Dopo la Pentecoste, corona- mento del Tempo Pasquale, la ...
Dopo la Pentecoste, corona- mento del Tempo Pasquale, la ...
Dopo la Pentecoste, corona- mento del Tempo Pasquale, la ...
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti <strong>del</strong><strong>la</strong> Curia e pastorale<br />
per <strong>la</strong> vita <strong>del</strong><strong>la</strong> Diocesi di Velletri-Segni<br />
Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 <strong>del</strong> 23.04.2004 - Redazione: C.so <strong>del</strong><strong>la</strong> Repubblica<br />
343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 96100596 - curia@diocesi.velletri-segni.it<br />
Velletri-Segni Chiesa<br />
Vincenzo Apicel<strong>la</strong><br />
<strong>Dopo</strong> <strong>la</strong> <strong>Pentecoste</strong>, <strong>corona</strong><strong>mento</strong><br />
<strong>del</strong> <strong>Tempo</strong> <strong>Pasquale</strong>,<br />
<strong>la</strong> Domenica <strong>del</strong><strong>la</strong> SS. Trinità<br />
e quel<strong>la</strong> <strong>del</strong> Corpus Domini<br />
prolungano nelle nostre<br />
assemblee il clima di solennità<br />
straordinaria e ci invitano<br />
a immergerci più profondamente<br />
nel Mistero, di<br />
cui Cristo ci ha resi partecipi.<br />
Ma ecco che, improvvisamente,<br />
le feste sembrano finite<br />
e torniamo al <strong>Tempo</strong><br />
Ordinario, che avevamo<br />
<strong>la</strong>sciato in sospeso con <strong>la</strong> prima<br />
Domenica di Quaresima.<br />
Se però ci fermiamo a riflettere,<br />
ci accorgiamo che proprio<br />
in questo <strong>Tempo</strong> liturgico<br />
senza aggettivi partico<strong>la</strong>ri<br />
ci viene offerta <strong>la</strong> possibilità<br />
di vivere <strong>la</strong> dimensione<br />
più specifica <strong>del</strong> nostro essere<br />
cristiani.<br />
<strong>Tempo</strong> Ordinario vuol dire infatti<br />
diventare discepoli di Gesù<br />
seguendo passo dopo passo,<br />
ordinatamente, il cammino da<br />
Lui compiuto in mezzo agli<br />
uomini, accogliendo <strong>la</strong> testimonianza<br />
di coloro che furono<br />
con Lui “fin dal principio<br />
e divennero ministri <strong>del</strong><strong>la</strong> Paro<strong>la</strong>”<br />
(Lc.1,2).<br />
Attraverso quanto essi ci hanno<br />
trasmesso Gesù continua<br />
a par<strong>la</strong>re ed operare, i suoi insegnamenti<br />
ed i segni da Lui<br />
compiuti diventano efficaci<br />
anche per noi, per rinnovare<br />
e trasformare anche <strong>la</strong> nostra<br />
vita.<br />
Questo avviene poiché l’ascolto<br />
<strong>del</strong>l’Evangelo dona anche a<br />
noi <strong>la</strong> grazia di incontrare personalmente<br />
Gesù, che ci<br />
viene incontro nelle più<br />
diverse situazioni <strong>del</strong><strong>la</strong> nostra<br />
vita, che ci chiama al<strong>la</strong> conversione,<br />
che bussa al<strong>la</strong> porta <strong>del</strong> nostro cuore,<br />
affinché si apra per accoglierlo.<br />
Un formidabile aiuto per comprendere come tutto<br />
ciò possa avvenire ci viene offerto in questi<br />
giorni dalle pagine <strong>del</strong> libro che, dopo decenni<br />
di ricerca, il teologo Joseph Ratzinger, divenuto<br />
Papa Benedetto XVI, ha pubblicato proprio<br />
con il semplice titolo: “Gesù di Nazaret”.<br />
Nel numero scorso di Ecclesia è già stata offerta<br />
una breve sintesi <strong>del</strong> volume, qui si desidera<br />
solo sottolineare alcuni aspetti, che possano favorirne<br />
<strong>la</strong> lettura, e aggiungere una osservazione.<br />
Il primo risultato che viene raggiunto è il supera<strong>mento</strong><br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> distinzione tra l’uomo di studio e<br />
l’uomo di fede. Lo studio è indispensabile per<br />
nutrire <strong>la</strong> fede e <strong>la</strong> fede è indispensabile per dare<br />
un senso allo studio. La fede e <strong>la</strong> ragione, come<br />
affermava Giovanni Paolo II, sono le due ali di<br />
cui abbiamo bisogno per vo<strong>la</strong>re alto e non possono<br />
essere in concorrenza tra di loro.<br />
In secondo luogo, <strong>la</strong> Persona di Gesù risulta incomprensibile<br />
se viene iso<strong>la</strong>ta dal<strong>la</strong> storia di cui fa<br />
parte e che porta a compi<strong>mento</strong>, per cui <strong>la</strong> conoscenza<br />
<strong>del</strong>l’Antico Testa<strong>mento</strong> diventa anche per<br />
noi un patrimonio di cui non possiamo fare a meno.<br />
L’analisi accurata che viene compiuta sulle pagine<br />
più significative dei Vangeli mostra come il<br />
loro scopo primario e fondamentale è quello di<br />
permettere anche a noi di incontrare il Vivente,<br />
il Mistero inaudito <strong>del</strong> Figlio <strong>del</strong>l’Uomo, che rende<br />
visibile il Volto <strong>del</strong> Dio invisibile, che rivendica<br />
alle sue parole umane <strong>la</strong> verità <strong>del</strong>l’Unica<br />
Paro<strong>la</strong> di Dio, per cui il messaggio <strong>del</strong> Vangelo<br />
non è altro che <strong>la</strong> stessa Persona di Gesù.<br />
Ritornano al<strong>la</strong> mente le frasi che un altro grande<br />
teologo, Romano Guardini, scriveva a conclusione<br />
<strong>del</strong> suo libro su Gesù, “Il Signore”: “L’origine<br />
e il contenuto <strong>del</strong><strong>la</strong> coscienza cristiana li fornisce<br />
soltanto <strong>la</strong> rive<strong>la</strong>zione <strong>del</strong> Dio vivente, il quale<br />
non può venir conosciuto se non quando par<strong>la</strong><br />
egli stesso. E <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> essenziale in cui egli<br />
par<strong>la</strong>, <strong>la</strong> definitiva realtà entro <strong>la</strong> quale si manifesta,<br />
è Gesù Cristo. Se Gesù Cristo è <strong>la</strong> rive<strong>la</strong>zione<br />
vivente di un Dio onnipotente, non è più<br />
possibile intorno a lui nessuna critica…Non esiste<br />
alcuna misura per Cristo. E’ lui che stabilisce<br />
<strong>la</strong> misura…Per Cristo non vi è alcuna categoria<br />
umana che valga. Per lui non vi è che un<br />
nome, il suo nome: Gesù Cristo, che si rive<strong>la</strong> a<br />
chi crede e a chi ama…Appena accogliamo il<br />
messaggio di Cristo in spirito di fede, che è il<br />
solo adeguato; appena rinunciamo ai nostri criteri<br />
di giudizio e prendiamo lui da lui, ogni espressione<br />
<strong>del</strong> Nuovo Testa<strong>mento</strong> apre una finestra<br />
su di lui. Allora viene meno ogni nome. Cristo<br />
procede dall’arcano. Ed ogni tratto <strong>del</strong> suo essere<br />
sve<strong>la</strong>toci attraverso i suoi inviati, trascendendo<br />
però egli stesso ogni tratto, ci rive<strong>la</strong> qualche cosa<br />
di straordinario” (pp.669-670).<br />
Di fatto un altro aspetto che colpisce nel libro<br />
di Benedetto XVI è l’immediato giudizio che dal<br />
Vangelo promana per illuminare e discernere i<br />
problemi reali <strong>del</strong><strong>la</strong> storia di oggi, in cui siamo<br />
quotidianamente immersi, l’impatto di una<br />
Paro<strong>la</strong> che vuole aprirci gli occhi sul<strong>la</strong> nostra realtà<br />
e ci chiama a una continua conversione. Un<br />
passaggio occorre citare per rimarcare <strong>la</strong> concretezza<br />
a cui ci invita l’ascolto <strong>del</strong><strong>la</strong> Paro<strong>la</strong>: “I<br />
Santi sono gli autentici interpreti <strong>del</strong><strong>la</strong> sacra Scrittura.<br />
Continua a pag. 2
2 QUESTO MESE PARLIAMO DI...<br />
Giugno<br />
2007<br />
IN COPERTINA<br />
di S.E. Mons. Vincenzo Apicel<strong>la</strong><br />
1-2 Il <strong>Tempo</strong> Ordinario<br />
GRANDI TEMI<br />
CARITAS<br />
di Sara Bianchini<br />
10 Carcere. Tra Istituzioni e scelte<br />
personali<br />
DIACONATO PERMANENTE<br />
PARROCCHIE&COMUNITÀ<br />
di Stanis<strong>la</strong>o Fieramonti<br />
16-17 Parrocchia di S. Sebastiano<br />
a Valmontone<br />
Ecclesia in cammino<br />
Bollettino Ufficiale per gli atti di Curia<br />
Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per<br />
gli atti <strong>del</strong><strong>la</strong> Curia e pastorale per <strong>la</strong> vita <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Diocesi di Velletri-Segni<br />
di Stanis<strong>la</strong>o Fieramonti<br />
3 Speranza e solidarietà<br />
di Pier Giorgio Liverani<br />
6 Vita Morale<br />
di Luca <strong>del</strong> noviziato Don Orione<br />
7 Festa di S. Luigi Orione<br />
di Silvia Ga<strong>la</strong>nte<br />
7 Progetto Matteo<br />
SANTA SEDE<br />
4 Messaggio di Sua Santità<br />
Benedetto XVI per <strong>la</strong> XVI giornata<br />
mondiale <strong>del</strong>le comunicazioni<br />
sociali<br />
CONCILIO VATICANO II<br />
di Don Dario Vitali<br />
5 L’appartenenza al<strong>la</strong> Chiesa<br />
DIOCESI<br />
di Mons. Andrea Maria Erba<br />
8-9 Omelia per i dieci anni <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Parrocchia di San Bruno a<br />
Colleferro<br />
<strong>del</strong> Cardinale Tito<strong>la</strong>re Francis Arinze<br />
14 Maria SS.ma Madre e Socia<br />
<strong>del</strong> Redentore<br />
(segue dal<strong>la</strong> prima pagina)<br />
di Pietro Latini<br />
11 La Tradizione<br />
VOCAZIONI<br />
di Alessandro, Fabrizio e Teodoro<br />
12 Le ultime battute <strong>del</strong>l’anno<br />
propedeutico<br />
PASTORALE GIOVANILE<br />
di Roberta Frasca<br />
12 Le notti di Nicodemo<br />
SPIRITUALITÀ<br />
dal Convento di C<strong>la</strong>usura Madonna <strong>del</strong>le<br />
Grazie di Velletri<br />
13 Ho scoperto <strong>la</strong> mia vocazione,<br />
quel<strong>la</strong> di pregare per i sacerdoti<br />
di Mons. Franco Risi<br />
22 La spiritualità <strong>del</strong> fe<strong>del</strong>e <strong>la</strong>ico<br />
dal Concilio Vaticano II al<strong>la</strong><br />
Christifi<strong>del</strong>es <strong>la</strong>ici<br />
di Alessandro Gentili<br />
27 La Passione di “Piccio<strong>la</strong>”<br />
SOCIALE&LAVORO<br />
di Alberto Massottii<br />
15 Il Magistero sociale <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa<br />
Il significato di un’espressione<br />
si rende comprensibile in modo<br />
più chiaro proprio nelle persone<br />
che ne sono state completamente<br />
conquistate e l’hanno realizzata<br />
nel<strong>la</strong> propria vita. L’interpretazione<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> Scrittura non può essere<br />
una faccenda puramente accademica<br />
e non può essere relegata<br />
nell’ambito esclusivamente<br />
storico. La Scrittura<br />
porta in ogni suo passo un potenziale<br />
di futuro che si dischiude<br />
solo quando le sue parole<br />
vengono vissute e sofferte<br />
fino in fondo” (p.102).<br />
Un’ultima annotazione è necessario<br />
fare per chiudere queste<br />
troppo brevi note e <strong>la</strong> suggerisce<br />
il Papa stesso quando scrive,<br />
a p. 38: “Solo a partire dal<strong>la</strong><br />
croce e dal<strong>la</strong> resurrezione l’intero<br />
significato di questo avveni<strong>mento</strong><br />
è divenuto chiaro”. Egli<br />
si esprime così a proposito <strong>del</strong><br />
Battesimo nel Giordano, ma questa<br />
precisazione va estesa a tutta<br />
l’opera, di cui è stata pubblicata<br />
solo <strong>la</strong> prima parte. La<br />
seconda parte, che speriamo venga<br />
al più presto a completare<br />
il capo<strong>la</strong>voro di Joseph Ratzinger,<br />
consentirà di chiudere il cerchio<br />
e di ritornare al<strong>la</strong> sorgente da<br />
cui scaturisce <strong>la</strong> iniziazione al<br />
Mistero <strong>del</strong><strong>la</strong> Persona di Cristo:<br />
<strong>la</strong> morte di croce con <strong>la</strong><br />
Resurrezione gloriosa ed il dono<br />
<strong>del</strong>lo Spirito Santo.<br />
EUCARESTIA<br />
a cura <strong>del</strong><strong>la</strong> redazione<br />
18-19 Corpus Domini<br />
SACRAMENTI<br />
di Andrea Pacchiarotti<br />
20 L’Eucarestia: Unico pane e<br />
unico calice da condividere<br />
FAMIGLIA<br />
di Dorina e Nicolino Tartaglione<br />
24 Assuero ed Ester: La diversità<br />
culturale<br />
FORMAZIONE DEL CLERO<br />
di Alberto Massottii<br />
23 Incontro con il Cardinal<br />
Martini<br />
EDUCARE OGGI<br />
di Antonio Venditti<br />
25 L’educazione popo<strong>la</strong>re<br />
STORIA<br />
di Tonino Parmeggiani<br />
26Diario Veliterno <strong>del</strong>l’anno<br />
1640<br />
CULTURA<br />
di Fernanda Spigone<br />
28 Segni dal 1797 al 2006<br />
di Emanue<strong>la</strong> Ciar<strong>la</strong><br />
30 La storia <strong>del</strong> formaggio<br />
MUSICA<br />
di Mara <strong>del</strong><strong>la</strong> Vecchia<br />
29 Venezia, <strong>la</strong> basilica e il coro<br />
battente<br />
CINEMA<br />
di Valentina Fioramonti<br />
31 Mio fratello è figlio unico<br />
ARTE<br />
di Don Marco Nemesi<br />
32 L’icona di Andreej Rublev<br />
Direttore Responsabile<br />
Don Angelo Mancini<br />
Col<strong>la</strong>boratori<br />
Stanis<strong>la</strong>o Fioramonti<br />
Tonino Parmeggiani<br />
Gaetano Campanile<br />
Proprietà<br />
Diocesi di Velletri-Segni<br />
Registrazione <strong>del</strong> Tribunale di Velletri n.<br />
9/2004 <strong>del</strong> 23.04.2004<br />
Stampa: Tipolitografia Edizioni Anselmi<br />
s.r.l. - Marigliano (NA)<br />
Redazione<br />
C.so <strong>del</strong><strong>la</strong> Repubblica 343<br />
00049 VELLETRI RM<br />
06.9630051 fax 96100596<br />
curia@diocesi.velletri-segni.it<br />
A questo numero hanno col<strong>la</strong>borato<br />
inoltre: S.E. Mons. Vincenzo Apicel<strong>la</strong>,<br />
Convento di c<strong>la</strong>usura Madonna <strong>del</strong>le Grazie,<br />
don Dario Vitali, mons. Franco Risi, Sara<br />
Bianchini, Mara Del<strong>la</strong> Vecchia, Pier<br />
Giorgio Liverani, Andrea Pacchiarotti, Alberto<br />
Massotti, diac. Pietro Latini, mons.<br />
Leonardo D’Ascenzo, Antonio Venditti, don<br />
Marco Nemesi, Emanue<strong>la</strong> Ciar<strong>la</strong>, Alessandro<br />
Gentili, Valentina Fioramonti, Fernanda<br />
Spigone, Silvia Ga<strong>la</strong>nte, Dorina e Nicolina<br />
Tartaglione, Seminaristi <strong>del</strong><strong>la</strong> Diocesi,<br />
Seminaristi Don Orione, Suore Apostolin,<br />
S.E. Mons. Andrea M. Erba.<br />
Consultabile online in formato pdf sul<br />
sito:<br />
www.diocesi.velletri-segni.it<br />
DISTRIBUZIONE GRATUITA<br />
In copertina:<br />
Ve<strong>la</strong>zquez, Cena in Emmaus, 1520<br />
New York, Metropolitan Museum<br />
Il contenuto di articoli, servizi<br />
foto e loghi nonché quello voluto<br />
da chi vi compare rispecchia<br />
esclusivamente il pensiero<br />
degli artefici e non vinco<strong>la</strong> mai<br />
in nessun modo Ecclesìa in Cammino,<br />
<strong>la</strong> direzione e <strong>la</strong> redazione<br />
Queste, insieme al<strong>la</strong> proprietà,<br />
si riservano inoltre il pieno<br />
ed esclusivo diritto di pubblicazione,<br />
modifica e stampa a propria<br />
insindacabile discrezione<br />
senza alcun preavviso<br />
o autorizzazioni. Articoli, fotografie<br />
ed altro materiale, anche se<br />
non pubblicati, non si restituiscono.<br />
E’ vietata ogni tipo di riproduzione<br />
di testi, fotografie, disegni, marchi,<br />
ecc. senza esplicita autorizzazione <strong>del</strong><br />
direttore.
03_1 Darfur.qxp 27/06/2007 10.14 Pagina 1<br />
Giugno<br />
2007<br />
Grandi Temi 3<br />
Rivolgendosi “ai fratelli e sorelle <strong>del</strong> mondo<br />
intero e agli uomini e donne di buona volontà”,<br />
Benedetto XVI ha ricordato “con rinnovata emozione” il<br />
mistero di Gesù risorto, fonda<strong>mento</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> fede e <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
speranza cristiana. Una fede risvegliata negli Apostoli<br />
da Gesù stesso, apparendo e par<strong>la</strong>ndo loro dopo <strong>la</strong> resurrezione;<br />
e rinsaldata nello stesso apostolo Tommaso, che<br />
dopo aver dubitato esc<strong>la</strong>ma: “Mio Signore e mio Dio!”.<br />
“Se in questo Apostolo, dice il papa, possiamo riscontrare<br />
i dubbi e le incertezze di tanti cristiani di oggi, le<br />
paure e le <strong>del</strong>usioni di innumerevoli nostri contemporanei,<br />
con lui possiamo anche riscoprire con convinzione rinnovata<br />
<strong>la</strong> fede in Cristo morto e risorto per noi. (…). Ciascuno<br />
di noi può essere tentato dall’incredulità di Tommaso. Il<br />
dolore, il male, le ingiustizie, <strong>la</strong> morte, specialmente quando<br />
colpiscono gli innocenti – ad esempio, i bambini vittime<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> guerra e <strong>del</strong> terrorismo, <strong>del</strong>le ma<strong>la</strong>ttie e <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
fame – non mettono forse a dura prova <strong>la</strong> nostra fede?<br />
Eppure paradossalmente, proprio in questi casi, l’incredulità<br />
di Tommaso ci è utile e preziosa, perché ci conduce a<br />
scoprire il volto autentico di Dio, che in Cristo si è caricato<br />
<strong>del</strong>le piaghe <strong>del</strong>l’umanità ferita”. Infatti “solo un Dio<br />
che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il<br />
nostro dolore, soprattutto quello innocente, è degno di<br />
fede”.<br />
“Quante ferite, quanto dolore nel mondo!”, constata il papa,<br />
che elenca tanti luoghi colpiti da lutti e tragedie, per ricordarli<br />
a un mondo che talvolta nemmeno li conosce. “Ca<strong>la</strong>mità<br />
naturali e tragedie umane provocano innumerevoli vittime<br />
e ingenti danni materiali”, e cita il Madagascar, le<br />
Isole Salomone, l’America Latina e altre Regioni <strong>del</strong> mondo.“Penso<br />
al f<strong>la</strong>gello <strong>del</strong><strong>la</strong> fame, alle ma<strong>la</strong>ttie incurabili,<br />
al terrorismo e ai sequestri di persona, ai mille volti<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> violenza – talora giustificata in nome <strong>del</strong><strong>la</strong> religione<br />
– al disprezzo <strong>del</strong><strong>la</strong> vita e al<strong>la</strong> vio<strong>la</strong>zione dei diritti<br />
umani, allo sfrutta<strong>mento</strong><br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> persona”; e guarda<br />
con apprensione al<strong>la</strong> condizione<br />
in cui si trovano<br />
non poche regioni <strong>del</strong>l’Africa:<br />
“nel Darfur e nei Paesi vicini<br />
permane una catastrofica<br />
e purtroppo sottovalutata<br />
situazione umanitaria;<br />
a Kinshasa, nel<strong>la</strong><br />
Repubblica Democratica<br />
<strong>del</strong> Congo, scontri e saccheggi<br />
fanno temere per<br />
il futuro <strong>del</strong> processo<br />
democratico e <strong>del</strong><strong>la</strong> ricostruzione<br />
<strong>del</strong> Paese; in Somalia <strong>la</strong> ripresa dei combattimenti<br />
allontana <strong>la</strong> prospettiva <strong>del</strong><strong>la</strong> pace e appesantisce<br />
<strong>la</strong> crisi regionale, specialmente per quanto riguarda<br />
gli spostamenti <strong>del</strong><strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione e il traffico <strong>del</strong>le armi;<br />
una grave crisi attanaglia lo Zimbabwe, per <strong>la</strong> quale i<br />
vescovi <strong>del</strong> Paese hanno indicato come unica via di supera<strong>mento</strong><br />
<strong>la</strong> preghiera e l’impegno condiviso per il bene<br />
comune”. Ma <strong>la</strong> lista dei luoghi sofferenti comprende anche<br />
Timor Est al<strong>la</strong> vigilia di importanti scadenze elettorali;<br />
Sri Lanka insanguinato da un drammatico conflitto; l’Afghanistan<br />
segnato da crescente inquietudine e instabilità; il<br />
Medio Oriente ove, se dà speranza il dialogo israeolopalestinese,<br />
danno sgo<strong>mento</strong> le stragi in Iraq e le gravi<br />
prospettive future <strong>del</strong> Libano; né il papa può dimenticare<br />
le difficoltà che le comunità cristiane <strong>del</strong> Medio Oriente<br />
affrontano quotidianamente e l’esodo dei Cristiani dal<strong>la</strong><br />
Terra benedetta che è <strong>la</strong> cul<strong>la</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> nostra fede. La<br />
gioia pasquale non deve dunque farci dimenticare le tragedie<br />
<strong>del</strong> nostro tempo, anche se – ci indica Benedetto<br />
XVI – “attraverso le piaghe di Cristo possiamo vedere<br />
questi mali che affliggono l’umanità con occhi di speranza.<br />
Risorgendo infatti il Signore non ha tolto <strong>la</strong> sofferenza<br />
e il male dal mondo, ma li ha vinti al<strong>la</strong> radice con <strong>la</strong> sovrabbondanza<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> sua grazia. Al<strong>la</strong> prepotenza <strong>del</strong> Male ha<br />
opposto l’onnipotenza <strong>del</strong> suo Amore”. Oltre agli auguri,<br />
nelle parole <strong>del</strong> papa è bene vedere dunque l’ invito<br />
a non rinchiudersi nel proprio mondo, ad aprire <strong>la</strong> mente<br />
e il cuore alle altre nazioni, specie quelle più in difficoltà;<br />
un invito insomma al<strong>la</strong> missionarietà, che deve sempre<br />
essere caratteristica essenziale <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa e di quanti<br />
ne fanno parte. Per questo, convinti che si può essere<br />
missionari anche mediante <strong>la</strong> conoscenza, ci ripromettiamo<br />
da queste<br />
pagine di approfondire<br />
<strong>la</strong> conoscenza<br />
dei Paesi<br />
ricordati dal papa<br />
nel suo messaggio<br />
pasquale: <strong>la</strong> loro<br />
realtà è infatti<br />
esemplificativa <strong>del</strong>le<br />
problematiche e<br />
<strong>del</strong>le contraddizioni<br />
dei continenti<br />
“Il Signore non ha<br />
tolto <strong>la</strong> sofferenza e il<br />
male dal mondo, ma li ha<br />
vinti al<strong>la</strong> radice”<br />
più poveri.<br />
Cominciamo par<strong>la</strong>ndo<br />
<strong>del</strong> Darfur. Di<br />
questa regione <strong>del</strong> Sudan occidentale abbiamo già trattato<br />
nel<strong>la</strong> nostra rivista (v. febbraio 2006). Abbiamo detto<br />
che da circa quattro anni vi si combatte una feroce<br />
guerra civile tra milizie filogovernative e gruppi ribelli, le<br />
cui conseguenze sono sopportate tutte dal<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />
civile, esposta a combattimenti, saccheggi, incendi dei<br />
propri vil<strong>la</strong>ggi. Così si devono contare finora 300mi<strong>la</strong> morti,<br />
2 milioni di sfol<strong>la</strong>ti sia all’interno <strong>del</strong> Sudan che nel<br />
confinante Ciad, a sua volta coinvolto nel<strong>la</strong> guerra, e 200mi<strong>la</strong><br />
rifugiati. La situazione fu definita dall’ex segretario generale<br />
<strong>del</strong>l’ONU Kofi Annan “L’inferno sul<strong>la</strong> terra”; ma <strong>la</strong><br />
prova che l’inferno esiste non sembra impressionare troppo<br />
le altre nazioni, specie quelle <strong>del</strong> mondo cosiddetto<br />
sviluppato, che dopo aver a lungo fatto finta di nul<strong>la</strong>, solo<br />
da poco sembrano aver aperto gli occhi su quel<strong>la</strong> polveriera.<br />
Le associazioni di volontariato e di cooperazione<br />
internazionale hanno insistito sul fatto che solo assicurando<br />
ai cittadini una corretta e completa informazione<br />
si può sperare in una mobilitazione in tempi utili <strong>del</strong>le<br />
istituzioni per trovare una soluzione al conflitto in corso.<br />
Ma quante volte avete letto sui giornali o ascoltato<br />
nei notiziari radiotelevisivi <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> Darfur?Il Global blogs<br />
for Darfur, Movi<strong>mento</strong> italiano per i diritti umani nel Darfur,<br />
si è dunque mobilitato con nuove iniziative per risvegliare<br />
l’attenzione <strong>del</strong> nostro Paese, che tra l’altro dal gennaio<br />
di quest’anno presiede, con il suo ambasciatore presso<br />
l’ONU, <strong>la</strong> commissione per le sanzioni contro il Sudan.<br />
E’ stato organizzato così, per <strong>la</strong> prima volta in Italia e<br />
in contemporanea con circa cinquanta Paesi nel mondo,<br />
il Global Day for Darfur, che peraltro ha suscitato<br />
scarsissimo interesse nei media. Ed è stato <strong>la</strong>nciato per<br />
via telematica un appello per chiedere al<strong>la</strong> Rai, a Mediaset<br />
e a La 7 di dare più spazio all’informazione sul Darfur<br />
e sulle crisi umanitarie <strong>del</strong> mondo. Questo appello, che<br />
tutti possono firmare on-line sul sito www.savetherabbit.net//darfur/,<br />
dice: “Scrivo per <strong>la</strong>mentarmi <strong>del</strong>l’esiguo<br />
spazio dedicato dal<strong>la</strong> vostra azienda al genocidio in corso<br />
nel<strong>la</strong> regione <strong>del</strong> Darfur in Sudan. Nel Darfur si muore<br />
da tre anni ma l’al<strong>la</strong>rme <strong>la</strong>nciato da organizzazioni<br />
umanitarie e militanti per i diritti civili rimane inascoltato<br />
dai maggiori media italiani. Finora si contano trecentomi<strong>la</strong><br />
morti, duecentomi<strong>la</strong> rifugiati e due milioni e mezzo di sfol<strong>la</strong>ti<br />
che hanno fatto valere al<strong>la</strong> crisi il titolo di genocidio.<br />
I mezzi televisivi italiani raggiungono oggi <strong>la</strong> maggior parte<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione <strong>del</strong><strong>la</strong> peniso<strong>la</strong> come fonte primaria<br />
se non unica d’informazione. La televisione detiene<br />
il potere d’informazione, ma anche i quotidiani, seppure<br />
in maniera minore, possono concorrere a informare<br />
gli italiani su cosa stia accadendo oggi nel Darfur. Molto<br />
spesso, ciò che non è raccontato dai media televisivi non<br />
esiste per <strong>la</strong> maggior parte <strong>del</strong>le famiglie italiane. Alimentando<br />
una maggiore coscienza <strong>del</strong> genocidio in atto nel Darfur,<br />
i media italiani possono contribuire a fermare le ingiustizie<br />
e le atrocità che si stanno compiendo nel<strong>la</strong> regione.<br />
Per questo Vi chiedo di aumentare lo spazio dedicato<br />
all’informazione sul genocidio <strong>del</strong> Darfur, per porre<br />
fine alle gravi azioni contro i diritti umani e <strong>la</strong> dignità<br />
stessa <strong>del</strong>l’uomo.Come fruitore di un servizio pubblico<br />
e privato, vi prego di dare maggiore importanza al<strong>la</strong> tragedia<br />
che si sta compiendo, attraverso una programmazione<br />
che dia spazio anche quotidianamente a servizi e<br />
dossier sul genocidio <strong>del</strong> Darfur.<br />
Stanis<strong>la</strong>o Fioramonti
Santa Sede<br />
Giugno<br />
4 2007<br />
MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI<br />
PER LA XLI GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI<br />
Cari Fratelli e Sorelle,<br />
Il tema <strong>del</strong><strong>la</strong> 41ª Giornata Mondiale <strong>del</strong>le<br />
Comunicazioni Sociali, "I bambini e i mezzi di comunicazione:<br />
una sfida per l'educazione", ci invita a<br />
riflettere su due aspetti che sono di partico<strong>la</strong>re rilevanza.<br />
Uno è <strong>la</strong> formazione dei bambini. L'altro, forse<br />
meno ovvio ma non meno importante, è <strong>la</strong> formazione<br />
dei media.<br />
Le complesse sfide che l'educazione<br />
contemporanea deve affrontare<br />
sono spesso collegate al<strong>la</strong> diffusa<br />
influenza dei media nel nostro<br />
mondo. Come aspetto <strong>del</strong> fenomeno<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> globalizzazione e facilitati<br />
dal rapido sviluppo <strong>del</strong><strong>la</strong> tecnologia,<br />
i media <strong>del</strong>ineano fortemente<br />
l'ambiente culturale (cf.<br />
Giovanni Paolo II, Lett. ap. Il Rapido<br />
Sviluppo, 3). In verità, vi è chi afferma<br />
che l'influenza formativa<br />
dei media è in competizione con<br />
quel<strong>la</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> scuo<strong>la</strong>, <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa<br />
e, forse, addirittura con quel<strong>la</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
famiglia. "Per molte persone,<br />
<strong>la</strong> realtà corrisponde a ciò che<br />
i media definiscono come tale"<br />
(Pontificio Consiglio <strong>del</strong>le<br />
Comunicazioni Sociali, Aetatis<br />
Novae, 4).<br />
Il rapporto tra bambini, media ed<br />
educazione può essere considerato<br />
da due prospettive: <strong>la</strong> formazione<br />
dei bambini da parte dei media<br />
e <strong>la</strong> formazione dei bambini per<br />
rispondere in modo appropriato<br />
ai media. Emerge una specie<br />
di reciprocità che punta alle responsabilità<br />
dei media come industria<br />
e al bisogno di una partecipazione<br />
attiva e critica da parte dei lettori,<br />
degli spettatori e degli<br />
ascoltatori. Dentro questo contesto,<br />
l'adeguata formazione ad<br />
un uso corretto dei media è essenziale<br />
per lo sviluppo culturale, morale<br />
e spirituale dei bambini.<br />
In che modo questo bene comune<br />
deve essere protetto e promosso?<br />
Educare i bambini ad essere<br />
selettivi nell'uso dei media è<br />
responsabilità dei genitori, <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Chiesa e <strong>del</strong><strong>la</strong> scuo<strong>la</strong>. Il ruolo<br />
dei genitori è di primaria importanza.<br />
Essi hanno il diritto e il dovere di garantire<br />
un uso prudente dei media, formando <strong>la</strong> coscienza<br />
dei loro bambini affinché siano in grado di esprimere<br />
giudizi validi e obiettivi che li guideranno nello<br />
scegliere o rifiutare i programmi proposti (cfr Giovanni<br />
Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 76). Nel fare<br />
questo, i genitori dovrebbero essere incoraggiati e<br />
sostenuti dal<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> e dal<strong>la</strong> parrocchia, nel<strong>la</strong> certezza<br />
che questo difficile, sebbene gratificante, aspetto<br />
<strong>del</strong>l'essere genitori è sostenuto dall'intera comunità.<br />
