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Nr 59 Giugno 2009 - Diocesi di Roma

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ORGANO DELLA<br />

PASTORALE SANITARIA<br />

DELLA DIOCESI<br />

DI ROMA<br />

POSTE ITALIANE S.P.A.<br />

SPEDIZIONE ABB. POSTALE<br />

DL 353/2003 (CONV.IN L. 27/02/2004 N° 46)<br />

ART. 1 COMMA 2 DCB ROMA<br />

N. <strong>59</strong> giugno <strong>2009</strong>


Organo<br />

della Pastorale<br />

Sanitaria<br />

della <strong>Diocesi</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Roma</strong><br />

Direzione, Redazione<br />

e Amministrazione<br />

Vicariato <strong>di</strong> <strong>Roma</strong><br />

P.zza S. Giovanni in Laterano, 6/a<br />

00184 <strong>Roma</strong><br />

Tel. 06/69886227 - Fax 06/69886182<br />

E-mail:<br />

CentroPastoraleSanitaria@VicariatusUrbis.org<br />

Sito: www.vicariatusurbis.org/sanita<br />

Direttore:<br />

✠ Armando Brambilla<br />

Direttore Responsabile:<br />

Angelo Zema<br />

Coor<strong>di</strong>namento Redazionale:<br />

Dr. Sergio Mancinelli<br />

Comitato <strong>di</strong> Redazione:<br />

Don Sergio Mangiavacchi,<br />

Padre Carmelo Vitrugno,<br />

Elide Rosati<br />

Maria Adelaide Fioravanti<br />

Amministrazione:<br />

Dr. Vincenzo Galizia<br />

E<strong>di</strong>tore:<br />

<strong>Diocesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Roma</strong><br />

Piazza S. Giovanni in Laterano, 6/a<br />

00184 <strong>Roma</strong><br />

Tel. 06/69886227 - FAX 06/69886182<br />

Versamenti sul conto corrente postale<br />

n. 31232002<br />

Specificando la causale:<br />

“Pastorale Sanitaria 54-5-6”<br />

Perio<strong>di</strong>co Trimestrale Registrato<br />

al Tribunale <strong>di</strong> <strong>Roma</strong><br />

Reg. Stampa n. 200 del 12.4.95<br />

Finito <strong>di</strong> stampare l’11 giugno <strong>2009</strong><br />

per i tipi della PrimeGraf<br />

Tel. 062428352 (r.a.) - Fax 062411356<br />

E-mail: grafica@primegraf.it<br />

N. <strong>59</strong> giugno <strong>2009</strong><br />

SOMMARIO<br />

Il cammino è nella speranza PAG 3<br />

Per non riportare in<strong>di</strong>etro le lancette della storia 5<br />

Far dormire non è far morire 9<br />

Visita pastorale a Villa Pia<br />

Dopo la visita del Vescovo alla clinica Guarnieri<br />

La mia vita appartiene a Dio 11<br />

12ª E<strong>di</strong>zione del Premio “Il Buon Samaritano” 12<br />

Il centro <strong>di</strong> aiuto alla vita<br />

Eur S. Eugenio compie 10 anni - Ecco la storia 14<br />

Che cosa è la pillola RU 486 e perché esserne<br />

contrari - La carità - La vita è come er sole 17<br />

Cenni sulle problematiche della bioetica 18<br />

Pagine <strong>di</strong> vita 19<br />

Amare la Vita, fino alla fine<br />

I due precetti dell’amore 20<br />

La carezza del Papa a «Capitan Uncino» 22<br />

Testimonianza - Divin Salvatore!<br />

Er succo der Vangelo 23<br />

Teresa Orsini Doria Pamphilj Lante 24<br />

Lettera a Gesù - Il meglio <strong>di</strong> te<br />

Le stagioni della vita 27<br />

«Una vita spesa per amare» Padre Livio Petroselli 28<br />

Vita umana 29<br />

25° anniversario della morte del prof. Antonio<br />

Mosca e <strong>di</strong> suor Luciana Iezzi all’ospedale CTO 30<br />

Il terremoto dell’Aquila 31<br />

Prendersi cura 32<br />

Etica e Sanità 33<br />

Un punto <strong>di</strong> vista 34<br />

Preghiera alla Madonna della Salute 35<br />

Una lettura, anche spirituale, per l’estate:<br />

i racconti <strong>di</strong> Karen Blixen 36<br />

Un «anno sacerdotale» 38<br />

Sotto il segno del curato d’Ars 40<br />

Pellegrini in Terra Santa 41<br />

Invocazione allo Spirito Santo 43<br />

Fede, carità e anziani malati 44<br />

L’ospedale delle Grazie a porta Angelica 47<br />

ABBONAMENTO ANNUO:<br />

Socio sostenitore: É 51,00<br />

Comunità o Istituti: É 26,00<br />

Or<strong>di</strong>nario: É 16,00<br />

Sono sottoscrivibili abbonamenti cumulativi.<br />

2


IL CAMMINO È<br />

NELLA SPERANZA<br />

Il cammino nella speranza ci ha accompagnati<br />

quest’anno pastorale in un modo<br />

speciale, gra zie al nostro Vescovo, il<br />

Papa Benedetto XVI, che ci ha invitati<br />

a «Educarci alla speranza nella pre -<br />

ghiera, nell’azione, nella sofferenza»<br />

guidati dalla sua enciclica Spe salvi.<br />

Siamo stati invitati a sentire il «gusto<br />

del futuro», impegnati a vivere il presente<br />

con corag gio, alla scuola <strong>di</strong> Gesù<br />

maestro <strong>di</strong> vita.<br />

Educarci alla speranza ci ha continuamente<br />

spronati a ricercare i valori fondativi<br />

che danno respiro alla vita quoti<strong>di</strong>ana.<br />

Il Papa ci ha detto nella sua enciclica<br />

che sono da valorizzare tutte le<br />

speranze umane, ma che queste non sono<br />

il tutto. «L’uomo ha bisogno <strong>di</strong> una<br />

speranza che vada oltre» (Spe salvi<br />

30). Questa speranza non può che essere<br />

Dio, che abbraccia l’universo, e in<br />

primis 1’uomo amato da Lui.<br />

«Quando, però, queste speranze si realizzano,<br />

appare con chiarezza che ciò<br />

non era, in real tà, il tutto. Si rende evidente<br />

che l’uomo ha bisogno <strong>di</strong> una<br />

speranza che vada oltre. Si rende evidente<br />

che può bastargli solo qualcosa<br />

d’infinito, qualcosa che sarà sempre<br />

più <strong>di</strong> ciò che egli possa mai raggiungere...<br />

Noi abbiamo bisogno delle speranze<br />

– più piccole o più gran<strong>di</strong> – che,<br />

giorno per giorno, ci mantengono in<br />

cammino. Ma senza la grande speranza,<br />

che deve superare tutto il resto,<br />

esse non bastano. Questa grande<br />

speranza può essere solo Dio, che abbraccia<br />

l’universo e che può proporci<br />

e donarci ciò che, da soli, non possiamo<br />

raggiungere. Proprio l’essere gra-<br />

tificato <strong>di</strong> un dono fa parte della speranza.<br />

Dio è il fondamento della speranza<br />

– non un qualsiasi Dio, ma quel<br />

Dio che possiede un volto umano e che<br />

ci ha amati sino alla fine: ogni sin golo<br />

e l’umanità nel suo insieme. Il suo regno<br />

non è un al<strong>di</strong>là immaginario, posto<br />

in un futuro che non arriva mai;<br />

il suo regno è presente là dove Egli è<br />

amato e dove il suo amore ci raggiunge.<br />

Solo il suo amore ci dà la possibilità<br />

<strong>di</strong> perseverare con ogni sobrietà<br />

giorno per giorno, senza perdere lo<br />

slancio della speranza, in un mondo<br />

che, per sua natura, è imperfetto. E il<br />

suo amore, allo stesso tempo, è per noi<br />

la garanzia che esiste ciò che solo vagamente<br />

intuiamo e, tuttavia, nell’intimo<br />

aspettiamo: la vita che è veramente<br />

vita» (Spe salvi, 30-31).<br />

Il regno <strong>di</strong> Dio è presente già fin d’ora<br />

li dove «Egli è amato e dove il suo<br />

amore ci rag giunge». L’impegno <strong>di</strong><br />

ogni anno pastorale è quello <strong>di</strong> crescere<br />

personalmente e comunitariamente<br />

nell’amore del Signore, e renderlo presente<br />

nei luoghi <strong>di</strong> sofferenza; questo<br />

significa vivere e, in qualche modo, anticipare<br />

la speranza futura.<br />

Dice ancora il Papa al n. 27 della Spe<br />

salvi: «Chi viene toccato dall’amore<br />

comincia a in tuire che cosa propriamente<br />

sarebbe “vita”».<br />

L’impegno a rendere gli ospedali e i luoghi<br />

<strong>di</strong> cura, più umani, più pieni <strong>di</strong> vita,<br />

per un cristia no, non è un <strong>di</strong>scorso puramente<br />

filantropico, ma un impegno <strong>di</strong><br />

testimonianza dell’amore <strong>di</strong> Dio Padre,<br />

del figlio suo Gesù, della potenza dello<br />

Spirito Santo operante in noi e nel mon-<br />

3


do con dolcezza ma anche con forza.<br />

Questa profonda umanizzazione nel mistero<br />

trinitario <strong>di</strong>viene il terreno ideale<br />

per quel rinno vamento che tutti si auspicano,<br />

ma che non si realizza mai. Ciascun<br />

battezzato, e la comunità cri stiana<br />

nel suo insieme, presente in ospedale e<br />

nelle cliniche, deve continuamente progre<strong>di</strong>re<br />

nella immedesimazione al mistero<br />

della salvezza, per assumere sempre<br />

più la chiamata a con<strong>di</strong>videre la vita<br />

nei luoghi <strong>di</strong> cura e portarvi la speranza<br />

cristiana. Aiutare a rendere più umani i<br />

luoghi <strong>di</strong> cura, per noi cristiani, non è una<br />

cosa facoltativa ma un obbligo morale.<br />

Il mistero eucaristico<br />

L’Eucaristia, pane <strong>di</strong> vita.<br />

È nel mistero eucaristico che il <strong>di</strong>scepolo<br />

del Signore riscopre continuamente<br />

il significato portante della propria esistenza<br />

e del proprio agire, perché in esso<br />

trova i parametri per la sua vita d’amore,<br />

<strong>di</strong> donazione, <strong>di</strong> morte e risurrezione.<br />

L’eucaristia è il Viatico che alimenta<br />

la vita dell’uomo, destinato ad<br />

andare al <strong>di</strong> là della morte.<br />

È nell’incontro con Cristo sacramentale<br />

che si attua la vera vita, che si riscopre<br />

la luce per trovare il significato evangelico<br />

dell’esistenza, del soffrire, del vivere<br />

e del morire. Allora la bel lezza creatrice<br />

dell’eucaristia si traduce in un canto<br />

<strong>di</strong> lode e <strong>di</strong> ringraziamento al Dio che<br />

si è fatto, in Gesù Cristo, uomo per noi,<br />

ha preso su <strong>di</strong> sé la nostra debolezza, il<br />

nostro peccato, per riscattarci dal male<br />

e donarci la vita nuova, la vita eterna.<br />

Chiunque, nella fede, accolga il messaggio<br />

evangelico e lo celebri nell’assemblea<br />

liturgica scopre un significato<br />

nuovo della sua vita sana ma anche della<br />

sua vita malata.<br />

L’incontro con Cristo porta una trasformazione<br />

<strong>di</strong> tutte le nostre speranze e ci<br />

apre alla spe ranza eterna, della gioia che<br />

non avrà mai fine.<br />

La vocazione dell’uomo è quella <strong>di</strong> essere<br />

felice e vivere nella gioia: lo Spirito<br />

Santo donatoci dal Padre, per mezzo<br />

del figlio suo Gesù Cristo, ci plasma<br />

per renderci capaci <strong>di</strong> accogliere i doni<br />

<strong>di</strong> Dio che ci comunicano la vera gioia<br />

e la felicità, che si può provare anche<br />

nella prova e nel dolore.<br />

La bellezza della rivelazione <strong>di</strong> Gesù si<br />

può cogliere anche accostandoci all’uomo<br />

malato, an ziano, han<strong>di</strong>cappato, perché<br />

Gesù ci ha detto: «Ero ammalato e<br />

tu ti sei preso cura <strong>di</strong> me». Perciò accostiamo<br />

il malato come un «sacramento»,<br />

cioè la presenza dolorante <strong>di</strong><br />

Gesù, che continua la sua opera <strong>di</strong> salvezza<br />

attraverso la debolezza umana dell’uomo<br />

sofferente. Non dobbiamo<br />

<strong>di</strong>menti care che Gesù ha salvato il mondo<br />

sul letto della croce. D’altra parte non<br />

lasciamo mai mancare ai malati il sostegno<br />

eucaristico, il viatico ai moribon<strong>di</strong>,<br />

sacramento <strong>di</strong> salvezza per i vivi.<br />

Accompagniamo sempre con grande<br />

amore e partecipazione i viandanti della<br />

vita che sono segnati nella carne dalla<br />

malattia, ma che a volte sono più segnati<br />

nello spirito, perché vivono la paura<br />

dell’abbandono, della fragilità, della<br />

<strong>di</strong>pendenza, della solitu<strong>di</strong>ne, del sentirsi<br />

un peso per la fami glia e la società.<br />

Il conforto <strong>di</strong> Gesù eucaristico, pane del<br />

pellegrino, e la nostra vicinanza otterranno<br />

i miracoli dell’amore.<br />

Armando Brambilla<br />

Vescovo Ausiliare <strong>di</strong> <strong>Roma</strong><br />

Delegato per la Pastorale Sanitaria<br />

4


S<br />

econdo una felice consuetu<strong>di</strong>ne i do -<br />

cumenti del magistero della Chiesa condensano<br />

nelle prime parole il loro contenuto.<br />

Dignitas personae non fa ec -<br />

cezione. I due termini che compongono<br />

l’ultima istruzione della Congrega zione<br />

per la Dottrina della Fede evi denziano<br />

imme<strong>di</strong>atamente l’obiettivo del documento.<br />

La <strong>di</strong>gnità della perso na non<br />

può essere un proclama astrat to che<br />

in <strong>di</strong>versi momenti della storia si sente<br />

il bisogno <strong>di</strong> riaffermare; è molto <strong>di</strong><br />

più. Esprime, infatti, un fon damento<br />

reale, inequivocabile e non in balia <strong>di</strong><br />

arbitrarie interpretazioni sog gette al<br />

sentire del tempo. Nel sessan tesimo anniversario<br />

della Dichiarazione universale<br />

dei <strong>di</strong>ritti dell’uomo, questa istruzione<br />

viene a riba<strong>di</strong>re alcuni prin cipi<br />

che sembrano sempre più oscurati<br />

per il sorgere<br />

<strong>di</strong> nuovi <strong>di</strong>ritti che<br />

manifestano spesso<br />

un’inspiegabile<br />

e ingiustificata<br />

pretesa<br />

in<strong>di</strong>viduale.<br />

La <strong>di</strong>gnità<br />

della persona costituisce la base su cui<br />

ognuno costruisce la propria identità,<br />

le relazioni interper sonali che segnano<br />

la vita e la solida rietà che forma le<br />

<strong>di</strong>verse società spar se per il mondo intero.<br />

La <strong>di</strong>gnità della persona è una conquista<br />

faticosa dell’umanità, non una palla<br />

al piede per il suo progresso. Dimenticare<br />

il grande <strong>di</strong>battito e le battaglie che<br />

hanno segnato le <strong>di</strong>verse epoche stori -<br />

che, portando alla co<strong>di</strong>ficazione del principio<br />

d’uguaglianza <strong>di</strong> ogni persona e<br />

della sua irrinunciabile <strong>di</strong>gnità, equivarrebbe<br />

a riportare in<strong>di</strong>etro le lancet te della<br />

storia <strong>di</strong> alcuni secoli. Nessu no, si spera,<br />

vorrà cadere in una simile trappola<br />

col negare il principio basila re del vivere<br />

personale e sociale; è un fatto <strong>di</strong> tale<br />

evidenza che per fortuna va al <strong>di</strong> là degli<br />

schieramenti politici e ideologici così<br />

da imporsi come una realtà profondamente<br />

naturale e per questo universale.<br />

In un suo saggio sull’etica, il grande me<strong>di</strong>co<br />

Albert Schweitzer scriveva co sì:<br />

«Chiunque s’imbarca sulla navicella<br />

del rispetto della vita non è un naufra -<br />

go che va alla deriva; è, piuttosto, un<br />

passeggero intrepido che sa dove deve<br />

andare e come mantenere fermo il ti -<br />

mone nella giusta <strong>di</strong>rezione». L’imma -<br />

gine colpisce per la sua attualità e per la<br />

carica <strong>di</strong> verità che vi è contenuta; occuparsi<br />

oggi del tema della vita, d’altronde,<br />

equivale a inserirsi in un cammino<br />

che richiede una buona dose <strong>di</strong> coraggio<br />

e, soprattutto, una visione lungimirante.<br />

Intorno a questo<br />

tema, infatti,<br />

si gioca il<br />

Per non<br />

riportare in<strong>di</strong>etro le<br />

lancette della storia<br />

futuro della società,<br />

delle giovani<br />

generazioni che<br />

in questo momento sono<br />

inconsapevoli spettatri ci<br />

<strong>di</strong> quanto stiamo preparando per<br />

il loro modo <strong>di</strong> pensare e <strong>di</strong> comportarsi<br />

e della stessa Chiesa che tocca con<br />

mano quanto la missione dell’evange -<br />

lizzazione sia sempre una sfida aperta sul<br />

terreno della storia. L’annuncio della vita<br />

appartiene al DNA della Chiesa perché<br />

è testimone <strong>di</strong>retta non solo del pieno valore<br />

che la vita perso nale possiede, ma<br />

soprattutto perché annuncia una vita che<br />

ha vinto il limite della morte. E intorno<br />

a questa <strong>di</strong> mensione che si incontrano e<br />

scontrano le varie visioni sulla vita umana,<br />

ma è anche questo lo spazio dove ven -<br />

gono a confluire le domande che ri -<br />

chiedono una risposta carica <strong>di</strong> senso,<br />

non più soggetta alle ipotesi o teorie <strong>di</strong><br />

lavoro, ma capace <strong>di</strong> dare certezza per<br />

permettere <strong>di</strong> costruire la vita <strong>di</strong> ognuno<br />

su un fondamento reale, stabi le e sicuro.<br />

La cultura contemporanea si evolve costantemente<br />

nella ricerca <strong>di</strong> nuove for-<br />

5


me sperimentali che consentano <strong>di</strong> esprimere<br />

al meglio la propria esisten za nonostante<br />

la spada <strong>di</strong> Damocle dell’imprevisto,<br />

della malattia non programmata<br />

e della morte inevitabi le. Ogni giorno il<br />

progresso della tec nica mentre, da una<br />

parte, spalanca nuovi orizzonti che permettono<br />

fortunatamente <strong>di</strong> superare la<br />

sofferenza e il dolore, dall’altra pone<br />

sempre nuovi interrogativi che si estendono<br />

inevita bilmente all’istanza etica<br />

per le impli canze che possiedono. Merito<br />

<strong>di</strong> Dignitas personae è quello <strong>di</strong> riba<strong>di</strong>re<br />

con forza e a più riprese il valore<br />

dell’etica nella scienza, nella sperimentazione<br />

e nelle<br />

varie tecnologie biome<strong>di</strong>che.<br />

Qualcuno,<br />

in nome del progresso,<br />

vor rebbe eliminare<br />

tout court<br />

l’etica da questi ambiti.<br />

Tentativo impossibile<br />

perché ciò<br />

che si vorrebbe far<br />

uscire dalla porta entrerebbe<br />

<strong>di</strong> nuovo<br />

con insistenza dalla<br />

finestra per rimanere<br />

in casa a <strong>di</strong>spetto<br />

<strong>di</strong> quanti ne vorreb bero l’eliminazione.<br />

L’etica appartiene all’uomo <strong>di</strong> ogni tempo<br />

e <strong>di</strong> ogni cul tura; è una con<strong>di</strong>zione<br />

car<strong>di</strong>ne dell’uo mo nella sua ricerca <strong>di</strong><br />

felicità. Porla fuori gioco equivarrebbe<br />

a imporre spazi in cui entra solo la regola<br />

del più forte <strong>di</strong> turno, per le ingenti<br />

risor se finanziarie che si sono investite<br />

in questi ampi spazi della nuova<br />

econo mia. Dignitas personae presenta<br />

molti degli interrogativi che tanti si pongono<br />

<strong>di</strong>nanzi al progresso delle tecnologie<br />

e che soprattutto nell’ingegneria<br />

geneti ca presentano tratti talmente nuovi<br />

da affascinare, ma non per questo da<br />

ap parire meno problematici. Il campo <strong>di</strong><br />

indagine è ampio e più si entra nel mistero<br />

della materia, per paradossale che<br />

possa sembrare, più l’enigma inve ce <strong>di</strong><br />

restringersi e condurre a soluzio ni si<br />

espande a <strong>di</strong>smisura e non smette <strong>di</strong> provocare<br />

meraviglia e stupore. I problemi<br />

etici intorno al tema della vi ta proprio<br />

per questo si moltiplicano e spesso sembrano<br />

entrare in conflitto realtà che sono<br />

chiamate invece a col laborare per una<br />

soluzione che trovi l’accordo della scienza<br />

con il principio etico.<br />

Non è necessario credere in Dio per sapere<br />

che la vita è un bene prezioso e un<br />

dono <strong>di</strong> cui dobbiamo essere grati e riconoscenti<br />

a qualcuno. La scoperta esistenziale<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>pendere<br />

da qualcuno<br />

non è un dogma della<br />

Chiesa ma un<br />

principio filosofico<br />

ovvio e universal -<br />

mente accolto. E<br />

proprio nel riconoscimento<br />

<strong>di</strong> questa<br />

relazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>pen -<br />

denza che nasce la<br />

consapevolezza della<br />

gratuità e dell’enigmaticità<br />

dell’esi -<br />

La vita è un bene prezioso.<br />

stenza. Avrei potuto<br />

non essere, eppu re, non sono il frutto<br />

della casualità. Sono stato pensato, desiderato,<br />

voluto: questo è ciò che ogni<br />

uomo alla fine pensa <strong>di</strong> sé per non lasciare<br />

la propria . vita nel vago e nel<br />

vuoto dell’indeter minatezza. La vita<br />

umana non è un esperimento da laboratorio,<br />

ma un at to d’amore che segna<br />

per sempre l’esi stenza. Per questo è un<br />

bene inviolabi le e in<strong>di</strong>sponibile che<br />

ogni or<strong>di</strong>namen to giuri<strong>di</strong>co è costretto<br />

a porre a pro prio fondamento. Succede,<br />

purtroppo, che in alcuni casi questo<br />

principio venga violato e contraddetto.<br />

Ciò non costituisce una conquista che<br />

rende al cuni Paesi più evoluti <strong>di</strong> altri;<br />

al con trario, è ciò che rende evidente,<br />

6


purtroppo, la contrad<strong>di</strong>zione in cui cadono<br />

quando si pongono nel cono d’om -<br />

bra del relativismo.<br />

In questo contesto, una riflessione <strong>di</strong> particolare<br />

interesse merita il richiamo <strong>di</strong><br />

Dignitas personae al tema della scienza<br />

e della ricerca. L’istruzione fin dall’inizio<br />

della sua argomentazione esprime fiducia<br />

nella scienza, riconosce gli ingenti<br />

progressi che si sono verifi cati per la<br />

passione e la de<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> tanti scienziati<br />

ed esprime il suo giu<strong>di</strong> zio positivo per<br />

quanto l’ulteriore ri cerca potrà compiere<br />

a favore dell’u manità per debellare alcune<br />

malattie e ridurre il dolore e la sofferenza:<br />

«Negli ultimi decenni le scienze<br />

me<strong>di</strong>che hanno sviluppato in modo<br />

considerevole le loro conoscenze sulla<br />

vita umana negli sta<strong>di</strong> iniziali della sua<br />

esistenza. Esse sono giunte a conoscere<br />

meglio le strutture biologiche dell’uomo<br />

e il processo della sua generazione.<br />

Questi svi luppi sono certamente<br />

positivi e meri tano <strong>di</strong> essere sostenuti<br />

quando servono a superare o a<br />

correggere patologie e concorrono a<br />

ristabilire il normale svolgimento dei<br />

processi generativi» (Dignitas personae,<br />

n. 4). Sarebbe ingiusto che i commentatori<br />

<strong>di</strong> questo documento soprassedessero<br />

su queste riflessioni per procedere<br />

imme<strong>di</strong>atamente alla contestazione<br />

circa il giu<strong>di</strong> zio negativo dato su<br />

alcuni aspetti della sperimentazione. Non<br />

sarà da <strong>di</strong> menticare un principio fondamentale<br />

dell’ermeneutica, la quale richiede<br />

che un’espressione sia letta e interpretata<br />

all’interno del contesto e della<br />

globali tà del testo, non astraendola dal<br />

tutto e alterandone il significato. Se,<br />

comun que, il documento non ha remore<br />

nel riconoscere ed esprimere un giu<strong>di</strong>zio<br />

positivo sul progresso della scienza i vari<br />

ambiti della ricerca me<strong>di</strong>ca, non ha<br />

neppure timore nel dover constatare come<br />

la sperimentazione sull’embrione<br />

possa portare alla sua <strong>di</strong>struzione. Que-<br />

Soccorrere una vita umana è compiere un atto <strong>di</strong> amore.<br />

sto fatto, oltre a essere intrinsecamente<br />

male perché parte dal presupposto che in<br />

quell’embrione non vi sia vita veramente<br />

umana, contrad<strong>di</strong>ce ogni forma <strong>di</strong> rispetto<br />

dovuto alla <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> un essere<br />

umano vivente. Un passaggio importante<br />

viene richiamato dall’istruzione perché<br />

porta una novità, soprattutto se confrontata<br />

con il documento Donum vitae<br />

della stessa Congregazione. Si legge infatti:<br />

«La realtà dell’essere umano per<br />

tutto il corso della sua vita, prima e dopo<br />

la nascita, non consente <strong>di</strong> affermare<br />

né un cambiamento <strong>di</strong> natura né<br />

una gradualità <strong>di</strong> valore morale poiché<br />

possiede una piena qualificazione<br />

antro pologica ed etica. L’embrione<br />

umano, quin<strong>di</strong>, ha fin dall’inizio la <strong>di</strong>gnità<br />

propria della persona» (Dignitas<br />

personae, n. 5). Come si nota non si affer -<br />

ma esplicitamente che l’embrione è «persona»<br />

per non entrare nel merito del complesso<br />

<strong>di</strong>battito filosofico e giu ri<strong>di</strong>co; in<br />

ogni caso, implicitamente si ammette che<br />

lo sia perché se ne rico nosce la «<strong>di</strong>gnità»<br />

dovuta alla perso na. La cosa non è <strong>di</strong> poco<br />

conto per il giu<strong>di</strong>zio morale e per la<br />

valutazione che si è chiamati a compiere<br />

nei confronti delle varie tecniche sperimentali.<br />

Dignitas personae si muove giustamente<br />

con prudenza quando si trova a dover<br />

7


Anche la persona malata ha la sua <strong>di</strong>gnità.<br />

giu<strong>di</strong>care sperimentazioni con fi nalità terapeutiche<br />

che ancora non hanno ottenuto<br />

il consenso della co munità scientifica<br />

e si muovono su un terreno che richiede<br />

ulteriore stu<strong>di</strong>o e riflessione (cfr. n. 26).<br />

Quando, invece, deve affrontare casi concreti<br />

che già permettono <strong>di</strong> verificare<br />

quanto avvie ne nell’abuso delle cellule<br />

embrionali o degli stessi embrioni allora<br />

il suo giu <strong>di</strong>zio si fa moralmente certo senza<br />

lasciare spazio a dubbi. Le parole del<br />

documento in questi casi riflettono non<br />

solo la giusta preoccupazione che la Chiesa<br />

manifesta in proposito, ma ri ba<strong>di</strong>scono<br />

giustamente anche il male intrinseco che<br />

queste azioni posseggono quando viene<br />

meno il principio fondamentale del rispetto<br />

della <strong>di</strong>gnità e dell’uguaglianza degli<br />

esseri umani. È bene, pertanto, che si<br />

possa <strong>di</strong>stin guere nell’argomentazione <strong>di</strong><br />

