di una zona
omogenea la presenza di diverse
cultivar e di obiettivi produttivi
diversi impone scelte irrigue
diverse.
In conclusione si consiglia di effettuare
irrigazioni in viticoltura
solo ed esclusivamente di soccorso,
limitandone gli eccessivi
apporti (attualmente è il problema
principale) e decisamente impostando
i nuovi impianti esclusivamente
sul sistema a goccia.
Gli eccessi idrici sono in contrapposizione
con produzioni di
alta qualità, che il mercato oggi
sempre più richiede. Allo stesso
tempo la presenza di sistemi
irrigui nel vigneto si rende necessaria
per far fronte a periodi
siccitosi prolungati. È necessario
trovare un equilibrio, poiché
la risorsa acqua è un bene sempre
più prezioso e il suo utilizzo
deve essere razionalizzato in base
alle diverse esigenze idriche
delle zone e dei vigneti. Non è
più possibile irrigare solo perché
il turno lo consente; sulla reale
necessità devono essere fatte a
monte tutte le valutazioni del caso
in base alle conoscenze che
ogni viticoltore ha della propria
azienda.

Esperienze acquisite nella stagione 2006
ANTIBOTRITICI: ATTIVITÀ,
RESIDUI ALLA VENDEMMIA
E QUALITÀ DELLE UVE
viticoltura/difesa
Premessa
La botrite o muffa grigia della vite
è causata da un fungo che nella
sua forma asessuata prende il
nome di Botrytis cinerea Pers,
mentre nella forma sessuata è
chiamata Sclerotinia fuckeliana.
Il manifestarsi di questa malattia è
la risultanza di vari fattori che insistono
all’interno del vigneto: la
suscettibilità varietale, la vigoria,
le pratiche agronomiche, le condizioni
climatiche dell’annata e la
difesa chimica. La muffa grigia è
una patologia che non colpisce
soltanto la vite, ma anche tante
altre colture come per esempio la
fragola, le pomacee, le drupacee,
le solanacee e la rosa.
La si trova in forma svernante
come sclerozi, piccoli corpuscoli
nerastri ben visibili ad occhio
nudo, i quali aderiscono ai tessuti
corticali, ma anche sotto forma
di micelio.
Le condizioni ottimali di sviluppo
del fungo sono rappresentate
da una elevata umidità e da temperature
comprese tra i 16 ed i
25° C. In annate particolarmente
favorevoli allo sviluppo del
patogeno i danni, soprattutto su
varietà sensibili, possono essere
anche rilevanti con grosso deprezzamento
enologico e quindi
economico delle uve.
I trattamenti chimici per il controllo
della patologia possono sortire
buoni effetti solo se il vigneto è
gestito in modo razionale con adeguati
interventi a verde che favoriscano
l’arieggiamento dei grappoli
Per un efficace controllo della botrite non
bisogna affidarsi esclusivamente all’utilizzo
di prodotti specifici; i risultati migliori
si ottengono combinando l’uso di prodotti
antibotritici con una razionale gestione
agronomica del vigneto. Non va trascurato
il problema residui sull’uva da vinificare
Delaiti Marco, Sandri Oliviero
Unità Centro di Saggio e diagnosi fitopatologica
Istituto Agrario di San Michele all’Adige, Centro Sperimentale
e il contenimento del vigore vegetativo.
Due sono le fasi fenologiche
nelle quali la vite si dimostra
particolarmente suscettibile: la fase
di pre-chiusura grappolo nella
quale i residui fiorali ancora presenti
sui grappoli risultano essere
il substrato ideale per la diffusione
della malattia e la fase compresa
fra l’invaiatura e la vendemmia,
in quanto gli acini in via di maturazione
diventano notevolmente
sensibili alla patologia.
Queste due fasi fenologiche corrispondono
ai momenti ideali per
l’utilizzo di prodotti antibotritici.
Un problema generalizzato relativo
all’impiego di formulati antibotritici
è la loro residualità, infatti
molti di essi residuano non
solo sulle uve, ma anche nel vino
da esse ottenute.
Inoltre, come spesso accade per
gli agrofarmaci utilizzati nella difesa
delle colture, anche i prodotti
antibotritici possono andare
incontro a fenomeni di resistenza
perdendo di conseguenza la
loro efficacia.Per questo motivo
risulta importante la scelta di
strategie di difesa che prevedano
l’alternanza di principi attivi a diverso
meccanismo d’azione.
Scopo del presente lavoro era
pertanto quello di valutare l’efficacia
e la residualità di diverse
strategie di intervento utilizzando
prodotti commerciali di recente
introduzione.
In aggiunta si è voluto valutare
l’attività dei trattamenti con cloruro
di calcio, il cui impiego, secondo
alcune esperienze maturate
in altre eree viticole italiane,
renderebbe le uve meno vulnerabili
all’attacco della botrite ispessendo
la buccia degli acini.
Materiali e metodi
La prova è stata eseguita in un
vigneto situato nella Piana Rotaliana.
La varietà utilizzata è stata
Terra Trentina
23

viticoltura/difesa
Tesi
Nome
Commerciale
Tabella 1: elenco dei prodotti saggiati con le dosi e le relative date di intervento.
% di principio attivo
(p.a.)
1 Testimone non trattato
2
3
4
5
Switch
Teldor
Scala
Switch
Frupica
Scala
Scala
Frupica
ciprodinil 37,5% fludioxonil 25%
fenhexamid 50%
pyrimethanil 37,4%
ciprodinil 37,5% fludioxonil 25%
mepanipyrim 50%
pyrimethanil 37,4%
pyrimethanil 37,4%
mepanipyrim 50%
Dose
gr/hl
80
150
150
80
100
150
150
100
6 Cloruro di Calcio CaCl 15% 300
Data Trattamento
e Stadio fenologico
22 giugno – pre chiusura
24 agosto – 11 gg dalla raccolta
22 giugno – pre chiusura grappolo
11 agosto – 24 gg dalla raccolta
22 giugno – pre chiusura grappolo
11 agosto – 24 gg dalla raccolta
22 giugno – pre chiusura grappolo
11 agosto – 24 gg dalla raccolta
22 giugno – 6 luglio – 20 luglio
4 agosto-17 agosto
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
1-giu
15-giu
29-giu
13-lug
lo Chardonnay allevato a pergola
semplice trentina con un sesto di
impianto pari a 0,8 m x 2,8 m. All’interno
di un disegno sperimentale
completamente randomizzato
hanno trovato spazio quattro repliche
per ognuna delle sei strategie
sperimentali. Le ampie parcelle
di ciascuna replica (200 mq
ciascuna-90 viti) hanno consentito
di eseguire i trattamenti con
l’atomizzatore; come consigliato
nella pratica, il volume di applicazione
è stato di 1.000 litri/ha.
In Tabella 1 sono riportate le
strategie esaminate nella prova
sperimentale.
Per quanto concerne la valutazione
dell’efficacia delle strategie
allo studio sono stati eseguiti due
controlli, il primo il 19 Luglio e il
secondo il 30 Agosto. Sono stati
osservati 400 grappoli per Tesi
durante ciascun controllo, valutandone
il numero di grappoli
colpiti (frequenza da botrite) e
l’estensione del danno su ogni
grappolo (incidenza da botrite).
Alla vendemmia, da ogni parcella
è stato prelevato un campione
di uva (1 chilogrammo) e tramite
analisi di laboratorio sono stati
ricercati i residui come riportato
in tabella 2.
Infine, durante la vendemmia si è
proceduto alla cernita dell’uva di
due Tesi allo scopo di valutare il
tempo necessario per l’esecuzione
della cernita, la reale perdita
di produzione e fornire un giudizio
visivo sul risultato qualitativo
ottenuto: in tal senso si è considerato
un campione di uva proveniente
dal testimone non trattato
con una frequenza di attacco
del 48% ed un campione di uva
che presentava una frequenza di
danno da botrite del 24%.
Risultati
Efficacia delle strategie
L’annata 2006 è stata caratterizzata
da due periodi con condi-
Figura 1:Andamento climatico della stagione 2006.
27-lug
10-ago
24-ago
Pioggia temperatura Trattamenti
7-set
Terra Trentina
24
Tabella 2: prodotti, intervallo di sicurezza (IS), giorni intercorsi fra il trattamento e la vendemmia,
pioggia caduta nel medesimo periodo, dose effettivamente utilizzata in campo e dose consigliata in etichetta.
Tesi
p.a
ricercato
Nome
Commerciale
IS
gg dal
trattamento
Piogga
mm
Dose
(kg-l/ha)
Dose Etichetta
(Kg-l/ha)
2 fenhexamid Teldor 7 11 34 1,613 1-1,5
3
ciprodinil
fludioxonil
Switch 21 24 108 0,86 0,8
4 mepanipyrim Frupica 21 74 238 1.075 1
4 pyrimethanil Scala 21 24 108 1.613 1,5-2
5 mepanipyrim Frupica 21 24 108 1.075 1

Tabella 3: residui di principio attivo sulle uve e confronto con il Limite Massimo Ammesso (LMR) dalla legge.
Tesi
p.a ricercato
Residuo (ppm)
A B C D
Media
(ppm)
LMR
(ppm)
Residuo/LMR
(%)
2 fenhexamid 6,54 4,23 4,82 3,56 4,78 5 94
3
ciprodinil 0,51 0,55 0,83 0,71 0,65 5 13
fludioxonil 0,27 0,26 0,44 0,33 0,32 2 16
4 mepanipyrim 0,03 0,04 0,03 0,28 0,09 3 3
4 pyrimethanil 2,38 2,87 2,37 2,09 2,42 3 80
5 mepanipyrim 0,85 1,1 0,62 0 0,64 3 21
zioni climatiche favorevoli per
la comparsa di attacchi da botrite
(figura 1). Il primo periodo,
compreso fra la fine di giugno e
l’inizio di luglio, ci ha consentito
di valutare l’efficacia dei trattamenti
eseguiti in pre-chiusura
grappolo.
Il secondo periodo, individuabile
nelle prime due decadi di agosto
ha determinato un incremento
notevole del danno, mettendo
a dura prova tutte le strategie a
confronto. Dal controllo effettuato
il 19 luglio risultava un danno
medio sui testimoni del 15% di
grappoli colpiti (frequenza) (figura
2).
Al controllo del 30 agosto la frequenza
d’attacco nel testimone
saliva al 48%, con un incidenza
del 11% (figura 3).
Relativamente alle strategie sperimentate,
al controllo del 19 luglio
esse subivano un danno che
variava dal 6 all’ 8,5% ad eccezione
delle parcelle trattate con
cloruro di calcio (Tesi 6) nelle
quali il danno è risultato su livelli
paragonabili a quelli riscontrati
nel testimone (14,18%).
Nella successiva valutazione del
30 agosto, la frequenza di danno
in tutte le altre strategie sperimentali
ad esclusione dei trattamenti
con cloruro di calcio,
differivano significativamente
dal testimone, ma non tra di loro:
la frequenza di botrite variava
dal 24% al 30%, mentre l’incidenza
oscillava tra il 3,5% ed
il 5%.
La tesi trattata con cloruro di calcio,
con una frequenza di danno
del 44% e l’incidenza del 12%,
non è risulta essere significativamente
diversa dal testimone non
trattato.
Residui
Per quanto concerne Teldor
(fenhexamid), utilizzato a 11
giorni dalla vendemmia, nonostante
fossero stati rispettati sia
il dosaggio che l’intervallo di sicurezza,
il residuo riscontrato in
una delle ripetizioni (A) superava
il limite massimo ammesso
dalla legge. La media del residuo
rinvenuto all’analisi era
pari a 4,78 ppm che benché inferiore
al LMR è da considerarsi
molto elevato. Se escludiamo
16
14
12
10
8
6
4
2
0
14,83
testimone
7,68
la ripetizione A apparentemente
anomala il risultato non cambia
di molto facendo segnalare
una media di 4,2 ppm. (tabella
3). Questi valori potrebbero trovare
giusitificazione dalla ridotta
quantità di pioggia (34 mm)
caduta fra il trattamento e il momento
del prelievo per l’analisi
(tabella 2).
Diversa la situazione per le altre
strategie che prevedevano il
trattamento in prossimità dell’invaiatura;
in questo caso si sono
avute pioggie superiori ai 100
mm.
Il prodotto Switch, che nella sua
formulazione comprende i due
principi attivi ciprodinil e fludioxonil,
residuava molto poco
come del resto già ampiamen-
Figura 2:Danno rilevato nel controllo del 19 luglio 2006.
Switch
8,26 8,57
Scala
Frequenza
Incidenza
5,66
Frupica
Scala
14,18
CaCl
Terra Trentina
25