L'educazione ai media dovrebbe essere positiva. Ponendo<br />
i bambini di fronte a quello che è esteticamente e<br />
moralmente eccellente, essi vengono aiutati a sviluppare<br />
<strong>la</strong> propria opinione, <strong>la</strong> prudenza e <strong>la</strong> capacità<br />
di discerni<strong>mento</strong>. È qui importante riconoscere<br />
il valore fondamentale <strong>del</strong>l'esempio dei genitori<br />
e i vantaggi nell'introdurre i giovani ai c<strong>la</strong>ssici <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
letteratura infantile, alle belle arti e al<strong>la</strong> musica<br />
nobile. Mentre <strong>la</strong> letteratura popo<strong>la</strong>re avrà sempre<br />
il proprio posto nel<strong>la</strong> cultura, <strong>la</strong> tentazione di far sensazione<br />
non dovrebbe essere passivamente accettata<br />
nei luoghi di insegna<strong>mento</strong>. La bellezza, quasi<br />
specchio <strong>del</strong> divino, ispira e vivifica i cuori e le<br />
menti giovanili, mentre <strong>la</strong> bruttezza e <strong>la</strong> volgarità hanno<br />
un impatto deprimente sugli atteggiamenti ed i<br />
comportamenti.<br />
Come l'educazione in generale, quel<strong>la</strong> ai media richiede<br />
formazione nell'esercizio <strong>del</strong><strong>la</strong> libertà. Si tratta<br />
di una responsabilità impegnativa. Troppo spesso<br />
<strong>la</strong> libertà è presentata come un'instancabile ricerca<br />
<strong>del</strong> piacere o di nuove esperienze. Questa è una<br />
condanna, non una liberazione! La vera libertà non<br />
condannerebbe mai un individuo - soprattutto un bambino<br />
- all'insaziabile ricerca <strong>del</strong><strong>la</strong> novità. Al<strong>la</strong> luce<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> verità, l'autentica libertà viene sperimentata come<br />
una risposta definitiva al "sì" di Dio all'umanità, chiamandoci<br />
a scegliere, non indiscriminatamente ma<br />
<strong>del</strong>iberatamente, tutto quello che è buono, vero e<br />
bello. I genitori sono i guardiani di questa libertà e,<br />
dando gradualmente una maggiore libertà ai loro<br />
bambini, li introducono al<strong>la</strong> profonda gioia <strong>del</strong><strong>la</strong> vita<br />
(cf. Discorso al V Incontro Mondiale <strong>del</strong>le Famiglie,<br />
Valencia, 8 Luglio 2006).<br />
Questo desiderio profondamente sentito di genitori<br />
ed insegnanti di educare i bambini nel<strong>la</strong> via <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
bellezza, <strong>del</strong><strong>la</strong> verità e <strong>del</strong><strong>la</strong> bontà può essere<br />
sostenuto dall'industria dei media solo nel<strong>la</strong> misura<br />
in cui promuove <strong>la</strong> dignità fondamentale <strong>del</strong>l'essere<br />
umano, il vero valore <strong>del</strong> matrimonio e <strong>del</strong><strong>la</strong> vita familiare,<br />
le conquiste positive ed i traguardi <strong>del</strong>l'umanità.<br />
Da qui, <strong>la</strong> necessità che i media siano impegnati<br />
nell'effettiva formazione e nel rispetto <strong>del</strong>l'etica<br />
viene visto con partico<strong>la</strong>re interesse ed urgenza<br />
non solo dai genitori, ma anche<br />
da coloro che hanno un senso di responsabilità<br />
civica.<br />
Mentre si afferma che molti operatori<br />
dei media vogliono fare quello<br />
che è giusto (cf. Pontificio Consiglio<br />
<strong>del</strong>le Comunicazioni Sociali, Etica nelle<br />
comunicazioni sociali, 4), occorre<br />
riconoscere che quanti <strong>la</strong>vorano<br />
in questo settore si confrontano con<br />
"pressioni psicologiche e dilemmi etici<br />
speciali" (Aetatis Novae, 19) che<br />
a volte vedono <strong>la</strong> competitività commerciale<br />
costringere i comunicatori<br />
ad abbassare gli standard. Ogni<br />
tendenza a produrre programmi - compresi<br />
film d'animazione e video<br />
games - che in nome <strong>del</strong> diverti<strong>mento</strong><br />
esaltano <strong>la</strong> violenza, riflettono comportamenti<br />
anti-sociali o volgarizzano<br />
<strong>la</strong> sessualità umana, è perversione,<br />
ancor di più quando questi programmi<br />
sono rivolti a bambini e adolescenti.<br />
Come spiegare questo "diverti<strong>mento</strong>"<br />
agli innumerevoli giovani innocenti<br />
che sono nel<strong>la</strong> realtà vittime <strong>del</strong><strong>la</strong> violenza,<br />
<strong>del</strong>lo sfrutta<strong>mento</strong> e <strong>del</strong>l'abuso?<br />
A tale proposito, tutti dovrebbero riflettere<br />
sul contrasto tra Cristo che "prendendoli<br />
fra le braccia (i bambini) e<br />
imponendo loro le mani li benediceva"<br />
(Mc 10,16) e quello che chi scandalizza<br />
uno di questi piccoli per lui "è meglio<br />
per lui che gli sia messa al collo una<br />
pietra da mulino" (Lc 17,2). Faccio<br />
nuovamente appello ai responsabili<br />
<strong>del</strong>l'industria dei media, affinché formino<br />
ed incoraggino i produttori a salvaguardare<br />
il bene comune, a<br />
sostenere <strong>la</strong> verità, a proteggere <strong>la</strong><br />
dignità umana individuale e a promuovere<br />
il rispetto per le necessità<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> famiglia.<br />
La Chiesa stessa, al<strong>la</strong> luce <strong>del</strong> messaggio<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> salvezza che le è stato<br />
affidato, è anche maestra di umanità<br />
e vede con favore l'opportunità di offrire assistenza<br />
ai genitori, agli educatori, ai comunicatori ed<br />
ai giovani. Le parrocchie ed i programmi <strong>del</strong>le scuole<br />
oggi dovrebbero essere all'avanguardia per quanto<br />
riguarda l'educazione ai media. Soprattutto, <strong>la</strong> Chiesa<br />
vuole condividere una visione in cui <strong>la</strong> dignità umana<br />
sia il centro di ogni valida comunicazione. "Io vedo<br />
con gli occhi di Cristo e posso dare all'altro ben più<br />
che le cose esternamente necessarie: posso<br />
donargli lo sguardo di amore di cui egli ha bisogno"<br />
(Deus Caritas Est, 18).<br />
Dal Vaticano, 24 gennaio 2007, Festa di San Francesco<br />
di Sales.<br />
BENEDICTUS PP. XVI
Giugno<br />
2007<br />
Concilio Vaticano II 5<br />
Vaticano II:<br />
l’appartenenza al<strong>la</strong> Chiesa<br />
<strong>Dopo</strong> l’analisi dettagliata di LG 13 sull’universalità<br />
<strong>del</strong>l’unico popolo di Dio, al<strong>la</strong> quale abbiamo dedicato<br />
due numeri, possiamo accostare finalmente i nn.<br />
14, 15 e 16 <strong>del</strong><strong>la</strong> Lumen Gentium dove si fissano finalmente<br />
i criteri di appartenenza al<strong>la</strong> Chiesa. Molti Padri<br />
conciliari avevano addirittura proposto di comporre in<br />
un unico numero tutta <strong>la</strong> materia, sotto il titolo «de coniunctione<br />
cum Ecclesia». I numeri in questione disegnano,<br />
infatti, tre cerchi concentrici che indicano il rapporto<br />
al<strong>la</strong> Chiesa di cattolici, cristiani non cattolici e non cristiani,<br />
indicando distintamente il legame al<strong>la</strong> Chiesa attraverso<br />
tre verbi: i primi sono «pienamente incorporati»,<br />
i secondi sono «congiunti», gli ultimi «in vari modi ordinati<br />
al popolo di Dio». Qui mi limiterò a trattare i primi<br />
due cerchi, rimandando il rapporto <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa con i<br />
non cristiani al prossimo numero. Comunque, proprio<br />
per il differente rapporto (pertinentia) al<strong>la</strong> Chiesa, <strong>la</strong> commissione<br />
dottrinale ha preferito mantenere distinti i numeri<br />
ratione charitatis, in quanto un testo unico avrebbe<br />
costretto le diverse forme di legame con <strong>la</strong> Chiesa sotto<br />
quel<strong>la</strong> più vinco<strong>la</strong>nte <strong>del</strong>l’incorporazione.<br />
Infatti, il n. 14 si apre con il tema controverso <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
necessità <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa per <strong>la</strong> salvezza, recentemente<br />
ribadito anche dall’istruzione <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa Dominus Iesus<br />
(6 agosto 2000), che tanto c<strong>la</strong>more ha suscitato in ambito<br />
di dialogo ecumenico: «Il santo concilio insegna, appoggiandosi<br />
sul<strong>la</strong> sacra Scrittura e sul<strong>la</strong> Tradizione, che<br />
questa Chiesa pellegrinante è necessaria al<strong>la</strong> salvezza».<br />
L’argomentazione evoca immediatamente l’assioma<br />
di Cipriano di Cartagine, ripetuto per tutto il II millennio<br />
fino alle soglie <strong>del</strong> Vaticano II contro gli eretici: extra<br />
Ecclesiam nul<strong>la</strong> salus. La necessità <strong>del</strong><strong>la</strong> fede e <strong>del</strong><br />
battesimo per <strong>la</strong> salvezza, affermata da Cristo stesso,<br />
porta infatti ad affermare <strong>la</strong> necessità <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa, «nel<strong>la</strong><br />
quale gli uomini entrano mediante il battesimo come<br />
per una porta». «Perciò – continua <strong>la</strong> costituzione –<br />
non potrebbero salvarsi quegli uomini che, non ignorando<br />
che <strong>la</strong> Chiesa cattolica è stata fondata come necessaria<br />
da Dio stesso per mezzo di Cristo, non avessero<br />
tuttavia voluto entrare in essa, o in essa perseverare».<br />
Chiarita <strong>la</strong> necessità <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa per <strong>la</strong> salvezza,<br />
il testo afferma chi e a quali condizioni sia incorporato<br />
pienamente al<strong>la</strong> Chiesa, anzi, «al<strong>la</strong> società <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Chiesa». Si tratta di un’appartenenza visibile, verificabile,<br />
quindi formale: «Sono pienamente incorporati<br />
nel<strong>la</strong> società <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa quelli che, avendo lo Spirito<br />
di Cristo [nel senso che sono stati battezzati: si tratta<br />
di una condizione oggettiva, non soggettiva], accettano<br />
integra <strong>la</strong> sua struttura e tutti i mezzi di salvezza in<br />
essa istituiti, e nel suo organismo visibile sono uniti a<br />
Cristo – che <strong>la</strong> dirige mediante il sommo pontefice e i<br />
vescovi – dai vincoli <strong>del</strong><strong>la</strong> professione di fede, dei sacramenti,<br />
<strong>del</strong> governo ecclesiastico e <strong>del</strong><strong>la</strong> comunione».<br />
Il testo, un po’ ridondante per il tentativo di integrare<br />
<strong>la</strong> concezione più teologica <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa proposta<br />
dal concilio, ripete sostanzialmente l’affermazione<br />
tradizionale, e<strong>la</strong>borata dal<strong>la</strong> teologia cattolica dopo <strong>la</strong><br />
Riforma protestante. Basta riprendere un famoso testo<br />
<strong>del</strong> cardinal Bel<strong>la</strong>rmino nelle sue Controversiae<br />
(1587), il quale afferma contro i Riformatori che <strong>la</strong> Chiesa<br />
«consiste in un ceto di uomini legato insieme dal<strong>la</strong> professione<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> medesima fede cristiana, dal<strong>la</strong> comunione<br />
degli stessi sacramenti, sotto <strong>la</strong> guida dei legittimi<br />
pastori, e partico<strong>la</strong>rmente <strong>del</strong> Romano Pontefice,<br />
vicario di Cristo. Da questa definizione si può facilmente<br />
dedurre chi siano coloro che appartengono al<strong>la</strong> Chiesa<br />
e coloro che non vi appartengono. Tre sono, infatti, le<br />
parti di questa definizione: <strong>la</strong> professione <strong>del</strong><strong>la</strong> vera fede,<br />
<strong>la</strong> comunione dei sacramenti e l’obbedienza al legittimo<br />
pastore, il Romano Pontefice. In ragione <strong>del</strong><strong>la</strong> prima<br />
parte si escludono tutti gli infe<strong>del</strong>i, tanto quelli che<br />
non furono mai nel<strong>la</strong> Chiesa, come gli ebrei, i turchi, i<br />
pagani, quanto quelli che vi furono una volta, ma poi<br />
se ne sono allontanati, come gli eretici e gli apostati.<br />
In ragione <strong>del</strong><strong>la</strong> seconda, si escludono i catecumeni<br />
e gli scomunicati, perché quelli non sono stati ancora<br />
ammessi al<strong>la</strong> comunione dei sacramenti, questi sono<br />
stati ammessi e poi esclusi. In ragione <strong>del</strong><strong>la</strong> terza si<br />
escludono gli scismatici che hanno <strong>la</strong> fede e i sacramenti,<br />
ma non sono sottoposti al legittimo pastore, e<br />
perciò professano <strong>la</strong> fede e ricevono i sacramenti fuori<br />
[<strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa]. Sono inclusi però tutti gli altri, anche<br />
se reprobi, cattivi ed empi.<br />
La differenza tra <strong>la</strong> nostra e le altre sentenze è che le<br />
altre richiedono virtù interne per l’ammissione di qualcuno<br />
nel<strong>la</strong> Chiesa, e per questo rendono invisibile <strong>la</strong><br />
Chiesa vera; noi, invece, mentre crediamo che nel<strong>la</strong><br />
Chiesa si trovano tutte le virtù, <strong>la</strong> fede, <strong>la</strong> speranza, <strong>la</strong><br />
carità e le altre, perché qualcuno si possa ritenere parte<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa di cui par<strong>la</strong>no le Scritture, non riteniamo<br />
che si richieda alcuna virtù interna, ma soltanto <strong>la</strong> professione<br />
esterna <strong>del</strong><strong>la</strong> fede e <strong>la</strong> comunione dei sacramenti,<br />
che si percepisce con i sensi. La Chiesa, infatti,<br />
è il ceto degli uomini, così visibile e palpabile, come<br />
lo è il ceto <strong>del</strong> popolo romano, o il regno di Gallia, o <strong>la</strong><br />
repubblica di Venezia».<br />
Se <strong>la</strong> posizione <strong>del</strong><strong>la</strong> controversistica cattolica dopo<br />
il concilio di Trento irrigidiva le condizioni di appartenenza,<br />
fissando perentoriamente i termini <strong>del</strong>l’esclusione<br />
dal<strong>la</strong> Chiesa, il testo conciliare prova a percorrere<br />
<strong>la</strong> strada complementare, indicando ciò che invece<br />
unisce al<strong>la</strong> Chiesa. Lo si avverte quando par<strong>la</strong> dei<br />
catecumeni, che per <strong>la</strong> costituzione sono già uniti al<strong>la</strong><br />
Chiesa (anche se non formalmente incorporati), per cui<br />
«<strong>la</strong> Madre Chiesa li ricopre <strong>del</strong> suo amore e <strong>del</strong>le sue<br />
cure un suos», vale a dire come se già fossero incorporati.<br />
Ancora di più lo si avverte nei due numeri successivi,<br />
quando si par<strong>la</strong> dei cristiani non cattolici e dei<br />
non cristiani.<br />
Per smorzare <strong>la</strong> forza <strong>del</strong><strong>la</strong> divisione e <strong>del</strong> contrasto<br />
con gli altri cristiani, ribadito per secoli su un fronte<br />
e sull’altro con reciproche accuse e scomuniche, il<br />
testo preferisce sottolineare ciò che unisce più di ciò<br />
che divide. Per raggiungere questo risultato, <strong>la</strong> Lumen<br />
Gentium di fatto rovescia l’impianto <strong>del</strong>l’argomentazione<br />
tradizionale: non dice, infatti, che i non cattolici non appartengono<br />
pienamente al<strong>la</strong> Chiesa – piuttosto indica le<br />
cause per cui non realizzano una piena appartenenza<br />
al<strong>la</strong> Chiesa –, ma preferisce affermare che <strong>la</strong> Chiesa<br />
è congiunta a loro per più ragioni. Ecco il passaggio,<br />
che costituisce un caposaldo <strong>del</strong><strong>la</strong> visione cattolica <strong>del</strong>l’ecumenismo:<br />
«Con coloro che, battezzati, sono certamente<br />
insigniti <strong>del</strong> nome cristiano, ma non professano<br />
<strong>la</strong> fede integrale o non conservano l’unità <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
comunione sotto il successore di Pietro, <strong>la</strong> Chiesa sa<br />
di essere per più ragioni congiunta». Il testo, specificando<br />
ciò che unisce <strong>la</strong> Chiesa agli altri cristiani, si rial<strong>la</strong>ccia<br />
a LG 8, dove si par<strong>la</strong>va <strong>del</strong><strong>la</strong> presenza al di fuari<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa cattolica di «molteplici elementi di santificazione<br />
e di verità che, come doni propri <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa,<br />
spingono verso l’unità cattolica».<br />
Si capisce in questa prospettiva <strong>la</strong> speranza <strong>del</strong><br />
concilio e il conseguente impegno <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa: «Così<br />
lo Spirito suscita in tutti i discepoli di Cristo il desiderio<br />
e l’azione, affinché tutti, nel modo da Cristo stabilito,<br />
pacificamente si uniscano in un solo gregge sotto<br />
un solo pastore. E per ottenere questo, <strong>la</strong> Madre Chiesa<br />
non cessa di sperare, pregare e operare, ed esorta i<br />
figli a purificarsi e rinnovarsi, perché il segno di Cristo<br />
risplenda più chiaramente sul volto <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa».<br />
Don Dario Vitali<br />
Parroco e Teologo
Grandi Temi<br />
Giugno<br />
6 2007<br />
Qualche anno fa un’indagine <strong>del</strong> Consiglio Nazionale <strong>del</strong>le<br />
Ricerche accertò che, nel vocabo<strong>la</strong>rio infantile, <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> “mamma”<br />
non era più al primo posto tra quelle conosciute e pronunciate,<br />
ma al secondo, subito dopo “casa”. Che cosa poteva significare?<br />
Forse che l’interesse per i beni materiali, per <strong>la</strong> sicurezza,<br />
per il “welfare” vale a dire per il benessere, prevale ormai sul valore<br />
dei rapporti umani e perfino <strong>del</strong>le re<strong>la</strong>zioni familiari. O forse, come<br />
direbbe lo psicanalista tedesco Erich Fromm, l’avere conta più <strong>del</strong>l’essere.<br />
Sta di fatto che oggi <strong>la</strong> mamma è stata ulteriormente dec<strong>la</strong>ssata,<br />
anzi è avviata verso <strong>la</strong> sua scomparsa almeno come nome di persona.<br />
E questo per legge. Abbiamo già avuto occasione di vedere<br />
come l’equivalente, anche se meno familiare, “madre” sia stata<br />
accuratamente espurgata (insieme con “figlio”) dal<strong>la</strong> legge di aborpadre,<br />
si sentiranno ridotti a bambole destinate a soddisfare<br />
i “diritti” o, meglio, i desideri, i bisogni soggettivi<br />
di due adulti insoddisfatti e umanamente non<br />
maturati. Qualcuno, con finta pietà, spiega che par<strong>la</strong>ndo<br />
di mamma e di papà agli orfani <strong>del</strong>l’egoismo<br />
o <strong>del</strong>l’incoscienza, vale a dire ai figli dei separati, dei<br />
divorziati, li si discrimina rispetto ai figli <strong>del</strong>le famiglie<br />
normali.<br />
Ma è giusto togliere, a chi li ha, il sapore dei nomi<br />
dei loro papà e <strong>del</strong>le loro mamme? E spegnere, in<br />
chi non li ha perché figli di genitori separati o divorziati<br />
o mai sposati, <strong>la</strong> speranza di riaverli con sé nelza<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> persona o <strong>del</strong><strong>la</strong> cosa cui appartiene.<br />
Tutti ricordiamo che uno dei primi comandi<br />
che Dio diede agli uomini subito dopo <strong>la</strong><br />
loro creazione, fu di “dare il nome” alle cose<br />
e che, ancor prima, fu Adamo stesso a dare<br />
dio sua iniziativa il nome al<strong>la</strong> donna:<br />
Hawwah in ebraico, cioè Eva, cioè Zoe in<br />
greco, che vuol dire “vita” nel senso di colei<br />
che <strong>la</strong> genera.<br />
Questo è vero ancora oggi nel<strong>la</strong> nostra cultura<br />
che sa che cancel<strong>la</strong>ndo i nomi <strong>del</strong>le cose<br />
e <strong>del</strong>le persone – qui i nomi di mamma e<br />
papà – si cancel<strong>la</strong> anche l’idea stessa <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
madre e <strong>del</strong> padre.<br />
Per questo è stata inventata l’Antilingua, perché<br />
per modificare <strong>la</strong> cultura è necessario<br />
prima manipo<strong>la</strong>re il linguaggio, ovvero lo stru<strong>mento</strong><br />
attraverso cui <strong>la</strong> cultura si forma e si<br />
to 194 e sostituita con “donna”, termine più facilmente piegabile a<br />
finalità socio-politiche e rivendicatorie. Un paio d’anni fa, quando il<br />
governo socialista spagnolo riuscì a far varare <strong>la</strong> legge che istituiva<br />
i matrimoni gay, Zapatero ottenne anche che fossero aboliti i<br />
nomi di “marito” e di “moglie” e quelli ancora più cari al linguaggio<br />
familiare, di padre e madre in quanto impossibili da applicare negli<br />
omomatrimoni, ma costringendo così anche gli sposi e le famiglie<br />
normali all’anonimato anagrafico <strong>del</strong> generico sostitutivo “coniugi”,<br />
più precisamente ai ridicoli “coniuge A” e “coniuge B” e ai corrispondenti<br />
“genitori Ae B”. Provate a insegnare ai vostri figli di chiamarvi così.<br />
Ora sta accadendo di peggio. Le Nazioni Unite da una parte e l’Unio0ne<br />
Europea dall’altra stanno preparando una famiglia – se così <strong>la</strong> si<br />
potrà chiamare – ancora più anonima e priva di significato: <strong>la</strong> si<br />
chiamerà “progetto parentale”, in cui i “parent”, cioè i genitori, in<br />
inglese, non andranno oltre l’aggettivo, perché invece di mamma<br />
e papà avremo i “guardian” e i “tutor”, come se <strong>la</strong> famiglia fosse<br />
una prigione o una casa di correzione o una facoltà universitaria.<br />
Il fatto è che a certa mentalità postmoderna, materialista, egoista<br />
e utilitarista, che teme <strong>la</strong> donazione di sé e cerca piuttosto quello<br />
che le può venire da qualsiasi cosa faccia, le parole forti, quelle<br />
impegnative, quelle che da sole danno un senso morale al<strong>la</strong> vita<br />
fanno paura. E allora bisogna allontanarle dall’orizzonte <strong>del</strong><strong>la</strong> vita<br />
cercando, per farlo, le giustificazioni più di comodo e più ipocrite<br />
che si possa.<br />
A livello ufficiale e di pubblica opinione <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> magica che risolve<br />
ogni problema è <strong>la</strong> non-discriminazione. Se si dice marito e moglie<br />
sono discriminati – così si legge sui media – gli accoppiamenti gay,<br />
dove <strong>la</strong> differenza sessuale, quel<strong>la</strong> che arricchisce ogni coppia rendendo<strong>la</strong><br />
feconda non solo in senso sessuale e fisico, ma anche<br />
spirituale e culturale è abolita con un impoveri<strong>mento</strong> pauroso anche<br />
di prospettive e di futuro. Se si dice mamma e papà sono discriminati<br />
– così dicono certi sociologi improvvisati – i bambini che potrebbero<br />
o addirittura dovrebbero essere adottati dagli omoprogetti omoparentali:<br />
poveri bambini, i quali, invece di trovare una madre e un<br />
<strong>la</strong> loro famiglia ricostruita? O, infine, negare a chi li<br />
ha immaturamente perduti per una ma<strong>la</strong>ttia o una<br />
disgrazia, il ricordo dei genitori? Nel<strong>la</strong> cultura giudaica,<br />
che tanta parte occupa <strong>del</strong>le nostre radici culturali e<br />
religiose, il nome contiene o, almeno, esprime <strong>la</strong> sostantrasmette.<br />
Perché per realizzare questo disegno<br />
di uomo non più maschio e femmina,<br />
non più, dunque, immagine e somiglianza<br />
di Dio, ma aborto di uomo autopoietico, cioè<br />
di uomo-fai-da-te. Un tradi<strong>mento</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> verità<br />
e, insieme, <strong>del</strong><strong>la</strong> comunicazione. Un tradi<strong>mento</strong><br />
<strong>del</strong>l’uomo, un tradi<strong>mento</strong> <strong>del</strong> disegno<br />
di Dio.<br />
Pier Giorgio Liverani
Giugno<br />
2007<br />
7<br />
Celebrata <strong>la</strong> festa di S. Luigi Orione<br />
In<br />
occasione <strong>del</strong> terzo anniversario <strong>del</strong><strong>la</strong> canonizzazione di Don<br />
Orione, avvenuta il 16 maggio 2004, abbiamo avuto <strong>la</strong> grazia di poter<br />
condividere - lo scorso 16 maggio - questa gioiosa ricorrenza assieme<br />
al nostro pastore, Mons. Vincenzo<br />
Apicel<strong>la</strong>.<br />
Raggiunta <strong>la</strong> casa <strong>del</strong> nostro<br />
Noviziato, nel<strong>la</strong> quale ci stiamo<br />
preparando ad immergerci nel<strong>la</strong><br />
vita religiosa con <strong>la</strong> professione dei<br />
tre voti di castità, povertà ed obbedienza,<br />
il Vescovo ha presieduto una<br />
celebrazione eucaristica dal clima,<br />
per così dire, familiare, vissuta con<br />
i fratelli <strong>del</strong> Seminario e con una picco<strong>la</strong><br />
rappresentanza di genitori, di amici<br />
<strong>del</strong>l'Opera e dei confratelli chierici<br />
<strong>del</strong> nostro Teologico di Roma. Inoltre<br />
per Mons. Apicel<strong>la</strong> è stata l'occasione<br />
di ritornare in una famiglia religiosa di sua "conoscenza", dato il suo<br />
servizio episcopale nel<strong>la</strong> zona romana di Monte Mario nel<strong>la</strong> quale è<br />
presente un'opera orionina.<br />
Terminata <strong>la</strong> S. Messa con l'inno dei giovani a Don Orione, cantato<br />
allegramente anche dal Vescovo, i festeggiamenti sono proseguiti<br />
con il pranzo, a cui si sono uniti alcuni sacerdoti <strong>del</strong> clero di Velletri.<br />
Durante il pranzo è stato rivolto al Vescovo un messaggio - qui di<br />
seguito riportato - che cerca di esprimere i caratteri <strong>del</strong> carisma orionino<br />
e i motivi per cui <strong>la</strong> Famiglia orionina è contenta di contribuire<br />
per accrescere <strong>la</strong> ricchezza spirituale <strong>del</strong><strong>la</strong> diocesi attraverso le due<br />
comunità formative. Concludo sottolinenado che <strong>la</strong> fama di santità<br />
nel<strong>la</strong> vita di Don Orione ha avuto sempre<br />
<strong>la</strong> possibilità di diffondersi e, così,<br />
realizzarsi grazie al cuore sensibile<br />
di tanti benefattori, primi tra tutti<br />
i genitori di coloro che sono stati chiamati<br />
a servire <strong>la</strong> Picco<strong>la</strong> Opera <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Divina Provvidenza nel<strong>la</strong> vita religiosa<br />
e nel sacerdozio, che permettono<br />
al<strong>la</strong> nostra Congregazione di operare<br />
secondo le necessità <strong>del</strong>le varie<br />
realtà in cui è inserita.<br />
E colgo l'occasione per dire un grazie<br />
speciale a quei Veliterni che, con<br />
<strong>la</strong> loro amicizia, ci accolgono nelle<br />
realtà in cui prestiamo il nostro aposto<strong>la</strong>to<br />
e che, con molta sensibilità, offrono <strong>del</strong> tempo libero per il<br />
bene di alcune iniziative caritative proposte dall'Opera, e per i tanti<br />
modi con cui molti esprimono <strong>la</strong> calorosa vicinanza che contribuisce<br />
al bene <strong>del</strong><strong>la</strong> nostra crescita.<br />
Luca<br />
<strong>del</strong> Noviziato Don Orione<br />
Dal 28 aprile al 6 maggio presso l’antica Porta<br />
Napoletana <strong>del</strong><strong>la</strong> città di Velletri sono state esposte<br />
foto e oggetti <strong>del</strong> Burkina Faso. La mostra<br />
fotografica, promossa dal Comitato Soci Coop<br />
di Velletri, è stata arricchita dal<strong>la</strong> proiezione<br />
di filmati e musiche <strong>del</strong> Paese africano. Venerdì<br />
4 maggio c’è stata <strong>la</strong> presentazione di “Diario<br />
di un viaggio” di Silvia Ga<strong>la</strong>nte raccontato dall’attrice<br />
Marina Viganelli. La mostra è stata l’occasione<br />
per far conoscere a soci e consumatori<br />
le iniziative di solidarietà internazionale,<br />
che <strong>la</strong> Coop sta portando avanti da anni.<br />
Il Progetto Matteo è un progetto di solidarietà<br />
e cooperazione nato in Unicoop Tirreno (presente<br />
in Toscana, Lazio, Campania e Umbria)<br />
e dedicato al<strong>la</strong> memoria <strong>del</strong> figlio di due dipendenti.<br />
In quattro anni grazie al<strong>la</strong> generosità dei<br />
soci, dei consumatori, dei dipendenti Coop e<br />
grazie al coinvolgi<strong>mento</strong> <strong>del</strong> Movi<strong>mento</strong><br />
Shalom di San Miniato, istituzioni, enti, e associazioni<br />
<strong>del</strong>le quattro Regioni sono stati raccolti<br />
circa 600.000 euro che hanno portato nel<br />
vil<strong>la</strong>ggio di Gorom-Gorom (situato a 400 km<br />
a nord <strong>del</strong><strong>la</strong> capitale Ouagadougou, in una zona<br />
molto arida a ridosso <strong>del</strong> Sahara) al<strong>la</strong> realizzazione<br />
di 9 pozzi, di una Casa famiglia per<br />
orfani (che attualmente ospita 70 bambini e che<br />
possono essere sostenuti a distanza tramite<br />
il Movi<strong>mento</strong> Shalom) e un dispensario farmaceutico.<br />
Nel mese di gennaio al<strong>la</strong> presenza di una <strong>del</strong>egazione<br />
di Unicoop Tirreno, cui ha partecipato<br />
anche un membro <strong>del</strong> Comitato soci dei Castelli<br />
romani Silvia Ga<strong>la</strong>nte, è stata inaugurata una<br />
sa<strong>la</strong> parto, un presidio medico fondamentale<br />
in un paese dove il parto è una <strong>del</strong>le cause<br />
principali di morte di donne e bambini. Nel<strong>la</strong><br />
stessa occasione è stata inaugurato l’Hotel <strong>del</strong>le<br />
Dune, una foresteria in grado di accogliere<br />
i volontari e le comitive <strong>del</strong> turismo etico e<br />
che nel tempo sarà una fonte di finanzia<strong>mento</strong><br />
per Casa Matteo. All’inaugurazione <strong>del</strong><strong>la</strong> foresteria<br />
si lega l’obiettivo di formare dieci giovani<br />
<strong>del</strong> vil<strong>la</strong>ggio per <strong>la</strong> gestione <strong>del</strong>l’ostello.<br />
