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Dopo la Pentecoste, corona- mento del Tempo Pasquale, la ...

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Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti <strong>del</strong><strong>la</strong> Curia e pastorale<br />

per <strong>la</strong> vita <strong>del</strong><strong>la</strong> Diocesi di Velletri-Segni<br />

Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 <strong>del</strong> 23.04.2004 - Redazione: C.so <strong>del</strong><strong>la</strong> Repubblica<br />

343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - fax 96100596 - curia@diocesi.velletri-segni.it<br />

Velletri-Segni Chiesa<br />

Vincenzo Apicel<strong>la</strong><br />

<strong>Dopo</strong> <strong>la</strong> <strong>Pentecoste</strong>, <strong>corona</strong><strong>mento</strong><br />

<strong>del</strong> <strong>Tempo</strong> <strong>Pasquale</strong>,<br />

<strong>la</strong> Domenica <strong>del</strong><strong>la</strong> SS. Trinità<br />

e quel<strong>la</strong> <strong>del</strong> Corpus Domini<br />

prolungano nelle nostre<br />

assemblee il clima di solennità<br />

straordinaria e ci invitano<br />

a immergerci più profondamente<br />

nel Mistero, di<br />

cui Cristo ci ha resi partecipi.<br />

Ma ecco che, improvvisamente,<br />

le feste sembrano finite<br />

e torniamo al <strong>Tempo</strong><br />

Ordinario, che avevamo<br />

<strong>la</strong>sciato in sospeso con <strong>la</strong> prima<br />

Domenica di Quaresima.<br />

Se però ci fermiamo a riflettere,<br />

ci accorgiamo che proprio<br />

in questo <strong>Tempo</strong> liturgico<br />

senza aggettivi partico<strong>la</strong>ri<br />

ci viene offerta <strong>la</strong> possibilità<br />

di vivere <strong>la</strong> dimensione<br />

più specifica <strong>del</strong> nostro essere<br />

cristiani.<br />

<strong>Tempo</strong> Ordinario vuol dire infatti<br />

diventare discepoli di Gesù<br />

seguendo passo dopo passo,<br />

ordinatamente, il cammino da<br />

Lui compiuto in mezzo agli<br />

uomini, accogliendo <strong>la</strong> testimonianza<br />

di coloro che furono<br />

con Lui “fin dal principio<br />

e divennero ministri <strong>del</strong><strong>la</strong> Paro<strong>la</strong>”<br />

(Lc.1,2).<br />

Attraverso quanto essi ci hanno<br />

trasmesso Gesù continua<br />

a par<strong>la</strong>re ed operare, i suoi insegnamenti<br />

ed i segni da Lui<br />

compiuti diventano efficaci<br />

anche per noi, per rinnovare<br />

e trasformare anche <strong>la</strong> nostra<br />

vita.<br />

Questo avviene poiché l’ascolto<br />

<strong>del</strong>l’Evangelo dona anche a<br />

noi <strong>la</strong> grazia di incontrare personalmente<br />

Gesù, che ci<br />

viene incontro nelle più<br />

diverse situazioni <strong>del</strong><strong>la</strong> nostra<br />

vita, che ci chiama al<strong>la</strong> conversione,<br />

che bussa al<strong>la</strong> porta <strong>del</strong> nostro cuore,<br />

affinché si apra per accoglierlo.<br />

Un formidabile aiuto per comprendere come tutto<br />

ciò possa avvenire ci viene offerto in questi<br />

giorni dalle pagine <strong>del</strong> libro che, dopo decenni<br />

di ricerca, il teologo Joseph Ratzinger, divenuto<br />

Papa Benedetto XVI, ha pubblicato proprio<br />

con il semplice titolo: “Gesù di Nazaret”.<br />

Nel numero scorso di Ecclesia è già stata offerta<br />

una breve sintesi <strong>del</strong> volume, qui si desidera<br />

solo sottolineare alcuni aspetti, che possano favorirne<br />

<strong>la</strong> lettura, e aggiungere una osservazione.<br />

Il primo risultato che viene raggiunto è il supera<strong>mento</strong><br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> distinzione tra l’uomo di studio e<br />

l’uomo di fede. Lo studio è indispensabile per<br />

nutrire <strong>la</strong> fede e <strong>la</strong> fede è indispensabile per dare<br />

un senso allo studio. La fede e <strong>la</strong> ragione, come<br />

affermava Giovanni Paolo II, sono le due ali di<br />

cui abbiamo bisogno per vo<strong>la</strong>re alto e non possono<br />

essere in concorrenza tra di loro.<br />

In secondo luogo, <strong>la</strong> Persona di Gesù risulta incomprensibile<br />

se viene iso<strong>la</strong>ta dal<strong>la</strong> storia di cui fa<br />

parte e che porta a compi<strong>mento</strong>, per cui <strong>la</strong> conoscenza<br />

<strong>del</strong>l’Antico Testa<strong>mento</strong> diventa anche per<br />

noi un patrimonio di cui non possiamo fare a meno.<br />

L’analisi accurata che viene compiuta sulle pagine<br />

più significative dei Vangeli mostra come il<br />

loro scopo primario e fondamentale è quello di<br />

permettere anche a noi di incontrare il Vivente,<br />

il Mistero inaudito <strong>del</strong> Figlio <strong>del</strong>l’Uomo, che rende<br />

visibile il Volto <strong>del</strong> Dio invisibile, che rivendica<br />

alle sue parole umane <strong>la</strong> verità <strong>del</strong>l’Unica<br />

Paro<strong>la</strong> di Dio, per cui il messaggio <strong>del</strong> Vangelo<br />

non è altro che <strong>la</strong> stessa Persona di Gesù.<br />

Ritornano al<strong>la</strong> mente le frasi che un altro grande<br />

teologo, Romano Guardini, scriveva a conclusione<br />

<strong>del</strong> suo libro su Gesù, “Il Signore”: “L’origine<br />

e il contenuto <strong>del</strong><strong>la</strong> coscienza cristiana li fornisce<br />

soltanto <strong>la</strong> rive<strong>la</strong>zione <strong>del</strong> Dio vivente, il quale<br />

non può venir conosciuto se non quando par<strong>la</strong><br />

egli stesso. E <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> essenziale in cui egli<br />

par<strong>la</strong>, <strong>la</strong> definitiva realtà entro <strong>la</strong> quale si manifesta,<br />

è Gesù Cristo. Se Gesù Cristo è <strong>la</strong> rive<strong>la</strong>zione<br />

vivente di un Dio onnipotente, non è più<br />

possibile intorno a lui nessuna critica…Non esiste<br />

alcuna misura per Cristo. E’ lui che stabilisce<br />

<strong>la</strong> misura…Per Cristo non vi è alcuna categoria<br />

umana che valga. Per lui non vi è che un<br />

nome, il suo nome: Gesù Cristo, che si rive<strong>la</strong> a<br />

chi crede e a chi ama…Appena accogliamo il<br />

messaggio di Cristo in spirito di fede, che è il<br />

solo adeguato; appena rinunciamo ai nostri criteri<br />

di giudizio e prendiamo lui da lui, ogni espressione<br />

<strong>del</strong> Nuovo Testa<strong>mento</strong> apre una finestra<br />

su di lui. Allora viene meno ogni nome. Cristo<br />

procede dall’arcano. Ed ogni tratto <strong>del</strong> suo essere<br />

sve<strong>la</strong>toci attraverso i suoi inviati, trascendendo<br />

però egli stesso ogni tratto, ci rive<strong>la</strong> qualche cosa<br />

di straordinario” (pp.669-670).<br />

Di fatto un altro aspetto che colpisce nel libro<br />

di Benedetto XVI è l’immediato giudizio che dal<br />

Vangelo promana per illuminare e discernere i<br />

problemi reali <strong>del</strong><strong>la</strong> storia di oggi, in cui siamo<br />

quotidianamente immersi, l’impatto di una<br />

Paro<strong>la</strong> che vuole aprirci gli occhi sul<strong>la</strong> nostra realtà<br />

e ci chiama a una continua conversione. Un<br />

passaggio occorre citare per rimarcare <strong>la</strong> concretezza<br />

a cui ci invita l’ascolto <strong>del</strong><strong>la</strong> Paro<strong>la</strong>: “I<br />

Santi sono gli autentici interpreti <strong>del</strong><strong>la</strong> sacra Scrittura.<br />

Continua a pag. 2


2 QUESTO MESE PARLIAMO DI...<br />

Giugno<br />

2007<br />

IN COPERTINA<br />

di S.E. Mons. Vincenzo Apicel<strong>la</strong><br />

1-2 Il <strong>Tempo</strong> Ordinario<br />

GRANDI TEMI<br />

CARITAS<br />

di Sara Bianchini<br />

10 Carcere. Tra Istituzioni e scelte<br />

personali<br />

DIACONATO PERMANENTE<br />

PARROCCHIE&COMUNITÀ<br />

di Stanis<strong>la</strong>o Fieramonti<br />

16-17 Parrocchia di S. Sebastiano<br />

a Valmontone<br />

Ecclesia in cammino<br />

Bollettino Ufficiale per gli atti di Curia<br />

Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per<br />

gli atti <strong>del</strong><strong>la</strong> Curia e pastorale per <strong>la</strong> vita <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Diocesi di Velletri-Segni<br />

di Stanis<strong>la</strong>o Fieramonti<br />

3 Speranza e solidarietà<br />

di Pier Giorgio Liverani<br />

6 Vita Morale<br />

di Luca <strong>del</strong> noviziato Don Orione<br />

7 Festa di S. Luigi Orione<br />

di Silvia Ga<strong>la</strong>nte<br />

7 Progetto Matteo<br />

SANTA SEDE<br />

4 Messaggio di Sua Santità<br />

Benedetto XVI per <strong>la</strong> XVI giornata<br />

mondiale <strong>del</strong>le comunicazioni<br />

sociali<br />

CONCILIO VATICANO II<br />

di Don Dario Vitali<br />

5 L’appartenenza al<strong>la</strong> Chiesa<br />

DIOCESI<br />

di Mons. Andrea Maria Erba<br />

8-9 Omelia per i dieci anni <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Parrocchia di San Bruno a<br />

Colleferro<br />

<strong>del</strong> Cardinale Tito<strong>la</strong>re Francis Arinze<br />

14 Maria SS.ma Madre e Socia<br />

<strong>del</strong> Redentore<br />

(segue dal<strong>la</strong> prima pagina)<br />

di Pietro Latini<br />

11 La Tradizione<br />

VOCAZIONI<br />

di Alessandro, Fabrizio e Teodoro<br />

12 Le ultime battute <strong>del</strong>l’anno<br />

propedeutico<br />

PASTORALE GIOVANILE<br />

di Roberta Frasca<br />

12 Le notti di Nicodemo<br />

SPIRITUALITÀ<br />

dal Convento di C<strong>la</strong>usura Madonna <strong>del</strong>le<br />

Grazie di Velletri<br />

13 Ho scoperto <strong>la</strong> mia vocazione,<br />

quel<strong>la</strong> di pregare per i sacerdoti<br />

di Mons. Franco Risi<br />

22 La spiritualità <strong>del</strong> fe<strong>del</strong>e <strong>la</strong>ico<br />

dal Concilio Vaticano II al<strong>la</strong><br />

Christifi<strong>del</strong>es <strong>la</strong>ici<br />

di Alessandro Gentili<br />

27 La Passione di “Piccio<strong>la</strong>”<br />

SOCIALE&LAVORO<br />

di Alberto Massottii<br />

15 Il Magistero sociale <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa<br />

Il significato di un’espressione<br />

si rende comprensibile in modo<br />

più chiaro proprio nelle persone<br />

che ne sono state completamente<br />

conquistate e l’hanno realizzata<br />

nel<strong>la</strong> propria vita. L’interpretazione<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> Scrittura non può essere<br />

una faccenda puramente accademica<br />

e non può essere relegata<br />

nell’ambito esclusivamente<br />

storico. La Scrittura<br />

porta in ogni suo passo un potenziale<br />

di futuro che si dischiude<br />

solo quando le sue parole<br />

vengono vissute e sofferte<br />

fino in fondo” (p.102).<br />

Un’ultima annotazione è necessario<br />

fare per chiudere queste<br />

troppo brevi note e <strong>la</strong> suggerisce<br />

il Papa stesso quando scrive,<br />

a p. 38: “Solo a partire dal<strong>la</strong><br />

croce e dal<strong>la</strong> resurrezione l’intero<br />

significato di questo avveni<strong>mento</strong><br />

è divenuto chiaro”. Egli<br />

si esprime così a proposito <strong>del</strong><br />

Battesimo nel Giordano, ma questa<br />

precisazione va estesa a tutta<br />

l’opera, di cui è stata pubblicata<br />

solo <strong>la</strong> prima parte. La<br />

seconda parte, che speriamo venga<br />

al più presto a completare<br />

il capo<strong>la</strong>voro di Joseph Ratzinger,<br />

consentirà di chiudere il cerchio<br />

e di ritornare al<strong>la</strong> sorgente da<br />

cui scaturisce <strong>la</strong> iniziazione al<br />

Mistero <strong>del</strong><strong>la</strong> Persona di Cristo:<br />

<strong>la</strong> morte di croce con <strong>la</strong><br />

Resurrezione gloriosa ed il dono<br />

<strong>del</strong>lo Spirito Santo.<br />

EUCARESTIA<br />

a cura <strong>del</strong><strong>la</strong> redazione<br />

18-19 Corpus Domini<br />

SACRAMENTI<br />

di Andrea Pacchiarotti<br />

20 L’Eucarestia: Unico pane e<br />

unico calice da condividere<br />

FAMIGLIA<br />

di Dorina e Nicolino Tartaglione<br />

24 Assuero ed Ester: La diversità<br />

culturale<br />

FORMAZIONE DEL CLERO<br />

di Alberto Massottii<br />

23 Incontro con il Cardinal<br />

Martini<br />

EDUCARE OGGI<br />

di Antonio Venditti<br />

25 L’educazione popo<strong>la</strong>re<br />

STORIA<br />

di Tonino Parmeggiani<br />

26Diario Veliterno <strong>del</strong>l’anno<br />

1640<br />

CULTURA<br />

di Fernanda Spigone<br />

28 Segni dal 1797 al 2006<br />

di Emanue<strong>la</strong> Ciar<strong>la</strong><br />

30 La storia <strong>del</strong> formaggio<br />

MUSICA<br />

di Mara <strong>del</strong><strong>la</strong> Vecchia<br />

29 Venezia, <strong>la</strong> basilica e il coro<br />

battente<br />

CINEMA<br />

di Valentina Fioramonti<br />

31 Mio fratello è figlio unico<br />

ARTE<br />

di Don Marco Nemesi<br />

32 L’icona di Andreej Rublev<br />

Direttore Responsabile<br />

Don Angelo Mancini<br />

Col<strong>la</strong>boratori<br />

Stanis<strong>la</strong>o Fioramonti<br />

Tonino Parmeggiani<br />

Gaetano Campanile<br />

Proprietà<br />

Diocesi di Velletri-Segni<br />

Registrazione <strong>del</strong> Tribunale di Velletri n.<br />

9/2004 <strong>del</strong> 23.04.2004<br />

Stampa: Tipolitografia Edizioni Anselmi<br />

s.r.l. - Marigliano (NA)<br />

Redazione<br />

C.so <strong>del</strong><strong>la</strong> Repubblica 343<br />

00049 VELLETRI RM<br />

06.9630051 fax 96100596<br />

curia@diocesi.velletri-segni.it<br />

A questo numero hanno col<strong>la</strong>borato<br />

inoltre: S.E. Mons. Vincenzo Apicel<strong>la</strong>,<br />

Convento di c<strong>la</strong>usura Madonna <strong>del</strong>le Grazie,<br />

don Dario Vitali, mons. Franco Risi, Sara<br />

Bianchini, Mara Del<strong>la</strong> Vecchia, Pier<br />

Giorgio Liverani, Andrea Pacchiarotti, Alberto<br />

Massotti, diac. Pietro Latini, mons.<br />

Leonardo D’Ascenzo, Antonio Venditti, don<br />

Marco Nemesi, Emanue<strong>la</strong> Ciar<strong>la</strong>, Alessandro<br />

Gentili, Valentina Fioramonti, Fernanda<br />

Spigone, Silvia Ga<strong>la</strong>nte, Dorina e Nicolina<br />

Tartaglione, Seminaristi <strong>del</strong><strong>la</strong> Diocesi,<br />

Seminaristi Don Orione, Suore Apostolin,<br />

S.E. Mons. Andrea M. Erba.<br />

Consultabile online in formato pdf sul<br />

sito:<br />

www.diocesi.velletri-segni.it<br />

DISTRIBUZIONE GRATUITA<br />

In copertina:<br />

Ve<strong>la</strong>zquez, Cena in Emmaus, 1520<br />

New York, Metropolitan Museum<br />

Il contenuto di articoli, servizi<br />

foto e loghi nonché quello voluto<br />

da chi vi compare rispecchia<br />

esclusivamente il pensiero<br />

degli artefici e non vinco<strong>la</strong> mai<br />

in nessun modo Ecclesìa in Cammino,<br />

<strong>la</strong> direzione e <strong>la</strong> redazione<br />

Queste, insieme al<strong>la</strong> proprietà,<br />

si riservano inoltre il pieno<br />

ed esclusivo diritto di pubblicazione,<br />

modifica e stampa a propria<br />

insindacabile discrezione<br />

senza alcun preavviso<br />

o autorizzazioni. Articoli, fotografie<br />

ed altro materiale, anche se<br />

non pubblicati, non si restituiscono.<br />

E’ vietata ogni tipo di riproduzione<br />

di testi, fotografie, disegni, marchi,<br />

ecc. senza esplicita autorizzazione <strong>del</strong><br />

direttore.