viticoltura/difesa
Terra Trentina
26
60
50
40
30
20
10
0
47,73
testimone
Figura 3:Danno rilevato nel controllo del 30 agosto 2006
24
Teldor
26,83
Switch
te riscontrato in altri lavori. Per
contro, Scala (p.a. pyrimethanil)
ha residuato in misura maggiore
(80% di quanto ammesso dalla
legge) a conferma di quanto già
riportato da altri autori.
Nella lettura di questo dato va tenuto
presente che il decadimento
di pyrimethanil risulta essere
alquanto scarso anche durante il
processo di vinificazione.
Frupica (mepanipyrim), da noi
utilizzato sia in prechiusura grappolo
(tesi 4) che in prossimità
dell’invaiatura (tesi 5), risultava
dare un residuo quasi inesistente
nella strategia 4 e un residuo
basso e simile a Switch nella strategia
5.
Cernita della produzione
La produzione media di uva rilevata
nelle parcelle superava lievemente
i 180 q/ha. La cernita,
che prevedeva l’asportazione
della parte guasta del grappolo,
risultava particolarmente difficile
e laboriosa, soprattutto con la
partita della parcella testimone;
in taluni casi il grappolo è stato
interamente scartato.
La perdita di produzione stimata
per la tesi testimone si aggirava
Frequenza
Incidenza
24,38
Scala
Tesi
30,98
Frupica
Tabella 4: Danno da botrite,
perdite di produzione e tempo impiegato
per l’attività di cernita dell’uva nel testimone e nel trattato.
Danno
frequenza
(%)
44,43
CaCl
intorno ai 22,5 q/ha, necessitando
circa 37,5 ore/ha per la cernita;
nonostante ciò, il risultato
della cernita era insoddisfacente.
Si è invece desunto che nella
parcelle trattate la perdita media
sia stata di 4,5 q/ha, richiedendo
16 ore/ha per l’effettuazione
della cernita e con un risultato finale
giudicato qualitativamente
soddisfacente.(tabella 4).
Conclusioni
Concludendo, è necessario ribadire
che per un efficace controllo
della botrite non bisogna esclusivamente
affidarsi all'utilizzo dei
prodotti di fungicidi. I risultati migliori
infatti, sono conseguiti avvalendosi
dell’azione sinergica fra
l’uso dei fungicidi e una razionale
gestione agronomica del vigneto.
Danno
incidenza
(%)
Escludendo gli interventi ripetuti
con cloruro di calcio, che come
emerso dalla nostra prova hanno
un’efficacia nulla, tutte le altre
strategie riescono ad assicurare
un’efficacia che si attesta
attorno al 50%.
Questo risultato fitoiatrico, anche
se apparentemente limitato,
risulta comunque in grado di
garantire una buona qualità delle
uve con un minimo impegno
nella cernita durante la vendemmia.
Nella scelta delle strategie chimiche
da utilizzare, è consigliabile
riservare i principi attivi con
maggiore residualità per trattamenti
di pre-chiusura grappolo
piuttosto che all’invaiatura.
Relativamente a Teldor, esso potrebbe
a nostro avviso essere utilizzato
in prossimità della vendemmia
avendo l’accortezza di
aumentare l’intervallo di sicurezza
dai 7 giorni previsti dalla legge
ai 20-25 giorni.
Infine, per ridurre i rischi di fenomeni
di resistenza, è consigliabile
alternare durante la stagione
i principi attivi a diverso meccanismo
d’azione.
Con la presente nota tecnica oltre
a fornire alcune indicazioni
relative all’efficacia nel contenimento
della botrite di fungicidi
di recente introduzione sul mercato,
si è inteso fornire alcuni
spunti per poter soddisfare alla
sempre più frequente richiesta
da parte delle cantine di disporre
di uve prive di residui da
principi attivi.
Perdita
Produzione
(ql/ha)
Tempo
(h/ha)
Risultato
Testimone 48 11,2 22,5 37,5 Deludente
Trattato 24 4,26 4,5 16 Soddisfacente

Tratto integralmente da “Storia di un soldato” di Dante Mariano Pedrotti
pubblicato da Mondadori – giugno 2004
UNA GIORNATA DI MALGA
Cronaca di una giornata d’agosto
in malga anni ’30 e raffronti
con i giorni nostri
corrispondenza di ogni proprietario
delle mucche. A quei tempi
c'erano quasi ovunque 20 mucche
da mungere a testa, se tutdiario
antico
Pubblichiamo per gentile concessione
della Famiglia Pedrotti un brano di vita vissuta
dall’autore in qualità di coadiuvante malgaro.
Il racconto è minuzioso e coinvolgente
e fa rivivere una realtà di altri tempi, offrendo
spunti per interessanti confronti con l’attualità
Pedrotti Dante Mariano
Do l'avvio al ciclo della lunga
giornata in malga iniziando dalla
mungitura a mano di notte, che
era il lavoro più impegnativo e
noioso (sembrava sempre l'ora di
mungere).
In certe malghe si iniziava alle ore
1, in altre alle 2. Io avrei sempre
preferito, alzarmi all'1, per avere
poi un'ora o più di tempo, dopo
mangiata la mosa (che era il pasto
di regola mattutino) per fare
il più bel sonno della giornata, fino
all'ora di slegare il bestiame e
portarlo al pascolo. Quasi traballanti
dal grande sonno, si prendeva
tutti la via della stalla con
3 o 4 secchielli di legno in mano,
che poi si infilavano lungo il
"mezzaion" (corsia di centro) in
Terra Trentina
27

diario antico
Terra Trentina
28
to andava bene in 3 ore o poco
più erano munte tutte, ma come
spesso capitava (specie nei primi
giorni, ed in special modo ai
malgalini, perché spesso con le
mani nell'acqua) male alle mani,
o buffe sui pollici, bisognava stare
anche più di 4 ore.
Le vacche di allora avevano meno
latte ma erano più dure da
mungere. Si può anche solo immaginare
il male al sedere stando
8 o 9 ore al giorno su quel
panchetto ad un solo piede, che
si usa ancora. Nel periodo che
andai alla malga, fui sempre incaricato
di fare la mosa, che era
il pasto mattutino, e sempre lo
stesso dal primo giorno all'ultimo.
Partivo sempre dalla stalla più
dì mezz'ora prima della fine della
mungitura per dare inizio alla
preparazione del pasto. Gli altri,
finita la mungitura, e depositato
tutto il latte nelle brente di legno,
dalla capacità di circa 22 litri, dovevano
prendere tutti i secchielli,
portarli alla fontana, lavarli con
acqua fredda e strofinargli con
un cespet (zolla) ben lavato dalla
terra (solo di tanto in tanto si
lavavano nei sieri bollenti) poi
deposti sulle apposite scalere ad
asciugare.
Finite queste operazioni potevano
andarsi a lavare, sempre alla
fontana, con acqua fredda,
anche la faccia. Quando rientravano
in malga trovavano la mosa
già scodellata nelle loro rispettive
gamelle.
C'era qualche giovane che ne
mangiava anche un paio di chili.
La mia razione la lasciavo in fondo
al paiolo, che consumavo poi
assieme a quelle deliziose crostine
attaccate al paiolo, che erano
di diritto per chi la cucinava, anche
perché doveva quasi continuamente
mischiare per un'ora,
affinché croste e mosa non prendessero
il cattivo sapore di bruciato.
Sono ristoratore
Finito il pasto, quelli che non
avevano altri lavori da eseguire,
si sdraiavano, chi su una panca
chi sull'altra, chi sul mucchio della
legna, per gustarsi il più bel pisolone
di 1 ora, a volte anche 2,
che era il sonno più ristoratore
di tutta la giornata, finché veniva
l'ora di portare le mucche al
pascolo. Nel contempo il casaro
e il malgalino iniziavano le operazioni
per caserare il latte: il Casaro
con la sua "cazza da telar"
un ampio utensile, scavato tutto
d'un pezzo nel legno, e ridotto
sottilissimo, atto a passare sotto
quella pellicola di panna, formatasi
in un giorno o due in superficie
nelle brente, scremando così
con il minor spreco del latte
sottopanna.
A mano a mano che ogni brenta
veniva spannata, il malgalino
la portava, e la versava, nel "pai",
grosso paiolo di rame, capace di
5 q ed anche più, appeso ad una
robusta "mussa" girevole, in modo
che potesse essere spinta sul
fuoco quando si voleva scaldare,
o toglierla quando si doveva raffreddare.
Finita la spannatura, e
svuotate tutte le brente, si arrivava
alle ore 7 circa. Svegliati quelli
che dormivano, tutti si andava
nella stalla: chi a slegare le bestie,
chi a farle uscire e chi fuori
a indirizzarle verso il pascolo
prescelto. Uscito il bestiame,
solo il casaro rimaneva in malga
momentaneamente, gli altri
andavano tutti ad accompagnare
il branco fino sul posto di pastura.
I due pastori rimanevano li
con le mucche, gli altri tornavano
in malga.
Uno aiutava il casaro, l'altro puliva
la stalla, e poi andava a prendere
la legna, ne serviva un grosso
fascio ogni pasto (cioè 2 volte
al giorno finché le caserate erano
due).
La legna era molto lontana dalle
malghe di altura, magari anche
a 3 o 400 metri di dislivello,
e bisognava portarla solamente
in spalla. Orché aveva completato
il viaggio di andata e ritorno
con frequenti riposini, e magari
anche qualche pisolino, arrivava
anche il mezzogiorno. Anche per
quello che rimaneva in malga arrivava
il mezzogiorno, ma dopo
governato i maiali (che erano 30
o 40) e poi lasciati andare al pascolo,
dopo aver aiutato il casaro
a togliere le forme di formaggio
dal "pai", dopo aver sbattuto
il burro con la "zangola" a mano,
e nel contempo messo in ebolli-