Dignitas personae quanto serve per una<br />

finalità terapeutica, che non solo viene<br />

appro vata moralmente come lecita ma an -<br />

che sostenuta perché possa produrre <strong>di</strong><br />

più; e quanto, invece, <strong>di</strong>venta arbitrio in<strong>di</strong>viduale<br />

che impone il sacrificio <strong>di</strong> essere<br />

umani oppure la loro selezione eugenetica.<br />

Dignitas personae si richiama ad alcuni<br />

principi fondamentali che, come s’è accennato,<br />

hanno il loro fondamento nella<br />

<strong>di</strong>gnità della persona, nell’uguaglianza<br />

tra tutti gli esseri umani e nella profes-<br />

sione <strong>di</strong> fede che attesta ogni persona essere<br />

«immagine <strong>di</strong> Dio» (cfr. n. 8). Come<br />

si nota, i primi sono principi che la ragione<br />

raggiunge nel suo riflettere sulla<br />

realtà, mentre l’essere immagine <strong>di</strong> Dio<br />

Trinità è frutto della fede. Proprio l’unità<br />

<strong>di</strong> questa prospettiva dovrebbe aiutare a<br />

comprendere meglio l’intrinseco valore<br />

che la vita umana possiede e come la sua<br />

e inviolabilità e sacralità non siano altro<br />

che due facce della stessa medaglia. Giustamente<br />

l’istruzione afferma: «Non c’è<br />

contrapposizione tra l’affermazione<br />

della <strong>di</strong>gnità e quella della sacralità della<br />

vita umana» (n. 7). È su questa strada<br />

che gli scienziati dovrebbero porsi perché<br />

la loro ricerca sia il più possibile<br />

conforme ai principi etici e capace <strong>di</strong> superare<br />

eventuali conflitti che potrebbero<br />

venire a crearsi con i giu<strong>di</strong>zi etici e morali<br />

presenti nei <strong>di</strong>versi contesti culturali,<br />

religiosi e sociali. Forse, potrebbe richiedere<br />

più tempo e investimenti maggiori,<br />

ma la certezza <strong>di</strong> compiere qualcosa<br />

<strong>di</strong> straor<strong>di</strong>nario che permette <strong>di</strong> collaborare<br />

con il Creatore <strong>di</strong> tutto l’universo<br />

non dovrebbe creare dubbi. La vera<br />

scienza si coniuga con l’umiltà non con<br />

l’arroganza; essa si nutre <strong>di</strong> gratuità<br />

non <strong>di</strong> facile guadagno. Il rispetto che<br />

si richiede per la propria persona e per il<br />

lavoro che si svolge a servizio <strong>di</strong> tutti invoca<br />

uguale consapevolezza che nella<br />

propria ricerca si sta toccando qualcosa<br />

che non è neutrale o generico, ma è vita<br />

umana che impone a tutti, nessuno escluso,<br />

il rispetto per la <strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> cui è rivestita.<br />

Dignitas personae, pertanto, viene<br />

a ricordare il carattere inviolabile<br />

della vita umana: un valore che si applica<br />

a tutti senza <strong>di</strong>stinzione alcuna.<br />

Una sfida che, se accolta, può rappresentare<br />

una tappa significativa per il progresso<br />

coerente dell’umanità.<br />

S. E. Mons. Rino Fisichella<br />

Arcivescovo presidente della<br />

Pontificia Accademia per la Vita<br />

8


«<br />

I<br />

La sedazione palliativa<br />

nei malati terminali<br />

Far dormire<br />

non è far morire<br />

o dormo ma il mio cuore veglia» (Cantico<br />

dei Cantici, 5, 2). L’uomo <strong>di</strong> ogni<br />

tempo ha sempre avvertito come strettamente<br />

imparentati il sonno e la morte.<br />

Una delle più evidenti <strong>di</strong>mostrazioni<br />

<strong>di</strong> ciò si ha nel pensiero mitologico<br />

greco: Hýpnos, il sonno, e Thànatos, la<br />

morte, sono <strong>di</strong> vinità figlie <strong>di</strong> un’unica<br />

madre, Nýx, la notte. Espressioni come<br />

«riposare», «dormire il sonno eterno»<br />

e altre simi li, frequentemente leggibili<br />

sulle lapi<strong>di</strong> dei nostri cimiteri, ci ricordano<br />

come anche nella tra<strong>di</strong>zione cristiana<br />

il var care la soglia della morte sia<br />

spesso stato visto come un riposare in<br />

attesa della resurrezione. Il Vangelo stesso<br />

riporta alcuni episo<strong>di</strong> della vita <strong>di</strong> Gesù<br />

in<strong>di</strong>cativi in tal senso, uno per tutti<br />

quello descritto in Matteo (9, 23-26),<br />

nel quale la protagonista è una fan ciulla<br />

che Gesù resuscita dopo aver detto «non<br />

è morta ma dorme».<br />

E forse per tali ragioni storiche e culturali<br />

che in campo me<strong>di</strong>co l’indu zione<br />

farmacologica del sonno allo scopo <strong>di</strong><br />

alleviare il dolore, ad esem pio durante<br />

pratiche chirurgiche, è sempre stata avvertita<br />

come una fase delicata e gravida<br />

<strong>di</strong> molti timori, pri mo fra tutti quello <strong>di</strong><br />

non riacquistare lo stato <strong>di</strong> coscienza al<br />

termine del trattamento; e questo parimenti<br />

po trebbe essere il terreno nel quale<br />

af fondano le ra<strong>di</strong>ci della paura con la<br />

quale i pazienti gravi e i loro familiari<br />

continuano, a livello conscio e incon -<br />

scio, a vivere la notte come ancora madre<br />

del sonno e della morte, mo mento <strong>di</strong><br />

solitu<strong>di</strong>ne, passaggio oscuro.<br />

La pratica <strong>di</strong> indurre il sonno profondo<br />

me<strong>di</strong>ante la somministrazione <strong>di</strong> farmaci<br />

non è esclusiva della chi rurgia; anche<br />

la me<strong>di</strong>cina palliativa, nelle fasi terminali<br />

<strong>di</strong> malattie degene rative croniche<br />

come i tumori, può farvi ricorso a<br />

precise con<strong>di</strong>zioni: si parla in tali casi<br />

<strong>di</strong> sedazione farma cologica o sedazione<br />

palliativa. A que sto proposito è stato<br />

qualche tempo fa pubblicato dall’agenzia<br />

Fides della Congregazione per<br />

l’evangelizzazione dei popoli un dossier<br />

che tra le altre problematiche <strong>di</strong> fine<br />

vita affronta an che quella della sedazione<br />

farmacolo gica nell’ambito appunto<br />

della me<strong>di</strong> cina palliativa. Il documento<br />

ci permette <strong>di</strong> fare alcune considerazioni<br />

su una questione tanto delicata<br />

dal pun to <strong>di</strong> vista bioetico quanto<br />

frequentemente bistrattata dai mass me<strong>di</strong>a<br />

in occasione <strong>di</strong> casi eclatanti finiti<br />

sulle prime pagine <strong>di</strong> giornali e notiziari<br />

te levisivi.<br />

La sedazione farmacologica, quan do è<br />

profonda, continua e intenziona le, consiste<br />

nella somministrazione <strong>di</strong> un farmaco<br />

con lo scopo <strong>di</strong> far perdere la coscienza<br />

a un malato in fase terminale<br />

gravato dalla presenza <strong>di</strong> uno o più sintomi<br />

refrattari. Tale de finizione permette<br />

<strong>di</strong> far emergere quelle precise con<strong>di</strong>zioni<br />

alle quali so pra ci riferivamo e che,<br />

allo scopo <strong>di</strong> fugare qualsiasi dubbio,<br />

possiamo esa minare con or<strong>di</strong>ne.<br />

Innanzitutto il nome: «sedazione farmacologica».<br />

Sarebbe bene non utilizzare<br />

l’espressione «sedazione ter -<br />

minale» dal momento che quest’ulti ma<br />

potrebbe indurre a pensare che la sedazione,<br />

in alcuni casi, rivesta il ruolo <strong>di</strong><br />

9


una pratica eutanasica volta ad abbreviare<br />

intenzionalmente la vi ta <strong>di</strong> un paziente.<br />

Un importante do cumento della<br />

European Association of Palliative Care<br />

del 2003 è chiarissi mo in proposito:<br />

a livello <strong>di</strong> intenzio ne, <strong>di</strong> procedura utilizzata<br />

e <strong>di</strong> risul tato ottenuto la sedazione<br />

è tutt’altra cosa rispetto all’eutanasia.<br />

L’intenzio ne è infatti quella <strong>di</strong> far<br />

fronte a sintomi refrattari e non <strong>di</strong> uccidere<br />

il malato, la procedura esclude la<br />

som ministrazione <strong>di</strong> farmaci letali e il<br />

ri sultato è quello <strong>di</strong> far dormire profon -<br />

damente il paziente, non <strong>di</strong> ucciderlo.<br />

Questo è talmente vero che gli stu<strong>di</strong> delle<br />

curve <strong>di</strong> sopravvivenza <strong>di</strong> malati sedati<br />

rispetto a quelli non sedati a parità<br />

<strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni cliniche iniziali mostrano<br />

una sopravvivenza maggiore nel primo<br />

gruppo, rendendo in tal modo perfino<br />

superfluo il ricorso al principio del doppio<br />

effetto per giusti ficare eticamente<br />

tale procedura.<br />

In secondo luogo i farmaci: le ben -<br />

zo<strong>di</strong>azepine sono i più frequentemente<br />

utilizzati per ottenere il sonno profon -<br />

do. Né la morfina – largamente usa ta<br />

per il controllo del dolore, della <strong>di</strong> spnea,<br />

cioè della sensazione <strong>di</strong> fame d’aria, e<br />

della tosse in fase avanzata <strong>di</strong> malattia<br />

– né i cocktail <strong>di</strong> più molecole dovrebbero<br />

trovare appli cazione in tal campo.<br />

Inoltre la definizione so pra fornita parla<br />

<strong>di</strong> «malato terminale»: la sedazio ne<br />

farmacologica è e deve restare pratica<br />

rara in cure palliative, riservata a quei<br />

casi che si trovano a po chissimi giorni<br />

dal naturale decesso, a volte a poche ore.<br />

I maggiori centri euro pei <strong>di</strong> cure palliative<br />

riferi scono <strong>di</strong> percentuali <strong>di</strong> malati<br />

sedati che in genere non superano il<br />

5 o 10 per cento del totale dei pazienti<br />

seguiti e ciò è ampiamente confermato<br />

anche dalla no stra esperienza degli ultimi<br />

<strong>di</strong>eci anni.<br />

Infine i sintomi per i quali si decide <strong>di</strong><br />

intervenire sedando il malato devono<br />

essere rigorosamente «refrattari»; devono<br />

cioè essere intrattabili con i comuni<br />

farmaci che non alterano lo stato<br />

<strong>di</strong> coscienza. Ci sentiamo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re che oltre<br />

ai farmaci ogni misura terapeutica<br />

nel senso più pieno del termine deve essere<br />

tentata prima <strong>di</strong> considerare realmente<br />

«refrattario» un sintomo; se questo<br />

è vero per i sintomi fisici lo è ancora<br />

<strong>di</strong> più per quelli psi chici, originati o<br />

esacerbati dall’ab bandono terapeutico<br />

e umano nel quale si trovano spesso i<br />

malati in fin <strong>di</strong> vita. «La richiesta <strong>di</strong><br />

farla finita – scriveva Paolo Cattorini<br />

– è per lo più una travestita domanda<br />

<strong>di</strong> confor to: per l’incuria e il silenzio<br />

in cui mi avete confinato, chiedo<br />

<strong>di</strong> venir sot tratto a patimenti che,<br />

da solo, non riuscirei a sopportare».<br />

Il triste caso <strong>di</strong> Piergiorgio Welby ci permette<br />

infine <strong>di</strong> fare un esempio <strong>di</strong> quanto<br />

sia fondamentale l’esattezza terminologica<br />

nel trattare argomenti così<br />

complessi e ricchi <strong>di</strong> implicazioni etiche:<br />

si è letto più volte che la seda zione<br />

farmacologica sarebbe stata uti lizzata,<br />

nel caso in questione, come mezzo per<br />

ottenerne la morte. Le cose stanno <strong>di</strong>versamente;<br />

e ancora una volta «assolvono»<br />

la sedazione farma cologica:<br />

Welby è morto per l’insuffi cienza respiratoria<br />

provocata dalla so spensione<br />

della respirazione artificiale. Dal momento<br />

che tale manovra avrebbe inevitabilmente<br />

provocato l’atroce sofferenza<br />

<strong>di</strong> una morte ac compagnata dalla sensazione<br />

<strong>di</strong> soffo camento, il paziente è<br />

stato sedato profondamente prima del<br />

<strong>di</strong>stacco del respiratore.<br />

Il sonno ha preceduto la morte, non l’ha<br />

causata; solamente eliminan do i problemi<br />

che sempre derivano dalla coscienza<br />

ha fatto cadere con es sa le ultime<br />

primor<strong>di</strong>ali <strong>di</strong>fese oltre le quali è rimasto<br />

solo un volto da contemplare nella<br />

sua fragilità. Tornano alla mente le<br />

parole <strong>di</strong> Lévinas: «L’as soluta nu<strong>di</strong>tà<br />

del volto, questo volto assolutamente<br />

in<strong>di</strong>feso, senza schermo, senza abito,<br />

senza maschera, è tuttavia ciò che si<br />

oppone al mio potere su <strong>di</strong> esso».<br />

Fer<strong>di</strong>nando Cancelli<br />

10


Visita pastorale<br />

a Villa Pia<br />

Martedì 28 aprile scorso, accolto dalla<br />

squisita cortesia delle sorelle Bottari, titolari<br />

della Casa <strong>di</strong> Cura e dal Dr. Massimo<br />

Cicchinelli responsabile me<strong>di</strong>co,<br />

S. E. Mons. Armando Brambilla Vescovo<br />

Ausiliare <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> e delegato per la<br />

Pastorale Sanitaria negli Ospedali, ha<br />

fatto visita alla clinica Villa Pia. Nella<br />

raccolta e suggestiva cappella, alla presenza<br />

del cappellano Don Luis Fernando<br />

Yepes Acevedo concelebrante e delle<br />

suore della Passione <strong>di</strong> Nostro Signore<br />

Gesù Cristo che prestano il loro servi-<br />

zio apostolico nella struttura, insieme ad<br />

alcune rappresentanze <strong>di</strong> operatori sanitari<br />

me<strong>di</strong>ci e parame<strong>di</strong>ci e <strong>di</strong> pazienti, ha<br />

avuto luogo la celebrazione della S. Messa.<br />

È seguita una lunga visita a tutti i reparti<br />

(me<strong>di</strong>cina, chirurgia, ginecologia e<br />

ostetricia, urologia) ove il Vescovo è sostato<br />

bene<strong>di</strong>cente avendo per ogni sofferente<br />

parole <strong>di</strong> conforto e <strong>di</strong> augurio.<br />

Dopo una breve pausa negli uffici della<br />

Direzione è seguito un rinfresco e la visita<br />

si è conclusa. Le nostre più vive congratulazioni<br />

alla proprietà per l’eccellenza<br />

delle strutture alberghiere e la ricca<br />

dotazione dei servizi. Grande la <strong>di</strong>sponibilità<br />

del personale che vi presta la<br />

sua opera. Ad maiora!<br />

Dr. Sergio Mancinelli<br />

Dopo la visita del Vescovo<br />

alla clinica Guarnieri<br />

Eccellenza Reveren<strong>di</strong>ssima non è solo<br />

il dovere la ragione <strong>di</strong> questa lettera<br />

<strong>di</strong> ringraziamento, ma è la certezza<br />

<strong>di</strong> averLa avuta come ospite illustre<br />

nella nostra comunità sanitaria, che<br />

per anni, unico presi<strong>di</strong>o ospedaliero<br />

nella parte sud orientale della città <strong>di</strong><br />

<strong>Roma</strong>, l’hanno contrad<strong>di</strong>stinta e caratterizzata.<br />

È a fianco <strong>di</strong> persone come Lei , che<br />

partecipano attivamente e <strong>di</strong>vulgano<br />

con la propria testimonianza «la presenza<br />

e l’azione della Chiesa per recare<br />

luce e la grazia del Signore a coloro<br />

che soffrono e a quanti ne prendono<br />

cura» che troviamo la forza per<br />

continuare nella nostra missione.<br />

È stata una bella esperienza che tutti<br />

hanno vissuto intensamente.<br />

La ringrazio sentitamente.<br />

dott. Domenico Zerella<br />

La mia vita<br />

appartiene a Dio<br />

Il 24 luglio voi mi deste la vita<br />

Io l’ho vissuta sempre<br />

In vostra compagnia<br />

E spero <strong>di</strong> finirla con voi<br />

E così sia.<br />

Gran<strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazioni e gioie<br />

Mi avete concesso<br />

Anche se nel declino<br />

Ove mi trovo adesso<br />

Qualche affanno mi angustia<br />

Forse perché ho peccato<br />

E spesso son costretto<br />

Ad essere ammalato.<br />

Son contento lo stesso<br />

Perché so che il mio io<br />

Un giorno potrà essere<br />

Vicino a voi<br />

Mio Dio.<br />

Aldo Longo Bifano<br />

11


Anche quest’anno, così come ormai avviene da ben do<strong>di</strong>ci anni,<br />

dome nica 17 maggio la famiglia della Pastorale Sanitaria si è<br />

ritrovata, sempre numerosa, presso il teatro della parrocchia della<br />

Natività in Via Gallia per l’attribuzione del premio «Il Buon Samaritano».<br />

In apertura S.E. Mons. Armando Brambilla, ideatore del «Premio», ha<br />

rivolto il suo saluto ai presenti sottolineando che il riconoscimento del<br />

«Buon Samaritano», in questi 12 anni, ha premiato un folto numero <strong>di</strong><br />

persone appartenenti a <strong>di</strong>verse categorie (sacerdoti, suore, infermieri,<br />

volontari, gruppi ed associazioni, ammalati, familiari, alla memoria).<br />

In tutti i destinatari è stata evidenziata una innata<br />

vocazione a donarsi agli altri in silenzio,<br />

senza fare chiasso e soprattutto senza mai pubblicizzare<br />

il lo ro operato in favore dei più sfortunati,<br />

degli ultimi e degli infermi, sempre<br />

cercando <strong>di</strong> lenire ed alleviare i tanti mali che<br />

affliggono l’umanità.<br />

Per il rituale intrattenimento, padre Carmelo<br />

Vitrugno – cappellano dell’ospedale S.<br />

Pertini – ha invitato due giovani ricercatori<br />

dell’Istituto Superiore <strong>di</strong> Sanità, appassionati<br />

<strong>di</strong> musica: Giampaolo ed Antonella.<br />

Per oltre un’ora ci hanno allietato con<br />

belle melo<strong>di</strong>e esibendosi in vari brani <strong>di</strong><br />

musica sacra (una particolare «Ave Maria»)<br />

e <strong>di</strong> mu sica leggera con canzoni <strong>di</strong> Celentano, Matia Bazar,<br />

etc. Le ottime doti canore dei giovani artisti hanno riscosso il gra<strong>di</strong>mento<br />

del nu trito pubblico che ha tributato loro lunghi applausi.<br />

Dopo l’intervallo musicale si è entrati nel vivo della consegna dei riconoscimenti<br />

con la collaborazione della giornalista Maria Grazia Giordano,<br />

presidente dell’associazione S.O.S. Alzheimer, che si è gentilmente<br />

prestata al ruolo della «presentatrice».<br />

Per i cappellani è stato premiato Mons. Giacomino Feminò del com -<br />

plesso Columbus che si è sempre pro<strong>di</strong>gato senza risparmio per chiun -<br />

que fosse bisognoso <strong>di</strong> aiuto.<br />

Per i me<strong>di</strong>ci la targa è stata attribuita «alla memoria» al dr. Ste fano<br />

Ricciar<strong>di</strong> che visse sempre la sua professione con spirito missionario<br />

ed al dr. Michelangelo Malacrinis che nell’ambito della Caritas ha<br />

prestato le sue cure agli immigrati assumendo anche l’incarico <strong>di</strong> re-


sponsabile per l’assistenza ai malati <strong>di</strong> AIDS. Ora è <strong>di</strong>rettore del centro<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>agnosi e cura dell’ipertensione dell’ospedale S. Giovanni-Addolorata.<br />

È stata poi la volta dei volontari che si spendono per i malati assistendoli<br />

con <strong>di</strong>screzione, amorevolezza, costanza ed entusiasmo: Brixia Aprile<br />

(Arvas), Jole Cevoli, Adriana Rosini e Rossana Di Paolo (Arvas ospedale<br />

S. Giovanni-Addolorata), Maria <strong>Roma</strong>na Rinal<strong>di</strong> (Opera ospedaliera<br />

S. Vincenzo de’ Paoli), Iolanda Farina (ospedale S. Pertini), Gabriella<br />

Bossi e Lucia Ferretti (ospedale G. B. Grassi <strong>di</strong> Ostia), Nino Pinna<br />

(Mini stro della Comunione ospedale S. Eugenio), Maria Palumbo<br />

(Arvas e catechi sta parrocchia S. Monica <strong>di</strong> Ostia), Serena Pagliari (Arvas<br />

ospedale S. Eugenio) ed infine Antonio<br />

Grottoli, ex carabiniere che più volte<br />

si è fatto carico, con generosità, <strong>di</strong> varie<br />

problematiche inerenti la salute psico-fisica<br />

<strong>di</strong> persone ospiti <strong>di</strong> ospedali e<br />

case <strong>di</strong> cura.<br />

Anche gli infermieri Maria Antonietta<br />

Nardella (ospedale S. Eugenio) ed alcune<br />

appartenenti alla Scuola Convitto Regina<br />

Elena (SCRE) del Policli nico Umberto<br />

I, hanno ritirato la targa loro assegnata<br />

per l’impegnativo lavoro svolto<br />

con i malati svolgendo la loro professione<br />

con grande preparazione e generosità.<br />

Per i gruppi il premio è stato attribuito ai «volontari ed operatori per i malati<br />

<strong>di</strong> Alzheimer e <strong>di</strong> demenza» (O.M.A.) per 1’impegno, la de<strong>di</strong>zione e<br />

la competenza <strong>di</strong>mostrate. Questi operatori hanno po tuto svolgere la loro<br />

attività grazie all’iniziativa dell’associazione SOS Alzheimer ed alle<br />

suore del centro Sacro Cuore che mettono gentilmente a <strong>di</strong>sposizione i locali<br />

per l’intrattenimento dei pa zienti e dei loro familiari.<br />

In un clima festoso si è conclusa la cerimonia con la bene<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> S.E.<br />

Mons. Brambilla e con il suo incitamento a rendere cre<strong>di</strong>bile la parola<br />