Un altro grande progetto di cooperazione in<br />
Burkina Faso che coinvolge Coop a livello nazionale<br />
riguarda l’importazione diretta di prodotti<br />
ortofrutticoli e <strong>la</strong> distribuzione nei punti vendita<br />
Coop di tutta Italia con il marchio TER-<br />
RAEQUA.<br />
I prodotti TERRAEQUA crescono al sole caldo<br />
dei tropici e secondo le analisi compiute<br />
negli anni passati, sotto <strong>la</strong> supervisione di CoopItalia,<br />
si sono dimostrati di ottima qualità. Acquistandoli<br />
si contribuisce al<strong>la</strong> realizzazione <strong>del</strong> progetto<br />
TERRAEQUA, che ha lo scopo di sostenere<br />
lo sviluppo <strong>del</strong>le piccole cooperative di produttori<br />
locali e assicurare condizioni di vita e di <strong>la</strong>voro<br />
più eque.<br />
Il progetto TERRAEQUA è un grande progetto<br />
umanitario di cooperazione internazionale<br />
realizzato da CoopItalia, che prevede interventi<br />
di formazione e investi<strong>mento</strong> nei Paesi africani<br />
in via di sviluppo.<br />
Silvia Ga<strong>la</strong>nte<br />
Comitato soci Coop Velletri
Diocesi<br />
Giugno<br />
8 2007<br />
Carissimi<br />
Fe<strong>del</strong>i e amici,<br />
celebriamo con gioia e con animo riconoscente questa santa<br />
Messa nel ricordo <strong>del</strong> decennio di fon dazione <strong>del</strong><strong>la</strong> nostra<br />
parrocchia. Rendiamo grazie a Dio!<br />
Dieci anni sono pochi, <strong>la</strong> parrocchia è giovane, resta un lungo<br />
cammino perché <strong>la</strong> méta è lontana. Ma è bello sostare un<br />
mo<strong>mento</strong> a prendere fiato, quasi a ritemprare le forze e proseguire.<br />
Ringrazio don Augusto, don Franco, don Angelo e tutti i loro<br />
col<strong>la</strong>boratori pastorali che mi consentono di rivivere tanti incontri<br />
e momenti indimenticabili trascorsi insieme a questa comunità<br />
che ho visto nascere: penso alle più di cinquecento cresime<br />
conferite nei 17 anni di ministero a giovani oggi ventenni,<br />
trentenni… Ricordo con simpatia questa parrocchia<br />
che porta il nome glorioso <strong>del</strong> patrono San Bruno, <strong>la</strong> prima<br />
ed unica chiesa al mondo a Lui dedicata. Nel<strong>la</strong> mia agenda<br />
sono scolpite tre date significative che hanno scandito le tappe<br />
principali <strong>del</strong><strong>la</strong> comunità.<br />
1) Il 10 dicembre 1989, quando ebbi <strong>la</strong> gioia di compiere il<br />
rito <strong>del</strong><strong>la</strong> popsa <strong>del</strong><strong>la</strong> prima pietra dei locali di ministero adibiti<br />
a chiesa provvisoria, e inaugurati il 23 dicembre 1990.<br />
2) Il 12 dicembre 1993 ci fu <strong>la</strong> posa <strong>del</strong><strong>la</strong> prima pietra <strong>del</strong>l’edificio-chiesa.<br />
Per l’occasione era stato predisposto all’aperto<br />
un palco per <strong>la</strong> celebrazione <strong>del</strong><strong>la</strong> s. Messa, sotto un<br />
cielo eccezionalmente azzurro e lo spirare di un venticello<br />
prenatalizio quasi invernale. Le campane <strong>del</strong><strong>la</strong> Concattedrale<br />
di Segni diffondevano i loro rintocchi festosi, mentre <strong>la</strong> banda<br />
musicale di Anagni allietava <strong>la</strong> fol<strong>la</strong> dei fe<strong>del</strong>i che gremivano<br />
il piazzale.<br />
Erano presenti molti sacerdoti di Colleferro e degli altri paesi<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> diocesi. Il parroco, don Franco, indaffarato ed eccitato<br />
come non mai, non mancò di additare i ruderi <strong>del</strong> Castello<br />
di Vicoli dove san Bruno era stato tenuto prigioniero per tre<br />
mesi nel<strong>la</strong> primavera <strong>del</strong> 1082. Proprio in questa contrada,<br />
poi chiamata “Fontana Bracchi”, il santo aveva subito l’onta<br />
<strong>del</strong>l’arresto da parte <strong>del</strong> conte Ainulfo e ora il suo nome<br />
veniva esaltato a ricordo perenne.<br />
Nell’omelia il vescovo esprimeva <strong>la</strong> sua soddisfazione per<br />
l’avvio dei <strong>la</strong>vori per <strong>la</strong> costruzione <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa. Al termine,<br />
accompagnata dai canti e dalle chitarre dei giovani <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
parrocchia, veniva benedetta <strong>la</strong> prima pietra e ca<strong>la</strong>ta nel<strong>la</strong><br />
buca sul<strong>la</strong> quale doveva sorgere l’altare.<br />
La banda suonava e il popolo app<strong>la</strong>udiva… Al<strong>la</strong> realizzazione<br />
<strong>del</strong> complesso edilizio, progettato dallo studio tecnico <strong>del</strong>l’ing.<br />
G. Siniscalchi, contribuirono economicamente <strong>la</strong><br />
C.E.I., <strong>la</strong> Diocesi di Velletri-Segni, il Comune di Colleferro,<br />
<strong>la</strong> parrocchie limitrofe, <strong>la</strong> Italcementi, parecchie ditte e imprese<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> zona e soprattutto i fe<strong>del</strong>i <strong>del</strong><strong>la</strong> comunità parrocchiale<br />
con il loro “mattone” simbolico.<br />
Dal 1° giugno 1994 all’aprile <strong>del</strong> 1997, in meno di tre anni,<br />
venne edificata <strong>la</strong> attuale chiesa che tutti ammiriamo, con il<br />
campanile a torre, il battistero circo<strong>la</strong>re appena distaccato …<br />
Ed eccoci al<strong>la</strong> terza data, quel<strong>la</strong> che stiamo celebrando in questi<br />
giorni.<br />
3) Il 20 aprile 1997, domenica di festa, esattamente dieci anni<br />
fa, con <strong>la</strong> solenne dedicazione <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa. Tra le preghiere<br />
e gli app<strong>la</strong>usi dei presenti, le allegre melodie <strong>del</strong><strong>la</strong> Banda<br />
di Gavignano, i sacri riti si svolsero parte all’aperto e parte<br />
dentro il tempio. In processione vengono portate le reliquie
Giugno<br />
2007<br />
Diocesi 9<br />
di san Clemente, di san<br />
Bruno e di vari santi martiri:<br />
sul<strong>la</strong> soglia <strong>del</strong> tempio è<br />
presentato al vescovo il<br />
p<strong>la</strong>stico <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa come<br />
segno <strong>del</strong><strong>la</strong> consegno <strong>del</strong>l’edificio.<br />
Il parroco è invitato<br />
ad aprire il portale nel<br />
quale <strong>la</strong> fol<strong>la</strong> di fe<strong>del</strong>i entra,<br />
p<strong>la</strong>udente, riempiendo letteralmente<br />
<strong>la</strong> chiesa.<br />
Con ammirevole attenzione<br />
tutti in presenti seguono lo<br />
svolgersi dei suggestivi riti:<br />
l’aspersione <strong>del</strong>l’acqua santa<br />
sulle persone e sulle<br />
pareti, il canto <strong>del</strong>le litanie<br />
dei santi, <strong>la</strong> deposizione<br />
<strong>del</strong>le reliquie nell’altare<br />
con una pergamena ricordo, diverse preghiere, l’unzione<br />
<strong>del</strong>l’altare e <strong>del</strong>le pareti, l’illuminazione <strong>del</strong> tempio,<br />
giunta opportuna per l’avanzare <strong>del</strong>l’ora vespertina.<br />
Oltre due ore è durata <strong>la</strong> funzione e fu una esperienza di<br />
fede emozionante. Il vescovo si è detto commosso soprattutto<br />
per <strong>la</strong> partecipazione devota <strong>del</strong> popolo, per i canti<br />
<strong>del</strong> coro parrocchiale, per <strong>la</strong> presenza di 26 sacerdoti<br />
concelebranti , di alcuni diaconi e seminaristi e ministranti,<br />
al completo le autorità civili e militari, con a capo il Sindaco<br />
di Colleferro Silvano Moffa e il sindaco di Segni Filippo<br />
Vittori. Giornata indimenticabile in onore di san Bruno<br />
e per <strong>la</strong> gioia di un popolo a lui consacrato.<br />
Da questo clima di festa e di ricordi vogliamo ricavare<br />
un insegna<strong>mento</strong> per <strong>la</strong> nostra vita di oggi: lo prendiamo<br />
da una incisiva espressione <strong>del</strong> martire sant’Ignazio<br />
di Antiochia, il quale definiva<br />
i cristiani “coloro che vivono<br />
secondo <strong>la</strong> domenica” (iuxta<br />
dominicam viventes). Il<br />
testo è commentato dal Papa<br />
benedetto nel<strong>la</strong> sua Esortazione<br />
Apostolica “Sacramentum<br />
Caritatis al n° 72: <strong>la</strong> formu<strong>la</strong><br />
“vivere secondo <strong>la</strong> domenica”<br />
mette chiaramente in luce il legame<br />
tra <strong>la</strong> realtà eucaristica e l’esistenza<br />
cristiana nel<strong>la</strong> sua<br />
quotidianità. La consuetudine<br />
dei primi cristiani di riunirsi,<br />
nel primo giorno dopo il sabato,<br />
per celebrare <strong>la</strong> risurrezione<br />
di Cristo, è anche il dato che<br />
definisce <strong>la</strong> forma <strong>del</strong>l’esistenza<br />
rinnovata dall’incontro con<br />
Cristo.<br />
“Vivere secondo <strong>la</strong> domenica”<br />
sottolinea pure il valore paradigmatico<br />
che questo giorno santo<br />
possiede per ogni altro<br />
giorno <strong>del</strong><strong>la</strong> settimana. Esso infatti<br />
non si distingue in base al<strong>la</strong><br />
semplice sospensione dalle<br />
La domenica è il<br />
giorno in cui il cristiano<br />
ritrova quel<strong>la</strong> forma<br />
eucaristica <strong>del</strong><strong>la</strong> sua<br />
esistenza secondo <strong>la</strong><br />
quale è chiamato a<br />
vivere costantemente<br />
“<br />
”<br />
solite attività <strong>la</strong>vorative, come<br />
una sorta di parentesi dal ritmo<br />
usuale dei giorni, ma perché<br />
si fa memoria <strong>del</strong><strong>la</strong> radicale<br />
novità portata dal<strong>la</strong> resurrezione<br />
di Cristo.<br />
La domenica è il giorno in<br />
cui il cristiano ritrova quel<strong>la</strong><br />
forma eucaristica <strong>del</strong><strong>la</strong> sua<br />
esistenza secondo <strong>la</strong> quale<br />
è chiamato a vivere costantemente.<br />
“Vivere secondo <strong>la</strong> domenica”<br />
vuole dire vivere nel<strong>la</strong> consapevolezza<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> liberazione<br />
portata da Cristo,<br />
vivere <strong>la</strong> propria esistenza<br />
come offerta di se stessi a<br />
Dio per manifestare a tutti<br />
gli uomini <strong>la</strong> vittoria <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
risurrezione. E’ <strong>la</strong> domenica<br />
in se stessa che merita di essere santificata perché non<br />
finisca per risultare un giorno senza Dio.<br />
Il decennio di vita parrocchiale ci richiama a vivere le<br />
diverse dimensioni <strong>del</strong><strong>la</strong> domenica, ricordate in una famosa<br />
Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II: per i cristiani<br />
essa è il giorno <strong>del</strong> Signore (Dies Domini), il giorno di<br />
Cristo risorto (Dies Christi), il giorno <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa (Dies<br />
Ecclesiae), il giorno <strong>del</strong>l’uomo (Dies Hominis) come giorno<br />
di festa, di riposo, di carità fraterna.<br />
Auguro all’intera comunità parrocchiale di san Bruno, pastori<br />
e fe<strong>del</strong>i, di vivere intensamente e pienamente il senso<br />
cristiano <strong>del</strong><strong>la</strong> domenica con <strong>la</strong> partecipazione assidua<br />
e gioiosa al<strong>la</strong> celebrazione eucaristica insieme a tanti<br />
fratelli e sorelle, così da formare un’autentica famiglia<br />
di Dio.<br />
Panoramica <strong>del</strong> complesso <strong>del</strong><strong>la</strong> Parrocchia di San Bruno
Caritas<br />
Giugno<br />
10 2007<br />
Lo<br />
scorso 8 maggio il Presidente <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Repubblica, Giorgio Napolitano, si è recato in visita<br />
al carcere di Rebibbia. Abbiamo cercato il testo<br />
<strong>del</strong> suo intervento, pensando poi che potesse essere<br />
l'oggetto di com<strong>mento</strong>/riflessione da due ottiche<br />
diverse. Troverete di seguito perciò l'idea che di questo<br />
discorso si sono fatti un volontario e una persona<br />
reclusa nel carcere di Velletri.<br />
Prima Parte<br />
Il Presidente ha dapprima evidenziato lo scopo per<br />
cui si è recato in carcere, poi ha ricordato le azioni<br />
promosse dal governo re<strong>la</strong>tivamente al mondo<br />
penitenziario e le riflessioni <strong>del</strong> Capo <strong>del</strong> Diparti<strong>mento</strong><br />
<strong>del</strong>l'Amministrazione Penitenziaria. Ha richiamato<br />
le richieste <strong>del</strong><strong>la</strong> rappresentante <strong>del</strong>le detenute di<br />
Rebibbia e di quello dei reclusi <strong>del</strong>lo stesso carcere.<br />
Nel mezzo ha offerto <strong>la</strong> sua personale posizione<br />
sul<strong>la</strong> realtà <strong>del</strong><strong>la</strong> detenzione. Questo voglio riprendere.<br />
1) Chi deve andare in carcere - Dice il presiedente:<br />
"ribadisco, comunque, <strong>la</strong> mia convinzione che<br />
<strong>la</strong> pena detentiva debba essere riservata a chi commette<br />
crimini che destano al<strong>la</strong>rme, che ledono gravemente<br />
valori e interessi preminenti e intangibili.<br />
Ribadisco <strong>la</strong> mia convinzione, nello stesso tempo,<br />
che l'esecuzione <strong>del</strong><strong>la</strong> pena detentiva deve avvenire<br />
nel rispetto <strong>del</strong><strong>la</strong> dignità <strong>del</strong> detenuto, e offrendo<br />
a questi le condizioni per il suo reinseri<strong>mento</strong> sociale".<br />
Sono posizioni personali <strong>del</strong> Presidente. Mi sembrano<br />
più "coraggiose" ed "estreme" di quelle normalmente<br />
diffuse. Per "noi" il carcere deve essere<br />
per tutti coloro che commettono un reato, indipendentemente<br />
dal fatto che ciò permetta di avere più<br />
sicurezza per <strong>la</strong> comunità, più reinseri<strong>mento</strong> <strong>del</strong> colpevole,<br />
più "risarci<strong>mento</strong>" <strong>del</strong><strong>la</strong> vittima. Ma perché?<br />
2) Cosa si deve garantire - "occorrono <strong>del</strong>le soluzioni<br />
condivise che garantiscano <strong>la</strong> sicurezza <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
collettività e il rispetto rigoroso <strong>del</strong><strong>la</strong> legge, e prevedano<br />
misure alternative - come si è detto da molti<br />
- più credibili e più efficaci ai fini <strong>del</strong> recupero <strong>del</strong><br />
condannato, prestando, allo stesso tempo, maggiore<br />
e più concreta attenzione verso le vittime <strong>del</strong> reato".<br />
Qui si afferma che sicurezza, legalità, recupero<br />
<strong>del</strong> reo e attenzione alle vittime sono compatibili<br />
e realizzabili contemporaneamente. Ma questa<br />
non è mentalità diffusa. Senza volere approfondire<br />
i motivi per cui il rispetto <strong>del</strong><strong>la</strong> legge sia richiesto<br />
solo ad alti livelli (non è un dramma superare i<br />
limiti di velocità o non andare a votare), sicuramente<br />
è evidente che l'azione rieducativa e il volontariato<br />
penitenziario sono percepiti spesso come uno spreco<br />
di forze che potevano essere dedicate alle vittime<br />
(o forse addirittura un oltraggio ulteriore). Ma perché<br />
accompagnare un detenuto deve essere inutile?<br />
E perché non accompagnarlo dovrebbe risarcire<br />
in qualche modo <strong>la</strong> vittima? È un problema numerico:<br />
cioè le forze che dedico ai detenuti le tolgo alle<br />
vittime? E se ci fossero più forze, sarebbe legittimo?<br />
Forse condividere <strong>del</strong> tempo con un detenuto,<br />
significa volere dire che egli non è colpevole, o<br />
fare finta che il crimine non ci sia stato? Ma da dove<br />
nasce questa<br />
idea? Chi può<br />
pretendere di<br />
offrire un buon<br />
accompagna<strong>mento</strong><br />
al<strong>la</strong> crescita<br />
di un individuo, negando ciò che quell'individuo<br />
è o ha fatto (e dunque è diventato)?<br />
3) Cosa dice <strong>la</strong> Costituzione Italiana - " sono certo<br />
che da uno sforzo congiunto e conseguente, ispirato<br />
ai principi <strong>del</strong><strong>la</strong> nostra Costituzione e al senso<br />
di umanità che <strong>la</strong> nostra Costituzione prescrive, potrà<br />
venire forte impulso al<strong>la</strong> causa di una moderna e<br />
illuminata politica <strong>del</strong><strong>la</strong> giustizia e gestione <strong>del</strong><strong>la</strong> pena".<br />
Essere italiani significa che non possiamo assumere<br />
atteggiamenti comunemente qualificati come "forcaioli".<br />
Il Presidente ricorda che <strong>la</strong> Costituzione prescrive<br />
non solo comportamenti giusti, ma un senso<br />
di umanità. Questo è di più. Ci chiede almeno<br />
lo sforzo di interrogarci su quale differenza ci sia fra<br />
giustizia e umanità, o perché non basti l'una senza<br />
l'altra. Non è questione di perdono, o di atteggiamenti<br />
conseguenti da una scelta di fede, ma una<br />
richiesta <strong>del</strong><strong>la</strong> coscienza civica di chi è italiano. Su<br />
questo senso di umanità deve innestarsi uno sforzo<br />
congiunto. Più volte nel discorso, ritorna l'idea<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> necessità di soluzioni condivise. Condivise da<br />
chi, mi chiedo io? Probabilmente dai due schieramenti<br />
politici italiani, intende il Presidente. Mi viene<br />
il dubbio però che sia ogni singolo italiano a non<br />
condividere questa stessa impostazione. Che il bisogno<br />
di approfondi<strong>mento</strong>, chiarificazione e scelta di<br />
campo (essere giusti? Vendicativi? Umani?) ci sia<br />
per tutti. Forse su poche cose, come sull'amministrazione<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> giustizia, pochi condividono in Italia<br />
il senso di umanità a cui qui ci si richiama. Senza<br />
volere giudicare se ciò sia corretto o meno, mi chiedo<br />
perché non facciamo lo sforzo di verificare i motivi<br />
di chi è contro questa idea base <strong>del</strong><strong>la</strong> Costituzione,<br />
e nemmeno i motivi che stanno dietro a tale idea<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> Costituzione.<br />
Vorrei concludere dicendo che i luoghi comuni, i pregiudizi<br />
o anche <strong>la</strong> "mentalità comune" non sono mai<br />
senza fonda<strong>mento</strong>; il proverbio "vox populi, vox Dei"<br />
ha <strong>la</strong> sua verità (o meglio par<strong>la</strong> proprio <strong>del</strong><strong>la</strong> pretesa<br />
di verità <strong>del</strong><strong>la</strong> mentalità comune). Cosa<br />
dovremmo fare? Sicuramente non fermarci al<strong>la</strong> tentazione<br />
di dire chi ha ragione o chi ha torto, né a<br />
quel<strong>la</strong> di c<strong>la</strong>ssificare come buonista chi propende<br />
dal <strong>la</strong>to <strong>del</strong> mandato costituzionale, né come giustizialista<br />
chi propende per <strong>la</strong> mentalità comune. Creare<br />
occasioni di riflessione per comprendere seriamente<br />
come tale mentalità si sia creata e ratificata, quale<br />
parte di "verità" eventualmente contenga, ma anche<br />
come siano nate le idee che reggono <strong>la</strong> nostra Costituzione,<br />
in una paro<strong>la</strong> il perché <strong>del</strong>le due posizioni. E poi se<br />
sono compatibili (senza arrivare a nominare il Vangelo<br />
e ciò che esso ci chiede e prescrive). E di più, chiediamoci<br />
anche: quale scelta di campo vogliamo fare<br />
qualora le due posizioni non siano <strong>del</strong> tutto compatibili?<br />
(continua nel<strong>la</strong> pagina seguente)
Giugno<br />
2007<br />
Diaconato Permanente 11<br />
La rive<strong>la</strong>zione di Dio raggiunge gli uomini attraverso<br />
<strong>la</strong> vita vissuta <strong>del</strong>l’apostolo: “Vi ho trasmesso<br />
dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto”<br />
(1Cor 15, 3).<br />
Il concetto di tradizione è giudaico. Esso <strong>la</strong>scia pensare<br />
a un depositum che è stato ricevuto e tramandato<br />
fe<strong>del</strong>mente nel<strong>la</strong> comunità cristiana primitiva, in quanto<br />
proveniente dal Signore o dai primi apostoli (1Cor<br />
11,23; 15,3). Queste tradizioni comprendono consuetudini<br />
(1Cor 14,34) e riti religiosi quali l’eucarestia<br />
(1Cor 11,23-24), come pure insegnamenti dottrinali<br />
e morali (1Cor 15,3-4); Rm 6,17; 2Ts 3,6; 1Cor<br />
7,10.12.25; 9,14).<br />
La testimonianza è il modo d’essere <strong>del</strong> cristiano.<br />
Tutti siamo chiamati ad essere apostoli, perché tutti<br />
abbiamo ricevuto <strong>la</strong> fede.<br />
“Questa tradizione, che trae origine dagli apostoli,<br />
progredisce nel<strong>la</strong> chiesa sotto l’assistenza <strong>del</strong>lo<br />
Spirito santo: infatti <strong>la</strong> comprensione, tanto <strong>del</strong>le<br />
cose quanto <strong>del</strong>le parole trasmesse, cresce sia<br />
con <strong>la</strong> riflessione e lo studio dei credenti, i quali<br />
le meditano in cuor loro, sia con <strong>la</strong> profonda intelligenza<br />
che essi provano <strong>del</strong>le cose spirituali, sia<br />
con <strong>la</strong> predicazione di coloro i quali con <strong>la</strong> successione<br />
episcopale hanno ricevuto un carisma certo di verità.<br />
La chiesa, cioè, nel corso dei secoli, tende incessantemente<br />
al<strong>la</strong> pienezza <strong>del</strong><strong>la</strong> verità divina, finché<br />
in essa giungano a compi<strong>mento</strong> le parole di<br />
Dio”. (D.V. 8).<br />
Gli uomini oggi non s’impegnano più: troppo assorbiti<br />
dal <strong>la</strong>voro o troppo distratti dai richiami di una<br />
società sempre più scristianizzata, preferiscono dare<br />
un’adesione culturale e superficiale piuttosto che<br />
essere coinvolti personalmente nelle proposte <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
chiesa. Ma è proprio <strong>del</strong> coinvolgi<strong>mento</strong> e <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
testimonianza che <strong>la</strong> chiesa oggi ha bisogno,<br />
per poter essere feconda e per poter continuare<br />
l’opera rive<strong>la</strong>trice di Dio.<br />
Il diacono in questo quadro può sviluppare un prezioso<br />
servizio: da una parte rendendo più accessibile<br />
il linguaggio <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa al<strong>la</strong> comprensione<br />
dei meno avvezzi, dall’altra mostrando come <strong>la</strong> proposta<br />
di Dio sia <strong>la</strong> risposta che gli uomini si aspettano,<br />
soprattutto quelli più lontani. Il depositum <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
tradizione non è un impegno ma valorizzazione<br />
e gioia per chi lo riceve. È <strong>la</strong> testimonianza che<br />
il diacono trasmette perché è il dono che ha già<br />
ricevuto e sperimentato. È <strong>la</strong> pace ricercata che<br />
il re ricevette quando era nel pericolo (2Mac 13,22)<br />
o che il Risorto augurò ai discepoli, quando apparve<br />
loro (Gv 21, 19). È il dono dei beni messianici,<br />
il pane e vino, che Melchisedek offrì ad Abramo<br />
(Gen 14,18) e che gli apostoli ricevettero da Gesù<br />
nell’ultima cena; è il godi<strong>mento</strong> <strong>del</strong>l’ospitalità offerta<br />
e premiata (Gen 18, 1 e ss.) o il dono di un beneficio<br />
inaspettato (Sap 3, 14). È il dono <strong>del</strong>l’aposto<strong>la</strong>to<br />
(Rm 1, 5) o <strong>del</strong> regno (Dn 7, 18) o il suggello<br />
<strong>del</strong>lo SS. (Ef 1, 13). A questi doni il mondo<br />
ane<strong>la</strong>, perché vive l’incertezza economica e <strong>la</strong> povertà<br />
spirituale. Questa pace e questa ospitalità il mondo<br />
oggi apprezza perché <strong>la</strong> competizione e i facili<br />
miraggi ci hanno fatto sperimentare <strong>la</strong> conflittualità,<br />
<strong>la</strong> solitudine e <strong>la</strong> <strong>del</strong>usione. Soprattutto apprezza,<br />
se arriva a sperimentarlo, il dono <strong>del</strong>l’aposto<strong>la</strong>to<br />
ed il suggello <strong>del</strong>lo Spirito Santo, perché c’è più<br />
gioia nel dare che nel ricevere (At 20,35) e perché<br />
lo Spirito inonda di sé tutte le cose, soprattutto<br />
quelle riarse, che hanno più sete di lui. Accanto<br />
al diacono i fe<strong>del</strong>i potranno vivere <strong>la</strong> novità cristiana.<br />
Scopriranno che il pane ed il vino, sia materiali che<br />
spirituali, nel<strong>la</strong> comunità potranno essere frutti non<br />
più proibiti per molti e che <strong>la</strong> comunione dei beni<br />
è progetto possibile come ci testimonia <strong>la</strong> comunità<br />
di Gerusalemme; sentiranno che <strong>la</strong> pace può<br />
riempire i cuori perché essi avranno scoperto nel<strong>la</strong><br />
ospitalità <strong>la</strong> ricchezza <strong>del</strong>l’altro; soprattutto vinceranno<br />
<strong>la</strong> solitudine dei tempi moderni, in cui il<br />
computer ci ha sprofondati, perché si scopriranno<br />
amati. È l’amore di Dio che si rive<strong>la</strong> e che nelle<br />
esperienze dei nuovi arrivati vuole essere fecondo<br />
di nuovi doni; è l’attenzione <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa che<br />
attraverso i suoi ministri vuole essere vicina a chi<br />
più ne ha bisogno; è <strong>la</strong> rive<strong>la</strong>zione di Dio che attraverso<br />
<strong>la</strong> testimonianza di coloro che credono in lui<br />
si fa sempre più piena e matura. Il collega<strong>mento</strong><br />
con <strong>la</strong> gerarchia, cui il diacono è sacramentalmente<br />
legato, è certezza di continuità con i primi apostoli<br />
e per essi con Dio che si rive<strong>la</strong>:<br />
“Dio, con <strong>la</strong> stessa somma benignità, dispose che<br />
quanto egli aveva rive<strong>la</strong>to per <strong>la</strong> salvezza di tutte<br />
le genti, rimanesse sempre integro e venisse trasmesso<br />
a tutte le generazioni. Perciò Cristo Signore,<br />
nel quale trova compi<strong>mento</strong> tutta <strong>la</strong> rive<strong>la</strong>zione <strong>del</strong><br />
sommo Dio, ordinò agli apostoli di predicare a tutti,<br />
comunicando loro i doni divini, come <strong>la</strong> fonte di<br />
ogni verità salutare e di ogni rego<strong>la</strong> morale, il vangelo<br />
che, prima promesso per mezzo dei profeti,<br />
egli ha adempito e promulgato di sua bocca. …Gli<br />
apostoli poi, affinché il vangelo si conservasse sempre<br />
integro e vivo nel<strong>la</strong> chiesa, <strong>la</strong>sciarono come<br />
successori i vescovi, ad essi . Questa sacra tradizione<br />
dunque e <strong>la</strong> sacra scrittura <strong>del</strong>l’uno e <strong>del</strong>l’altro<br />
testa<strong>mento</strong> sono come uno specchio nel quale <strong>la</strong><br />
chiesa pellegrina in terra contemp<strong>la</strong> Dio, dal quale<br />
tutto riceve, finché giunga a vederlo faccia a faccia<br />
così come egli è”. (D.V. 7).<br />
Amore di Dio, attenzione <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa e collega<strong>mento</strong><br />
con <strong>la</strong> gerarchia sono i tre aspetti che nel<br />
servizio <strong>del</strong> diacono rive<strong>la</strong>no infallibilmente al povero<br />
<strong>la</strong> verità di Dio e dischiudono quei cieli nuovi e<br />
quelle terre nuove in cui il lupo e l’agnello pascoleranno<br />
insieme ed in cui il povero avrà piena cittadinanza<br />
perché starà nel<strong>la</strong> casa <strong>del</strong> padre e vedrà<br />
il volto di Dio.<br />
Diacono perm.te Pietro Latini<br />
(Continua dal<strong>la</strong> pagina precedente)<br />
Seconda Parte<br />
Accogliere <strong>la</strong> visita in carcere di una figura istituzionale, oltremodo raffigurante<br />
quale il Capo <strong>del</strong>lo Stato, come nel<strong>la</strong> circostanza in cui si è svolta <strong>la</strong> sua visita<br />
al carcere di Rebibbia, è pur sempre un evento eccezionale, che sicuramente<br />
per coloro che sono stati presenti, avrà additato attraverso l'intervento da lui<br />
espresso, lungimiranti propositi di un possibile cambia<strong>mento</strong> in senso migliorativo<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> quotidianità detentiva, nonché per il reinseri<strong>mento</strong> sociale, che ciascuno<br />
intravede al di là <strong>del</strong> muro a favore <strong>del</strong> proprio futuro.<br />
La realtà <strong>del</strong><strong>la</strong> retorica ci ha saggiamente insegnato, che alcune volte, anche<br />
se pur con buoni propositi dialettici, non si concilia con il fine che essa si propone<br />
di perseguire.<br />
Fra alcuni detenuti è ancora forte il ricordo <strong>del</strong> Papa po<strong>la</strong>cco in visita ufficiale<br />
a Montecitorio; in tale circostanza egli invocò un atto di clemenza per i carcerati<br />
e denunciò le condizioni di vita proibitive che esercitavano le carceri italiane<br />
di allora. L'app<strong>la</strong>uso unanime di solidarietà e i commenti di quasi tutte le forze<br />
politiche facevano presupporre un unanime cambio di tendenza <strong>del</strong>l'inaccettabile<br />
realtà carceraria, circostanziata opportunamente dalle parole <strong>del</strong> Santo Padre.<br />
Da quell'evento trascorsero quasi dieci anni e Giovanni Paolo II era passato a<br />
miglior vita prima<br />
ancora che le istituzioni si decidessero seriamente ad affrontare <strong>la</strong> questione,<br />
paradossalmente insostenibile anche per gli organi di Polizia Penitenziaria, e<br />
varassero l'indulto.<br />
Ora i nuovi presupposti che potrebbero <strong>del</strong>inearsi, aval<strong>la</strong>ti dalle parole <strong>del</strong><strong>la</strong> massima<br />
carica <strong>del</strong>lo Stato, seguiranno lo stesso percorso di dedali politici in cui si<br />
persero le parole <strong>del</strong> Santo Padre? Oppure c'è una sostanziale volontà politica<br />
coesa, per perseguire un fine utile a vantaggio di una coesione sociale più<br />
progredita e più civile?<br />
Si dice che il carcere è lo specchio <strong>del</strong><strong>la</strong> società. Si dice anche che il carcere<br />