zione il siero rimasto dopo aver
tolto il formaggio, per poi affiorare
la “poina” (ricotta), e raccoglierla
nelle apposite calotte per
farla così scolare, e darle quella
tradizionale forma, e dopo, ancora
nei sieri rimasti bollenti, lavare
ancora le 30 o 40 brente, e
tutti gli attrezzi per il latte, compresa
anche la zangola.
Così arrivava mezzogiorno
Così arrivava mezzogiorno anche
per lui. Il mezzogiorno per i pastori
arrivava più o meno noioso
anche secondo le bizze del tempo.
A quei tempi, la penitenza più
grande alle malghe era il sonno,
almeno fino a quando si "disfava
malghera" cioè fino a che si incominciava
a lasciar fuori il bestiame
tutto il giorno, il che comportava
quasi metà lavoro, per il
fatto che le mucche si slegavano
e legavano una sola volta al
giorno, si portavano al pascolo
una sola volta, si puliva la stalla
una sola volta. Oggi questo più
comodo sistema viene usato fin
dal primo giorno di malgheggio,
ma allora i migliori pastori erano
quelli che resistevano di più
a legarle 2 volte, comunque mai
prima del l5 agosto: Disfatta malghera,
disfatta casera (si credeva).
Anche se il pascolo era privo di
pericoli per il bestiame, e cioè
non impegnativo per i pastori,
e non trovando, specie sugli alti
pascoli al di sopra dei 2000 metri
di quota nessuna pianta o altro
riparo, era impossibile per
loro riposare o dormire: se pioveva
era impossibile dormire, se
il cielo era sereno il sole a quelle
quote picchia sodo e brucia chi
sta sdraiato sull'erba, se entra in
una nuvola diventa subito troppo
freddo.
Trovandosi tanto assonnato, e
non avendo, per le cause sopraesposte,
la possibilità di addormentarsi,
un giorno il capovaccaio,
era un nostro cugino,
già anziano, di nome Fabbio, lasciò
sul pascolo il secondo pastore,
e facendo un ampio giro
per non essere notato si avvicinò
alla malga ed entrò nella stalla da
una finestrella in corrispondenza
della "zaina" (letto dei pastori,
obbligati a dormire nella stalla)
dove avrebbe potuto fare un'ora
o anche più di sonno tranquillo.
Forse non sarà stata la prima volta
che ne approfittava di quella
occasione, ma fu la prima volta
che venne scoperto da uno dei
malgalini.
Questo avvertì il casaro, che dopo
una consultazione tra loro, visto
che il fatto era troppo grave per
essere ignorato, perché secondo
antichi regolamenti, i pastori
non potevano ne allontanarsi
ne dormire sul pascolo, decisero
di spionare, avvisando il direttore
della malga, il quale, la prima
domenica successiva, radunò in
piazza, in un grande circolo, tutti
i capi famiglia proprietari per stabilire
sul da farsi. Le proposte di
punizione furono svariate, ma visto
che il bestiame non aveva subito
alcun danno, si stabilì di non
infliggere alcuna pena pecuniaria,
ma di non dargli più in perpetuo
il posto in malga. Considerando
la giornata presa in esame
di tempo bello, seguiamo il da
farsi dei pastori prima di giungere
al mezzogiorno.
Fra una sdraiata e l'altra, dando
qualche occhiata, che qualche
mucca non accedesse a qualche
pericolo, o qualche altra non
si discostasse troppo dal pascolo
originario, arrivavano così le
1l, l'ora che si doveva incominciare
a radunarle, iniziando dalle
più lontane. Questa era l'ora
per i pastori che dovevano correre
di più.
Per incanalarle sui sentieri del ritorno
verso la stalla. Intanto, in
malga il casaro teneva l'acqua
calda sul fuoco nel paiolo di rame.
Quando sentiva da lontano i
primi campanacci, gettava la farina
nell'acqua bollente, e iniziava
a fare la polenta, che era il pasto
di tutti i giorni, e sempre con
lo stesso companatico. Orché le
mucche fossero tutte legate ai loro
posti e lavatisi tutti le mani e
il viso, ed essendo ormai il mezzogiorno
passato, la polenta fumante
stava aspettando sul suo
tagliere, di essere divorata con
quel pezzo di formaggio misurato,
e latte a volontà. Appena finito
di ingoiare l'ultimo boccone,
tutti si sdraiavano sulle panche,
per usufruire di quella mezza
ora di sonno prima che scoccasse
l'ora di andare nella stalla a
mungere.
Quella ora segnava pure la mezza
giornata di lavoro in malga
(l'abbiamo iniziata con l'inizio
della mungitura notturna).
Finita la mungitura (magari anche
dopo più di 3 ore) tutti assieme,
come al mattino, si lavavano
i secchielli alla fontana con
acqua fredda, strofinandogli con
una zolla per togliere ogni residuo
del latte.
Veniva poi l'ora di sciogliere il
bestiame e portarlo al pascolo,
che alla sera era sempre il più vicino.
Intanto il casaro si preparava
con la scrematura delle brente.
Uno dei malgalini rimaneva in
malga ad aiutarlo, l'altro come al
mattino, andava a caricarsi sulle
spalle un grosso fascio di legna. I
pastori avevano il compito di pulire
la stalla.
Dopo aver ammucchiato lo sterco
delle mucche nei siti opportuni,
si faceva entrare attraverso
le "zoche", canalette di scolo
che corrono per tutta la lunghezza
della stalla al limite posteriore
dei 2 ponti, sui quali vengono
legate le bestie, un ramo di
acqua, che dosata con una giusta
quantità di sterco, correva poi
per i canali, ove il capovaccaio la
Terra Trentina
29

diario antico
Raffronti IERI
Raffronti OGGI
10 q di latte (da casera) con 400 lire 100 q. di oggi con i vecchi 10 milioni di lire
0,50 q. di burro 7,10 q. di oggi
1,33 q. di formaggio 7,10 q. di oggi
6 q. farina gialla comune nei sacchi 100 q. di oggi
2 q. farina bianca 00 100 q. di oggi
0,70 q. zucchero 50 q. di oggi
10 paia di scarpe grosse (da lavoro) 100 paia di oggi
3 q. di sale da cucina 100 q. di oggi
1,3 q. di pasta alimentare 20 q. di oggi
2,6 q. di riso 25 q. oggi
10 Kg di caffè tostato in grani 500 Kg oggi
200 pacchetti da 20 sigarette (infima qualità) 2.500 pacchetti oggi
80 litri di grappa da contrabbando 1.000 litri oggi
200 litri di vino d’asporto 3.500 litri oggi
Terra Trentina
30
dirigeva nel sito predisposto per
quell'anno.
Era grande ambizione per il soprannominato
pastore, mostrare
a fine stagione ai "Bacani" che
il tratto, oltre che bene concimato,
era anche molto esteso. Finito
questo lavoro di pulizia della
stalla, e dopo qualche altro lavoretto
di occasione, o magari di
bisogno personale, si arrivava alle
8 di sera, (l'orario è quello solare)
l'ora di andare a raccogliere
assieme le mucche.
Il solito pasto della sera
Nel contempo, il casaro metteva
sul fuoco il riso a bollire nell'acqua,
iniziando così a preparare il
solito pasto della sera "minestra”
di frigolotti".
Quando il riso era quasi cotto
si buttava l'acqua di cottura e
si riempiva il paiolo di latte, poi
quando era di nuovo in ebollizione
aggiungeva una scodella di
farina bianca, impastata con latte
o panna, in modo da formare
i frigolotti, poi il tutto rimaneva
molto tempo per arrivare alla
completa cottura. Nel frattempo
le mucche cominciavano a rientrare.
Allorché fossero tutte stallate
e legate, arrivavano sempre
le ore 9 e così finalmente tutti si
potevano sedere e mangiare la
solita minestra di frigolotti.
Appena svuotato il paiolo, si rimetteva
sul fuoco pieno d’ac-
qua, e così ognuno si lavava la
propria gamella in quella calda.
A questo punto erano certamente
passate anche le ore 1O,
e finalmente si andava a sdraiarsi
nel "letto". Così si concludeva
col sonno la seconda mezza
giornata, ma la lunga giornata
di media estate in malga, terminava
con il risveglio alle ore 1,
che con la mungitura notturna,
già ne iniziava un'altra. Una battuta,
ma aveva del reale: Ci sono
i pantaloni appesi che ancora
dondolano che è già ora di rimetterli.
Allora si che quel salario
era veramente sudato. Voglio
mettere in evidenza il raffronto
del valore reale (cioè il potere
d'acquisto) dei salari di malga
degli anni dal 1930 al 1935, che
erano sulla media delle 400 lire.
(N.B. quella cifra era meno della
metà del dovuto sindacale) con
quelli di oggi che si aggirano sui
lO milioni.
Prendo in esame quei 6 anni perché
poi cambiò, ma in favore dei
contadini, che subentrando la
guerra d’Abissinia, i loro prodotti
aumentarono parecchio, ma i salari
rimasero pressoché invariati
fino al 1940. Il potere d'acquisto
dei 2 salari, di allora 400 lire, e di
oggi lO milioni, lo raffronto per
primo con la principale fonte di
reddito in malga, cui casaro, malgalini
e pastori sono preposti alla
produzione: il latte ed i suoi derivati.
Poi il raffronto sarà con i
principali beni di consumo.
Ieri e oggi (raffronti)
Una riflessione! Anche in questo
quadro è evidente la solita ingiustizia
che permane da sempre: i
più affaticati, che più strusciano,
sono sempre i meno compensati,
e causa la loro timida povertà,
non trovano mai il coraggio
di lagnarsi. N.B. Quelle 400 lire
di salario (come ripeto) erano
molto meno della metà di quello
sindacale, ma pur essendo anche
ai tempi di Mussolini i sindacati
rigorosi, nessuno parlava. Solo
uno ho conosciuto che si è fatto
pagare quello spettante per legge.
Era con me casaro sulla Samocleva
ne11939.
Era consapevole che avrebbe
sollevato uno scandalo per tutta
la Valle, ed anche fuori. Sapeva
che sarebbe stato additato da
tutti e che nessuno lo avrebbe
più voluto, ma essendo richiamato
alle armi (era della classe
1903) e prevedendo la guerra
imminente, e forse senza ritorno,
ed avendo una giovane famiglia
a carico, trovò il coraggio
di farsi pagare il salario sindacale
che era circa 3 volte maggiore di
quello pattuito.
Ne11940, causa i forti richiami
alle armi, i salari oltrepassarono
tutti le 1000 lire e oltrepassarono
pure quelli sindacali.

Si coltiva(va) dopo il frumento o altro cereale minore
LA RAVA DE BONT
(La rapa di Bondo)
prodotti di territorio
Gilio Ghezzi
Servizio aziende agricole e territorio rurale
Dai tempi che furono al recente
passato, le rape hanno riscosso
un notevole interesse dovuto
al loro breve ciclo colturale, alla
facilità nella coltivazione ed alla
buona conservabilità del prodotto.
Ogni famiglia contadina destinava
loro un appezzamento più o
meno esteso, diretta conseguenza
dell’andamento stagionale e
delle quantità di bocche da sfamare.
Normalmente, subito dopo
la mietitura del frumento o di altri
cereali minori, si seminava la
rapa per integrare le scorte alimentari
in vista dell’inverno. Nei
territori di montagna, dove la verdura
scarseggiava, le rape si sono
proposte anche come alimento
di consumo fresco, apportatore
di benefici interventi diuretici e di
regolazione intestinale.
In botanica è conosciuta come
la radice ingrossata della Brassica
campestris varoetà rapa. È un
ortaggio con scarsi principi nutritivi,
ricca di cellulosa e quindi
adatta alle diete ipocaloriche e
ricche di fibra vegetale. Può essere
utilizzata come ingrediente
per la preparazione di minestre
oppure consumata lessa con
olio o burro, ovvero sublimata
nell’accostamento con carni
grasse. In Puglia i germogli delle
rape, le cosiddette cimette di
rapa, si usano per condire la pasta.
L’apporto nutritivo per l’organismo
umano è così quantificabile:
carboidrati 3,8; proteine
1; grassi 3,8; acqua 93,3; colesterolo
0; sodio 61; calorie 19 (fonte
internet).
Nel novero delle varietà coltivate
in Italia, la rapa di Bondo, la cui
immagine è illustrata dalla fotografia,
nella sua tipicità ha la forma
tronco-conica sormontata da un
cilindro e può essere così descritta.
La parte superiore, provvista
di foglie verde pisello, si presenta
con un cilindro digradante sulle
spalle tondeggianti ed ha un diametro
variabile tra cm. 8,00 e cm.
14,00. La lunghezza varia tra cm.
10,00 e cm. 18,00. La parte centrale
si rastrema dolcemente verso il
basso, per poi restringersi bruscamente
in una morbida curva che
conduce alla parte conica. La colorazione
verde chiaro alla sommità
sfuma verso il violetto, più o
meno accentuato secondo lo stadio
di maturazione del tronco e
poi scolora nel bianco della parte
podale. Essendo una radice, la
colorazione più o meno accentuata
è direttamente proporzionale all’esposizione
ai raggi del sole.
Ovviamente, trattandosi di un
prodotto della natura, le oscillazioni
nelle dimensioni, nel colore
e nella quantità prodotta sono
fisiologiche.
Tecnica colturale
• semina a luglio (a cavallo delle
festività dei SS. Gioacchino
e Anna) miscelando i vari semi
(molto piccoli) con sabbia
fine per rendere omogenea la
distribuzione sul terreno precedentemente
smosso e liberato
dalle erbacce. Dopo aver
coperto il seme, è necessario
irrigare a pioggia lenta. L’irrigazione
va ripetuta anche nei
giorni successivi, al fine di far
germinare il seme. Essendo
una pianta alquanto frugale,
non abbisogna di particolari
cure colturali. Se nella preparazione
del terreno si è avuto
cura di miscelare sostanza
organica (letame ben stagionato),
gli elementi nutritivi
necessari sono sufficienti. La
sostanza organica svolge altresì
la funzione di “sfruttare” il
terreno con conseguente maggior
capillarità, ridotta asfissia
per eventuali ristagni d’acqua
e, soprattutto leggerezza del
terreno che si traduce in una
superiore facilità di sviluppo
volumetrico della rapa;
Terra Trentina
31