<strong>di</strong> Gesù con il nostro comportamento.<br />

Purtroppo non vi è stato il solito «rinfresco» delle suore. Crisi economica...<br />

docet!!! Speriamo che per riparare sia più consistente e fornito<br />

il prossimo anno.<br />

Maria Adelaide Fioravanti


I parte: anni 1998-2000<br />

Il Centro <strong>di</strong> aiuto alla vita Eur S. Eugenio<br />

compie 10 anni - Ecco la storia<br />

Al 31-12-08 risulta che il nostro CAV ha<br />

aiutato, seguito e salvato ben 220 bambini<br />

con le loro mamme. È un dato che<br />

ci riempie <strong>di</strong> gioia oggi, inimmaginabile<br />

all’atto della fondazione. Infatti basterebbe<br />

un solo bambino salvato dall’aborto<br />

per regalarci una gioia intramontabile,<br />

<strong>di</strong>rei eterna.<br />

Nel 1990 ebbi l’occasione <strong>di</strong> collaborare<br />

con il CAV <strong>di</strong> Palermo e rimasi colpito<br />

dal gran numero <strong>di</strong> volontari e dalla<br />

passione che animava quelle persone. A<br />

partire da quel momento la mia sensibilità<br />

restò «toccata» (per grazia <strong>di</strong> Dio)<br />

dall’insuperabile fascino del mistero della<br />

vita.<br />

I film che mi fecero vedere e poi il libretto<br />

«La vita umana prima meraviglia» risultarono<br />

per me come una impronta indelebile,<br />

un incontro tangibile con la<br />

straor<strong>di</strong>naria bellezza e grandezza <strong>di</strong> Dio<br />

presente nello sviluppo dell’embrione e<br />

del feto. Chi mai avrebbe potuto bloccare<br />

quel mirabile e formidabile sviluppo<br />

dell’embrione? Cioè quel pro<strong>di</strong>gio talmente<br />

grande che supera le nostre capacità<br />

ricettive e che già possiede l’infinita<br />

<strong>di</strong>gnità <strong>di</strong> un essere umano.<br />

Chi mai (pensavo) avrebbe potuto bloccare<br />

Dio in persona che fa sviluppare un<br />

essere umano e irripetibile nell’arco dell’intera<br />

vita dell’Universo? Se Cristo Signore<br />

nostro ci ha comandato <strong>di</strong> aiutare<br />

i poveri, l’embrione e il feto sono in assoluto<br />

i più poveri e in<strong>di</strong>fesi <strong>di</strong> tutti, perché<br />

non possono neanche parlare.<br />

Operando come cappellano negli ospedali<br />

<strong>di</strong> <strong>Roma</strong> fin dal 1994, mi ero chiesto<br />

ripetutamente, lungo gli anni, perché<br />

non si potesse fare nulla per salvare almeno<br />

qualcuna <strong>di</strong> quelle tre<strong>di</strong>cimila vite<br />

umane abortite ogni anno negli ospedali<br />

<strong>di</strong> <strong>Roma</strong>.<br />

Davanti ad una trage<strong>di</strong>a così immane come<br />

posso io rassegnarmi alla passività<br />

totale? Non sono forse anch’io un essere<br />

umano chiamato per natura alla solidarietà?<br />

E la carità <strong>di</strong> Cristo forse non<br />

brucia? II mio essere sacerdote non mi<br />

dona, in aggiunta, nessuna spinta? Perché<br />

mai quei cappellani ospedalieri (con<br />

cui ne parlai) <strong>di</strong>ssero che non si può far<br />

niente? E come è possibile, allora, che<br />

già esistono CAV interni in tanti ospedali<br />

d’Italia? Perché solo a <strong>Roma</strong> sarebbe<br />

impossibile fare ciò che è stato fatto altrove?<br />

Proprio a <strong>Roma</strong>! <strong>Roma</strong> che è il<br />

centro della cristianità universale! Proprio<br />

a <strong>Roma</strong> dove c’è il Papa, suo Vescovo,<br />

che è così fortemente appassionato<br />

e martellante sul tema dell’aborto!<br />

Appena fui nominato dal Vescovo per<br />

la prima volta coor<strong>di</strong>natore della Cappellania<br />

<strong>di</strong> un ospedale romano imme<strong>di</strong>atamente<br />

mi misi all’opera per fondare<br />

un CAV interno all’ospedale. Tanto<br />

più che mi accorsi che a <strong>Roma</strong> mancava<br />

anche un sufficiente numero <strong>di</strong><br />

CAV sparsi sul territorio. Era il 28 settembre<br />

1998 quando con la prima volontaria<br />

andai a parlare con Olimpia Tarzia,<br />

segretaria nazionale del Movimento<br />

per la Vita, per chiedere a lei aiuto e<br />

consiglio. Non si può pensare che una<br />

città con più <strong>di</strong> tre milioni <strong>di</strong> abitanti<br />

possa essere servita sufficientemente da<br />

un solo CAV sul territorio, per quanto<br />

eroico e lodevole possa essere.<br />

14


In genere fa paura il pensiero <strong>di</strong> dover<br />

sfidare la legge sull’aborto all’interno<br />

proprio <strong>di</strong> un ospedale pubblico ove si<br />

praticano con <strong>di</strong>sinvoltura migliaia <strong>di</strong><br />

aborti l’anno.<br />

Per questo motivo si preferisce in genere<br />

non esporsi a rischi e pericoli. La<br />

realtà, invece, è per nostra fortuna opposta:<br />

è precisamente la legge dello Stato<br />

sull’aborto che prevede la collaborazione<br />

con associazioni <strong>di</strong> volontariato;<br />

allo scopo <strong>di</strong> tutelare la vita del nascituro<br />

e <strong>di</strong> evitare che l’aborto (I.V.G. ) <strong>di</strong>venti<br />

un mezzo anticoncezionale.<br />

Dunque non si deve<br />

avere nessun timore<br />

infondato, perché un<br />

piccolo CAV nascente<br />

può essere tutelato<br />

e favorito da<br />

una forte organizzazione<br />

che è il Movimento<br />

Nazionale<br />

per la Vita e la Federazione<br />

nazionale<br />

dei CAV.<br />

Come è nato il CAV<br />

nell’ospedale S. Eugenio<br />

La vita è un dono.<br />

La fondazione del CAV interno a un<br />

ospedale è sì impegnativa ma meno <strong>di</strong>fficile<br />

<strong>di</strong> quanto si possa immaginare. Lo<br />

<strong>di</strong>co per esperienza vissuta. Infatti è sicuro<br />

che in un ospedale vi sono molti me<strong>di</strong>ci,<br />

infermieri e <strong>di</strong>pendenti vari che sono<br />

obiettori e che in una qualche misura<br />

hanno sul problema dell’aborto una sensibilità<br />

più spiccata rispetto alla massa.<br />

È sufficiente iniziare, senza gran<strong>di</strong> pretese,<br />

con un non grande numero <strong>di</strong> volontari<br />

interni e anche <strong>di</strong> volontari esterni.<br />

Bisogna <strong>di</strong>ffondere la voce nei gruppi<br />

e movimenti delle parrocchie vicine<br />

all’ospedale.<br />

Un qualsiasi frequentatore <strong>di</strong> un gruppo<br />

può dare l’avviso a un loro incontro. Le<br />

donne più sensibili al problema si passano<br />

facilmente voce l’una con l’altra: è<br />

questo l’apporto più prezioso. Diffondere<br />

la voce anche presso tutti i volontari<br />

già presenti in ospedale affinché ognuno,<br />

a sua volta, possa <strong>di</strong>ffondere la voce<br />

presso amici e parenti. In questo modo<br />

sono arrivate a me decine <strong>di</strong> richieste <strong>di</strong><br />

adesione a causa del fatto che l’aborto è<br />

profondamente sentito, come una sconfitta,<br />

specie da chi lo ha subito sia spontaneamente<br />

che volontariamente.<br />

Il problema non è<br />

consistito nella scarsità<br />

delle adesioni,<br />

ma al contrario nell’abbondanza<br />

<strong>di</strong> esse<br />

e quin<strong>di</strong> nel sapere<br />

<strong>di</strong>scernere e accettare<br />

solo coloro<br />

che rifiutano l’aborto<br />

con decisione, anche<br />

nella eventualità<br />

<strong>di</strong> figli han<strong>di</strong>cappati<br />

e che, cosa per me<br />

importante, in aggiunta<br />

abbiano avuto<br />

una sufficiente militanza in qualche<br />

gruppo cattolico che abbia donato loro<br />

delle sicure basi <strong>di</strong> fede e <strong>di</strong> dottrina. Il<br />

campo <strong>di</strong> attività è delicato, e almeno alla<br />

partenza ho ritenuto necessario avere<br />

persone assolutamente sicure.<br />

In primo luogo dunque ho fatto un paziente<br />

lavoro <strong>di</strong> lungo colloquio con ogni<br />

singolo aspirante volontario. Raccolti i<br />

primi volontari affidabili ho iniziato a<br />

fare riunioni <strong>di</strong> formazione allo scopo<br />

anche <strong>di</strong> farli conoscere fra loro. Sia per<br />

i percorsi burocratici, sia per la formazione<br />

dei volontari, ci sono stati molto<br />

vicini e stupendamente premurosi il Movimento<br />

per la vita romano e la segreteria<br />

nazionale del Movimento. Come sede<br />

avemmo per circa un anno l’alloggio<br />

dei cappellani: si tratta <strong>di</strong> fare ogni due<br />

15


Ogni bimbo è un capolavoro <strong>di</strong> Dio.<br />

mesi l’incontro del Consiglio Direttivo;<br />

infatti non c’è assolutamente bisogno <strong>di</strong><br />

organizzare turni all’interno della sede:<br />

è sufficiente <strong>di</strong>ffondere il numero del<br />

cellulare del presidente e dei soci che sono<br />

<strong>di</strong>pendenti dell’ospedale e quin<strong>di</strong> reperibili<br />

imme<strong>di</strong>atamente per ogni urgenza.<br />

Inoltre ricevemmo dal parroco<br />

della parrocchia dello «Spirito Santo»<br />

il permesso <strong>di</strong> usare frequentemente i locali<br />

della parrocchia.<br />

Durante il 1999 venimmo a volte chiamati<br />

dai me<strong>di</strong>ci anestesisti che in ambulatorio<br />

fanno una visita a quelle donne<br />

che giorni dopo devono affrontare<br />

l’intervento <strong>di</strong> aborto. Scrivemmo lo statuto,<br />

l’Atto giuri<strong>di</strong>co <strong>di</strong> fondazione dell’Associazione<br />

(il 31 maggio), la Convenzione<br />

tra il CAV e l’Azienda USL<br />

che permette il libero accesso in ospedale<br />

ai soci del CAV e ottenemmo la accettazione<br />

del nostro ingresso nella fondazione<br />

nazionale dei CAV.<br />

Tutti ci auguriamo, a partire dal Papa,<br />

anzi, a partire dal Signore e da Maria<br />

SS.ma Annunziata, che possa <strong>di</strong>ffondersi<br />

negli ospedali <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> e sul territorio<br />

questo volontariato così prezioso.<br />

Successivamente sentimmo l’esigenza<br />

<strong>di</strong> ra<strong>di</strong>care il CAV sul territorio dell’EUR<br />

coinvolgendo alcune parrocchie vicine,<br />

qualche Istituto religioso e altre realtà e<br />

aggregazioni laicali. Per questo motivo<br />

c’era assolutamente bisogno <strong>di</strong> avere una<br />

sede esterna all’ospedale, perché l’alloggio<br />

dei cappellani e la cappella ospedaliera<br />

erano inadeguate a ricevere gestanti<br />

per colloqui con psicologi o con<br />

le volontarie. Provammo pure a chiedere<br />

un locale interno all’Ospedale, ma i<br />

locali erano inesistenti e contesi ferocemente<br />

dai primari. Quin<strong>di</strong> iniziammo a<br />

spargere voce che cercavamo un appartamento<br />

gratuito (o quasi) all’Eur, ove i<br />

prezzi degli affitti sono alle stelle!<br />

La Provvidenza ci fece trovare un piano<br />

terra <strong>di</strong> proprietà <strong>di</strong> un condominio<br />

<strong>di</strong> un palazzo, grazie al suggerimento <strong>di</strong><br />

un socio, Salvatore Terlizzi, che abitava<br />

proprio in quello stabile. E così si<br />

fortificò l’associazione con l’aiuto anche<br />

della parrocchia dello Spirito Santo<br />

e della bene<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> S.E. Mons. Rino<br />

Fisichella, vescovo ausiliare del Settore<br />

Sud <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> che venne a inaugurare<br />

la nuova sede nell’anno duemila.<br />

Nel giugno del 2000 arrivò la bene<strong>di</strong>zione<br />

solenne non <strong>di</strong> un vescovo ma del<br />

Signore stesso in persona: fu eletta alla<br />

carica <strong>di</strong> presidente del CAV la dott. ssa<br />

Miranda Lucchini. Miranda era da poco<br />

andata in pensione e grazie al suo<br />

tempo libero e al suo enorme bagaglio<br />

<strong>di</strong> esperienze accumulate nella sua vita<br />

lavorativa <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigente amministrativo<br />

della ASL <strong>Roma</strong> C, trasformò in pochi<br />

anni il CAV nascente in una struttura <strong>di</strong><br />

grande serietà professionale nonché <strong>di</strong><br />

importanti collegamenti con molte strutture<br />

pubbliche e private <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>, del<br />

Lazio e nazionali; e con le fondazioni<br />

bancarie. I bambini salvati sono <strong>di</strong>ventati<br />

centinaia, con la nostra gioia eterna.<br />

Ma a questo punto lascio la parola<br />

a Miranda nella prossima puntata.<br />

Don Nicola Mariangeloni<br />

Cappellano Coor<strong>di</strong>natore<br />

Ospedale S. Eugenio<br />

16


Che cosa è<br />

la pillola<br />

Ru 486<br />

e perché<br />

esserne<br />

contrari<br />

LaRu 486 non<br />

è una me<strong>di</strong>cina.<br />

Non cura alcuna<br />

malattia. Non aiuta la<br />

vita, la stronca sul nascere<br />

perché è una pillola abortiva. La Ru 486<br />

non è amichevole nei confronti delle<br />

donne. Non realizza in alcun modo un<br />

aborto indolore, posto che sia pos sibile<br />

realizzarlo.<br />

È al contrario un sistema abortivo al -<br />

tamente controverso anche dal punto <strong>di</strong><br />

vista della sua sicurez za ed efficienza clinica.<br />

Più importante ancora, la pillola abortiva<br />

tende a deresponsabilizzare il sistema<br />

me<strong>di</strong>co, e a ridurlo a <strong>di</strong>spensario <strong>di</strong><br />

veleni, e lascia sole le donne, inducendole<br />

a una sofferenza fisica e psichica prolungata<br />

e domestica, molto simile alle vecchie<br />

procedure dell’aborto clandestino.<br />

Per queste ragioni etiche siamo contrari<br />

alla pillola Ru 486 e alla sua introduzione<br />

in Italia, anche perché la sua<br />

utilizzazione è incompatibile con le norme<br />

della legge 194/1978.<br />

E pensiamo che occorra fare <strong>di</strong> tutto, ciascuno<br />

nelle forme pertinenti il proprio ruolo,<br />

per impe<strong>di</strong>rla. Jerome Lejeune, noto<br />

genetista scopritore della sindrome <strong>di</strong><br />

Down, definì la Ru 486 come un «pesticida<br />

umano».<br />

La carità<br />

La carità è come ‘na fiammella<br />

de ‘na cannela, a tutti da’ la luce<br />

senza <strong>di</strong>stingue er bono da chi è truce,<br />

è silenziosa e nun s’atteggia a stella,<br />

e nun pretenne manco d’esse amata<br />

fino a chè nun s’è tutta consumata.<br />

Elio Cesari<br />

(detto Cesaretto)<br />

La vita è come er sole<br />

Come er sole ci ha fatto er creatore,<br />

che quanno nasce all’arba è frizzantino,<br />

a mezzogiorno è er gran trionfatore,<br />

poi lemme lemme ariva er ponentino,<br />

quanno senti sonà l’Ave Maria<br />

ariva er bujo che te porta via.<br />

Elio Cesari<br />

(detto Cesaretto)<br />

17


Etica, bioetica e morale. Espressioni frequenti<br />

nelle tematiche comunicative mass<br />

me<strong>di</strong>ali, <strong>di</strong>rei quasi abusate, ma non tradotte<br />

spesso in comportamenti. Questi<br />

termini nella loro accezione, hanno significati<br />

<strong>di</strong>fferenti, essendo infatti «l’etica”<br />

una riflessione basata su motivi razionali<br />

e «la morale” una riflessione sostenuta<br />

da premesse <strong>di</strong> fede. Le etiche a<br />

cui noi dobbiamo fare riferimento sono<br />

«l’etica professionale» che esprime i<br />

comportamenti che caratterizzano una<br />

attività professionale e la «bioetica» che<br />

prende in considerazione «le questioni<br />

etiche, giuri<strong>di</strong>che, filosofiche e teologiche<br />

che sono poste o dovrebbero essere<br />

poste nella società per effetto dello<br />

sviluppo delle scienze biome<strong>di</strong>che».<br />

Il buon senso e la sapienza<br />

del cuore ci inducono<br />

a delle considerazioni<br />

<strong>di</strong> contenuto<br />

spirituale, morale<br />

e religioso. Il<br />

progre<strong>di</strong>re delle<br />

bioscienze, i<br />

progressi significativi<br />

delle<br />

biotecnologie,<br />

rendendo sempre<br />

più attuali e pressanti<br />

le responsabilità<br />

che investono la categoria professionale<br />

dei me<strong>di</strong>ci, dovrebbero suggerire<br />

una estrema prudenza affinché<br />

l’uomo non scada ad oggetto <strong>di</strong> ricerca,<br />

non corra pericoli <strong>di</strong> vita o peggiori il suo<br />

male e sia rispettato per quello che è, cioè<br />

«“persona” dal primo istante del suo<br />

concepimento fino all’ultimo istante<br />

del suo alito vitale». Questi motivi impongono<br />

l’attuazione <strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce etico<br />

rigoroso, affinché gli interessi particolari<br />

economici e ideologici non assumano<br />

un significato negativo e contrario alla<br />

sacralità dell’uomo.<br />

Diamo dunque spazio all’etica delle virtù,<br />

Cenni sulle<br />

problematiche<br />

della bioetica<br />

all’etica dei principi e dei valori. «Il male<br />

e il bene non sono problemi scientifici,<br />

ma resta il fatto che comunque l’etica<br />

occupa un posto ben preciso accanto,<br />

dentro e al <strong>di</strong> là dell’aspetto scientifico».<br />

«Corpore et anima unus». Questa<br />

la visione antropologica cui fare riferimento<br />

per fornire risposte cristiane alle<br />

problematiche poste dall’incedere tumultuoso<br />

e incontrollato delle conquiste biome<strong>di</strong>che.<br />

La supremazia morale che proviene<br />

dagli insegnamenti del Vangelo, abilita<br />

la Chiesa a compiere il suo dovere apostolico<br />

allorché si pone in coraggioso confronto<br />

con il tecnicismo laico e i pronunciamenti<br />

bioetici suggeriti da cre<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi,<br />

«promuovendo la “cultura della vita”»<br />

che si contrappone alla «cultura<br />

della morte».<br />

L’etica universale e<br />

il Magistero, sollecitano<br />

i me<strong>di</strong>ci e<br />

i ricercatori ad<br />

una visione olistica<br />

dell’uomo<br />

e li invitano ad<br />

acquisire un<br />

sempre più approfon<strong>di</strong>to<br />

sapere<br />

capace <strong>di</strong> esprimere<br />

una etica me<strong>di</strong>ca che<br />

consigli interventi terapeutici<br />

adatti a porre rime<strong>di</strong>o non<br />

solo ai danni fisici ma anche a quelli spirituali.<br />

Piena e ammirata accoglienza all’aggiornamento<br />

delle conoscenze cliniche,<br />

delle audaci esperienze della ricerca<br />

scientifica e tecnologica, ma anche assai<br />

auspicabile riappropriamento del senso<br />

morale e religioso della vita, perché il<br />

primato dell’etica possa sempre più imporsi<br />

alle coscienze in<strong>di</strong>viduali e collettive.<br />

Ancora una volta la saggezza e la<br />

elevata <strong>di</strong>mensione pastorale <strong>di</strong> Giovanni<br />

Paolo II «il grande» si esprimono attraverso<br />

la Lettera enciclica «Fides et<br />

ratio»: «La Chiesa, infatti, permane<br />

18


nella più profonda convinzione che Fede<br />

e Ragione si recano un aiuto scambievole<br />

esercitando l’una per l’altra<br />

una funzione sia <strong>di</strong> vaglio critico e purificatore,<br />

sia <strong>di</strong> stimolo a progre<strong>di</strong>re<br />

nella ricerca e nell’approfon<strong>di</strong>mento».<br />

E ancora rivolgendosi agli scienziati:<br />

«...il cammino da essi compiuto ha raggiunto,<br />

specialmente in questo secolo,<br />

traguar<strong>di</strong> che continuano a stupirci;<br />

nell’esprimere la mia ammirazione e<br />

il mio incoraggiamento a questi valorosi<br />

pionieri della ricerca scientifica,<br />

ai quali l’umanità tanto deve del suo<br />

presente sviluppo, sento il dovere <strong>di</strong><br />

esortarli a proseguire nei loro sforzi<br />

restando sempre in quell’orizzonte sapienziale<br />

in cui alle acquisizioni scientifiche<br />

e tecnologiche si affiancano i valori<br />

filosofici ed etici, che sono manifestazione<br />

caratteristica e imprescin<strong>di</strong>bile<br />

della persona umana».<br />

Dalla «Me<strong>di</strong>cina Pastoralis in usum<br />

Confessariorum» del 1891, attraverso<br />

deontologie me<strong>di</strong>che susseguitesi nel<br />

tempo, al concetto <strong>di</strong> bioetica chiusa al<br />

trascendente, che ha come espressione<br />

esplicativa «Il nuovo para<strong>di</strong>gma» accettato<br />

nell’ambito delle maggiori organizzazioni<br />

internazionali e che fa riferimento<br />

ad una nuova spiritualità senza<br />

Dio e tutta proiettata verso il benessere<br />

egoistico dell’uomo (lotta alla sovrappopolazione,<br />

al degrado ambientale, all’industrializzazione,<br />

agli integralismi<br />

ecc); e a quello <strong>di</strong> bioetica aperta «alla<br />

piena comunicazione <strong>di</strong> Dio, Padre<br />

Onnipotente che realizza in noi la verità<br />

<strong>di</strong> suo Figlio per la sua Incarnazione,<br />

Passione, Morte e Resurrezione.<br />

È la bioetica aperta che colma tutte<br />

le nostre aspirazioni portandoci per<br />

la via che è Cristo, nella pienezza dell’amore<br />

del Suo Spirito. L’Etica e la<br />

Bioetica cattoliche sono il camminare<br />

in noi <strong>di</strong> Cristo verso suo Padre attraverso<br />

la Sua morte e resurrezione, nell’amore<br />

dello Spirito Santo. La Bioetica<br />

sarà così il camminare in noi dello<br />

Spirito per le vie delle scienze della<br />

vita e della salute» (J.L. Barregan). Il<br />

nostro auspicio più convinto è che l’Etica<br />

e la Bioetica, in particolare le applicazioni<br />

pratiche biome<strong>di</strong>che, siano basate<br />

sui fondamenti intellegibili dell’or<strong>di</strong>ne<br />

morale e universale, scritto nel cuore<br />

dell’uomo da Dio stesso.<br />

Dr. Sergio Mancinelli<br />

Pagine <strong>di</strong> vita<br />

Ogni giorno è<br />

Una “Pagina nuova”<br />

Dove scorre<br />

Veloce la vita.<br />

Sono gioie, tristezze,<br />

Dolori…<br />

Emozioni, speranze<br />

Attese, illusioni…<br />

È una trama<br />

D’Amore…<br />

Un “Poema”<br />

Di storie infinite<br />

… la vita!<br />

Pur se brutta o bella<br />

O sbia<strong>di</strong>ta<br />

È un dono d’Amore<br />

La vita!<br />

Ogni vita è un libro stampato<br />

Un ricamo su<br />

“Pagine d’oro”<br />

che una mente <strong>di</strong>vina<br />

ha pensato,<br />

con cuore <strong>di</strong> Padre<br />

ha guidato!<br />

Beato chi l’ha capito<br />

E, serenamente,<br />

la sua vita<br />

a “LUI” ha affidato<br />

Santina Lamia<br />

19


È nata l’Associazione “Scienza & Vita”<br />

Alleati per il futuro dell’uomo<br />

Solo amando la vita <strong>di</strong> ciascuno fino alla fine<br />

c’è speranza <strong>di</strong> futuro per tutti.<br />

«Liberi per vivere»<br />

L’<br />

no nelle con<strong>di</strong>zioni più gravi ciò che la<br />

persona trasmette in termini affettivi,<br />

simbolici, spirituali ha una straor<strong>di</strong>naria<br />

importanza e tocca le corde più<br />

profonde del cuore umano.<br />

Certo, la possibilità <strong>di</strong> levar la mano<br />

contro <strong>di</strong> sé, <strong>di</strong> rinunciare intenzionalmente<br />

a vivere, c’è sempre stata nella<br />

storia dell’umanità: ma in nessun popolo<br />

è esistita la pretesa che questa tragica<br />

possibilità fosse elevata al rango <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ritto, <strong>di</strong> un «<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> morire», che<br />