è il luogo dentro cui intenzionalmente vanno nascosti gli errori prodotti dal<strong>la</strong> società.<br />
Da questi aforismi si dovrebbe dedurre che ogni stratificazione sociale, da<br />
cui è composta una società, rischia di essere in qualche modo vittima <strong>del</strong><strong>la</strong> propria<br />
cattiva morale. Se così fosse, dovrebbe forse conseguirne che siamo tutti<br />
indistintamente colpevoli? A questo punto potremmo giungere a una conclusione:<br />
il carcere offre un'opportunità a tutti coloro i quali ogni qual volta sono<br />
coscienti di avere un penso sul<strong>la</strong> coscienza, se ne possono liberare indicando<br />
il carcere come il luogo di origine di tutti i mali? Se così fosse, non sarebbe sufficiente<br />
distruggere tutte le carceri per distruggere il male?<br />
Sara Bianchini (Caritas Diocesana Velletri-Segni)<br />
e una persona reclusa nel carcere di Velletri
Vocazioni<br />
Giugno<br />
12 2007<br />
Mentre scriviamo, sta scorrendo <strong>la</strong> terz’ultima<br />
settimana di questa bellissima esperienza, quale<br />
quel<strong>la</strong> <strong>del</strong>l’Anno Propedeutico presso il<br />
Pontificio Collegio Leoniano.<br />
Sono passati ben sette mesi da quel lontano 25<br />
ottobre 2006 quando siamo “entrati” per <strong>la</strong> prima<br />
volta in seminario, eppure sembra che tutto<br />
sia avvenuto ieri.<br />
Sono vo<strong>la</strong>ti i giorni, le settimane e i mesi, e ci<br />
ritroviamo agli sgoccioli di questo anno formativo.<br />
Gli orari <strong>del</strong><strong>la</strong> giornata sono stati il metronomo<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> nostra permanenza al Propedeutico. Ora<br />
ci troviamo nel bel mezzo <strong>del</strong><strong>la</strong> settimana degli<br />
esercizi spirituali; un tempo non tanto per imparare<br />
a pregare ma di discerni<strong>mento</strong> e di aiuto,<br />
al fine di giungere ad una scelta qualificante, anche<br />
se, come scritto sul nostro Progetto Formativo,<br />
spetta comunque al Responsabile <strong>del</strong>l’Anno<br />
Propedeutico valutare l’idoneità <strong>del</strong> giovane all’ingresso<br />
nel Seminario Maggiore.<br />
Giorno dopo giorno abbiamo condiviso l’esperienza<br />
<strong>del</strong>lo stare con Gesù, caratterizzata dall’attenzione<br />
al silenzio e al raccogli<strong>mento</strong>, all’iniziazione<br />
al<strong>la</strong> preghiera personale e liturgica,<br />
al<strong>la</strong> lectio divina, curata dal nostro padre spirituale<br />
don Bruno Durante, al<strong>la</strong> Celebrazione Eucaristica<br />
quotidiana e al<strong>la</strong> pratica <strong>del</strong> Sacra<strong>mento</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Riconciliazione. Tutto questo lo abbiamo vissuto<br />
sempre insieme con coloro che come noi hanno sentito<br />
nel loro cuore <strong>la</strong> chiamata al<strong>la</strong> seque<strong>la</strong>. Certo, fare<br />
comunità e <strong>la</strong> stessa convivenza non sono cose così<br />
semplici da attuare e vivere, ma proprio qui è affiorata<br />
ancora di più <strong>la</strong> nostra Docibilitas Vocazionale, cioè <strong>la</strong><br />
totale fiducia e abbandono al Signore, affinché Egli, come<br />
vignaiuolo, recida ciò che di secco c’è in noi e poti quei<br />
tralci affinché portino maggior frutto. Gesù ci ricorda:<br />
“Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza<br />
di me non potete far nul<strong>la</strong>”. (Gv 15, 6)<br />
Quanto detto non vuole assolutamente significare che<br />
ce ne siamo rimasti con le mani in mano, come se fossimo<br />
stati a trascorrere una grande vacanza al<br />
Leoniano, anzi, ci siamo dati da fare attraverso l’impegno<br />
nel<strong>la</strong> conoscenza di sè, appresa grazie agli incontri<br />
con don Giuseppe Sovernigo, sacerdote e psicologo,<br />
e ai colloqui personali con don Leonardo, che hanno<br />
favorito <strong>la</strong> conoscenza e <strong>la</strong> verifica degli aspetti fondamentali<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> nostra personalità, evidenziandone le<br />
risorse e le eventuali fratture sulle quali dovremo verificarci<br />
e <strong>la</strong>vorare.<br />
Sabato 28 aprile abbiamo partecipato al<strong>la</strong> Veglia per <strong>la</strong><br />
44° Giornata Mondiale per le Vocazioni, “La tua vita per<br />
<strong>la</strong> Sinfonia <strong>del</strong> SI”; tema scelto dal Centro Nazionale<br />
Vocazionale per questo appunta<strong>mento</strong> annuale. Con molto<br />
piacere abbiamo pregato con i giovani <strong>del</strong><strong>la</strong> Diocesi<br />
durante l’adorazione eucaristica svoltasi nel<strong>la</strong> parrocchia<br />
di San Pietro Apostolo a Monte<strong>la</strong>nico.<br />
A presiedere <strong>la</strong> veglia c’era don Leonardo, in qualità<br />
di Direttore <strong>del</strong> Centro Diocesano Vocazionale,<br />
che con poche parole ci ha ricordato quanto sia<br />
importante il SI al<strong>la</strong> chiamata di Dio e come ognuno<br />
di noi contribuisca ad essere una nota importante<br />
nel<strong>la</strong> sinfonia <strong>del</strong><strong>la</strong> quale il Signore è il Direttore<br />
d’orchestra. Se solo mancasse una singo<strong>la</strong> nota<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> sinfonia, questa risulterebbe stonata, imperfetta.<br />
Analogamente Madre Teresa, <strong>la</strong> picco<strong>la</strong> matita nelle<br />
mani di Dio, par<strong>la</strong>va dicendo: “ Siamo una goccia<br />
in mezzo all’oceano”.<br />
L’indomani, con don Leonardo e i nostri compagni<br />
<strong>del</strong> Propedeutico, siamo stati ospiti <strong>del</strong><strong>la</strong> trasmissione<br />
A SUA IMMAGINE su Rai1. Con il nostro<br />
Responsabile e p. Raffaele Sacco (Rogazionista),<br />
si è par<strong>la</strong>to <strong>del</strong>l’anda<strong>mento</strong> <strong>del</strong> numero <strong>del</strong>le vocazioni<br />
in Italia e nel mondo, <strong>del</strong><strong>la</strong> vita nel<br />
Seminario, <strong>del</strong> celibato per il Regno di Dio.<br />
Con lo zaino pieno di tutte queste esperienze ci<br />
avviamo quindi al<strong>la</strong> fine.<br />
Concluderemo l’Anno Propedeutico sabato 26 maggio<br />
e, nell’ultima condivisione settimanale che faremo,<br />
dovremo informare don Leonardo e tutti i nostri<br />
compagni in merito al<strong>la</strong> nostra scelta maturata lungo<br />
questi sette mesi; se continuare il cammino a<br />
settembre con l’acceso al Seminario Maggiore o<br />
se tornare a casa, grati comunque al Signore per il dono<br />
di questo tempo di grazia che ci ha sicuramente arricchiti<br />
nello spirito.<br />
Vogliamo in ultimo ringraziare chi, per <strong>la</strong> fiducia e l’amore,<br />
ci ha permesso di trascorrere quest’anno concentrati<br />
sul<strong>la</strong> nostra vocazione: al Signore, che mediante i suoi<br />
segni ci ha invitato a seguirlo; al Vescovo Vincenzo, che<br />
sin dall’inizio ci ha accolti fidandosi di noi e dimostrandosi<br />
sempre un padre buono e affettuoso nei nostri riguardi;<br />
ai sacerdoti <strong>del</strong><strong>la</strong> nostra amata Diocesi e, in ultimo<br />
ma non da ultimi, genitori e amici, che hanno saputo<br />
accogliere e comprendere <strong>la</strong> nostra scelta.<br />
Alessandro, Fabrizio e Teodoro<br />
Anche quest’anno siamo arrivati al<strong>la</strong> fine <strong>del</strong> nostro percorso. Il 12<br />
maggio siamo giunti all’ultima tappa <strong>del</strong> nostro cammino con Nicodemo,<br />
che per diversi mesi ci ha accompagnato nei vari paesi <strong>del</strong><strong>la</strong> diocesi.<br />
Quest’anno abbiamo riflettuto sui Dieci Comandamenti, cercando<br />
di coglierne tutta l’attualità e soprattutto interrogandoci su quello<br />
che questi rappresentano per noi e per <strong>la</strong> nostra vita. Questi incontri<br />
ci hanno permesso di stare insieme, di conoscerci meglio di confrontarci<br />
ma soprattutto di pregare insieme nelle Adorazioni<br />
Eucaristiche che hanno concluso le serate.<br />
L’unico scopo che ci siamo prefissati è stato quello di: «incontrare<br />
Gesù». Ogni parrocchia ospitante, durante <strong>la</strong> serata, ha presentato<br />
le caratteristiche <strong>del</strong> proprio paese e ha reso ogni incontro partico<strong>la</strong>re<br />
con l’aiuto dei testimoni che hanno raccontato <strong>la</strong> loro esperienza<br />
legata al tema.<br />
Sono terminati gli incontri ma le occasioni per stare di nuovo<br />
insieme, Nicodemo incluso, non mancano. Il 23 giugno noi giovani ci incontreremo per <strong>la</strong> festa a Gavignano ed infine quest’estate andremo a<br />
Loreto per incontrare il Papa. Nicodemo sarà insieme a noi, ma sarà soprattutto <strong>la</strong> presenza di Gesù che renderà queste esperienze uniche e farà sì<br />
che resteranno stampate per sempre nel<strong>la</strong> nostra mente e nel nostro cuore.<br />
Roberta Frasca
Giugno<br />
2007<br />
Spiritualità 13<br />
Quando si pensa che neppure <strong>la</strong><br />
SS. ma Vergine può fare quello che può<br />
fare un sacerdote…<br />
Quando si pensa che nessun angelo e<br />
nessun uomo al mondo può fare il miracolo<br />
che ogni sacerdote può realizzare:<br />
quello di perdonare i peccati, quello di<br />
fare presente Gesù nell’Eucaristia rivivendo<br />
il suo sacrificio nel<strong>la</strong> Santa Messa…<br />
Quando si pensa che l’umanità è stata<br />
redenta e che il mondo sussiste perché<br />
ci sono uomini e donne che si nutrono<br />
ogni giorno di Quel Corpo e di Quel Sangue<br />
redentore che soltanto un sacerdote ne<br />
può invocare <strong>la</strong> transustanziazione.<br />
Quando si pensa che il mondo morirebbe<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> fame più grande che mai sia esistita,<br />
se le mancasse un pochino di quel<br />
pane sacro e un pochino di quel vino santo<br />
che dà <strong>la</strong> vita <strong>del</strong>l’anima…<br />
Quando si pensa che un sacerdote è più<br />
necessario di un presidente o di un ministro<br />
d’economia, più di un militare, più<br />
di un commerciante, più di un insegnante…<br />
giacché un sacerdote può sostituire tutti<br />
quanti, ma nessuno può sostituire Lui, perché Lui<br />
opera in persona Christi, portandoci <strong>la</strong> stessa vita<br />
di Dio, cioé <strong>la</strong> sua grazia ai nostri cuori… 1<br />
Quando si pensa che il sacerdote ci aiuta ad acquistare<br />
<strong>la</strong> vita eterna, <strong>la</strong> vita che non ha fine…<br />
Quando si pensa, che <strong>la</strong> vocazione sacerdotale è<br />
un dono di Dio, per l’intera Chiesa, per <strong>la</strong> sua vita<br />
e <strong>la</strong> sua missione… 2<br />
Quando si pensa tutto questo… Uno si rende conto<br />
che tutti i membri <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa hanno <strong>la</strong> grazia<br />
e <strong>la</strong> responsabilità di pregare per le vocazioni sacerdotali,<br />
sia per quelli che si sono ormai consacrati,<br />
sia per l’au<strong>mento</strong> <strong>del</strong>le vocazioni.<br />
Uno si rende conto che impedire ad una vocazione<br />
di maturare e di non pregare per le vocazioni<br />
sacerdotali è un male irrimediabile...<br />
Uno capisce perché S. Teresina <strong>del</strong> Bambin Gesù<br />
diceva: “Dio ci chiederà conto <strong>del</strong> numero di sacerdoti<br />
che potevamo salvare con le nostre preghiere<br />
e non lo abbiamo fatto a causa <strong>del</strong>le nostre infe<strong>del</strong>tà<br />
e <strong>del</strong>le nostre negligenze”.<br />
Uno capisce che pregare per un sacerdote è pregare<br />
affinché <strong>la</strong> presenza Eucaristica possa arrivare<br />
a tutti i luoghi e a tutti gli uomini <strong>del</strong> mondo, giacché<br />
il sacerdote è stato ordinato soprattutto<br />
per celebrare l’Eucaristia, ed è per<br />
questo che ci ricorda il Santo Padre Benedetto<br />
XVI “Il nesso intrinseco fra Eucaristia e<br />
sacra<strong>mento</strong> <strong>del</strong>l’Ordine risulta dalle<br />
parole stesse di Gesù nel Cenacolo: ‘Fate<br />
questo in memoria di me’ (Lc 22, 19). Gesù,<br />
infatti, al<strong>la</strong> vigilia <strong>del</strong><strong>la</strong> sua morte, ha istituito<br />
l’Eucaristia e fondato allo stesso tempo<br />
il sacerdozio <strong>del</strong><strong>la</strong> Nuova Alleanza.<br />
Egli è sacerdote, vittima ed altare:<br />
mediatore tra Dio Padre ed il popolo (cfr<br />
Eb 5, 5-10), vittima di espiazione (cfr 1<br />
Gv 2, 2; 4, 10) che offre se stessa sull’altare<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> croce. Nessuno può dire ‘questo<br />
è il mio corpo’ e ‘questo è il mio sangue’<br />
se non nel nome e nel<strong>la</strong> persona di<br />
Cristo, unico sommo sacerdote <strong>del</strong><strong>la</strong> nuova<br />
ed eterna Alleanza’”. 3<br />
Chiediamo al<strong>la</strong> Madonna <strong>del</strong>le Grazie che<br />
ci aiuti a capire ogni giorno di più <strong>la</strong> grazia<br />
<strong>del</strong> sacerdozio, che è “dono e mistero”come<br />
gli piaceva ripetere al Santo Padre<br />
Giovanni Paolo II.<br />
E per finire, non possiamo fare a meno che mettere<br />
in risalto un richiamo speciale a Giovanni Paolo<br />
II: “Un appello partico<strong>la</strong>re rivolgo alle famiglie, che<br />
i genitori, e specialmente le mamme, siano generosi<br />
nel donare al Signore, che li chiama al sacerdozio,<br />
i loro figli, e col<strong>la</strong>borino con gioia al loro itinerario<br />
vocazionale (…) E ai giovani dico: siate più<br />
docili al<strong>la</strong> voce <strong>del</strong>lo Spirito, (…) non temete di aprire<br />
il vostro spirito al<strong>la</strong> chiamata <strong>del</strong> Signore”. 4<br />
Convento di C<strong>la</strong>usura Madonna <strong>del</strong>le Grazie Velletri<br />
Ho scoperto <strong>la</strong> mia vocazione, quel<strong>la</strong> di pregare per i sacerdoti: Santa Teresina <strong>del</strong> Bambin Gesù, Storia d’un anima<br />
1 Cfr. Gustavo Martínez Zuviría| Hugo Wast (Córdoba, 1883- Buenos Aires, 1862)<br />
2 Cfr. Giovanni Paolo II, “Pastores dabo vobis” IV, 41<br />
3 Benedetto XVI, Capitolo IV, pto. 23<strong>del</strong><strong>la</strong> Esortazione<br />
Apostolica Postsinodale: “Sacramentum Caritatis”.<br />
4 Cfr. Giovanni Paolo II, Conclusione <strong>del</strong><strong>la</strong> Esortazione<br />
Apostolica Postsinodale: “Pastores dabo vobis”.
Diocesi<br />
Giugno<br />
14 2007<br />
Omelia nel<strong>la</strong> Messa Solenne nel<strong>la</strong><br />
Basilica Cattedrale di<br />
“Ave, santa Maria, fonte di pietà: dal<br />
tuo grembo purissimo sgorga <strong>la</strong> ricchezza<br />
di tutte le grazie, Cristo vero Dio e vero<br />
uomo”<br />
Così <strong>la</strong> Chiesa canta nell’antifona d’ingresso<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> Messa Votiva di “Maria Vergine, Madre<br />
e Mediatrice di Grazia”.<br />
Il popolo cristiano giustamente onora <strong>la</strong><br />
Beatissima Vergine come Madre di Grazia. Da<br />
secoli, il mese di Maggio vede <strong>la</strong> devozione<br />
mariana manifestarsi in molte forme: Rosario,<br />
Litanie, Processioni, Invocazioni, Pellegrinaggi.<br />
Il fonda<strong>mento</strong> dottrinale è solido: Cristo<br />
è autore di grazia. Maria Santissima è Madre<br />
<strong>del</strong> Redentore e Madre di grazia.<br />
Cristo Autore di grazia<br />
Gesù Cristo, il Figlio di Dio che<br />
ha assunto <strong>la</strong> natura umana, vero Dio<br />
e vero Uomo, è l’unico Redentore<br />
<strong>del</strong>l’umanità. E’lui l’unico Mediatore<br />
tra Dio e gli uomini. Come disse San<br />
Paolo al suo discepolo Timoteo: “Uno<br />
solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore<br />
fra Dio e gli uomini, l’uomo<br />
Cristo Gesù, che ha dato se stesso<br />
in riscatto per tutti” (I Tim. 2, 5-6).<br />
Morendo sul<strong>la</strong> croce, Cristo ha riconciliato<br />
gli uomini con Dio. Ci ha ridato<br />
<strong>la</strong> vita. Ci ha procurato <strong>la</strong> grazia.<br />
“Non vi è infatti altro nome dato<br />
agli uomini sotto il cielo nel quale<br />
è stabilito che possano essere salvati”,<br />
testimoniò San Pietro davanti<br />
al Sinedrio (Att. 4, 12).<br />
“La funzione materna di Maria verso<br />
gli uomini”, insegna il Concilio<br />
Vaticano Secondo, “in nessun modo<br />
oscura o diminuisce questa unica mediazione<br />
di Cristo, ma ne mostra l’efficacia.<br />
Ogni salutare influsso <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Beata Vergine verso gli uomini<br />
non nasce da una necessità oggettiva,<br />
ma da una disposizione puramente<br />
gratuita di Dio, e sgorga dal<strong>la</strong><br />
sovrabbondanza dei meriti di Cristo;<br />
pertanto si fonda sul<strong>la</strong> mediazione<br />
di questi, da essa assolutamente dipende<br />
e attinge tutta <strong>la</strong> sua efficacia, e<br />
non impedisce minimamente l’unione<br />
immediata dei credenti con Cristo,<br />
anzi <strong>la</strong> facilita” (Lumen Gentium,<br />
60).<br />
Maria Ss.ma Madre e Socia <strong>del</strong><br />
Redentore<br />
La Divina provvidenza ha assegnato<br />
a Maria Vergine un ruolo singo<strong>la</strong>re<br />
accanto a Gesù Salvatore nel<strong>la</strong><br />
storia <strong>del</strong><strong>la</strong> salvezza. Maria fu già<br />
inclusa nel<strong>la</strong> promessa <strong>del</strong> Redentore<br />
dopo il peccato originale. Nel<strong>la</strong> pienezza<br />
dei tempi Dio inviò l’arcangelo<br />
Gabriele al<strong>la</strong> Vergine di<br />
Nazareth per annunciarle il piano<br />
divino e ottenere il suo consenso ad<br />
essere <strong>la</strong> Madre <strong>del</strong> Redentore. Maria<br />
Santissima ha svolto un ruolo unico<br />
come socia <strong>del</strong> Redentore dal<strong>la</strong><br />
visitazione<br />
ad Elisabetta,<br />
al<strong>la</strong> Natività di Gesù, al<strong>la</strong><br />
presentazione al tempio,<br />
al<strong>la</strong> fuga in Egitto, al<strong>la</strong> vita<br />
nascosta in Nazareth.<br />
“Nel<strong>la</strong> vita pubblica di<br />
Gesù <strong>la</strong> Madre sua appare<br />
distintamente fin da principio”<br />
(Lumen Gentium,<br />
58). Pensiamo subito<br />
alle nozze di Cana e il ruolo<br />
di Maria nell’ottenere<br />
il primo miracolo di<br />
Gesù, nel<strong>la</strong> predicazione<br />
di Gesù, e specialmente<br />
sul Calvario ai piedi <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Croce.<br />
<strong>Dopo</strong> l’Ascensione, <strong>la</strong><br />
Beata Vergine pregava con<br />
gli Apostoli ed altri discepoli<br />
ed era in mezzo a loro<br />
quando venne lo Spirito Santo e <strong>la</strong> Chiesa si<br />
manifestò al mondo.<br />
Assunta al cielo, <strong>corona</strong>ta regina degli<br />
angeli e degli uomini, Maria Vergine non dimentica<br />
i suoi figli che si trovano ancora nel pellegrinaggio<br />
terrestre.<br />
Dio perciò, nel mirabile disegno <strong>del</strong> suo amore,<br />
ha costiuito <strong>la</strong> Beata Vergine Maria madre<br />
e col<strong>la</strong>boratrice <strong>del</strong> Redentore. Maria è Madre<br />
di grazia perché ha portato nel suo grembo e<br />
ci ha donato lo stesso Autore <strong>del</strong><strong>la</strong> grazia, Gesù<br />
Cristo. Maria è stata socia <strong>del</strong> Redentore nel<br />
procurarci <strong>la</strong> grazia più grande, <strong>la</strong> redenzione,<br />
<strong>la</strong> salvezza, <strong>la</strong> vita divina. E Dio ha voluto che<br />
<strong>la</strong> Beatissima Vergine “continuasse nel<strong>la</strong><br />
Chiesa <strong>la</strong> sua missione materna di intercessione<br />
e di perdono, di protezione e di grazia, di riconciliazione<br />
e di pace” (Prefazio, Messa Votiva<br />
Maria Vergine, Madre e Mediatrice di Grazia).<br />
La Devozione Mariana ha Ottimo Fonda<strong>mento</strong><br />
Da tutto questo segue che <strong>la</strong> devozione mariana<br />
ha ottimo fonda<strong>mento</strong> nel<strong>la</strong> sacra Scrittura<br />
e nel<strong>la</strong> rive<strong>la</strong>zione divina. “Tutte le generazioni<br />
mi chiameranno beata” (Lc. 1,48), <strong>la</strong> Madonna<br />
aveva profetizzato. Onoriamo Maria Santissima<br />
con il Rosario, con processioni come faremo<br />
stasera, con l’appartenenza alle sue Confraternite<br />
e con Pellegrinaggi ai suoi santuari.<br />
Ma il modo migliore di onorare <strong>la</strong> Madre di<br />
Dio è di obbedire a Gesù, di osservare i comandamenti.<br />
La Madonna aveva detto ai servi alle<br />
nozze di Cana: “Fate quello che vi dirà” (Gv.<br />
2,5). La devozione mariana è Cristocentrica perché<br />
Maria ci conduce a Gesù. Lourdes, il santuario<br />
grande <strong>del</strong><strong>la</strong> Madonna, mette l’accento<br />
su Cristo: Penitenza come ascesi, Penitenza come<br />
Sacra<strong>mento</strong>, <strong>la</strong> Santa Messa, <strong>la</strong> Benedizione,<br />
Adorazione e Processione Eucaristica: ecco le<br />
grandi linee <strong>del</strong><strong>la</strong> devozione a Lourdes.<br />
Questa settimana il S. Padre va al Santuario<br />
mariano di Aparecida per inaugurare <strong>la</strong> V°<br />
Conferenza <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa in America Latina. Ecco<br />
come <strong>la</strong> Chiesa va al<strong>la</strong> Madonna per <strong>la</strong> grazia<br />
di annunciare Gesù.<br />
Preghiamo Maria Santissima, che per <strong>la</strong> sua<br />
intercessione noi seguiamo Gesù con più autenticità,<br />
che riceviamo abbondanza di grazie e che<br />
al<strong>la</strong> fine arriviamo al<strong>la</strong> vita eterna.<br />
Francis Card. Arinze<br />
La processione <strong>del</strong><strong>la</strong> Madonna <strong>del</strong>le Grazie a Velletri<br />
mentre attraversa <strong>la</strong> città
Giugno<br />
2007<br />
Sociale&Lavoro 15<br />
Max<br />
Weber afferma che per primo John Watts<br />
nel 1754, creando un sistema <strong>la</strong>vorativo progressivo e<br />
distribuito, diede al<strong>la</strong> luce quel fenomeno che verrà chiamato<br />
in seguita "catena di montaggio" all'interno di un meccanismo<br />
produttivo-economico, definito dai pensatori socialisti,<br />
sia scientifici (Marx), sia utopisti (Proudhon, Saint<br />
Simon) Capitalismo. La questione operaia prodotta dallo<br />
scontro tra capitale e <strong>la</strong>voro, dall'antitesi tra plusvalore<br />
e alienazione umana, direttamente collegata al<strong>la</strong> rivoluzione<br />
industriale, <strong>la</strong> quale aveva sovvertito seco<strong>la</strong>ri<br />
assetti sociali, indusse <strong>la</strong> Chiesa a intervenire in un modo<br />
nuovo, mediando tra le tendenze più estreme <strong>del</strong> liberalismo<br />
incontrol<strong>la</strong>to e <strong>del</strong> socialismo massimalista e<br />
totalitario.<br />
La Rerum Novarum inaugura <strong>la</strong> stagione fervida<br />
di quel<strong>la</strong> che sarà <strong>la</strong> dottrina sociale <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa,<br />
rappresenta il docu<strong>mento</strong> base che ispirerà l'agire sociale<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa e i principi <strong>del</strong>le Encicliche successive che<br />
a loro volta ne riprenderanno e approfondiranno il nucleo<br />
centrale. La Rerum Novarum, esponendo <strong>la</strong> dottrina cattolica<br />
<strong>del</strong> <strong>la</strong>voro, accoglie il principio <strong>del</strong><strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione<br />
tra le c<strong>la</strong>ssi sociali, privilegiando le ragioni dei deboli<br />
e dei <strong>la</strong>voratori sa<strong>la</strong>riati <strong>la</strong> cui durata di vita media non<br />
arrivava allora a circa 35 anni e i cui diritti venivano calpestati<br />
dai datori di <strong>la</strong>voro. Siamo nel 1891, ancora re<strong>la</strong>tivamente<br />
lontani dal<strong>la</strong> Rivoluzione d'Ottobre che in Russia<br />
favorirà l'ascesa al potere dei Soviet e <strong>la</strong> costituzione<br />
di un apparato monolitico. La Chiesa non accetterà mai.<br />
Attraverso l'abolizione <strong>del</strong> "Non expedit" <strong>la</strong> Chiesa aveva<br />
cercato in tutti i modi di impedirne l'affermazione in<br />
Italia, sollecitando i cattolici ad intervenire nel<strong>la</strong> gestione<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> cosa pubblica attraverso <strong>la</strong> costituzione di un partito<br />
politico e di movimenti organizzati e non <strong>la</strong>sciando<br />
che gli spazi sociali divenissero prerogative <strong>del</strong>le cellule<br />
e cooperative socialiste o comuniste. All'inizio degli<br />
anni Trenta, a ridosso <strong>del</strong><strong>la</strong> crisi di Wall Street, con l'affermazione<br />
di nuovi potentati economici, Pio XI , il cosiddetto<br />
Papa burbero, pubblica l'enciclica "Quadragesimo<br />
anno" che, oltre a commemorare i quarant'anni <strong>del</strong><strong>la</strong> Rerum<br />
Novarum, ammonisce il mondo sul mancato rispetto <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
libertà di associazione nei regimi totalitari ribadisce<br />
il principio che il sa<strong>la</strong>rio deve essere proporzionato alle<br />
necessità <strong>del</strong> <strong>la</strong>voratore e <strong>del</strong><strong>la</strong> famiglia e che il valore<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> proprietà privata deve essere subordinato all'utilità<br />
sociale.<br />
All'inizio degli anni Sessanta, assistiamo all'affermarsi<br />
di una visione nuova dei probeli sociali: le questioni sul<br />
tavolo non riguardano più soltanto aree geograficamente<br />
<strong>del</strong>imitate, ma assumono un carattere p<strong>la</strong>netario e guardano<br />
all'uomo, penetrando fin nelle sfere patetico-affettive (Teologia<br />
per il mondo, J. B. Metz). Emerge così con sempre maggiore<br />
chiarezza <strong>la</strong> situazione drammatica in cui versa<br />
il Terzo Mondo dopo l'inizio <strong>del</strong> processo di decolonizzazione.<br />
Con l'enciclica Pacem in terris Giovanni XXI-<br />
II si sofferma sui pubblici poteri <strong>del</strong><strong>la</strong> comunità mondiale,<br />
chiamati ad affrontare e a risolvere i problemi a contenuto<br />
economico, sociale e politico. La crescita economican<br />
infatti, non deve limitarsi a soddisfare i bisogni<br />
degli uomini, ma deve pruomuoverne anche <strong>la</strong> dignità.<br />
La naturale recessione, conseguente al<strong>la</strong> fine <strong>del</strong><br />
boom economico, riapre problemi sopiti; gli scontri sociali<br />
si ripresentano con una forza d'urto inaudita. Gli avvenimenti<br />
<strong>del</strong> 1968 e <strong>del</strong>l'autunno caldo <strong>del</strong> 1969 apriranno<br />
<strong>la</strong> strada ad un periodo buio in cui <strong>la</strong> matrice<br />
terroristica assumerà sempre più i contorni di un'organizzazione<br />
internazionale che coinvolgerà anche<br />
ex-cattolici. Paolo VI nell'enciclica Populorum<br />
Progressio (1967) sarà il primo a par<strong>la</strong>re di terrorismo<br />
come "rabbiosità dei popoli sfruttati".<br />
Nel 1987, con l'enciclica Sollecitudo Rei Socialis, intuizione<br />
geniale <strong>del</strong> Pontefice Giovanni Paolo II , si arriverà,<br />
mai come adesso, ad una incidenza nel tessuto sociale<br />
<strong>del</strong> magistero ecclesiale. L'enciclica, a vent'anni dal<strong>la</strong><br />
Populorum Progressio, affronta di nuovo il tema <strong>del</strong>lo<br />
sviluppo mancato <strong>del</strong> Terzo Mondo, condannando<br />
lo strozzinaggio a grandi dimensioni che i paesi ricchi<br />
attuano nei confronti dei paesi definiti adesso "in<br />
via di sviluppo" e non più "sottosviluppati " (Siamo<br />
più educati !!). L'au<strong>mento</strong> progressivo dei tassi di interesse<br />
sul debito pubblico impedisce il decollo <strong>del</strong>l'economia.<br />
Se <strong>la</strong> Rerum Novarum era arrivata in leggero<br />
ritardo sulle questioni sociali, <strong>la</strong> Sollecitudo Rei<br />
Socialis anticipa, previene e ammonisce su quelli che<br />
saranno i problemi imminenti con <strong>la</strong> fine <strong>del</strong><br />
Comunismo due anni dopo: L'enciclica mette in discussione<br />
le mega clientele, i partiti-azienda, l'uso distorto<br />
dei meccanismi mediatici che, più che informare<br />
l'opinione pubblica, costruiscono le opinioni pubbliche.<br />
Intanto il Magistero Ufficiale <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa, le lettere<br />
pastorali e i documenti dei convegni di studi sociali,<br />
pur accogliendo alcune istanze di giustizia sociale anche<br />
di movimenti come <strong>la</strong> Teologia <strong>del</strong><strong>la</strong> Liberazione, rifiuta<br />
le soluzioni violente e le categorie marxiste e le<br />
indirizza a un processo di "Nuova Evangelizzazione",<br />
non tollerando più espressioni <strong>del</strong> tipo "esubero<br />
di popo<strong>la</strong>zione" con cui vengono liquidate le discussioni<br />
re<strong>la</strong>tive all'iniqua distribuzione <strong>del</strong>le ricchezze<br />
a livello mondiale. In Occidente, però,<br />
il problema assume altre dimensioni: il problema<br />
sociale non riguarda più tanto <strong>la</strong> produzione<br />
e <strong>la</strong> distribuzione <strong>del</strong><strong>la</strong> ricchezza, quanto<br />
l'edonismo e il vuoto di valori legati al consumismo:<br />
Essere o avere, carpe diem, il re<strong>la</strong>tivismo-soggettivismo<br />
Il Cardinal Martini, agli<br />
inizi <strong>del</strong><strong>la</strong> diffusione <strong>del</strong>l'uso di Internet, definirà<br />
<strong>la</strong> situazione <strong>del</strong>l'uomo un' "angosciante fol<strong>la</strong><br />
di solitudini ". La Chiesa, tra mille difficoltà<br />
di ogni tipo, riesce a testimoniare <strong>la</strong> superiorità<br />
<strong>del</strong> suo umanesimo, e all'alba <strong>del</strong> terzo<br />
millennio si presenta con un rinnovato impulso<br />
missionario nel<strong>la</strong> tortuosa vertigine<br />
degli eventi e <strong>del</strong>le angosce <strong>del</strong>l'uomo moderno.