prodotti di territorio
• la tecnica tradizionale non
prevede interventi con concimazioni
minerali; nessun trattamento
insetticida, anticrittogamico
e diserbante. Infatti
la copertura del suolo diventa
uniforme e, dopo la prima
sarchiatura, le erbe infestanti
sono soffocate dalla vegetazione
della rapa;
• epoca di raccolta ai primi freddi.
È bene che la rapa prenda
le prime gelate (‘mbrumade)
in modo che si addolcisca e
si conservi meglio nel periodo
invernale. Infatti la gelata attenua
il naturale sapore amarognolo,
addolcendone il sapore.
È il caso di tranquillizzare
i più assicurando che il gelo
colpisce solo la parte che fuoriesce
dalla terra, cioé quella
apicale. Pertanto la struttura
della radice rimane integra;
• la rapa è conservata in locali
bui e freschi, con temperatura
pressoché costante (i volt).
Verso primavera, al disgelo,
incomincia a germogliare. Allora
le più belle sono interrate
in pieno campo e lasciate
germogliare. Si produce un
rigogliosa vegetazione con
frutti a forma di baccello (come
i fagiolini) di piccole dimensioni.
Dai baccelli saranno
estratti i semi.
La rapa di Bondo presenta caratteristiche
uniche e irripetibili, figlie
della rigorosa ripetizione dei
gesti e dei modi di coltivare, conservare
e riprodurre tramandati
nel susseguirsi delle generazioni.
L’unicità e l atipicità derivano in
gran parte dal reimpiego del solo
ed esclusivo seme di Bondo,
ma anche dalle condizioni pedoclimatiche
che fanno dell’agro
di Bondo un luogo esclusivo e
non ricreabile. È dal felice connubio
di tradizioni, cure colturali
dalla memoria antica, ambiente
e suolo che Bondo produce rape
dal sapore agro dolce così unica
da sposarsi felicemente con carni
grasse (suine, secondo tradizione)
ma anche con formaggi,
salumi e via dissertando.
Negli anni in tanti hanno apprezzato
il gusto della rapa di Bondo
ed hanno tentato di produrla in
altri siti. I risultati, tuttavia, non
sono all’altezza delle aspettative.
Terra Trentina
32
scadenze
I funzionari dell’ufficio
proprietà diretto
coltivatrice dell’Assessorato
provinciale all’agricoltura
di Trento
stanno predisponendo
il testo di una delibera
che istituirà anche in
provincia di Trento la
figura di imprenditore
agricolo professionale
prevista da una legge
nazionale del 2004.
La norma stabilisce
che gli interessati devono
dedicare almeno
il 25% del tempo e
del lavoro alla gestione
dell’azienda agricola.
Attualmente in provincia
di Trento esiste
la figura dell’imprenditore
agricolo a titolo
principale che vale
ai fini della iscrizione
all’archivio delle imprese
agricole. Il nuovo
titolo darà diritto
ad un ribasso dal 17 al
10% della tassa di registro
per passaggi di
proprietà e anche alla
tassazione fissa, se
l’interessato risulta
iscritto all’INPS sezione
agricoltura.
Alla scadenza del 14
giugno che segnava
la chiusura del periodo
utile per sottoscrivere
contratti di assicurazione
per danni
da eventi meteorici in
agricoltura. Il consorzio
difesa produttori
agricoli della Provincia
di Trento segnala
circa 14 mila certificati
assicurativi sottoscritti
da altrettanti conduttori
di azienda agricola.
Nello stesso certificato
si possono iscrivere fino
a 5 appezzamenti.
Il valore dei prodotti
assicurati raggiunge la
cifra di 205 milioni di
euro che rappresenta
un primato storico per
il Trentino.
Un viticoltore che ha
piantato tre anni fa
un vigneto di Muller
Thurgau su una superficie
di 1000 metri quadrati
non disponendo
di quote, cioè di diritti
di impianto propri o
acquistati da terzi, non
può vendere legalmente
l’uva a cantine
private o sociali. Deve
acquistare le quote e
presentare al Servizio
promozione delle attività
agricole della Provincia
di Trento una
dichiarazione di effettuato
impianto che
gli sarà riconosciuto a
partire dalla primavera
del 2008. Il viticoltore
potrà vendere l’uva
solo dalla vendemmia
2009.
Il progetto di legge di
iniziativa popolare che
mira alla istituzione di
un Parco agricolo dell’Alto
Garda trentino è
stato sottoscritto da 6
mila 675 persone che
abitano e operano nel
distretto che fa capo ai
comuni di Nago-Torbole,
Riva del Garda,
Tenno, Arco, Drena e
Dro. Non tutti i firmatari
sono agricoltori,
anche se in testa alla
classifica sono i comuni
di Arco e Dro a
prevalente vocazione
agricola. Lo scopo dichiarato
dal comitato
promotore non è solo
quello di salvaguardare
i terreni pregiati,
ma anche di promuovere
lo sviluppo equilibrato
del territorio
nei vari settori produttivi.
Il disegno di legge
non decadrà con la fine
della legislatura.

IL SELENIO
L’ULTIMA STAR TRA I MINERALI ANTIOSSIDANTI
Il selenio si è conquistato un posto
di rispetto nell’album di famiglia
dei minerali, tanto da essere
onnipresente in qualsiasi scaffale
contenente integratori di erboristerie
e farmacie.
Come mai?
Il principale effetto risiede
nella sua azione antiossidante.
Infatti esso è presente in
uno dei più importanti enzimi
antiossidanti che ha un nome
impronunciabile anche per i
chimici(glutatione perossidasi
GSH), che protegge le cellule
dall’aggressione dei famigerati
radicali liberi.
Tale azione è potenziata dalla
contemporanea presenza della
vitamina E, in quanto esiste
un’azione sinergica.
In particolare è documentato
scientificamente il ruolo svolto
dal selenio nella prevenzione del
cancro, nel potenziamento della
funzione immunitaria, nei disturbi
cardiovascolari e nella cataratta.
Per quanto riguarda il rapporto
tra cancro e selenio, le conclusioni
degli studi sono che
“un basso consumo di selenio
o ridotte concentrazioni di selenio
nel sangue, sono associate
a un aumento di rischio
di cancro nell’uomo”.
Il Consiglio Nazionale delle Ricerche
americano ha affermato
che, negli studi sugli animali,
“le prove indicano che integrare
con selenio la dieta o bere acqua
contenete selenio protegge
dai tumori indotti dai cancerogeni
chimici”.
Il selenio, inoltre, influisce su
tutte le principali componenti
del sistema immunitario.
Una carenza di selenio provoca
la depressione del sistema
immunitario e riduce la resistenza
alle infezioni e causa
l’indebolimento dei globuli
bianchi e delle funzioni del
timo.
La somministrazione di integratori
di selenio ha provocato l’aumento
della capacità dei linfociti
di distruggere le cellule tumorali.
Il selenio, come tutti gli antiossidanti,
sembra proteggere
dalle malattie cardiovascolari
e dall’infarto. Infatti,
l’incidenza delle cardiopatie è
più elevata dove il consumo di
selenio è minore.
Altri studi indicano che i livelli di
selenio e dell’enzima GSH sono
bassi nelle persone affette da artrite
reumatoide, eczema e psoriasi.
Uno studio indica che il selenio,
associato alla vitamina E,
fornisce benefici significativi nel
migliorare i sintomi dell’artrite
reumatoide.
Anche la formazione della cataratta
dipende dal danno provocato
dall’aggressione dei radicali
liberi. Il cristallino si mantiene
sano se c’è un’adeguata presenza
di antiossidanti. Il selenio
contenuto nel cristallino affetto
da cataratta è molto basso rispetto
al livello considerato normale.
In conclusione, ci sono abbastanza
prove che il selenio debba
essere tenuto in debita considerazione
all’interno di una dieta
antiossidante.
Carmelo Bruno
già docente di chimica
all’ITI Buonarroti di Trento
Quali sono le principali fonti
alimentari?
Bisogna ricordare che quando
si parla di selenio abbiamo
a che fare con quantità molto
piccole, infatti l’unità di misura
non è il milligrammo ma è il
microgrammo(milionesima parte
del grammo).
Inoltre ricordiamo che il contenuto
di selenio negli alimenti
è proporzionale al contenuto
di minerale nel suolo. Ciò vuol
dire che le tabelle preparate da
studiosi diversi indicano, per lo
stesso alimento,contenuti diversi
di selenio.
Pur con questa avvertenza importante,
si può dire che i cibi
ricchi di selenio sono quelli
animali(tonno, sardine, fegato,
agnello..), tra i 20-100 microgrammi
per 100 gr di prodotto;
cereali, legumi, formaggi contengono
una media tra 5-15 microgrammi
per 100 gr; le verdure figurano
nella parte bassa della
scala, con 1 microgrammo per
100 gr.
Qual è la dose giornaliera raccomandata?
È attorno ai 50 microgrammi per
individui adulti.
E le patate Selenella arricchite di
selenio che ruolo possono avere?
I produttori dichiarano un contenuto
di selenio organico perfettamente
assimilabile di 3 microgrammi
per 100 gr, contro un
contenuto medio delle patate normali
attorno a 1 microgrammo.
Terra Trentina
33
cibo e salute

notizie
A cura di “Europe Direct – Carrefour Europeo
Alpi”
(Istituto Agrario di San Michele all’Adige)
di Silvia Ceschini
e Giancarlo Orsingher
Terra Trentina
34
PROMOZIONE DEI PRODOTTI AGRICOLI,
REGOLE PIÙ SEMPLICI
La Commissione europea ha proposto un nuovo
quadro normativo unico per la promozione
dei prodotti agricoli sul mercato interno e dei
paesi terzi.Il nuovo testo, che si propone di
agevolare l'accesso e la partecipazione al regime
da parte degli attori della politica di promozione
negli Stati membri, fonde in un unico
regolamento i due atti normativi in vigore, armonizzando
e semplificando le regole.
In base ai due regolamenti del Consiglio vigenti,
gli Stati membri possono intraprendere azioni
promozionali per alcuni prodotti agricoli, sia
sul mercato interno sia sui mercati dei paesi terzi,
allo scopo di promuovere l’immagine dei
prodotti agli occhi dei consumatori.Le azioni,
cofinanziate dal bilancio comunitario in misura
non superiore al 50%, possono consistere in
attività di relazioni pubbliche o attività promozionali
o pubblicitarie destinate in particolare a
mettere in rilievo i vantaggi dei prodotti comunitari,
soprattutto in termini di qualità, igiene,
sicurezza degli alimenti, proprietà nutrizionali,
etichettatura, benessere degli animali ed ecocompatibilità
della produzione. La proposta sarà
ora trasmessa al Consiglio per la discussione
e l’adozione. Dopo l’adozione da parte del
Consiglio, anche i due regolamenti applicativi
(uno per il mercato interno e uno per i paesi terzi)
saranno fusi in un unico regolamento.
SPECIAL BASE, ENCICLOPEDIA MONDIALE
DELLE SPECIE VIVENTI
Nell'interesse della biodiversità, l'UE intende
creare in dieci anni un sistema globale d'informazione
scientifica sulle specie di fauna e di
flora che vivono sul pianeta.
La Commissione europea ha lanciato quindi
un progetto di enciclopedia numerica sulle
specie viventi, che dovrà passare in rassegna,
in circa 300 milioni di pagine, l'insieme delle
specie viventi conosciute. Saranno raccolti
e aggiornati tutti i dati relativi al modo di vivere,
tasso di sviluppo, fertilità, tolleranza alle
condizioni ambientali, interazioni, caratteristiche
genetiche, ecc.
L'UE lavorerà al progetto con ricercatori USA,
australiani, brasiliani, indiani, sudafricani. I
fondi UE riuniranno i dati per creare un sistema
informativo chiamato Special Base.
I dati saranno accompagnati da foto e cartine.
L'enciclopedia integrerà le altre banche
dati che sono: The Catalogue of Life (www.
sp200.org), The Global Biodiversity Information
Facility (www.gbif.org) Fauna Europaea
(www.faunaeur.org), Euro+Med Plantbase
(www.euromed.org.uk).
ITALIA, IN LEGGERO CALO LA QUALITA’ DEL-
LE ACQUE DA BALNEAZIONE
Dalla relazione annuale della Commissione
europea emerge che nel 2006 la stragrande
maggioranza delle zone di balneazione nell'Unione
europea ha soddisfatto le norme igieniche
dell'Ue.
In Italia le zone di balneazione monitorate sono
state 5.705, 20 in più rispetto al 2005.
In particolare, sono stati depennati dagli elenchi
dei siti soggetti ai parametri previsti dalla
normativa europea 11 siti costieri e 3 zone di