il singolo potesse riven<strong>di</strong>care come proprio<br />

nei confronti della società.<br />

La persona umana, del resto, si sviuomo<br />

è per la vita. Tutto in noi spinge<br />

verso la vita, con<strong>di</strong>zione in<strong>di</strong>spensabile<br />

per amare, sperare e godere della libertà.<br />

Il dramma della sofferenza e la<br />

paura della morte non possono oscurare<br />

questa evidenza. Chi sta male, infatti,<br />

chiede soprattutto <strong>di</strong> non essere lasciato<br />

solo, <strong>di</strong> essere curato e accu<strong>di</strong>to<br />

con benevolenza, <strong>di</strong> essere amato fino<br />

alla fine. Anche in situazioni drammatiche,<br />

chiedere la morte è sempre l’espressione<br />

<strong>di</strong> un bisogno estremo d’amore;<br />

solo uno sguardo parziale può interpretare<br />

il <strong>di</strong>sagio dei malati e dei <strong>di</strong>sabili<br />

come un rifiuto della vita. Persi-<br />

I due precetti dell’amore<br />

È venuto il Signore, maestro <strong>di</strong> carità,<br />

pieno egli stesso <strong>di</strong> carità, a ricapitolare<br />

la parola sulla terra (cfr. Rm 9, 28), come<br />

<strong>di</strong> lui fu predetto, e ha mostrato che<br />

la Legge e i Profeti si fondano sui due<br />

precetti dell’amore. Ricor<strong>di</strong>amo insieme,<br />

fratelli quali sono questi due precetti<br />

dell’amore. Essi devono esservi ben noti<br />

e non solo venirvi in mente quando ve<br />

li richiamiamo: non si devono mai cancellare<br />

dai vostri cuori. Sempre in ogni<br />

istante abbiate presente che bisogna amare<br />

Dio e il prossimo: Dio con tutto il cuore,<br />

con tutta l’anima, con tutta la mente;<br />

e il prossimo come se stessi (cfr. Mt 22,<br />

37. 39). Questo dovete sempre pensare,<br />

me<strong>di</strong>tare e ricordare, praticare e attuare.<br />

L’amore <strong>di</strong> Dio è il primo come comandamento,<br />

ma l’amore del prossimo è primo<br />

come attuazione pratica. Colui che<br />

ti dà il comandamento dell’amore in questi<br />

due precetti, non ti insegna prima l’amore<br />

del prossimo, poi quello <strong>di</strong> Dio,<br />

ma viceversa.<br />

Siccome però Dio tu non lo ve<strong>di</strong> ancora,<br />

amando il prossimo ti acquisti il<br />

merito <strong>di</strong> vederlo; amando il prossimo<br />

purifichi l’occhio per poter vedere<br />

Dio, come chiaramente afferma Giovanni:<br />

Se non ami il fratello che ve<strong>di</strong>,<br />

come potrai amare Dio che non ve<strong>di</strong>?<br />

(cfr. 1 Gv 4, 20). Se sentendoti esor-<br />

20


luppa in una fitta rete <strong>di</strong> relazioni personali<br />

che contribuiscono a costruire<br />

la sua identità unica e la sua irripetibile<br />

biografia. Troncare tale rete è<br />

un’ingiustizia verso tutti e un danno<br />

per tutti. Teorizzare la morte come «<strong>di</strong>ritto<br />

<strong>di</strong> libertà» finisce inevitabilmente<br />

per ferire la libertà degli altri e<br />

ancor più il senso della comunità umana.<br />

Per chi crede, poi, la vita è un dono<br />

<strong>di</strong> Dio che precede ogni altro suo<br />

dono e supera l’esistenza umana; come<br />

tale non è <strong>di</strong>sponibile, e va custo<strong>di</strong>to<br />

fino alla fine. Esistono malattie<br />

inguaribili, ma non esistono malattie<br />

incurabili: la con<strong>di</strong>visione della fragilità<br />

restituisce a chi soffre la fiducia e<br />

il coraggio a chi si prende cura dei sofferenti.<br />

La vera libertà per tutti, credenti e non<br />

credenti, è quella <strong>di</strong> scegliere a favore<br />

della vita, perché solo così è possibile<br />

costruire il vero bene delle persone e<br />

della società. Per questo sentiamo <strong>di</strong> dover<br />

<strong>di</strong>re con chiarezza:<br />

tre gran<strong>di</strong> SÌ:<br />

• SÌ alla vita<br />

• SÌ alla me<strong>di</strong>cina palliativa<br />

• SÌ ad accrescere e umanizzare l’assistenza<br />

ai malati e agli anziani<br />

e tre gran<strong>di</strong> NO:<br />

• NO all’eutanasia<br />

• NO all’accanimento terapeutico<br />

• NO all’abbandono <strong>di</strong> chi è più fragile<br />

Come citta<strong>di</strong>ni sappiamo che la nostra<br />

Costituzione <strong>di</strong>fende i <strong>di</strong>ritti umani non<br />

già come principi astratti, ma come il presupposto<br />

concreto della nostra vita che è<br />

nello stesso tempo fisica e psichica, privata<br />

e pubblica. Mai come oggi la civiltà<br />

si misura dalla cura che, senza <strong>di</strong>fferenze<br />

tra persone, viene riservata a quanti<br />

sono anziani, malati o non autosufficienti.<br />

Occorre in ogni modo evitare <strong>di</strong> aggiungere<br />

pena a pena, ma anche insicurezza<br />

ad insicurezza. Chie<strong>di</strong>amo che le persone<br />

più deboli siano efficacemente aiutate<br />

a vivere e non a morire, a vivere con<br />

<strong>di</strong>gnità, non a morire per falsa pietà.<br />

tare ad amare Dio, tu <strong>di</strong>cessi: Mostrami<br />

colui che devo amare, io non potrei<br />

che risponderti con Giovanni: Nessuno<br />

mai vide Dio (cfr. Gv 1, 18). Ma<br />

perché tu non ti creda escluso totalmente<br />

dalla possibilità <strong>di</strong> vedere Dio,<br />

lo stesso Giovanni <strong>di</strong>ce: «Dio è amore;<br />

chi sta nell’amore <strong>di</strong>mora in Dio»<br />

(1 Gv 4, 16). Tu dunque ama il prossimo<br />

e guardando dentro <strong>di</strong> te donde<br />

nasca quest’amore, vedrai, per quanto<br />

ti è possibile, Dio.<br />

Comincia quin<strong>di</strong> ad amare il prossimo.<br />

Spezza il tuo pane con chi ha fame, introduci<br />

in casa i miseri senza tetto, vesti<br />

chi ve<strong>di</strong> ignudo e non <strong>di</strong>sprezzare<br />

quelli della tua stirpe (cfr. Is 58, 7). Facendo<br />

questo che cosa otterrai? «Allora<br />

la tua luce sorgerà come l’aurora»<br />

(Is 58, 8). La tua luce è il tuo Dio, egli<br />

è per te la luce mattutina perché verrà<br />

dopo la notte <strong>di</strong> questo mondo: egli non<br />

sorge né tramonta, risplende sempre.<br />

Amando il prossimo e prendendoti cura<br />

<strong>di</strong> lui, tu cammini. E dove ti conduce<br />

il cammino se non al Signore, a colui<br />

che dobbiamo amare con tutto il cuore,<br />

con tutta l’anima, con tutta la mente?<br />

Al Signore non siamo ancora arrivati,<br />

ma il prossimo l’abbiamo sempre<br />

con noi. Aiuta, dunque il prossimo con<br />

il quale cammini, per poter giungere a<br />

colui con il quale desideri rimanere.<br />

Dai “Trattati su Giovanni”<br />

<strong>di</strong> sant’Agostino, vescovo<br />

(Tratt. 17, 7-9: CCL 36, 174-175)<br />

21


Capitano Uncino – è stato lui con straor<strong>di</strong>naria<br />

ironia a battezzarsi così – non<br />

s’a spettava che il Santo Padre si avvici -<br />

nasse, ma quando la moglie gli ha detto:<br />

«Giampiero, è il Papa che ti sta accarezzando»,<br />

lui ha sorriso come solo<br />

sa fare, muovendo metà della bocca. La<br />

sindrome <strong>di</strong> Locked-in consente a Giampiero<br />

Steccato soltanto <strong>di</strong> muovere il mignolo<br />

della mano sinistra e un po’ le labbra,<br />

e non lascia speranze. «Santità – ha<br />

detto la moglie Lucia – mio marito non<br />

può vederla, ma sente e capi sce», allora<br />

il Papa ha assicurato che lo affiderà<br />

nella sua preghiera alla Madonna e pregherà<br />

per<br />

tutta la sua<br />

famiglia, per<br />

la moglie e<br />

per i figli<br />

influen za possa permettere all’umanità<br />

un futuro migliore, la pace per chi<br />

vive in guerra, un po’ <strong>di</strong> pane per coloro<br />

che hanno fame e un po’ <strong>di</strong> solida -<br />

rietà in una società troppo in<strong>di</strong>vi -<br />

dualista». Giampiero Steccato, o Ca -<br />

pitan Uncino per quell’occhio che il morbo<br />

gli ha chiuso, è fatto così: «Non chiede<br />

mai per sé», come <strong>di</strong>cono pure gli<br />

amici che lo hanno ac compagnato a <strong>Roma</strong>.<br />

Gli sta vicino l’amico <strong>di</strong> sempre,<br />

Giovanni Ba<strong>di</strong>ni, e il car<strong>di</strong>ologo Ugo<br />

Gazzola, ex pri mario a Piacenza e adesso<br />

volonta rio con la Croce Rossa Italiana.<br />

Ad accompagnarlo in questo viaggio,<br />

che nelle sue<br />

con<strong>di</strong>zioni<br />

La carezza del Papa<br />

a «Capitan Uncino»<br />

Da niele e<br />

Silvia che negli<br />

occhi portano scritto un amore straor<strong>di</strong>nario<br />

per il loro papà a cui resta soltanto<br />

un mignolo per ricambiare questo af -<br />

fetto. Giampiero Steccato ritorna a <strong>Roma</strong><br />

dopo <strong>di</strong>eci anni. Proprio a Ro ma fu<br />

colpito dal male. Ma quando il Papa ha<br />

chiesto alla signora Lucia cosa li abbia<br />

spinti a venire, lei ha ri sposto: «Per festeggiare<br />

in modo de gno i nostri 35 anni<br />

<strong>di</strong> matrimonio». Il Papa lo ha accarezzato<br />

ancora poi ha preso la lettera che<br />

quest’uomo ha dettato servendosi <strong>di</strong> un<br />

linguag gio fatto <strong>di</strong> gesti. Muovendo metà<br />

bocca e sfiorando con il mignolo della<br />

mano sinistra un sensore laser, Ca pitan<br />

Uncino ha scritto queste pa role al Papa:<br />

«Con queste poche ri ghe, vorrei trasmetterle<br />

quello che il mio corpo rischia<br />

<strong>di</strong> celare: ho vo glia <strong>di</strong> vivere, sono<br />

entusiasta e cu rioso, amo la natura<br />

e il mondo in cui ho la fortuna e il<br />

privilegio <strong>di</strong> e sistere. Sono consapevole<br />

– <strong>di</strong>ce an cora nella lettera – che la<br />

mia fortu na è frutto della volontà del<br />

Signore e ringrazio infinite volte per<br />

quanto mi viene concesso, confido proprio<br />

nel Signore e anche nella Sua<br />

perso na, perché spero che la Sua<br />

gli è spesso<br />

sembrato irrealizzabile<br />

come un so -<br />

gno, anche il<br />

vescovo <strong>di</strong> Piacenza monsignor Gianni<br />

Ambrosio. Giampiero Steccato non può<br />

muo versi senza una se<strong>di</strong>a a rotelle parti -<br />

colarmente attrezzata ed ha bisogno costante<br />

<strong>di</strong> alcune apparecchiature. Anche<br />

il figlio è raggiante: «A papà non è parso<br />

vero finché non ci sia mo imbarcati<br />

su una aereo messo a <strong>di</strong>sposizione<br />

dall’Aeronautica Mili tare». L’Arma<br />

Azzurra non è nuova a queste iniziative<br />

umanitarie. Lo ha preso in cura l’equipaggio<br />

<strong>di</strong> un C-27J della 46esima Brigata<br />

Aerea <strong>di</strong> Pisa: «Sono stati straor<strong>di</strong>nari<br />

– <strong>di</strong>ce il ragazzo –. Siamo commossi<br />

per quanto hanno fatto per noi.<br />

La gen te quando vede il mio papà, per<br />

le con<strong>di</strong>zioni in cui si trova <strong>di</strong>mostra<br />

compassione e spesso guarda dall’altra<br />

parte. Sull’aereo, invece, hanno <strong>di</strong>mostrato<br />

affetto». Giampiero sullo<br />

scialle <strong>di</strong> lana che lo protegge porta due<br />

<strong>di</strong>stintivi dell’Aeronautica, dono dell’equipaggio.<br />

Quando il Pa pa lo ha lasciato,<br />

ha detto alla moglie: «Non pensavo<br />

che mi accarezzasse». Con il mignolo<br />

e metà bocca, ma si è fatto capire.<br />

Gianni Ruggiero<br />

22


TESTIMONIANZA<br />

Testimonianza<br />

Ecco, nella sua visita alle stanze degli ammalati<br />

don Edward è giunto alla porta <strong>di</strong><br />

papà. Entra da benvenuto e subito domanda:<br />

«Quanti anni ha?» «Novantanove. È<br />

entrato nel suo centesimo anno». «Che<br />

Dio lo bene<strong>di</strong>ca! E la mamma? Da quanto<br />

tempo l’avete persa?» «La mamma?<br />

Ha novantasei anni ed è ancora molto attiva<br />

e <strong>di</strong>namica». A questo punto il volto<br />

<strong>di</strong> don Edward esprime vera meraviglia,<br />

quasi una beata costernazione, e lui m’invita<br />

a scrivere su papà un breve contributo<br />

per Diaconia.<br />

Non posso raccontare avventure fantastiche<br />

a tinte sgargianti, ma certo è stata una grande<br />

avventura, una lotta fra la vita e la morte,<br />

quella che papà ha combattuto e vinto,<br />

operato con protesi all’anca alla sua ragguardevole<br />

età. Lo vedo paziente nel letto.<br />

Tutte le infermiere lo vezzeggiano: «È un<br />

amore», <strong>di</strong>cono, mentre lui porge le <strong>di</strong>ta per<br />

farsi misurare la glicemia, si lascia cercare<br />

le vene indurite per le flebo, collabora a rigirarsi<br />

nel letto <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là, accetta con<br />

sopportazione <strong>di</strong> deglutire una pasticca dopo<br />

l’altra.<br />

Lo ricordo giovane, attraente, pieno <strong>di</strong> vita.<br />

I colleghi avvocati gli chiedevano consiglio<br />

per le loro cause, la mamma lo reclamava<br />

con affetto imperioso: «Carlo,<br />

Carlo!».<br />

Er succo<br />

der Vangelo<br />

uanno è l’ora d’anna dar Padreterno<br />

nun ci annà tutt’ignudo senza gnente,<br />

cor rischio de finì drento l’inferno,<br />

ma portete ‘n bagajo consistente<br />

pieno d’opere bone a li cristiani,<br />

ai poveri, ai drogati, ai musurmani.<br />

Elio Cesari<br />

(detto Cesaretto)<br />

esù, Nostro Divin Salvatore,<br />

che bene<strong>di</strong>cente accogli coloro<br />

che varcano la nostra soglia<br />

per chiedere aiuto:<br />

Fai che i nostri cuori siano sempre<br />

Pronti ad accoglierli,<br />

la nostra mente illuminata per capirli,<br />

le nostre mani capaci <strong>di</strong> aiutarli.<br />

Fai che in ognuno <strong>di</strong> loro<br />

ve<strong>di</strong>amo il tuo volto<br />

Sofferente rivolto a noi <strong>di</strong>cendo:<br />

«Ho sete».<br />

Fai che alla fine delle nostre fatiche<br />

Possiamo accettare la tua volontà<br />

senza esaltarci ne deprimere.<br />

Fai che nei momenti <strong>di</strong> sconforto sappiamo<br />

Chinare la testa e ripetere con Te<br />

«Abba, Padre mio!<br />

Non ciò che io voglio,<br />

ma quello che tu vuoi».<br />

Vincenzo Giulio Bilotta MEDICO<br />

È stato l’atteggiamento <strong>di</strong> papà che mi ha<br />

reso intimamente forte, capace <strong>di</strong> sopportare<br />

le vicissitu<strong>di</strong>ni dell’esistenza, perché papà<br />

mi ha fatto capire e sentire che ero protetta,<br />

che ero molto amata. Quest’affetto che<br />

ha accompagnato la mia infanzia, espresso<br />

in gesti e in parole piene <strong>di</strong> tenerezza, ma<br />

prive <strong>di</strong> permissività mi ha dato quella sicurezza<br />

in me stessa, quella fiducia nel mondo<br />

che permette <strong>di</strong> superare anche delusioni<br />

molto gravi.<br />

Papà mi leggeva la Bibbia, da bambina,<br />

quando non andavo ancora a scuola, e anche<br />

così ha gettato delle basi, importanti per<br />

il mio futuro.<br />

Ora è là, a letto, e nessuno sa quanto potrà<br />

recuperare della sua in<strong>di</strong>pendenza. Oggi<br />

però, quando gli ho chiesto se aveva bisogno<br />

<strong>di</strong> qualcosa, mi ha risposto:<br />

«Ho bisogno solo del tuo amore».<br />

Maria Aurora Salto von Hase<br />

TESTIMONIANZA<br />

23


Tribunale<br />

Diocesano<br />

del Teresa O rsini<br />

Vicariato<br />

D oria P amphilj L ante<br />

<strong>di</strong> <strong>Roma</strong><br />

15 Maggio <strong>2009</strong><br />

Sessione <strong>di</strong> chiusura<br />

dell’inchiesta <strong>di</strong>ocesana nel Processo <strong>di</strong> Beatificazione e Canonizzazione della Serva <strong>di</strong> Dio<br />

Fondatrice delle Suore Ospedaliere della Misericor<strong>di</strong>a<br />

Altezze, Eccellenze, Distinte Autorità, Signore<br />

e Signori!<br />

Il mio cor<strong>di</strong>ale saluto agli Eccellentissimi<br />

membri del Sovrano Militare Or<strong>di</strong>ne<br />

<strong>di</strong> Malta e del Corpo <strong>di</strong>plomatico, agli eccellentissimi<br />

familiari della Serva <strong>di</strong> Dio<br />

delle famiglie dei Principi Orsini e Doria<br />

Pamphilj, alle carissime suore ospedaliere<br />

della Misericor<strong>di</strong>a. Il mio vivo ringraziamento<br />

va al reverendo Mons. Gianfranco<br />

Bella, Vicario Giu<strong>di</strong>ziale del Tribunale<br />

<strong>di</strong>ocesano del Vicariato <strong>di</strong> <strong>Roma</strong><br />

e a tutti i rev.mi e Ill.mi Officiali del medesimo<br />

tribunale, che hanno lavorato alla<br />

causa ed oggi ci permettono <strong>di</strong> condurla<br />

a compimento.<br />

Infatti si conclude oggi l’inchiesta <strong>di</strong>ocesana<br />

del processo <strong>di</strong> Beatificazione e Canonizzazione<br />

della Serva <strong>di</strong> Dio Teresa<br />

Orsini Doria Pamphilj, fondatrice delle<br />

suore ospedaliere della Misericor<strong>di</strong>a.<br />

L’indagine canonica, condotta secondo la<br />

speciale normativa della chiesa, ha rivelato<br />

– dall’esame della vita e delle opere<br />

della Serva <strong>di</strong> Dio – il suo luminoso cammino<br />

spirituale <strong>di</strong> grande donna cristiana,<br />

sposa, madre, fondatrice, testimone e operatrice<br />

<strong>di</strong> misericor<strong>di</strong>a sulle orme <strong>di</strong> Cristo,<br />

che a <strong>Roma</strong> ha consumato la sua esistenza<br />

terrena.<br />

La Serva <strong>di</strong> Dio Teresa Orsini Doria<br />

Pamphilj è una figura straor<strong>di</strong>naria ed originale<br />

nell’agiografia cristiana, che, in<br />

certo modo, può essere avvicinata a santa<br />

Elisabetta d’Ungheria e a santa Francesca<br />

<strong>Roma</strong>na.<br />

Perdurando la fama della sua santità e la<br />

cre<strong>di</strong>bilità della sua opera, che continua<br />

e si sviluppa nel mondo, fondata nell’alto<br />

valore della sua testimonianza evangelica,<br />

le sue figlie spirituali, le suore ospedaliere<br />

della Misericor<strong>di</strong>a, hanno raccolto<br />

l’ere<strong>di</strong>tà della Serva <strong>di</strong> Dio, affinché<br />

l’eroismo e il fascino della loro madre rifulgessero<br />

anche attraverso la testimonianza<br />

della loro vita, impegnate ad incarnarne<br />

il carisma spirituale.<br />

La Serva <strong>di</strong> Dio Teresa Orsini nacque a<br />

Gravina in Puglia, il 23 marzo 1788, giorno<br />

<strong>di</strong> Pasqua <strong>di</strong> Resurrezione, primogenita<br />

<strong>di</strong> Domenico, principe <strong>di</strong> Solofra, e<br />

della principessa Faustina Caracciolo. Fu<br />

battezzata lo stesso giorno al medesimo<br />

fonte battesimale della cattedrale <strong>di</strong> Gravina,<br />

dove più <strong>di</strong> cento anni prima era stato<br />

battezzato un suo prozio, Vincenzo Maria<br />

Orsini, il futuro Papa Benedetto XIII.<br />

All’età <strong>di</strong> due anni, Teresa rimase orfana<br />

<strong>di</strong> padre, mentre sua madre Faustina era<br />

in attesa del secondo figlio.<br />

Per ricevere una preparazione adeguata al<br />

suo stato aristocratico e al suo rango <strong>di</strong><br />

principessa, ben presto la piccola Teresa<br />

venne inviata a Napoli, capitale del Regno,<br />

al fine <strong>di</strong> consentirle <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are nel<br />

collegio annesso al monastero della Sapienza.<br />

La presenza a Napoli dei nonni<br />

materni poteva garantire alla bambina un<br />

ambiente ricco <strong>di</strong> affetto e soprattutto sicuro,<br />

nella <strong>di</strong>fficile congiuntura politica<br />

del momento, a motivo dei rivolgimenti<br />

europei che seguirono alla rivoluzione<br />

francese e in concomitanza con l’avvento<br />

al potere <strong>di</strong> Napoleone.<br />

Il 15 maggio 1801 Teresa ricevette il sacramento<br />

della Confermazione, e nei primi<br />

mesi del 1802 i suoi parenti pensarono<br />

all’opportunità <strong>di</strong> un trasferimento del-<br />

24


la fanciulla a <strong>Roma</strong>.<br />

Teresa arrivò a <strong>Roma</strong> a do<strong>di</strong>ci anni per<br />

terminare il corso degli stu<strong>di</strong>, prima dalle<br />

Orsoline, poi dalle Benedettine <strong>di</strong> Tor<br />

de’ Specchi.<br />

Ne uscì ben formata, preparandosi culturalmente<br />

ed umanamente ad essere una<br />

buona sposa del giovane principe Luigi<br />

Andrea Doria Pamphilj, al quale era già<br />

stata promessa.<br />

Il principe l’aveva conosciuta in occasione<br />

<strong>di</strong> vari ricevimenti ed aveva provato<br />

per lei un profondo sentimento <strong>di</strong> affetto<br />

che <strong>di</strong>ventò amore intenso, affascinato<br />

dalla grazia e della vivacità della Serva <strong>di</strong><br />

Dio, per cui, quando si decise a sposarla,<br />

lo fece con piena consapevolezza e con<br />

tutto l’entusiasmo della sua giovinezza.<br />

Espletate le formalità giuri<strong>di</strong>che e stabilite<br />

le modalità tra le due nobili famiglie,<br />

il matrimonio fu celebrato il 2 ottobre<br />

1808, a <strong>Roma</strong>, nella chiesa <strong>di</strong> Santa Maria<br />

in Via Lata.<br />

Dal matrimonio, il 13 <strong>di</strong>cembre 1810 nacque<br />

un primo figliolo, che fu chiamato<br />

Andrea, seguito a breve <strong>di</strong>stanza da altri<br />

tre fratelli.<br />

Teresa poteva certamente vantare l’avvenenza<br />

fisica, come ben risulta dai ritratti<br />

<strong>di</strong> lei ancora conservati. Ma una bellezza<br />

più grande Ella rivelava per quell’aureola<br />

<strong>di</strong> doti morali e spirituali, che la rendevano<br />

una donna ammiratissima e molto<br />

stimata.<br />

Nel 1820 Teresa si ammalò gravemente;<br />

ebbe una crisi <strong>di</strong> «umori del corpo» – come<br />

venne <strong>di</strong>agnosticato dalla me<strong>di</strong>cina del<br />

tempo – che la tenne a letto per oltre sei<br />

mesi con fortissimi dolori <strong>di</strong> reumatismo.<br />

In quella dolorosa circostanza, oltre alle<br />

premure dei suoi familiari, ricevette l’assistenza<br />

della Pia Unione delle sorelle della<br />

carità <strong>di</strong> S. Maria ai Monti. Fu per lei<br />

un’esperienza preziosa, che le fece nascere<br />

nell’animo il desiderio <strong>di</strong> mettersi<br />

al servizio degli altri.<br />

Dio le aveva donato tutte le virtù fisiche<br />

e morali: era una vera nobildonna, una<br />

sposa felice, una madre affettuosa, una<br />

donna <strong>di</strong> carità, impegnata nel sociale, al<br />

servizio dei malati, dei <strong>di</strong>seredati e degli<br />

emarginati della società del suo tempo.<br />

Pur appartenendo ad una delle più nobili<br />

famiglie romane, non <strong>di</strong>menticò la gente<br />

semplice, armonizzando i suoi impegni<br />

sociali con la premurosa carità verso i bisognosi.<br />

Molte furono le iniziative caritatevoli da<br />

lei promosse a favore dei più <strong>di</strong>seredati:<br />

ammalati, abbandonati, donne in <strong>di</strong>fficoltà<br />

e pellegrini. Teresa era sempre presente<br />

in ogni ambiente <strong>di</strong> dolore, pronta nel curare<br />

con le sue stesse mani le piaghe del<br />

corpo e, con la sua comprensione, i <strong>di</strong>sagi<br />

dello spirito.<br />

Perché la fiaccola <strong>di</strong> carità da lei accesa<br />

non si estinguesse, pensò ed attuò un suo<br />

progetto <strong>di</strong> carità: radunò attorno a sé delle<br />

giovani donne che, senza interesse, potessero<br />

donare la vita a sollievo dei malati<br />

negli ospedali, dove spesso giacevano<br />

abbandonati.<br />

Nacque così, il 16 maggio 1821, all’interno<br />

dell’ospedale San Giovanni in <strong>Roma</strong>,<br />

con regole proprie, la Congregazione delle<br />

Suore Ospedaliere della Misericor<strong>di</strong>a.<br />

Nel 1825 la principessa era in piena attività<br />

benefica e, del tutto immersa nelle<br />

opere <strong>di</strong> carità, correva in modo instancabile<br />

da un ospedale all’altro <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>.<br />