Parrocchie&Comunità<br />
Maggio<br />
16 2007<br />
Parrocchia di S. Sebastiano a Valmontone<br />
a cura di Stanis<strong>la</strong>o Fioramonti<br />
Rimanendo<br />
sempre nel territorio<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> città di Valmontone, apriamo<br />
ora una finestra <strong>del</strong> nostro mensile<br />
sul<strong>la</strong> parrocchia più popolosa <strong>del</strong>le<br />
tre presenti nel territorio, ovvero<br />
<strong>la</strong> Parrocchia di San Sebastiano martire<br />
che sorge nel quartiere rinascita.<br />
Cominciamo con il conoscere più da<br />
vicino il parroco, Don Alberto Raviglia<br />
al quale chiediamo di presentarsi:<br />
Don Alberto Raviglia<br />
Sono nato il 21.10.1948, a Segni, qui<br />
sono stato educato, cresciuto, qui ho<br />
fatto i miei primi studi e presso il<br />
Seminario Minore Vescovile di Segni<br />
ho iniziato il mio cammino verso il sacerdozio,<br />
sacra<strong>mento</strong> che ho ricevuto 35<br />
anni or sono, il 17 Luglio 1972, in<br />
Cattedrale a Segni, da Mons. Luigi<br />
Maria Carli, per <strong>la</strong> festa <strong>del</strong> Patrono<br />
S. Bruno. In seguito ho proseguito<br />
gli studi in psicologia. Sono stato<br />
Educatore al seminario di Segni, successivamente<br />
sono stato nominato<br />
parroco 33 anni fa. Attualmente<br />
oltre che in parrocchia sono impegnato<br />
in qualità di Vice presidente <strong>del</strong> C.d’A.<br />
<strong>del</strong>l’Istituto Diocesano per il<br />
Sostenta<strong>mento</strong> <strong>del</strong> Clero, Insegno<br />
Psicopedagogia o psicologia <strong>del</strong>l’età<br />
evolutiva all’istituto di scienze religiose<br />
in Frosinone. Da poco sono stato<br />
nominato Canonico <strong>del</strong> Capitolo<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> Cattedrale di<br />
Segni. Se mi<br />
chiedete quali<br />
altre passione<br />
ci<br />
sono nel<strong>la</strong><br />
mia vita vi<br />
dico immediatamente:<br />
<strong>la</strong> montagna<br />
e <strong>la</strong> lettura. Mi<br />
reputo disponibile<br />
e aperto all’amicizia in<br />
generale e in partico<strong>la</strong>re con i miei<br />
confratelli.<br />
Mi piace descrive <strong>la</strong> mia parrocchia<br />
così: La parrocchia di San Sebastiano,<br />
quando nacque nel lontano 1950, era<br />
una parrocchia di periferia rispetto al<br />
centro storico. Nel docu<strong>mento</strong> presidenziale<br />
di riconosci<strong>mento</strong> giuridico<br />
le furono assegnate due Chiese sussidiarie<br />
con <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione collocata<br />
nelle zone di campagna. Attualmente<br />
<strong>la</strong> Parrocchia di San Sebastiano occupa<br />
il territorio che prevede un’espansione<br />
inverosimile per il futuro <strong>del</strong><strong>la</strong> città<br />
di Valmontone, tanto che è prevista<br />
<strong>la</strong> costruzione di una nuova Chiesa<br />
sussidiaria al<strong>la</strong> Chiesa parrocchiale,<br />
perché si prevede uno sviluppo<br />
totale di diecimi<strong>la</strong> abitanti, tutti <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Parrocchia di San Sebastiano.<br />
Tra le attività professionali principali<br />
ricordiamo quelle commerciali, e<br />
quelle <strong>del</strong> terziario e anche quelle nel<br />
campo <strong>del</strong>l’edilizia. Ci sono abbastanza<br />
extracomunitari, per lo più rumeni e<br />
non costituiscono un problema per<br />
<strong>la</strong> vita sociale <strong>del</strong><strong>la</strong> collettività.<br />
All’interno <strong>del</strong> territorio parrocchiale,<br />
oggi non ci sono comunità religiose.<br />
I gruppi ecclesiali sono tutti parrocchiali<br />
e <strong>del</strong>l’azione cattolica italiana.<br />
Riguardo ai luoghi di culto, come dicevo<br />
sopra ci sono nelle zone <strong>del</strong><strong>la</strong> campagna<br />
due Chiese sussidiarie a<br />
quel<strong>la</strong> parrocchiale: Chiesa di S.<br />
Giovanni Battista e Chiesa di<br />
Sant’Antonio di Padova. Una terza<br />
è in progettazione nel<strong>la</strong> nuova zona<br />
di espansione <strong>del</strong><strong>la</strong> parrocchia, in direzione<br />
Outlet.<br />
Poniamo ora a Don Alberto alcune<br />
domande dirette come abbiamo già<br />
fatto con altri parroci:<br />
Quali sono le priorità pastorali parrocchiali?<br />
La gente “frequenta”?<br />
Secondo te, cosa si può fare per raggiungere<br />
i non praticanti?<br />
In primis le attività di evangelizzazione<br />
e di catechesi rivolte alle singole categorie<br />
di persone appartenenti a<br />
gruppi parrocchiali diversi; e poi le<br />
attività di sacramentalizzazione verso<br />
le persone che ne fanno richiesta.<br />
infine, non perché<br />
meno importante,<br />
le attività<br />
caritative.<br />
La frequenza<br />
è intorno al<br />
10%.<br />
Esistono scambi di esperienze tra parroci<br />
e tra parrocchie, nel<strong>la</strong> tua città<br />
o tra centri <strong>del</strong><strong>la</strong> stessa diocesi? Vi<br />
sono forme di gemel<strong>la</strong>ggio con parrocchie<br />
di altre regioni o nazioni?<br />
In passato ci sono stati numerosi incontri<br />
tra i parroci nel<strong>la</strong> nostra cittadina<br />
in occasione di vari eventi, religiosi<br />
e non, accaduti nel<strong>la</strong> vita religiosa<br />
e sociale. Ultimamente sono diventati<br />
più rari.<br />
Quale attività pastorale impegna<br />
maggiormente e quale (quali) si<br />
vorrebbe sviluppare? Quali sono i progetti<br />
a breve e medio termine?<br />
Tutte le attività pastorali ci impegnano<br />
allo stesso modo.<br />
Quali iniziative esistono a favore di<br />
ragazzi, giovani, coppie, adulti,<br />
anziani?<br />
Lo ripeto: attività di evangelizzazione,<br />
di sacramentalizzazione e di carità.<br />
Che tipo di rapporti il parroco e <strong>la</strong> par-<br />
La facciata <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa
Maggio<br />
2007<br />
Parrocchie&Comunità 17<br />
rocchia hanno con le autorità civili?<br />
Rapporti di tipo solo ufficiale<br />
Che cosa diresti al sindaco per migliorare<br />
<strong>la</strong> condizione sociale <strong>del</strong><strong>la</strong> città?<br />
Dovrebbe interessarsi sopratutto dei giovani<br />
e dei poveri.<br />
E’ vivo, tra <strong>la</strong> gente, lo spirito missionario,<br />
caritativo, biblico, liturgico, vocazionale…?<br />
Si.<br />
Che proporresti al vescovo se<br />
ti facesse decidere su un solo<br />
ambito pastorale?<br />
Al Vescovo direi, se ha tempo,<br />
di dedicare tanta cura alle re<strong>la</strong>zioni<br />
con i singoli<br />
sacerdoti.<br />
Che cosa risponderesti al<br />
papa se ti chiedesse un consiglio<br />
“Confirma fratres tuos ...”<br />
20 Domande ad un <strong>la</strong>ico<br />
impegnato in parrocchia<br />
Ti piace <strong>la</strong> tua chiesa? Cosa<br />
vorresti trovare entrando in una chiesa?<br />
La mia chiesa mi piace per un legame affettivo,<br />
anche se <strong>la</strong> carenza di spazi penalizza<br />
l’attività. Entrando in una chiesa vorrei<br />
trovar<strong>la</strong> piena di gente di ogni fascia di età.<br />
Perché frequenti <strong>la</strong> parrocchia? In quale settore<br />
sei partico<strong>la</strong>rmente impegnato?<br />
La motivazione principale per cui frequento<br />
è quel<strong>la</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> fede, tramandataci dai nostri<br />
genitori e che cerchiamo di trasmettere ai<br />
nostri figli. Sono impegnato nel gruppo famiglie.<br />
Quale aspetto <strong>del</strong><strong>la</strong> religione sopporti di meno?<br />
Quale rimprovero principale faresti al<strong>la</strong> Chiesa<br />
e al suo insegna<strong>mento</strong>?<br />
Il fondamentalismo che a volte riscontriamo<br />
anche in alcuni atteggiamenti. Rimprovererei<br />
l’arrocca<strong>mento</strong> a volte esagerato di alcune<br />
posizioni, che invece chiedono il dialogo e<br />
il confronto con <strong>la</strong> società <strong>la</strong>ica.<br />
Che cosa ti piace di più e cosa di meno di<br />
papa Ratzinger?<br />
Il papa è un uomo di grande spessore culturale<br />
ed è di aiuto a noi fe<strong>del</strong>i per capire<br />
di più gli aspetti teologici <strong>del</strong><strong>la</strong> Fede. Il ricordo<br />
di papa Giovanni Paolo II potrebbe condizionarci,<br />
ma lo vorremmo più spontaneo,<br />
aperto e meno rituale.<br />
Che ne pensi <strong>del</strong><strong>la</strong> posizione dei cattolici<br />
su divorzio, aborto, eutanasia, pacs e simili?<br />
La domanda accomuna argomenti e problematiche<br />
che richiedono risposte ed<br />
analisi più specifiche ed approfondite.<br />
Ti sembra meritoria l’opera di solidarietà <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Chiesa<br />
Molto, ma va sostenuta, aiutata e incoraggiata.<br />
Pensi che <strong>la</strong> Chiesa dovrebbe preoccuparsi<br />
solo <strong>del</strong>l’aspetto morale-religioso <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
vita, oppure fa bene a intervenire anche nelle<br />
questioni politiche, sociali, civili?<br />
Nel rispetto dei ruoli, ognuno dovrebbe essere<br />
in gradi di esprimere le proprie opinioni,<br />
Chiesa compresa.<br />
Descrivi <strong>la</strong> partecipazione al<strong>la</strong> vita ecclesiale<br />
dei tuoi parrocchiani.<br />
Non è certamente esaltante.<br />
Esistono momenti di confronto con altri <strong>la</strong>ici<br />
impegnati <strong>del</strong><strong>la</strong> tua città per iniziative comuni?<br />
No. Si rimpiangono vecchie esperienze giovanili<br />
interparrocchiali e interdiocesane<br />
degli anni ’70-80. E’ forte <strong>la</strong> cultura di curare<br />
il proprio campanile.<br />
Cosa suggeriresti al tuo parroco circa le priorità<br />
pastorali e le iniziative a favore <strong>del</strong>le<br />
diverse fasce di età (giovani, coppie, adulti,<br />
anziani)?<br />
Attenzione, presenza, vicinanza verso tutte<br />
le fasce di età, in partico<strong>la</strong>re quel<strong>la</strong> giovanile<br />
La statua <strong>del</strong> Santo Patrono,<br />
il martire Sebastiano<br />
Come pensi di raggiungere i cosiddetti “cattolici<br />
non praticanti”?<br />
Cercando di capire cosa li tiene lontani dal<strong>la</strong><br />
pratica cattolica.<br />
Gli extracomunitari e i non cattolici rappresentano<br />
un problema per voi?<br />
No.<br />
Quale ambito è più sviluppato e quale più<br />
depresso nell’attività <strong>del</strong><strong>la</strong> tua parrocchia?<br />
La caritas, il gruppo famiglie e <strong>la</strong> catechesi<br />
sono ben vivi; <strong>la</strong> pastorale giovanile dovrebbe<br />
crescere.<br />
Quale è l’ele<strong>mento</strong> qualificante <strong>la</strong> caritas <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
tua parrocchia?<br />
I proventi <strong>del</strong>le SS. Messe <strong>del</strong>l’ultimo<br />
sabato e domenica <strong>del</strong> mese sono destinati<br />
al gruppo caritas.<br />
E’ pensabile una nuova proposta pastorale<br />
e liturgica per rinnovare <strong>la</strong> devozione<br />
locale, in modo da rispondere meglio<br />
alle nuove esigenze dei parrocchiani? In<br />
che modo?<br />
Si. La presenza di un vice-parroco aiuterebbe<br />
molto, anche in vista <strong>del</strong><strong>la</strong> futura chiesa<br />
che dovrà nascere nel nostro quartiere.<br />
Utilizzando linguaggi ed atteggiamenti nuovi<br />
per coinvolgere al<strong>la</strong> vita parrocchiale persone<br />
che sono oggi distanti.<br />
Esprimi un parere sulle aggregazioni <strong>la</strong>icali<br />
cattoliche: secondo te, sanno integrarsi nel<br />
vissuto parrocchiale, sono una possibilità<br />
di penetrazione nel<strong>la</strong> società <strong>del</strong> messaggio<br />
evangelico che annunciano?<br />
No. purtroppo nel<strong>la</strong> nostra parrocchia non<br />
sono presenti.<br />
La tua parrocchia è in collega<strong>mento</strong> con<br />
l’amministrazione comunale affinché si<br />
prendano decisioni adeguate alle reali<br />
esigenze <strong>del</strong><strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione?<br />
No. i rapporti sono relegati al minimo.<br />
Se potessi, da cattolico, evidenziare un<br />
solo aspetto per migliorare <strong>la</strong> vita sociale<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> tua città, cosa diresti al Sindaco?<br />
Maggiore attenzione ai bisogni quotidiani<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> gente.<br />
Se il vescovo ti chiedesse un solo consiglio<br />
per intervenire, a quale ambito pastorale<br />
daresti<br />
<strong>la</strong> tua priorità?<br />
L’ambito giovanile.<br />
Secondo te, quale è il pericolo più grave che<br />
corre <strong>la</strong> fede fel nostro tempo?<br />
L’uomo che crede di essere sempre più autosufficiente.
Eucarestia<br />
Giugno<br />
18 2007<br />
CORPUS DOMINI<br />
INNI E FIORI PER IL CORPO DI CRISTO<br />
Origine e sviluppo <strong>del</strong> culto eucaristico e <strong>del</strong><strong>la</strong> festa <strong>del</strong> SS. Corpo e<br />
Sangue di Cristo<br />
a cura <strong>del</strong><strong>la</strong> redazione<br />
1<br />
L’Origine<br />
Con <strong>la</strong> bol<strong>la</strong> Transiturus, emessa ad Orvieto l’11 agosto 1264, papa Urbano<br />
IV istituì <strong>la</strong> festa <strong>del</strong> Corpus Domini, fissando<strong>la</strong> al Giovedì dopo <strong>la</strong> prima domenica<br />
di <strong>Pentecoste</strong>. Tommaso d’Aquino<br />
fu incaricato di comporne l’Ufficio liturgico,<br />
e il teologo domenicano creò testi<br />
bellissimi utilizzati ancora oggi, vedi ad<br />
esempio Lauda Sion Salvatorem,<br />
Adoro te devote e Pange lingua, le cui<br />
due ultime strofe (Tantum ergo sacramentum)<br />
da allora accompagnano<br />
ogni adorazione eucaristica.<br />
Il decreto di Urbano VI in realtà<br />
rappresentava <strong>la</strong> conclusione di tutto<br />
un processo iniziato almeno un secolo<br />
prima a Liegi. Fin dal secolo X <strong>la</strong> città<br />
fiamminga era stata il centro propulsore<br />
di un intenso movi<strong>mento</strong> eucaristico,<br />
grazie a uomini di Chiesa come<br />
2 Raterio da Verona, vescovo <strong>del</strong><strong>la</strong> cit-<br />
3<br />
tà; Erigero di Lobbes, autore di una raccolta di testi patristici sull’Eucarestia;<br />
A<strong>del</strong>manno e Algero di Liegi, confutatori <strong>del</strong>l’eresia di Berengario<br />
di Tours; Ruperto di Deutz e Guglielmo di St-Thierry, che nel<strong>la</strong><br />
prima metà <strong>del</strong> XII secolo con i loro scritti prepararono l’ambiente<br />
al sacerdote Lamberto di Bègues; verso il 1170 questi<br />
adunava davanti al tabernacolo <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa di S. Cristoforo<br />
gruppi di donne devote, tra le quali <strong>la</strong> mistica Maria di Oignies<br />
(m. 1213).<br />
Nel<strong>la</strong> prima metà <strong>del</strong> Duecento nel<strong>la</strong> città e nel<strong>la</strong> diocesi<br />
il fervore, specie verso Cristo uomo e sofferente, e il desiderio<br />
di comunione e di adorazione eucaristica animavano<br />
numerosi gruppi di donne, sia monache che <strong>la</strong>iche (beghine),<br />
dirette da ze<strong>la</strong>nti sacerdoti. Tutto questo intenso movi<strong>mento</strong>,<br />
solidamente fondato sul<strong>la</strong> dottrina ma dotato anche<br />
di una fervida espressione religiosa, ebbe il suo culmine nel ventennio<br />
1246-1264. Suor Giuliana di Mont-Cornillon (m. 1258), monaca<br />
agostiniana, ebbe una visione <strong>del</strong><strong>la</strong> luna e interpretò <strong>la</strong> parte buia<br />
di essa come <strong>la</strong> mancanza tra le feste cristiana di quel<strong>la</strong> <strong>del</strong> Santissimo<br />
Sacra<strong>mento</strong>; da ciò nacque a Liegi fin dal 1247 <strong>la</strong> consuetudine di celebrare<br />
ogni anno una festa con <strong>la</strong> processione <strong>del</strong> Sacra<strong>mento</strong>, che si<br />
diffuse ben presto in tutte le Fiandre e che nel 1252 il legato pontificio<br />
card. Ugo di San Caro estese anche al<strong>la</strong> Germania.<br />
Il miracolo di Bolsena<br />
Il 19 giugno 1263 avvenne poi il miracolo di Bolsena: tra le mani<br />
di un prete, il boemo Pietro da Praga, tormentato dal dubbio sul<strong>la</strong> reale<br />
presenza di Cristo nelle specie eucaristiche, così come molti in<br />
quel tempo, quando a questa verità di fede si opponevano in tanto<br />
tra questi Berengario da Tours al mo<strong>mento</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> consacrazione<br />
quei dubbi ebbero il sopravvento e l’ostia prese a sanguinare macchiando<br />
il pavi<strong>mento</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa di S. Cristina,. Ma “mentre teneva l’ostia<br />
nelle mani sopra il calice” avvenne il prodigio: l’ostia apparve visibile come<br />
carne rossa di sangue tranne che nel<strong>la</strong> parte che era nelle dita <strong>del</strong> sacerdote,<br />
e il lino per <strong>la</strong> purificazione restò bagnato di quel sangue. Il sacerdote<br />
a quel<strong>la</strong> vista rimase turbato e tentò di nascondere il miracolo nel corporale.<br />
Troncò <strong>la</strong><br />
celebrazione<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong><br />
messa,<br />
ripose nel tabernacolo<br />
quell’involucro. Il<br />
corporale, che fu portato processionalmente
Giugno<br />
2007<br />
Eucarestia 19<br />
a Orvieto dove risiedeva il papa. Questo prodigio e <strong>la</strong> visione di suor Giuliana<br />
indussero il pontefice Urbano IV – che 15 anni prima come Arcidiacono di<br />
Liegi aveva vissuto l’atmosfera mistica <strong>del</strong><strong>la</strong> città – a istituire <strong>la</strong> festa per tutta<br />
<strong>la</strong> Chiesa.<br />
Il corteo con il quale il corporale di Bolsena, macchiato <strong>del</strong><br />
sangue<br />
d i<br />
4<br />
Cristo, fu portato a Orvieto venne<br />
da allora riproposto in ogni località <strong>del</strong> mondo cristiano<br />
con <strong>la</strong> processione <strong>del</strong>l’Ostia Santa per le vie cittadine. La tradizione divenne<br />
generalizzata in tutta Italia e a partire dal 1337 venne istituita <strong>la</strong> processione<br />
che celebra quel miracolo, e con gli anni invalse anche l’uso di marcare<br />
il percorso <strong>del</strong><strong>la</strong> processione con fiori e rami verdi, quasi a riprodurre<br />
per il Corpo di Cristo Signore le vie trionfali riservate ai sovrani <strong>del</strong><strong>la</strong> terra.<br />
Mentre per conservare degnamente il corporale miracoloso <strong>la</strong> città di Orvieto<br />
dette inizio nel 1290 al nuovo magnifico duomo, <strong>la</strong> cui facciata è uno dei capo<strong>la</strong>vori<br />
<strong>del</strong> gotico italiano..<br />
Il significato <strong>del</strong><strong>la</strong> processione<br />
Nel<strong>la</strong> processione <strong>del</strong><strong>la</strong> Solennità <strong>del</strong> SS. Corpo e Sangue di Cristo, il popolo<br />
che vi partecipa testimonia e rende pubblica<br />
<strong>la</strong> propria<br />
fede e <strong>la</strong> propria<br />
adorazione<br />
verso<br />
il Santissimo Sacra<strong>mento</strong>. Il<br />
significato <strong>del</strong> rito <strong>del</strong><strong>la</strong> processione<br />
consiste nel riconoscere<br />
pubblicamente <strong>la</strong> necessità <strong>del</strong><br />
cibo eucaristico<br />
nel<br />
pellegrinaggio<br />
terreno.<br />
Dice <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
insostituib<br />
i l e<br />
necessità<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> presenza<br />
di<br />
Cristo nel<strong>la</strong><br />
nostra vita di<br />
pellegrini<br />
incamminati<br />
verso <strong>la</strong> vita<br />
senza fine.<br />
6<br />
Ora camminare insieme, come nel<strong>la</strong> processione appunto,<br />
dove tutti testimoniano <strong>la</strong> stessa fede nel<strong>la</strong> presenza di<br />
Cristo, produce ancora un effetto: quello di rendere solidali<br />
i partecipanti, capaci di condivisione a imitazione di Cristo<br />
che si è fatto simile agli uomini per condividerne tutto fuorché<br />
il peccato.<br />
La processione ha come conseguenza inoltre quel<strong>la</strong> di portare Dio fuori dai<br />
consueti spazi sacri che chiamiamo chiese, e di condurlo là dove gli uomini<br />
si incontrano, vivono, soffrono, gioisco, <strong>la</strong>vorano. Sembra una novità ma<br />
non lo è, Dio è per noi il Creatore, quindi ogni spazio, ogni luogo e ogni uomo<br />
è a lui conosciuto. Oggi i luoghi esterni per<br />
<strong>la</strong> manifestazioni religiose ci sono concessi,<br />
approfittiamo di questa concessione<br />
e con <strong>la</strong> processione ridiamo a<br />
Dio ciò che è da sempre di Dio: <strong>la</strong> vita<br />
con i suoi spazi e i suoi tempi. Anche<br />
noi personalmente “concediamo” il<br />
nostro tempo per <strong>la</strong> processione,<br />
ciò equivale a fare spazio a Dio<br />
nel<strong>la</strong> nostra vita. Così vissuta <strong>la</strong><br />
processione permetterà ad<br />
ognuno che vi partecipa di sentire<br />
<strong>la</strong> vicinanza di Dio, il Diocon-noi<br />
ha camminato con noi.<br />
5<br />
1) F. Trevisani: Miracolo di Bolsena part., 1704. Bolsena<br />
2) Colleferro: Infiorata<br />
3) Valmontone: Infiorata nell’Anno <strong>del</strong>l’Eucarestia<br />
4) Velletri: 1952 Piazza <strong>del</strong><strong>la</strong> Cattedrale, Infiorata<br />
5) Valmontone: Interno Collegiata, Infiorata con logo <strong>del</strong><strong>la</strong> XXGMG a Colonia<br />
6) Colleferro: Infiorata<br />
7) Velletri: 1952 Corridoio ingrasso <strong>del</strong><strong>la</strong> Cattedrale<br />
7<br />
A pagina 20<br />
8 e 9) Velletri: Par. S. Salvatore, Infiorata<br />
10) Segni: Infiorata con Cattedrale
Sacramenti<br />
Giugno<br />
20 2007<br />
L’EUCARISTIA: UNICO PANE E UNICO CALICE DA CONDIVIDERE<br />
L’Eucaristia è il sacra<strong>mento</strong> fondamentale col<br />
quale i cristiani esprimono un corale rendi<strong>mento</strong> di<br />
grazie a Dio. Esso richiama l’idea di un pasto fraterno,<br />
ma <strong>la</strong> sua caratteristica natura di mistero <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
fede porta ad andare oltre interpretandolo<br />
con una ricchezza<br />
di significati:<br />
è il<br />
8<br />
memoriale <strong>del</strong><strong>la</strong> Pasqua che rende<br />
presente il Cristo, morto e risorto, nei segni <strong>del</strong> pane<br />
e <strong>del</strong> vino perché sia cibo di vita eterna. L’Eucaristia<br />
non è uno dei tanti momenti liturgici, ma <strong>la</strong> sintesi<br />
più espressiva <strong>del</strong> mistero cristiano. <strong>Dopo</strong> esserci<br />
soffermati sui sacramenti <strong>del</strong> Battesimo e <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Confermazione, appare ormai chiaro che non si deve<br />
mai iso<strong>la</strong>re un sacra<strong>mento</strong> da tutti gli altri: se tutti<br />
dicono un rapporto singo<strong>la</strong>re con <strong>la</strong> salvezza<br />
cristiana, questo dono non è mai dietro<br />
un singolo sacra<strong>mento</strong>, ma si sviluppa<br />
attraverso un itinerario. È <strong>la</strong> legge<br />
antropologica <strong>del</strong><strong>la</strong> salvezza che<br />
9<br />
si sviluppa nel tempo e che accompagna<br />
l’uomo lungo le strade <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
sua maturazione. Tutti i sacramenti hanno<br />
un legame fra loro e un ordine che si stabilisce<br />
in base al<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione con l’Eucaristia: un<br />
10<br />
percorso sacramentale che procede a tappe,<br />
come <strong>la</strong> storia personale <strong>del</strong>l’uomo e che ha un fulcro<br />
irraggiante proprio dal mistero eucaristico. Lungo<br />
<strong>la</strong> storia, i sacramenti molte volte sono stati concepiti<br />
in modo iso<strong>la</strong>to,<br />
perdendo<br />
di vista il primato <strong>del</strong>l’Eucaristia. Il Concilio<br />
Vaticano II ha recuperato questa centralità affermando<br />
che: “Tutti i sacramenti … sono strettamente uniti<br />
al<strong>la</strong> sacra Eucaristia e ad essa sono ordinati. Infatti,<br />
nel<strong>la</strong> santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene<br />
spirituale <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra<br />
Pasqua e pane vivo che,<br />
mediante <strong>la</strong> sua carne vivificata<br />
dal<strong>la</strong> Spirito Santo …<br />
dà vita agli uomini” (PO,<br />
5). I tre sacramenti<br />
<strong>del</strong>l’iniziazione non<br />
vanno staccati, ma<br />
posti in una logica<br />
sequenza perché<br />
tutti e tre hanno un<br />
partico<strong>la</strong>re legame<br />
con il mistero<br />
pasquale. Il<br />
papa nell’esortazione<br />
apostolica<br />
Sacramentum Caritatis,<br />
afferma: “Se davvero l’Eucaristia<br />
è fonte e culmine <strong>del</strong><strong>la</strong> vita e de<strong>la</strong> missione<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa, ne consegue innanzitutto che<br />
il cammino di iniziazione cristiana ha<br />
come punto di riferi<strong>mento</strong> <strong>la</strong> possibilità<br />
di accedere a<br />
tale sacra<strong>mento</strong>…<br />
Non bisogna<br />
mai<br />
dimenticare,<br />
infatti, che veniamo battezzati e cresimati in<br />
ordine all’Eucaristia”. Il Battesimo apre all’identità<br />
cristiana attraverso <strong>la</strong> sacramentale immersione<br />
e se <strong>la</strong> Confermazione perfeziona<br />
il dono rive<strong>la</strong>ndo il proprio posto<br />
nel<strong>la</strong> missione <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa,<br />
l’Eucaristia conclude il percorso,<br />
ponendo l’iniziato al<strong>la</strong> mensa <strong>del</strong><br />
Cristo. L’Eucaristia è il sacra<strong>mento</strong><br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> continuità <strong>del</strong>l’identità cristiana:<br />
se infatti il Battesimo e <strong>la</strong><br />
Confermazione non potranno ripetersi,<br />
l’Eucaristia costituirà il cibo permanente<br />
di tutta <strong>la</strong> comunità ecclesiale . Il Vaticano II sostiene<br />
esplicitamente che anche i fe<strong>del</strong>i, “partecipando<br />
al sacrificio eucaristico, offrono a Dio <strong>la</strong> vittima<br />
divina e se stessi con essa” (LG, 11). Questa forma<br />
non va perciò considerata accessoria: il banchetto<br />
non è un solitario “mangiare e bere” bensì<br />
un “mangiare e bere con gli altri”. Luca negli Atti scrive<br />
che i cristiani “erano assidui nell’ascoltare l’insegna<strong>mento</strong><br />
degli apostoli e nell’unione fraterna, nel<strong>la</strong><br />
frazione <strong>del</strong> pane e nelle preghiere” (2, 42): con<br />
ciò il riunirsi in comunità per <strong>la</strong> celebrazione eucaristica,<br />
è un atto conviviale che è espressione di una<br />
modalità sacramentale che porta a proc<strong>la</strong>mare l’idea<br />
di un unico pane e di un unico calice da condividere.<br />
L’eucaristia richiama così non solo l’idea<br />
<strong>del</strong> sacrificio di Cristo, ma l’esigenza <strong>del</strong>lo stare insieme,<br />
non è solo l’atto <strong>del</strong> Cristo che consacra il pane,<br />
ma anche <strong>del</strong> Cristo che lo distribuisce perché si<br />
realizzi un pasto comunitario. È celebrando in assemblea<br />
che <strong>la</strong> comunità scopre <strong>la</strong> presenza reale di<br />
Cristo, “quando fu a tavo<strong>la</strong> con loro, prese il pane,<br />
disse <strong>la</strong> benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora<br />
si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero” (Lc 24,<br />
30-<br />
31); nell’atto<br />
stesso<br />
<strong>del</strong> riunirsi che<br />
<strong>la</strong> comunità dà<br />
corpo a quel<strong>la</strong> presenza,<br />
secondo le parole<br />
<strong>del</strong> concilio: “Il Cristo è<br />
presente quando <strong>la</strong> chiesa prega<br />
e loda, lui che ha promesso<br />
dove sono due o tre riuniti nel mio<br />
nome, là io sono, in mezzo a loro” (SC,<br />
7).<br />
Al banchetto, dunque, Cristo vuole un’assemblea<br />
di fe<strong>del</strong>i per comunicarle <strong>la</strong> sua vita, ma al tempo<br />
stesso è <strong>la</strong> medesima assemblea, a dar corpo<br />
al<strong>la</strong> presenza <strong>del</strong> Cristo. L’assemblea stessa<br />
diventa protagonista di un’azione trinitaria dove, in<br />
definitiva, è il Padre che attraverso il Cristo e lo Spirito<br />
configura l’unità <strong>del</strong> popolo.<br />
Andrea Pacchiarotti
Giugno<br />
2007<br />
Diocesi 21<br />
“BELLO, VERO?” E’ stato questo il tema <strong>del</strong><strong>la</strong> giornata<br />
diocesana di quest’anno qui all’Acero, tema<br />
preso dallo slogan 2007 <strong>del</strong>l’ACR.<br />
Tutto è bello, perché tutto viene da Dio, tutto ci<br />
porta a ringraziare il Signore per le meraviglie che<br />
opera nelle persone, nel<strong>la</strong> natura, nel<strong>la</strong> realtà che<br />
ci circonda. La bellezza è proprio <strong>la</strong> caratteristica<br />
di un Dio Padre e creatore che vuole rendere<br />
felici i suoi figli, le sue creature donando loro un<br />
mondo bello, sereno, vivo, un mondo che però siamo<br />
capaci di rovinare e di rendere meno bello perché<br />
non ci impegniamo come dovremmo a conservarlo<br />
così bello come ci viene offerto. I ragazzi<br />
<strong>del</strong>le parrocchie, aiutati e incoraggiati dai loro<br />
educatori, hanno cercato in molti modi, con giochi,<br />
cartelloni, attività varie, di ricordare a tutti <strong>la</strong><br />
bellezza che ci circonda e che dobbiamo conservare<br />
per il bene di tutti. Come sempre <strong>la</strong> concelebrazione<br />
di parecchi sacerdoti con il nostro vescovo,<br />
ha reso più completa <strong>la</strong> mattinata e l’ha anche<br />
“colorata” quando al<strong>la</strong> fine <strong>del</strong><strong>la</strong> celebrazione ad<br />
ogni ragazzo, dai più piccoli ai più grandi, è stata<br />
distribuita, come segno, una matita colorata perché<br />
<strong>la</strong> nostra vita prende un tono e un aspetto diverso<br />
a seconda <strong>del</strong> colore che usi, l’importante però<br />
è colorar<strong>la</strong>. Un breve intervallo di pioggia non ha<br />
rovinato <strong>la</strong> festa e <strong>la</strong> maggior parte <strong>del</strong>le famiglie<br />
hanno continuato a stare sui prati fino al<strong>la</strong> sera<br />
per gustarsi l’aria libera <strong>del</strong><strong>la</strong> campagna Acerina.<br />
La giornata si è conclusa bene con l’estrazione<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> lotteria, con un arrivederci al prossimo 1° Maggio<br />
2008 e nel<strong>la</strong> gioia di chi ha vinto qualche premio,<br />
ma anche di chi, pur non avendo vinto niente, ha<br />
gustato <strong>la</strong> gioia di essere stati insieme per una<br />
giornata di sosta e di conoscenza <strong>del</strong><strong>la</strong> nostra chiesa<br />
locale.<br />
Le suore Apostoline <strong>del</strong>l’Acero<br />
ACERO IN FESTA 2007<br />
Lotteria <strong>del</strong> 1° Maggio 2007<br />
Elenco dei premi<br />
1) Materasso sanitario190x80 1 trapunta 1 cuscino N. 0683<br />
2) Avvitatore 4.8v Maki N. 7870<br />
3) Prosciutto / Bottiglione 3 litri Geroboam N. 0021<br />
4) Cena per 4 persone N. 4962<br />
5) Buono spesa € 70,00 Artena Colori N. 0959<br />
Taglio e piega per donna<br />
6) n. 4 Gomme 155/70 R13 Firestone F590 N. 6057<br />
7) Specchiera e accessori bagni N. 6508<br />
8) Macchina fotografica digitale OLYMPUS mem 200m N. 8890<br />
9) Cambio olio quattro litri N. 8863<br />
10) Cassetta di vino D.O.C. / n. 20 biglietti cinema Fiamma N. 1994<br />
11) Cena per 4 persone N. 6085<br />
12) Buono pasto € 40 N. 7825<br />
13) Serie misce<strong>la</strong>tori serie "Frattini" N. 4579<br />
14) Computer portatile mo<strong>del</strong>lo HP - NX 7300 N. 7553<br />
15 maggio 2007. In partenza<br />
per il Perù, destinazione Lima<br />
e poi verso le 60 missioni presenti<br />
nel<strong>la</strong> regione <strong>del</strong>l’ancasch,<br />
il container con i viveri che sono<br />
stati raccolti davanti ai supermercati<br />
di Velletri: Tante le persone<br />
che hanno accolto l’invito<br />
a contribuire con un piccolo<br />
dono di un pacco di pasta,<br />
di riso o di zucchero per sostenere<br />
<strong>la</strong> comunità di un paese<br />
ricco solo di un’umanità pronta<br />
ad accogliere con gioia un<br />
gesto di solidarietà ed il sorriso<br />
e <strong>la</strong> condivisione dei volontari che li affiancano.<br />
L’intento è quello di aiutare i tanti bambini che vivono in strada l’abbandono di genitori perduti o intenti<br />
ad una sopravvivenza misera. <strong>la</strong> speranza di chi li affianca è quel<strong>la</strong> di poter prospettare loro una vita<br />
costruita con il <strong>la</strong>voro imparato nelle scuole artigiane e professionali, negli impianti di stalle e fattorie<br />
dove produrre il proprio cibo.<br />
per tutti quelli che si sono fidati dei ragazzi che hanno speso parte <strong>del</strong> loro tempo libero dagli impegni<br />
di scuo<strong>la</strong> e che hanno effettuato <strong>la</strong> raccolta davanti ai supermercati, va il ringrazia<strong>mento</strong> <strong>del</strong>l’o.m.g. (operazione<br />
mato grosso), che, attraverso i suoi volontari, si fa garante che tutto quello che viene raccolto,<br />
sia destinato all’aiuto di bambini che hanno un viso, che hanno un nome e a cui si presta attenzione per offrirgli una possibilità di vita migliore.<br />
Da poco più di un mese un gruppo di ragazzi veliterni ha deciso di aiutare le popo<strong>la</strong>zioni bisognose <strong>del</strong> Perù, sostenendo l’opera <strong>del</strong>l’ Operazione Mato Grosso di Padre<br />
Ugo Decensi.. L’iniziativa è nata per mano di un ragazzo veliterno , Marco Moretti, che ha vissuto un esperienza di sette mesi in una <strong>del</strong>le missioni <strong>del</strong>l’Operazione Mato<br />
Grosso sul<strong>la</strong> Cordillera Andina, <strong>la</strong> sua richiesta di aiuto è stata colta da circa quindici ragazzi . Le loro attività consistono nel raccogliere viveri a lunga scadenza compresi<br />
alimenti per neonati da spedire con un container che partirà proprio da Velletri destinato in Perù dove a riceverlo saranno gli stessi volontari con cui Marco ha vissuto<br />
<strong>la</strong> sua esperienza.<br />
A farsi carico <strong>del</strong>le spese di spedizione sono gli stessi ragazzi che trovano nel proprio tempo libero <strong>la</strong>vori dei più disparati per raccogliere i fondi necessari. Tra imbiancature,<br />
pulizie di cantine e giardinaggio si è arrivati a guadagnare un terzo dei costi di spedizione.<br />
Per contatti : Carlotta 320 0759450
Spiritualità<br />
Giugno<br />
22 2007<br />
Il Concilio Vaticano II ha <strong>la</strong>sciato al<strong>la</strong> Chiesa un ricchissimo patrimonio dottrinale, spirituale<br />
e pastorale sul tema dei <strong>la</strong>ici. Nei suoi documenti troviamo un'ampia e approfondita riflessione<br />
sul<strong>la</strong> spiritualità e sul<strong>la</strong> missione dei <strong>la</strong>ici nel<strong>la</strong> Chiesa e nel mondo. Di partico<strong>la</strong>re interesse<br />
sono: <strong>la</strong> costituzione dogmatica "Lumen Gentium", il decreto "Apostolicam Actuositatem",<br />
il decreto "Ad Gentes", <strong>la</strong> costituzione pastorale "Gaudium et Spes".<br />
La costituzione "Lumen Gentium" sviluppa il suo insegna<strong>mento</strong> sui <strong>la</strong>ici nel contesto ecclesiologico<br />
<strong>del</strong> popolo di Dio. I <strong>la</strong>ici, infatti, sono i "fe<strong>del</strong>i che dopo essere stati incorporati a<br />
Cristo col Battesimo e costituiti popolo di Dio e, nel<strong>la</strong> loro misura, resi partecipi <strong>del</strong>l'ufficio sacerdotale,<br />
profetico e regale di Cristo, per <strong>la</strong> loro parte compiono nel<strong>la</strong> Chiesa e nel mondo <strong>la</strong><br />
missione propria di tutto il popolo cristiano" (LG 31). Più in dettaglio <strong>la</strong> "Lumen Gentium" descrive<br />
<strong>la</strong> condizione <strong>del</strong> <strong>la</strong>ico nel mistero <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa, precisa <strong>la</strong> sua natura e dignità in seno al<br />
popolo di Dio (cf. LG 30-32), traccia le grandi linee <strong>del</strong><strong>la</strong> sua missione apostolica (cf. LG 33),<br />
ne sottolinea <strong>la</strong> funzione sacerdotale (cf. LG 34), profetica e regale (cf. LG 35-36), ne descrive<br />
il suo rapporto con <strong>la</strong> Gerarchia (cf. LG 37) ed il suo impegno di testimonianza e di anima<br />
<strong>del</strong> mondo (cf. LG 38).<br />
Il decreto "Apostolica Actuositatem" è interamente impegnato a sottolineare l'importanza e <strong>la</strong><br />
necessità <strong>del</strong>l'aposto<strong>la</strong>to dei <strong>la</strong>ici, grazie al quale <strong>la</strong> Chiesa realizza in massima parte <strong>la</strong> sua<br />
presenza e <strong>la</strong> sua missione nel mondo. Il decreto spiega nel dettaglio <strong>la</strong> vocazione ed i fondamenti<br />
<strong>del</strong>l'aposto<strong>la</strong>to dei <strong>la</strong>ici (cf. AA 3), i vari campi d'azione e le sue diverse forme, l'ordine<br />
da osservare e, in partico<strong>la</strong>re, <strong>la</strong> formazione spirituale (cf. AA 4).<br />
Il decreto mette pure in evidenza il dovere di partecipazione attiva e responsabile dei <strong>la</strong>ici al<strong>la</strong><br />
missione salvifica <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa, come ad essi propria ed assolutamente necessaria. Si afferma,<br />
infatti, che "l'aposto<strong>la</strong>to dei <strong>la</strong>ici, derivando dal<strong>la</strong> loro vocazione cristiana, non può mai<br />
venir meno nel<strong>la</strong> Chiesa" (AA 1). In quanto partecipazione al<strong>la</strong> stessa missione salvifica <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Chiesa, esso deriva direttamente dall'essere membro <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa di Cristo .<br />
Nel decreto "Ad Gentes" si afferma addirittura che <strong>la</strong> Chiesa non è nel<strong>la</strong> pienezza <strong>del</strong><strong>la</strong> sua<br />
missione senza l'apporto dei <strong>la</strong>ici. Si insiste sul loro impegno di Evangelizzazione mediante<br />
l'annuncio <strong>del</strong> Vangelo e <strong>la</strong> catechesi (cf. AG 17) e sul<strong>la</strong> necessità di preparare un <strong>la</strong>icato<br />
numeroso e ben formato nel<strong>la</strong> vita spirituale (cf. AG 41). In sintesi il decreto sul compito missionario<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa afferma che essa "non è realmente costituita, non vive in maniera piena<br />
e non è segno perfetto <strong>del</strong><strong>la</strong> presenza di Cristo tra gli uomini, se al<strong>la</strong> Gerarchia non si affianca<br />
e col<strong>la</strong>bora un <strong>la</strong>icato autentico. […]. Perciò, fin da periodo <strong>del</strong><strong>la</strong> fondazione di una Chiesa,<br />
bisogna dedicare ogni cura al<strong>la</strong> formazione di un maturo <strong>la</strong>icato cristiano" (AG 21).<br />
La costituzione pastorale "Gaudium et Spes", infine, dichiara solennemente che <strong>la</strong> Chiesa esiste<br />
ed opera nel mondo e per il mondo. Essa apre ai <strong>la</strong>ici spazi immensi in tutti i campi<br />
<strong>del</strong>l'attività umana: valorizzazione <strong>del</strong><strong>la</strong> famiglia (cf. GS 47), promozione <strong>del</strong><strong>la</strong> cultura<br />
(cf. GS 60-63), <strong>del</strong><strong>la</strong> politica e <strong>del</strong><strong>la</strong> pace (cf. GS 74-75, 78). Certamente questo<br />
docu<strong>mento</strong> ha ri<strong>la</strong>nciato l'impegno temporale come proprio <strong>del</strong> <strong>la</strong>icato cattolico,<br />
ha fondato <strong>la</strong> teologia <strong>del</strong>le realtà terrene, l'esigenza <strong>del</strong><strong>la</strong> santificazione nel<strong>la</strong><br />
vita e nell'attività professionale con lo scopo di promuovere il bene comune<br />
(cf. GS 26).<br />
Mediante questi documenti il Concilio Vaticano II ha affermato che " <strong>la</strong> fecondità<br />
<strong>del</strong>l'aposto<strong>la</strong>to dei <strong>la</strong>ici dipende dal<strong>la</strong> loro vitale unione con Cristo" (AA4), ha<br />
definito quello "seco<strong>la</strong>re" come l'ambito più tipico e caratteristico <strong>del</strong><strong>la</strong> vita <strong>la</strong>icale,<br />
indicandolo come il luogo in cui il <strong>la</strong>ico deve esprimere <strong>la</strong> fe<strong>del</strong>tà al Signore,<br />
in una molteplicità di modi, tanto vari quanto diversificate sono le situazioni. Ogni<br />
<strong>la</strong>ico cristiano, nel<strong>la</strong> concretezza <strong>del</strong>le situazioni esistenziali, è chiamato a vivere<br />
<strong>la</strong> pienezza <strong>del</strong><strong>la</strong> propria vocazione cristiana al<strong>la</strong> santità, mediante una propria<br />
spiritualità. Già in questa panoramica generale, i vari documenti <strong>del</strong> Concilio<br />
sottolineano l'urgenza e <strong>la</strong> necessità di promuovere <strong>la</strong> vita spirituale <strong>del</strong> <strong>la</strong>ico, perché<br />
possa agire con competenza nel<strong>la</strong> storia e nel<strong>la</strong> vita degli uomini.<br />
(Continua nel prossimo numero)<br />
Masaccio: Battesimo dei neofili.<br />
Firenze<br />
1. Cf. Laurio<strong>la</strong> G., Spiritualità <strong>la</strong>icale, " La sca<strong>la</strong>" Noci-Putignano (BA) 1987 p. 37.