alneazione interne, ma contemporaneamente
sono state incluse negli elenchi 22 nuove
zone costiere e 13 zone interne.
La qualità delle acque di balneazione è leggermente
scesa rispetto alla stagione 2005.
Nelle zone costiere sia il tasso di osservanza
dei valori imperativi sia la conformità ai valori
guida hanno subito una flessione (rispettivamente
dello 0,5% e dello 0,8%), passando
al 93,4% e al 91,1%. Il numero di zone soggetto
a divieto di balneazione è cresciuto di
6 unità nel 2006, portandosi a 262, con un
modestissimo aumento (+0,1%) rispetto alla
stagione balneare 2005.
Anche per le aree balneari interne si registra
una tendenza negativa. Nel 2006 la percentuale
di siti che rispettano i valori imperativi
previsti dalla normativa comunitaria si è ridotta
del 3,3%, raggiungendo appena il 61,5%,
mentre il tasso di conformità ai valori guida è
sceso dal 53,7 al 52,6%. La percentuale di
siti che non rispettano i valori imperativi è scesa
dallo 0,7 allo 0,4%. Per 2 siti il campionamento
è stato insufficiente e per altri 43 (pari
al 5,5% del totale) mancano i dati. In 251 zone,
una in meno rispetto allo scorso anno, è
stata vietata la balneazione.
159 I PRODOTTI AGROALIMENTARI ITALIA-
NI DOP/IGP
I prodotti agroalimentari italiani riconosciuti
DOP e IGP sono 159. I più numerosi appartengono
alla categoria degli ortofrutticoli:
sono 46, di cui 9 DOP e 37 IGP; seguono
gli olii extravergini di oliva con 38, di cui 37
DOP e 1 IGP; poi i formaggi, 33, tutti DOP;
infine salumi e carni fresche (30, di cui 20
DOP e 10 IGP), cereali e pane (6, di cui 2
DOP e 4 IGP), condimenti, miele ed aromi(6,
tutti DOP). La regione con più prodotti riconosciuti
è l’Emilia Romagna (25), seguita da
Veneto (21) e Lombardia (20); nell’Italia Centrale,
da segnalare Toscana e Lazio, rispettivamente
con 19 e 13 specialità riconosciute;
nel Mezzogiorno, in evidenza Sicilia e Campania,
con 15 e 14. Fanalini di coda sono il
Molise con 4 e la Basilicata con 3. Per maggiori
informazioni www.agriturist.it
ACCORDO SULLA DENOMINAZIONE DI
VENDITA PER I VITELLI
La presidenza del Consiglio dei ministri rileva
l’esistenza di una grande maggioranza qualificata
dei paesi UE favorevole alla proposta
di etichettatura delle denominazioni di vendita
della carne di vitello, dossier in esame dal
settembre scorso. Il compromesso, vicino alla
proposta iniziale della Commissione che si
ispira ad alcuni emendamenti del PE prevede
due denominazioni di vendita in base all'età:
categoria V per animali macellati tra 0 e 8 mesi
e categoria Z per quelli tra 8 e 12 mesi. Per
la prima categoria la denominazione di vendita
riprenderà la denominazione vitello e per
la seconda si citerà giovane bovino. I termini
vitello o carne di vitello non potranno più essere
usati per etichettare carte di animali di oltre
un anno.
In ogni tappa della produzione e della vendita
gli operatori devono apporre sulle etichette
la lettera che identifica la categoria V per bovini
di meno di 8 mesi e Z per quelli tra 8 e
12 mesi. La denominazione (carne di vitello o
di giovane bovino) e l'età dell'animale all'epoca
del macello.
Il testo non offre la possibilità ai paesi che lo
chiedevano (Regno Unito, Irlanda, Danimarca)
di derogare alle regole. Solo i prodotti che
prima dell'entrata in vigore del regolamento
beneficiavano della denominazione di origine
controllata (DOC) o di una indicazione geografica
protetta (IGP) potranno conservare un
sistema diverso di etichettatura.
L’ONU VALUTA L’IMPATTO DELLE BIOENERGIE
La bioenergia offre molte opportunità, ma
comporta anche rischi e compromessi. Lo afferma
l’ONU in un rapporto che rappresenta
l'analisi più esaustiva fatta sinora degli effetti
che potrebbe avere il nascente mercato delle
bioenergie.
Il documento “Sustainable Energy: A Framework
for Decision Makers” è stato redatto
da UN-Energy, un gruppo composto da
esperti di tutte le agenzie e programmi delle
Nazioni Unite che si occupano di energia,
con il patrocinio della FAO, l’Organizzazione
dell’ONU per l’Alimentazione e l’Agricoltura.
Nel rapporto si mettono in evidenza i molti
vantaggi delle bioenergie per quanto riguarda
la riduzione della povertà, l’accesso ai
servizi energetici, lo sviluppo rurale e le infrastrutture
rurali; si esaminano i possibili effetti
della bioenergia in termini di sicurezza
alimentare, di cambiamento climatico, di biodiversità
e di risorse naturali, occupazione e
commercio. In esso si identificano anche le
questioni di fondo che i responsabili politici
devono tenere presente prima di qualsiasi decisione
e si sottolinea che: “a meno che non
vengano varate nuove politiche per proteggere
il territorio, assicurare un uso accettabile
della terra, e guidare lo sviluppo delle bioenergie
in una direzione sostenibile, il danno
sociale in alcuni casi potrebbe superare i benefici”.
Terra Trentina
35

notizie
Terra Trentina
36
notizie DALL’ISTITUTO
AGRARIO
Iasma-Cavit, rinnovate le convenzioni
e presentato il progetto
“pn4”
Si è svolta nei giorni scorsi, all’Istituto
Agrario, una conferenza
stampa per presentare le nuove
convenzioni di ricerca, sperimentazione,
formazione ed assistenza
tecnica nel settore viticolo
ed enologico sottoscritte da Istituto
Agrario e Cavit.
Contestualmente sono stati illustrati
i risultati di un importante
progetto internazionale che ha
consentito di selezionare, grazie
ad uno specifico progetto comune
finanziato da Cavit, un ceppo
di batteri malolattici in grado
di migliorare la vinificazione e la
qualità dei vini.
La nuova coltura batterica sarà
messa in commercio a livello
mondiale dalla ditta Lallemand,
già a partire dalla prossima vendemmia.
Rispetto ad altri prodotti
esistenti sul mercato, questa nuova
coltura batterica, siglata PN4
e adatta a soddisfare le esigenze
Conferenza stampa all’Istituto Agrario sul rinnovo delle convenzioni Iasma-Cavit
Silvia Ceschini
Ufficio Stampa – IASMA
specifiche di alcuni prodotti chiave
del Trentino, è caratterizzata
da un’elevata vigoria fermentativa,
dalla capacità di adattarsi a
condizioni difficili e contribuisce
positivamente al profilo organolettico
dei vini.
Negli ultimi cinque anni il ceppo
PN4, selezionato presso l’Unità
Microbiologia e Tecnologie
Alimentari dell’Istituto Agrario di
San Michele, è stato impiegato in
numerose vinificazioni in diverse
cantine sociali trentine aderenti
a Cavit. In queste prove è stato
messo a confronto con i preparati
batterici più diffusi attualmente
in commercio ed i risultati ottenuti
sono stati del massimo interesse:
il ceppo è risultato resistente
ai principali fattori di stress
che potrebbe incontrare nella vinificazione
ed ha svolto sempre
il suo compito in modo veloce e
completo.
Lallemand ha contribuito alla selezione
fornendo la sua ventennale
esperienza in materia e, dopo
aver verificato la produzione
industriale del ceppo, l’ha testato
in numerosi paesi esteri, quali
Germania, Francia, Spagna USA,
oltre che, naturalmente, in diverse
realtà italiane: ebbene, il ceppo
PN4 ha sempre confermato le
sue potenzialità tecnologiche e
qualitative.
Come proseguimento del progetto,
Lallemand sta finanziando
un dottorato di ricerca presso
l’Università di Trento finalizzato
all’immobilizzazione di questi
batteri in matrice silicea per
conferire loro maggiore resistenza
all’ambiente ostile del vino,
semplificando così il processo
di vinificazione e contribuendo
al miglioramento qualitativo del
prodotto finale.
Fitofarmaci: più formazione
e informazione per il corretto
impiego
Formare ed informare tecnici e
agricoltori per migliorare l’efficienza
dell’impiego dei fitofarmaci
garantendo, da un lato, più
resa produttiva e meno sprechi
di prodotto e, dall’altra, la salvaguardia
della salute umana e dell’ambiente.
È lo scopo del ciclo di incontri
interregionali organizzato da Istituto
Agrario di San Michele all’Adige,
Regione Veneto e Veneto
Agricoltura, che si è concluso
nei giorni scorsi a Mollaro, con la
giornata dimostrativa delle macchine
agricole a cui hanno partecipato
oltre 350 agricoltori.

Mollaro, giornata dimostrativa delle macchine agricole
Nei giorni precedenti, presso
l’Aula Magna dell’Istituto Agrario,
si è svolto l’incontro sulle “specificità
per le colture arboree”
che ha fatto il punto con i massimi
esperti italiani del settore
sulle normative e sulle soluzioni
tecnologiche per la distribuzione
dei fitofarmaci, sui dosaggi
e sulla distribuzione ottimale,
sulle attività di controllo degli
atomizzatori in Trentino e sulle
sfide derivanti dalla tecnologia
satellitare. Sono stati affrontati gli
aspetti legislativi, in fase di sviluppo
a livello nazionale ed europeo,
che riguardano la fase di
distribuzione di questi prodotti,
dalla preparazione della miscela
alla gestione dei prodotti residui
del trattamento (contenitori di fitofarmaci,
acque di lavaggio della
macchina irroratrice, miscele
residue del trattamento).
Il progetto europeo “Topss”, per
il quale è stato organizzato un
apposito seminario all’Istituto
Agrario, si propone di informare
gli agricoltori sulle buone pratiche
per una migliore protezione
delle acque dalla contaminazione
da agrofarmaci. Tanto per citarne
alcune: utilizzare macchine
irroratrici certificate e sottoposte
a controlli periodici, non effettuare
trattamenti su terreni allagati
o innevati, stoccare gli agrofarmaci
in locali o armadi chiusi
a chiave, impiegare macchine
dotate di serbatoio lava-impianto,
impiegare volumi di distribuzione
adeguati in funzione del tipo
di trattamento.
Il progetto “Trace” e l’origine
geografica degli alimenti
Alcuni ricercatori dell’Istituto
Agrario di San Michele all’Adige
hanno partecipato a Creta, al
3° meeting annuale del progetto
TRACE, dedicato alla tracciabilità
degli alimenti.
Il progetto, finanziato per circa
10 milioni di euro dalla Commissione
Europea nell’ambito del VI
programma quadro dedicato alle
“Priorità di sicurezza e di qualità
dei prodotti alimentari”, ha una
durata quinquennale e dal 2005
coinvolge 47 partners tra università,
centri di ricerca e società
private provenienti da Europa,
Cina e Sud-America.
Il progetto si propone di creare
modelli predittivi per l’identificazione
dell’origine geografica e
delle modalità di produzione degli
alimenti, focalizzando l’attenzione
su alcuni prodotti di origine
controllata (DOP e IGP) e
basandosi sull’utilizzo combinato
delle più recenti metodologie nel
campo della geochimica, chimica
analitica, biologia molecolare,
statistica e consumer science.
Il gruppo di lavoro “tracciabilità”
del Dipartimento Qualità Agroalimentare
dell’Istituto Agrario –
cresciuto sotto la guida di Giuseppe
Versini ed ora coordinato
per le diverse competenze dai
ricercatori Federica Camin, Roberto
Larcher e Giorgio Nicolini
– partecipa da diversi anni a studi
di questo tipo avendo acquisito
una riconosciuta esperienza
internazionale in numerosi pro-
Terra Trentina
37