03_1 Darfur.qxp 27/06/2007 10.14 Pagina 1<br />

Giugno<br />

2007<br />

Grandi Temi 3<br />

Rivolgendosi “ai fratelli e sorelle <strong>del</strong> mondo<br />

intero e agli uomini e donne di buona volontà”,<br />

Benedetto XVI ha ricordato “con rinnovata emozione” il<br />

mistero di Gesù risorto, fonda<strong>mento</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> fede e <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

speranza cristiana. Una fede risvegliata negli Apostoli<br />

da Gesù stesso, apparendo e par<strong>la</strong>ndo loro dopo <strong>la</strong> resurrezione;<br />

e rinsaldata nello stesso apostolo Tommaso, che<br />

dopo aver dubitato esc<strong>la</strong>ma: “Mio Signore e mio Dio!”.<br />

“Se in questo Apostolo, dice il papa, possiamo riscontrare<br />

i dubbi e le incertezze di tanti cristiani di oggi, le<br />

paure e le <strong>del</strong>usioni di innumerevoli nostri contemporanei,<br />

con lui possiamo anche riscoprire con convinzione rinnovata<br />

<strong>la</strong> fede in Cristo morto e risorto per noi. (…). Ciascuno<br />

di noi può essere tentato dall’incredulità di Tommaso. Il<br />

dolore, il male, le ingiustizie, <strong>la</strong> morte, specialmente quando<br />

colpiscono gli innocenti – ad esempio, i bambini vittime<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> guerra e <strong>del</strong> terrorismo, <strong>del</strong>le ma<strong>la</strong>ttie e <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

fame – non mettono forse a dura prova <strong>la</strong> nostra fede?<br />

Eppure paradossalmente, proprio in questi casi, l’incredulità<br />

di Tommaso ci è utile e preziosa, perché ci conduce a<br />

scoprire il volto autentico di Dio, che in Cristo si è caricato<br />

<strong>del</strong>le piaghe <strong>del</strong>l’umanità ferita”. Infatti “solo un Dio<br />

che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il<br />

nostro dolore, soprattutto quello innocente, è degno di<br />

fede”.<br />

“Quante ferite, quanto dolore nel mondo!”, constata il papa,<br />

che elenca tanti luoghi colpiti da lutti e tragedie, per ricordarli<br />

a un mondo che talvolta nemmeno li conosce. “Ca<strong>la</strong>mità<br />

naturali e tragedie umane provocano innumerevoli vittime<br />

e ingenti danni materiali”, e cita il Madagascar, le<br />

Isole Salomone, l’America Latina e altre Regioni <strong>del</strong> mondo.“Penso<br />

al f<strong>la</strong>gello <strong>del</strong><strong>la</strong> fame, alle ma<strong>la</strong>ttie incurabili,<br />

al terrorismo e ai sequestri di persona, ai mille volti<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> violenza – talora giustificata in nome <strong>del</strong><strong>la</strong> religione<br />

– al disprezzo <strong>del</strong><strong>la</strong> vita e al<strong>la</strong> vio<strong>la</strong>zione dei diritti<br />

umani, allo sfrutta<strong>mento</strong><br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> persona”; e guarda<br />

con apprensione al<strong>la</strong> condizione<br />

in cui si trovano<br />

non poche regioni <strong>del</strong>l’Africa:<br />

“nel Darfur e nei Paesi vicini<br />

permane una catastrofica<br />

e purtroppo sottovalutata<br />

situazione umanitaria;<br />

a Kinshasa, nel<strong>la</strong><br />

Repubblica Democratica<br />

<strong>del</strong> Congo, scontri e saccheggi<br />

fanno temere per<br />

il futuro <strong>del</strong> processo<br />

democratico e <strong>del</strong><strong>la</strong> ricostruzione<br />

<strong>del</strong> Paese; in Somalia <strong>la</strong> ripresa dei combattimenti<br />

allontana <strong>la</strong> prospettiva <strong>del</strong><strong>la</strong> pace e appesantisce<br />

<strong>la</strong> crisi regionale, specialmente per quanto riguarda<br />

gli spostamenti <strong>del</strong><strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione e il traffico <strong>del</strong>le armi;<br />

una grave crisi attanaglia lo Zimbabwe, per <strong>la</strong> quale i<br />

vescovi <strong>del</strong> Paese hanno indicato come unica via di supera<strong>mento</strong><br />

<strong>la</strong> preghiera e l’impegno condiviso per il bene<br />

comune”. Ma <strong>la</strong> lista dei luoghi sofferenti comprende anche<br />

Timor Est al<strong>la</strong> vigilia di importanti scadenze elettorali;<br />

Sri Lanka insanguinato da un drammatico conflitto; l’Afghanistan<br />

segnato da crescente inquietudine e instabilità; il<br />

Medio Oriente ove, se dà speranza il dialogo israeolopalestinese,<br />

danno sgo<strong>mento</strong> le stragi in Iraq e le gravi<br />

prospettive future <strong>del</strong> Libano; né il papa può dimenticare<br />

le difficoltà che le comunità cristiane <strong>del</strong> Medio Oriente<br />

affrontano quotidianamente e l’esodo dei Cristiani dal<strong>la</strong><br />

Terra benedetta che è <strong>la</strong> cul<strong>la</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> nostra fede. La<br />

gioia pasquale non deve dunque farci dimenticare le tragedie<br />

<strong>del</strong> nostro tempo, anche se – ci indica Benedetto<br />

XVI – “attraverso le piaghe di Cristo possiamo vedere<br />

questi mali che affliggono l’umanità con occhi di speranza.<br />

Risorgendo infatti il Signore non ha tolto <strong>la</strong> sofferenza<br />

e il male dal mondo, ma li ha vinti al<strong>la</strong> radice con <strong>la</strong> sovrabbondanza<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> sua grazia. Al<strong>la</strong> prepotenza <strong>del</strong> Male ha<br />

opposto l’onnipotenza <strong>del</strong> suo Amore”. Oltre agli auguri,<br />

nelle parole <strong>del</strong> papa è bene vedere dunque l’ invito<br />

a non rinchiudersi nel proprio mondo, ad aprire <strong>la</strong> mente<br />

e il cuore alle altre nazioni, specie quelle più in difficoltà;<br />

un invito insomma al<strong>la</strong> missionarietà, che deve sempre<br />

essere caratteristica essenziale <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa e di quanti<br />

ne fanno parte. Per questo, convinti che si può essere<br />

missionari anche mediante <strong>la</strong> conoscenza, ci ripromettiamo<br />

da queste<br />

pagine di approfondire<br />

<strong>la</strong> conoscenza<br />

dei Paesi<br />

ricordati dal papa<br />

nel suo messaggio<br />

pasquale: <strong>la</strong> loro<br />

realtà è infatti<br />

esemplificativa <strong>del</strong>le<br />

problematiche e<br />

<strong>del</strong>le contraddizioni<br />

dei continenti<br />

“Il Signore non ha<br />

tolto <strong>la</strong> sofferenza e il<br />

male dal mondo, ma li ha<br />

vinti al<strong>la</strong> radice”<br />

più poveri.<br />

Cominciamo par<strong>la</strong>ndo<br />

<strong>del</strong> Darfur. Di<br />

questa regione <strong>del</strong> Sudan occidentale abbiamo già trattato<br />

nel<strong>la</strong> nostra rivista (v. febbraio 2006). Abbiamo detto<br />

che da circa quattro anni vi si combatte una feroce<br />

guerra civile tra milizie filogovernative e gruppi ribelli, le<br />

cui conseguenze sono sopportate tutte dal<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />

civile, esposta a combattimenti, saccheggi, incendi dei<br />

propri vil<strong>la</strong>ggi. Così si devono contare finora 300mi<strong>la</strong> morti,<br />

2 milioni di sfol<strong>la</strong>ti sia all’interno <strong>del</strong> Sudan che nel<br />

confinante Ciad, a sua volta coinvolto nel<strong>la</strong> guerra, e 200mi<strong>la</strong><br />

rifugiati. La situazione fu definita dall’ex segretario generale<br />

<strong>del</strong>l’ONU Kofi Annan “L’inferno sul<strong>la</strong> terra”; ma <strong>la</strong><br />

prova che l’inferno esiste non sembra impressionare troppo<br />

le altre nazioni, specie quelle <strong>del</strong> mondo cosiddetto<br />

sviluppato, che dopo aver a lungo fatto finta di nul<strong>la</strong>, solo<br />

da poco sembrano aver aperto gli occhi su quel<strong>la</strong> polveriera.<br />

Le associazioni di volontariato e di cooperazione<br />

internazionale hanno insistito sul fatto che solo assicurando<br />

ai cittadini una corretta e completa informazione<br />

si può sperare in una mobilitazione in tempi utili <strong>del</strong>le<br />

istituzioni per trovare una soluzione al conflitto in corso.<br />

Ma quante volte avete letto sui giornali o ascoltato<br />

nei notiziari radiotelevisivi <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> Darfur?Il Global blogs<br />

for Darfur, Movi<strong>mento</strong> italiano per i diritti umani nel Darfur,<br />

si è dunque mobilitato con nuove iniziative per risvegliare<br />

l’attenzione <strong>del</strong> nostro Paese, che tra l’altro dal gennaio<br />

di quest’anno presiede, con il suo ambasciatore presso<br />

l’ONU, <strong>la</strong> commissione per le sanzioni contro il Sudan.<br />

E’ stato organizzato così, per <strong>la</strong> prima volta in Italia e<br />

in contemporanea con circa cinquanta Paesi nel mondo,<br />

il Global Day for Darfur, che peraltro ha suscitato<br />

scarsissimo interesse nei media. Ed è stato <strong>la</strong>nciato per<br />

via telematica un appello per chiedere al<strong>la</strong> Rai, a Mediaset<br />

e a La 7 di dare più spazio all’informazione sul Darfur<br />

e sulle crisi umanitarie <strong>del</strong> mondo. Questo appello, che<br />

tutti possono firmare on-line sul sito www.savetherabbit.net//darfur/,<br />

dice: “Scrivo per <strong>la</strong>mentarmi <strong>del</strong>l’esiguo<br />

spazio dedicato dal<strong>la</strong> vostra azienda al genocidio in corso<br />

nel<strong>la</strong> regione <strong>del</strong> Darfur in Sudan. Nel Darfur si muore<br />

da tre anni ma l’al<strong>la</strong>rme <strong>la</strong>nciato da organizzazioni<br />

umanitarie e militanti per i diritti civili rimane inascoltato<br />

dai maggiori media italiani. Finora si contano trecentomi<strong>la</strong><br />

morti, duecentomi<strong>la</strong> rifugiati e due milioni e mezzo di sfol<strong>la</strong>ti<br />

che hanno fatto valere al<strong>la</strong> crisi il titolo di genocidio.<br />

I mezzi televisivi italiani raggiungono oggi <strong>la</strong> maggior parte<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione <strong>del</strong><strong>la</strong> peniso<strong>la</strong> come fonte primaria<br />

se non unica d’informazione. La televisione detiene<br />

il potere d’informazione, ma anche i quotidiani, seppure<br />

in maniera minore, possono concorrere a informare<br />

gli italiani su cosa stia accadendo oggi nel Darfur. Molto<br />

spesso, ciò che non è raccontato dai media televisivi non<br />

esiste per <strong>la</strong> maggior parte <strong>del</strong>le famiglie italiane. Alimentando<br />

una maggiore coscienza <strong>del</strong> genocidio in atto nel Darfur,<br />

i media italiani possono contribuire a fermare le ingiustizie<br />

e le atrocità che si stanno compiendo nel<strong>la</strong> regione.<br />

Per questo Vi chiedo di aumentare lo spazio dedicato<br />

all’informazione sul genocidio <strong>del</strong> Darfur, per porre<br />

fine alle gravi azioni contro i diritti umani e <strong>la</strong> dignità<br />

stessa <strong>del</strong>l’uomo.Come fruitore di un servizio pubblico<br />

e privato, vi prego di dare maggiore importanza al<strong>la</strong> tragedia<br />

che si sta compiendo, attraverso una programmazione<br />

che dia spazio anche quotidianamente a servizi e<br />

dossier sul genocidio <strong>del</strong> Darfur.<br />

Stanis<strong>la</strong>o Fioramonti


Santa Sede<br />

Giugno<br />

4 2007<br />

MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI<br />

PER LA XLI GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI<br />

Cari Fratelli e Sorelle,<br />

Il tema <strong>del</strong><strong>la</strong> 41ª Giornata Mondiale <strong>del</strong>le<br />

Comunicazioni Sociali, "I bambini e i mezzi di comunicazione:<br />

una sfida per l'educazione", ci invita a<br />

riflettere su due aspetti che sono di partico<strong>la</strong>re rilevanza.<br />

Uno è <strong>la</strong> formazione dei bambini. L'altro, forse<br />

meno ovvio ma non meno importante, è <strong>la</strong> formazione<br />

dei media.<br />

Le complesse sfide che l'educazione<br />

contemporanea deve affrontare<br />

sono spesso collegate al<strong>la</strong> diffusa<br />

influenza dei media nel nostro<br />

mondo. Come aspetto <strong>del</strong> fenomeno<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> globalizzazione e facilitati<br />

dal rapido sviluppo <strong>del</strong><strong>la</strong> tecnologia,<br />

i media <strong>del</strong>ineano fortemente<br />

l'ambiente culturale (cf.<br />

Giovanni Paolo II, Lett. ap. Il Rapido<br />

Sviluppo, 3). In verità, vi è chi afferma<br />

che l'influenza formativa<br />

dei media è in competizione con<br />

quel<strong>la</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> scuo<strong>la</strong>, <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa<br />

e, forse, addirittura con quel<strong>la</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

famiglia. "Per molte persone,<br />

<strong>la</strong> realtà corrisponde a ciò che<br />

i media definiscono come tale"<br />

(Pontificio Consiglio <strong>del</strong>le<br />

Comunicazioni Sociali, Aetatis<br />

Novae, 4).<br />

Il rapporto tra bambini, media ed<br />

educazione può essere considerato<br />

da due prospettive: <strong>la</strong> formazione<br />

dei bambini da parte dei media<br />

e <strong>la</strong> formazione dei bambini per<br />

rispondere in modo appropriato<br />

ai media. Emerge una specie<br />

di reciprocità che punta alle responsabilità<br />

dei media come industria<br />

e al bisogno di una partecipazione<br />

attiva e critica da parte dei lettori,<br />

degli spettatori e degli<br />

ascoltatori. Dentro questo contesto,<br />

l'adeguata formazione ad<br />

un uso corretto dei media è essenziale<br />

per lo sviluppo culturale, morale<br />

e spirituale dei bambini.<br />

In che modo questo bene comune<br />

deve essere protetto e promosso?<br />

Educare i bambini ad essere<br />

selettivi nell'uso dei media è<br />

responsabilità dei genitori, <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Chiesa e <strong>del</strong><strong>la</strong> scuo<strong>la</strong>. Il ruolo<br />

dei genitori è di primaria importanza.<br />

Essi hanno il diritto e il dovere di garantire<br />

un uso prudente dei media, formando <strong>la</strong> coscienza<br />

dei loro bambini affinché siano in grado di esprimere<br />

giudizi validi e obiettivi che li guideranno nello<br />

scegliere o rifiutare i programmi proposti (cfr Giovanni<br />

Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 76). Nel fare<br />

questo, i genitori dovrebbero essere incoraggiati e<br />

sostenuti dal<strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> e dal<strong>la</strong> parrocchia, nel<strong>la</strong> certezza<br />

che questo difficile, sebbene gratificante, aspetto<br />

<strong>del</strong>l'essere genitori è sostenuto dall'intera comunità.<br />

L'educazione ai media dovrebbe essere positiva. Ponendo<br />

i bambini di fronte a quello che è esteticamente e<br />

moralmente eccellente, essi vengono aiutati a sviluppare<br />

<strong>la</strong> propria opinione, <strong>la</strong> prudenza e <strong>la</strong> capacità<br />

di discerni<strong>mento</strong>. È qui importante riconoscere<br />

il valore fondamentale <strong>del</strong>l'esempio dei genitori<br />

e i vantaggi nell'introdurre i giovani ai c<strong>la</strong>ssici <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

letteratura infantile, alle belle arti e al<strong>la</strong> musica<br />

nobile. Mentre <strong>la</strong> letteratura popo<strong>la</strong>re avrà sempre<br />

il proprio posto nel<strong>la</strong> cultura, <strong>la</strong> tentazione di far sensazione<br />

non dovrebbe essere passivamente accettata<br />

nei luoghi di insegna<strong>mento</strong>. La bellezza, quasi<br />

specchio <strong>del</strong> divino, ispira e vivifica i cuori e le<br />

menti giovanili, mentre <strong>la</strong> bruttezza e <strong>la</strong> volgarità hanno<br />

un impatto deprimente sugli atteggiamenti ed i<br />

comportamenti.<br />

Come l'educazione in generale, quel<strong>la</strong> ai media richiede<br />

formazione nell'esercizio <strong>del</strong><strong>la</strong> libertà. Si tratta<br />

di una responsabilità impegnativa. Troppo spesso<br />

<strong>la</strong> libertà è presentata come un'instancabile ricerca<br />

<strong>del</strong> piacere o di nuove esperienze. Questa è una<br />

condanna, non una liberazione! La vera libertà non<br />

condannerebbe mai un individuo - soprattutto un bambino<br />

- all'insaziabile ricerca <strong>del</strong><strong>la</strong> novità. Al<strong>la</strong> luce<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> verità, l'autentica libertà viene sperimentata come<br />

una risposta definitiva al "sì" di Dio all'umanità, chiamandoci<br />

a scegliere, non indiscriminatamente ma<br />

<strong>del</strong>iberatamente, tutto quello che è buono, vero e<br />

bello. I genitori sono i guardiani di questa libertà e,<br />

dando gradualmente una maggiore libertà ai loro<br />

bambini, li introducono al<strong>la</strong> profonda gioia <strong>del</strong><strong>la</strong> vita<br />

(cf. Discorso al V Incontro Mondiale <strong>del</strong>le Famiglie,<br />

Valencia, 8 Luglio 2006).<br />

Questo desiderio profondamente sentito di genitori<br />

ed insegnanti di educare i bambini nel<strong>la</strong> via <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

bellezza, <strong>del</strong><strong>la</strong> verità e <strong>del</strong><strong>la</strong> bontà può essere<br />

sostenuto dall'industria dei media solo nel<strong>la</strong> misura<br />

in cui promuove <strong>la</strong> dignità fondamentale <strong>del</strong>l'essere<br />

umano, il vero valore <strong>del</strong> matrimonio e <strong>del</strong><strong>la</strong> vita familiare,<br />

le conquiste positive ed i traguardi <strong>del</strong>l'umanità.<br />

Da qui, <strong>la</strong> necessità che i media siano impegnati<br />

nell'effettiva formazione e nel rispetto <strong>del</strong>l'etica<br />

viene visto con partico<strong>la</strong>re interesse ed urgenza<br />

non solo dai genitori, ma anche<br />

da coloro che hanno un senso di responsabilità<br />

civica.<br />

Mentre si afferma che molti operatori<br />

dei media vogliono fare quello<br />

che è giusto (cf. Pontificio Consiglio<br />

<strong>del</strong>le Comunicazioni Sociali, Etica nelle<br />

comunicazioni sociali, 4), occorre<br />

riconoscere che quanti <strong>la</strong>vorano<br />

in questo settore si confrontano con<br />

"pressioni psicologiche e dilemmi etici<br />

speciali" (Aetatis Novae, 19) che<br />

a volte vedono <strong>la</strong> competitività commerciale<br />

costringere i comunicatori<br />

ad abbassare gli standard. Ogni<br />

tendenza a produrre programmi - compresi<br />

film d'animazione e video<br />

games - che in nome <strong>del</strong> diverti<strong>mento</strong><br />

esaltano <strong>la</strong> violenza, riflettono comportamenti<br />

anti-sociali o volgarizzano<br />

<strong>la</strong> sessualità umana, è perversione,<br />

ancor di più quando questi programmi<br />

sono rivolti a bambini e adolescenti.<br />

Come spiegare questo "diverti<strong>mento</strong>"<br />

agli innumerevoli giovani innocenti<br />

che sono nel<strong>la</strong> realtà vittime <strong>del</strong><strong>la</strong> violenza,<br />

<strong>del</strong>lo sfrutta<strong>mento</strong> e <strong>del</strong>l'abuso?<br />

A tale proposito, tutti dovrebbero riflettere<br />

sul contrasto tra Cristo che "prendendoli<br />

fra le braccia (i bambini) e<br />

imponendo loro le mani li benediceva"<br />

(Mc 10,16) e quello che chi scandalizza<br />

uno di questi piccoli per lui "è meglio<br />

per lui che gli sia messa al collo una<br />

pietra da mulino" (Lc 17,2). Faccio<br />

nuovamente appello ai responsabili<br />

<strong>del</strong>l'industria dei media, affinché formino<br />

ed incoraggino i produttori a salvaguardare<br />

il bene comune, a<br />

sostenere <strong>la</strong> verità, a proteggere <strong>la</strong><br />

dignità umana individuale e a promuovere<br />

il rispetto per le necessità<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> famiglia.<br />