Giugno<br />
2007<br />
Formazione <strong>del</strong> Clero 23<br />
Nel<br />
solco<br />
tracciato dal vescovo<br />
Mons. Vincenzo<br />
Apicel<strong>la</strong>, per l’anno<br />
pastorale in<br />
corso, ovvero il<br />
porre al centro di<br />
tutta l’azione pastorale<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa<br />
Diocesana, <strong>la</strong><br />
Paro<strong>la</strong> di Dio,<br />
anche <strong>la</strong> formazione<br />
permanente<br />
e quindi i ritiri <strong>del</strong><br />
clero hanno avuto<br />
questa connot<br />
a z i o n e .<br />
L’appunta<strong>mento</strong><br />
<strong>del</strong> 18 maggio,<br />
tenutosi presso il<br />
Centro S. Maria<br />
<strong>del</strong>l’Acero, ha avuto<br />
però un grande<br />
“servitore” <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Paro<strong>la</strong>, il Cardinale Carlo Maria Martini.<br />
I partecipanti, hanno vissuto un incontro<br />
“familiare” a motivo <strong>del</strong><strong>la</strong> semplicità e <strong>del</strong> calore<br />
che lo ha caratterizzato, ma nel contempo<br />
anche di forte intensità a motivo <strong>del</strong><strong>la</strong> grande<br />
esperienza nel campo <strong>del</strong>lo studio e <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
divulgazione <strong>del</strong><strong>la</strong> Paro<strong>la</strong> di Dio <strong>del</strong> cardinal<br />
Martini che ha condiviso con il clero presente.<br />
Il porporato, proprio facendo riferi<strong>mento</strong> al<strong>la</strong><br />
lettera pastorale <strong>del</strong> nostro vescovo, ritenendo<strong>la</strong><br />
completa per ribadire <strong>la</strong> centralità <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Paro<strong>la</strong> di Dio e l’urgenza di ricollocar<strong>la</strong> al suo<br />
posto, piuttosto che ritornare su quei temi ha<br />
scelto di par<strong>la</strong>re “ a ruota libera” raccontando<br />
un po’ <strong>del</strong><strong>la</strong> sua vita e giustificando il suo impegno<br />
totale per lo studio <strong>del</strong>le Sacre Scritture<br />
e <strong>la</strong> conseguente pastorale citando Giovanni<br />
Paolo II, che così descrive il vescovo: “servitore<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> Paro<strong>la</strong>… come maestro egli siede<br />
sul<strong>la</strong> cattedra per predicare, per annunziare e<br />
per spiegare <strong>la</strong> Paro<strong>la</strong> di Dio…”. Questo suo<br />
impegno che ha portato a grandi risultati nel<strong>la</strong><br />
Diocesi di Mi<strong>la</strong>no, dove ai suoi incontri partecipavano<br />
migliaia di giovani, gli ha procurato<br />
anche qualche incomprensione. Ha raccontato<br />
un curioso episodio raccontatogli da un confratello<br />
vescovo: un religioso, (forse volendo<br />
adu<strong>la</strong>re il suo vescovo, ndr), gli disse ma “questo<br />
Cardinal Martini non conosce altro che <strong>la</strong><br />
Paro<strong>la</strong> di Dio!”. Quello che per quel religioso<br />
poteva sembrare una riduzione, all’interessato<br />
e anche a chi gli riferiva è sembrata una conferma<br />
formidabile. Il Cardinale, è entrato poi<br />
nel vivo <strong>del</strong><strong>la</strong> sua azione pastorale descrivendo<br />
<strong>la</strong> struttura di quegli incontri ai giovani mi<strong>la</strong>nesi:<br />
non si trattava di una catechesi né tanto<br />
meno di un omelia ma <strong>la</strong> semplice presentazione<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> pagina biblica scelta, con l’intento<br />
di permettere ad ogni ascoltatore di averne una<br />
esperienza personale. Ha raccomandato poi<br />
di aiutare chi vuole avvicinarsi al<strong>la</strong> Paro<strong>la</strong>, attraverso<br />
<strong>la</strong> metodologia <strong>del</strong><strong>la</strong> “lectio” semplificata<br />
e ridotta a tre gradi. Questi i tre gradi: 1) <strong>la</strong><br />
lectio che consiste nel leggere più volte il testo<br />
cercando di individuare il contesto, i personaggi,<br />
i verbi, i gesti ecc.; 2) <strong>la</strong> meditatio ovvero cercare<br />
di capire cosa dice al lettore il testo, che<br />
consiste nel fermarsi ad evidenziare i valori trasmessi<br />
dal testo stesso; 3) <strong>la</strong> contemp<strong>la</strong>tio che<br />
consiste nell’aprire un dialogo vero e proprio<br />
con Gesù attraverso le sue parole riportate nel<br />
testo. Conclude<br />
prendendo a prestito<br />
alcune affermazione<br />
di Joseph<br />
Ratzinger, il quale<br />
ritiene che con<br />
questo metodo si<br />
rende presente<br />
Gesù nel<strong>la</strong> Paro<strong>la</strong>.<br />
Ma perché dobbiamo<br />
confrontarci<br />
con <strong>la</strong> Paro<strong>la</strong>?<br />
Secondo il cardinal<br />
Martini <strong>la</strong> risposta<br />
è semplice: perché<br />
questa è <strong>la</strong> Paro<strong>la</strong><br />
con cui siamo stati<br />
creati, in essa c’è<br />
<strong>la</strong> nostra verità ultima.<br />
Questo è quanto<br />
ha coltivato nel<strong>la</strong><br />
sua vita, nello studio<br />
e ha sostenuto<br />
<strong>la</strong> sua azione<br />
pastorale per 21 e 5 mesi a Mi<strong>la</strong>no.<br />
Proseguendo, il cardinal Martini, ci ha par<strong>la</strong>to<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> sua vita attuale, trascorre dieci mesi<br />
a Gerusalemme e due in Italia, nelle sue attività<br />
giornaliere alterna tre momenti fissi: <strong>la</strong> preghiera<br />
di intercessione (preghiera che sa camminare<br />
in mezzo, e quindi che non giudica.<br />
Possiamo dire una preghiera che è schierata<br />
solo dal<strong>la</strong> parte di Dio che è misericordia. Lo<br />
studio biblico, in partico<strong>la</strong>re <strong>del</strong><strong>la</strong> critica<br />
testuale fatta su testi originali. Da ultimo il ministero,<br />
che consiste in partico<strong>la</strong>re nel dare nel<br />
corso <strong>del</strong>l’anno 7-8 corsi di esercizi spirituali,<br />
nel ricevere e accompagnare a Gerusalemme<br />
i pellegrini <strong>del</strong><strong>la</strong> Diocesi di Mi<strong>la</strong>no. Al termine<br />
il cardinale si è concesso alle domande dei sacerdoti<br />
presenti, esprimendosi anche a favore di<br />
un concilio ogni 30 anni circa che affrontasse<br />
sole poche tematiche, tra le più urgenti ha indicato<br />
il matrimonio e <strong>la</strong> vita penitenziale nel<strong>la</strong><br />
chiesa. In questo contesto tutti hanno apprezzato<br />
l’attualità <strong>del</strong>le sue idee, il coraggio e <strong>la</strong><br />
capacità di comunicarle.<br />
(ndr)
Famiglia/Storia<br />
Giugno<br />
24 2007<br />
Nel Parco di Vil<strong>la</strong> Pamphili, il giorno 30 aprile,<br />
il Comune di Roma ha intito<strong>la</strong>to una strada a<br />
Don Francesco Raimondi, Sacerdote nativo di<br />
Monte<strong>la</strong>nico nonché cospiratore mazziniano ed<br />
ancora suo primo Sindaco. L’occasione è stata dal<br />
ricorrere il bicentenario <strong>del</strong><strong>la</strong> sua nascita, avvenuta<br />
a Monte<strong>la</strong>nico il 3 agosto 1807. Al<strong>la</strong> cerimonia erano<br />
presenti l’Assessore al<strong>la</strong> Cultura <strong>del</strong> Comune<br />
di Roma, il dott. Silvio Di Francia, il Sindaco di<br />
Monte<strong>la</strong>nico, l’Avv. Simone Temofonte, il Consigliere<br />
Comunale Luigi Roberti nonché una folta presenza<br />
di cittadini monte<strong>la</strong>nichesi ed altre autorità ed associazioni<br />
culturali e patriottiche. Sul<strong>la</strong> figura,<br />
alquanto complessa <strong>del</strong> Raimondi, nell’anno<br />
2003, Luigi Roberti scrisse un volume «Don Francesco<br />
Raimondi Patriota <strong>del</strong> Risorgi<strong>mento</strong> Primo Sindaco<br />
di Monte<strong>la</strong>nico» (edito dal Comune di Monte<strong>la</strong>nico<br />
nell’ambito <strong>del</strong><strong>la</strong> Col<strong>la</strong>na “Documenti di Storia Lepina”,<br />
pp. 136, da cui attingiamo alcune notizie). La collocazione<br />
stessa <strong>del</strong><strong>la</strong> strada, in prossimità di altre<br />
dedicate a personaggi <strong>del</strong><strong>la</strong> repubblica romana <strong>del</strong><br />
1848 e <strong>del</strong> risorgi<strong>mento</strong> italiano, ci <strong>del</strong>inea già il<br />
suo excursus politico di prete-patriota: l’impegno<br />
nel<strong>la</strong> Repubblica Romana, nei comitati Mazziniani,<br />
le corrispondenze segrete, fino all’arresto nell’ottobre<br />
<strong>del</strong> 1852, il successivo processo e <strong>la</strong> condanna a<br />
ben 15 anni di carcere per cospirazione contro <strong>la</strong><br />
sicurezza <strong>del</strong>lo Stato. Nel carcere di Corneto, nel<br />
giugno <strong>del</strong> 1861, tentò anche <strong>la</strong> fuga ma dovette<br />
scontare quasi per<br />
intero <strong>la</strong> sua pena<br />
(tranne uno sconto<br />
di 34 mesi) ed il 2 gen<br />
naio 1865 uscì dal carcere.<br />
Con l’unità<br />
d’Italia e <strong>la</strong> fine <strong>del</strong>lo<br />
Stato Ecclesiastico,<br />
don Francesco diventò<br />
anche Sindaco, non<br />
senza contrasti con<br />
il Vescovo diocesano<br />
tanto da essere<br />
scomunicato a divinis,<br />
carica istituzionale<br />
che mantenne<br />
fino all’estate <strong>del</strong>l’anno<br />
1875; l’anno seguente<br />
si addivenne ad una<br />
sua ritrattazione,<br />
concordata con l’autorità ecclesiastica, che pose<br />
fine al suo impegno politico. Da giovane, dopo aver<br />
frequentato il seminario segnino, aveva studiato<br />
dapprima al Collegio Pamphiliano e poi a quello<br />
Romano; fu ordinato in S. Giovanni in Laterano il<br />
5 giugno 1830 e si era <strong>la</strong>ureato anche in Lettere<br />
e Filosofia. Fino al 1834 insegnò a Monte<strong>la</strong>nico<br />
come Maestro, poi presso il seminario di Albano;<br />
dal 1841 all’arresto, fu Rettore <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa di S.<br />
La<br />
società multietnica suscita anzi legami amorosi<br />
che stringono insieme culture e religioni tanto diverse<br />
da apparire talvolta incompatibili. L’amore che, come<br />
spesso viene ricordato, nasce cieco per via <strong>del</strong>l’abbaglio<br />
<strong>del</strong>l’innamora<strong>mento</strong>, potrebbe subito suggerire<br />
che le differenze etniche non importano, anzi rivestono<br />
l’amore <strong>del</strong> fascino intrigante dovuto allo straniero.<br />
Non poche vicende insegnano tuttavia che quando<br />
i due, dopo il tempo <strong>del</strong>lo sguardo incantato negli<br />
occhi <strong>del</strong>l’altro, cominciano a riconoscere le reciproche<br />
differenze, sno a muovere <strong>la</strong> diplomazia internazionale,<br />
Sentimentali e razionalisti si dividono così,<br />
rispettivamente, nel favorire o nello scoraggiare il matrimonio<br />
che voglia comporre<br />
differenze marcate quali<br />
quelle che possono esserci<br />
tra bianchi e neri, s<strong>la</strong>vi e <strong>la</strong>tini,<br />
musulmani e cristiani, ecc.<br />
Quel<strong>la</strong> sorprendente biblioteca<br />
di umanità che è <strong>la</strong> Bibbia,<br />
nonostante racconti spesso<br />
di come <strong>la</strong> tradizione di<br />
Israele escludesse i matrimoni<br />
con gli stranieri, non<br />
manca di narrare <strong>la</strong> storia insieme<br />
tribo<strong>la</strong>ta e felice di una coppia<br />
profondamente differenziata,<br />
quel<strong>la</strong> <strong>del</strong> re persiano<br />
Assuero e <strong>del</strong><strong>la</strong> giovane<br />
giudea Ester. All’inizio <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
loro vicenda si ritrova quel fascino<br />
esotico che fa sì che<br />
l’erba <strong>del</strong> vicino sia sempre più verde. Ester era di<br />
bel<strong>la</strong> presenza e di aspetto avvenente e attirava <strong>la</strong><br />
simpatia di quanti <strong>la</strong> vedevano. Ester fu dunque condotta<br />
presso il re Assuero [...]. Il re amò Ester più di<br />
tutte le altre donne ed essa trovò grazia e favore agli<br />
occhi di lui più di tutte le altre vergini. Egli le pose in<br />
testa <strong>la</strong> <strong>corona</strong> regale e <strong>la</strong> fece regina (Est 2,7.15-<br />
17). Quello che potrebbe sembrare un finale da fiaba<br />
viene presto sconvolto da una questione etnica.<br />
Manovrato dal suo fidato primo col<strong>la</strong>boratore, il re Assuero<br />
emana uno di quegli editti di cui <strong>la</strong> storia conoscerà<br />
purtroppo altre tragiche riedizioni: viene comandato<br />
lo sterminio degli ebrei presenti in tutto il regno persiano.<br />
Ester si trova schiacciata tra l’invocazione di<br />
aiuto <strong>del</strong> suo popolo che le chiede di intercedere presso<br />
il re, e l’osservanza <strong>del</strong>le terribili leggi regali, secondo<br />
le quali se qualcuno, uomo o donna, entra dal re<br />
nell’atrio interno, senza essere stato chiamato, in forza<br />
di una legge uguale per tutti, deve essere messo<br />
a morte (Est 4,11). Il terrore di affrontare il re, che<br />
quando si sarà pur decisa a farlo le procurerà uno<br />
sveni<strong>mento</strong>, viene acuito dal<strong>la</strong> pesante responsabilità<br />
prospettatale dai suoi connazionali: non pensare<br />
di salvare solo te stessa fra tutti i Giudei, per il fatto<br />
che ti trovi nel<strong>la</strong> reggia. Perché se tu in questo mo<strong>mento</strong><br />
taci, aiuto e liberazione sorgeranno per i Giudei<br />
da un altro luogo; ma tu perirai insieme con <strong>la</strong> casa<br />
di tuo padre. Chi sa che tu non sia stata elevata a<br />
regina proprio in previsione d’una circostanza come<br />
questa? (Est 4,13-14). L’amore matrimoniale non è<br />
mai una questione puramente privata. L’amore non<br />
è mai nudo ma sempre rivestito di una cultura, di una<br />
religione. Sarebbe una fatale ingenuità e una violenza<br />
volerlo spogliare. Sarebbe tuttavia integralista e ingiusto<br />
condannare le differenze culturali e religiose.<br />
Il pericolo non è <strong>la</strong> differenza ma <strong>la</strong> mancanza di rispetto<br />
e amore. Fatto salvo che l’amore deve essere reciproco,<br />
<strong>la</strong> differenza degli amanti non può che esaltano.<br />
E, come pur può capitare stando al<strong>la</strong> vicenda<br />
di Ester, un matrimonio multietnico può divenire sorgente<br />
di riconciliazione sociale. Per questo si deve<br />
però essere disposti a correre rischi «mortali», un cristiano<br />
non ha paura <strong>del</strong><strong>la</strong> Croce.<br />
Converrà ricordarlo in tempi come i nostri, segnati<br />
sia dall’ingenuità di chi trascura le differenze che<br />
dal<strong>la</strong> diffìdenza di chi sempre e solo le ingigantisce.<br />
Dorina e Nicolino Tartaglione<br />
Maria <strong>del</strong>l’Orto in Roma, città che ha voluto ricordarne<br />
ora il suo operato politico e - aggiungiamo<br />
noi - anche pasto<br />
rale in quanto una monumentale macchina per il<br />
rito dei Sepolcri, fatta da lui costruire, è usata ancora<br />
oggi.<br />
Tonino Parmeggiani
Giugno<br />
2007<br />
25<br />
Nel<br />
nostro paese, al giorno d’oggi, l’”educazione<br />
popo<strong>la</strong>re” sembra anacronistica, essendo<br />
stato quasi <strong>del</strong> tutto debel<strong>la</strong>to, almeno nelle<br />
statistiche, l’analfabetismo, perché tutti ormai, o<br />
quasi tutti, vanno a scuo<strong>la</strong>. Non mancano, tuttavia,<br />
altre statistiche contraddittorie che, oltre a<br />
rilevare un preoccupante analfabetismo di ritorno,<br />
indicano comunque <strong>la</strong> necessità di “aggiorna<strong>mento</strong>”<br />
di fronte all’accelerazione, negli ultimi<br />
decenni, <strong>del</strong>le scienze e <strong>del</strong><strong>la</strong> tecnologia, con vistose<br />
ripercussioni sul<strong>la</strong> vita sociale, in un mondo<br />
divenuto davvero un “vil<strong>la</strong>ggio globale”.<br />
Non da oggi è sorta l’esigenza di una “educazione<br />
permanente”, cioè che oltre l’età evolutiva<br />
duri per tutta <strong>la</strong> vita, per arricchi<strong>mento</strong> e approfondi<strong>mento</strong><br />
culturale, per <strong>la</strong> crescita interiore di<br />
ogni persona, di ogni ceto e di ogni età. E già si<br />
potrebbe considerare questa <strong>la</strong> continuazione <strong>del</strong>l’”educazione<br />
popo<strong>la</strong>re” : grande ideale di emancipazione<br />
e civilizzazione, ancora vivo nel secondo<br />
dopoguerra, già con l’ausilio dei primi mezzi multimediali,<br />
per il quale sono state profuse energie<br />
e risorse, e che ha portato in Italia ed in altri<br />
paesi un reale progresso.<br />
Con lo stesso spirito, pur nelle forme adeguate<br />
alle diverse circostanze, si dovrebbe arginare<br />
quell’”imbarbari<strong>mento</strong>” derivante da forme di ignoranza<br />
culturale e civile, che è un fenomeno inquietante<br />
<strong>del</strong> nostro tempo, nel<strong>la</strong> società <strong>del</strong> “benessere”.<br />
L’”educazione popo<strong>la</strong>re” è stata <strong>la</strong> grande passione di<br />
Giovanni Enrico Pestalozzi, pedagogista nato a Zurigo<br />
nel 1740, da famiglia di origine italiana, di religione protestante,<br />
costretta a fuggire per le persecuzioni.<br />
Influenzato dal<strong>la</strong> profonda religiosità <strong>del</strong> nonno, pastore<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> comunità, il grande educatore pose l’”amore per<br />
i poveri” al<strong>la</strong> base <strong>del</strong><strong>la</strong> sua azione, con significative esperienze,<br />
nelle quali dimostrò tale assoluta dedizione, tanto<br />
che di lui appropriatamente si scrisse : “Tutto per gli<br />
altri, nul<strong>la</strong> per sé”. Egli non si limitò soltanto a pensare,<br />
ma volle davvero operare a favore <strong>del</strong> popolo. Scriverà<br />
infatti : “Io volevo salvare il fanciullo destinato al vagabondaggio,<br />
forse al <strong>del</strong>itto; <strong>la</strong> fanciul<strong>la</strong> che crescendo<br />
senza una guida e un appoggio nel<strong>la</strong> miseria e nel<strong>la</strong><br />
vergogna, sono perduti per sé e per <strong>la</strong> patria. Volevo<br />
salvarli educandoli ad una vita attiva e utile. E’ una felicità<br />
che non si può descrivere quel<strong>la</strong> di vedere ragazzi<br />
e ragazze, prima in condizioni pietosissime, rinascere<br />
e rifiorire; vedere il loro viso acquistare serenità e contentezza,<br />
le loro mani farsi attive e il loro animo aprirsi<br />
al Creatore…”<br />
In questa sua autentica missione, Pestalozzi ha profuso<br />
non soltanto tutte le sue energie ma ha sacrificato<br />
addirittura le sostanze familiari. La crisi economica che<br />
ne derivò lo spinse a scrivere il romanzo pedagogico<br />
“Leonardo e Gertrude”, tutto incentrato sull’ideale di redenzione<br />
popo<strong>la</strong>re. Protagonista è <strong>la</strong> donna che, come madre,<br />
assume <strong>la</strong> missione redentrice nel<strong>la</strong> famiglia e nel<strong>la</strong> società.<br />
In un vil<strong>la</strong>ggio dominato dagli abusi <strong>del</strong> sindaco-oste<br />
Hummel, Gertrude convince il castel<strong>la</strong>no Arner a ristabilire<br />
<strong>la</strong> legalità ed a farsi promotore di una riforma sociale,<br />
dando educazione e <strong>la</strong>voro ai poveri.<br />
Pestalozzi, pur ammirando Rousseau, dopo averne letto<br />
le principali opere, se ne differenzia nel<strong>la</strong> rivalutazione<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> famiglia e <strong>del</strong> ruolo <strong>del</strong><strong>la</strong> madre nell’educazione,<br />
come pure nel<strong>la</strong> convinzione che <strong>la</strong> società non corrompe,<br />
se fondata sull’ordine morale (“fede in Dio e amore per<br />
il prossimo”).<br />
Inoltre distingue l’”innocenza” dal<strong>la</strong> “bontà”: l’uomo nasce<br />
innocente, ma <strong>la</strong> bontà (moralità) è una conquista, come<br />
supera<strong>mento</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> “naturalità”.<br />
Il fonda<strong>mento</strong> <strong>del</strong> sistema educativo pestalozziano si<br />
può sintetizzare nelle tre “educazioni” : “<strong>del</strong><strong>la</strong> mente, <strong>del</strong><br />
cuore, <strong>del</strong><strong>la</strong> mano”: ossia educazione intellettuale, educazione<br />
etico-religiosa e sociale, educazione tecnica o<br />
<strong>del</strong> <strong>la</strong>voro. La “mano” cioè l’attività pratica è ritenuta fondamentale,<br />
perché il “<strong>la</strong>voro” serve al<strong>la</strong> persona ed al<strong>la</strong><br />
società, in attuazione di un piano “provvidenziale”. Con<br />
ciò Pestalozzi enuncia una vera e propria dottrina <strong>del</strong><br />
<strong>la</strong>voro manuale in senso pedagogico, avvertendo che<br />
il <strong>la</strong>voro appartiene all’essenza <strong>del</strong>l’uomo.<br />
Tale concezione può essere motivo profondo di riflessione<br />
nel tempo presente, dove sembrano smarriti o offuscati<br />
i due importanti concetti di “popolo” e di “<strong>la</strong>voro”.<br />
Forse nei decenni ormai lontani <strong>del</strong> boom economico<br />
e <strong>del</strong> benessere al<strong>la</strong> portata di tutti, il concetto di “popolo”<br />
associato al<strong>la</strong> “povertà” si è assottigliato nell’immaginario<br />
comune, fino a dissolversi e il “<strong>la</strong>voro”, quello<br />
evidenziato dal<strong>la</strong> fatica fisica e dal “sudore <strong>del</strong><strong>la</strong> fronte”,<br />
è uscito dal<strong>la</strong> stessa mentalità, proiettata al<strong>la</strong> ricchezza<br />
almeno come aspirazione, non importa se <strong>del</strong>usa<br />
nel<strong>la</strong> rassegnata disoccupazione, che spinge giovani<br />
e meno giovani a non ricercare nemmeno un’occupazione.<br />
I guasti, sotto il profilo sociale e morale, sono sotto<br />
gli occhi di tutti. I giovani, in numero notevole, non<br />
hanno <strong>la</strong>voro, anche perché molti <strong>la</strong>vori sono scartati,<br />
come inadeguati se non “disonorevoli” non solo da chi<br />
ha studiato, spesso non per “vocazione” ma solo per<br />
calcolo personale o familiare, ma anche da chi non ha<br />
completato gli studi, nonostante le “costrizioni” dirette<br />
o indirette. Molti giovani non si sposano e non progettano<br />
una nuova famiglia, per scelta, oltreché per mancanza<br />
<strong>del</strong> <strong>la</strong>voro o <strong>del</strong>l’abitazione, che, in vari casi,<br />
più che motivazioni sono pretesti, per evitare l’assunzione<br />
di responsabilità e per sfuggire ai sacrifici<br />
di una vita di prospettiva.<br />
In tale situazione, paralle<strong>la</strong>mente agli egoismi di<br />
imprenditori che puntano solo agli interessi, sacrificando<br />
con disinvoltura posti di <strong>la</strong>voro o trasformandoli<br />
in precari, senza garanzie, mentre i pochi posti<br />
“pubblici” sono assegnati senza ritegno con sistemi<br />
cliente<strong>la</strong>ri o nepotistici, il popolo dei poveri di<br />
ogni età riemerge in crescente drammaticità. E<br />
sono in au<strong>mento</strong> le schiere di giovani che vivono<br />
nel disagio e che hanno scarse o nulle prospettive<br />
di inseri<strong>mento</strong> dignitoso e proficuo nel<strong>la</strong><br />
società. Vi si aggiungono i figli degli immigrati,<br />
con problemi maggiori, per le difficoltà <strong>del</strong>l’integrazione.<br />
Esiste, quindi, anche nei cosiddetti paesi sviluppati<br />
e <strong>del</strong> benessere, una sempre più diffusa “povertà”<br />
di un “popolo” sempre più vasto, con il considerevole<br />
e costante au<strong>mento</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> categoria<br />
degli “anziani”, che vedono corrodersi il potere<br />
di acquisto <strong>del</strong>le modeste pensioni, mentre si diradano<br />
i servizi sociali.<br />
In questa nostra società in crisi, in cui i ricchi diventano<br />
sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri,<br />
inquietante quindi per l’au<strong>mento</strong> progressivo<br />
<strong>del</strong>le disuguaglianze, è urgente un’inversione di<br />
tendenza, per restituire il <strong>la</strong>voro a chi lo ha perduto<br />
e dare prospettiva concreta di occupazione ai giovani,<br />
a tutti i giovani, secondo le attitudini, le capacità<br />
e le scelte possibili, in un quadro di giustizia e di pari<br />
opportunità.<br />
L’”educazione popo<strong>la</strong>re”, con tutte le idealità che <strong>la</strong> contraddistinguono,<br />
è quindi di attualità, per <strong>la</strong> rinascita <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
famiglia e <strong>del</strong><strong>la</strong> società.<br />
Antonio Venditti
Storia<br />
Giugno<br />
26 2007<br />
GIUGNO<br />
Il sole si leva à h. 9. m. 8. {le nostre ore 4:34} mezzo<br />
di à h. 16. m. 34.<br />
1. Venerdì migliora. quattro tempi {le Quattro <strong>Tempo</strong>ra:<br />
come abbiamo già visto nel<strong>la</strong> prima settimana di<br />
Quaresima, anche nel<strong>la</strong> settimana di <strong>Pentecoste</strong><br />
era d’uso il digiuno nei giorni di mercoledì, venerdì<br />
e sabato, usanze che in antico erano poste all’inizio<br />
<strong>del</strong>le stagioni}.<br />
2. Sabbato buono. quattro tempi. Si và al mercato<br />
{nel<strong>la</strong> Piazza <strong>del</strong> Pa<strong>la</strong>zzo Magistrale}. Mons.<br />
Suffraganeo fa l’ordinatione nel<strong>la</strong> Cathedrale {Il Sabato<br />
<strong>del</strong>le Quattro <strong>Tempo</strong>ra era destinato dal<strong>la</strong> Liturgia<br />
alle Ordinazioni Sacerdotali e dei sacri Ministri}.<br />
P3.Domenica segue. La Santissima Trinità. Il Magistrato<br />
presenta <strong>la</strong> solita cera al<strong>la</strong> Chiesa de Jure patronatus<br />
<strong>del</strong>li SS. Landi {di questa picco<strong>la</strong> Chiesa <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Santissima Trinità, oggi riusata come residenza,<br />
rimangono solo i muri con un bel rosone in marmo},<br />
come anco al<strong>la</strong> Chiesa <strong>del</strong><strong>la</strong> Compagnia <strong>del</strong><strong>la</strong> Madonna<br />
<strong>del</strong> Sangue {<strong>la</strong> Confraternita <strong>del</strong> Sangue, poi aggregata<br />
all’Archiconfraternita <strong>del</strong><strong>la</strong> Trinità in Roma} dove<br />
si celebra <strong>la</strong> festa da quelli fratelli. Il giorno si bandisce<br />
dal<strong>la</strong> Comunità l’Affitto <strong>del</strong><strong>la</strong> Spica {l’affitto a<br />
privati dei terreni coltivati a grano o orzo}<br />
* 4. Lunedì si muta. luna piena hore. 6. m. 4. N.S.<br />
5. Martedì vario.<br />
6. Mercordì Migliora.<br />
P+ 7.Giovedì stabile. Corpus Domini. messa Episcopale,<br />
dòpo <strong>la</strong> quale si fa <strong>la</strong> solennissima Processione per<br />
<strong>la</strong> Città. L’Illustrissimo Magistrato dona <strong>la</strong> solita cera<br />
al<strong>la</strong> Compagnia <strong>del</strong> Santissimo Sacra<strong>mento</strong> {<strong>la</strong><br />
Confraternita aveva Cappel<strong>la</strong> propria nel<strong>la</strong> Cattedrale<br />
di S. Clemente}, e scudi trenta per manteni<strong>mento</strong><br />
<strong>del</strong>l’espositione, che si fa per tutta l’ottava {l’esposizione<br />