notizie
Terra Trentina
38
Laboratorio di analisi isotopiche presso Iasma
getti sia provinciali sia nazionali
ed europei. Nel progetto TRA-
CE il gruppo dell’istituto Agrario
è coinvolto nel campionamento
di prodotti nazionali e nella definizione
del loro profilo minerale
ed isotopico. Supporta in
tale attività specialistica anche altri
partner europei, analizzando
complessivamente circa 1000 alimenti
di varia tipologia oltre a
circa 800 suoli agrari ed acque
superficiali dei diversi siti di produzione
degli alimenti stessi. In
relazione a tale significativa attività,
IASMA è il quarto partner
per finanziamento.
Relativamente al territorio trentino
il campionamento ha interessato
le zone a suoli calcarei della
bassa Vallagarina, del Baldo
e del Basso Sarca. Grazie anche
alla fattiva collaborazione del
Corpo Forestale, delle amministrazioni
locali e dei singoli produttori
agricoli, sono stati campionati
suoli, acque superficiali,
olive e relativo olio, mieli e carni
d’agnello. I primi risultati hanno
evidenziato la possibilità di differenziare
l’origine geografica dell’olio
di oliva del Garda, del miele
e dell’agnello trentino rispetto
a varie aree di produzione nazionali
ed europee. é stato anche
ottenuto un primo modello
di tracciabilità basato su informazioni
chimiche e geoclimatiche di
1000 acque minerali europee, tra
cui tutte quelle di origine trentina
ed alto-atesina.
Lago di Garda, fosforo su valori
stabili
Il Lago di Garda costituisce una
delle più grandi riserve di acqua
di buona qualità in Italia e in Europa.
Le concentrazioni di fosforo
si mantengono alte, con valori
doppi rispetto a quelli rilevati
trent’anni fa, ma sembra si stia
registrando tuttavia un’inversione
di tendenza: negli ultimi tre
anni, infatti, i livelli di fosforo nel
lago si sono stabilizzati.
Lo rileva una ricerca realizzata
dall’Istituto Agrario di San Michele
all’Adige in collaborazione
l’ARPAV, presentata a Verona,
nell’ambito della terza edizione
di “Baldo festival scienza”.
“È un buon segnale, ma le concentrazioni
di fosforo, nutriente
che favorisce la crescita delle
alghe, è ancora alto – spiega
Nico Salmaso, responsabile dell’Unità
limnologia e pescicoltura
dell’Istituto Agrario, intervenuto
al convegno di Verona con
una specifica relazione sulla limnologia
storica del Lago di Garda-.
Negli anni scorsi, infatti, abbiamo
raggiunto i massimi storici
delle concentrazioni di fosforo”.
I dati raccolti su base mensile
dalla metà degli anni Novanta indicano
un significativo aumento
di fosforo totale nella colonna
d’acqua del lago. Le concentrazioni
medie annuali sono passate
da poco più di 15 (1996-97)
ad un massimo di circa 20 microgrammi/litro
(2003-2004). Questo
aumento costituisce l’ultima
fase di un arricchimento di nutrienti
che ha avuto origine verso
l’inizio degli anni ’70, quando
furono rilevate concentrazioni di
fosforo attorno a 10 microgrammi/litro.
I dati rilevati nel corso
del 2006 e durante la circolazione
primaverile del 2007 sembrerebbero
suggerire però l’inizio di
una possibile inversione di tendenza
e la stabilizzazione delle
concentrazioni su un valore i
18-20 microgrammi/litro. Le ricerche,
inoltre, hanno messo in
evidenza una stretta relazione tra
fluttuazioni climatiche a scala decennale
e qualità delle acque, relazione
mediata dall’estensione
verticale del mescolamento primaverile.
“La causa principale dell’aumento
di fosforo è senz’altro l’impatto
antropico” spiega Nico Salmaso.
Le analisi limnologiche si basano
sullo studio delle caratteristiche
fisiche, chimiche e biologiche
delle acque. I campioni sono
raccolti mensilmente dai ricercatori
di San Michele per mezzo
di un’imbarcazione che raggiunge
di volta in volta il punto più
rappresentativo del bacino. Le
analisi fisiche sono condotte sul
campo attraverso una sonda multiparametrica
che analizza temperatura,
conducibilità, ph, ossigeno
disciolto, mentre le analisi
chimiche e biologiche vengono
condotte nel laboratorio di idrobiologia
di San Michele.

Melampyrum italicum
Per quanto riguarda il lago di
Garda l’Istituto Agrario si occupa
di valutare le tecniche evolutive
della qualità delle acque a lungo
termine, studiare i fattori che
controllano la selezione e lo sviluppo
delle specie microalgali,
comprese quelle potenzialmente
tossiche o che possono formare
fioriture.
Bondone, un laboratorio naturale
per studiare la genetica
delle piante
Tra i gruppi montuosi della regione
Trentino Alto Adige il
Monte Bondone risulta una delle
aree più rilevanti per la conservazione
delle specie vegetali.
Non solo, grazie al suo isolamento,
lo scambio di materiale genetico
tra le piante è assai ridotto
e questo lo rende potenzialmente
anche un laboratorio naturale
per l’evoluzione di nuove varietà
di piante.
Lo rivela uno studio realizzato
dal Centro per lo studio della
biodiversità in Trentino dell’Istituto
Agrario di San Michele all’Adige
che negli ultimi tre anni
ha raccolto centinaia di campioni
di piante al fine determinare
l’esistenza di ambienti interessanti
per la conservazione.
La ricerca si propone di creare
delle “carte” che, mettendo in relazione
la diversità genetica con
le distanze fisiche fra le singole
piante, permetteranno di capire
come le specie migrano da
un posto all’altro e si scambiano
materiale genetico.
Queste informazioni risulteranno
preziose anche per conoscere
il comportamento delle
specie in caso di cambiamento
climatico o di frammentazione
degli habitat a seguito delle attività
umane.
“Abbiamo raccolto i campioni di
piante –spiega Claudio Varotto,
responsabile del Centro per lo
studio della biodiversità in Trentino-,
li abbiamo sottoposti in laboratorio
ad analisi di variabilità
genetica ed abbiamo correlato
quest’ultima con le caratteristiche
fisiche dell’ambiente al fine
di determinare l’esistenza di ambienti
rilevanti per la conservazione
della biodiversità”.
“Migliorfiletto”: piu’ produzione
e qualita’ per la trota iridea
Migliorare la produzione della
trota iridea allevata in Trentino
sia sotto il profilo delle rese
quantitative sia per quanto riguarda
le caratteristiche organolettiche
e qualitative del filetto.
È quanto si propone il progetto
di ricerca “migliorfiletto” attivato
dall’Istituto Agrario di San Michele
all’Adige.
L’iniziativa scientifica, che si concluderà
nel 2011, prevede la collaborazione
con l’Astro per l’intero
svolgimento del progetto, poiché
le attività di ricerca si svolgeranno
non solo all’interno dell’impianto
ittico dell’Istituto Agrario, ma anche
presso alcune aziende associate
e nello stabilimento di lavorazione
delle trote di Lavis.
“L’obiettivo – spiega il responsabile
del progetto, Fernando Lunelli
– si propone di aumentare
le rese in filetto della trota lavorata
mettendo a confronto i fattori
ambientali, allevativi-gestionali
e genetici che possono influire
sui risultati finali della produzione.
L’obiettivo sarà raggiunto
Terra Trentina
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notizie
Terra Trentina
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Trota iridea
mediante la selezione di ceppi o
varietà di trote, le cui potenzialità
genetiche intrinseche potranno
garantire una riduzione dei
costi di produzione migliorando
o mantenendo alte le caratteristiche
organolettiche o qualitative
del filetto”.
Lo svolgimento della ricerca prevede
le seguenti fasi operative:
caratterizzazione genetica dei
ceppi di trota iridea allevata e riprodotta
nell’ambito provinciale;
accertamenti biometrici dei
caratteri quantitativi per individuare
quali sono i ceppi che dimostrano
le rese migliori; monitoraggio
e valutazione comparata
dei parametri ambientali; allevamento
dei ceppi in condizioni
gestionali ed ambientali controllate
e reali; valutazione statistica
dei dati e scelta del ceppo o ceppi
che potenzialmente sono in
grado di esprimere e conservare
la maggiore resa e qualità nei diversi
contesti allevativi provinciali;
messa a punto di un metodo
per ottimizzare e standardizzare
la produzione e l’allevamento
sulla base di linee guida; importazione
di ceppi sperimentali di
trota iridea e confronto con quelli
allevati in Trentino.
Il progetto, unico nel suo genere,
è da considerarsi propedeutico
per lo svolgimento di future
ricerche finalizzate al miglioramento
quantitativo e qualitativo
nell’allevamento della trota iridea;
consentirà altresì di mantenere,
presso l’Istituto Agrario,
ceppi geneticamente “pregiati” e
allo stesso tempo rappresenterà
un input per gli allevatori a costituire
nuovi parchi riproduttori
con tale materiale e differenziare
la loro offerta.
Palarotari, grande successo per
la festa di fine anno scolastico
Ha debuttato con grande successo
al PalaRotari di Mezzocorona
la festa di fine anno scolastico
degli studenti dell’Istituto Agrario
di San Michele all’Adige. Si tratta
della prima edizione di un’iniziativa
destinata a diventare un appuntamento
fisso nel calendario
eventi del Centro Scolastico.
L’assemblea-spettacolo, rivolta ai
646 studenti di San Michele, ai loro
insegnanti e genitori, ha visto
l’esibizione della nuova orchestra,
nata ufficialmente lo scorso anno,
Studenti al PalaRotari per la festa di fine anno
composta da 24 musicisti tra alunni
ed insegnanti. Grandi applausi
per il gruppo rock, anche questo
made Iasma, e per le rappresentazioni
teatrali “Black-out” e “Il pupazzo
giapponese”,
Nei giorni precedenti si è svolta
anche la premiazione dei Giochi di
Agraria. È la sesta “esse” del corso
per enotecnici ad aggiudicarsi
il trofeo di questa competizione
riservata a tutte le classi quarte,
quinte e sesta dell’Istituto Agrario
di San Michele all’Adige. La premiazione
si è svolta, in Aula Magna,
alla presenza dei 220 studenti
delle 12 classi partecipanti.
Grazie ai risultati conseguiti con
la prova di potatura della vite e
la prova di botanica la classe dell’Istituto
Tecnico Agrario ha totalizzato
il miglior punteggio. Per
quanto riguarda la classifica delle
diverse gare, la prova di potatura
del melo è stata vinta dalla
5^A dell’Istituto Tecnico Agrario,
mentre la prova di fitopatologia
ha visto primeggiare la 4^ A dell’Istituto
Tecnico Agrario; ad aggiudicarsi
il primo posto nella
prova di valutazione morfologica
zootecnica è stata la 4^ classe
della Scuola per imprenditori
agricoli mentre nella prova di
dendrometria ha vinto la 5 B dell’Istituto
Professionale per l’Agricoltura
e l’Ambiente.