La Chiesa stessa, al<strong>la</strong> luce <strong>del</strong> messaggio<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> salvezza che le è stato<br />

affidato, è anche maestra di umanità<br />

e vede con favore l'opportunità di offrire assistenza<br />

ai genitori, agli educatori, ai comunicatori ed<br />

ai giovani. Le parrocchie ed i programmi <strong>del</strong>le scuole<br />

oggi dovrebbero essere all'avanguardia per quanto<br />

riguarda l'educazione ai media. Soprattutto, <strong>la</strong> Chiesa<br />

vuole condividere una visione in cui <strong>la</strong> dignità umana<br />

sia il centro di ogni valida comunicazione. "Io vedo<br />

con gli occhi di Cristo e posso dare all'altro ben più<br />

che le cose esternamente necessarie: posso<br />

donargli lo sguardo di amore di cui egli ha bisogno"<br />

(Deus Caritas Est, 18).<br />

Dal Vaticano, 24 gennaio 2007, Festa di San Francesco<br />

di Sales.<br />

BENEDICTUS PP. XVI


Giugno<br />

2007<br />

Concilio Vaticano II 5<br />

Vaticano II:<br />

l’appartenenza al<strong>la</strong> Chiesa<br />

<strong>Dopo</strong> l’analisi dettagliata di LG 13 sull’universalità<br />

<strong>del</strong>l’unico popolo di Dio, al<strong>la</strong> quale abbiamo dedicato<br />

due numeri, possiamo accostare finalmente i nn.<br />

14, 15 e 16 <strong>del</strong><strong>la</strong> Lumen Gentium dove si fissano finalmente<br />

i criteri di appartenenza al<strong>la</strong> Chiesa. Molti Padri<br />

conciliari avevano addirittura proposto di comporre in<br />

un unico numero tutta <strong>la</strong> materia, sotto il titolo «de coniunctione<br />

cum Ecclesia». I numeri in questione disegnano,<br />

infatti, tre cerchi concentrici che indicano il rapporto<br />

al<strong>la</strong> Chiesa di cattolici, cristiani non cattolici e non cristiani,<br />

indicando distintamente il legame al<strong>la</strong> Chiesa attraverso<br />

tre verbi: i primi sono «pienamente incorporati»,<br />

i secondi sono «congiunti», gli ultimi «in vari modi ordinati<br />

al popolo di Dio». Qui mi limiterò a trattare i primi<br />

due cerchi, rimandando il rapporto <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa con i<br />

non cristiani al prossimo numero. Comunque, proprio<br />

per il differente rapporto (pertinentia) al<strong>la</strong> Chiesa, <strong>la</strong> commissione<br />

dottrinale ha preferito mantenere distinti i numeri<br />

ratione charitatis, in quanto un testo unico avrebbe<br />

costretto le diverse forme di legame con <strong>la</strong> Chiesa sotto<br />

quel<strong>la</strong> più vinco<strong>la</strong>nte <strong>del</strong>l’incorporazione.<br />

Infatti, il n. 14 si apre con il tema controverso <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

necessità <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa per <strong>la</strong> salvezza, recentemente<br />

ribadito anche dall’istruzione <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa Dominus Iesus<br />

(6 agosto 2000), che tanto c<strong>la</strong>more ha suscitato in ambito<br />

di dialogo ecumenico: «Il santo concilio insegna, appoggiandosi<br />

sul<strong>la</strong> sacra Scrittura e sul<strong>la</strong> Tradizione, che<br />

questa Chiesa pellegrinante è necessaria al<strong>la</strong> salvezza».<br />

L’argomentazione evoca immediatamente l’assioma<br />

di Cipriano di Cartagine, ripetuto per tutto il II millennio<br />

fino alle soglie <strong>del</strong> Vaticano II contro gli eretici: extra<br />

Ecclesiam nul<strong>la</strong> salus. La necessità <strong>del</strong><strong>la</strong> fede e <strong>del</strong><br />

battesimo per <strong>la</strong> salvezza, affermata da Cristo stesso,<br />

porta infatti ad affermare <strong>la</strong> necessità <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa, «nel<strong>la</strong><br />

quale gli uomini entrano mediante il battesimo come<br />

per una porta». «Perciò – continua <strong>la</strong> costituzione –<br />

non potrebbero salvarsi quegli uomini che, non ignorando<br />

che <strong>la</strong> Chiesa cattolica è stata fondata come necessaria<br />

da Dio stesso per mezzo di Cristo, non avessero<br />

tuttavia voluto entrare in essa, o in essa perseverare».<br />

Chiarita <strong>la</strong> necessità <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa per <strong>la</strong> salvezza,<br />

il testo afferma chi e a quali condizioni sia incorporato<br />

pienamente al<strong>la</strong> Chiesa, anzi, «al<strong>la</strong> società <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Chiesa». Si tratta di un’appartenenza visibile, verificabile,<br />

quindi formale: «Sono pienamente incorporati<br />

nel<strong>la</strong> società <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa quelli che, avendo lo Spirito<br />

di Cristo [nel senso che sono stati battezzati: si tratta<br />

di una condizione oggettiva, non soggettiva], accettano<br />

integra <strong>la</strong> sua struttura e tutti i mezzi di salvezza in<br />

essa istituiti, e nel suo organismo visibile sono uniti a<br />

Cristo – che <strong>la</strong> dirige mediante il sommo pontefice e i<br />

vescovi – dai vincoli <strong>del</strong><strong>la</strong> professione di fede, dei sacramenti,<br />

<strong>del</strong> governo ecclesiastico e <strong>del</strong><strong>la</strong> comunione».<br />

Il testo, un po’ ridondante per il tentativo di integrare<br />

<strong>la</strong> concezione più teologica <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa proposta<br />

dal concilio, ripete sostanzialmente l’affermazione<br />

tradizionale, e<strong>la</strong>borata dal<strong>la</strong> teologia cattolica dopo <strong>la</strong><br />

Riforma protestante. Basta riprendere un famoso testo<br />

<strong>del</strong> cardinal Bel<strong>la</strong>rmino nelle sue Controversiae<br />

(1587), il quale afferma contro i Riformatori che <strong>la</strong> Chiesa<br />

«consiste in un ceto di uomini legato insieme dal<strong>la</strong> professione<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> medesima fede cristiana, dal<strong>la</strong> comunione<br />

degli stessi sacramenti, sotto <strong>la</strong> guida dei legittimi<br />

pastori, e partico<strong>la</strong>rmente <strong>del</strong> Romano Pontefice,<br />

vicario di Cristo. Da questa definizione si può facilmente<br />

dedurre chi siano coloro che appartengono al<strong>la</strong> Chiesa<br />

e coloro che non vi appartengono. Tre sono, infatti, le<br />

parti di questa definizione: <strong>la</strong> professione <strong>del</strong><strong>la</strong> vera fede,<br />

<strong>la</strong> comunione dei sacramenti e l’obbedienza al legittimo<br />

pastore, il Romano Pontefice. In ragione <strong>del</strong><strong>la</strong> prima<br />

parte si escludono tutti gli infe<strong>del</strong>i, tanto quelli che<br />

non furono mai nel<strong>la</strong> Chiesa, come gli ebrei, i turchi, i<br />

pagani, quanto quelli che vi furono una volta, ma poi<br />

se ne sono allontanati, come gli eretici e gli apostati.<br />

In ragione <strong>del</strong><strong>la</strong> seconda, si escludono i catecumeni<br />

e gli scomunicati, perché quelli non sono stati ancora<br />

ammessi al<strong>la</strong> comunione dei sacramenti, questi sono<br />

stati ammessi e poi esclusi. In ragione <strong>del</strong><strong>la</strong> terza si<br />

escludono gli scismatici che hanno <strong>la</strong> fede e i sacramenti,<br />

ma non sono sottoposti al legittimo pastore, e<br />

perciò professano <strong>la</strong> fede e ricevono i sacramenti fuori<br />

[<strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa]. Sono inclusi però tutti gli altri, anche<br />

se reprobi, cattivi ed empi.<br />

La differenza tra <strong>la</strong> nostra e le altre sentenze è che le<br />

altre richiedono virtù interne per l’ammissione di qualcuno<br />

nel<strong>la</strong> Chiesa, e per questo rendono invisibile <strong>la</strong><br />

Chiesa vera; noi, invece, mentre crediamo che nel<strong>la</strong><br />

Chiesa si trovano tutte le virtù, <strong>la</strong> fede, <strong>la</strong> speranza, <strong>la</strong><br />

carità e le altre, perché qualcuno si possa ritenere parte<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa di cui par<strong>la</strong>no le Scritture, non riteniamo<br />

che si richieda alcuna virtù interna, ma soltanto <strong>la</strong> professione<br />

esterna <strong>del</strong><strong>la</strong> fede e <strong>la</strong> comunione dei sacramenti,<br />

che si percepisce con i sensi. La Chiesa, infatti,<br />

è il ceto degli uomini, così visibile e palpabile, come<br />

lo è il ceto <strong>del</strong> popolo romano, o il regno di Gallia, o <strong>la</strong><br />

repubblica di Venezia».<br />

Se <strong>la</strong> posizione <strong>del</strong><strong>la</strong> controversistica cattolica dopo<br />

il concilio di Trento irrigidiva le condizioni di appartenenza,<br />

fissando perentoriamente i termini <strong>del</strong>l’esclusione<br />

dal<strong>la</strong> Chiesa, il testo conciliare prova a percorrere<br />

<strong>la</strong> strada complementare, indicando ciò che invece<br />

unisce al<strong>la</strong> Chiesa. Lo si avverte quando par<strong>la</strong> dei<br />

catecumeni, che per <strong>la</strong> costituzione sono già uniti al<strong>la</strong><br />

Chiesa (anche se non formalmente incorporati), per cui<br />

«<strong>la</strong> Madre Chiesa li ricopre <strong>del</strong> suo amore e <strong>del</strong>le sue<br />

cure un suos», vale a dire come se già fossero incorporati.<br />

Ancora di più lo si avverte nei due numeri successivi,<br />

quando si par<strong>la</strong> dei cristiani non cattolici e dei<br />

non cristiani.<br />

Per smorzare <strong>la</strong> forza <strong>del</strong><strong>la</strong> divisione e <strong>del</strong> contrasto<br />

con gli altri cristiani, ribadito per secoli su un fronte<br />

e sull’altro con reciproche accuse e scomuniche, il<br />

testo preferisce sottolineare ciò che unisce più di ciò<br />

che divide. Per raggiungere questo risultato, <strong>la</strong> Lumen<br />

Gentium di fatto rovescia l’impianto <strong>del</strong>l’argomentazione<br />

tradizionale: non dice, infatti, che i non cattolici non appartengono<br />

pienamente al<strong>la</strong> Chiesa – piuttosto indica le<br />

cause per cui non realizzano una piena appartenenza<br />

al<strong>la</strong> Chiesa –, ma preferisce affermare che <strong>la</strong> Chiesa<br />

è congiunta a loro per più ragioni. Ecco il passaggio,<br />

che costituisce un caposaldo <strong>del</strong><strong>la</strong> visione cattolica <strong>del</strong>l’ecumenismo:<br />

«Con coloro che, battezzati, sono certamente<br />

insigniti <strong>del</strong> nome cristiano, ma non professano<br />

<strong>la</strong> fede integrale o non conservano l’unità <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

comunione sotto il successore di Pietro, <strong>la</strong> Chiesa sa<br />

di essere per più ragioni congiunta». Il testo, specificando<br />

ciò che unisce <strong>la</strong> Chiesa agli altri cristiani, si rial<strong>la</strong>ccia<br />

a LG 8, dove si par<strong>la</strong>va <strong>del</strong><strong>la</strong> presenza al di fuari<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa cattolica di «molteplici elementi di santificazione<br />

e di verità che, come doni propri <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa,<br />

spingono verso l’unità cattolica».<br />

Si capisce in questa prospettiva <strong>la</strong> speranza <strong>del</strong><br />

concilio e il conseguente impegno <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa: «Così<br />

lo Spirito suscita in tutti i discepoli di Cristo il desiderio<br />

e l’azione, affinché tutti, nel modo da Cristo stabilito,<br />

pacificamente si uniscano in un solo gregge sotto<br />

un solo pastore. E per ottenere questo, <strong>la</strong> Madre Chiesa<br />

non cessa di sperare, pregare e operare, ed esorta i<br />

figli a purificarsi e rinnovarsi, perché il segno di Cristo<br />

risplenda più chiaramente sul volto <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa».<br />

Don Dario Vitali<br />

Parroco e Teologo


Grandi Temi<br />

Giugno<br />

6 2007<br />

Qualche anno fa un’indagine <strong>del</strong> Consiglio Nazionale <strong>del</strong>le<br />

Ricerche accertò che, nel vocabo<strong>la</strong>rio infantile, <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> “mamma”<br />

non era più al primo posto tra quelle conosciute e pronunciate,<br />

ma al secondo, subito dopo “casa”. Che cosa poteva significare?<br />

Forse che l’interesse per i beni materiali, per <strong>la</strong> sicurezza,<br />

per il “welfare” vale a dire per il benessere, prevale ormai sul valore<br />

dei rapporti umani e perfino <strong>del</strong>le re<strong>la</strong>zioni familiari. O forse, come<br />

direbbe lo psicanalista tedesco Erich Fromm, l’avere conta più <strong>del</strong>l’essere.<br />

Sta di fatto che oggi <strong>la</strong> mamma è stata ulteriormente dec<strong>la</strong>ssata,<br />

anzi è avviata verso <strong>la</strong> sua scomparsa almeno come nome di persona.<br />

E questo per legge. Abbiamo già avuto occasione di vedere<br />

come l’equivalente, anche se meno familiare, “madre” sia stata<br />

accuratamente espurgata (insieme con “figlio”) dal<strong>la</strong> legge di aborpadre,<br />

si sentiranno ridotti a bambole destinate a soddisfare<br />

i “diritti” o, meglio, i desideri, i bisogni soggettivi<br />

di due adulti insoddisfatti e umanamente non<br />

maturati. Qualcuno, con finta pietà, spiega che par<strong>la</strong>ndo<br />

di mamma e di papà agli orfani <strong>del</strong>l’egoismo<br />

o <strong>del</strong>l’incoscienza, vale a dire ai figli dei separati, dei<br />

divorziati, li si discrimina rispetto ai figli <strong>del</strong>le famiglie<br />

normali.<br />

Ma è giusto togliere, a chi li ha, il sapore dei nomi<br />

dei loro papà e <strong>del</strong>le loro mamme? E spegnere, in<br />

chi non li ha perché figli di genitori separati o divorziati<br />

o mai sposati, <strong>la</strong> speranza di riaverli con sé nelza<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> persona o <strong>del</strong><strong>la</strong> cosa cui appartiene.<br />

Tutti ricordiamo che uno dei primi comandi<br />

che Dio diede agli uomini subito dopo <strong>la</strong><br />

loro creazione, fu di “dare il nome” alle cose<br />

e che, ancor prima, fu Adamo stesso a dare<br />

dio sua iniziativa il nome al<strong>la</strong> donna:<br />

Hawwah in ebraico, cioè Eva, cioè Zoe in<br />

greco, che vuol dire “vita” nel senso di colei<br />

che <strong>la</strong> genera.<br />

Questo è vero ancora oggi nel<strong>la</strong> nostra cultura<br />

che sa che cancel<strong>la</strong>ndo i nomi <strong>del</strong>le cose<br />

e <strong>del</strong>le persone – qui i nomi di mamma e<br />

papà – si cancel<strong>la</strong> anche l’idea stessa <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

madre e <strong>del</strong> padre.<br />

Per questo è stata inventata l’Antilingua, perché<br />

per modificare <strong>la</strong> cultura è necessario<br />

prima manipo<strong>la</strong>re il linguaggio, ovvero lo stru<strong>mento</strong><br />

attraverso cui <strong>la</strong> cultura si forma e si<br />

to 194 e sostituita con “donna”, termine più facilmente piegabile a<br />

finalità socio-politiche e rivendicatorie. Un paio d’anni fa, quando il<br />

governo socialista spagnolo riuscì a far varare <strong>la</strong> legge che istituiva<br />

i matrimoni gay, Zapatero ottenne anche che fossero aboliti i<br />

nomi di “marito” e di “moglie” e quelli ancora più cari al linguaggio<br />

familiare, di padre e madre in quanto impossibili da applicare negli<br />

omomatrimoni, ma costringendo così anche gli sposi e le famiglie<br />

normali all’anonimato anagrafico <strong>del</strong> generico sostitutivo “coniugi”,<br />

più precisamente ai ridicoli “coniuge A” e “coniuge B” e ai corrispondenti<br />

“genitori Ae B”. Provate a insegnare ai vostri figli di chiamarvi così.<br />

Ora sta accadendo di peggio. Le Nazioni Unite da una parte e l’Unio0ne<br />

Europea dall’altra stanno preparando una famiglia – se così <strong>la</strong> si<br />

potrà chiamare – ancora più anonima e priva di significato: <strong>la</strong> si<br />

chiamerà “progetto parentale”, in cui i “parent”, cioè i genitori, in<br />

inglese, non andranno oltre l’aggettivo, perché invece di mamma<br />

e papà avremo i “guardian” e i “tutor”, come se <strong>la</strong> famiglia fosse<br />

una prigione o una casa di correzione o una facoltà universitaria.<br />

Il fatto è che a certa mentalità postmoderna, materialista, egoista<br />

e utilitarista, che teme <strong>la</strong> donazione di sé e cerca piuttosto quello<br />

che le può venire da qualsiasi cosa faccia, le parole forti, quelle<br />

impegnative, quelle che da sole danno un senso morale al<strong>la</strong> vita<br />

fanno paura. E allora bisogna allontanarle dall’orizzonte <strong>del</strong><strong>la</strong> vita<br />

cercando, per farlo, le giustificazioni più di comodo e più ipocrite<br />

che si possa.<br />

A livello ufficiale e di pubblica opinione <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> magica che risolve<br />

ogni problema è <strong>la</strong> non-discriminazione. Se si dice marito e moglie<br />

sono discriminati – così si legge sui media – gli accoppiamenti gay,<br />

dove <strong>la</strong> differenza sessuale, quel<strong>la</strong> che arricchisce ogni coppia rendendo<strong>la</strong><br />

feconda non solo in senso sessuale e fisico, ma anche<br />

spirituale e culturale è abolita con un impoveri<strong>mento</strong> pauroso anche<br />

di prospettive e di futuro. Se si dice mamma e papà sono discriminati<br />

– così dicono certi sociologi improvvisati – i bambini che potrebbero<br />

o addirittura dovrebbero essere adottati dagli omoprogetti omoparentali:<br />

poveri bambini, i quali, invece di trovare una madre e un<br />

<strong>la</strong> loro famiglia ricostruita? O, infine, negare a chi li<br />

ha immaturamente perduti per una ma<strong>la</strong>ttia o una<br />

disgrazia, il ricordo dei genitori? Nel<strong>la</strong> cultura giudaica,<br />

che tanta parte occupa <strong>del</strong>le nostre radici culturali e<br />

religiose, il nome contiene o, almeno, esprime <strong>la</strong> sostantrasmette.<br />

Perché per realizzare questo disegno<br />

di uomo non più maschio e femmina,<br />

non più, dunque, immagine e somiglianza<br />

di Dio, ma aborto di uomo autopoietico, cioè<br />

di uomo-fai-da-te. Un tradi<strong>mento</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> verità<br />

e, insieme, <strong>del</strong><strong>la</strong> comunicazione. Un tradi<strong>mento</strong><br />