<strong>del</strong> SS.mo Sacra<strong>mento</strong> durante gli otto giorni<br />
seguenti <strong>la</strong> Solennità}.<br />
8. Venerdì segue<br />
9. Sabbato buono Si và al mercato<br />
P + 10. Domenica simile. Si fa <strong>la</strong> Processione <strong>del</strong><br />
SS. Sacra<strong>mento</strong> in S. Maria <strong>del</strong> Trivio {oltre <strong>la</strong> Processione<br />
cittadina nel giorno <strong>del</strong><strong>la</strong> Solennità, seguivano processioni<br />
anche nelle altre cinque parrocchie}. Si fa<br />
l’estrattione <strong>del</strong> nuovo Magistrato per il seguente<br />
Diario Veliterno <strong>del</strong>l’anno 1640<br />
Da un manoscritto di Eugenio Braconi conservato nel Fondo<br />
Manoscritti <strong>del</strong><strong>la</strong> Biblioteca Comunale di Velletri (MS VII 25)<br />
bimestre {rimanevano in carica per due mesi}, e si<br />
<strong>del</strong>ibera l’Affitto <strong>del</strong><strong>la</strong> Spica<br />
+ 11. Lunedì bello. Processione al<strong>la</strong> Chiesa di S.<br />
Lucia.<br />
* Ultimo quarto h. 12. m. 39.<br />
+ 12. Martedì si muta. Processione al<strong>la</strong> Chiesa di<br />
S. Angelo<br />
+ 13 Mercordì vario. S. Antonio di Padova Si celebra<br />
<strong>la</strong> festa dal<strong>la</strong> compagnia di detto Santo {<strong>la</strong> Confraternita<br />
di S. Antonio di Padova era eretta nel<strong>la</strong> Chiesa di<br />
S. Francesco ed aveva Chiesa propria, ora adibita<br />
a palestra, attigua al<strong>la</strong> detta Chiesa di S. Francesco},<br />
e s a solita cera. Processione al<strong>la</strong> Chiesa di S.<br />
Martino.<br />
V + 14 Giovedì humido. Ottava <strong>del</strong> Corpus Domini.<br />
Processione al<strong>la</strong> Chiesa <strong>del</strong> SS. Salvatore. Nel<strong>la</strong><br />
Cathedrale si fanno gli Offitiali dal<strong>la</strong> Compagnia <strong>del</strong><br />
Santissimo Sacra<strong>mento</strong>. Cominciano le ferie <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Ricolta {al tempo <strong>del</strong><strong>la</strong> raccolta dei frutti <strong>del</strong><strong>la</strong> terra,<br />
qui certamente da intendersi come periodo <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
mietitura <strong>del</strong> grano, l’attività nei tribunali civile ed<br />
ecclesiastico veniva sospesa per non intralciare il<br />
<strong>la</strong>voro dei cittadini; altrettanto avevamo visto<br />
durante <strong>la</strong> settimana Santa}<br />
15. Venerdì si muta<br />
Il sole si leva à h. 8. m. 49. Mezo dì à h. 16. m. 25.<br />
16. Sabbato vario. Si và al mercato<br />
P 17. Domenica segue<br />
18. Lunedì migliora.<br />
19. Martedì buono<br />
* luna nuova h. 18. m. 11<br />
20. Mercordì simile<br />
Il sole entra in Cancro {cioè nel<strong>la</strong> costel<strong>la</strong>zione astronomica<br />
<strong>del</strong> Cancro} à h. 7. m. 53. N.S. facendosi<br />
il solistitio estivo {il solstizio d’estate, in cui si ha il<br />
giorno più lungo <strong>del</strong>l’anno}.<br />
V 21. Giovedì non si muta<br />
22. Venerdì stabile<br />
23. Sabbato turbato. Vigilia Si và al Mercato<br />
P. 24. Domenica buono. Natività di S. Giovanni Battista<br />
l’Archiconfraternità <strong>del</strong> Gonfalone fa festa nel<strong>la</strong> sua<br />
Chiesa {di S. Giovanni in P<strong>la</strong>gis, ora non più esistente}<br />
dove il Magistrato presenta <strong>la</strong> solita cera,<br />
come anco al<strong>la</strong> Chiesa de RR. PP. fate ben fratelli<br />
{<strong>la</strong> Chiesa di S. Giovanni Battista, distrutta dai bombardamenti<br />
<strong>del</strong>l’ultimo conflitto mondiale, era<br />
annessa al convento <strong>del</strong>l’Ordine Ospedaliero di San<br />
Giovanni di Dio, chiamati anche Fatebenefratelli che<br />
gestivano l’attiguo Ospedale}.<br />
25. Lunedì segue.<br />
* 26 Martedì vario. Primo quarto h.23. m. XXX<br />
27. Mercordì migliora.<br />
V 28 Giovedì fastidioso. Vigilia<br />
P 29. Venerdì caldo. SS. Pietro e Paolo Apostoli Li<br />
RR. PP. <strong>del</strong><strong>la</strong> Dottrina Christiana {chiamati anche<br />
Dottrinari} fanno festa nel<strong>la</strong> lor Chiesa, al<strong>la</strong> quale<br />
il Magistrato presenta <strong>la</strong> solita cera<br />
V 30. Sabbato segue. Commemoratione di S. Paolo<br />
Apostolo {il Calendario Romano prevedeva questa<br />
festa di III c<strong>la</strong>sse, ora sostituita, nel nuovo<br />
Calendario, dal<strong>la</strong> memoria dei Santi Primi Martiri <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Chiesa Romana, a ricordo dei protomartiri <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Chiesa di Roma vittime <strong>del</strong><strong>la</strong> persecuzione di Nerone<br />
dopo l’incendio di Roma <strong>del</strong> 19 luglio <strong>del</strong>l’anno 64}.<br />
Tonino Parmeggiani<br />
Dichiaratione de segni - {legenda}<br />
P Significa di Precetto<br />
D Di Devozione<br />
V Vacanza <strong>del</strong>li fori (sospensione <strong>del</strong>l’attività<br />
<strong>la</strong>vorativa nei tribunali)<br />
† Processioni, che si fanno<br />
L * Aspetto <strong>del</strong><strong>la</strong> Luna col’ sole<br />
N.S. Notte seguente<br />
Z Quando si dà <strong>la</strong> dote alle Zitelle
Giugno<br />
2007<br />
Spiritualità 27<br />
LA PASSIONE DI “PICCIOLA”<br />
La picco<strong>la</strong> e pregiata casa editrice “Interlinea”<br />
di Novara, ha pubblicato una chicca editoriale:<br />
il “Diario Intimo” (dodici euro) <strong>del</strong> grande poeta italiano<br />
Clemente Rebora (1885-1957) che al<strong>la</strong> fine degli<br />
anni venti abbandonò famiglia, affetti, letteratura per consacrarsi<br />
al sacerdozio, tra i padri rosminiani. Una conversione<br />
radicale, dunque, non paragonabile a nessun<br />
artista, come Giovanni Papini e Paul C<strong>la</strong>u<strong>del</strong> che continuarono,<br />
dopo <strong>la</strong> conversione, a scrivere e a vivere<br />
nel mondo seco<strong>la</strong>re. Rebora scrisse questo Diario dopo<br />
essersi fatto sacerdote con il voto segreto di “patire e<br />
morire oscuramente, scomparendo polverizzato”. Ma è<br />
sull’ultima parte di questo Diario che vorrei attirare <strong>la</strong><br />
vostra attenzione, un pugno di pagine che costituiscono<br />
una scena a sé.<br />
Qui è raccontata <strong>la</strong> Passio <strong>del</strong><strong>la</strong> nipote di un sacerdote<br />
amico di Rebora, Piccio<strong>la</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> Porta, morta nel 1942.<br />
Rebora seguì i suoi ultimi mesi di vita, nel suo letto di<br />
sofferenza, presso <strong>la</strong> Casa di San Giuseppe e all’Istituto<br />
<strong>del</strong> Cenacolo, a Mi<strong>la</strong>no. Di questa giovane donna, Rebora<br />
dà voce alle ultimissime confidenze e alle sue atroci sofferenze<br />
(“Io sento <strong>la</strong> mia limitazione; non so nul<strong>la</strong>; incapace<br />
di patire fuor <strong>del</strong><strong>la</strong> mia limitazione <strong>del</strong> poter soffrire”),<br />
al suo inaudito aspetto fisico (“aspetto di scheletrico<br />
dolore agonizzante”), al<strong>la</strong> difficoltà spirituale di<br />
trovare un senso al pati<strong>mento</strong> e infine al completo abbandono<br />
in Dio.<br />
Una parabo<strong>la</strong> marchiata da Fuoco e Sangue (“ IO sono<br />
il Fuoco, tu il sangue: IO sono l’Amore, tu il dolore: Sangue<br />
senza Fuoco, dolore senza amore…”), una <strong>del</strong>le tante<br />
seminascoste agli occhi indiscreti e morbosi <strong>del</strong> mondo,<br />
che vuole alzare il velo su ogni mistero di Dio per<br />
farne carta straccia, un atteggia<strong>mento</strong> che il più <strong>del</strong>le<br />
volte è da voltastomaco.<br />
Rebora ci dice che “Piccio<strong>la</strong> santa, va declinando di forze<br />
nel crescere <strong>del</strong><strong>la</strong> Carità”. Questo mi è perfettamente<br />
chiaro, <strong>la</strong>ddove nel Vangelo Giovanni Battista ci dice<br />
che Gesù deve crescere e lui farsi da parte. Piccio<strong>la</strong> ci<br />
dice che non riesce a dire neanche una mezza Ave al<br />
giorno. Eppure è certa che il Signore <strong>la</strong> prenderà così.<br />
Questo è molto, molto duro da accettare per noi, attratti<br />
solo dal<strong>la</strong> Gloria <strong>del</strong> Signore e terrorizzati dal<strong>la</strong> Croce.<br />
Rebora arriva addirittura a vedere in Piccio<strong>la</strong> “il volto<br />
di Gesù agonizzante… tra spasimi indicibili mi guardava<br />
dal volto Gesù crocifisso, esterrefatto di strazio”.<br />
Rebora ci racconta che il medico, poveretto, <strong>la</strong> giudicava<br />
isterica. Anche questo è molto, molto duro per noi,<br />
leggeri come siamo nel tacciare di fanatismo ed esagerazione<br />
chi supera lo steccato <strong>del</strong><strong>la</strong> normalità cristiana,<br />
salvo poi chiudere gli occhi sui fratelli musulmani che<br />
pregano inginocchiati in strada. Dinanzi ad un corteo<br />
funebre, si chiese di recitare una preghiera. L’interlocutore<br />
quasi sorrise dinanzi a così vetusta anticaglia devozione.<br />
Piccio<strong>la</strong> dice: “Lui l’ho tutto”, a pochi giorni dal<strong>la</strong> fine (o<br />
l’inizio: è tragicomico vedere come solo malgrado sforzi<br />
colossali riusciamo a metterci dal<strong>la</strong> parte di Dio. Ma<br />
non è forse vero che le Sue vie non sono le nostre, che<br />
i Suoi pensieri non sono i nostri?). Avere TUTTO il Signore<br />
in quelle condizioni è grazia, santità, certo, ma anche<br />
disponibilità. (Un collega di <strong>la</strong>voro è morto giovane schiumando<br />
rabbia e imprecazioni, maledicendo <strong>la</strong> sorte. Avrà<br />
comunque incontrato il Signore?)<br />
Il 27 agosto 1942 Rebora ci dice che Piccio<strong>la</strong> si conforma<br />
al Crocifisso, crescendo nel<strong>la</strong> consumazione <strong>la</strong><br />
grandezza splendida degli occhi: sempre più dimentica<br />
di sé ed esclusivamente sollecita a portare anime<br />
al Signore, poiché <strong>la</strong> carità eroica <strong>del</strong> suo indicibile santo<br />
patire attrae.<br />
Sì, attrae, perché solo questo genere di testimonianza<br />
oggi è credibile: abbandonati per sempre i tavoli da studio<br />
e il cartaceo (quello che Bonhoeffer rimproverava<br />
a Karl Barth, di essere rimasto seduto a studiare), <strong>la</strong>sciati<br />
in disparte i ritiri, i seminari, i congressi, dimenticando<br />
una volta per tutte che non si è discepoli <strong>del</strong> Signore<br />
solo perché osserviamo diligentemente i precetti e preghiamo<br />
sul salterio, dovremmo volgere tutta <strong>la</strong> nostra<br />
attenzione al<strong>la</strong> vera seque<strong>la</strong> che c’insegnano, appunti,<br />
i santi e i martiri. Basterà ricordare qui <strong>la</strong> Magna Charta<br />
<strong>del</strong> cristianesimo, le beatitudini? Basterà qui ricordare<br />
le parole <strong>del</strong> Signore, “siate perfetti com’è perfetto il Padre<br />
vostro che è nei cieli?”, basterà ricordare il Samaritano,<br />
il lebbroso guarito ritornante a dar gloria al Signore, <strong>la</strong><br />
Maddalena che piange sui piedi santi e venerabili <strong>del</strong><br />
Signore, i Tobia che pregano senza soste in adorante<br />
ringrazia<strong>mento</strong>?<br />
“Non piangete su di me, figlie di Gerusalemme … “, dice<br />
il Signore sul<strong>la</strong> salita <strong>del</strong> Calvario.<br />
“Non piangete su di me … “, pare voglia dirci Piccio<strong>la</strong>,<br />
santa sconosciuta, “io ho adempiuto al<strong>la</strong> volontà di Dio.<br />
Non par<strong>la</strong>te di me, non leggetemi, bensì imitatemi”. Quello<br />
che diceva Benedetta Bianchi Porro al<strong>la</strong> sua famiglia<br />
che, sottovoce, par<strong>la</strong>va di lei come di una santa ancora<br />
vivente (“Se lo pensate, non me lo dite, ma fate quello<br />
che faccio io”).<br />
Rebora annota che <strong>la</strong> grandezza sua (di lei) spirituale<br />
è tale che quasi non si sente lo strazio <strong>del</strong> suo patire<br />
e ischeletrire crescente.<br />
“Tutto poco … tutto giusto, per me … accettare così è<br />
tremendo e magnifico…”, disse Piccio<strong>la</strong>. Inaudite<br />
parole!<br />
La vicenda umana e cristiana di Piccio<strong>la</strong> sarà rivisitata<br />
dal poeta nei suoi ultimi componimenti scritti sul letto<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia, “I Canti <strong>del</strong>l’infermità”. A Rebora poeta,<br />
quindici anni dopo, questa Passio darà luogo al<strong>la</strong><br />
voce <strong>del</strong><strong>la</strong> sua Passio, con parole che si è tentati di immaginare<br />
frutto <strong>del</strong> suo ascoltare <strong>la</strong> voce straziata di Piccio<strong>la</strong>.<br />
In una <strong>del</strong>le sue più grandi poesie mistiche “Notturno”,<br />
Rebora scriveva questi versi:<br />
” Il sangue ferve per Gesù che affuoca.<br />
BRUCIAMI! dico: e <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> è vuota”<br />
Accoccoliamoci allora anche noi accanto al letto di Piccio<strong>la</strong><br />
e di Clemente, facciamoci accarezzare <strong>la</strong> fronte, come<br />
venti<strong>la</strong>no le ali celesti e tendiamo l’orecchio a quel breve<br />
fremito di vento che ci può sussurrare:<br />
“Le anime che Dio sceglie per vivere più vicino a Gesù,<br />
sono anime silenziose”<br />
Un invito, pressante, in questi tempi devastati da parole<br />
inutili, dalle ur<strong>la</strong> di un mondo giustamente in guerra<br />
con sé stesso.<br />
Alessandro Gentili
Maggio<br />
2007<br />
Cultura 28<br />
SEGNI dal 1797 al 2006<br />
di Bruno Navarra<br />
Oggi, imp<strong>la</strong>cabile, si fa sempre più minacciosa<br />
<strong>la</strong> disgregazione <strong>del</strong><strong>la</strong> memoria ed in nome <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
globalità, l’identità di appartenenza ad un territorio<br />
rischia veramente grosso. Ma un libro<br />
può opporsi al serio pericolo, un libro che<br />
ci consegni una memoria fe<strong>del</strong>e , che narri<br />
avvalendosi <strong>del</strong> giusto respiro letterario coniugato<br />
ad una sapienza linguistica ( veicolo poi<br />
di piacevole lettura) può impedire quel certo<br />
naufragio e restituire solidità storiche, etiche<br />
e psicologiche.<br />
Il testo di mons. Navarra “Segni dal 1797 al<br />
2006” va, per così dire, a chiudere <strong>la</strong> trilogia<br />
preceduta da “Storia di Segni I” e “Storia<br />
di Segni II”, che abbraccia tutto l’arco <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
storia di Segni, dal<strong>la</strong> nascita come Prima colonia<br />
romanorum fino ai giorni nostri ma, a parere<br />
di molti autorevoli critici, non chiude affatto<br />
il ciclo di una saga poiché prelude ad altri<br />
percorsi, altri itinerari che <strong>la</strong>nciano i loro archi<br />
rampanti improrogabilmente verso il futuro;<br />
non a caso così ha scritto, nel<strong>la</strong> prefazione,<br />
il sindaco di Segni Renato Cacciotti: -<br />
mons. Navarra ha <strong>la</strong>sciato opere librarie importanti<br />
che rinverdiscono <strong>la</strong> memoria, alimentano<br />
<strong>la</strong> cultura e <strong>la</strong>nciano sfide avvincenti alle nuove<br />
generazioni: continuare il suo <strong>la</strong>voro di<br />
studioso scrupoloso, rinnovare nel tempo il<br />
suo <strong>la</strong>voro di ricerca.<br />
Il volume racconta, e richiama quindi al<strong>la</strong><br />
memoria, gli ultimi duecento anni <strong>del</strong><strong>la</strong> storia<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> città lepina, inseriti nel<strong>la</strong> più vasta<br />
trama <strong>del</strong><strong>la</strong> storia nazionale ed europea.<br />
Le cronache che, al declinare <strong>del</strong> secolo XVIII<br />
segnarono il passaggio dal<strong>la</strong> Repubblica Romana<br />
all’Impero Francese e, nel XIX secolo <strong>la</strong> formazione<br />
<strong>del</strong> regno d’Italia, sono ricche e varie, spaziano<br />
dal<strong>la</strong> storia <strong>del</strong>le istituzioni civili e religiose allo stradario<br />
segnino, dalle radici <strong>del</strong><strong>la</strong> religiosità e <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
fede a Segni al risveglio culturale e sco<strong>la</strong>stico <strong>del</strong>l’ultimo<br />
trentennio fino al declino <strong>del</strong><strong>la</strong> città sia come<br />
capoluogo di manda<strong>mento</strong> che come centro <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Diocesi ( già nel secondo volume l’autore aveva<br />
esc<strong>la</strong>mato: “Segni era più importante all’epoca <strong>del</strong><br />
tratturo che in quel<strong>la</strong> <strong>del</strong>l’autostrada! ), il tutto filtrato<br />
da un’analisi minuziosa e completa.<br />
La copertina <strong>del</strong> libro di Bruno Navarra<br />
Nel corso di queste cronache, episodi accaduti vengono<br />
colti nel loro avverarsi e fissati lì come impeccabili<br />
fotografie: “ <strong>la</strong> curva <strong>del</strong><strong>la</strong> disgrazia”, lo scoppio<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> polveriera di Colleferro nel ’38, l’arrivo <strong>del</strong>l’acqua<br />
potabile, <strong>la</strong> venuta di Paolo VI a Segni e quel<strong>la</strong><br />
successiva di Madre Teresa di Calcutta, tutti scorrono<br />
sul nastro <strong>del</strong><strong>la</strong> memoria e <strong>del</strong><strong>la</strong> storia griffati<br />
dall’icasticità <strong>del</strong> nostro Autore.<br />
Il seg<strong>mento</strong> dei duecento anni è scandito in 31 capitoli,<br />
ciascuno dei quali ha un valore completo, in grado<br />
di segnare <strong>la</strong> fisionomia dei due secoli.<br />
I temi sono trattati non secondo il metro <strong>del</strong><strong>la</strong> generalizzazione<br />
ma attraverso <strong>la</strong> ricostruzione di ogni<br />
partico<strong>la</strong>re evento che si connota immediatamente<br />
come fonte di storia, importanti i personaggi che<br />
escono dalle pagine nel pieno <strong>del</strong><strong>la</strong> loro esistenza<br />
ed umanità, vestiti dall’abito leggero di una freschezza<br />
letteraria che stupisce e va ad aggiungersi al già<br />
ricco palmares <strong>del</strong>le doti <strong>del</strong> nostro autore.<br />
Leggendo il capitolo sul brigantaggio, sembra di veder<br />
muovere, sulle alture <strong>del</strong>le nostre contrade, queste<br />
figure avviluppate nel loro mantello di misteriosità,<br />
si odono tra i sentieri dei monti Lepini, teatro<br />
<strong>del</strong>le loro scorrerie, i bisbiglìi, gli ordini<br />
sommessi che accompagnavano gli spostamenti<br />
furtivi, <strong>la</strong> paura dei poveri, <strong>la</strong> disperazione<br />
dei sequestrati, intorno, altrettanto furtivi e<br />
cauti, gli appostamenti dei gendarmi ed il<br />
gaudio <strong>del</strong><strong>la</strong> gente, infine, quando questi personaggi<br />
a metà strada fra i fuorilegge e gli<br />
eroi, venivano assicurati al<strong>la</strong> giustizia.<br />
Non trascura l’Autore <strong>la</strong> propria pietas per<br />
i briganti e scrive:- Tra le altre cose che furono<br />
trovate addosso al Panici ( pericoloso<br />
capobanda) ci fu anche uno scapo<strong>la</strong>re <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Madonna <strong>del</strong> Carmine di cui era devoto<br />
– ( op. cit. pag. 58)<br />
In questa sua ultima opera, ancora una volta,<br />
fra <strong>la</strong> storiografia gramsciana , asettica<br />
e priva di coinvolgi<strong>mento</strong> e quel<strong>la</strong> vichiana<br />
, che vuole un autore più partecipe e più<br />
coinvolto nelle vicende che narra, Navarra<br />
sceglie quest’ultima: egli gioisce ed esulta<br />
negli avvenimenti lieti e soffre coralmente<br />
nei lutti dei suoi personaggi.<br />
Ancora una volta ha riproposto il valore <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
nostra storia, l’importanza <strong>del</strong><strong>la</strong> propria<br />
partecipazione e testimonianza.<br />
Mi piace concludere questa modesta recensione<br />
al suo <strong>la</strong>voro ultimo con <strong>la</strong> frase di<br />
Galileo Galilei scelta da Annalisa Ciccotti<br />
curatrice <strong>del</strong>l’opera postuma di mons.<br />
Navarra:<br />
-ma sopra tutte le invenzioni stupende quale<br />
grandezza<br />
di mente fu quel<strong>la</strong> di chi immaginò di comunicare<br />
i suoi pensieri<br />
più nascosti ad un’altra persona, anche se molto<br />
distante<br />
per lunghissimo tratto di spazio e di tempo?<br />
….<br />
Con i vari accostamenti di venti piccoli caratteri sopra<br />
una carta.<br />
E’ questa <strong>la</strong> massima di tutte le ammirevoli invenzioni<br />
umane.<br />
Fernanda Spigone
Giugno<br />
2007<br />
Musica 29<br />
La Venezia rinascimentale<br />
era un luogo festoso e<br />
fastoso, allegro e vitale, dove ricchezza<br />
e potere politico-economico<br />
richiamavano i grandi artisti da<br />
tutta Europa. Durante il XVI secolo<br />
si edificano grandiose e raffinate<br />
residenze per le famiglie<br />
veneziane più in vista, si costruiscono<br />
grandi chiese, decorate da<br />
valenti pittori, si organizzano manifestazioni<br />
pubbliche spettaco<strong>la</strong>ri,<br />
sia civili che religiose.<br />
Anche nel campo musicale il cinquecento<br />
veneziano è caratterizzato<br />
da grande splendore. La basilica<br />
si San Marco fu eretta nel 827<br />
e nel 1312 vi fu instal<strong>la</strong>to un grande<br />
organo, ma soltanto all’inizio<br />
<strong>del</strong> 1400 si istituì in San Marco<br />
una scuo<strong>la</strong> corale, dunque in netto<br />
ritardo rispetto alle altre importanti città italiane<br />
ed europee, tuttavia il recupero fu davvero<br />
eccezionale e l’interesse per <strong>la</strong> musica andò<br />
costantemente crescendo tanto che nel 1490, nel<strong>la</strong><br />
basilica di San Marco, venne instal<strong>la</strong>to un secondo<br />
grande organo, fatto che sarà determinante per<br />
<strong>la</strong> successiva produzione musicale veneziana.<br />
Si provi a pensare al risuonare di due cori collocati<br />
intorno ai due organi contrapposti nel transetto,<br />
all’interno di una basilica splendente dei suoi<br />
mosaici d’oro che ricoprono le numerose cupole,<br />
l’abside dominata dall’immagine <strong>del</strong> Cristo<br />
Pantocratore in un’archittettura impreziosita da<br />
elementi protocristiani, bizantini e gotici, l’effetto<br />
sonoro sarà stupefacente e di grande suggestione<br />
caratterizzato più dal colore <strong>del</strong> suono, cioè<br />
dal timbro, che dal<strong>la</strong> melodia sul<strong>la</strong> quale si canta<br />
il testo.<br />
Un modo questo di sentire <strong>la</strong> musica sacra sicuramente<br />
solenne e maestoso, ma con una sfumatura<br />
di mondanità che lo contrappone decisamente al<strong>la</strong><br />
severità <strong>del</strong><strong>la</strong> musica sacra <strong>del</strong><strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> Romana<br />
con il Palestrina.<br />
Anche Venezia, come altre città italiane, per dare<br />
lustro al<strong>la</strong> sua scuo<strong>la</strong> musicale, chiamò compositori<br />
d’oltralpe e nel 1527, divenne maestro di<br />
coro in Venezia il fiammingo Adriano Wil<strong>la</strong>ert.<br />
Nel corso <strong>del</strong><strong>la</strong> sua attività ultratrentennale, Wil<strong>la</strong>ert<br />
migliorò notevolmente <strong>la</strong> qualità <strong>del</strong><strong>la</strong> vita musicale<br />
veneziana: aggiunse nuovi cantori professionisti<br />
nel coro curando <strong>la</strong> concertazione tra voci<br />
e strumenti, arricchì l’archivio musicale e tenne<br />
un’intensa attività didattica.<br />
Soprattutto Wil<strong>la</strong>ert seppe sfruttare<br />
al meglio le possibilità<br />
offerte dal doppio organo e dunque<br />
dal doppio coro esistenti in<br />
San Marco e sebbene non fosse<br />
stato lui ad introdurre <strong>la</strong> tecnica<br />
dei cori battenti (una composizione<br />
polifonica eseguita da<br />
due cori a 4 voci), egli giunse a<br />
creare una costruzione sonora nel<strong>la</strong><br />
quale i due cori hanno pari complessità<br />
compositiva in dialogo<br />
perfetto e dove ciascuno mantiene<br />
<strong>la</strong> propria autonomia strutturale<br />
e armonica, cioè ognuno<br />
dei due cori esegue una composizione<br />
che ha ragione d’essere<br />
in se stessa, ma che si amplifica<br />
e si arricchisce nell’esecuzione<br />
congiunta. Wil<strong>la</strong>ert ottiene<br />
così un’ampia gamma di combinazioni<br />
timbriche e dinamiche<br />
fino ad allora impensabili, ecco<br />
quindi l’effetto sonoro grandioso e suggestivo già<br />
in precedenza descritto, inserito nello sfondo meraviglioso<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> basilica di San Marco in quel tempo<br />
centro <strong>del</strong><strong>la</strong> vita religiosa, ma anche <strong>del</strong><strong>la</strong> vita<br />
civile e culturale <strong>del</strong><strong>la</strong> repubblica veneziana.<br />
Mara Del<strong>la</strong> Vecchia
Cultura<br />
Giugno<br />
30 2007<br />
La storia <strong>del</strong><strong>la</strong> nascita <strong>del</strong> formaggio, come <strong>del</strong> resto<br />
tante altre storie, si perde nel tempo; certamente<br />
sappiamo che i pastori <strong>del</strong><strong>la</strong> Mesopotamia, nel<strong>la</strong><br />
valle compresa tra il Tigri e l’Eufrate, 18000 anni<br />
fa <strong>la</strong>voravano il <strong>la</strong>tte. Il docu<strong>mento</strong> più antico che<br />
testimonia con partico<strong>la</strong>re precisione, diremo quasi<br />
da “certosino”, le fasi <strong>del</strong><strong>la</strong> <strong>la</strong>vorazione <strong>del</strong> <strong>la</strong>tte,<br />
è il bassorilievo sumero denominato “Fregio <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
<strong>la</strong>tteria” <strong>del</strong> III millennio a.C., dove gli esperti caseari<br />
<strong>del</strong>l’epoca non erano altro che i sacerdoti e l’opera<br />
stessa rappresenta le diverse fasi di <strong>la</strong>vorazione<br />
<strong>del</strong> prodotto. Successivamente nelle regioni<br />
asiatiche le popo<strong>la</strong>zioni iniziarono ad addomesticare<br />
gli animali e con le loro migrazioni in Europa<br />
portarono tradizioni ed abitudini. La pastorizia infatti<br />
portò con sé <strong>la</strong> produzione di carne e <strong>la</strong>tte. Il <strong>la</strong>tte<br />
eccedente era utilizzato nel<strong>la</strong> produzione di bevande<br />
<strong>la</strong>ttiche acidificate, che permettevano di conservare<br />
facilmente un prodotto altrimenti facilmente deteriorabile.<br />
Sicuramente <strong>la</strong> tecnica di produzione <strong>del</strong>le<br />
bevande ha preceduto l’arte <strong>del</strong><strong>la</strong> fabbricazione<br />
dei formaggi. La produzione di bevande con <strong>la</strong>tte<br />
acidificato apre <strong>la</strong> storia <strong>del</strong><strong>la</strong> caseificazione e<br />
dei primi formaggi a pasta fresca e di consistenza<br />
morbida, sicuramente non tanto differenti da quelli<br />
che consumiamo noi oggi. Già negli scritti storici<br />
di Erodoto e di Senofonte si par<strong>la</strong>va di due bevande<br />
acide, chiamate una Komos e l’altra Kumis, che<br />