La scadenza per la presentazione dei progetti è fissata al 28 settembre 2007
ENERGIA INTELLIGENTE
PER L’EUROPA
europa/progetti
Il riscaldamento del pianeta e,
collegata a questo, la necessità
di intensificare l’impiego di
energie pulite e rinnovabili per
ridurre l’emissione in atmosfera
di CO 2,
sono due argomenti
tra loro strettamente correlati e
di estrema attualità, in particolare
dopo l’ultimo inverno che ha
fatto registrare temperature nettamente
superiori alla media e
precipitazioni estremamente ridotte.
Da tempo l’Unione europea
ha particolarmente a cuore gli
aspetti ambientali ed energetici
dell’intero pianeta ed in questi
ultimi anni si sono moltiplicati
gli sforzi delle istituzioni comunitarie
in questa direzione, con
Il programma si rivolge ad un’ampia schiera
di potenziali interessati: autorità locali,
ricercatori, società private che operano
nel settore energetico, enti di formazione,
associazioni di consumatori o di altro tipo,
liberi professionisti, proprietari di immobili,
agricoltori, artigiani, installatori
Giancarlo Orsingher
I
Europe Direct, Carrefour Alpi
iniziative legislative, investimenti
nella ricerca, nella sensibilizzazione
e nell’informazione
e nella realizzazione di progetti.
Tra gli esempi più recenti si
possono ricordare “CAMBIA –
sei tu che controlli il cambiamento
climatico” 1 , la campagna
di sensibilizzazione che
tra l’altro ha visto nello scorso
autunno come evento trentino
la mostra “Ghiacciai in serra”,
Terra Trentina
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europa/progetti
Terra Trentina
42
la “Campagna europea 2005-
2008 sulle energie rinnovabili”
2 , il “Piano d’azione per
l’efficienza energetica” 3 ed
il Libro verde sull’efficienza
energetica 4 , per arrivare alle
ambiziose proposte per la politica
energetica europea adottate
nello scorso gennaio dalla
Commissione 5 . Senza dimenticare
numerose altre iniziative
legate ad esempio alle fonti
energetiche rinnovabili (attualissimo
il tema dei biocarburanti)
oppure ai trasporti sostenibili
o ancora il secondo programma
europeo sul cambiamento
climatico oppure la sezione
“energia e ambiente”del 7° programma
di ricerca e sviluppo
tecnologico.
L’elenco potrebbe proseguire
ancora a lungo, ma in questa
occasione ci vogliamo soffermare
su uno specifico programma
di sostegno finanziario a
progetti in campo energetico
valido per il periodo 2007-2013
ed il cui primo invito a presentare
proposte è stato pubblicato
recentemente.
Si tratta della seconda fase di
“Intelligent Energy Europe” 6
(IEE II), il primo programma
europeo che riguarda una serie
di attività di supporto nel campo
energetico, la maggior parte
di competenza locale e regionale.
IEE II prosegue l’esperienza
del primo programma
IEE (2003-2006) e va ad integrare
in un certo senso quanto
previsto dal 7° programma
quadro di ricerca e sviluppo
tecnologico, prevedendo il sostegno
ad iniziative non strettamente
di tipo tecnologico, ma
rivolte ad attività di diffusione
e dimostrazione.
Intelligent Energy Europe è uno
dei tre pilastri che vanno a costituire
il “Programma quadro
per la Competitività e l’Innovazione
(CIP) 2007-2013” 7 ,
varato dall’Unione europea per
contribuire a raggiungere gli
obiettivi della cosiddetta “Strategia
di Lisbona” e dotato di
una disponibilità complessiva
di 3,6 miliardi di euro. Gli altri
due pilastri sono il programma
per la nascita e lo sviluppo delle
piccole e medie imprese (che
prevede tra l’altro a sua volta il
sostegno ad attività innovative
in campo ecologico) ed il programma
di sostegno alle tecnologie
dell’informazione e della
comunicazione.
Il terzo pilastro, come detto,
è Intelligent Energy Europe.
L’obiettivo del programma – che
ha una dotazione di 727 milioni
di euro per sette anni – è contribuire
ad assicurare all’Europa
un approvvigionamento energetico,
sicuro, sostenibile ed a
prezzi competitivi mettendo in
atto azioni per:
• sviluppare l’efficienza energetica
e l’utilizzo razionale
delle fonti energetiche (sotto
programma SAVE);
• promuovere fonti energetiche
nuove e rinnovabili (AL-
TENER);
• promuovere l’efficienza
energetica e l’impiego di
fonti energetiche nuove e
rinnovabili nel campo dei
trasporti (STEER).
Il programma inoltre dovrà portare
ad un aumento nel livello
degli investimenti nelle tecnologie
nuove e meglio performanti
ed ancora colmerà il divario
che ancora esiste tra le iniziative
dimostrative di successo
realizzate nel campo delle tecnologie
innovative e la loro effettiva
introduzione nel mercato
in modo da poter essere applicate
su larga scala.
Ancora, fornirà un aiuto alle autorità
locali sia per sviluppare
strategie e politiche che per dare
attuazione a livello locale alla
normativa in vigore.
Gli obiettivi sopra riportati sono
validi per tutti e sette gli anni di
operatività del programma, ma
ogni anno è prevista l’individuazione
di obiettivi e di azioni
più specifici che saranno prioritari
al momento della valutazione
dei progetti.
Così per l’invito specifico relativo
al 2007, che è stato pubblicato
a metà aprile e vede fissata
la scadenza il 28 settembre
2007, sono state previste le
priorità che di seguito sono
brevemente riassunte e che si
trovano integralmente nel programma
di lavoro 2007 dell’iniziativa
IEE 8 : I progetti presentati
nell’ambito dei diversi sottoprogrammi
possono comprendere
una o più delle azioni prioritarie
indicate.
Save
• edifici energeticamente
efficienti: prevede la realizzazione
di attività che
migliorino le performance
energetiche negli edifici esistenti
oppure di nuova costruzione
e che promuovano
l’utilizzo di risorse energetiche
rinnovabili. Altre azioni
dovranno spingere i costruttori
a proporre soluzioni costruttive
energeticamente
intelligenti. Saranno particolarmente
tenuti in considerazione
progetti che prevedono
interventi sugli edifici
scolastici;
• eccellenza industriale nell’energia:
le iniziative presentate
dovranno essere rivolte
a migliorare i risultati
energetici dell’industria, in
particolare le PMI, migliorando
così la loro credibilità,
competitività e reputazione.
Ad aumentare la “coscienza
energetica” negli imprenditori
ed a sviluppare linee
guida, azioni informative e
di sensibilizzazione per ri-

durre il consumo energetico
delle industrie;
• prodotti energeticamente
efficienti: azioni volte alla
progettazione, produzione
e installazione di prodotti
energeticamente efficienti,
all’ampliamento della fetta di
mercato di questi prodotti favorendo
anche la sostituzione
di quelli meno efficienti
(sono esclusi gli autoveicoli
che rientrano nel sottoprogramma
STEER). È possibile
presentare anche progetti
volti a far crescere nel consumatore
la consapevolezza
dell’importanza di utilizzare
apparecchiature a basso
consumo e di ridurre i consumi
energetici.
Altener
• elettricità da fonti energetiche
rinnovabili: iniziative
di trasferimento di esperienze
e all’aumento della conoscenza
delle potenzialità
delle fonti rinnovabili nella
produzione di energia elettrica;
eliminazione delle barriere
di mercato e semplificazione
delle procedure per
la costruzione e l’utilizzo di
generatori di energia elettrica
rinnovabile;
• riscaldamento e raffreddamento
con energia rinnovabile:
attività legate al
trasferimento di esperienze
e di conoscenze sul contributo
attuale e sulle potenzialità
future del settore a livello
europeo, all’impiego nel
settore della biomassa, dell’energia
solare e di quella
geotermica, nonché ad aumentare
la disponibilità, la
qualità e la sostenibilità dei
combustibili provenienti da
biomassa; ancora, iniziative
per aumentare i collegamenti
sul mercato tra produttori
ed utilizzatori di biomassa e
per migliorare la competitività
e l’affidabilità della filiera
produttiva di biomassa e
biogas;
• applicazioni delle energie
rinnovabili domestiche
ed in genere a piccola scala,
con azioni simili a quelle
già viste sopra (scambio di
esperienze, eliminazione degli
ostacoli nel mercato, incentivi
per gli investimenti e
formazione); in particolare
saranno sostenuti interventi
legati al micro-idroelettrico,
micro-eolico, solare e fotovoltaico,
biomassa e biogas,
celle a idrogeno e a combustibile,
• biocombustibili: le iniziative
possono andare dal miglioramento
delle politiche
locali tramite lo scambio di
esperienze e la maggior conoscenza
dei rendimenti
energetici, dell’impatto ambientale,
dei fabbisogni di
terreni e dei contributi potenziali
di biodiesel, bio-alcool,
biogas e bio-additivi
sia nel campo dei trasporto
che in altri settori, al sostegno
alla produzione e al
commercio dei biocombustibili
rimuovendo gli ostacoli
del mercato e semplificando
le procedure commerciali;
dall’orientare in maniera favorevole
ai biocombustibili
il comportamento dei cittadini
e degli operatori della
“filiera”, comprendendo tra
questi anche gli agricoltori,
i selvicoltori, ad incoraggiare
investimenti nella produzione
di biocombustibili di
prima generazione maggiormente
competitivi e con minor
impatto ambientale (impianto,
gestione e raccolta
di prodotti dell’agricoltura e
della selvicoltura) e di biocombustibili
di seconda generazione,
all’incentivare la
realizzazione di infrastrutture
per la produzione e la
distribuzione di biocombustibili
alla formazione degli
operatori del settore.
Steer
• carburanti alternativi e
veicoli puliti: attività volte
a diversificare le fonti energetiche
utilizzate nel campo
dei trasporti, a stimolare
la domanda di carburanti
alternativi e di veicoli puliti,
a promuovere un maggior
impiego di biocarburanti (in
modo da raggiungere gli
obiettivi della “Direttiva biocarburanti”
9 ) ed a sviluppare
il mercato dei veicoli puliti;
• trasporti energeticamente
efficienti, incentivando il
passaggio del trasporto passeggeri
e/o merci a sistemi
meno energeticamente intensivi,
specialmente nelle
aree urbane e sulle lunghe
distanze, promuovendo
i trasporti combinati, trasferendo
e replicando esempi
di buone pratiche già realizzati
ed infine sensibilizzando
la popolazione e gli operatori
del settore sull’impatto
che la mobilità ha in termini
di consumo energetico.
Per tutti e tre i sottoprogrammi
è inoltre possibile inserire attività
di formazione delle figure
professionali coinvolte nelle
varie fasi e di sensibilizzazione
sullo specifico tema sia della
popolazione che degli operatori
del settore.
A SAVE, ALTENER e STEER è aggiunta
la possibilità di presentare
progetti energetici nell’ambito
della sezione “INIZIATIVE
INTEGRATE”, che comprende
aspetti trasversali presenti in
tutti e tre i sottoprogrammi precedenti
o che comunque sono
legati a priorità indicate dalla
Commissione europea.
Terra Trentina
43