<strong>del</strong>l’uomo, un tradi<strong>mento</strong> <strong>del</strong> disegno<br />

di Dio.<br />

Pier Giorgio Liverani


Giugno<br />

2007<br />

7<br />

Celebrata <strong>la</strong> festa di S. Luigi Orione<br />

In<br />

occasione <strong>del</strong> terzo anniversario <strong>del</strong><strong>la</strong> canonizzazione di Don<br />

Orione, avvenuta il 16 maggio 2004, abbiamo avuto <strong>la</strong> grazia di poter<br />

condividere - lo scorso 16 maggio - questa gioiosa ricorrenza assieme<br />

al nostro pastore, Mons. Vincenzo<br />

Apicel<strong>la</strong>.<br />

Raggiunta <strong>la</strong> casa <strong>del</strong> nostro<br />

Noviziato, nel<strong>la</strong> quale ci stiamo<br />

preparando ad immergerci nel<strong>la</strong><br />

vita religiosa con <strong>la</strong> professione dei<br />

tre voti di castità, povertà ed obbedienza,<br />

il Vescovo ha presieduto una<br />

celebrazione eucaristica dal clima,<br />

per così dire, familiare, vissuta con<br />

i fratelli <strong>del</strong> Seminario e con una picco<strong>la</strong><br />

rappresentanza di genitori, di amici<br />

<strong>del</strong>l'Opera e dei confratelli chierici<br />

<strong>del</strong> nostro Teologico di Roma. Inoltre<br />

per Mons. Apicel<strong>la</strong> è stata l'occasione<br />

di ritornare in una famiglia religiosa di sua "conoscenza", dato il suo<br />

servizio episcopale nel<strong>la</strong> zona romana di Monte Mario nel<strong>la</strong> quale è<br />

presente un'opera orionina.<br />

Terminata <strong>la</strong> S. Messa con l'inno dei giovani a Don Orione, cantato<br />

allegramente anche dal Vescovo, i festeggiamenti sono proseguiti<br />

con il pranzo, a cui si sono uniti alcuni sacerdoti <strong>del</strong> clero di Velletri.<br />

Durante il pranzo è stato rivolto al Vescovo un messaggio - qui di<br />

seguito riportato - che cerca di esprimere i caratteri <strong>del</strong> carisma orionino<br />

e i motivi per cui <strong>la</strong> Famiglia orionina è contenta di contribuire<br />

per accrescere <strong>la</strong> ricchezza spirituale <strong>del</strong><strong>la</strong> diocesi attraverso le due<br />

comunità formative. Concludo sottolinenado che <strong>la</strong> fama di santità<br />

nel<strong>la</strong> vita di Don Orione ha avuto sempre<br />

<strong>la</strong> possibilità di diffondersi e, così,<br />

realizzarsi grazie al cuore sensibile<br />

di tanti benefattori, primi tra tutti<br />

i genitori di coloro che sono stati chiamati<br />

a servire <strong>la</strong> Picco<strong>la</strong> Opera <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Divina Provvidenza nel<strong>la</strong> vita religiosa<br />

e nel sacerdozio, che permettono<br />

al<strong>la</strong> nostra Congregazione di operare<br />

secondo le necessità <strong>del</strong>le varie<br />

realtà in cui è inserita.<br />

E colgo l'occasione per dire un grazie<br />

speciale a quei Veliterni che, con<br />

<strong>la</strong> loro amicizia, ci accolgono nelle<br />

realtà in cui prestiamo il nostro aposto<strong>la</strong>to<br />

e che, con molta sensibilità, offrono <strong>del</strong> tempo libero per il<br />

bene di alcune iniziative caritative proposte dall'Opera, e per i tanti<br />

modi con cui molti esprimono <strong>la</strong> calorosa vicinanza che contribuisce<br />

al bene <strong>del</strong><strong>la</strong> nostra crescita.<br />

Luca<br />

<strong>del</strong> Noviziato Don Orione<br />

Dal 28 aprile al 6 maggio presso l’antica Porta<br />

Napoletana <strong>del</strong><strong>la</strong> città di Velletri sono state esposte<br />

foto e oggetti <strong>del</strong> Burkina Faso. La mostra<br />

fotografica, promossa dal Comitato Soci Coop<br />

di Velletri, è stata arricchita dal<strong>la</strong> proiezione<br />

di filmati e musiche <strong>del</strong> Paese africano. Venerdì<br />

4 maggio c’è stata <strong>la</strong> presentazione di “Diario<br />

di un viaggio” di Silvia Ga<strong>la</strong>nte raccontato dall’attrice<br />

Marina Viganelli. La mostra è stata l’occasione<br />

per far conoscere a soci e consumatori<br />

le iniziative di solidarietà internazionale,<br />

che <strong>la</strong> Coop sta portando avanti da anni.<br />

Il Progetto Matteo è un progetto di solidarietà<br />

e cooperazione nato in Unicoop Tirreno (presente<br />

in Toscana, Lazio, Campania e Umbria)<br />

e dedicato al<strong>la</strong> memoria <strong>del</strong> figlio di due dipendenti.<br />

In quattro anni grazie al<strong>la</strong> generosità dei<br />

soci, dei consumatori, dei dipendenti Coop e<br />

grazie al coinvolgi<strong>mento</strong> <strong>del</strong> Movi<strong>mento</strong><br />

Shalom di San Miniato, istituzioni, enti, e associazioni<br />

<strong>del</strong>le quattro Regioni sono stati raccolti<br />

circa 600.000 euro che hanno portato nel<br />

vil<strong>la</strong>ggio di Gorom-Gorom (situato a 400 km<br />

a nord <strong>del</strong><strong>la</strong> capitale Ouagadougou, in una zona<br />

molto arida a ridosso <strong>del</strong> Sahara) al<strong>la</strong> realizzazione<br />

di 9 pozzi, di una Casa famiglia per<br />

orfani (che attualmente ospita 70 bambini e che<br />

possono essere sostenuti a distanza tramite<br />

il Movi<strong>mento</strong> Shalom) e un dispensario farmaceutico.<br />

Nel mese di gennaio al<strong>la</strong> presenza di una <strong>del</strong>egazione<br />

di Unicoop Tirreno, cui ha partecipato<br />

anche un membro <strong>del</strong> Comitato soci dei Castelli<br />

romani Silvia Ga<strong>la</strong>nte, è stata inaugurata una<br />

sa<strong>la</strong> parto, un presidio medico fondamentale<br />

in un paese dove il parto è una <strong>del</strong>le cause<br />

principali di morte di donne e bambini. Nel<strong>la</strong><br />

stessa occasione è stata inaugurato l’Hotel <strong>del</strong>le<br />

Dune, una foresteria in grado di accogliere<br />

i volontari e le comitive <strong>del</strong> turismo etico e<br />

che nel tempo sarà una fonte di finanzia<strong>mento</strong><br />

per Casa Matteo. All’inaugurazione <strong>del</strong><strong>la</strong> foresteria<br />

si lega l’obiettivo di formare dieci giovani<br />

<strong>del</strong> vil<strong>la</strong>ggio per <strong>la</strong> gestione <strong>del</strong>l’ostello.<br />

Un altro grande progetto di cooperazione in<br />

Burkina Faso che coinvolge Coop a livello nazionale<br />

riguarda l’importazione diretta di prodotti<br />

ortofrutticoli e <strong>la</strong> distribuzione nei punti vendita<br />

Coop di tutta Italia con il marchio TER-<br />

RAEQUA.<br />

I prodotti TERRAEQUA crescono al sole caldo<br />

dei tropici e secondo le analisi compiute<br />

negli anni passati, sotto <strong>la</strong> supervisione di CoopItalia,<br />

si sono dimostrati di ottima qualità. Acquistandoli<br />

si contribuisce al<strong>la</strong> realizzazione <strong>del</strong> progetto<br />

TERRAEQUA, che ha lo scopo di sostenere<br />

lo sviluppo <strong>del</strong>le piccole cooperative di produttori<br />

locali e assicurare condizioni di vita e di <strong>la</strong>voro<br />

più eque.<br />

Il progetto TERRAEQUA è un grande progetto<br />

umanitario di cooperazione internazionale<br />

realizzato da CoopItalia, che prevede interventi<br />

di formazione e investi<strong>mento</strong> nei Paesi africani<br />

in via di sviluppo.<br />

Silvia Ga<strong>la</strong>nte<br />

Comitato soci Coop Velletri


Diocesi<br />

Giugno<br />

8 2007<br />

Carissimi<br />

Fe<strong>del</strong>i e amici,<br />

celebriamo con gioia e con animo riconoscente questa santa<br />

Messa nel ricordo <strong>del</strong> decennio di fon dazione <strong>del</strong><strong>la</strong> nostra<br />

parrocchia. Rendiamo grazie a Dio!<br />

Dieci anni sono pochi, <strong>la</strong> parrocchia è giovane, resta un lungo<br />

cammino perché <strong>la</strong> méta è lontana. Ma è bello sostare un<br />

mo<strong>mento</strong> a prendere fiato, quasi a ritemprare le forze e proseguire.<br />

Ringrazio don Augusto, don Franco, don Angelo e tutti i loro<br />

col<strong>la</strong>boratori pastorali che mi consentono di rivivere tanti incontri<br />

e momenti indimenticabili trascorsi insieme a questa comunità<br />

che ho visto nascere: penso alle più di cinquecento cresime<br />

conferite nei 17 anni di ministero a giovani oggi ventenni,<br />

trentenni… Ricordo con simpatia questa parrocchia<br />

che porta il nome glorioso <strong>del</strong> patrono San Bruno, <strong>la</strong> prima<br />

ed unica chiesa al mondo a Lui dedicata. Nel<strong>la</strong> mia agenda<br />

sono scolpite tre date significative che hanno scandito le tappe<br />

principali <strong>del</strong><strong>la</strong> comunità.<br />

1) Il 10 dicembre 1989, quando ebbi <strong>la</strong> gioia di compiere il<br />

rito <strong>del</strong><strong>la</strong> popsa <strong>del</strong><strong>la</strong> prima pietra dei locali di ministero adibiti<br />

a chiesa provvisoria, e inaugurati il 23 dicembre 1990.<br />

2) Il 12 dicembre 1993 ci fu <strong>la</strong> posa <strong>del</strong><strong>la</strong> prima pietra <strong>del</strong>l’edificio-chiesa.<br />

Per l’occasione era stato predisposto all’aperto<br />

un palco per <strong>la</strong> celebrazione <strong>del</strong><strong>la</strong> s. Messa, sotto un<br />

cielo eccezionalmente azzurro e lo spirare di un venticello<br />

prenatalizio quasi invernale. Le campane <strong>del</strong><strong>la</strong> Concattedrale<br />

di Segni diffondevano i loro rintocchi festosi, mentre <strong>la</strong> banda<br />

musicale di Anagni allietava <strong>la</strong> fol<strong>la</strong> dei fe<strong>del</strong>i che gremivano<br />

il piazzale.<br />

Erano presenti molti sacerdoti di Colleferro e degli altri paesi<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> diocesi. Il parroco, don Franco, indaffarato ed eccitato<br />

come non mai, non mancò di additare i ruderi <strong>del</strong> Castello<br />

di Vicoli dove san Bruno era stato tenuto prigioniero per tre<br />

mesi nel<strong>la</strong> primavera <strong>del</strong> 1082. Proprio in questa contrada,<br />

poi chiamata “Fontana Bracchi”, il santo aveva subito l’onta<br />

<strong>del</strong>l’arresto da parte <strong>del</strong> conte Ainulfo e ora il suo nome<br />

veniva esaltato a ricordo perenne.<br />

Nell’omelia il vescovo esprimeva <strong>la</strong> sua soddisfazione per<br />

l’avvio dei <strong>la</strong>vori per <strong>la</strong> costruzione <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa. Al termine,<br />

accompagnata dai canti e dalle chitarre dei giovani <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

parrocchia, veniva benedetta <strong>la</strong> prima pietra e ca<strong>la</strong>ta nel<strong>la</strong><br />

buca sul<strong>la</strong> quale doveva sorgere l’altare.<br />

La banda suonava e il popolo app<strong>la</strong>udiva… Al<strong>la</strong> realizzazione<br />

<strong>del</strong> complesso edilizio, progettato dallo studio tecnico <strong>del</strong>l’ing.<br />

G. Siniscalchi, contribuirono economicamente <strong>la</strong><br />

C.E.I., <strong>la</strong> Diocesi di Velletri-Segni, il Comune di Colleferro,<br />

<strong>la</strong> parrocchie limitrofe, <strong>la</strong> Italcementi, parecchie ditte e imprese<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> zona e soprattutto i fe<strong>del</strong>i <strong>del</strong><strong>la</strong> comunità parrocchiale<br />

con il loro “mattone” simbolico.<br />

Dal 1° giugno 1994 all’aprile <strong>del</strong> 1997, in meno di tre anni,<br />

venne edificata <strong>la</strong> attuale chiesa che tutti ammiriamo, con il<br />

campanile a torre, il battistero circo<strong>la</strong>re appena distaccato …<br />

Ed eccoci al<strong>la</strong> terza data, quel<strong>la</strong> che stiamo celebrando in questi<br />

giorni.<br />

3) Il 20 aprile 1997, domenica di festa, esattamente dieci anni<br />

fa, con <strong>la</strong> solenne dedicazione <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa. Tra le preghiere<br />

e gli app<strong>la</strong>usi dei presenti, le allegre melodie <strong>del</strong><strong>la</strong> Banda<br />

di Gavignano, i sacri riti si svolsero parte all’aperto e parte<br />

dentro il tempio. In processione vengono portate le reliquie


Giugno<br />

2007<br />

Diocesi 9<br />

di san Clemente, di san<br />

Bruno e di vari santi martiri:<br />

sul<strong>la</strong> soglia <strong>del</strong> tempio è<br />

presentato al vescovo il<br />

p<strong>la</strong>stico <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa come<br />

segno <strong>del</strong><strong>la</strong> consegno <strong>del</strong>l’edificio.<br />

Il parroco è invitato<br />

ad aprire il portale nel<br />

quale <strong>la</strong> fol<strong>la</strong> di fe<strong>del</strong>i entra,<br />

p<strong>la</strong>udente, riempiendo letteralmente<br />

<strong>la</strong> chiesa.<br />

Con ammirevole attenzione<br />

tutti in presenti seguono lo<br />

svolgersi dei suggestivi riti:<br />

l’aspersione <strong>del</strong>l’acqua santa<br />

sulle persone e sulle<br />

pareti, il canto <strong>del</strong>le litanie<br />

dei santi, <strong>la</strong> deposizione<br />

<strong>del</strong>le reliquie nell’altare<br />

con una pergamena ricordo, diverse preghiere, l’unzione<br />

<strong>del</strong>l’altare e <strong>del</strong>le pareti, l’illuminazione <strong>del</strong> tempio,<br />

giunta opportuna per l’avanzare <strong>del</strong>l’ora vespertina.<br />

Oltre due ore è durata <strong>la</strong> funzione e fu una esperienza di<br />

fede emozionante. Il vescovo si è detto commosso soprattutto<br />

per <strong>la</strong> partecipazione devota <strong>del</strong> popolo, per i canti<br />

<strong>del</strong> coro parrocchiale, per <strong>la</strong> presenza di 26 sacerdoti<br />

concelebranti , di alcuni diaconi e seminaristi e ministranti,<br />

al completo le autorità civili e militari, con a capo il Sindaco<br />

di Colleferro Silvano Moffa e il sindaco di Segni Filippo<br />

Vittori. Giornata indimenticabile in onore di san Bruno<br />

e per <strong>la</strong> gioia di un popolo a lui consacrato.<br />

Da questo clima di festa e di ricordi vogliamo ricavare<br />

un insegna<strong>mento</strong> per <strong>la</strong> nostra vita di oggi: lo prendiamo<br />

da una incisiva espressione <strong>del</strong> martire sant’Ignazio<br />

di Antiochia, il quale definiva<br />

i cristiani “coloro che vivono<br />

secondo <strong>la</strong> domenica” (iuxta<br />

dominicam viventes). Il<br />

testo è commentato dal Papa<br />

benedetto nel<strong>la</strong> sua Esortazione<br />

Apostolica “Sacramentum<br />

Caritatis al n° 72: <strong>la</strong> formu<strong>la</strong><br />

“vivere secondo <strong>la</strong> domenica”<br />

mette chiaramente in luce il legame<br />

tra <strong>la</strong> realtà eucaristica e l’esistenza<br />

cristiana nel<strong>la</strong> sua<br />

quotidianità. La consuetudine<br />

dei primi cristiani di riunirsi,<br />

nel primo giorno dopo il sabato,<br />

per celebrare <strong>la</strong> risurrezione<br />

di Cristo, è anche il dato che<br />

definisce <strong>la</strong> forma <strong>del</strong>l’esistenza<br />

rinnovata dall’incontro con<br />

Cristo.<br />

“Vivere secondo <strong>la</strong> domenica”<br />

sottolinea pure il valore paradigmatico<br />

che questo giorno santo<br />

possiede per ogni altro<br />

giorno <strong>del</strong><strong>la</strong> settimana. Esso infatti<br />

non si distingue in base al<strong>la</strong><br />

semplice sospensione dalle<br />

La domenica è il<br />

giorno in cui il cristiano<br />

ritrova quel<strong>la</strong> forma<br />

eucaristica <strong>del</strong><strong>la</strong> sua<br />

esistenza secondo <strong>la</strong><br />

quale è chiamato a<br />

vivere costantemente<br />

“<br />

”<br />

solite attività <strong>la</strong>vorative, come<br />

una sorta di parentesi dal ritmo<br />

usuale dei giorni, ma perché<br />

si fa memoria <strong>del</strong><strong>la</strong> radicale<br />

novità portata dal<strong>la</strong> resurrezione<br />

di Cristo.<br />

La domenica è il giorno in<br />

cui il cristiano ritrova quel<strong>la</strong><br />

forma eucaristica <strong>del</strong><strong>la</strong> sua<br />

esistenza secondo <strong>la</strong> quale<br />

è chiamato a vivere costantemente.<br />

“Vivere secondo <strong>la</strong> domenica”<br />

vuole dire vivere nel<strong>la</strong> consapevolezza<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> liberazione<br />

portata da Cristo,<br />

vivere <strong>la</strong> propria esistenza<br />

come offerta di se stessi a<br />

Dio per manifestare a tutti<br />

gli uomini <strong>la</strong> vittoria <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

risurrezione. E’ <strong>la</strong> domenica<br />

in se stessa che merita di essere santificata perché non<br />

finisca per risultare un giorno senza Dio.<br />

Il decennio di vita parrocchiale ci richiama a vivere le<br />

diverse dimensioni <strong>del</strong><strong>la</strong> domenica, ricordate in una famosa<br />

Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II: per i cristiani<br />

essa è il giorno <strong>del</strong> Signore (Dies Domini), il giorno di<br />

Cristo risorto (Dies Christi), il giorno <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa (Dies<br />

Ecclesiae), il giorno <strong>del</strong>l’uomo (Dies Hominis) come giorno<br />

di festa, di riposo, di carità fraterna.<br />

Auguro all’intera comunità parrocchiale di san Bruno, pastori<br />

e fe<strong>del</strong>i, di vivere intensamente e pienamente il senso<br />

cristiano <strong>del</strong><strong>la</strong> domenica con <strong>la</strong> partecipazione assidua<br />

e gioiosa al<strong>la</strong> celebrazione eucaristica insieme a tanti<br />

fratelli e sorelle, così da formare un’autentica famiglia<br />

di Dio.<br />

Panoramica <strong>del</strong> complesso <strong>del</strong><strong>la</strong> Parrocchia di San Bruno