ebbero ampia diffusione in tutto l’Oriente. Si pensa<br />
che tartari, tibetani e persiani si siano dedicati<br />
al<strong>la</strong> <strong>la</strong>vorazione <strong>del</strong> <strong>la</strong>tte prima dei babilonesi e degli<br />
ebrei, ma di queste notizie non si ha certezza. Nel<br />
vecchio Iran sono state ritrovate testimonianze dei<br />
primi allevamenti di capre e pecore, mentre solo<br />
molto più tardi si svilupperà in Italia e in Francia<br />
l’alleva<strong>mento</strong> dei bovini, portati dagli abitanti <strong>del</strong>le<br />
zone balcaniche. Per par<strong>la</strong>re di una primitiva produzione<br />
<strong>del</strong> formaggio nelle zone italiche si deve<br />
arrivare al 2800 a.C.<br />
Nel<strong>la</strong> Bibbia il formaggio era tenuto in grande considerazione:<br />
a Babilonia era riservato ai più facoltosi,<br />
infatti leggiamo nel secondo libro di Samuele<br />
(2Sam. 17,29) “Latte acido,formaggi di pecora e<br />
di vacca per Davide e per <strong>la</strong> sua gente perché si<br />
sfamassero”. Quando gli ebrei si spostavano mettevano<br />
il <strong>la</strong>tte in grossi otri fatti con lo stomaco <strong>del</strong>le<br />
pecore: durante il viaggio il liquido era sottoposto<br />
ad un continuo movi<strong>mento</strong> e si realizzava <strong>la</strong><br />
separazione tra parte liquida e parte solida. A questo<br />
punto, previa sco<strong>la</strong>tura, il prodotto veniva fatto<br />
asciugare al sole e successivamente conservato<br />
in vasi di terracotta sotto sale. In tal modo era<br />
pronto sia per <strong>la</strong> consumazione che per <strong>la</strong> conservazione.<br />
Successivamente il divieto imposto dal<strong>la</strong> religione<br />
ebraica all’uso di carne e <strong>la</strong>tte insieme, colpì anche<br />
il formaggio perché veniva prodotto con caglio di<br />
origine animale. Il vincolo venne però superato facendo<br />
cagliare il <strong>la</strong>tte con succo di fichi.<br />
Nel testo biblico troviamo anche <strong>la</strong> storia di Giaele,<br />
una dolce e benestante signora che vive nel<strong>la</strong> sua<br />
tenda durante una <strong>del</strong>le tante guerre tra il popolo<br />
eletto e i suoi numerosi avversari. Leggiamo infatti<br />
nel libro dei Giudici, che al termine di una battaglia<br />
campale il comandante in campo <strong>del</strong>l’esercito<br />
sconfitto, Sisara, cerca rifugio e lo trova presso<br />
Giaele, che si mostra disposta a nasconderlo.<br />
Le chiede <strong>del</strong>l’acqua ma <strong>la</strong> donna gli offre <strong>del</strong> <strong>la</strong>tte<br />
e “in una coppa da principi” il <strong>la</strong>ban, cioè una<br />
bevanda di origine araba, molto dissetante, che si<br />
prepara allungando <strong>la</strong> giuncata, cioè il <strong>la</strong>tte acido,<br />
con acqua fredda. Sisara si addormenta sfinito avvolto<br />
in un tappeto e Giaele lo uccide conficcandogli<br />
un paletto <strong>del</strong><strong>la</strong> tenda nel<strong>la</strong> tempia. (Gdc 4, 17-22)<br />
I greci avevano Amaltea, <strong>la</strong> mitica nutrice di Zeus,<br />
padrona di una capra prodigiosa che avrebbe addirittura<br />
fornito il <strong>la</strong>tte per il dio. Il corno sarebbe diventato<br />
<strong>la</strong> cosiddetta cornucopia, ossia <strong>la</strong> rappresentazione<br />
<strong>del</strong>l’abbondanza, fonte di tutti i beni <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
tavo<strong>la</strong>. Anche il poeta Omero ricordando i famosi<br />
formaggi cretesi, li riconduce al<strong>la</strong> nobile capra e<br />
soprattutto ad una formu<strong>la</strong> segreta dettata dagli dei<br />
per produzioni di alto pregio. La scoperta <strong>del</strong> caglio<br />
si attribuiva alle ninfe, che l’avrebbero ricevuta dal<br />
mitico Aristeo. Ricordiamo che durante i primi giochi<br />
olimpici gli atleti ricevevano come ali<strong>mento</strong> un<br />
impasto fatto di formaggio condito con olio d’oliva,<br />
farina, frutta e miele. Spetta sicuramente ai romani<br />
il merito di aver perfezionato le tecniche casearie<br />
prima di pertinenza greca. A Roma fu introdotto<br />
per <strong>la</strong> prima volta l’impiego <strong>del</strong> <strong>la</strong>tte vaccino. Il<br />
legionario romano, secondo Virgilio, aveva una razione<br />
quotidiana di pecorino stabilita in 27 grammi.<br />
Per <strong>la</strong> preparazione si <strong>la</strong>sciava il <strong>la</strong>tte, sia ovino<br />
che caprino, a coagu<strong>la</strong>re spontaneamente in canestri<br />
a trama fitta oppure mesco<strong>la</strong>ndo il liquido con<br />
rametti di fico, o aggiungendo direttamente succo<br />
di fico o semi di cardo selvatico. Nasceva così <strong>la</strong><br />
giuncata, frutto <strong>del</strong><strong>la</strong> parte più densa e prodotta appunto<br />
in contenitori di giunco che noi oggi possiamo<br />
ancora consumare direttamente dai produttori. Oltre<br />
al cardo e al fico i romani usavano sia lo zafferano<br />
che l’aceto: questa mistura prendeva il nome<br />
di coagulum. Nel primo secolo d.C. iniziarono le<br />
prime forme di stagionatura con l’utilizzo <strong>del</strong><strong>la</strong> pressa<br />
fatta di pesi forati. L’imperatore Diocleziano dava<br />
anche disposizioni sul<strong>la</strong> vendita dei formaggi : quelli<br />
freschi dovevano essere presentati avvolti in foglie,<br />
mentre quelli stagionati sa<strong>la</strong>ti in superficie.<br />
La paro<strong>la</strong> formaggio deriva dal greco “formos” e<br />
sta ad indicare il paniere di vimini nel quale si collocava<br />
il <strong>la</strong>tte cagliato per dargli una forma. Da qui<br />
abbiamo <strong>la</strong> “forma” dei romani , fino al francese “formage-<br />
fromage” e all’italiano formaggio.<br />
Rimanendo sempre tra le storie sappiamo da un<br />
racconto popo<strong>la</strong>re piemontese che Annibale scendendo<br />
dalle Alpi al<strong>la</strong> conquista di Roma, si trattenne<br />
diverso tempo ad Augusta Taurinorum per merito<br />
<strong>del</strong>le ottime tome prodotte in zona. Il fondo di verità<br />
c’è sicuramente, perché durante <strong>la</strong> seconda guerra<br />
punica Annibale attraversò il Piemonte e dopo<br />
aver accerchiato <strong>la</strong> città dopo tre giorni di assedio<br />
riuscì a metter<strong>la</strong> a ferro e fuoco e per i suoi Cartaginesi<br />
e i popoli alleati, dalle diverse tradizioni alimentari<br />
e sicuramente molto affamati, le tome furono una<br />
sorpresa piuttosto piacevole. Questo testimonia l’evoluzione<br />
raggiunta dall’arte casearia piemontese,<br />
ma testimonianze ben più remote risalenti al neolitico<br />
dimostrano attraverso i graffiti rinvenuti sul Monte<br />
Bego nelle Alpi Marittime, che tra il V e il II millennio<br />
a.C. oltre all’alleva<strong>mento</strong> dei bovini, importato tra<br />
le popo<strong>la</strong>zioni locali dalle tribù indoeuropee, era diffusa<br />
<strong>la</strong> produzione di formaggi. Naturalmente <strong>la</strong> preparazione,<br />
<strong>la</strong> <strong>la</strong>vorazione e <strong>la</strong> stagionatura sono<br />
rimaste le stesse nel tempo, le modifiche sono poi<br />
da attribuire ai gusti differenti legati alle diverse epoche<br />
storiche. In Europa i formaggi che noi oggi consumiamo<br />
ebbero origine dal XIV al XVI secolo e<br />
custodi di tecniche ed eventuali piccoli segreti furono<br />
i monaci, che sapientemente hanno permesso<br />
che anche questa tradizione, altrimenti solo orale,<br />
non andasse perduta.<br />
Emanue<strong>la</strong> Ciar<strong>la</strong><br />
enogastronoma
Giugno<br />
2007<br />
Cinema 31<br />
Un film veloce, vivace, ben scritto,<br />
ben costruito e ben recitato, tratto<br />
dal romanzo Il fasciocomunista<br />
di Angelo Pennacchi. Mio fratello<br />
è figlio unico di Daniele Luchetti<br />
si carica <strong>del</strong> peso di raccontare un<br />
periodo travagliato <strong>del</strong><strong>la</strong> storia <strong>del</strong><br />
nostro Paese – il 68 e gli anni a<br />
seguire – ma lo fa attraverso le vicende<br />
di due fratelli in una famiglia quasi<br />
proletaria, come tante, in<br />
un’Italia deso<strong>la</strong>ta e perennemente<br />
in lotta per qualcosa.<br />
Il titolo, ripreso da una canzone di<br />
Rino Gaetano, fa pensare a una<br />
commedia leggera; si tratta in realtà<br />
di una storia drammatica, con<br />
morti, feriti, violenza, anche se rimane<br />
forte un certo sguardo sorridente<br />
ma non superficiale (ne è un esempio<br />
<strong>la</strong> “defascistizzazione” di<br />
quell’Inno al<strong>la</strong> Gioia <strong>del</strong><strong>la</strong> IX di<br />
Beethoven, modificato con lodi a<br />
Mao, a Lenin e a Marx).<br />
Accio e Manrico sono due fratelli,<br />
simili solo nell’aggressività,<br />
che si muovono tra gioia e miseria<br />
tra le architetture razionaliste<br />
di Latina, ex Littoria, e di Sabaudia, città inventate<br />
dal fascismo. Il più bello dei fratelli, Manrico<br />
(interpretato da Riccardo Scamarcio), è buono,<br />
operaio e attivista sindacale, adorato dalle donne<br />
e molto popo<strong>la</strong>re. Accio invece – interpretato<br />
da un Elio Germano super<strong>la</strong>tivo – passa l’adolescenza<br />
al<strong>la</strong> continua ricerca di una fede: prima<br />
entra in seminario, convinto di aver ricevuto<br />
l’illuminazione cristiana, poi diventa fascista, grazie<br />
agli insegnamenti di un cattivo maestro, interpretato<br />
da Luca Zingaretti.<br />
Naturalmente le loro divergenze finiscono per metterli<br />
con violenza l’uno contro l’altro, anche più<br />
tardi perché quando Accio, mutando nuovamente<br />
Una scena <strong>del</strong> film<br />
orienta<strong>mento</strong>, diventerà un extrapar<strong>la</strong>mentare e<br />
Manrico, andando oltre, sceglierà <strong>la</strong> lotta armata<br />
entrando addirittura in c<strong>la</strong>ndestinità.<br />
Una evocazione d’epoca esemp<strong>la</strong>re, per fortuna<br />
non affidata prevalentemente alle canzoni, che<br />
tiene conto <strong>del</strong>le <strong>la</strong>cerazioni e contraddizioni <strong>del</strong>l’Italia<br />
di quel periodo e che vuole ricordare a tutti quanto<br />
siano stati violenti nel nostro Paese gli anni<br />
Sessanta.<br />
Il film di Luchetti però non è storico né politico:<br />
per <strong>la</strong> prima volta, <strong>la</strong> divisione politica è un fatto<br />
di famiglia. È un film personale, che tocca <strong>la</strong><br />
politica e <strong>la</strong> affronta, ma ciò che veramente interessa<br />
al regista sono i suoi personaggi, le persone<br />
che rappresentano,<br />
le contraddizioni<br />
emozionali, prima<br />
ancora di quelle<br />
storiche e politiche.<br />
Un contrasto che<br />
Daniele Luchetti ha<br />
saputo costruire con<br />
forti implicazioni psicologiche,<br />
<strong>la</strong>sciando<br />
che quel decennio<br />
sociale e politico pur<br />
tanto tormentato rimanesse<br />
intenzionalmente<br />
di sfondo perché,<br />
a spiccarvi in mezzo,<br />
fossero soprattutto<br />
i personaggi che si avvicendano in<br />
quel<strong>la</strong> cornice provinciale da cui venivano<br />
fatti emergere.<br />
Mentre racconta <strong>la</strong> storia <strong>del</strong>l’Italia<br />
<strong>del</strong> ‘68 fra nero e rosso, Luchetti dà<br />
vita ad un dramma estremamente personale,<br />
quello di Accio, che non è<br />
altro che <strong>la</strong> rappresentazione di un’incertezza<br />
manifesta di un paese allo<br />
sbando.<br />
Un p<strong>la</strong>uso partico<strong>la</strong>re va agli attori,<br />
tutti bravissimi. Elio Germano è il migliore<br />
in campo, e con lui il giovane Vittorio<br />
Emanuele Properzio, che interpreta<br />
Accio da adolescente (raramente<br />
si è visto un passaggio di età così<br />
ben fatto). Riccardo Scamarcio regge<br />
bene il ruolo, dimostrando che l’ido<strong>la</strong>tria<br />
<strong>del</strong>le teen-agers non può costituire<br />
una condanna critica a priori.<br />
Il valore aggiunto <strong>del</strong> film è garantito<br />
da tutti gli attori comprimari: madre<br />
e padre sono Massimo Popolizio e<br />
Ange<strong>la</strong> Finocchiaro, dal<strong>la</strong> forte carica<br />
espressiva; Luca Zingaretti in forma<br />
smagliante dentro un personaggio<br />
denso di semplice verità.<br />
<strong>Dopo</strong> tanti film che esaltano <strong>la</strong> gioventù<br />
marketing (come per esempio quelli firmati<br />
da Federico Moccia and co.), ecco finalmente un<br />
film vero su due ragazzi veri nei veri anni ‘60, dove<br />
nel<strong>la</strong> sua indescrivibile deso<strong>la</strong>zione è vero<br />
Mio fratello è figlio unico.<br />
Un film di Daniele Luchetti. Con Riccardo<br />
Scamarcio, Elio Germano, Ange<strong>la</strong><br />
Finocchiaro, Massimo Popolizio, Luca<br />
Zingaretti, Diane Fleri, Alba Rohrwacher,<br />
Anna Bonaiuto, Ascanio Celestini.<br />
Commedia, 100 minuti. Produzione Italia,<br />
Francia 2007<br />
anche l’Agro Pontino ricostruito nel Foggiano.<br />
Mio fratello è figlio unico sembra aver ben chiaro<br />
l’esempio <strong>del</strong><strong>la</strong> commedia italiana bel<strong>la</strong> ed utile<br />
di una volta, al<strong>la</strong> maniera di Sco<strong>la</strong>, dove <strong>la</strong><br />
Storia e le storie s’ intrecciano, <strong>la</strong> psicologia è<br />
quel<strong>la</strong> quotidiana ma dal<strong>la</strong> finezza <strong>del</strong>le osservazioni<br />
e tipologie esce il ritratto di un mo<strong>mento</strong><br />
<strong>del</strong> Paese.<br />
Quel<strong>la</strong> che ne esce, è l’immagine di un’Italia <strong>del</strong><br />
passato che tanto piace anche all’estero, e che<br />
probabilmente farà si che il film venga apprezzato<br />
anche dall’internazionalissimo pubblico di Cannes,<br />
dove Mio fratello è figlio unico sarà presente come<br />
film fuori concorso.<br />
Valentina Fioramonti
Arte<br />
Giugnog<br />
32 2007<br />
L'icona <strong>del</strong><strong>la</strong> Trinità fu "scritta" nel 1415 circa dal<br />
santo monaco russo Andrej Rublev, nato intorno al 1365<br />
e morto verso il 1430.<br />
Andrej si aggregò al<strong>la</strong> comunità <strong>del</strong> monastero di San<br />
Sergio (1313-1392), dove apprese dal<strong>la</strong> comunità l'amore<br />
per <strong>la</strong> Santa Trinità, per l'igumeno Sergio, suo<br />
padre spirituale, nonché <strong>la</strong> cura per il monastero<br />
e <strong>la</strong> terra patria.<br />
Al tempo di Rublev <strong>la</strong> Trinità veniva rappresentata<br />
sul<strong>la</strong> traccia <strong>del</strong> racconto biblico<br />
di Genesi 18,1-15, nel quale Abramo<br />
ospita i tre angeli pellegrini, apparsi a lui<br />
e a Sara per comunicare <strong>la</strong> promessa divina<br />
di una discendenza.<br />
Le altre icone bizantine e russe presentavano<br />
questo avveni<strong>mento</strong> con tutti i personaggi<br />
e i dettagli <strong>del</strong>l'accoglienza e <strong>del</strong> pasto<br />
consumato dagli angeli ospiti.<br />
Rublev libera <strong>la</strong> composizione dai dettagli<br />
superflui e concentra l'attenzione di colui<br />
che osserva sul profondo tema trinitario <strong>del</strong>l'icona,<br />
dando ad ogni ele<strong>mento</strong> il valore<br />
sacramentale <strong>del</strong> simbolo.<br />
L'obbedienza di Abramo, fe<strong>del</strong>e a Dio fino<br />
all'accettazione <strong>del</strong> sacrificio <strong>del</strong> figlio Isacco,<br />
diventa l'obbedienza <strong>del</strong> Figlio Cristo a Dio<br />
Padre, fino al<strong>la</strong> morte. Il Padre deve consegnare<br />
al<strong>la</strong> morte il Figlio e il Figlio deve<br />
vuotare questo calice.<br />
Nel 1551 il Concilio dei Cento Capitoli raccomandava<br />
agli iconografi di dipingere le<br />
icone <strong>del</strong><strong>la</strong> Trinità basandosi su questo mo<strong>del</strong>lo,<br />
che definì "l'icona <strong>del</strong>le icone".<br />
Come ogni icona, anche questa è "scritta"<br />
su una struttura geometrica precisa, nel<strong>la</strong><br />
quale ogni ele<strong>mento</strong> ha una proporzione<br />
stabilita rispetto agli altri e trova il suo<br />
posto secondo il suo significato e il suo valore<br />
simbolico.<br />
Tutta <strong>la</strong> composizione è costruita sul<strong>la</strong> croce,<br />
che costituisce <strong>la</strong> struttura geometrica<br />
principale; l'asse verticale congiunge l'albero,<br />
<strong>la</strong> testa <strong>del</strong>l'angelo centrale, <strong>la</strong> coppa<br />
ed il rettangolo dei martiri.<br />
Gli angeli sono racchiusi dentro un cerchio<br />
che indica pienezza e perfezione e sottolinea<br />
<strong>la</strong> circo<strong>la</strong>rità degli sguardi d'Amore<br />
<strong>del</strong>le Tre Persone. La mano <strong>del</strong>l'angelo centrale<br />
è il centro <strong>del</strong><strong>la</strong> circonferenza che raccoglie<br />
le tre teste.<br />
Anche <strong>la</strong> coppa, posta sopra l'altare, è iscritta in un<br />
cerchio. La testa <strong>del</strong>l'angelo centrale forma <strong>la</strong> punta<br />
<strong>del</strong> triangolo, <strong>la</strong> cui base si colloca sul<strong>la</strong> linea inferiore<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> tavo<strong>la</strong>-altare.<br />
Il secondo triangolo è rovesciato: <strong>la</strong> sua base superiore<br />
posa sulle teste degli angeli <strong>la</strong>terali e contiene<br />
nel vertice inferiore <strong>la</strong> fessura rettango<strong>la</strong>re <strong>del</strong>l'altare,<br />
luogo <strong>del</strong>le reliquie dei martiri. La coppa <strong>del</strong> sacrificio<br />
di Cristo è offerta sui corpi offerti dei suoi fratelli.<br />
Lo spazio compreso tra i due angeli <strong>la</strong>terali assume<br />
<strong>la</strong> forma di un calice che sale dal basso: il Padre e lo<br />
Spirito Santo sono coloro che contengono il Corpo di<br />
Cristo ed il Suo Sangue.<br />
I tre angeli, perfettamente uguali e tuttavia diversi, rappresentano<br />
un solo Dio in tre Persone: il Padre, il Figlio<br />
e lo Spirito Santo.<br />
È proprio <strong>del</strong><strong>la</strong> Santa Trinità essere una ed indivisibile,<br />
nel<strong>la</strong> sua essenza e nelle sue manifestazioni, pur<br />
nel<strong>la</strong> diversità <strong>del</strong>le Persone. Conosciamo il Padre attraverso<br />
il Figlio: "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Gv<br />
14, 9).<br />
Conosciamo il Figlio attraverso lo Spirito: "Nessuno può<br />
dire Gesù Cristo è Signore, se non sotto l'azione <strong>del</strong>lo<br />
Spirito Santo" (1Cor 12,3).<br />
Gli scettri identici indicano appunto l'uguaglianza <strong>del</strong><br />
potere, di cui ciascun angelo è dotato. La diversità è<br />
data dai colori <strong>del</strong>le vesti, ma soprattutto dall'atteggia<strong>mento</strong><br />
personale di ciascuno verso gli altri.<br />
Nell'angelo di sinistra è riconosciuta <strong>la</strong> figura <strong>del</strong> Padre,<br />
nell'angelo centrale quel<strong>la</strong> <strong>del</strong> Figlio e nell'angelo a destra<br />
<strong>la</strong> figura <strong>del</strong>lo Spirito Santo.<br />
L'angelo di sinistra, il Padre, indossa un mantello color<br />
lil<strong>la</strong> sopra una tunica azzurra, simbolo <strong>del</strong><strong>la</strong> Sua divinità.<br />
Il lil<strong>la</strong> è un colore sfumato, evanescente, quasi trasparente,<br />
segno <strong>del</strong> mistero e <strong>del</strong><strong>la</strong> trascendenza. Il<br />
suo mantello è appoggiato sulle due spalle, a differenza<br />
<strong>del</strong> Figlio e <strong>del</strong>lo Spirito, perché Egli non è inviato, ma<br />
invia gli altri due. Questo suo invio è indicato anche<br />
L'icona di Andrej Rublev<br />
Trinità di Andrej Rublev, 1415circa, Mosca, Galleria Tret'jakov<br />
dal piede sinistro, che sembra iniziare un passo di danza.<br />
Tutto converge verso di Lui: gli altri due angeli, <strong>la</strong> roccia,<br />
<strong>la</strong> casa, l'albero. È statico, diritto, perché questa<br />
persona è origine a se stessa, è il segno <strong>del</strong><strong>la</strong> maestà<br />
ed il riferi<strong>mento</strong> per gli altri due angeli.<br />
Il gesto <strong>del</strong><strong>la</strong> mano e lo sguardo sembrano affidare una<br />
missione al Figlio che l'accoglie, curvo, in senso di consenso.<br />
Le Sue mani non toccano <strong>la</strong> terra-altare, ma<br />
<strong>la</strong> benedice con le due dita alzate <strong>del</strong><strong>la</strong> mano destra.<br />
Il capo inclinato indica che Egli raccoglie l'offerta amorosa<br />
<strong>del</strong> Figlio.<br />
L'angelo centrale, il Figlio, indossa <strong>la</strong> tunica porpora<br />
scura, simbolo <strong>del</strong><strong>la</strong> natura umana assunta nell'Incarnazione<br />
e <strong>del</strong>l'amore che si dona fino al sacrificio; il mantello<br />
azzurro è segno <strong>del</strong><strong>la</strong> natura divina ed è appoggiato<br />
solo su una spal<strong>la</strong>, perché Egli è inviato dal Padre. La<br />
sto<strong>la</strong> gial<strong>la</strong> indica <strong>la</strong> missione vittoriosa <strong>del</strong> Cristo "sacerdote",<br />
che ha dato se stesso per <strong>la</strong> salvezza <strong>del</strong> mondo<br />
ed è risorto.<br />
Il Figlio è appena salito al cielo e sta comunicando con<br />
il Padre riguardo al<strong>la</strong> missione che ha compiuto. Il suo<br />
corpo ricurvo e lo sguardo d'Amore rivolto verso il Padre<br />
indicano l'accettazione e <strong>la</strong> docilità al<strong>la</strong> volontà paterna.<br />
La sua mano destra, appoggiata al<strong>la</strong> terra-altare, è <strong>la</strong><br />
più vicina al<strong>la</strong> coppa <strong>del</strong>l'offerta, perché Egli è quell'offerta<br />
simboleggiata dal<strong>la</strong> testa <strong>del</strong>l'agnello; <strong>la</strong> mano<br />
riproduce il gesto di benedizione <strong>del</strong> Padre e l'atto di<br />
appoggiar<strong>la</strong> al<strong>la</strong> terra-altare indica <strong>la</strong> sua discesa nel<br />
mondo, attraverso l'Incarnazione. Le due dita sono appunto<br />
il simbolo <strong>del</strong><strong>la</strong> sua duplice natura: Egli è pienamente<br />
Dio e pienamente uomo.<br />
L'angelo di destra, lo Spirito Santo, indossa sopra <strong>la</strong><br />
tunica azzurra, simbolo <strong>del</strong><strong>la</strong> sua divinità, un mantello<br />
verde acqua che è il colore <strong>del</strong><strong>la</strong> vita, <strong>del</strong><strong>la</strong> crescita<br />
e <strong>del</strong><strong>la</strong> fertilità. Nel campo spirituale il verde è simbolo<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> forza vivificante <strong>del</strong>lo Spirito, che ha resuscitato<br />
Cristo ed ha comunicato al mondo <strong>la</strong> pienezza<br />
<strong>del</strong> significato <strong>del</strong><strong>la</strong> Resurrezione. Egli<br />
è colui che dà vita. Questo angelo ha<br />
l'espressione più riservata <strong>del</strong>le tre persone.<br />
La sua figura è più piegata sul<strong>la</strong> mensa,<br />
in atteggia<strong>mento</strong> di ascolto, umiltà<br />
e docilità. Ci rive<strong>la</strong> un aspetto nuovo<br />
<strong>del</strong>l'Amore: l'accoglienza e <strong>la</strong> custodia.<br />
La sua mano cadente sull'altare indica<br />
<strong>la</strong> direzione <strong>del</strong><strong>la</strong> benedizione: il mondo<br />
cui lo Spirito dona Vita.<br />
Lo Spirito sta partecipando profondamente<br />
al dialogo divino ed è pronto per essere<br />
inviato nel mondo a continuare l'opera<br />
<strong>del</strong> Figlio.<br />
Il mantello appoggiato solo su una spal<strong>la</strong><br />
ed il piede, che sta rispondendo al<strong>la</strong><br />
danza iniziata dal Padre, sono simboli<br />
<strong>del</strong> suo accingersi a partire per <strong>la</strong> missione<br />
affidatagli: "Quando però verrà lo<br />
Spirito di verità (dice Gesù), Egli vi guiderà<br />
al<strong>la</strong> verità tutta intera... dirà tutto<br />
ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose<br />
future" (Gv 16,13).<br />
Dietro il Padre si vede <strong>la</strong> casa di Abramo,<br />
divenuta tempio, dimora <strong>del</strong> Padre e simbolo<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa, sua figlia, perché "corpo"<br />
di Cristo, secondo <strong>la</strong> teologia paolina.<br />
La quercia di Mamre è simbolo <strong>del</strong>l'albero<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> vita: quel legno <strong>del</strong><strong>la</strong> croce<br />
sul quale il Cristo ha offerto <strong>la</strong> propria<br />
vita per <strong>la</strong> salvezza <strong>del</strong>l'umanità. La roccia-monte<br />
dietro lo Spirito è insieme simbolo<br />
di protezione, di luogo "teofanico",<br />
cioè luogo dove Dio si manifesta e simbolo<br />
<strong>del</strong>l'ascensione spirituale. Il vitello<br />
offerto nel vassoio da Sara è diventato<br />
coppa eucaristica. Il fondo e i nimbi<br />
d'oro sono simboli <strong>del</strong><strong>la</strong> luce divina.<br />
La luce nell'icona non è naturale, ma spirituale<br />
proviene dal<strong>la</strong> grazia ricevuta, per<br />
mezzo <strong>del</strong>lo Spirito, prima dall'iconografo,<br />
nel<strong>la</strong> contemp<strong>la</strong>zione <strong>del</strong> mistero da rappresentare, poi<br />
da chi contemp<strong>la</strong> l'icona con lo stesso atteggia<strong>mento</strong><br />
di preghiera.<br />
Come in ogni icona, i punti di vista <strong>del</strong>l'artista e <strong>del</strong>lo<br />
spettatore non coincidono; le linee non convergono verso<br />
l'occhio di chi guarda, ma, secondo <strong>la</strong> prospettiva<br />
inversa, l'icona si apre a chi <strong>la</strong> contemp<strong>la</strong>, invitando<br />
ad un movi<strong>mento</strong> di avvicina<strong>mento</strong> verso il punto di<br />
vista <strong>del</strong>l'autore <strong>del</strong>l'icona. L'atteggia<strong>mento</strong> giusto di<br />
fronte ad ogni icona è quello <strong>del</strong><strong>la</strong> preghiera e <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
contemp<strong>la</strong>zione, come davanti ad una finestra aperta<br />
sul trascendente. L'icona non si può dire mai <strong>del</strong> tutto<br />
compiuta; l'ultimo tocco spetta a chi <strong>la</strong> guarda, a chi<br />
si pone innanzi ad essa con atteggia<strong>mento</strong> di umile<br />
ascolto. L'icona è dialogica per natura, perché ci invita<br />
ad entrare in dialogo con il Mistero rappresentato.<br />
Vorremmo perciò accogliere l'invito a sederci a tavo<strong>la</strong><br />
con i Tre, con essi partecipare al<strong>la</strong> sacra conversazione,<br />
cogliere e fare nostro lo scambio di Amore e<br />
comunione tra le Tre Persone.<br />
Vorremmo fare nostro il messaggio di questa icona,<br />
che è quello <strong>del</strong> Cristo di Gv 17,20-21: "Non prego solo<br />
per questi, ma anche per quelli che per <strong>la</strong> loro paro<strong>la</strong><br />
crederanno in me; perché tutti siano una so<strong>la</strong> cosa.<br />
Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi<br />
in noi una cosa so<strong>la</strong>, perché il mondo creda che tu mi<br />
hai mandato".<br />
Don Marco Nemesi