europa/progetti
Terra Trentina
44
Così sono previste:
• la creazione di una dozzina
di nuove “Agenzie energetiche”
10 a livello locale e
regionale con un finanziamento
complessivo di circa
3 milioni di euro; ciò significa
che ognuna di esse potrà
ricevere un contributo di
250.000 euro, corrispondente
al massimo al 75% dei costi
ammissibili;
• una “Rete europea per le
azioni locali”, per stimolare
la collaborazione tra gli attori
locali nei diversi Stati membri,
attraverso lo scambio di
informazioni e di esperienze
e la realizzazione di attività
comuni come ad esempio
campagne informative, “settimane
energetiche”, ecc.;
• “comunità energeticamente
sostenibili”, per stimolare
le comunità locali a migliorare
le loro prestazioni
energetiche e ad aumentare
l’utilizzo di energie rinnovabili
grazie al trasferimento
delle esperienze già realizzate
in altre realtà europee 11 ;
• iniziative di “bio-business”,
per incrementare in maniera
considerevole la produzione
di fonti energetiche solide,
liquide e gassose di origine
biologica, aiutando ad esempio
gli investimenti a lungo
termine nel settore delle forniture
bioenergetiche, comprendendo
le piantagioni su
grande scala, la gestione e la
raccolta delle materie prime
agro-forestali a scopo energetico
ed i processi di trasformazione;
• iniziative di “servizi energetici”,
sostenendo l’effettiva
applicazione della direttiva
sui servizi energetici 12 , fornendo
informazioni e strumenti
per fissare in maniera
appropriata gli obiettivi di risparmio
energetico, per sostenere
il monitoraggio e la
valutazione di politiche, programmi
e progetti energetici,
per sviluppare meccanismi
finanziari a favore della realizzazione
di progetti di efficienza
energetica e per preparare
la strada alle future
strategie energetiche;
• educazione all’energia intelligente,
che contribuisce
a portare iniziative di educazione
all’energia nelle scuole
di tutti gli ordini e gradi
(per il 2007 la priorità è rivolta
alle scuole secondarie)
sviluppando la cooperazione
tra i vari Stati membri e
per far sì che le nuove generazioni
diventino sempre
più coscienti della necessità
di un oculato impiego delle
risorse energetiche;
• promozione della cogenerazione,
per la produzione
associata di calore ed energia,
sviluppando la consapevolezza
delle grandi potenzialità
di questa modalità.
In concreto il programma può
sostenere cinque diversi tipi di
attività:
• la realizzazione di studi per
la preparazione di future misure
legislative o per aggiornare
quelle esistenti;
• la creazione, il rafforzamento
e la riorganizzazione di
organismi deputati alla gestione
sostenibile dell’energia,
come possono essere le
“agenzie energetiche” locali;
• lo sviluppo di dispositivi e
attrezzature energeticamente
sostenibili accelerando la
loro immissione sul mercato,
passando così dalla fase
dimostrativa a quella di pieno
utilizzo da parte del consumatore;
• le attività di informazione e
formazione, l’utilizzo dei risultati,
la divulgazione tra gli
“addetti ai lavori” e tra la cittadinanza
del know how e
delle buone pratiche realizzate
a livello europeo.
Il programma si rivolge ad
un’ampia schiera di potenziali
interessati, in quanto, a seconda
delle azioni, i progetti possono
essere presentati da autorità locali,
analisti del mercato, ricercatori,
società private che operano
nel settore energetico, enti
di formazione, associazioni (di
consumatori o di altro tipo), architetti,
proprietari di immobili,
costruttori, agricoltori, proprietari
di boschi e di terreni agricoli,
piccole e medie industrie, artigiani,
installatori, operatori del
settore dei trasporti, media.
Nell’ambito dell’invito pubblicato,
con scadenza come detto
il 28 settembre prossimo, è
previsto il finanziamento di circa
65 progetti (oltre alle dodici
“Agenzie energetiche”), che
potranno beneficiare complessivamente
di 49 milioni di euro,
potendo ciascuno ricevere
un finanziamento massimo del
75% della spesa totale prevista.
Ogni progetto presentato, che
potrà avere una durata massima
di 36 mesi, deve prevedere
almeno tre partner di tre diversi
Stati partecipanti al programma,
che sono i 27 Stati membri,
i paesi EFTA (Norvegia, Islanda
e Liechtenstein), i paesi candidati
all’adesione e quelli dei Balcani
occidentali, oltre ad alcuni altri
paesi terzi.
In conclusione può anche essere
utile ricordare che entro il
prossimo autunno la Commissione
europea pubblicherà quattro
bandi specifici (circa 3.900.000
la disponibilità finanziaria complessiva)
per altrettante attività
riguardanti la progettazione e
la valutazione per sviluppare la
produzione ecocompatibile di attrezzature
e dispositivi che consumano
energia, in ottemperanza
alla Direttiva 2005732/CE 13

La lattuga
Un “antico” ortaggio
dalle impensate virtù terapeutiche
Iris Fontanari
orto&dintorni
La lattuga cresce generalmente in
tutti i nostri orti dall'inizio della
primavera fino all'autunno; assieme
alla cicoria e all'indivia, costituisce
il gruppo delle "insalate",
cioè degli ortaggi da foglie
che siamo soliti consumare quasi
sempre crudi.
Potendosi coltivare nei vari periodi
dell'anno e in differenti ambienti
climatici, riveste sicuramente
un'importanza particolare per il
nostro Paese anche perché in inverno
viene largamente esportata
nei Paesi del Nord Europa.
Ottima come contorno, gustata
da sola o insieme ad altri ortaggi,
questa verdura è dotata anche
di numerose virtù medicinali ed
è per questo, oltre che per il gradevolissimo
sapore, che i dietologi
consigliano di inserirla spesso
nella dieta quotidiana.
Un po' di storia
La lattuga compare sulle mense
dell'uomo fin dai tempi più remoti:
dagli antichi testi sappiamo,
infatti, che era consumata
dai popoli del bacino del Mediterraneo,
Egizi ed Ebrei in particolare,
mentre le prime vere
descrizioni della coltura ci vengono
fornite dai Greci, soprattutto
dai testi di botanica del filosofo
e naturalista Teofrasto (III sec.
a. C.) e, più tardi, anche dai Romani
con l'agronomo Columella
(I sec.). Quest'ultimo, nel suo
trattato sull'agricoltura (De re rustica),
descrisse ben quattro tipi
di lattuga: la "Ceciliana" a foglie
ricce, la "Cappadocia" a foglie lisce
e spesse, la "Bianca riccia" e
la lattuga "di Cipro" con foglie a
macchie rosse.
Presso gli antichi medici, la lattuga
era apprezzata anche per
le sue proprietà terapeutiche; il
medico greco Galeno (II sec.),
ad esempio, nella tarda vecchiaia
era solito mangiarla la sera, per
dormire sonni tranquilli; il naturalista
latino Plinio il Vecchio (I
sec.) la riteneva invece un efficace
afrodisiaco.
Sia i Greci che i Romani consumavano
spesso la lattuga in insalata,
condita con olio e aceto.
Nel XII secolo anche la mistica
benedettina Ildegarda di Bingen
raccomandava di lasciar macerare
questa verdura nell'aceto o in
una marinata di aceto ed aglio
prima di consumarla perché, in
questo modo, "facilitava la digestione
e rafforzava il cervello".
Per la monaca tedesca, inoltre,
la lattuga cappuccio, mescolata
a grani di farro cotti e tritati, costituiva
una cura efficace in casi
di stitichezza, ripristinando nel
contempo anche la flora batterica
dell'intestino.
Tuttavia, nonostante l'evidente
consumo sulle mense del passato,
fino al XVI secolo non abbiamo
documenti validi che attestino
la coltivazione di varietà di
lattuga a cespo.
Questa verdura, considerata dai
botanici tra le più antiche piante
originarie della regione mediterranea,
si diffuse in tutti i Paesi
dell'Impero Romano ma, fuori
dell'Italia, venne gustata per moltissimo
tempo soprattutto cotta;
solo nel XVIII secolo si cominciò
a mangiarla cruda anche in Francia
e in Inghilterra.
Note botaniche e colturali
La lattuga appartiene al genere
Lactuca (dal latino lac, gen. lactis
= latte, per la ricchezza di latice
che fuoriesce dal fusto e dalle
foglie di numerose specie) comprendente
circa 100 specie, del-
Terra Trentina
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orto&dintorni
Terra Trentina
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le quali solo tre (L. serriola, L. saligna
e L. virosa, tutte spontanee
e infestanti) sono molto affini alla
lattuga coltivata (Lactuca sativa).
La L. sativa non si trova allo
stato spontaneo, se non come
pianta inselvatichita e forse è stata
ottenuta mediante selezione a
partire dalla specie strettamente
affine, la Lactuca serriola, detta
anche scariola o lattona, che cresce
nelle zone soleggiate, sulle
macerie, lungo le strade e ai margini
dei campi fino a 1000 metri
d'altitudine.
La lattuga è una Composita annuale
dotata di un cespo, costituito
da foglie rotondeggianti inserite
in un corto fusto e chiuse
in modo da formare un "cappuccio"
più o meno compatto.
Questo ortaggio viene coltivato
quasi esclusivamente per il
consumo fresco. È reperibile in
una gamma ricchissima di varietà
identificabili in tre gruppi: a
cappuccio, con cespo globoso e
serrato e foglie a margine intero
e dentellato; romana, con cespo
allungato poco serrato e foglie
lunghe e lisce con grandi
coste; e, infine, nelle forme ricce
da taglio, o lattughini, le cui foglie,
costituite da rosette completamente
aperte, hanno una notevole
capacità di ricrescere, una
volta recise.
Esistono anche varietà a foglie
colorate, soprattutto a foglia rossa
o variegata, con macchie rosse
su fondo verde.
Di questi tipi di lattughe sono
presenti in Italia moltissime cultivar
che permettono di raccogliere
il prodotto praticamente tutto
l'anno: in pieno campo nella
bella stagione e in colture protette
(tunnel di plastica o serre) nei
mesi invernali.
Al termine della fase vegetativa i
cespi emettono il fiore: si forma
cioè un peduncolo fiorale alto fino
a 130 cm, molto ramificato,
recante numerose infiorescenze
di 8-10 fiori riuniti a capolino;
i "semi" sono in realtà acheni
(frutti secchi con un unico seme)
oblunghi, appiattiti e leggermente
striati; 1000 semi pesano poco
più di un grammo!
La semina viene fatta generalmente
in semenzaio in agostosettembre
per le varietà invernali,
in gennaio-febbraio per le
primaverili e in aprile-maggio
per le estive.
A livello commerciale la produzione
si effettua su larga scala
con semine successive di una
o più cultivar per assicurare la
continuità del prodotto stesso.
In questo caso, la coltivazione
è spesso altamente meccanizzata;
tuttavia la raccolta dev'essere
effettuata a mano allo scopo
di distinguere le piante mature e
pronte per il consumo da quelle
immature.
Proprietà dietetiche e medicinali
Le varietà cappuccio e quelle da
taglio sono quasi sempre utilizzate
nelle insalate crude, quelle
romane si possono anche consumare
cotte: lessate, brasate, alla
crema o in saporite minestre. A
volte le foglie della varietà cappuccio,
disposte ai bordi dei
piatti, costituiscono fresche decorazioni.
In ogni caso, cotta o cruda, la
lattuga facilita la digestione ed è
utile per il suo contenuto di calcio,
magnesio, ferro, potassio e
vitamina E.
È perciò molto nutriente, lassativa,
curativa delle malattie della
pelle ed è un efficace "sonnifero"
(soprattutto se consumata durante
la cena).
L'azione sedativa, ipnotica e talora
anche analgesica della lattuga
è dovuta al succo lattiginoso
(lactucarium) contenuto in tutte
le parti della pianta.
L'infuso delle foglie calma l'irritazione
degli occhi, previene
l'arteriosclerosi e libera dai dolori
gastrici e intestinali. Agisce,
inoltre, da calmante in presenza
di catarro, bronchite, asma e tosse
ostinata.
Per uso esterno sono efficaci i
cataplasmi delle foglie cotte: applicati
tiepidi sulla pelle, hanno
effetto emolliente, curano gli
ematomi, le contusioni e le irritazioni.
In cucina
Condita con la classica vinaigrette
(in una ciotola sciogliere il sale
nell'aceto, aggiungere l'olio e,
con una forchetta, mescolare il
tutto), la lattuga costituisce un appetitoso
contorno per accompagnare
numerosi piatti. Arricchita
di formaggi freschi, uova, carne
o pesce, diventa un gustosissimo
"secondo". Consumata invece all'inizio
del pranzo, prepara molto
bene lo stomaco alle successive
portate e aiuta a… calmare l'appetito
di chi è a dieta!
Una ricetta: lattuga indiavolata.
Ingredienti: 400 g di lattuga romana,
2-3 fette di pane di segale.
Per la salsa: il succo di un limone,
olio extravergine d'oliva, un
cucchiaio d'aceto, uno spicchio
d'aglio, un peperoncino piccante,
2 acciughe sotto sale, sfilettate,
sale, pepe, 2 tuorli d'uovo.
Tostare in forno le fette di pane,
poi tagliarle a dadetti. Lavare
e sgrondare l'insalata, quindi tagliare
grossolanamente le foglie
e raccoglierle in un panno umido.
Porre in frigorifero.
Frullare tutti gli ingredienti indicati
per la salsa, tranne i due
tuorli, tenendo l'olio un po' scarso
per aggiungerlo poi, mescolando
a mano, alla salsa già
emulsionata.
Versare l'insalata nell'insalatiera
e aggiungere i crostini di pane.
All'ultimo momento aggiungere
i tuorli d'uovo alla salsa, quindi
versarla sull'insalata e mescolare
a lungo.

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