Caritas<br />

Giugno<br />

10 2007<br />

Lo<br />

scorso 8 maggio il Presidente <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Repubblica, Giorgio Napolitano, si è recato in visita<br />

al carcere di Rebibbia. Abbiamo cercato il testo<br />

<strong>del</strong> suo intervento, pensando poi che potesse essere<br />

l'oggetto di com<strong>mento</strong>/riflessione da due ottiche<br />

diverse. Troverete di seguito perciò l'idea che di questo<br />

discorso si sono fatti un volontario e una persona<br />

reclusa nel carcere di Velletri.<br />

Prima Parte<br />

Il Presidente ha dapprima evidenziato lo scopo per<br />

cui si è recato in carcere, poi ha ricordato le azioni<br />

promosse dal governo re<strong>la</strong>tivamente al mondo<br />

penitenziario e le riflessioni <strong>del</strong> Capo <strong>del</strong> Diparti<strong>mento</strong><br />

<strong>del</strong>l'Amministrazione Penitenziaria. Ha richiamato<br />

le richieste <strong>del</strong><strong>la</strong> rappresentante <strong>del</strong>le detenute di<br />

Rebibbia e di quello dei reclusi <strong>del</strong>lo stesso carcere.<br />

Nel mezzo ha offerto <strong>la</strong> sua personale posizione<br />

sul<strong>la</strong> realtà <strong>del</strong><strong>la</strong> detenzione. Questo voglio riprendere.<br />

1) Chi deve andare in carcere - Dice il presiedente:<br />

"ribadisco, comunque, <strong>la</strong> mia convinzione che<br />

<strong>la</strong> pena detentiva debba essere riservata a chi commette<br />

crimini che destano al<strong>la</strong>rme, che ledono gravemente<br />

valori e interessi preminenti e intangibili.<br />

Ribadisco <strong>la</strong> mia convinzione, nello stesso tempo,<br />

che l'esecuzione <strong>del</strong><strong>la</strong> pena detentiva deve avvenire<br />

nel rispetto <strong>del</strong><strong>la</strong> dignità <strong>del</strong> detenuto, e offrendo<br />

a questi le condizioni per il suo reinseri<strong>mento</strong> sociale".<br />

Sono posizioni personali <strong>del</strong> Presidente. Mi sembrano<br />

più "coraggiose" ed "estreme" di quelle normalmente<br />

diffuse. Per "noi" il carcere deve essere<br />

per tutti coloro che commettono un reato, indipendentemente<br />

dal fatto che ciò permetta di avere più<br />

sicurezza per <strong>la</strong> comunità, più reinseri<strong>mento</strong> <strong>del</strong> colpevole,<br />

più "risarci<strong>mento</strong>" <strong>del</strong><strong>la</strong> vittima. Ma perché?<br />

2) Cosa si deve garantire - "occorrono <strong>del</strong>le soluzioni<br />

condivise che garantiscano <strong>la</strong> sicurezza <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

collettività e il rispetto rigoroso <strong>del</strong><strong>la</strong> legge, e prevedano<br />

misure alternative - come si è detto da molti<br />

- più credibili e più efficaci ai fini <strong>del</strong> recupero <strong>del</strong><br />

condannato, prestando, allo stesso tempo, maggiore<br />

e più concreta attenzione verso le vittime <strong>del</strong> reato".<br />

Qui si afferma che sicurezza, legalità, recupero<br />

<strong>del</strong> reo e attenzione alle vittime sono compatibili<br />

e realizzabili contemporaneamente. Ma questa<br />

non è mentalità diffusa. Senza volere approfondire<br />

i motivi per cui il rispetto <strong>del</strong><strong>la</strong> legge sia richiesto<br />

solo ad alti livelli (non è un dramma superare i<br />

limiti di velocità o non andare a votare), sicuramente<br />

è evidente che l'azione rieducativa e il volontariato<br />

penitenziario sono percepiti spesso come uno spreco<br />

di forze che potevano essere dedicate alle vittime<br />

(o forse addirittura un oltraggio ulteriore). Ma perché<br />

accompagnare un detenuto deve essere inutile?<br />

E perché non accompagnarlo dovrebbe risarcire<br />

in qualche modo <strong>la</strong> vittima? È un problema numerico:<br />

cioè le forze che dedico ai detenuti le tolgo alle<br />

vittime? E se ci fossero più forze, sarebbe legittimo?<br />

Forse condividere <strong>del</strong> tempo con un detenuto,<br />

significa volere dire che egli non è colpevole, o<br />

fare finta che il crimine non ci sia stato? Ma da dove<br />

nasce questa<br />

idea? Chi può<br />

pretendere di<br />

offrire un buon<br />

accompagna<strong>mento</strong><br />

al<strong>la</strong> crescita<br />

di un individuo, negando ciò che quell'individuo<br />

è o ha fatto (e dunque è diventato)?<br />

3) Cosa dice <strong>la</strong> Costituzione Italiana - " sono certo<br />

che da uno sforzo congiunto e conseguente, ispirato<br />

ai principi <strong>del</strong><strong>la</strong> nostra Costituzione e al senso<br />

di umanità che <strong>la</strong> nostra Costituzione prescrive, potrà<br />

venire forte impulso al<strong>la</strong> causa di una moderna e<br />

illuminata politica <strong>del</strong><strong>la</strong> giustizia e gestione <strong>del</strong><strong>la</strong> pena".<br />

Essere italiani significa che non possiamo assumere<br />

atteggiamenti comunemente qualificati come "forcaioli".<br />

Il Presidente ricorda che <strong>la</strong> Costituzione prescrive<br />

non solo comportamenti giusti, ma un senso<br />

di umanità. Questo è di più. Ci chiede almeno<br />

lo sforzo di interrogarci su quale differenza ci sia fra<br />

giustizia e umanità, o perché non basti l'una senza<br />

l'altra. Non è questione di perdono, o di atteggiamenti<br />

conseguenti da una scelta di fede, ma una<br />

richiesta <strong>del</strong><strong>la</strong> coscienza civica di chi è italiano. Su<br />

questo senso di umanità deve innestarsi uno sforzo<br />

congiunto. Più volte nel discorso, ritorna l'idea<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> necessità di soluzioni condivise. Condivise da<br />

chi, mi chiedo io? Probabilmente dai due schieramenti<br />

politici italiani, intende il Presidente. Mi viene<br />

il dubbio però che sia ogni singolo italiano a non<br />

condividere questa stessa impostazione. Che il bisogno<br />

di approfondi<strong>mento</strong>, chiarificazione e scelta di<br />

campo (essere giusti? Vendicativi? Umani?) ci sia<br />

per tutti. Forse su poche cose, come sull'amministrazione<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> giustizia, pochi condividono in Italia<br />

il senso di umanità a cui qui ci si richiama. Senza<br />

volere giudicare se ciò sia corretto o meno, mi chiedo<br />

perché non facciamo lo sforzo di verificare i motivi<br />

di chi è contro questa idea base <strong>del</strong><strong>la</strong> Costituzione,<br />

e nemmeno i motivi che stanno dietro a tale idea<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> Costituzione.<br />

Vorrei concludere dicendo che i luoghi comuni, i pregiudizi<br />

o anche <strong>la</strong> "mentalità comune" non sono mai<br />

senza fonda<strong>mento</strong>; il proverbio "vox populi, vox Dei"<br />

ha <strong>la</strong> sua verità (o meglio par<strong>la</strong> proprio <strong>del</strong><strong>la</strong> pretesa<br />

di verità <strong>del</strong><strong>la</strong> mentalità comune). Cosa<br />

dovremmo fare? Sicuramente non fermarci al<strong>la</strong> tentazione<br />

di dire chi ha ragione o chi ha torto, né a<br />

quel<strong>la</strong> di c<strong>la</strong>ssificare come buonista chi propende<br />

dal <strong>la</strong>to <strong>del</strong> mandato costituzionale, né come giustizialista<br />

chi propende per <strong>la</strong> mentalità comune. Creare<br />

occasioni di riflessione per comprendere seriamente<br />

come tale mentalità si sia creata e ratificata, quale<br />

parte di "verità" eventualmente contenga, ma anche<br />

come siano nate le idee che reggono <strong>la</strong> nostra Costituzione,<br />

in una paro<strong>la</strong> il perché <strong>del</strong>le due posizioni. E poi se<br />

sono compatibili (senza arrivare a nominare il Vangelo<br />

e ciò che esso ci chiede e prescrive). E di più, chiediamoci<br />

anche: quale scelta di campo vogliamo fare<br />

qualora le due posizioni non siano <strong>del</strong> tutto compatibili?<br />

(continua nel<strong>la</strong> pagina seguente)


Giugno<br />

2007<br />

Diaconato Permanente 11<br />

La rive<strong>la</strong>zione di Dio raggiunge gli uomini attraverso<br />

<strong>la</strong> vita vissuta <strong>del</strong>l’apostolo: “Vi ho trasmesso<br />

dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto”<br />

(1Cor 15, 3).<br />

Il concetto di tradizione è giudaico. Esso <strong>la</strong>scia pensare<br />

a un depositum che è stato ricevuto e tramandato<br />

fe<strong>del</strong>mente nel<strong>la</strong> comunità cristiana primitiva, in quanto<br />

proveniente dal Signore o dai primi apostoli (1Cor<br />

11,23; 15,3). Queste tradizioni comprendono consuetudini<br />

(1Cor 14,34) e riti religiosi quali l’eucarestia<br />

(1Cor 11,23-24), come pure insegnamenti dottrinali<br />

e morali (1Cor 15,3-4); Rm 6,17; 2Ts 3,6; 1Cor<br />

7,10.12.25; 9,14).<br />

La testimonianza è il modo d’essere <strong>del</strong> cristiano.<br />

Tutti siamo chiamati ad essere apostoli, perché tutti<br />

abbiamo ricevuto <strong>la</strong> fede.<br />

“Questa tradizione, che trae origine dagli apostoli,<br />

progredisce nel<strong>la</strong> chiesa sotto l’assistenza <strong>del</strong>lo<br />

Spirito santo: infatti <strong>la</strong> comprensione, tanto <strong>del</strong>le<br />

cose quanto <strong>del</strong>le parole trasmesse, cresce sia<br />

con <strong>la</strong> riflessione e lo studio dei credenti, i quali<br />

le meditano in cuor loro, sia con <strong>la</strong> profonda intelligenza<br />

che essi provano <strong>del</strong>le cose spirituali, sia<br />

con <strong>la</strong> predicazione di coloro i quali con <strong>la</strong> successione<br />

episcopale hanno ricevuto un carisma certo di verità.<br />

La chiesa, cioè, nel corso dei secoli, tende incessantemente<br />

al<strong>la</strong> pienezza <strong>del</strong><strong>la</strong> verità divina, finché<br />

in essa giungano a compi<strong>mento</strong> le parole di<br />

Dio”. (D.V. 8).<br />

Gli uomini oggi non s’impegnano più: troppo assorbiti<br />

dal <strong>la</strong>voro o troppo distratti dai richiami di una<br />

società sempre più scristianizzata, preferiscono dare<br />

un’adesione culturale e superficiale piuttosto che<br />

essere coinvolti personalmente nelle proposte <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

chiesa. Ma è proprio <strong>del</strong> coinvolgi<strong>mento</strong> e <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

testimonianza che <strong>la</strong> chiesa oggi ha bisogno,<br />

per poter essere feconda e per poter continuare<br />

l’opera rive<strong>la</strong>trice di Dio.<br />

Il diacono in questo quadro può sviluppare un prezioso<br />

servizio: da una parte rendendo più accessibile<br />

il linguaggio <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa al<strong>la</strong> comprensione<br />

dei meno avvezzi, dall’altra mostrando come <strong>la</strong> proposta<br />

di Dio sia <strong>la</strong> risposta che gli uomini si aspettano,<br />

soprattutto quelli più lontani. Il depositum <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

tradizione non è un impegno ma valorizzazione<br />

e gioia per chi lo riceve. È <strong>la</strong> testimonianza che<br />

il diacono trasmette perché è il dono che ha già<br />

ricevuto e sperimentato. È <strong>la</strong> pace ricercata che<br />

il re ricevette quando era nel pericolo (2Mac 13,22)<br />

o che il Risorto augurò ai discepoli, quando apparve<br />

loro (Gv 21, 19). È il dono dei beni messianici,<br />

il pane e vino, che Melchisedek offrì ad Abramo<br />

(Gen 14,18) e che gli apostoli ricevettero da Gesù<br />

nell’ultima cena; è il godi<strong>mento</strong> <strong>del</strong>l’ospitalità offerta<br />

e premiata (Gen 18, 1 e ss.) o il dono di un beneficio<br />

inaspettato (Sap 3, 14). È il dono <strong>del</strong>l’aposto<strong>la</strong>to<br />

(Rm 1, 5) o <strong>del</strong> regno (Dn 7, 18) o il suggello<br />

<strong>del</strong>lo SS. (Ef 1, 13). A questi doni il mondo<br />

ane<strong>la</strong>, perché vive l’incertezza economica e <strong>la</strong> povertà<br />

spirituale. Questa pace e questa ospitalità il mondo<br />

oggi apprezza perché <strong>la</strong> competizione e i facili<br />

miraggi ci hanno fatto sperimentare <strong>la</strong> conflittualità,<br />

<strong>la</strong> solitudine e <strong>la</strong> <strong>del</strong>usione. Soprattutto apprezza,<br />

se arriva a sperimentarlo, il dono <strong>del</strong>l’aposto<strong>la</strong>to<br />

ed il suggello <strong>del</strong>lo Spirito Santo, perché c’è più<br />

gioia nel dare che nel ricevere (At 20,35) e perché<br />

lo Spirito inonda di sé tutte le cose, soprattutto<br />

quelle riarse, che hanno più sete di lui. Accanto<br />

al diacono i fe<strong>del</strong>i potranno vivere <strong>la</strong> novità cristiana.<br />

Scopriranno che il pane ed il vino, sia materiali che<br />

spirituali, nel<strong>la</strong> comunità potranno essere frutti non<br />

più proibiti per molti e che <strong>la</strong> comunione dei beni<br />

è progetto possibile come ci testimonia <strong>la</strong> comunità<br />

di Gerusalemme; sentiranno che <strong>la</strong> pace può<br />

riempire i cuori perché essi avranno scoperto nel<strong>la</strong><br />

ospitalità <strong>la</strong> ricchezza <strong>del</strong>l’altro; soprattutto vinceranno<br />

<strong>la</strong> solitudine dei tempi moderni, in cui il<br />

computer ci ha sprofondati, perché si scopriranno<br />

amati. È l’amore di Dio che si rive<strong>la</strong> e che nelle<br />

esperienze dei nuovi arrivati vuole essere fecondo<br />

di nuovi doni; è l’attenzione <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa che<br />

attraverso i suoi ministri vuole essere vicina a chi<br />

più ne ha bisogno; è <strong>la</strong> rive<strong>la</strong>zione di Dio che attraverso<br />

<strong>la</strong> testimonianza di coloro che credono in lui<br />

si fa sempre più piena e matura. Il collega<strong>mento</strong><br />

con <strong>la</strong> gerarchia, cui il diacono è sacramentalmente<br />

legato, è certezza di continuità con i primi apostoli<br />

e per essi con Dio che si rive<strong>la</strong>:<br />

“Dio, con <strong>la</strong> stessa somma benignità, dispose che<br />

quanto egli aveva rive<strong>la</strong>to per <strong>la</strong> salvezza di tutte<br />

le genti, rimanesse sempre integro e venisse trasmesso<br />

a tutte le generazioni. Perciò Cristo Signore,<br />

nel quale trova compi<strong>mento</strong> tutta <strong>la</strong> rive<strong>la</strong>zione <strong>del</strong><br />

sommo Dio, ordinò agli apostoli di predicare a tutti,<br />

comunicando loro i doni divini, come <strong>la</strong> fonte di<br />

ogni verità salutare e di ogni rego<strong>la</strong> morale, il vangelo<br />

che, prima promesso per mezzo dei profeti,<br />

egli ha adempito e promulgato di sua bocca. …Gli<br />

apostoli poi, affinché il vangelo si conservasse sempre<br />

integro e vivo nel<strong>la</strong> chiesa, <strong>la</strong>sciarono come<br />

successori i vescovi, ad essi . Questa sacra tradizione<br />

dunque e <strong>la</strong> sacra scrittura <strong>del</strong>l’uno e <strong>del</strong>l’altro<br />

testa<strong>mento</strong> sono come uno specchio nel quale <strong>la</strong><br />

chiesa pellegrina in terra contemp<strong>la</strong> Dio, dal quale<br />

tutto riceve, finché giunga a vederlo faccia a faccia<br />

così come egli è”. (D.V. 7).<br />

Amore di Dio, attenzione <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa e collega<strong>mento</strong><br />

con <strong>la</strong> gerarchia sono i tre aspetti che nel<br />

servizio <strong>del</strong> diacono rive<strong>la</strong>no infallibilmente al povero<br />

<strong>la</strong> verità di Dio e dischiudono quei cieli nuovi e<br />

quelle terre nuove in cui il lupo e l’agnello pascoleranno<br />

insieme ed in cui il povero avrà piena cittadinanza<br />

perché starà nel<strong>la</strong> casa <strong>del</strong> padre e vedrà<br />

il volto di Dio.<br />

Diacono perm.te Pietro Latini<br />

(Continua dal<strong>la</strong> pagina precedente)<br />

Seconda Parte<br />

Accogliere <strong>la</strong> visita in carcere di una figura istituzionale, oltremodo raffigurante<br />

quale il Capo <strong>del</strong>lo Stato, come nel<strong>la</strong> circostanza in cui si è svolta <strong>la</strong> sua visita<br />

al carcere di Rebibbia, è pur sempre un evento eccezionale, che sicuramente<br />

per coloro che sono stati presenti, avrà additato attraverso l'intervento da lui<br />

espresso, lungimiranti propositi di un possibile cambia<strong>mento</strong> in senso migliorativo<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> quotidianità detentiva, nonché per il reinseri<strong>mento</strong> sociale, che ciascuno<br />

intravede al di là <strong>del</strong> muro a favore <strong>del</strong> proprio futuro.<br />

La realtà <strong>del</strong><strong>la</strong> retorica ci ha saggiamente insegnato, che alcune volte, anche<br />

se pur con buoni propositi dialettici, non si concilia con il fine che essa si propone<br />

di perseguire.<br />

Fra alcuni detenuti è ancora forte il ricordo <strong>del</strong> Papa po<strong>la</strong>cco in visita ufficiale<br />

a Montecitorio; in tale circostanza egli invocò un atto di clemenza per i carcerati<br />

e denunciò le condizioni di vita proibitive che esercitavano le carceri italiane<br />

di allora. L'app<strong>la</strong>uso unanime di solidarietà e i commenti di quasi tutte le forze<br />

politiche facevano presupporre un unanime cambio di tendenza <strong>del</strong>l'inaccettabile<br />

realtà carceraria, circostanziata opportunamente dalle parole <strong>del</strong> Santo Padre.<br />

Da quell'evento trascorsero quasi dieci anni e Giovanni Paolo II era passato a<br />

miglior vita prima<br />

ancora che le istituzioni si decidessero seriamente ad affrontare <strong>la</strong> questione,<br />

paradossalmente insostenibile anche per gli organi di Polizia Penitenziaria, e<br />

varassero l'indulto.<br />

Ora i nuovi presupposti che potrebbero <strong>del</strong>inearsi, aval<strong>la</strong>ti dalle parole <strong>del</strong><strong>la</strong> massima<br />

carica <strong>del</strong>lo Stato, seguiranno lo stesso percorso di dedali politici in cui si<br />

persero le parole <strong>del</strong> Santo Padre? Oppure c'è una sostanziale volontà politica<br />

coesa, per perseguire un fine utile a vantaggio di una coesione sociale più<br />

progredita e più civile?<br />

Si dice che il carcere è lo specchio <strong>del</strong><strong>la</strong> società. Si dice anche che il carcere<br />