Si rendeva conto che le esigenze dei poveri<br />

ricoverati negli ospedali <strong>di</strong> San Giovanni,<br />

<strong>di</strong> San Giacomo in Augusta e <strong>di</strong> San<br />

Gallicano erano molteplici e che le autorità<br />

preposte non riuscivano a sod<strong>di</strong>sfarle.<br />

Non esitò così, con il pieno consenso del<br />

marito, a usare parte delle sue ren<strong>di</strong>te per<br />

le opere <strong>di</strong> carità.<br />

Le volontarie che si strinsero intorno a lei<br />

si erano ormai ben inserite negli ospedali,<br />

in particolare in quello <strong>di</strong> S. Giovanni,<br />

ma era necessario dare un’organizzazione<br />

precisa e delle norme adeguate a quel<br />

gruppo <strong>di</strong> donne generose, che tanto si<br />

pro<strong>di</strong>gavano nell’assistere gli infermi.<br />

Nonostante ciò, Ella non ebbe mai a trascurare<br />

la propria famiglia, seguendo con<br />

premura materna e tenerissimo affetto i<br />

figli nella loro crescita. Ne sono testimonianza<br />

le tante lettere che Teresa in<strong>di</strong>rizzò<br />

a loro.<br />

Un tale sforzo fisico con l’andare del tem-<br />

25


po peggiorò le sue con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute.<br />

Leggiamo nella cronaca, lasciata dai contemporanei:<br />

«La sera del 12 giugno [1829]<br />

a causa <strong>di</strong> una forte per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> sangue<br />

per lesioni interne, la principessa era costretta<br />

ad allettarsi e parve che la morte<br />

fosse imminente. Nella sera stessa volle<br />

essere munita <strong>di</strong> Gesù Eucarestia... la<br />

mattina del 3 luglio sopraggiunse una<br />

febbre altissima e i me<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>ssero che<br />

era l’inizio della fine».<br />

Teresa comprese che era giunta l’ora del<br />

supremo sacrificio e consapevolmente<br />

volle prepararsi all’incontro con l’Amore<br />

Eterno.<br />

Il Papa le aveva inviato la sua speciale bene<strong>di</strong>zione<br />

apostolica e alla presenza del<br />

Card. Zurla, Vicario <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>, la Serva <strong>di</strong><br />

Dio ricevette con profonda pietà gli ultimi<br />

sacramenti.<br />

La medesima cronaca continua: «Con serena<br />

tranquillità, con umile fiducia in<br />

Dio, con voce <strong>di</strong> speranza e <strong>di</strong> amore<br />

rese la sua bell’anima al Creatore in un<br />

amplesso <strong>di</strong> amore. Erano le ore 01.00<br />

del 3 luglio 1829. Aveva 41 anni <strong>di</strong> età».<br />

La nobiltà e il popolo romano la piansero<br />

e unanimemente <strong>di</strong>ssero: è morta una<br />

santa. La sua salma fu sepolta nella cripta<br />

della chiesa <strong>di</strong> S. Agnese in Agone a<br />

piazza Navona.<br />

La fiaccola <strong>di</strong> carità cristiana passò dalla<br />

mano <strong>di</strong> Teresa a quella delle suore ospedaliere<br />

della Misericor<strong>di</strong>a, nate dal grande<br />

cuore della Serva <strong>di</strong> Dio, le quali resero vivo<br />

il carisma specifico della Misericor<strong>di</strong>a.<br />

Nel 1834, a cinque anni dalla morte della<br />

fondatrice, le suore erano già trentotto<br />

e, in pochi anni, la congregazione religiosa<br />

<strong>di</strong>ffuse la sua presenza, oltre alla<br />

città <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>, anche in altri ospedali dello<br />

Stato Pontificio (Alatri, Frosinone, Sezze<br />

<strong>Roma</strong>no, Civitavecchia, Velletri, Tolfa,<br />

Umbertide, Urbino, Marsciano, Abba<strong>di</strong>a<br />

San Salvatore).<br />

Per meglio vivere e conformarsi al carisma<br />

della fondatrice, le suore ospedaliere della<br />

Misericor<strong>di</strong>a professano un quarto voto:<br />

quello dell’ospitalità (Cost. Art. 22).<br />

Cari amici, è opinione con<strong>di</strong>visa da tutti<br />

i teologi e gli autori spirituali che la santità<br />

cristiana consiste nell’unione con Cristo,<br />

Verbo incarnato e nostro redentore,<br />

unico me<strong>di</strong>atore tra Dio e gli uomini e fonte<br />

<strong>di</strong> ogni grazia e santificazione. L’obbligo<br />

morale <strong>di</strong> tendere alla santità è <strong>di</strong><br />

tutti i membri della chiesa, «per fede creduta<br />

indefettibilmente santa... Infatti<br />

Cristo, ... proclamato “il solo santo”,<br />

amò la Chiesa come sua sposa e <strong>di</strong>ede<br />

se stesso per essa, al fine <strong>di</strong> santificarla»<br />

(L.G., 39). Di qui l’obbligo morale <strong>di</strong><br />

tutti i battezzati <strong>di</strong> tendere alla santità, in<br />

ragione della loro ontologica appartenenza<br />

e unione alla chiesa. La santità della<br />

chiesa dunque deriva totalmente dalla santità<br />

<strong>di</strong> Cristo e dal suo amore per essa. Lo<br />

Spirito Santo – principio e origine della<br />

santità della chiesa – è l’anima del corpo<br />

mistico, che permeandolo tutto lo vivifica<br />

e lo unisce a Cristo e in lui rende partecipi<br />

della vita <strong>di</strong>vina. «Nei vari generi<br />

<strong>di</strong> vita – ha insegnato il Concilio Vaticano<br />

II – ... una unica santità è coltivata<br />

da quanti sono mossi dallo Spirito <strong>di</strong><br />

Dio e, obbe<strong>di</strong>enti alla voce del Padre,...<br />

seguono Cristo povero, umile e carico<br />

della croce per meritare <strong>di</strong> essere partecipi<br />

della sua gloria. Ognuno secondo<br />

i propri doni ... deve senza indugi<br />

avanzare per la via della fede viva, la<br />

quale accende la speranza e opera per<br />

mezzo della carità» (L.G., 41).<br />

La Serva <strong>di</strong> Dio Teresa Orsini Doria<br />

Pamphilj è certamente un esempio <strong>di</strong> questa<br />

vita cristiana vissuta in pienezza. E noi<br />

auspichiamo che la Chiesa, dopo un attento<br />

esame della sua vita e verificata la<br />

pratica delle virtù cristiane in grado eroico,<br />

– se così piacerà al Signore – possa<br />

iscriverla nell’albo dei Beati.<br />

Alle sue figlie, le Suore Ospedaliere della<br />

Misericor<strong>di</strong>a, auguriamo che sull’esempio<br />

della loro fondatrice possano continuare<br />

il cammino <strong>di</strong> de<strong>di</strong>zione incon<strong>di</strong>zionata<br />

ai malati e, come il Buon Samaritano,<br />

versare sull’umanità sofferente<br />

«l’olio della consolazione e il vino<br />

della speranza».<br />

Agostino Card. Vallini<br />

Vicario della <strong>Diocesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Roma</strong><br />

26


Lettera a Gesù<br />

Forse eri Tu che passavi vicino,<br />

sorridendo sereno,<br />

la schiena un po’ curva,<br />

quasi a farmi un inchino.<br />

O forse eri Tu, l’uomo straniero<br />

che parlava con gli occhi<br />

rimanendo a <strong>di</strong>stanza,<br />

con lo guardo severo.<br />

Quanta strada nel mio lungo passato<br />

io chiedevo a chiunque…<br />

come faccio a trovarti?<br />

…Quanto tempo ho bruciato.<br />

Mi fermavo talvolta a pensare<br />

Chi sei? Dove sei?<br />

Sei dentro <strong>di</strong> me?<br />

O sei nel vento <strong>di</strong> mare?<br />

Sei nell’acqua? Nel cuore?<br />

Nella luce <strong>di</strong> stelle?<br />

Nella mano <strong>di</strong> un figlio?<br />

O sei in questo fiore?<br />

Dolcemente ed in modo pacato,<br />

ricordo, mi rispose una voce:<br />

“Non appena mi cercherai, ecco,<br />

in quel momento tu… mi avrai trovato”.<br />

Sergio Martinola<br />

Le stagioni della vita<br />

C’è la stagione della giovinezza<br />

Quando il mondo lo ve<strong>di</strong> tutto rosa,<br />

quando dell’aria ne senti gusto ed ebbrezza<br />

e lo spirito e l’anima si ristora.<br />

Ti senti felice, forse non sai perché<br />

Ma, se ti pren<strong>di</strong> un attimo <strong>di</strong> sosta,<br />

ascolta, e senti una voce che ti <strong>di</strong>ce:<br />

“Se vuoi essere felice? Segui Me!”<br />

Ora ecco il tempo della maturità;<br />

sei molto stanco la sera,<br />

non puoi pensare a Me…<br />

<br />

<br />

<br />

<br />

Il meglio <strong>di</strong> te<br />

<br />

<br />

<br />

L’uomo è irragionevole,<br />

illogico, egocentrico:<br />

non importa, amalo.<br />

Se fai il bene,<br />

<strong>di</strong>ranno che lo fai<br />

per secon<strong>di</strong> fini egoistici:<br />

non importa, fà il bene.<br />

Se realizzi i tuoi obbiettivi,<br />

incontrerai chi ti ostacola:<br />

non importa, realizzali.<br />

Il bene che fai<br />

forse domani verrà <strong>di</strong>menticato:<br />

non importa, fà il bene.<br />

L’onestà e la sincerità<br />

ti rendono vulnerabile:<br />

non importa, sii onesto e sincero.<br />

Quello che hai costruito<br />

può essere <strong>di</strong>strutto:<br />

non importa, costruisci.<br />

La gente che hai aiutato,<br />

forse non te ne sarà grata:<br />

non importa, aiutala.<br />

Dà al mondo il meglio <strong>di</strong> te,<br />

e forse sarai preso a pedate:<br />

non importa, dà il meglio, <strong>di</strong> te.<br />

Così ti addormenti ma, nell’oscurità<br />

ti sono sempre accanto, veglio su <strong>di</strong> te.<br />

Quando poi il mattino ti risveglierai<br />

<strong>di</strong> nuovo accanto a te mi troverai.<br />

Corre il tempo! Eccomi all’età matura.<br />

Tempo <strong>di</strong> dolci ricor<strong>di</strong> e <strong>di</strong> sconfitte amare.<br />

Non c’è però tristezza nel mio cuore e c’è un perché:<br />

perché nella mia vita ho saputo amare!<br />

Ti ho seguito Signore.<br />

Ho inteso su <strong>di</strong> me il tuo sguardo.<br />

Ora però ti prego: fai ancora uno sforzo Gesù<br />

e… accompagnami al traguardo!<br />

Iva Girelli<br />

27


«Una vita spesa per amare»<br />

Padre Livio Petroselli<br />

tipicamente «francescani» ricordando l’amicizia<br />

che da tempo li aveva uniti.<br />

Suor Carla Fiammeni anche in rappresentanza<br />

delle altre suore della carità del<br />

Policlinico, ha ringraziato padre Livio<br />

per il bene e la stima donati, ricordandolo<br />

per la sua personalità carismatica,<br />

per la sua totale de<strong>di</strong>zione ai malati, per<br />

la sua infaticabile operosità, per la sua<br />

<strong>di</strong>sponibilità rispettosa verso i più deboli<br />

e bisognosi, per il suo costante sostegno<br />

ed incoraggiamento; concludendo<br />

che padre Livio ha inciso questo te-<br />

Il giorno 16 aprile <strong>2009</strong>, alle ore 3,30<br />

del mattino, presso l’infermeria provinciale<br />

Regina Apostulorum <strong>di</strong> <strong>Roma</strong>,<br />

padre Livio Petroselli è tornato alla casa<br />

del Padre.<br />

Aveva 88 anni <strong>di</strong> cui 71 <strong>di</strong> professione<br />

religiosa e 65 <strong>di</strong> ministero sacerdotale.<br />

Era nato a Valentano (Viterbo), il 28<br />

aprile 1921. Il 25 agosto 1937, nel ritiro<br />

«San Francesco» <strong>di</strong> Bellegra, emise<br />

la prima professione temporanea e ricevette<br />

i panni della<br />

prova. Il 1° gennaio<br />

1943, si consacrò al<br />

Signore, nell’or<strong>di</strong>ne<br />

Francescano dei frati<br />

minori. Il 16 luglio <strong>di</strong><br />

quello stesso anno fu<br />

or<strong>di</strong>nato presbitero.<br />

Dal 1967 e per il resto<br />

della sua vita fu<br />

cappellano ospedaliero<br />

al Policlinico<br />

«Agostino Gemelli»<br />

<strong>di</strong> <strong>Roma</strong>.<br />

Nei lunghi anni trascorsi<br />

al Policlinico<br />

ha fasciato le piaghe<br />

<strong>di</strong> tanti cuori provati dalla sofferenza;<br />

ha consolato con parole <strong>di</strong> conforto i familiari<br />

che erano in lutto per la per<strong>di</strong>ta<br />

dei loro cari; ha ravvivato la speranza<br />

in coloro che avevano smarrito la luce<br />

della fede; ha esercitato con particolare<br />

de<strong>di</strong>zione il ministero della riconciliazione<br />

trascorrendo molto tempo in<br />

confessionale.<br />

L’icona che meglio potrebbe riassumere<br />

la vita consacrata <strong>di</strong> padre Livio è quella<br />

del «buon samaritano». Caratteristica<br />

della sua sequela a Cristo, per la qua-<br />

le padre Livio ha, peraltro, ricevuto un<br />

riconoscimento da parte <strong>di</strong> Sua Ecc.za<br />

Mons. Armando Brambilla, in occasione<br />

della quinta e<strong>di</strong>zione del premio «Il<br />

Buon Samaritano», il 26 maggio 2002.<br />

Il suo funerale ha avuto luogo il giorno<br />

17 aprile c.a. nella chiesa del «Sacro<br />

Cuore», al Policlinico Gemelli ed è stato<br />

officiato da Sua Ecc.za Mons. Elio<br />

Sgreccia con la concelebrazione <strong>di</strong> molti<br />

frati minori francescani e sacerdoti<br />

<strong>di</strong>ocesani. Alla presenza<br />

del <strong>di</strong>rettore generale<br />

del Policlinico<br />

«Agostino Gemelli»<br />

<strong>di</strong> <strong>Roma</strong>, con una viva<br />

e commossa partecipazione<br />

del personale<br />

me<strong>di</strong>co, infermieristico<br />

e delle suore<br />

della carità dei reparti<br />

ospedalieri visitati<br />

da padre Livio.<br />

Nell’omelia Sua Ecc.za<br />

Mons. Elio Sgreccia,<br />

ha definito i tratti della<br />

P. Livio Petroselli.<br />

spiritualità <strong>di</strong> padre Livio,<br />

come idealmente e<br />

28


stamento spirituale nei loro cuori.<br />

Personalmente ho conosciuto padre Livio<br />

tre anni fa quando il suo male incurabile<br />

l’aveva già colpito e reso debole.<br />

Ho notato da subito che si trattava<br />

<strong>di</strong> un uomo dalla personalità forte e<br />

determinata, nonostante la malattia. La<br />

sua spiritualità francescana era improntata<br />

alla sobrietà, alla semplicità e<br />

alla umiltà.<br />

Padre Livio viveva la sua missione con<br />

coraggio spendendosi con generosità.<br />

Era indubbiamente un frate saggio la cui<br />

forza spirituale e la cui determinazione<br />

lo spingevano a condannare le iniquità,<br />

le incoerenze e gli egoismi umani.<br />

La sua figura spirituale in<strong>di</strong>cava il Cristo:<br />

«via, verità e vita».<br />

Padre Livio mi ha trasmesso soprattutto<br />

umiltà quale importante valore spirituale,<br />

principale fondamento per una<br />

crescita umana ed intellettuale.<br />

Egli, infatti, sosteneva che tutte le azioni<br />

umane che facevano emergere le<br />

gran<strong>di</strong> capacità intellettuali dell’uomo,<br />

portandolo al successo, avrebbero dovuto<br />

considerarsi una manifestazione<br />

del <strong>di</strong>vino e non un modo per accrescere<br />

il proprio senso <strong>di</strong> onnipotenza e <strong>di</strong><br />

onniscienza. Erano la misura <strong>di</strong> quanto<br />

fossimo simili a Dio e <strong>di</strong> quanto dovessimo<br />

amarlo e non piuttosto <strong>di</strong>menticarlo<br />

o ignorarlo.<br />

L’umiltà è quella ricchezza spirituale<br />

che fa superare le barriere delle <strong>di</strong>suguaglianze<br />

umane e apre il cuore dell’uomo.<br />

Grazie padre Livio!<br />

Angela G. Colicchio<br />

Vita umana<br />

Vita umana <strong>di</strong>ventata spazzatura<br />

Vita umana buttata nel cassonetto<br />

Come un cartone vuoto, per la<br />

riciclatura.<br />

Che bontà che accoglienza<br />

così si <strong>di</strong>mostra<br />

Se l’essere umano per<br />

ripararsi da questo<br />

mondo muore stritolato<br />

nel secchione<br />

della strada nostra?<br />

In mezzo all’in<strong>di</strong>fferenza<br />

della gente frettolosa<br />

che appena sa, si in<strong>di</strong>gna<br />

con il mondo e punta il <strong>di</strong>to<br />

contro chi e che cosa?<br />

Criticare, si sa, è un nostro vecchio vizio,<br />

ad<strong>di</strong>tare chi secondo noi, dovrebbe<br />

Feto<br />

a<br />

far qualcosa ma saremo tutti chiamati a<br />

giu<strong>di</strong>zio.<br />

Poi non parliamo <strong>di</strong> quei poveri bambini<br />

nati da madri, non mamme per davvero<br />

che vengono abbandonati come teneri<br />

gattini.<br />

Buttati sulla strada a tutte le intemperie<br />

con un gesto incomprensibile e tremendo<br />

gesti, ripetuti ormai in una<br />

lunga serie…<br />

Poveri piccoli, generati non nell’amore,<br />

ma nel vizio<br />

e nel sesso <strong>di</strong>chiarato,<br />

però della<br />

madre sentivano il<br />

battito del cuore!<br />

Battito, in un muscolo privo<br />

<strong>di</strong> sentimento, in un cuore<br />

che non fa rima con l’amore,<br />

cuore, in cui abbiamo<br />

messo un paravento.<br />

3 mesi.<br />

Fiorina Filippi<br />

29


Testimonianza per la morte <strong>di</strong> due brave persone<br />

25° anniversario della morte<br />

del prof. Antonio Mosca e <strong>di</strong><br />

suor Luciana Iezzi all’ospedale CTO<br />

Sono trascorsi 25 anni dalla tragica<br />

morte del prof. Antonio Mosca e <strong>di</strong> suor<br />

Luciana Iezzi ma il ricordo <strong>di</strong> quel tragico<br />

evento è ancora molto vivo all’ospedale<br />

CTO.<br />

Il 2 Marzo 1984 alle ore 11,30 circa,<br />

suor Luciana si recò in farmacia, al 2°<br />

sotterraneo, per ritirare un me<strong>di</strong>cinale<br />

urgente. Quin<strong>di</strong> riprese l’ascensore per<br />

ritornare in reparto e incontrò il primario<br />

prof. Mosca. Insieme scesero al 3°<br />

sotterraneo non sapendo nulla dell’incen<strong>di</strong>o<br />

scoppiato qualche secondo prima.<br />

Muoiono entrambi nell’ascensore<br />

avvolti dal fuoco e dal fumo.<br />

La triste notizia della loro morte si<br />

<strong>di</strong>ffonde rapidamente nell’ospedale recando<br />

in tutti sconcerto e profondo dolore,<br />

presenti nel ricordo <strong>di</strong> tante persone<br />

fino ad oggi.<br />

Il 6 Marzo 1984, nell’atrio dell’ospedale,<br />

furono celebrati con molta solennità<br />

i funerali, presieduti dal Car<strong>di</strong>nale Angelini,<br />

alla presenza dei familiari delle<br />

vittime, delle autorità e <strong>di</strong> una grande<br />

folla <strong>di</strong> persone riunite a dare l’ultimo<br />

saluto a quelle due carissime creature.<br />

Da quel giorno il C.T.O. è cambiato, non<br />

è stato più lo stesso. Si è avverata l’esortazione<br />

del Car<strong>di</strong>nale Angelini: «Amici<br />

carissimi, me<strong>di</strong>ci, parame<strong>di</strong>ci, personale<br />

tutto: davanti a queste due bare<br />

promettiamo <strong>di</strong> farci coraggio, <strong>di</strong><br />

farci migliori nella vita personale e<br />

professionale, <strong>di</strong> elevare le con<strong>di</strong>zioni<br />

sanitarie dei luoghi in cui operiamo,<br />

<strong>di</strong> intraprendere un cammino <strong>di</strong> responsabile<br />

laboriosità...».<br />

Abbiamo avvertito quin<strong>di</strong> l’esigenza <strong>di</strong><br />

commemorare in modo particolare un<br />

evento che ha segnato profondamente<br />

la vita della nostra comunità ospedaliera.<br />

Il 2 marzo u.s. alle ore 12 è stata celebrata<br />

la S. Messa dal cappellano don<br />

Martino. Erano presenti: la moglie del<br />

prof. Mosca, visibilmente commossa,<br />

malati, suore, me<strong>di</strong>ci, in particolare un<br />

folto gruppo <strong>di</strong> anestetisti, infermieri e<br />

<strong>di</strong>pendenti.<br />

Il celebrante, durante l’omelia, ha citato<br />

alcuni passi del <strong>di</strong>scorso pronunciato<br />

dal Car<strong>di</strong>nale Angelini durante il rito<br />

delle esequie: «Oggi stiamo dando<br />

il nostro saluto a due carissime creature:<br />

un me<strong>di</strong>co e una infermiera capo-sala.<br />

Due persone che hanno consacrato<br />

la loro esistenza a servizio dei<br />

fratelli infermi.<br />

In questi giorni ho sentito espressioni<br />

all’in<strong>di</strong>rizzo del prof. Antonio Mosca<br />

e della carissima suor Luciana Iezzi<br />

equivalenti al riconoscimento <strong>di</strong><br />

esemplarità umana e cristiana e, perché<br />

no?, <strong>di</strong> santità. Un collega del<br />

prof. Mosca <strong>di</strong>ceva: “Avevamo tra noi<br />

un altro Giuseppe Moscati!” Un santo<br />

tra noi.<br />

Il ricordo <strong>di</strong> queste due stimatissime<br />

creature deve restare tra noi a conforto<br />

ed incoraggiamento per continuare<br />

a lavorare con motivato e intelligente<br />

ottimismo, con molta speranza,<br />

contro le <strong>di</strong>fficoltà vere e false, contro<br />

tutti coloro che non hanno senso<br />

<strong>di</strong> responsabilità».<br />

L’omelia continuava illustrando la figura<br />

del prof. Mosca, <strong>di</strong> cui venivano<br />

messe in evidenza sia l’elevatissima preparazione<br />

professionale, sia le doti uma-<br />

30


ne. È stato ricordato che il prof. Mosca<br />

era per i suoi collaboratori non solo il<br />

primario, ma anche un grande maestro<br />

e padre. Era l’uomo <strong>di</strong> un profondo<br />

amore ai malati, l’uomo <strong>di</strong> una de<strong>di</strong>zione<br />

illimitata, l’uomo <strong>di</strong> profonda fede.<br />

Ogni mattina, prima <strong>di</strong> iniziare il servizio,<br />

egli trascorreva qualche tempo in<br />

cappella, in ginocchio, in silenziosa preghiera.<br />

Invece suor Luciana, delle suore Minime<br />

dell’Addolorata, era la più giovane<br />

suora della comunità religiosa che operava<br />

in ospedale, sempre piena <strong>di</strong> entusiasmo,<br />

gioiosa, attenta a tutte le necessità<br />

dei suoi pazienti, che curava con<br />

amore e professionalità. Durante la me<strong>di</strong>tazione<br />

del mattino, poche ore prima<br />

<strong>di</strong> morire, scrisse in un bigliettino: «Signore,<br />

tu sei sempre tra noi, ravviva<br />

la mia fede perché io possa metterti<br />

al centro della mia vita. Gesù la tua<br />

morte <strong>di</strong>a significato alla mia morte,<br />

la tua risurrezione <strong>di</strong>a significato alla<br />

mia vita».<br />

Questo ci ha fatto comprendere che la<br />

morte del prof. Mosca e <strong>di</strong> suor Luciana<br />

non era stato solo un evento tragico<br />

e assurdo, ma un sacrificio gra<strong>di</strong>to a Dio<br />

e fecondo <strong>di</strong> bene.<br />

Il ricordo esemplare del prof. Mosca e<br />

<strong>di</strong> suor Luciana, la loro figura che ancora<br />

sembra aleggiare nelle corsie <strong>di</strong><br />

questo ospedale sono anche oggi <strong>di</strong> monito,<br />

<strong>di</strong> incoraggiamento, <strong>di</strong> sostegno.<br />

Per questo fatto alla memoria del prof.<br />

Mosca e <strong>di</strong> suor Luciana, in data 4 luglio<br />

2000, è stato assegnato il «Premio<br />

del Buon Samaritano».<br />

Oggi, nel momento <strong>di</strong> importanti trasformazioni,<br />

affi<strong>di</strong>amo alla loro preghiera<br />

e alla loro intercessione il nostro<br />

C.T.O. perché in ogni scelta prevalga il<br />

vero bene dei malati e <strong>di</strong> tutto il personale<br />

ospedaliero.<br />

Suor Dolores<br />

Ospedale C.T.O.<br />

Il terremoto<br />

dell’Aquila<br />

Il Sig. Giuseppe Maria Lotano – volontario<br />

ARVAS presso il Policlinico<br />

Umberto I <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> ha inviato una poesia<br />