è il luogo dentro cui intenzionalmente vanno nascosti gli errori prodotti dal<strong>la</strong> società.<br />

Da questi aforismi si dovrebbe dedurre che ogni stratificazione sociale, da<br />

cui è composta una società, rischia di essere in qualche modo vittima <strong>del</strong><strong>la</strong> propria<br />

cattiva morale. Se così fosse, dovrebbe forse conseguirne che siamo tutti<br />

indistintamente colpevoli? A questo punto potremmo giungere a una conclusione:<br />

il carcere offre un'opportunità a tutti coloro i quali ogni qual volta sono<br />

coscienti di avere un penso sul<strong>la</strong> coscienza, se ne possono liberare indicando<br />

il carcere come il luogo di origine di tutti i mali? Se così fosse, non sarebbe sufficiente<br />

distruggere tutte le carceri per distruggere il male?<br />

Sara Bianchini (Caritas Diocesana Velletri-Segni)<br />

e una persona reclusa nel carcere di Velletri


Vocazioni<br />

Giugno<br />

12 2007<br />

Mentre scriviamo, sta scorrendo <strong>la</strong> terz’ultima<br />

settimana di questa bellissima esperienza, quale<br />

quel<strong>la</strong> <strong>del</strong>l’Anno Propedeutico presso il<br />

Pontificio Collegio Leoniano.<br />

Sono passati ben sette mesi da quel lontano 25<br />

ottobre 2006 quando siamo “entrati” per <strong>la</strong> prima<br />

volta in seminario, eppure sembra che tutto<br />

sia avvenuto ieri.<br />

Sono vo<strong>la</strong>ti i giorni, le settimane e i mesi, e ci<br />

ritroviamo agli sgoccioli di questo anno formativo.<br />

Gli orari <strong>del</strong><strong>la</strong> giornata sono stati il metronomo<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> nostra permanenza al Propedeutico. Ora<br />

ci troviamo nel bel mezzo <strong>del</strong><strong>la</strong> settimana degli<br />

esercizi spirituali; un tempo non tanto per imparare<br />

a pregare ma di discerni<strong>mento</strong> e di aiuto,<br />

al fine di giungere ad una scelta qualificante, anche<br />

se, come scritto sul nostro Progetto Formativo,<br />

spetta comunque al Responsabile <strong>del</strong>l’Anno<br />

Propedeutico valutare l’idoneità <strong>del</strong> giovane all’ingresso<br />

nel Seminario Maggiore.<br />

Giorno dopo giorno abbiamo condiviso l’esperienza<br />

<strong>del</strong>lo stare con Gesù, caratterizzata dall’attenzione<br />

al silenzio e al raccogli<strong>mento</strong>, all’iniziazione<br />

al<strong>la</strong> preghiera personale e liturgica,<br />

al<strong>la</strong> lectio divina, curata dal nostro padre spirituale<br />

don Bruno Durante, al<strong>la</strong> Celebrazione Eucaristica<br />

quotidiana e al<strong>la</strong> pratica <strong>del</strong> Sacra<strong>mento</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Riconciliazione. Tutto questo lo abbiamo vissuto<br />

sempre insieme con coloro che come noi hanno sentito<br />

nel loro cuore <strong>la</strong> chiamata al<strong>la</strong> seque<strong>la</strong>. Certo, fare<br />

comunità e <strong>la</strong> stessa convivenza non sono cose così<br />

semplici da attuare e vivere, ma proprio qui è affiorata<br />

ancora di più <strong>la</strong> nostra Docibilitas Vocazionale, cioè <strong>la</strong><br />

totale fiducia e abbandono al Signore, affinché Egli, come<br />

vignaiuolo, recida ciò che di secco c’è in noi e poti quei<br />

tralci affinché portino maggior frutto. Gesù ci ricorda:<br />

“Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza<br />

di me non potete far nul<strong>la</strong>”. (Gv 15, 6)<br />

Quanto detto non vuole assolutamente significare che<br />

ce ne siamo rimasti con le mani in mano, come se fossimo<br />

stati a trascorrere una grande vacanza al<br />

Leoniano, anzi, ci siamo dati da fare attraverso l’impegno<br />

nel<strong>la</strong> conoscenza di sè, appresa grazie agli incontri<br />

con don Giuseppe Sovernigo, sacerdote e psicologo,<br />

e ai colloqui personali con don Leonardo, che hanno<br />

favorito <strong>la</strong> conoscenza e <strong>la</strong> verifica degli aspetti fondamentali<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> nostra personalità, evidenziandone le<br />

risorse e le eventuali fratture sulle quali dovremo verificarci<br />

e <strong>la</strong>vorare.<br />

Sabato 28 aprile abbiamo partecipato al<strong>la</strong> Veglia per <strong>la</strong><br />

44° Giornata Mondiale per le Vocazioni, “La tua vita per<br />

<strong>la</strong> Sinfonia <strong>del</strong> SI”; tema scelto dal Centro Nazionale<br />

Vocazionale per questo appunta<strong>mento</strong> annuale. Con molto<br />

piacere abbiamo pregato con i giovani <strong>del</strong><strong>la</strong> Diocesi<br />

durante l’adorazione eucaristica svoltasi nel<strong>la</strong> parrocchia<br />

di San Pietro Apostolo a Monte<strong>la</strong>nico.<br />

A presiedere <strong>la</strong> veglia c’era don Leonardo, in qualità<br />

di Direttore <strong>del</strong> Centro Diocesano Vocazionale,<br />

che con poche parole ci ha ricordato quanto sia<br />

importante il SI al<strong>la</strong> chiamata di Dio e come ognuno<br />

di noi contribuisca ad essere una nota importante<br />

nel<strong>la</strong> sinfonia <strong>del</strong><strong>la</strong> quale il Signore è il Direttore<br />

d’orchestra. Se solo mancasse una singo<strong>la</strong> nota<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> sinfonia, questa risulterebbe stonata, imperfetta.<br />

Analogamente Madre Teresa, <strong>la</strong> picco<strong>la</strong> matita nelle<br />

mani di Dio, par<strong>la</strong>va dicendo: “ Siamo una goccia<br />

in mezzo all’oceano”.<br />

L’indomani, con don Leonardo e i nostri compagni<br />

<strong>del</strong> Propedeutico, siamo stati ospiti <strong>del</strong><strong>la</strong> trasmissione<br />

A SUA IMMAGINE su Rai1. Con il nostro<br />

Responsabile e p. Raffaele Sacco (Rogazionista),<br />

si è par<strong>la</strong>to <strong>del</strong>l’anda<strong>mento</strong> <strong>del</strong> numero <strong>del</strong>le vocazioni<br />

in Italia e nel mondo, <strong>del</strong><strong>la</strong> vita nel<br />

Seminario, <strong>del</strong> celibato per il Regno di Dio.<br />

Con lo zaino pieno di tutte queste esperienze ci<br />

avviamo quindi al<strong>la</strong> fine.<br />

Concluderemo l’Anno Propedeutico sabato 26 maggio<br />

e, nell’ultima condivisione settimanale che faremo,<br />

dovremo informare don Leonardo e tutti i nostri<br />

compagni in merito al<strong>la</strong> nostra scelta maturata lungo<br />

questi sette mesi; se continuare il cammino a<br />

settembre con l’acceso al Seminario Maggiore o<br />

se tornare a casa, grati comunque al Signore per il dono<br />

di questo tempo di grazia che ci ha sicuramente arricchiti<br />

nello spirito.<br />

Vogliamo in ultimo ringraziare chi, per <strong>la</strong> fiducia e l’amore,<br />

ci ha permesso di trascorrere quest’anno concentrati<br />

sul<strong>la</strong> nostra vocazione: al Signore, che mediante i suoi<br />

segni ci ha invitato a seguirlo; al Vescovo Vincenzo, che<br />

sin dall’inizio ci ha accolti fidandosi di noi e dimostrandosi<br />

sempre un padre buono e affettuoso nei nostri riguardi;<br />

ai sacerdoti <strong>del</strong><strong>la</strong> nostra amata Diocesi e, in ultimo<br />

ma non da ultimi, genitori e amici, che hanno saputo<br />

accogliere e comprendere <strong>la</strong> nostra scelta.<br />

Alessandro, Fabrizio e Teodoro<br />

Anche quest’anno siamo arrivati al<strong>la</strong> fine <strong>del</strong> nostro percorso. Il 12<br />

maggio siamo giunti all’ultima tappa <strong>del</strong> nostro cammino con Nicodemo,<br />

che per diversi mesi ci ha accompagnato nei vari paesi <strong>del</strong><strong>la</strong> diocesi.<br />

Quest’anno abbiamo riflettuto sui Dieci Comandamenti, cercando<br />

di coglierne tutta l’attualità e soprattutto interrogandoci su quello<br />

che questi rappresentano per noi e per <strong>la</strong> nostra vita. Questi incontri<br />

ci hanno permesso di stare insieme, di conoscerci meglio di confrontarci<br />

ma soprattutto di pregare insieme nelle Adorazioni<br />

Eucaristiche che hanno concluso le serate.<br />

L’unico scopo che ci siamo prefissati è stato quello di: «incontrare<br />

Gesù». Ogni parrocchia ospitante, durante <strong>la</strong> serata, ha presentato<br />

le caratteristiche <strong>del</strong> proprio paese e ha reso ogni incontro partico<strong>la</strong>re<br />

con l’aiuto dei testimoni che hanno raccontato <strong>la</strong> loro esperienza<br />

legata al tema.<br />

Sono terminati gli incontri ma le occasioni per stare di nuovo<br />

insieme, Nicodemo incluso, non mancano. Il 23 giugno noi giovani ci incontreremo per <strong>la</strong> festa a Gavignano ed infine quest’estate andremo a<br />

Loreto per incontrare il Papa. Nicodemo sarà insieme a noi, ma sarà soprattutto <strong>la</strong> presenza di Gesù che renderà queste esperienze uniche e farà sì<br />

che resteranno stampate per sempre nel<strong>la</strong> nostra mente e nel nostro cuore.<br />

Roberta Frasca


Giugno<br />

2007<br />

Spiritualità 13<br />

Quando si pensa che neppure <strong>la</strong><br />

SS. ma Vergine può fare quello che può<br />

fare un sacerdote…<br />

Quando si pensa che nessun angelo e<br />

nessun uomo al mondo può fare il miracolo<br />

che ogni sacerdote può realizzare:<br />

quello di perdonare i peccati, quello di<br />

fare presente Gesù nell’Eucaristia rivivendo<br />

il suo sacrificio nel<strong>la</strong> Santa Messa…<br />

Quando si pensa che l’umanità è stata<br />

redenta e che il mondo sussiste perché<br />

ci sono uomini e donne che si nutrono<br />

ogni giorno di Quel Corpo e di Quel Sangue<br />

redentore che soltanto un sacerdote ne<br />

può invocare <strong>la</strong> transustanziazione.<br />

Quando si pensa che il mondo morirebbe<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> fame più grande che mai sia esistita,<br />

se le mancasse un pochino di quel<br />

pane sacro e un pochino di quel vino santo<br />

che dà <strong>la</strong> vita <strong>del</strong>l’anima…<br />

Quando si pensa che un sacerdote è più<br />

necessario di un presidente o di un ministro<br />

d’economia, più di un militare, più<br />

di un commerciante, più di un insegnante…<br />

giacché un sacerdote può sostituire tutti<br />

quanti, ma nessuno può sostituire Lui, perché Lui<br />

opera in persona Christi, portandoci <strong>la</strong> stessa vita<br />

di Dio, cioé <strong>la</strong> sua grazia ai nostri cuori… 1<br />

Quando si pensa che il sacerdote ci aiuta ad acquistare<br />

<strong>la</strong> vita eterna, <strong>la</strong> vita che non ha fine…<br />

Quando si pensa, che <strong>la</strong> vocazione sacerdotale è<br />

un dono di Dio, per l’intera Chiesa, per <strong>la</strong> sua vita<br />

e <strong>la</strong> sua missione… 2<br />

Quando si pensa tutto questo… Uno si rende conto<br />

che tutti i membri <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa hanno <strong>la</strong> grazia<br />

e <strong>la</strong> responsabilità di pregare per le vocazioni sacerdotali,<br />

sia per quelli che si sono ormai consacrati,<br />

sia per l’au<strong>mento</strong> <strong>del</strong>le vocazioni.<br />

Uno si rende conto che impedire ad una vocazione<br />

di maturare e di non pregare per le vocazioni<br />

sacerdotali è un male irrimediabile...<br />

Uno capisce perché S. Teresina <strong>del</strong> Bambin Gesù<br />

diceva: “Dio ci chiederà conto <strong>del</strong> numero di sacerdoti<br />

che potevamo salvare con le nostre preghiere<br />

e non lo abbiamo fatto a causa <strong>del</strong>le nostre infe<strong>del</strong>tà<br />

e <strong>del</strong>le nostre negligenze”.<br />

Uno capisce che pregare per un sacerdote è pregare<br />

affinché <strong>la</strong> presenza Eucaristica possa arrivare<br />

a tutti i luoghi e a tutti gli uomini <strong>del</strong> mondo, giacché<br />

il sacerdote è stato ordinato soprattutto<br />

per celebrare l’Eucaristia, ed è per<br />

questo che ci ricorda il Santo Padre Benedetto<br />

XVI “Il nesso intrinseco fra Eucaristia e<br />

sacra<strong>mento</strong> <strong>del</strong>l’Ordine risulta dalle<br />

parole stesse di Gesù nel Cenacolo: ‘Fate<br />

questo in memoria di me’ (Lc 22, 19). Gesù,<br />

infatti, al<strong>la</strong> vigilia <strong>del</strong><strong>la</strong> sua morte, ha istituito<br />

l’Eucaristia e fondato allo stesso tempo<br />

il sacerdozio <strong>del</strong><strong>la</strong> Nuova Alleanza.<br />

Egli è sacerdote, vittima ed altare:<br />

mediatore tra Dio Padre ed il popolo (cfr<br />

Eb 5, 5-10), vittima di espiazione (cfr 1<br />

Gv 2, 2; 4, 10) che offre se stessa sull’altare<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> croce. Nessuno può dire ‘questo<br />

è il mio corpo’ e ‘questo è il mio sangue’<br />

se non nel nome e nel<strong>la</strong> persona di<br />

Cristo, unico sommo sacerdote <strong>del</strong><strong>la</strong> nuova<br />

ed eterna Alleanza’”. 3<br />

Chiediamo al<strong>la</strong> Madonna <strong>del</strong>le Grazie che<br />

ci aiuti a capire ogni giorno di più <strong>la</strong> grazia<br />

<strong>del</strong> sacerdozio, che è “dono e mistero”come<br />

gli piaceva ripetere al Santo Padre<br />

Giovanni Paolo II.<br />

E per finire, non possiamo fare a meno che mettere<br />

in risalto un richiamo speciale a Giovanni Paolo<br />

II: “Un appello partico<strong>la</strong>re rivolgo alle famiglie, che<br />

i genitori, e specialmente le mamme, siano generosi<br />

nel donare al Signore, che li chiama al sacerdozio,<br />

i loro figli, e col<strong>la</strong>borino con gioia al loro itinerario<br />

vocazionale (…) E ai giovani dico: siate più<br />

docili al<strong>la</strong> voce <strong>del</strong>lo Spirito, (…) non temete di aprire<br />

il vostro spirito al<strong>la</strong> chiamata <strong>del</strong> Signore”. 4<br />

Convento di C<strong>la</strong>usura Madonna <strong>del</strong>le Grazie Velletri<br />

Ho scoperto <strong>la</strong> mia vocazione, quel<strong>la</strong> di pregare per i sacerdoti: Santa Teresina <strong>del</strong> Bambin Gesù, Storia d’un anima<br />

1 Cfr. Gustavo Martínez Zuviría| Hugo Wast (Córdoba, 1883- Buenos Aires, 1862)<br />

2 Cfr. Giovanni Paolo II, “Pastores dabo vobis” IV, 41<br />

3 Benedetto XVI, Capitolo IV, pto. 23<strong>del</strong><strong>la</strong> Esortazione<br />

Apostolica Postsinodale: “Sacramentum Caritatis”.<br />

4 Cfr. Giovanni Paolo II, Conclusione <strong>del</strong><strong>la</strong> Esortazione<br />

Apostolica Postsinodale: “Pastores dabo vobis”.


Diocesi<br />

Giugno<br />

14 2007<br />

Omelia nel<strong>la</strong> Messa Solenne nel<strong>la</strong><br />

Basilica Cattedrale di<br />

“Ave, santa Maria, fonte di pietà: dal<br />

tuo grembo purissimo sgorga <strong>la</strong> ricchezza<br />

di tutte le grazie, Cristo vero Dio e vero<br />

uomo”<br />

Così <strong>la</strong> Chiesa canta nell’antifona d’ingresso<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> Messa Votiva di “Maria Vergine, Madre<br />

e Mediatrice di Grazia”.<br />

Il popolo cristiano giustamente onora <strong>la</strong><br />

Beatissima Vergine come Madre di Grazia. Da<br />

secoli, il mese di Maggio vede <strong>la</strong> devozione<br />

mariana manifestarsi in molte forme: Rosario,<br />

Litanie, Processioni, Invocazioni, Pellegrinaggi.<br />

Il fonda<strong>mento</strong> dottrinale è solido: Cristo<br />

è autore di grazia. Maria Santissima è Madre<br />

<strong>del</strong> Redentore e Madre di grazia.<br />

Cristo Autore di grazia<br />

Gesù Cristo, il Figlio di Dio che<br />

ha assunto <strong>la</strong> natura umana, vero Dio<br />

e vero Uomo, è l’unico Redentore<br />

<strong>del</strong>l’umanità. E’lui l’unico Mediatore<br />

tra Dio e gli uomini. Come disse San<br />

Paolo al suo discepolo Timoteo: “Uno<br />

solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore<br />

fra Dio e gli uomini, l’uomo<br />

Cristo Gesù, che ha dato se stesso<br />

in riscatto per tutti” (I Tim. 2, 5-6).<br />

Morendo sul<strong>la</strong> croce, Cristo ha riconciliato<br />

gli uomini con Dio. Ci ha ridato<br />

<strong>la</strong> vita. Ci ha procurato <strong>la</strong> grazia.<br />

“Non vi è infatti altro nome dato<br />

agli uomini sotto il cielo nel quale<br />

è stabilito che possano essere salvati”,<br />

testimoniò San Pietro davanti<br />

al Sinedrio (Att. 4, 12).<br />

“La funzione materna di Maria verso<br />

gli uomini”, insegna il Concilio<br />

Vaticano Secondo, “in nessun modo<br />

oscura o diminuisce questa unica mediazione<br />

di Cristo, ma ne mostra l’efficacia.<br />

Ogni salutare influsso <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Beata Vergine verso gli uomini<br />

non nasce da una necessità oggettiva,<br />

ma da una disposizione puramente<br />

gratuita di Dio, e sgorga dal<strong>la</strong><br />

sovrabbondanza dei meriti di Cristo;<br />

pertanto si fonda sul<strong>la</strong> mediazione<br />

di questi, da essa assolutamente dipende<br />

e attinge tutta <strong>la</strong> sua efficacia, e<br />

non impedisce minimamente l’unione<br />

immediata dei credenti con Cristo,<br />

anzi <strong>la</strong> facilita” (Lumen Gentium,<br />

60).<br />

Maria Ss.ma Madre e Socia <strong>del</strong><br />

Redentore<br />

La Divina provvidenza ha assegnato<br />

a Maria Vergine un ruolo singo<strong>la</strong>re<br />

accanto a Gesù Salvatore nel<strong>la</strong><br />

storia <strong>del</strong><strong>la</strong> salvezza. Maria fu già<br />

inclusa nel<strong>la</strong> promessa <strong>del</strong> Redentore<br />

dopo il peccato originale. Nel<strong>la</strong> pienezza<br />

dei tempi Dio inviò l’arcangelo<br />

Gabriele al<strong>la</strong> Vergine di<br />

Nazareth per annunciarle il piano<br />

divino e ottenere il suo consenso ad<br />

essere <strong>la</strong> Madre <strong>del</strong> Redentore. Maria<br />

Santissima ha svolto un ruolo unico<br />

come socia <strong>del</strong> Redentore dal<strong>la</strong><br />

visitazione<br />

ad Elisabetta,<br />

al<strong>la</strong> Natività di Gesù, al<strong>la</strong><br />

presentazione al tempio,<br />

al<strong>la</strong> fuga in Egitto, al<strong>la</strong> vita<br />

nascosta in Nazareth.<br />

“Nel<strong>la</strong> vita pubblica di<br />

Gesù <strong>la</strong> Madre sua appare<br />

distintamente fin da principio”<br />

(Lumen Gentium,<br />

58). Pensiamo subito<br />

alle nozze di Cana e il ruolo<br />

di Maria nell’ottenere<br />

il primo miracolo di<br />

Gesù, nel<strong>la</strong> predicazione<br />

di Gesù, e specialmente<br />

sul Calvario ai piedi <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Croce.<br />

<strong>Dopo</strong> l’Ascensione, <strong>la</strong><br />

Beata Vergine pregava con<br />

gli Apostoli ed altri discepoli<br />

ed era in mezzo a loro<br />

quando venne lo Spirito Santo e <strong>la</strong> Chiesa si<br />

manifestò al mondo.<br />

Assunta al cielo, <strong>corona</strong>ta regina degli<br />

angeli e degli uomini, Maria Vergine non dimentica<br />

i suoi figli che si trovano ancora nel pellegrinaggio<br />

terrestre.<br />

Dio perciò, nel mirabile disegno <strong>del</strong> suo amore,<br />

ha costiuito <strong>la</strong> Beata Vergine Maria madre<br />

e col<strong>la</strong>boratrice <strong>del</strong> Redentore. Maria è Madre<br />

di grazia perché ha portato nel suo grembo e<br />

ci ha donato lo stesso Autore <strong>del</strong><strong>la</strong> grazia, Gesù<br />

Cristo. Maria è stata socia <strong>del</strong> Redentore nel<br />

procurarci <strong>la</strong> grazia più grande, <strong>la</strong> redenzione,<br />

<strong>la</strong> salvezza, <strong>la</strong> vita divina. E Dio ha voluto che<br />

<strong>la</strong> Beatissima Vergine “continuasse nel<strong>la</strong><br />

Chiesa <strong>la</strong> sua missione materna di intercessione<br />

e di perdono, di protezione e di grazia, di riconciliazione<br />

e di pace” (Prefazio, Messa Votiva<br />

Maria Vergine, Madre e Mediatrice di Grazia).<br />

La Devozione Mariana ha Ottimo Fonda<strong>mento</strong><br />

Da tutto questo segue che <strong>la</strong> devozione mariana<br />

ha ottimo fonda<strong>mento</strong> nel<strong>la</strong> sacra Scrittura<br />

e nel<strong>la</strong> rive<strong>la</strong>zione divina. “Tutte le generazioni<br />

mi chiameranno beata” (Lc. 1,48), <strong>la</strong> Madonna<br />

aveva profetizzato. Onoriamo Maria Santissima<br />

con il Rosario, con processioni come faremo<br />

stasera, con l’appartenenza alle sue Confraternite<br />

e con Pellegrinaggi ai suoi santuari.<br />

Ma il modo migliore di onorare <strong>la</strong> Madre di<br />

Dio è di obbedire a Gesù, di osservare i comandamenti.<br />

La Madonna aveva detto ai servi alle<br />

nozze di Cana: “Fate quello che vi dirà” (Gv.<br />

2,5). La devozione mariana è Cristocentrica perché<br />

Maria ci conduce a Gesù. Lourdes, il santuario<br />

grande <strong>del</strong><strong>la</strong> Madonna, mette l’accento<br />

su Cristo: Penitenza come ascesi, Penitenza come<br />

Sacra<strong>mento</strong>, <strong>la</strong> Santa Messa, <strong>la</strong> Benedizione,<br />

Adorazione e Processione Eucaristica: ecco le<br />

grandi linee <strong>del</strong><strong>la</strong> devozione a Lourdes.<br />

Questa settimana il S. Padre va al Santuario<br />

mariano di Aparecida per inaugurare <strong>la</strong> V°<br />

Conferenza <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa in America Latina. Ecco<br />

come <strong>la</strong> Chiesa va al<strong>la</strong> Madonna per <strong>la</strong> grazia<br />

di annunciare Gesù.<br />

Preghiamo Maria Santissima, che per <strong>la</strong> sua<br />

intercessione noi seguiamo Gesù con più autenticità,<br />

che riceviamo abbondanza di grazie e che<br />

al<strong>la</strong> fine arriviamo al<strong>la</strong> vita eterna.<br />

Francis Card. Arinze<br />

La processione <strong>del</strong><strong>la</strong> Madonna <strong>del</strong>le Grazie a Velletri<br />

mentre attraversa <strong>la</strong> città


Giugno<br />

2007<br />

Sociale&Lavoro 15<br />

Max<br />

Weber afferma che per primo John Watts<br />

nel 1754, creando un sistema <strong>la</strong>vorativo progressivo e<br />

distribuito, diede al<strong>la</strong> luce quel fenomeno che verrà chiamato<br />

in seguita "catena di montaggio" all'interno di un meccanismo<br />

produttivo-economico, definito dai pensatori socialisti,<br />

sia scientifici (Marx), sia utopisti (Proudhon, Saint<br />

Simon) Capitalismo. La questione operaia prodotta dallo<br />

scontro tra capitale e <strong>la</strong>voro, dall'antitesi tra plusvalore<br />

e alienazione umana, direttamente collegata al<strong>la</strong> rivoluzione<br />

industriale, <strong>la</strong> quale aveva sovvertito seco<strong>la</strong>ri<br />

assetti sociali, indusse <strong>la</strong> Chiesa a intervenire in un modo<br />

nuovo, mediando tra le tendenze più estreme <strong>del</strong> liberalismo<br />

incontrol<strong>la</strong>to e <strong>del</strong> socialismo massimalista e<br />

totalitario.<br />

La Rerum Novarum inaugura <strong>la</strong> stagione fervida<br />

di quel<strong>la</strong> che sarà <strong>la</strong> dottrina sociale <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa,<br />

rappresenta il docu<strong>mento</strong> base che ispirerà l'agire sociale<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa e i principi <strong>del</strong>le Encicliche successive che<br />

a loro volta ne riprenderanno e approfondiranno il nucleo<br />

centrale. La Rerum Novarum, esponendo <strong>la</strong> dottrina cattolica<br />

<strong>del</strong> <strong>la</strong>voro, accoglie il principio <strong>del</strong><strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione<br />

tra le c<strong>la</strong>ssi sociali, privilegiando le ragioni dei deboli<br />

e dei <strong>la</strong>voratori sa<strong>la</strong>riati <strong>la</strong> cui durata di vita media non<br />

arrivava allora a circa 35 anni e i cui diritti venivano calpestati<br />

dai datori di <strong>la</strong>voro. Siamo nel 1891, ancora re<strong>la</strong>tivamente<br />

lontani dal<strong>la</strong> Rivoluzione d'Ottobre che in Russia<br />

favorirà l'ascesa al potere dei Soviet e <strong>la</strong> costituzione<br />

di un apparato monolitico. La Chiesa non accetterà mai.<br />

Attraverso l'abolizione <strong>del</strong> "Non expedit" <strong>la</strong> Chiesa aveva<br />

cercato in tutti i modi di impedirne l'affermazione in<br />

Italia, sollecitando i cattolici ad intervenire nel<strong>la</strong> gestione<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> cosa pubblica attraverso <strong>la</strong> costituzione di un partito<br />

politico e di movimenti organizzati e non <strong>la</strong>sciando<br />

che gli spazi sociali divenissero prerogative <strong>del</strong>le cellule<br />

e cooperative socialiste o comuniste. All'inizio degli<br />

anni Trenta, a ridosso <strong>del</strong><strong>la</strong> crisi di Wall Street, con l'affermazione<br />

di nuovi potentati economici, Pio XI , il cosiddetto<br />

Papa burbero, pubblica l'enciclica "Quadragesimo<br />

anno" che, oltre a commemorare i quarant'anni <strong>del</strong><strong>la</strong> Rerum<br />

Novarum, ammonisce il mondo sul mancato rispetto <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

libertà di associazione nei regimi totalitari ribadisce<br />

il principio che il sa<strong>la</strong>rio deve essere proporzionato alle<br />

necessità <strong>del</strong> <strong>la</strong>voratore e <strong>del</strong><strong>la</strong> famiglia e che il valore<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> proprietà privata deve essere subordinato all'utilità<br />

sociale.<br />

All'inizio degli anni Sessanta, assistiamo all'affermarsi<br />

di una visione nuova dei probeli sociali: le questioni sul<br />

tavolo non riguardano più soltanto aree geograficamente<br />

<strong>del</strong>imitate, ma assumono un carattere p<strong>la</strong>netario e guardano<br />

all'uomo, penetrando fin nelle sfere patetico-affettive (Teologia<br />

per il mondo, J. B. Metz). Emerge così con sempre maggiore<br />

chiarezza <strong>la</strong> situazione drammatica in cui versa<br />

il Terzo Mondo dopo l'inizio <strong>del</strong> processo di decolonizzazione.<br />

Con l'enciclica Pacem in terris Giovanni XXI-<br />

II si sofferma sui pubblici poteri <strong>del</strong><strong>la</strong> comunità mondiale,<br />

chiamati ad affrontare e a risolvere i problemi a contenuto<br />

economico, sociale e politico. La crescita economican<br />

infatti, non deve limitarsi a soddisfare i bisogni<br />

degli uomini, ma deve pruomuoverne anche <strong>la</strong> dignità.<br />

La naturale recessione, conseguente al<strong>la</strong> fine <strong>del</strong><br />

boom economico, riapre problemi sopiti; gli scontri sociali<br />

si ripresentano con una forza d'urto inaudita. Gli avvenimenti<br />

<strong>del</strong> 1968 e <strong>del</strong>l'autunno caldo <strong>del</strong> 1969 apriranno<br />

<strong>la</strong> strada ad un periodo buio in cui <strong>la</strong> matrice<br />

terroristica assumerà sempre più i contorni di un'organizzazione<br />

internazionale che coinvolgerà anche<br />

ex-cattolici. Paolo VI nell'enciclica Populorum<br />

Progressio (1967) sarà il primo a par<strong>la</strong>re di terrorismo<br />

come "rabbiosità dei popoli sfruttati".<br />

Nel 1987, con l'enciclica Sollecitudo Rei Socialis, intuizione<br />

geniale <strong>del</strong> Pontefice Giovanni Paolo II , si arriverà,<br />

mai come adesso, ad una incidenza nel tessuto sociale<br />

<strong>del</strong> magistero ecclesiale. L'enciclica, a vent'anni dal<strong>la</strong><br />

Populorum Progressio, affronta di nuovo il tema <strong>del</strong>lo<br />

sviluppo mancato <strong>del</strong> Terzo Mondo, condannando<br />

lo strozzinaggio a grandi dimensioni che i paesi ricchi<br />

attuano nei confronti dei paesi definiti adesso "in<br />

via di sviluppo" e non più "sottosviluppati " (Siamo<br />

più educati !!). L'au<strong>mento</strong> progressivo dei tassi di interesse<br />

sul debito pubblico impedisce il decollo <strong>del</strong>l'economia.<br />

Se <strong>la</strong> Rerum Novarum era arrivata in leggero<br />

ritardo sulle questioni sociali, <strong>la</strong> Sollecitudo Rei<br />

Socialis anticipa, previene e ammonisce su quelli che<br />

saranno i problemi imminenti con <strong>la</strong> fine <strong>del</strong><br />

Comunismo due anni dopo: L'enciclica mette in discussione<br />

le mega clientele, i partiti-azienda, l'uso distorto<br />

dei meccanismi mediatici che, più che informare<br />

l'opinione pubblica, costruiscono le opinioni pubbliche.<br />

Intanto il Magistero Ufficiale <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa, le lettere<br />

pastorali e i documenti dei convegni di studi sociali,<br />

pur accogliendo alcune istanze di giustizia sociale anche<br />

di movimenti come <strong>la</strong> Teologia <strong>del</strong><strong>la</strong> Liberazione, rifiuta<br />

le soluzioni violente e le categorie marxiste e le<br />

indirizza a un processo di "Nuova Evangelizzazione",<br />

non tollerando più espressioni <strong>del</strong> tipo "esubero<br />

di popo<strong>la</strong>zione" con cui vengono liquidate le discussioni<br />

re<strong>la</strong>tive all'iniqua distribuzione <strong>del</strong>le ricchezze<br />

a livello mondiale. In Occidente, però,<br />

il problema assume altre dimensioni: il problema<br />

sociale non riguarda più tanto <strong>la</strong> produzione<br />

e <strong>la</strong> distribuzione <strong>del</strong><strong>la</strong> ricchezza, quanto<br />

l'edonismo e il vuoto di valori legati al consumismo:<br />

Essere o avere, carpe diem, il re<strong>la</strong>tivismo-soggettivismo<br />

Il Cardinal Martini, agli<br />

inizi <strong>del</strong><strong>la</strong> diffusione <strong>del</strong>l'uso di Internet, definirà<br />

<strong>la</strong> situazione <strong>del</strong>l'uomo un' "angosciante fol<strong>la</strong><br />

di solitudini ". La Chiesa, tra mille difficoltà<br />

di ogni tipo, riesce a testimoniare <strong>la</strong> superiorità<br />

<strong>del</strong> suo umanesimo, e all'alba <strong>del</strong> terzo<br />

millennio si presenta con un rinnovato impulso<br />

missionario nel<strong>la</strong> tortuosa vertigine<br />

degli eventi e <strong>del</strong>le angosce <strong>del</strong>l'uomo moderno.


Parrocchie&Comunità<br />

Maggio<br />

16 2007<br />

Parrocchia di S. Sebastiano a Valmontone<br />

a cura di Stanis<strong>la</strong>o Fioramonti<br />

Rimanendo<br />

sempre nel territorio<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> città di Valmontone, apriamo<br />

ora una finestra <strong>del</strong> nostro mensile<br />

sul<strong>la</strong> parrocchia più popolosa <strong>del</strong>le<br />

tre presenti nel territorio, ovvero<br />

<strong>la</strong> Parrocchia di San Sebastiano martire<br />

che sorge nel quartiere rinascita.<br />

Cominciamo con il conoscere più da<br />

vicino il parroco, Don Alberto Raviglia<br />

al quale chiediamo di presentarsi:<br />

Don Alberto Raviglia<br />

Sono nato il 21.10.1948, a Segni, qui<br />

sono stato educato, cresciuto, qui ho<br />

fatto i miei primi studi e presso il<br />

Seminario Minore Vescovile di Segni<br />

ho iniziato il mio cammino verso il sacerdozio,<br />

sacra<strong>mento</strong> che ho ricevuto 35<br />

anni or sono, il 17 Luglio 1972, in<br />

Cattedrale a Segni, da Mons. Luigi<br />

Maria Carli, per <strong>la</strong> festa <strong>del</strong> Patrono<br />

S. Bruno. In seguito ho proseguito<br />

gli studi in psicologia. Sono stato<br />

Educatore al seminario di Segni, successivamente<br />

sono stato nominato<br />

parroco 33 anni fa. Attualmente<br />

oltre che in parrocchia sono impegnato<br />

in qualità di Vice presidente <strong>del</strong> C.d’A.<br />

<strong>del</strong>l’Istituto Diocesano per il<br />

Sostenta<strong>mento</strong> <strong>del</strong> Clero, Insegno<br />

Psicopedagogia o psicologia <strong>del</strong>l’età<br />

evolutiva all’istituto di scienze religiose<br />

in Frosinone. Da poco sono stato<br />

nominato Canonico <strong>del</strong> Capitolo<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> Cattedrale di<br />

Segni. Se mi<br />

chiedete quali<br />

altre passione<br />

ci<br />

sono nel<strong>la</strong><br />

mia vita vi<br />

dico immediatamente:<br />

<strong>la</strong> montagna<br />

e <strong>la</strong> lettura. Mi<br />

reputo disponibile<br />

e aperto all’amicizia in<br />

generale e in partico<strong>la</strong>re con i miei<br />

confratelli.<br />

Mi piace descrive <strong>la</strong> mia parrocchia<br />

così: La parrocchia di San Sebastiano,<br />

quando nacque nel lontano 1950, era<br />

una parrocchia di periferia rispetto al<br />

centro storico. Nel docu<strong>mento</strong> presidenziale<br />

di riconosci<strong>mento</strong> giuridico<br />

le furono assegnate due Chiese sussidiarie<br />

con <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione collocata<br />

nelle zone di campagna. Attualmente<br />

<strong>la</strong> Parrocchia di San Sebastiano occupa<br />

il territorio che prevede un’espansione<br />

inverosimile per il futuro <strong>del</strong><strong>la</strong> città<br />

di Valmontone, tanto che è prevista<br />

<strong>la</strong> costruzione di una nuova Chiesa<br />

sussidiaria al<strong>la</strong> Chiesa parrocchiale,<br />

perché si prevede uno sviluppo<br />

totale di diecimi<strong>la</strong> abitanti, tutti <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Parrocchia di San Sebastiano.<br />

Tra le attività professionali principali<br />

ricordiamo quelle commerciali, e<br />

quelle <strong>del</strong> terziario e anche quelle nel<br />

campo <strong>del</strong>l’edilizia. Ci sono abbastanza<br />

extracomunitari, per lo più rumeni e<br />

non costituiscono un problema per<br />

<strong>la</strong> vita sociale <strong>del</strong><strong>la</strong> collettività.<br />

All’interno <strong>del</strong> territorio parrocchiale,<br />

oggi non ci sono comunità religiose.<br />

I gruppi ecclesiali sono tutti parrocchiali<br />

e <strong>del</strong>l’azione cattolica italiana.<br />

Riguardo ai luoghi di culto, come dicevo<br />

sopra ci sono nelle zone <strong>del</strong><strong>la</strong> campagna<br />

due Chiese sussidiarie a<br />

quel<strong>la</strong> parrocchiale: Chiesa di S.<br />

Giovanni Battista e Chiesa di<br />

Sant’Antonio di Padova. Una terza<br />

è in progettazione nel<strong>la</strong> nuova zona<br />

di espansione <strong>del</strong><strong>la</strong> parrocchia, in direzione<br />