– L’Aquila (6 aprile <strong>2009</strong>) – scritta<br />

sulla emozione dei gravi fatti a carico<br />

della popolazione dell’Abruzzo, fatti<br />

analoghi da cui fu lui <strong>di</strong>rettamente interessato<br />

durante il terremoto del 1980<br />

a Castelgrande (PZ).<br />

La poesia vuole essere una testimonianza<br />

e considerazione sulla vanità delle<br />

cose terrene ed un invito ad un costante<br />

impegno per potere essere sempre<br />

capaci <strong>di</strong> vivere l’insegnamento della<br />

parola <strong>di</strong> Dio e fortificarci per non essere<br />

colti impreparati.<br />

«Penso che il manifestarsi <strong>di</strong> tali <strong>di</strong>sastri<br />

confermi, usando la misura<br />

umana delle cose, inequivocabilmente,<br />

il senso del legame dell’uomo alle<br />

cose terrene e, contemporaneamente<br />

testimoni il valore della solidarietà e<br />

con<strong>di</strong>visione delle necessità <strong>di</strong> tutti i<br />

fratelli forza della nostra fede e missione<br />

<strong>di</strong> cristiani contro ogni senso <strong>di</strong><br />

sfiducia e <strong>di</strong> risentimento».<br />

L’Aquila (6 aprile <strong>2009</strong>)<br />

Irrompi cupo tremore<br />

<strong>di</strong> viscere della terra<br />

a dare dolore e colori<br />

sconosciuti al tempo<br />

della vita dei sapori<br />

a chiedere <strong>di</strong> scavare<br />

con strette <strong>di</strong> mani<br />

tra pietre confuse<br />

ultimo segno<br />

<strong>di</strong> calore.<br />

Grato per l’attenzione.<br />

Giuseppe Maria Lotano<br />

31


Prendersi cura<br />

Prendersi cura<br />

Ogni anno l’U S M I (unione superiore<br />

maggiori d’Italia) organizza un convegno<br />

<strong>di</strong> pastorale sanitaria a Rocca <strong>di</strong> Papa<br />

ed io ho partecipato dal 2 al 7 Marzo.<br />

I temi sono sempre utili ed importanti per<br />

dare un aiuto alle suore e anche agli operatori<br />

sanitari laici nell’assistenza alle<br />

persone che soffrono.<br />

Tema <strong>di</strong> quest’anno: «L’Oncologia oggi<br />

nei suoi aspetti sanitari, etici, legislativi<br />

psicologici». Ai nostri giorni dopo<br />

la morte per cause car<strong>di</strong>ovascolari<br />

c’è la morte per tumore, per questo è<br />

bene essere preparati a questo grande<br />

evento. I relatori <strong>di</strong> questo convegno si<br />

sono <strong>di</strong>mostrati ben preparati e ricchi<br />

<strong>di</strong> contenuti per una formazione umana,<br />

spirituale e psicologica.<br />

Essi ci hanno guidato<br />

nel prendere<br />

coscienza che per<br />

questi malati oncologici<br />

è bene passare<br />

dal curare al<br />

prendersi cura rimanendo<br />

vicino a<br />

queste persone con<br />

la sapienza del<br />

cuore.<br />

Questi malati si trovano<br />

a vivere come dentro uno tsunami,<br />

oppure in mezzo a un deserto. Per<br />

loro noi dobbiamo essere delle Oasi nelle<br />

quali esiste una fonte <strong>di</strong> acqua che<br />

<strong>di</strong>sseta e che può dare speranza <strong>di</strong> vita<br />

aiutando queste persone nella lotta per<br />

vivere con coraggio e forza superando<br />

paure e depressioni.<br />

È importante per gli operatori sanitari<br />

offrire adeguate e tempestive informazioni<br />

sulla malattia e sul trattamento lasciando<br />

che il malato esprima le sue<br />

emozioni anche piangendo senza che si<br />

senta giu<strong>di</strong>cato. I meccanismi <strong>di</strong> <strong>di</strong>fesa<br />

che questi in<strong>di</strong>vidui provano sono necessari:<br />

la negazione, la proiezione, la<br />

regressione, la sublimazione. Per poter<br />

sedere tranquillamente vicino ad un malato<br />

inguaribile e comunicare con lui<br />

senza angoscia dobbiamo prima considerare<br />

molto seriamente il nostro atteggiamento<br />

verso la morte e il morire, essere<br />

consapevoli dei nostri limiti ed avere<br />

una forte maturità personale.<br />

Verità e speranza<br />

possono convivere<br />

Suor Cristina in visita agli ammalati.<br />

La speranza è il sentimento confortante<br />

che proviamo<br />

quando scorgiamo<br />

con l’occhio della<br />

mente il cammino<br />

che può condurci a<br />

una con<strong>di</strong>zione migliore.<br />

C’è un modo<br />

<strong>di</strong> comunicare<br />

la <strong>di</strong>agnosi che veicola<br />

speranza, piccole<br />

realizzazioni<br />

possibili. La sicurezza<br />

<strong>di</strong> non essere<br />

abbandonati gli<br />

rende più sopportabile la malattia.<br />

A confrontarsi con la malattia non è solo<br />

il malato, sono i familiari e gli amici<br />

più intimi.<br />

Gli atteggiamenti della famiglia si riflettono<br />

sempre vantaggiosamente o meno<br />

sul malato stesso. Un atteggiamento<br />

<strong>di</strong> fiducia nella famiglia crea ad esempio,<br />

un clima che si riflette positivamente<br />

sul malato. Lo sconforto del famigliare<br />

<strong>di</strong>venta un messaggio <strong>di</strong>struttivo.<br />

Le emozioni entrano in un circui-<br />

32


to relazionale in cui famiglia e malato<br />

si rinforzano reciprocamente. La malattia<br />

che dura nel tempo è come un filo<br />

rosso che colora le varie relazioni e<br />

collega i vari momenti della storia personale<br />

e famigliare.<br />

Una grossa parte <strong>di</strong> tensione e <strong>di</strong> sofferenza<br />

che le famiglie vivono nel caso<br />

della malattia <strong>di</strong> un loro membro potrebbe<br />

essere evitata o per lo meno <strong>di</strong>minuita<br />

se ci fosse più attenzione, una<br />

buona relazione <strong>di</strong> aiuto e un adeguato<br />

sostegno, a livello psicologico, sociale,<br />

economico e spirituale da parte <strong>di</strong> chi<br />

cura il malato e della comunità civile e<br />

religiosa.<br />

Vorrei terminare queste mie brevi riflessioni<br />

su questo grande convegno con<br />

una preghiera del Car<strong>di</strong>nale Angelo Comastri<br />

a Maria addolorata: «O Madre,<br />

tu hai conosciuto il dolore, ma l’hai<br />

vissuto riempiendolo d’amore. Tu hai<br />

camminato sulle orme <strong>di</strong> Gesù e non<br />

ti sei fermata quando hai visto che andavano<br />

verso la croce. Tu hai creduto<br />

che l’amore è onnipotente, tu hai<br />

creduto che la bontà, quando è crocifissa,<br />

vince e risorge». Amen<br />

Suor Cristina Fantin<br />

Etica e Sanità<br />

L’attuale tempo «moderno» porta ad aver un’eccessiva fede nella tecnologia e nella scienza:<br />

pare quasi che la «scienza» sia <strong>di</strong>ventata oggi l’unica fonte <strong>di</strong> forza e <strong>di</strong> certezza e che da sola<br />

sia capace <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare l’animo dell’uomo e che ne migliori la qualità <strong>di</strong> vita.<br />

Anche il settore sanitario è oggi tanto permeato <strong>di</strong> tecnologia che il paziente e gli stessi me<strong>di</strong>ci<br />

sembrano essere sod<strong>di</strong>sfatti e sicuri della strada terapeutica intrapresa soltanto quando la tecnologia<br />

supporta e conferma la loro certezza <strong>di</strong>agnostica.<br />

Sembra <strong>di</strong>ventato ad<strong>di</strong>rittura obsoleto ricercare il «contatto» umano, fisico con il malato perché<br />

l’interfaccia con la macchina farebbe sembrare tutto l’atto sanitario più semplice e sod<strong>di</strong>sfacente,<br />

quasi più «sterile»! Niente <strong>di</strong> più falso ed ai fini <strong>di</strong>agnostici persino ingannevole!<br />

Infatti anche in questi tempi «moderni» la sicurezza <strong>di</strong>agnostica e quin<strong>di</strong> il successivo percorso<br />

terapeutico si ricava dall’in<strong>di</strong>spensabile contatto fisico con il malato fondato sui sempre<br />

vali<strong>di</strong> ed eterni caratteri semiologici già anticamente descritti da Celso, enciclope<strong>di</strong>sta e me<strong>di</strong>co<br />

romano nato nel 14 a.C., consistenti dalla ispezione – palpazione – percussione ed ascoltazione;<br />

questi elementi associati all’anamnesi, ancor oggi, in<strong>di</strong>rizzano verso l’esatta <strong>di</strong>agnosi<br />

meglio <strong>di</strong> ogni sofisticato macchinario (TC e RM), prima <strong>di</strong> qualsiasi avanzata tecnologia<br />

che comunque risulta utile solo in una seconda battuta come conferma del sospetto ipotizzato.<br />

Inoltre il rapporto «umano» col malato permette, ove sia stato sincero e interessato, <strong>di</strong><br />

com patirne la sofferenza nel senso più profondo per meglio così capire quale sia la causa<br />

della sintomatologia presentata, il sanitario deve avere particolare interesse per l’anamnesi<br />

del paziente e saper coglierne tutti i sintomi per poi giungere, attraverso lo strumento<br />

della semiotica fisica, alla corretta <strong>di</strong>agnosi, <strong>di</strong>agnosi che altrimenti sarebbe ben<br />

arduo anche solo ipotizzare.<br />

Se vi è una certezza nella scienza me<strong>di</strong>ca, scienza tanto lontana dalla matematica in quanto materia<br />

biologica, scienza tanto mutevole e tanto singolare come singolari e mutevoli sono i <strong>di</strong>versi<br />

in<strong>di</strong>vidui, questa certezza sanitaria deriva prevalentemente dall’aver messo «le mani addosso»<br />

al paziente e dall’aver tratto certezze dal concreto contatto fisico con l’altro uomo per<br />

poi trarne il più preciso sospetto <strong>di</strong>agnostico.<br />

Il sanitario deve quin<strong>di</strong> far suo il problema del malato, lo deve vivere e così col suo personale<br />

compatimento troverà la strada ideale per giungere alla <strong>di</strong>agnosi ed alla terapia, aiutato<br />

poi anche dalla moderna tecnologia che, soltanto in seconda battuta, confermerà o meno<br />

quanto ha ipotizzato.<br />

Solo questo sforzo umano e scientifico congiunto darà piena sod<strong>di</strong>sfazione al me<strong>di</strong>co ed al malato<br />

e sarà anche un ottimo metodo per esprimersi al meglio nella pratica pastorale sanitaria.<br />

Dr. Luciano Pagliari<br />

33


I<br />

l Servizio Sanitario Nazionale Italiano è<br />

universale e garantisce a tutti l’assistenza<br />

sanitaria gratuita, fondandosi sulla me<strong>di</strong>cina<br />

<strong>di</strong> famiglia, sulla continuità assistenziale<br />

territoriale, sul pronto soccorso,<br />

sulla specialistica ambulatoriale e sulla<br />

rete ospedaliera.<br />

La spesa per il Servizio Sanitario Regionale<br />

supera generalmente il 50% del<br />

bilancio complessivo <strong>di</strong> una Regione fino<br />

a raggiungere punte dell’80% in qualche<br />

Regione.<br />

L’aumento progressivo dell’età me<strong>di</strong>a<br />

della popolazione italiana, con un’aspettativa<br />

<strong>di</strong> vita <strong>di</strong> 79 anni per gli uomini<br />

e <strong>di</strong> 84 per le donne, ha condotto<br />

l’Italia ad essere il paese più longevo<br />

d’Europa, concorrendo peraltro ad aumentare<br />

anche la spesa sanitaria.<br />

Il carattere universale della sanità pubblica<br />

italiana ha meritato all’Italia il 2°<br />

posto, subito dopo la Francia, nella classifica<br />

OMS su 196 paesi, ma se il bene<br />

salute non ha prezzo, la sanità ha un costo<br />

elevato e le risorse <strong>di</strong>sponibili devono<br />

essere ben spese, secondo i principi<br />

dell’economicità <strong>di</strong> gestione.<br />

In alcune Regioni, soprattutto<br />

del centro-sud d’Italia, ci<br />

sono troppi ospedali generalisti<br />

in rapporto<br />

alla popolazione<br />

residente:<br />

molti comu- ni hanno<br />

voluto il proprio ospe- dale, per dare<br />

ai citta<strong>di</strong>ni la possibilità <strong>di</strong> essere ricoverati<br />

vicino casa, senza doversi allontanare<br />

e, con essi, i loro familiari. È<br />

una idea sbagliata e pericolosa: oggi non<br />

ha più senso mantenere <strong>di</strong>visioni <strong>di</strong> me<strong>di</strong>cina<br />

e <strong>di</strong> chirurgia generale dei numerosi<br />

ospedali nelle Regioni, perché è <strong>di</strong>mostrato<br />

che migliori risultati terapeutici<br />

sono raggiunti dalle “equipe”<br />

altamente specializzate in una o più<br />

specialità me<strong>di</strong>co-chirurgiche.<br />

Ad esempio, un’equipe chirurgica è altamente<br />

specializzata in chirurgia tiroidea<br />

se esegue più <strong>di</strong> 30 tiroidectomie totali<br />

all’anno, un’altra è altamente specializzata<br />

in chirurgia gastrica se esegue<br />

più <strong>di</strong> 30 gastrectomie totali all’anno e<br />

così via. Oggi la scienza me<strong>di</strong>ca progre<strong>di</strong>sce<br />

così rapidamente che un me<strong>di</strong>co<br />

non può garantire ad un paziente il miglior<br />

trattamento possibile se non in uno<br />

o due capitoli della me<strong>di</strong>cina e chirurgia.<br />

Ad esempio, un me<strong>di</strong>co sarà tra i migliori<br />

specialisti per il trattamento del <strong>di</strong>abete,<br />

un altro per l’ipertensione arteriosa, un<br />

altro ancora per l’osteoporosi, mentre un<br />

chirurgo sarà tra i migliori per la chirurgia<br />

della tiroide, un altro per la chirurgia<br />

della mammella, un altro ancora per la<br />

chirurgia gastrica e così via. Gli ospedali<br />

generalisti <strong>di</strong> zona dovranno essere<br />

sostituiti dai centri <strong>di</strong> eccellenza,<br />

do-<br />

tati <strong>di</strong> strutture<br />

recet-<br />

tive a<strong>di</strong>ac<br />

e n t i<br />

per l’ospitalità<br />

dei<br />

familiari. Il passaggio<br />

dalla cultura<br />

dell’«Ospedale vicino<br />

casa» alla cultura dell’ospedale<br />

d’eccellenza ci consentirà<br />

<strong>di</strong> migliorare i risultati terapeutici e<br />

<strong>di</strong> risparmiare risorse preziose.<br />

Ancora oggi la spesa sanitaria privata<br />

delle famiglie italiane è valutabile in 25<br />

miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> Euro all’anno, pari al 2% del<br />

PIL ed al 20% della spesa sanitaria totale.<br />

Il 57% <strong>di</strong> tutte le visite specialistiche<br />

è pagato <strong>di</strong> tasca propria dai citta<strong>di</strong>ni, i<br />

quali pagano le tasse per l’assistenza sanitaria<br />

pubblica e pagano <strong>di</strong> nuovo per le<br />

visite specialistiche: il pagamento plurimo<br />

per le stesse prestazioni è assolutamente<br />

da ban<strong>di</strong>re.<br />

I citta<strong>di</strong>ni hanno però il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> scegliere<br />

lo specialista <strong>di</strong> propria fiducia e<br />

<strong>di</strong> essere curati oppure operati da quello<br />

specialità. Non sempre la scelta del paziente<br />

è fondata su criteri oggettivi <strong>di</strong><br />

qualità e professionalità dello specialista<br />

prescelto, perché spesso il paziente as-<br />

Un punto <strong>di</strong> vista<br />

34


sume informazioni parziali e giu<strong>di</strong>zi soggettivi<br />

che possono non corrispondere alla<br />

realtà. Ai fini della trasparenza e del<br />

controllo <strong>di</strong> qualità delle prestazioni, è<br />

in<strong>di</strong>spensabile controllare tutte le cartelle<br />

cliniche (e non soltanto il 2% <strong>di</strong> essere<br />

come succede adesso) e pubblicare in<br />

Internet i risultati ottenuti da tutte le unità<br />

operative operanti in Italia.<br />

Al fine <strong>di</strong> rendere più efficiente il servizio<br />

sanitario pubblico, ben venga l’integrazione<br />

con il privato e con l’attività libero-professionale<br />

intramoenia, purché<br />

i citta<strong>di</strong>ni non debbano pagare <strong>di</strong> tasca<br />

propria le prestazioni ma siano garantiti<br />

dalle Assicurazioni oppure dai Fon<strong>di</strong> Sanitari<br />

Integrativi.<br />

Con il decreto del Ministero della Salute<br />

del 17/03/2008 è stata istituita l’anagrafe<br />

dei fon<strong>di</strong> e ne sono stati già censiti<br />

più <strong>di</strong> 500.<br />

In sede <strong>di</strong> contrattazione collettiva, è<br />

auspicabile che le aziende assicurino a<br />

tutti i lavoratori ed alle loro famiglie<br />

l’attivazione dei Fon<strong>di</strong> Sanitari Integrativi<br />

per le prestazioni sanitarie non<br />

incluse nei L.E.A. ed anche per quelle<br />

incluse nei L.E.A. ma per le quali i lavoratori<br />

ed i propri familiari vogliano<br />

avvalersi del <strong>di</strong>ritto della libera scelta<br />

del me<strong>di</strong>co.<br />

Per i lavoratori autonomi ed i loro familiari,<br />

è auspicabile agevolare la stipula <strong>di</strong><br />

un’assicurazione privata, grazie al sistema<br />

delle deduzioni fiscali, già previste<br />

fino ad un massimale <strong>di</strong> Euro 3.615 all’anno.<br />

I professionisti, accre<strong>di</strong>tati presso il Servizio<br />

Sanitario Nazionale, potranno convenzionarsi<br />

con le assicurazioni e con i<br />

Fon<strong>di</strong> Sanitari Integrativi al fine <strong>di</strong> offrire<br />

a tariffe agevolate le prestazioni sanitarie<br />

comprese nella propria specializzazione<br />

o, meglio, superspecializzazione.<br />

Prof. Vito D’Andrea<br />

Docente <strong>di</strong> Chirurgia Generale<br />

all’Univesità della Sapienza<br />

Preghiera alla<br />

Madonna<br />

della Salute<br />

O vera sorgente <strong>di</strong> vita, o fonte perenne<br />

<strong>di</strong> ogni nostra salute, gran Regina dei<br />

cieli, Maria, rivolgi, Ti prego, verso <strong>di</strong><br />

me l’occhio benigno della tua misericor<strong>di</strong>a.<br />

Sollevami dal peso delle mie colpe, e col<br />

favore della tua potente intercessione, e<br />

per i meriti <strong>di</strong> San Giuseppe e <strong>di</strong> San Camillo<br />

de Lellis, fa’ che io ottenga da Dio,<br />

con la sal vezza dell’anima, la salute del<br />

corpo, e quella grazia <strong>di</strong> cui ho tanto bisogno<br />

e che ti rac comando affinché, potendo<br />

meglio ser vire e lodare Dio in questa<br />

vita, venga poi un giorno ad amar-<br />

Lo e ringraziarLo con Te, per tutta l’eternità,<br />

beato nel cielo.<br />

O Maria, salute degli infermi, proteggi<br />

i malati che giacciono negli ospedali<br />

o nelle loro case, specialmente quelli<br />

più provati dal dolore nell’anima e<br />

nel corpo.<br />

Non abbandonarli!<br />

Io ti offro tutta questa umana sofferen -<br />

za per ottenere da Te il perdono, la pace<br />

e la salvezza per tutta l’umanità.<br />

O Madre della salute, non <strong>di</strong>sprezzare<br />

la mia voce, ma benigna ascoltami, esau<strong>di</strong>scimi,<br />

salvami. Amen<br />

Con approvazione ecclesiastica<br />

35


A<br />

Una lettura,<br />

anche spirituale,<br />

per l’estate:<br />

i racconti <strong>di</strong><br />

Karen Blixen<br />

Gli anni <strong>di</strong> Gesù a Nazaret:<br />

lo straor<strong>di</strong>nario dell’or<strong>di</strong>nario<br />

Nazaret Gesù è vissuto trenta’anni: la<br />

maggior parte della sua storia terrena.<br />

Confuso nell’anonimato, come quasi<br />

tutti gli uomini, con<strong>di</strong>vide con essi una<br />

genuina umanità che, proprio così,<br />

esprime il suo essere eguale al Padre<br />

(Fil 2,6), maturando nella or<strong>di</strong>narietà<br />

della esistenza quoti<strong>di</strong>ana. La sua pre<strong>di</strong>cazione<br />

– appena due anni e mezzo –<br />

non farà altro che svelare il tesoro nascosto<br />

nella «terra degli uomini»: la<br />

perla preziosa racchiusa in questa or<strong>di</strong>narietà<br />

senza clamore. La morte e risurrezione<br />

non sarà altro che portare a<br />

compimento quell’amore che egli ha<br />

«imparato» (Eb 5,8) e testimoniato con<br />

semplicità negli incre<strong>di</strong>bili lunghi anni<br />

<strong>di</strong> Nazaret.<br />

Alla luce tenue e <strong>di</strong>screta del «<strong>di</strong>ventare»<br />

uomo, giorno dopo giorno, <strong>di</strong> Dio<br />

nel villaggio <strong>di</strong> Nazaret, va compresa e<br />

vissuta la chiamata della comunità cristiana<br />

alla nuova evangelizzazione. Si<br />

tratta non <strong>di</strong> dare spettacolo, <strong>di</strong> far sentire<br />

che siamo forti, ma <strong>di</strong> seguire l’esempio<br />

<strong>di</strong> Gesù che ha rivelato la realtà<br />

e il vero senso del suo essere Dio attraverso<br />

la genuinità del suo essere uomo.<br />

È uno stile, un modo <strong>di</strong> sentire e <strong>di</strong><br />

agire con la forza dell’umile amore, che<br />

possiamo apprendere dalla me<strong>di</strong>tazione<br />

del Vangelo – specialmente esistenzialmente<br />

a partire dal «libro aperto»<br />

della quoti<strong>di</strong>anità vissuta.<br />

«Raccontare la quoti<strong>di</strong>anità»<br />

come storia sacra<br />

In questo contesto ci sembra <strong>di</strong> stimolo e<br />

<strong>di</strong> aiuto, a livello spirituale, pastorale e<br />

anche teologico, fare riferimento ad alcune<br />

profonde intuizioni espresse con l’eloquente<br />

linguaggio simbolico della comunicazione<br />

artistica. Ricor<strong>di</strong>amo il bellissimo<br />

film <strong>di</strong> Ermanno Olmi «Centochio<strong>di</strong>»<br />

(marzo 2007). È la rappresentazione<br />

<strong>di</strong> una parabola esistenziale che,<br />

dalle rive del Pò, allude poeticamente alla<br />

vita <strong>di</strong> Gesù – specialmente al suo stile<br />

<strong>di</strong> amicizia – attraverso la figura del<br />

professore. Questi, inchiodando letteralmente<br />

i libri anche preziosi, scende dalle<br />

presunzioni della sua cattedra, fugge<br />

via dalla università. Va a con<strong>di</strong>videre senza<br />

demagogia, nell’amicizia e nel lavorare<br />

insieme, la vita dei semplici, fino a<br />

rischiare in prima persona.<br />

Cor<strong>di</strong>ale e affascinante è il recentissimo<br />

libro del teologo Enzo Bianchi, proprio<br />

della comunità laica monastica <strong>di</strong> Bose:<br />

«Il pane <strong>di</strong> ieri» (Einau<strong>di</strong>, Torino 2008,<br />

pp. 114). È uno spaccato <strong>di</strong> teologia esistenziale<br />

vissuta che racconta storie, rievoca<br />

volti e momenti <strong>di</strong> vita familiare, religiosa<br />

e paesana: in modo umanissimo,<br />

con sorridente, calda e realistica saggezza.<br />

«Il pane <strong>di</strong> ieri» rimasto sulla tavola,<br />

luogo <strong>di</strong> incontro e <strong>di</strong> festa, «è buono<br />

anche domani»: perché il sapore più vero<br />

della vita e della fede quoti<strong>di</strong>ane – che<br />

le pagine del libro ci fanno assaggiare –<br />

è sempre nuovo e insieme antico.<br />

Karen Blixen «trasformare la<br />

propria vita in racconto»<br />

Per scoprire meglio e quasi assaporare il<br />

valore strao<strong>di</strong>nario dell'or<strong>di</strong>nario – nella<br />

vita <strong>di</strong> Gesù a Nazaret e nella nostra – ci<br />

è <strong>di</strong> stimolo una grande scrittrice dei nostri<br />

tempi, la danese Karen Blixen (1885-<br />

1962). È una maestra dell’arte <strong>di</strong> «narrare<br />

storie». In esse sono frequenti i riferimenti<br />

<strong>di</strong> tipo religioso. Critica verso il<br />

36


dualismo <strong>di</strong> quella tra<strong>di</strong>zione cristiana che<br />

oppone fra loro terra e cielo, appartiene<br />

per origine al cristianesimo evangelico<br />

ma, specialmente nella corrispondenza<br />

con il fratello Thomas, riconosce <strong>di</strong> essere<br />

quasi una cattolica, anzi un prete cattolico.<br />

Ha soggiornato più volte a <strong>Roma</strong>,<br />

nel 1912, nel 1952 (incontrando anche Pio<br />

XII) e nel 1956. La sua fedele segretaria<br />

Clara Svendsen era cattolica e buona conoscitrice<br />

della teologia cattolica.<br />

La Blixen è conosciuta specialmente per<br />

gli stupen<strong>di</strong> film che traducono in linguaggio<br />

cinematografico due fra i suoi libri:<br />

«La mia Africa» (Feltrinelli) e «Il<br />

pranzo <strong>di</strong> Babette» (in «Capricci del<br />

destino») (Feltrinelli). Quest’ultimo è una<br />

limpida intensa parabola che, con una delicata<br />

vena <strong>di</strong> humour, racconta la vita <strong>di</strong><br />

una comunità <strong>di</strong> pescatori. Babette, una<br />

ex-partigiana <strong>di</strong> Parigi, <strong>di</strong>venuta un’ottima<br />

domestica, sacrifica tutta la sua fortuna<br />

economica (sopraggiunta all’improvviso)<br />

offrendo una cena favolosa, che<br />

lei stessa prepara come una grande artista.<br />

Intorno alla tavola in festa la litigiosa<br />

religiosità degli invitati si scioglie,<br />

aprendosi (con una risonanza quasi «eucaristica»)<br />

ad una vita nuova che è capacità<br />

<strong>di</strong> una gioiosa umiltà e fraternità.<br />

Gli scritti della Blixen, quasi tutti racconti,<br />

narrano come ognuno con la sua vita quoti<strong>di</strong>ana<br />

va scrivendo la «sua» storia. Alla<br />

base c’è sempre la domanda, il grido,<br />

il desiderio profondo <strong>di</strong> conoscere : «Chi<br />

sono io?» La risposta sta proprio nella<br />

concretezza della mia storia dove «gli<br />

eventi traggono il loro significato dal<br />

nostro stato d’animo» per cui «agli occhi<br />

<strong>di</strong> due uomini nessun evento è il medesimo».<br />

Il senso <strong>di</strong> tale storia è dare risposta<br />

(quasi «artistica») all’idea che Dio<br />

ha avuto su <strong>di</strong> me quando sono uscito dalle<br />

sue mani. È un’idea, un «destino» (un<br />

concetto caro agli in<strong>di</strong>geni de «La mia<br />

Africa»), un <strong>di</strong>segno provvidenziale (secondo<br />

il linguaggio cristiano) in cui tutto,<br />

«guardato dall’Alto» – come nei voli<br />

<strong>di</strong> aereo con Denys – ha un posto: gioie<br />

e sofferenze (le «per<strong>di</strong>te»), libertà e necessità.<br />

Il vero «orgoglio» (o fierezza)<br />

dell’uomo è condurre a termine responsabilmente<br />

il proprio destino provvidenziale,<br />

aver fede nell'idea che Dio ha avuto<br />

su <strong>di</strong> lui creandolo.<br />

Per vivere la nostra quoti<strong>di</strong>anità che <strong>di</strong>viene<br />

storia è necessario fermarsi per raccontarla<br />

a noi stessi, anche più volte. Scrive<br />

la Blixen: «Riuscire a trasformare le<br />

vicende della propria vita in racconto<br />

è una grande gioia: forse l’unica felicità<br />

che un essere umano possa trovare<br />

in questa terra... L’arte <strong>di</strong>vina è la<br />

storia: in principio era la storia. Alla<br />

fine avremo il privilegio <strong>di</strong> vederla, e<br />

<strong>di</strong> rivederla, nel suo insieme – e questo<br />

è ciò che viene chiamato il giorno del<br />

giu<strong>di</strong>zio». Secondo lei la storia dell’umanità<br />

nel suo insieme assomiglia in certo<br />

modo ad un romanzo composto <strong>di</strong> numerevoli<br />

racconti intrecciati. In questo<br />

intreccio «visto dall’Altro» è possibile<br />

respirare una certa aria <strong>di</strong> famiglia: quella<br />

somiglianza (non... uguaglianza) fra<br />

tutte le persone umane che, quando c’è<br />

genuina umanità, amore, non <strong>di</strong>sprezza<br />

ma valorizza l’identità <strong>di</strong> ognuno, la originalità<br />

delle singole storie.<br />

La genuina umanità:<br />

rivelazione <strong>di</strong> Dio<br />

La scrittrice danese – soprannominata dagli<br />

in<strong>di</strong>geni «colei che presta attenzione»<br />

(Jerie) – con i suoi numerosi racconti<br />

pubblicati in Italia da Adelphy e da Feltrinelli,<br />

ci rivela che «nella vita ci sono<br />

molte cose che un essere umano... non<br />

può raggiungere con i propri sforzi. Ma<br />

esiste una umanità genuina che resterà<br />

sempre un dono, e che un essere umano<br />

deve accettare da un altro essere<br />

umano così come egli glielo offre. Colui<br />

che dona ha a sua volta ricevuto. In<br />

questo modo, un anello per volta, si forma<br />

una catena da una terra all’altra,<br />

e da una generazione all’altra» («Ultimi<br />

racconti», Adelphy, p. 102). A noi<br />

37


Un «anno sacerdotale»<br />

Nel 150 ° della morte del Santo Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney,<br />

«vero esempio <strong>di</strong> Pastore a servizio del gregge <strong>di</strong> Cristo»,<br />

Benedetto XVI ha deciso <strong>di</strong> in<strong>di</strong>re uno speciale «anno sacerdotale»,<br />

dal 19 giugno prossimo fino al 19 giugno 2010.<br />

Lo ha annunciato durante l’u<strong>di</strong>enza alla plenaria della Congregazione<br />

per il Clero, ricevuta nella Sala del Concistoro<br />

lunedì mattina, 16 marzo<br />

sembra che, alla luce della fede nella incarnazione<br />

salvifica <strong>di</strong> Dio in Cristo, dobbiamo<br />

riconoscere la centralità <strong>di</strong> questa<br />

genuina umanità che gli uomini vivono,<br />

anche se spesso inconsapevolmente<br />

(«non sappia la tua sinistra quello che<br />

fa la tua destra»: Mt 6,3). Ed è proprio<br />

questa la via fondamentale della rivelazione<br />

<strong>di</strong> Dio avvenuta in «tutta» la storia<br />

terrena <strong>di</strong> Cristo, nei lunghi anni <strong>di</strong> Nazaret,<br />

culminate nella sua morte e risurrezione<br />

e prolungata nelle membra del<br />

Cristo «totale». «Chi ha visto me ha visto<br />

il Padre» (Gv 14,9). «Tutto quello<br />

che avete fatto a uno solo <strong>di</strong> questi miei<br />

fratelli più piccoli l’avete fatto a me»<br />

(Mt 25,40).<br />

Attraverso la via della umanità (del Cristo<br />

«totale») zampilla e scorre il dono della<br />

Grazia infinita <strong>di</strong> cui parla il generale<br />

Loewenhielm nel meraviglioso <strong>di</strong>scorso<br />

che tiene nel «Pranzo <strong>di</strong> Babette».<br />

«...tanta è la nostra umana stoltezza e<br />

imprevidenza che immaginiamo la grazia<br />

<strong>di</strong>vina essere finita. E perciò tremiamo...<br />

Ma viene il giorno in cui i nostri<br />

occhi si aprono e ve<strong>di</strong>amo e capiamo<br />

che la grazia è invece infinita. La<br />

grazia, amici miei, ci chiede soltanto <strong>di</strong><br />

aspettarla con fiducia e <strong>di</strong> accoglierla<br />

con riconoscenza... Perché la misericor<strong>di</strong>a<br />

e la verità si sono incontrate, la<br />

rettitu<strong>di</strong>ne e la felicità si sono baciate!»<br />

Don Carmelo Nigro<br />

Cappellano dell’Ospedale<br />

Fondazione S. Lucia<br />

Signori Car<strong>di</strong>nali, Venerati Fratelli nell’Episcopato<br />

e nel Sacerdozio!<br />

Il tema che avete scelto per que sta Plenaria<br />

– «L’identità missio naria del presbitero<br />

nella Chiesa, quale <strong>di</strong>mensione<br />

intrinseca dell’e sercizio dei tria munera»<br />

– consen te alcune riflessioni per il lavoro<br />

<strong>di</strong> questi giorni e per i frutti abbon -<br />

danti che certamente esso porterà. Se l’intera<br />

Chiesa è missionaria e se ogni cristiano,<br />

in forza del Battesi mo e della Confermazione,<br />

quasi ex officio (cfr. CCC,<br />

1305) riceve il mandato <strong>di</strong> professare<br />

pubblicamen te la fede, il sacerdozio ministeriale,<br />

anche da questo punto <strong>di</strong> vista,<br />

si <strong>di</strong>stingue ontologicamente, e non solo<br />

per grado, dal sacerdozio batte simale, detto<br />

anche sacerdozio co mune. Del primo,<br />

infatti, è costituti vo il mandato apostolico:<br />

«Andate in tutto il mondo e pre<strong>di</strong>cate<br />

il Vangelo ad ogni creatura» (Mc<br />

16, 15). Tale mandato non è, lo sappia -<br />

mo, un semplice incarico affidato a collaboratori;<br />

le sue ra<strong>di</strong>ci sono più profonde<br />

e vanno ricercate molto più lontano.<br />

La <strong>di</strong>mensione missionaria del presbitero<br />

nasce dalla sua configu razione sacramentale<br />

a Cristo Capo: essa porta con sé,<br />

come conseguen za, un’adesione cor<strong>di</strong>ale<br />

e totale a quella che la tra<strong>di</strong>zione ecclesiale<br />

ha in<strong>di</strong>viduato come l’apostolica<br />

viven<strong>di</strong> forma. Questa consiste nella<br />

partecipazione ad una «vita nuova» spiritualmente<br />

intesa, a quel «nuovo stile <strong>di</strong><br />

vita» che è stato inaugurato dal Signore<br />

Gesù ed è stato fatto proprio dagli Apostoli.<br />

Per l’imposi zione delle mani del Vescovo<br />

e la preghiera consacratoria della<br />

38


Chie sa, i can<strong>di</strong>dati <strong>di</strong>vengono uomini<br />

nuovi, <strong>di</strong>vengono «presbiteri». In questa<br />

luce appare chiaro come i tria munera<br />

siano prima un dono e solo conseguentemente<br />

un ufficio, prima una partecipazione<br />

ad una vita, e perciò una potestas.<br />

Certamente, la grande tra<strong>di</strong>zione<br />

eccle siale ha giustamente svincolato l’ef -<br />

ficacia sacramentale dalla concreta situazione<br />

esistenziale del singolo sa -<br />

cerdote, e così le legittime attese dei fedeli<br />

sono adeguatamente salvaguardate.<br />

Ma questa giusta precisa zione dottrinale<br />

nulla toglie alla ne cessaria, anzi in<strong>di</strong>spensabile,<br />

tensio ne verso la perfezione<br />

morale, che deve abitare ogni cuore autenticamente<br />

sacerdotale.<br />

Proprio per favorire<br />

questa ten -<br />

sione dei sacerdoti<br />

verso la<br />

perfezione spirituale<br />

dalla quale<br />

soprattutto <strong>di</strong>pende<br />

l’efficacia del<br />

loro ministero, ho<br />

deciso <strong>di</strong> in<strong>di</strong>re<br />

uno speciale<br />

«Anno Sacerdotale»,<br />

che andrà dal 19 giugno prossimo<br />

fino al 19 giu gno 2010. Ricorre infatti il<br />

150° an niversario della morte del Santo<br />

Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney,<br />

vero esempio <strong>di</strong> pastore a servizio del<br />

gregge <strong>di</strong> Cristo. Sarà cura della vostra<br />

Congregazione, d’intesa con gli Or<strong>di</strong>nari<br />

<strong>di</strong>ocesani e con i superiori degli Istituti<br />

religio si, promuovere e coor<strong>di</strong>nare le<br />

varie iniziative spirituali e pastorali che<br />

appariranno utili a far percepire sempre<br />

più l’importanza del ruolo e della missione<br />

del sacerdote nella chiesa e nella<br />

società contempora nea.<br />

La missione del presbitero, come evidenzia<br />

il tema della plenaria, si svolge<br />

«nella Chiesa». Una tale <strong>di</strong>mensione ecclesiale,<br />

comunionale, gerarchica e dottrinale<br />

è assolutamente in<strong>di</strong>spensabile<br />

Sua Ecc. Mons. Brambilla con i cappellani del<br />

Policlinico Umberto I.<br />

ad ogni auten tica missione e, sola, ne garantisce<br />

la spirituale efficacia. I quattro<br />

aspetti menzionati devono essere sempre<br />

riconosciuti come intimamente correlati:<br />

la missione è «ecclesiale» perché<br />

nessuno annuncia o porta se stesso, ma<br />

dentro ed attra verso la propria umanità<br />

ogni sacer dote deve essere ben consapevole<br />

<strong>di</strong> portare un Altro, Dio stesso,<br />

al mondo. Dio è la sola ricchezza che,<br />

in definitiva, gli uomini desiderano trovare<br />

in un sacerdote. La missione è «comunionale»,<br />

perché si svolge in un’unità<br />

e comunione che solo secondariamente<br />

ha anche aspetti rilevanti <strong>di</strong> visibilità<br />

sociale. Questi, d’altra parte, derivano<br />

essenzial -<br />

mente da quell’intimità<br />

<strong>di</strong>vina della<br />

quale il sacerdote<br />

è chiamato ad es -<br />

sere esperto, per<br />

poter condurre,<br />

con umiltà e fiducia,<br />

le anime a lui<br />

affidate al medesimo<br />

incontro con il<br />

Signore. Infine le<br />

<strong>di</strong>mensioni «ge-<br />

rarchica» e «dottrinale»<br />

suggeriscono <strong>di</strong> riba<strong>di</strong>re l’importanza<br />

della <strong>di</strong> sciplina (il termine si<br />

collega con «<strong>di</strong>scepolo») ecclesiastica<br />

e della for mazione dottrinale, e non solo<br />

teo logica, iniziale e permanente.<br />

La consapevolezza dei ra<strong>di</strong>cali cambiamenti<br />

sociali degli ultimi decenni deve<br />

muovere le migliori energie ecclesiali a<br />

curare la forma zione dei can<strong>di</strong>dati al ministero.<br />

In particolare, deve stimolare la<br />

co stante sollecitu<strong>di</strong>ne dei pastori verso i<br />

loro primi collaboratori, sia colti vando<br />

relazioni umane veramente paterne, sia<br />

preoccupandosi della loro formazione<br />

permanente, soprat tutto sotto il profilo<br />

dottrinale e spi rituale. La missione ha le<br />

sue ra<strong>di</strong>ci in special modo in una buona<br />

for mazione, sviluppata in comunione con<br />

l’ininterrotta tra<strong>di</strong>zione eccle siale, senza<br />

39


cesure né tentazioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>scontinuità. In<br />

tal senso, è importante favorire nei sacerdoti,<br />

soprat tutto nelle giovani generazioni,<br />

una corretta ricezione dei testi del<br />

Con cilio Ecumenico Vaticano II, inter -<br />

pretati alla luce <strong>di</strong> tutto il bagaglio dottrinale<br />

della Chiesa. Urgente ap pare anche<br />

il recupero <strong>di</strong> quella consapevolezza<br />

che spinge i sacer doti ad essere presenti,<br />

identificabili e riconoscibili sia per il giu<strong>di</strong>zio<br />

<strong>di</strong> fede, sia per le virtù personali sia<br />

anche per l’abito, negli ambiti della cultura<br />

e della carità, da sempre al cuore della<br />

missione della Chiesa.<br />

Come chiesa e come sacerdoti annunciamo<br />

Gesù <strong>di</strong> Nazaret Si gnore e Cristo, crocifisso<br />

e risorto, sovrano del tempo e della<br />

storia, nella lieta certezza che tale verità<br />

coincide con le attese più profonde<br />

del cuore umano. Nel mistero dell’incarnazione<br />

del Verbo, nel fatto cioè che Dio<br />

si è fatto uomo come noi, sta sia il contenuto<br />

che il meto do dell’annuncio cristiano.<br />

La mis sione ha qui il suo vero centro<br />

pro pulsore: in Gesù Cristo, appunto.<br />

La centralità <strong>di</strong> Cristo porta con sé la giusta<br />

valorizzazione del sacerdo zio ministeriale,<br />

senza il quale non ci sarebbe né<br />

l’Eucaristia, né, tanto meno, la missione<br />

e la stessa chiesa. In tal senso è necessario<br />

vigilare af finché le «nuove strutture»<br />

od orga nizzazioni pastorali non siano<br />

pen sate per un tempo nel quale si do -<br />

vrebbe «fare a meno» del ministero or<strong>di</strong>nato,<br />

partendo da un’erronea interpretazione<br />

della giusta promo zione dei laici,<br />

perché in tal caso si porrebbero i presupposti<br />

per l’ulte riore <strong>di</strong>luizione del sacerdozio<br />

mini steriale e le eventuali presunte<br />

«soluzioni» verrebbero drammaticamente<br />

a coincidere con le reali cau se<br />

delle problematiche contempora nee legate<br />

al ministero.<br />

Sono certo che in questi giorni il lavoro<br />

dell’Assemblea plenaria, sot to la protezione<br />

della Mater Eccle siae, potrà approfon<strong>di</strong>re<br />

questi brevi spunti che mi permetto<br />

<strong>di</strong> sottoporre all’attenzione dei signori<br />

Car<strong>di</strong> nali e degli Arcivescovi e Vescovi,<br />

invocando su tutti la copiosa ab -<br />

bondanza dei doni celesti, in pegno dei<br />

quali imparto a voi e alle persone a voi<br />

care una speciale, affettuo sa Bene<strong>di</strong>zione<br />

Apostolica.<br />

Sotto l segno del curato d’Ars<br />

Avrà come tema «Fedeltà <strong>di</strong> Cristo, fedeltà<br />

del sacerdote» lo speciale anno sacerdotale<br />

in programma dal 19 giugno<br />

<strong>2009</strong> al 19 giugno 2010. Il Pon tefice lo<br />

aprirà presiedendo la celebrazione dei<br />

Vespri il prossimo 19 giu gno, solennità<br />

del sacratissimo Cuore <strong>di</strong> Gesù e giornata<br />

della santificazione sacerdotale, <strong>di</strong>nanzi<br />

alla reliquia <strong>di</strong> san Giovanni Maria<br />

Vianney, che sarà portata dal vescovo<br />

<strong>di</strong> Belley-Ars. Lo stesso Benedetto<br />

XVI lo chiuderà dopo un anno prendendo<br />

parte a un incontro mon<strong>di</strong>ale sacerdotale<br />

in piazza San Pietro.<br />

Durante questo anno giubilare il Papa<br />

proclamerà san Giovanni Maria Vianney<br />

«patrono <strong>di</strong> tutti i sacerdoti del mondo».<br />

Sarà inoltre pubblicato il Direttorio<br />

per i confessori e <strong>di</strong>rettori spirituali, insieme<br />

a una raccolta <strong>di</strong> te sti del Pontefice<br />

sui temi essenziali della vita e della<br />

missione sacerdotale nell’epoca attuale.<br />

La Congregazione per il clero, d’intesa<br />

con gli or<strong>di</strong>nari <strong>di</strong>ocesani e i su periori<br />

degli istituti religiosi, si preoccuperà <strong>di</strong><br />

promuovere e coor<strong>di</strong>nare le varie iniziative<br />

spirituali e pastorali che saranno poste<br />

in essere per far per cepire sempre più<br />

l’importanza del ruolo e della missione<br />

del sacerdote nella chiesa e nella società<br />

contemporanea, come pure la necessità<br />

<strong>di</strong> po tenziare la formazione permanente<br />

dei sacerdoti legandola a quella dei se -<br />

minaristi.<br />

40


Pellegrinaggio<br />

in Terra Santa<br />

i<br />

l 29 aprile <strong>2009</strong> è iniziato il pellegrinaggio<br />

in Terra Santa e Giordania guidato da<br />

S. E. Mons. Armando Brambilla, che ha<br />

alternato la sua preziosa presenza per<br />

«par con<strong>di</strong>tio» tra i due gruppi «bianco»<br />

e «arancione»: il gruppo bianco costituito<br />

prevalentemente dai farmacisti<br />

cattolici (gruppo organizzato dal dott. Eugenio<br />

Dragoni) e il gruppo arancione costituito<br />

prevalentemente da me<strong>di</strong>ci e operatori<br />

sanitari dell’ospedale «Columbus».<br />

Dopo un volo tranquillo <strong>di</strong> tre ore circa<br />

dall’aeroporto <strong>di</strong> Fiumicino siamo<br />

arrivati a Tel Aviv e dopo un breve percorso<br />

in pulman abbiamo raggiunto il<br />

monte Carmelo, dove, secondo la tra<strong>di</strong>zione,<br />

il Profeta Elia, su un carro <strong>di</strong><br />

fuoco, fu trasportato in cielo. Nel convento<br />

delle Carmelitane è stata concelebrata<br />

la S. Messa.<br />

Non senza significato la prima tappa al<br />

Carmelo. Il nostro viaggio inziava con la<br />

bene<strong>di</strong>zione della Vergine Maria. Il salmo<br />

responsoriale del giorno recitava: «Ti<br />

seguiremo ovunque ci condurrai Vergine<br />

Maria».<br />

Abbiamo poi raggiunto Nazareth.<br />

ll secondo giorno è stato in<strong>di</strong>menticabile,<br />

in un certo senso il fulcro del nostro<br />

pellegrinaggio, la visita dei luoghi in cui<br />

Gesù ha iniziato la sua missione con la<br />

scelta dei suoi <strong>di</strong>scepoli.<br />

È stato molto emozionante vedere e calpestare<br />

i luoghi in cui Gesù ammaestrava<br />

e compiva miracoli: Tabgha (miracolo<br />

della moltiplicazione dei pani e dei pesci);<br />

la Sinagoga <strong>di</strong> Cafarnao, il primato<br />

<strong>di</strong> Pietro; il Monte delle Beatitu<strong>di</strong>ni. Attraversare<br />

il lago <strong>di</strong> Tiberiade è stata poi<br />

un’esperienza unica.<br />

La mente riandava ai passi del Vangelo<br />

riguardanti la pesca miracolosa e la<br />

tempesta che molto aveva fatto dubitare<br />

Pietro.<br />

Momenti toccanti sono stati anche quelli<br />

vissuti nella chiesa dell’Annunciazione<br />

a Nazareth: il Sì, senza riserve, <strong>di</strong><br />

un’umile fanciulla ha dato inizio al <strong>di</strong>segno<br />

<strong>di</strong> Dio per la salvezza dell’umanità.<br />

Interessanti sono stati i due giorni trascorsi<br />

in Giordania: Madaba, Jerash,<br />

Petra ed Amman.<br />

Notevoli a Jerash i resti della presenza<br />

romana; l’arco <strong>di</strong> Adriano e le rovine della<br />

città. Affascinante il sito dell’antica<br />

Petra con il suo capolavoro scolpito nella<br />

roccia dalle sfumature rosa e la città<br />

<strong>di</strong> Amman veramente moderna ed elegante<br />

nella zona residenziale.<br />

Ma nel nostro pellegrinaggio in Giordania<br />

i luoghi più significativi sono stati: il<br />

Monte Nebo, dove Mosè intravide la terra<br />

promessa, portando a termine il compito<br />

assegnatogli da Dio e il sito del battesimo<br />

<strong>di</strong> Gesù, dove tutti insieme ab-<br />

41


Terra Santa: S. Messa nel deserto.<br />

biamo rinnovato le promesse battesimali<br />

e siamo stati benedetti con l’acqua del<br />

Giordano da S. E. Mons. Armando Brambilla.<br />

La sosta nel deserto <strong>di</strong> Giuda per la celebrazione<br />

della S. Messa <strong>di</strong> domenica 3<br />

maggio è stato un altro momento molto<br />

coinvolgente, con la mente pensavo all’esperienza<br />

<strong>di</strong> Gesù nel deserto: i quaranta<br />

giorni che hanno preceduto il suo<br />

«Sacrificio».<br />

La grotta dei pastori e la chiesa della<br />

Natività a Bethlemme hanno fatto rivivere<br />

nei nostri cuori la nascita <strong>di</strong> Gesù,<br />

la sosta poi al santuario della Visitazione<br />

ad Ain Karem ci ha fatto riflettere sullo<br />

spirito <strong>di</strong> servizio che ogni cristiano<br />

Il Crocifisso sul Monte Calvario.<br />

dovrebbe avere. L’ultima tappa del pellegrinaggio<br />

è stata Gerusalemme. Il passaggio<br />

quoti<strong>di</strong>ano da Bethlemme (dove<br />

abbiamo alloggiato dal 4 maggio) a Gerusalemme<br />

ci ha fatto toccare con mano<br />

la <strong>di</strong>fficile coesistenza tra Israeliani e Palestinesi;<br />

il muro eretto tra la zona israeliana<br />

e i territori palestinesi è una ferita<br />

inferta, che soltanto una grande volontà<br />

<strong>di</strong> pace tra i due popoli potrà sanare.<br />

I due giorni de<strong>di</strong>cati a Gerusalemme<br />

sono stati molto intensi.<br />

Tutti i luoghi che hanno visto la presenza<br />

<strong>di</strong> Gesù sono stati visitati: il Monte<br />

Sion, il Cenacolo, S. Pietro in Gallicantu,<br />

il Monte degli Ulivi, il Getsemani, la<br />

chiesa del Pater Noster, la Basilica dell’agonia<br />

e il Dominus flevit.<br />

La Via Crucis, per le vie della città vecchia,<br />

la visita al S. Sepolcro e la celebrazione<br />

della S. Messa «in Resurrectione<br />

Domini», nella cappella antistante<br />

il S. Sepolcro, hanno dato il sigillo finale<br />

al nostro pellegrinaggio.<br />

Il 6 maggio, dopo una sosta ad Emmaus,<br />

per la celebrazione della S. Messa, abbiamo<br />

raggiunto l’aereoporto <strong>di</strong> Tel Aviv<br />

per il ritorno a <strong>Roma</strong>.<br />

Posso concludere che il pellegrinaggio<br />

in Terra Santa dovrebbe essere fatto da<br />

ogni credente per rinsaldare la propria<br />

fede, in quanto il nostro Credo è proprio<br />

in quei luoghi che può essere confermato<br />

e rinvigorito.<br />

Una pellegrina<br />

42


Invocazione allo S pirito Santo<br />

Una preghiera del Vescovo <strong>di</strong> Molfetta<br />

don Tonino Bello defunto nel 1993<br />

Spirito <strong>di</strong> Dio, che presso le rive del Giordano<br />

sei sceso in pienezza sul capo <strong>di</strong> Gesù<br />

e l’hai proclamato Messia, <strong>di</strong>laga su questo<br />

corpo sacerdotale raccolto davanti a te. Adornalo<br />

<strong>di</strong> una veste <strong>di</strong> grazia. Consacralo con<br />

l’unzione e invialo a portare il lieto annunzio<br />

ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori<br />

spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi,<br />

la scarcerazione dei prigionieri e a promulgare<br />

l’anno <strong>di</strong> misericor<strong>di</strong>a del Signore.<br />

Se Gesù ha usato queste parole <strong>di</strong> Isaia per<br />

la sua autopresentazione nella sinagoga <strong>di</strong><br />

Nazareth e per la stesura del suo manifesto<br />

programmatico, vuol <strong>di</strong>re che anche la chiesa<br />

oggi deve farsi solidale con i sofferenti,<br />

con i poveri, con gli oppressi, con i deboli,<br />

con gli affamati e con tutte le vittime della<br />

violenza.<br />

Facci capire che i poveri sono i «punti <strong>di</strong> entrata»<br />

attraverso i quali tu, Spirito <strong>di</strong> Dio,<br />

irrompi in tutte le realtà umane e le ricrei.<br />

Preserva, perciò, la tua sposa dal sacrilegio<br />

<strong>di</strong> pensare che la scelta degli ultimi sia l’indulgenza<br />

alle mode <strong>di</strong> turno e non invece la<br />

feritoia attraverso la quale la forza <strong>di</strong> Dio penetra<br />

nel mondo e comincia la sua opera <strong>di</strong><br />

salvezza.<br />

Spirito Santo, dono del Cristo morente, fa’<br />

che la Chiesa <strong>di</strong>mostri <strong>di</strong> averti ere<strong>di</strong>tato davvero.<br />

Trattienila ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> tutte le croci. Quelle<br />

dei singoli e quelle dei popoli. Ispirale parole<br />

e silenzi, perché sappia dare significato<br />

al dolore degli uomini. Così che ogni povero<br />

comprenda che non è vano il suo pianto e<br />

ripeta col salmo: «Le mie lacrime, Signore,<br />

nell’otre tuo raccogli».<br />

Ren<strong>di</strong>la protagonista infaticabile <strong>di</strong> deposizioni<br />

dal patibolo, perché i corpi schiodati<br />

dei sofferenti trovino pace sulle sue ginocchia<br />

<strong>di</strong> madre. In quei momenti poni sulle<br />

sue labbra canzoni <strong>di</strong> speranza. E donale <strong>di</strong><br />

non arrossire mai della croce, ma <strong>di</strong> guardare<br />

ad essa come all’ antenna della sua nave,<br />

le cui vele tu gonfi <strong>di</strong> brezza e spingi con fiducia<br />

lontano.<br />

Spirito Santo, luce che rischiari la notte.<br />

Spirito <strong>di</strong> Pentecoste, ridestaci all’ antico<br />

mandato <strong>di</strong> profeti. Dissigilla le nostre labbra,<br />

contratte dalle prudenze carnali. Introduci<br />

nelle nostre vene il rigetto per ogni compromesso.<br />

E donaci la nausea <strong>di</strong> lusingare i<br />

detentori del potere per trarne vantaggio.<br />

Trattienici dalle ambiguità. Facci la grazia<br />

del voltastomaco per i nostri peccati. Poni il<br />

tuo marchio <strong>di</strong> origine controllata sulle nostre<br />

testimonianze. E facci aborrire dalle parole,<br />

quando esse non trovano puntuale verifica<br />

nei fatti.<br />

Spalanca i cancelletti dei nostri cenacoli. Aiutaci<br />

a vedere i riverberi delle tue fiamme nei<br />

processi <strong>di</strong> purificazione che avvengono in<br />

tutti gli angoli della terra. Aprici a fiducie ecumeniche.<br />

E, in ogni uomo <strong>di</strong> buona volontà<br />

facci scorgere le orme del tuo passaggio.<br />

Spirito del Signore, dono del Risorto agli<br />

apostoli nel cenacolo, gonfia <strong>di</strong> passione la<br />

vita dei tuoi presbiteri. Riempi <strong>di</strong> amicizie<br />

<strong>di</strong>screte la loro solitu<strong>di</strong>ne. Ren<strong>di</strong>li innamorati<br />

della terra e capaci <strong>di</strong> misericor<strong>di</strong>a per<br />

tutte le sue debolezze. Confortali con la gratitu<strong>di</strong>ne<br />

della gente e con l’olio della comunione<br />

fraterna. Ristora la loro stanchezza,<br />

perché non trovino appoggio più dolce per il<br />

loro riposo se non sulla spalla del Maestro.<br />

Liberali dalla paura <strong>di</strong> non farcela più. Dai<br />

loro occhi partano inviti a sovrumane trasparenze.<br />

Dal loro cuore si sprigioni audacia<br />

mista a tenerezza. Dalle loro mani gron<strong>di</strong> il<br />

crisma su tutto ciò che accarezzano. Fa risplendere<br />

<strong>di</strong> gioia i loro corpi. Rivestili <strong>di</strong><br />

abiti nuziali. E cingili con cinture <strong>di</strong> luce.<br />

Perché, per essi e per tutti, lo sposo non tarderà.<br />

Don Tonino Bello<br />

43


FEDE, CARITÀ E ANZIANI MALATI<br />

Introduzione<br />

La morte <strong>di</strong> Cristo<br />

In questo intervento non intendo parlare<br />

<strong>di</strong> fede e carità <strong>di</strong> coloro che si prendono<br />

cura degli anziani malati. Preferisco invece<br />

focalizzare la mia riflessione sulla<br />

questione relativa alla crescita, in fede e<br />

carità, <strong>di</strong> coloro che, a motivo della tarda<br />

età e della malattia, si avvicinano al<br />

termine della vita. Mentre la morte si profila<br />

minacciosamente <strong>di</strong>nanzi a tutti noi,<br />

questioni riguardanti il suo mistero, il suo<br />

significato teologico e la preparazione imme<strong>di</strong>ata<br />

al passaggio finale <strong>di</strong>ventano più<br />

acute negli sta<strong>di</strong> finali della vita, anche<br />

quando in questi ultimi momenti competenza<br />

intellettuale e consapevolezza psichica<br />

possono essere ridotte o seriamente<br />

compromesse. Quali conoscenze ci può<br />

offrire la riflessione teologica, illuminando<br />

l’esperienza spirituale del viaggio<br />

finale? In che modo i cambiamenti causati<br />

dallo sviluppo delle tecniche me<strong>di</strong>che,<br />

possono influenzare questa esperienza<br />

spirituale? Come sempre, gli interrogativi<br />

teologici devono guardare verso<br />

Cristo per trovare la risposta. Gesù<br />

Cristo, Figlio del Padre eterno, passò<br />

per la morte e la resurrezione. Il mistero<br />

pasquale, pertanto, deve essere<br />

compreso, alla ricerca del significato<br />

per il passaggio finale dei cristiani.<br />

L’amore del Padre sorregge il figlio crocifisso.<br />

Nella sua me<strong>di</strong>tazione sulla passione <strong>di</strong><br />

Cristo come la presenta il Vangelo <strong>di</strong><br />

San Matteo, il teologo belga, padre Servais<br />

Pinckaers OP, si è concentrato principalmente<br />

sul dono <strong>di</strong> sé <strong>di</strong> Gesù. Nella<br />

pietà popolare, a volte in tali me<strong>di</strong>tazioni<br />

predomina un accento doloroso<br />

sui vari aspetti della sofferenza <strong>di</strong> Gesù.<br />

Una lettura attenta del Vangelo, tuttavia,<br />

mostra che non è la sofferenza a<br />

essere al centro del dramma. Le donne<br />

che guardavano la croce da lontano non<br />

stavano semplicemente piangendo <strong>di</strong><br />

fronte alla brutalità. Nel loro sguardo<br />

contemplativo esse vedevano Gesù donarsi<br />

totalmente al Padre e all’ umanità.<br />

Il Car<strong>di</strong>nale Albert Vanhoye afferma<br />

che il sacrificio <strong>di</strong> Cristo non consiste<br />

unicamente nella Sua morte, ma nella<br />

trasformazione <strong>di</strong> quella morte in fonte<br />

<strong>di</strong> nuova vita. Nella comprensione<br />

moderna delle parole “espiazione” e<br />

“sacrificio”, noi pensiamo a punizione<br />

e sofferenza. Ma così come “semplificare”<br />

significa “rendere semplice una<br />

cosa”, e “santificare” significa “rendere<br />

santo qualcosa”, anche “sacrificare”<br />

vuol <strong>di</strong>re “rendere sacro qualcosa”. Il<br />

sacrificium <strong>di</strong> Gesù, il suo sacrificio, è<br />

rendere la sua volontà umana supremamente<br />

santa in quanto essa è piena<br />

dell’amore che è lo Spirito Santo. Donandosi<br />

totalmente, in completa apertura<br />

al Padre, Gesù ci ha mostrato come<br />

la volontà dell’uomo possa essere<br />

pienamente arricchita e ampliata oltre<br />

i suoi limiti naturali dall’amore che scaturisce<br />

dalla Trinità. Nella passione <strong>di</strong><br />

Cristo il ruolo dello Spirito Santo consistette<br />

nel colmare il cuore umano <strong>di</strong><br />

Gesù con tutta la forza dell’amore <strong>di</strong>vino,<br />

in modo tale che in quella morte,


Il Cristo nella gloria.<br />

sofferta contro ogni giustizia, fu stretta<br />

un’alleanza ultima tra Dio e l’umanità.<br />

Il fuoco dello Spirito Santo trasformò<br />

quella morte in sacrificio <strong>di</strong><br />

unione, in strumento per rendere santo<br />

il cuore umano <strong>di</strong> Gesù e i nostri cuori<br />

che si uniscono a Lui. Attraverso il dono<br />

totale <strong>di</strong> sé, nella sua solidarietà con<br />

i peccatori, Gesù ha dato accesso a questo<br />

amore <strong>di</strong>vino, che scaturisce per noi<br />

dal suo cuore aperto. Nel mistero pasquale<br />

noi me<strong>di</strong>tiamo il cambiamento<br />

della morte <strong>di</strong> un uomo, trattato come<br />

criminale e punito con<br />

morte crudele, in uno<br />

strumento <strong>di</strong> comunione<br />

suprema con Dio e con<br />

l’umanità. Questa trasformazione<br />

è <strong>di</strong> gran<strong>di</strong>ssima<br />

importanza e<br />

fonte ultima <strong>di</strong> quell’ulteriore<br />

cambiamento che<br />

è poi la transustanziazione<br />

del pane e del vino<br />

nel corpo e nel sangue<br />

<strong>di</strong> Cristo.<br />

Nella Lettera Apostolica Salvifici doloris,<br />

del 1984, Giovanni Paolo II riflette<br />

sulla sofferenza umana con un’attenzione<br />

analoga al mistero pasquale inteso<br />

come mistero <strong>di</strong> amore <strong>di</strong>vino, che<br />

re<strong>di</strong>me il peccato dell’uomo me<strong>di</strong>ante<br />

il potere <strong>di</strong> quell’amore. Nella sofferenza<br />

<strong>di</strong> Gesù i peccati vengono cancellati<br />

proprio perché egli solo, come<br />

Figlio unigenito, poté prenderli su <strong>di</strong> sé,<br />

assumerli con quell’amore verso il Padre<br />

che supera il male <strong>di</strong> ogni peccato;<br />

in un certo senso annienta questo male<br />

nello spazio spirituale dei rapporti tra<br />

Dio e l’umanità, e riempie questo spazio<br />

col bene.... Le parole della preghiera<br />

<strong>di</strong> Cristo al Getsemani provano la verità<br />

dell’amore me<strong>di</strong>ante la verità della<br />

sofferenza [...]. L’umana sofferenza<br />

ha raggiunto il suo culmine nella passione<br />

<strong>di</strong> Cristo. E contemporaneamente<br />

essa è entrata in una <strong>di</strong>mensione<br />

completamente nuova e in un<br />

nuovo or<strong>di</strong>ne: è stata legata all’amore,<br />

a quell’amore [...] che crea il bene<br />

ricavandolo anche dal male, ricavandolo<br />

per mezzo della sofferenza, così<br />

come il bene supremo della redenzione<br />

del mondo è stato tratto dalla Croce<br />

<strong>di</strong> Cristo, e costantemente prende<br />

da essa il suo avvio.<br />

Gesù avrebbe potuto salvarci infondendo<br />

amore <strong>di</strong>vino supremo al suo sorriso<br />

nella grotta <strong>di</strong> Bethlemme. Poiché<br />

ogni atto umano può essere<br />

nutrito dal <strong>di</strong> dentro<br />

dall’amore <strong>di</strong> Dio, e in<br />

Gesù il suo amore <strong>di</strong>vino<br />

era supremo e infinito,<br />

benché anche soggetto a<br />

crescita umana, teoricamente<br />

Egli avrebbe potuto<br />

manifestare quell’amore<br />

supremo in maniera<br />

più semplice della<br />

morte <strong>di</strong> croce, anche se<br />

avremmo avuto maggiore <strong>di</strong>fficoltà a riconoscerlo.<br />

Continuando a dare se stesso<br />

nella morte, nonostante il suo rifiuto<br />

e la persecuzione, nel pieno controllo<br />

<strong>di</strong> sé, anche se negli eventi della sua<br />

passione e morte sembra che Gesù fosse<br />

condotto da altri e costretto nella sua<br />

libertà, <strong>di</strong>cendo solo cosa voleva <strong>di</strong>re e<br />

quando voleva e rifiutando <strong>di</strong> usare il<br />

suo potere <strong>di</strong>vino per fermare i suoi persecutori,<br />

Gesù ha mostrato la pienezza<br />

dell’amore <strong>di</strong>vino, più potente della sofferenza<br />

e della morte. Nella sua morte<br />

e resurrezione, come espresso dalla sua<br />

preghiera sul Getsemani, noi ve<strong>di</strong>amo<br />

il suo do-no, il suo arrendersi totalmente<br />

al Padre e la sua totale apertura al dono<br />

ricevuto, in cui consiste la sua obbe<strong>di</strong>enza.<br />

La sofferenza <strong>di</strong> Gesù nella morte<br />

rese la sua trasparenza al Padre e al<br />

potere dello Spirito più visibile.<br />

Possiamo provare a far comprendere<br />

45


Mons. Brambilla in visita ad una anziana.<br />

questo mistero con un semplice paragone.<br />

Un me<strong>di</strong>co che va a lavorare in<br />

un paese lontano dove contrae una malattia<br />

grave e muore, o un sacerdote che<br />

va come missionario in un paese straniero<br />

e vi viene ucciso, manifestano la<br />

potenza del loro amore. I genitori del<br />

me<strong>di</strong>co o del missionario proveranno<br />

grande dolore per il fatto che il proprio<br />

figlio sia morto o sia stato ucciso. Ma<br />

a un livello spirituale più profondo, essi<br />

si rallegreranno del fatto che nel cuore<br />

del figlio l’amore che gli avevano insegnato<br />

ha vinto, che nella sua morte,<br />

che umanamente sembra inutile, la potenza<br />

dell’amore ha mostrato la sua forza<br />

più completa, generando una suprema<br />

generosità che si dona sino alla fine.<br />

Naturalmente il figlio avrebbe potuto<br />

esprimere il proprio amore senza<br />

morire come missionario in terra straniera,<br />

ma la sua morte ha manifestato<br />

senza nessun offuscamento la qualità<br />

del suo amore. Allo stesso modo, possiamo<br />

presumere una gioia simile nel<br />

cuore del Padre eterno, che vede la vittoria<br />

dell’amore che anima la Trinità resa<br />

manifesta nel dono ultimo <strong>di</strong> sé del<br />

Figlio. “Questo è il mio <strong>di</strong>letto Figlio,<br />

nel quale mi sono compiaciuto” (cfr.<br />

Mt 3,17; 17,5; Mc 1,11; Lc 3,22). Il Padre<br />

eterno, mosso dall’amore della sua<br />

grazia originale che ha preceduto la<br />

creazione del mondo e i peccati dell’umanità<br />

(Ef 1, 4), si compiace della potenza<br />

dell’amore, che il Figlio non solo<br />

ha manifestato ma esteso nella sua<br />

morte verso l’umanità ferita.<br />

La percezione del significato profondo<br />

del mistero pasquale può gettare luce sugli<br />

sta<strong>di</strong> finali del viaggio spirituale dell’uomo<br />

in cui le persone anziane si preparano<br />

per il passaggio ultimo. Dopo il<br />

mistero pasquale, la morte non è più solo<br />

un momento orribile della separazione<br />

finale <strong>di</strong> corpo e anima, della persona<br />

e della sua famiglia e comunità. La<br />

morte cristiana è una conquista, un’unione<br />

suprema con Dio (Fil 1,21) da vivere<br />

in amore, e non in paura (Eb 2,15)<br />

sulla base <strong>di</strong> quell’amore supremamente<br />

<strong>di</strong>vino che ci è stato liberamente offerto.<br />

La questione tuttavia non è come<br />

sfuggire alla morte, (cosa che non possiamo<br />

fare), ma come entrare nella morte<br />

in modo tale che la ricchezza spirituale<br />

<strong>di</strong> questo passaggio, in unione con il<br />

passaggio <strong>di</strong> Cristo attraverso la morte e<br />

la resurrezione nella gloria, sia occasione<br />

<strong>di</strong> apertura suprema alla vita <strong>di</strong>vina liberamente<br />

data. Per questo San Paolo<br />

scrive: “Perché se noi viviamo, viviamo<br />

per il Signore, se noi moriamo, moriamo<br />

per il Signore. Sia che viviamo,<br />

sia che moriamo, siamo dunque del Signore”<br />

(Rm 14,8) e noi “sappiamo infatti<br />

che quando verrà <strong>di</strong>sfatto questo<br />

corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo<br />

un’abitazione da Dio, una<br />

<strong>di</strong>mora eterna, non costruita da mani<br />

<strong>di</strong> uomo, nei cieli” (2Cor 5,1), e anche:<br />

«Quando poi questo corpo corruttibile<br />

si sarà vestito d’incorruttibilità e<br />

questo corpo mortale d’immortalità,<br />

si compirà la parola della Scrittura:<br />

“La morte è stata ingoiata per la vittoria”»<br />

(1 Cor 15,54).<br />

P. Wojciech Giertych OP<br />

Teologo della Casa Pontificia<br />

(Continua)<br />

Santa Sede<br />

46


Antichi ospedali romani minori<br />

L’OSPEDALE DELLE<br />

GRAZIE A PORTA ANGELICA<br />

Prima <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> quello che fu un minuscolo<br />

ma preziosissimo luogo <strong>di</strong> cura<br />

e pietà cristiana, occorre anzitutto <strong>di</strong>segnare<br />

- sia pure sinteticamente - la formidabile<br />

figura <strong>di</strong> colui che ne fu l’ideatore<br />

e l’instancabile guida: il Ven. fra’ Albenzio<br />

De Rossi (Cetraro, Cosenza, 1542<br />

– <strong>Roma</strong> 1606), un sant’uomo praticamente<br />

sconosciuto ai più ma che meriterebbe<br />

invece grande onore e devozione.<br />

Sull’esempio del suo gran<strong>di</strong>ssimo conterraneo<br />

Francesco da Paola, Albenzio<br />

era un frate eremita in cui fede e carità<br />

ardevano come fuoco inestinguibile. Pre<strong>di</strong>cava<br />

incessantemente la penitenza, vestendo<br />

un poverissimo saio e portando<br />

un teschio legato alla cintola, pellegrinando<br />

ovunque lo portasse il suo desiderio<br />

<strong>di</strong> ammaestrare i fedeli. Era rimasto<br />

molto colpito da alcune parole <strong>di</strong> S.<br />

Paolo (Galati VI, 7-10) e ne aveva tratto<br />

un motto che <strong>di</strong>venne poi - se ci si consente<br />

una espressione profana ma efficace<br />

- lo “slogan” più efficace del suo<br />

apostolato: “facemo bene adesso che havemo<br />

tempo”. E fu tanto valido che lo<br />

E<strong>di</strong>cola in memoria dell’antica Chiesa demolita.<br />

stesso <strong>di</strong>venne un nome esemplare e popolare,<br />

un po’ come quel famoso “Fatebene-fratelli”<br />

che fu assunto come denominazione<br />

ufficiale dell’or<strong>di</strong>ne ospedaliero<br />

<strong>di</strong> S. Giovanni <strong>di</strong> Dio.<br />

Raggiunta dopo vari viaggi anche Gerusalemme,<br />

Albenzio ne era ritornato recando<br />

con sé una bella icona mariana.<br />

Durante il viaggio una furiosa tempesta<br />

minacciò <strong>di</strong> far naufragare il vascello ma<br />

Albenzio, recatosi a prua, protese l’immagine<br />

verso i marosi invocando l’aiuto<br />

della Vergine e subito il mare si calmò,<br />

assicurando la salvezza. Albenzio ne fu<br />

sempre molto geloso, tanto da custo<strong>di</strong>rla<br />

esclusivamente nella propria cella e<br />

mostrarla raramente solo a qualche confratello,<br />

comunque mai in pubblico. In<br />

punto <strong>di</strong> morte, stremato dalle dure penitenze,<br />

si fece portare la tanto amata icona<br />

e raccomandò ai suoi <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong><br />

esporla in permanenza, annunciando che<br />

essa sarebbe stata assai venerata con il<br />

titolo <strong>di</strong> «Santa Maria delle Grazie».<br />

Nel suo pellegrinare Albenzio era giunto<br />

dunque a <strong>Roma</strong>, dove rimase fortemente<br />

colpito dalla gran quantità <strong>di</strong> poveri<br />

ma soprattutto <strong>di</strong> pellegrini che, provenienti<br />

da terre anche lontanissime, arrivavano<br />

a San Pietro ormai stanchi e malati.<br />

Chiese allora a papa Sisto V un ricovero<br />

per quel popolo dolente e ne ottenne<br />

il permesso (1587) <strong>di</strong> chiedere al<br />

Car<strong>di</strong>nale Vicario un terreno ove costruire<br />

una casa d’accoglienza per gli eremiti, i<br />

pellegrini ed i forestieri.<br />

Il terreno fu in<strong>di</strong>viduato nel rione Borgo,<br />

47


S. Maria delle Grazie con annesso ospizio (G. Vasi 1761).<br />

più o meno in un’area che oggi sarebbe<br />

compresa tra via <strong>di</strong> Porta Angelica, via<br />

del Mascherino e Borgo Angelico, dove<br />

peraltro ancora esiste una “Via delle Grazie”.<br />

La generosità <strong>di</strong> tanti benefattori<br />

consentì, in soli quattro anni, <strong>di</strong> costruire<br />

la casa con annessa chiesetta, che volle<br />

de<strong>di</strong>care all’Ascensione <strong>di</strong> Nostro Signore<br />

ma che dopo la morte <strong>di</strong> fra’ Albenzio<br />

fu chiamata correntemente S. Maria<br />

delle Grazie. Come in molti altri casi<br />

simili, l’istituzione pur nella sua sobrietà<br />

era complessa, nel senso che era<br />

un ospedale ma nel contempo anche un<br />

ospizio per i pellegrini, ricovero per gli<br />

eremiti e mensa per i poveri.<br />

Il comprensorio era piccolo ma molto<br />

ben organizzato. Disponeva <strong>di</strong> una cucina<br />

con <strong>di</strong>spensa e <strong>di</strong> un refettorio; gli ortaggi<br />

per la mensa venivano coltivati in<br />

un orticello interno. Ben presto, come era<br />

consuetu<strong>di</strong>ne, fu ricavato in loco anche<br />

un piccolo cimitero. Non è noto <strong>di</strong> quanti<br />

letti <strong>di</strong>sponesse in via or<strong>di</strong>naria, ma si<br />

sa che le poche stanze all’uopo a<strong>di</strong>bite si<br />

rivelarono ben presto insufficienti. Per i<br />

soccorsi urgenti funzionava invece un<br />

apposito locale con sei letti. I trattamenti<br />

terapeutici si limitavano comunque a<br />

pochi protocolli essenziali. Mariano Armellini,<br />

citando gli Acta Visitationis redatti<br />

al tempo <strong>di</strong> papa Alessandro VII<br />

Chigi (1655 - 1667), riporta che qualora<br />

tra i poveri a cui tutte le sere si dava da<br />

mangiare e da dormire ci fossero degli<br />

infermi, questi venivano all’istante messi<br />

a letto “facendoli subito confessare”.<br />

La mattina seguente, “ricevuto il SS. Sacramento”,<br />

venivano in<strong>di</strong>rizzati agli<br />

ospedali <strong>di</strong> maggiore importanza onde<br />

ricevere le cure più appropriate. Succedeva<br />

tuttavia per vari motivi che tali malati<br />

“talvolta erano ributtati da quegli<br />

ospitali”, sicché ai poveretti non restava<br />

che tornare all’ospizio <strong>di</strong> provenienza,<br />

dove però “con carità erano accettati et<br />

rimessi a letto sin tanto che il Sig. Id<strong>di</strong>o<br />

provvedesse al loro bisogno”. Non abbiamo<br />

notizie certe circa la fine dell’attività<br />

del piccolo ricovero, ma sappiamo<br />

che nel 1806 esso era certamente ancora<br />

in esercizio. Da alcuni documenti si<br />

può comunque desumere che la cessazione<br />

definitiva debba essere avvenuta<br />

non oltre la metà dell’Ottocento. Quanto<br />

all’e<strong>di</strong>ficio, dopo varie vicende - culminate<br />

nel 1936 con la demolizione dell’intero<br />

complesso ormai fatiscente - <strong>di</strong><br />

esso rimane solo la bella immagine miracolosa<br />

della Madonna delle Grazie, che<br />

dal 1941 è custo<strong>di</strong>ta presso l’omonima<br />

parrocchia al Trionfale.<br />

Domenico Rotella<br />

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