Outlet.<br />

Poniamo ora a Don Alberto alcune<br />

domande dirette come abbiamo già<br />

fatto con altri parroci:<br />

Quali sono le priorità pastorali parrocchiali?<br />

La gente “frequenta”?<br />

Secondo te, cosa si può fare per raggiungere<br />

i non praticanti?<br />

In primis le attività di evangelizzazione<br />

e di catechesi rivolte alle singole categorie<br />

di persone appartenenti a<br />

gruppi parrocchiali diversi; e poi le<br />

attività di sacramentalizzazione verso<br />

le persone che ne fanno richiesta.<br />

infine, non perché<br />

meno importante,<br />

le attività<br />

caritative.<br />

La frequenza<br />

è intorno al<br />

10%.<br />

Esistono scambi di esperienze tra parroci<br />

e tra parrocchie, nel<strong>la</strong> tua città<br />

o tra centri <strong>del</strong><strong>la</strong> stessa diocesi? Vi<br />

sono forme di gemel<strong>la</strong>ggio con parrocchie<br />

di altre regioni o nazioni?<br />

In passato ci sono stati numerosi incontri<br />

tra i parroci nel<strong>la</strong> nostra cittadina<br />

in occasione di vari eventi, religiosi<br />

e non, accaduti nel<strong>la</strong> vita religiosa<br />

e sociale. Ultimamente sono diventati<br />

più rari.<br />

Quale attività pastorale impegna<br />

maggiormente e quale (quali) si<br />

vorrebbe sviluppare? Quali sono i progetti<br />

a breve e medio termine?<br />

Tutte le attività pastorali ci impegnano<br />

allo stesso modo.<br />

Quali iniziative esistono a favore di<br />

ragazzi, giovani, coppie, adulti,<br />

anziani?<br />

Lo ripeto: attività di evangelizzazione,<br />

di sacramentalizzazione e di carità.<br />

Che tipo di rapporti il parroco e <strong>la</strong> par-<br />

La facciata <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa


Maggio<br />

2007<br />

Parrocchie&Comunità 17<br />

rocchia hanno con le autorità civili?<br />

Rapporti di tipo solo ufficiale<br />

Che cosa diresti al sindaco per migliorare<br />

<strong>la</strong> condizione sociale <strong>del</strong><strong>la</strong> città?<br />

Dovrebbe interessarsi sopratutto dei giovani<br />

e dei poveri.<br />

E’ vivo, tra <strong>la</strong> gente, lo spirito missionario,<br />

caritativo, biblico, liturgico, vocazionale…?<br />

Si.<br />

Che proporresti al vescovo se<br />

ti facesse decidere su un solo<br />

ambito pastorale?<br />

Al Vescovo direi, se ha tempo,<br />

di dedicare tanta cura alle re<strong>la</strong>zioni<br />

con i singoli<br />

sacerdoti.<br />

Che cosa risponderesti al<br />

papa se ti chiedesse un consiglio<br />

“Confirma fratres tuos ...”<br />

20 Domande ad un <strong>la</strong>ico<br />

impegnato in parrocchia<br />

Ti piace <strong>la</strong> tua chiesa? Cosa<br />

vorresti trovare entrando in una chiesa?<br />

La mia chiesa mi piace per un legame affettivo,<br />

anche se <strong>la</strong> carenza di spazi penalizza<br />

l’attività. Entrando in una chiesa vorrei<br />

trovar<strong>la</strong> piena di gente di ogni fascia di età.<br />

Perché frequenti <strong>la</strong> parrocchia? In quale settore<br />

sei partico<strong>la</strong>rmente impegnato?<br />

La motivazione principale per cui frequento<br />

è quel<strong>la</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> fede, tramandataci dai nostri<br />

genitori e che cerchiamo di trasmettere ai<br />

nostri figli. Sono impegnato nel gruppo famiglie.<br />

Quale aspetto <strong>del</strong><strong>la</strong> religione sopporti di meno?<br />

Quale rimprovero principale faresti al<strong>la</strong> Chiesa<br />

e al suo insegna<strong>mento</strong>?<br />

Il fondamentalismo che a volte riscontriamo<br />

anche in alcuni atteggiamenti. Rimprovererei<br />

l’arrocca<strong>mento</strong> a volte esagerato di alcune<br />

posizioni, che invece chiedono il dialogo e<br />

il confronto con <strong>la</strong> società <strong>la</strong>ica.<br />

Che cosa ti piace di più e cosa di meno di<br />

papa Ratzinger?<br />

Il papa è un uomo di grande spessore culturale<br />

ed è di aiuto a noi fe<strong>del</strong>i per capire<br />

di più gli aspetti teologici <strong>del</strong><strong>la</strong> Fede. Il ricordo<br />

di papa Giovanni Paolo II potrebbe condizionarci,<br />

ma lo vorremmo più spontaneo,<br />

aperto e meno rituale.<br />

Che ne pensi <strong>del</strong><strong>la</strong> posizione dei cattolici<br />

su divorzio, aborto, eutanasia, pacs e simili?<br />

La domanda accomuna argomenti e problematiche<br />

che richiedono risposte ed<br />

analisi più specifiche ed approfondite.<br />

Ti sembra meritoria l’opera di solidarietà <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Chiesa<br />

Molto, ma va sostenuta, aiutata e incoraggiata.<br />

Pensi che <strong>la</strong> Chiesa dovrebbe preoccuparsi<br />

solo <strong>del</strong>l’aspetto morale-religioso <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

vita, oppure fa bene a intervenire anche nelle<br />

questioni politiche, sociali, civili?<br />

Nel rispetto dei ruoli, ognuno dovrebbe essere<br />

in gradi di esprimere le proprie opinioni,<br />

Chiesa compresa.<br />

Descrivi <strong>la</strong> partecipazione al<strong>la</strong> vita ecclesiale<br />

dei tuoi parrocchiani.<br />

Non è certamente esaltante.<br />

Esistono momenti di confronto con altri <strong>la</strong>ici<br />

impegnati <strong>del</strong><strong>la</strong> tua città per iniziative comuni?<br />

No. Si rimpiangono vecchie esperienze giovanili<br />

interparrocchiali e interdiocesane<br />

degli anni ’70-80. E’ forte <strong>la</strong> cultura di curare<br />

il proprio campanile.<br />

Cosa suggeriresti al tuo parroco circa le priorità<br />

pastorali e le iniziative a favore <strong>del</strong>le<br />

diverse fasce di età (giovani, coppie, adulti,<br />

anziani)?<br />

Attenzione, presenza, vicinanza verso tutte<br />

le fasce di età, in partico<strong>la</strong>re quel<strong>la</strong> giovanile<br />

La statua <strong>del</strong> Santo Patrono,<br />

il martire Sebastiano<br />

Come pensi di raggiungere i cosiddetti “cattolici<br />

non praticanti”?<br />

Cercando di capire cosa li tiene lontani dal<strong>la</strong><br />

pratica cattolica.<br />

Gli extracomunitari e i non cattolici rappresentano<br />

un problema per voi?<br />

No.<br />

Quale ambito è più sviluppato e quale più<br />

depresso nell’attività <strong>del</strong><strong>la</strong> tua parrocchia?<br />

La caritas, il gruppo famiglie e <strong>la</strong> catechesi<br />

sono ben vivi; <strong>la</strong> pastorale giovanile dovrebbe<br />

crescere.<br />

Quale è l’ele<strong>mento</strong> qualificante <strong>la</strong> caritas <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

tua parrocchia?<br />

I proventi <strong>del</strong>le SS. Messe <strong>del</strong>l’ultimo<br />

sabato e domenica <strong>del</strong> mese sono destinati<br />

al gruppo caritas.<br />

E’ pensabile una nuova proposta pastorale<br />

e liturgica per rinnovare <strong>la</strong> devozione<br />

locale, in modo da rispondere meglio<br />

alle nuove esigenze dei parrocchiani? In<br />

che modo?<br />

Si. La presenza di un vice-parroco aiuterebbe<br />

molto, anche in vista <strong>del</strong><strong>la</strong> futura chiesa<br />

che dovrà nascere nel nostro quartiere.<br />

Utilizzando linguaggi ed atteggiamenti nuovi<br />

per coinvolgere al<strong>la</strong> vita parrocchiale persone<br />

che sono oggi distanti.<br />

Esprimi un parere sulle aggregazioni <strong>la</strong>icali<br />

cattoliche: secondo te, sanno integrarsi nel<br />

vissuto parrocchiale, sono una possibilità<br />

di penetrazione nel<strong>la</strong> società <strong>del</strong> messaggio<br />

evangelico che annunciano?<br />

No. purtroppo nel<strong>la</strong> nostra parrocchia non<br />

sono presenti.<br />

La tua parrocchia è in collega<strong>mento</strong> con<br />

l’amministrazione comunale affinché si<br />

prendano decisioni adeguate alle reali<br />

esigenze <strong>del</strong><strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione?<br />

No. i rapporti sono relegati al minimo.<br />

Se potessi, da cattolico, evidenziare un<br />

solo aspetto per migliorare <strong>la</strong> vita sociale<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> tua città, cosa diresti al Sindaco?<br />

Maggiore attenzione ai bisogni quotidiani<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> gente.<br />

Se il vescovo ti chiedesse un solo consiglio<br />

per intervenire, a quale ambito pastorale<br />

daresti<br />

<strong>la</strong> tua priorità?<br />

L’ambito giovanile.<br />

Secondo te, quale è il pericolo più grave che<br />

corre <strong>la</strong> fede fel nostro tempo?<br />

L’uomo che crede di essere sempre più autosufficiente.


Eucarestia<br />

Giugno<br />

18 2007<br />

CORPUS DOMINI<br />

INNI E FIORI PER IL CORPO DI CRISTO<br />

Origine e sviluppo <strong>del</strong> culto eucaristico e <strong>del</strong><strong>la</strong> festa <strong>del</strong> SS. Corpo e<br />

Sangue di Cristo<br />

a cura <strong>del</strong><strong>la</strong> redazione<br />

1<br />

L’Origine<br />

Con <strong>la</strong> bol<strong>la</strong> Transiturus, emessa ad Orvieto l’11 agosto 1264, papa Urbano<br />

IV istituì <strong>la</strong> festa <strong>del</strong> Corpus Domini, fissando<strong>la</strong> al Giovedì dopo <strong>la</strong> prima domenica<br />

di <strong>Pentecoste</strong>. Tommaso d’Aquino<br />

fu incaricato di comporne l’Ufficio liturgico,<br />

e il teologo domenicano creò testi<br />

bellissimi utilizzati ancora oggi, vedi ad<br />

esempio Lauda Sion Salvatorem,<br />

Adoro te devote e Pange lingua, le cui<br />

due ultime strofe (Tantum ergo sacramentum)<br />

da allora accompagnano<br />

ogni adorazione eucaristica.<br />

Il decreto di Urbano VI in realtà<br />

rappresentava <strong>la</strong> conclusione di tutto<br />

un processo iniziato almeno un secolo<br />

prima a Liegi. Fin dal secolo X <strong>la</strong> città<br />

fiamminga era stata il centro propulsore<br />

di un intenso movi<strong>mento</strong> eucaristico,<br />

grazie a uomini di Chiesa come<br />

2 Raterio da Verona, vescovo <strong>del</strong><strong>la</strong> cit-<br />

3<br />

tà; Erigero di Lobbes, autore di una raccolta di testi patristici sull’Eucarestia;<br />

A<strong>del</strong>manno e Algero di Liegi, confutatori <strong>del</strong>l’eresia di Berengario<br />

di Tours; Ruperto di Deutz e Guglielmo di St-Thierry, che nel<strong>la</strong><br />

prima metà <strong>del</strong> XII secolo con i loro scritti prepararono l’ambiente<br />

al sacerdote Lamberto di Bègues; verso il 1170 questi<br />

adunava davanti al tabernacolo <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa di S. Cristoforo<br />

gruppi di donne devote, tra le quali <strong>la</strong> mistica Maria di Oignies<br />

(m. 1213).<br />

Nel<strong>la</strong> prima metà <strong>del</strong> Duecento nel<strong>la</strong> città e nel<strong>la</strong> diocesi<br />

il fervore, specie verso Cristo uomo e sofferente, e il desiderio<br />

di comunione e di adorazione eucaristica animavano<br />

numerosi gruppi di donne, sia monache che <strong>la</strong>iche (beghine),<br />

dirette da ze<strong>la</strong>nti sacerdoti. Tutto questo intenso movi<strong>mento</strong>,<br />

solidamente fondato sul<strong>la</strong> dottrina ma dotato anche<br />

di una fervida espressione religiosa, ebbe il suo culmine nel ventennio<br />

1246-1264. Suor Giuliana di Mont-Cornillon (m. 1258), monaca<br />

agostiniana, ebbe una visione <strong>del</strong><strong>la</strong> luna e interpretò <strong>la</strong> parte buia<br />

di essa come <strong>la</strong> mancanza tra le feste cristiana di quel<strong>la</strong> <strong>del</strong> Santissimo<br />

Sacra<strong>mento</strong>; da ciò nacque a Liegi fin dal 1247 <strong>la</strong> consuetudine di celebrare<br />

ogni anno una festa con <strong>la</strong> processione <strong>del</strong> Sacra<strong>mento</strong>, che si<br />

diffuse ben presto in tutte le Fiandre e che nel 1252 il legato pontificio<br />

card. Ugo di San Caro estese anche al<strong>la</strong> Germania.<br />

Il miracolo di Bolsena<br />

Il 19 giugno 1263 avvenne poi il miracolo di Bolsena: tra le mani<br />

di un prete, il boemo Pietro da Praga, tormentato dal dubbio sul<strong>la</strong> reale<br />

presenza di Cristo nelle specie eucaristiche, così come molti in<br />

quel tempo, quando a questa verità di fede si opponevano in tanto<br />

tra questi Berengario da Tours al mo<strong>mento</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> consacrazione<br />

quei dubbi ebbero il sopravvento e l’ostia prese a sanguinare macchiando<br />

il pavi<strong>mento</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa di S. Cristina,. Ma “mentre teneva l’ostia<br />

nelle mani sopra il calice” avvenne il prodigio: l’ostia apparve visibile come<br />

carne rossa di sangue tranne che nel<strong>la</strong> parte che era nelle dita <strong>del</strong> sacerdote,<br />

e il lino per <strong>la</strong> purificazione restò bagnato di quel sangue. Il sacerdote<br />

a quel<strong>la</strong> vista rimase turbato e tentò di nascondere il miracolo nel corporale.<br />

Troncò <strong>la</strong><br />

celebrazione<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong><br />

messa,<br />

ripose nel tabernacolo<br />

quell’involucro. Il<br />

corporale, che fu portato processionalmente


Giugno<br />

2007<br />

Eucarestia 19<br />

a Orvieto dove risiedeva il papa. Questo prodigio e <strong>la</strong> visione di suor Giuliana<br />

indussero il pontefice Urbano IV – che 15 anni prima come Arcidiacono di<br />

Liegi aveva vissuto l’atmosfera mistica <strong>del</strong><strong>la</strong> città – a istituire <strong>la</strong> festa per tutta<br />

<strong>la</strong> Chiesa.<br />

Il corteo con il quale il corporale di Bolsena, macchiato <strong>del</strong><br />

sangue<br />

d i<br />

4<br />

Cristo, fu portato a Orvieto venne<br />

da allora riproposto in ogni località <strong>del</strong> mondo cristiano<br />

con <strong>la</strong> processione <strong>del</strong>l’Ostia Santa per le vie cittadine. La tradizione divenne<br />

generalizzata in tutta Italia e a partire dal 1337 venne istituita <strong>la</strong> processione<br />

che celebra quel miracolo, e con gli anni invalse anche l’uso di marcare<br />

il percorso <strong>del</strong><strong>la</strong> processione con fiori e rami verdi, quasi a riprodurre<br />

per il Corpo di Cristo Signore le vie trionfali riservate ai sovrani <strong>del</strong><strong>la</strong> terra.<br />

Mentre per conservare degnamente il corporale miracoloso <strong>la</strong> città di Orvieto<br />

dette inizio nel 1290 al nuovo magnifico duomo, <strong>la</strong> cui facciata è uno dei capo<strong>la</strong>vori<br />

<strong>del</strong> gotico italiano..<br />

Il significato <strong>del</strong><strong>la</strong> processione<br />

Nel<strong>la</strong> processione <strong>del</strong><strong>la</strong> Solennità <strong>del</strong> SS. Corpo e Sangue di Cristo, il popolo<br />

che vi partecipa testimonia e rende pubblica<br />

<strong>la</strong> propria<br />

fede e <strong>la</strong> propria<br />

adorazione<br />

verso<br />

il Santissimo Sacra<strong>mento</strong>. Il<br />

significato <strong>del</strong> rito <strong>del</strong><strong>la</strong> processione<br />

consiste nel riconoscere<br />

pubblicamente <strong>la</strong> necessità <strong>del</strong><br />

cibo eucaristico<br />

nel<br />

pellegrinaggio<br />

terreno.<br />

Dice <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

insostituib<br />

i l e<br />

necessità<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> presenza<br />

di<br />

Cristo nel<strong>la</strong><br />

nostra vita di<br />

pellegrini<br />

incamminati<br />

verso <strong>la</strong> vita<br />

senza fine.<br />

6<br />

Ora camminare insieme, come nel<strong>la</strong> processione appunto,<br />

dove tutti testimoniano <strong>la</strong> stessa fede nel<strong>la</strong> presenza di<br />

Cristo, produce ancora un effetto: quello di rendere solidali<br />

i partecipanti, capaci di condivisione a imitazione di Cristo<br />

che si è fatto simile agli uomini per condividerne tutto fuorché<br />

il peccato.<br />

La processione ha come conseguenza inoltre quel<strong>la</strong> di portare Dio fuori dai<br />

consueti spazi sacri che chiamiamo chiese, e di condurlo là dove gli uomini<br />

si incontrano, vivono, soffrono, gioisco, <strong>la</strong>vorano. Sembra una novità ma<br />

non lo è, Dio è per noi il Creatore, quindi ogni spazio, ogni luogo e ogni uomo<br />

è a lui conosciuto. Oggi i luoghi esterni per<br />

<strong>la</strong> manifestazioni religiose ci sono concessi,<br />

approfittiamo di questa concessione<br />

e con <strong>la</strong> processione ridiamo a<br />

Dio ciò che è da sempre di Dio: <strong>la</strong> vita<br />

con i suoi spazi e i suoi tempi. Anche<br />

noi personalmente “concediamo” il<br />

nostro tempo per <strong>la</strong> processione,<br />

ciò equivale a fare spazio a Dio<br />

nel<strong>la</strong> nostra vita. Così vissuta <strong>la</strong><br />

processione permetterà ad<br />

ognuno che vi partecipa di sentire<br />

<strong>la</strong> vicinanza di Dio, il Diocon-noi<br />

ha camminato con noi.<br />

5<br />

1) F. Trevisani: Miracolo di Bolsena part., 1704. Bolsena<br />

2) Colleferro: Infiorata<br />

3) Valmontone: Infiorata nell’Anno <strong>del</strong>l’Eucarestia<br />

4) Velletri: 1952 Piazza <strong>del</strong><strong>la</strong> Cattedrale, Infiorata<br />

5) Valmontone: Interno Collegiata, Infiorata con logo <strong>del</strong><strong>la</strong> XXGMG a Colonia<br />

6) Colleferro: Infiorata<br />

7) Velletri: 1952 Corridoio ingrasso <strong>del</strong><strong>la</strong> Cattedrale<br />

7<br />

A pagina 20<br />

8 e 9) Velletri: Par. S. Salvatore, Infiorata<br />

10) Segni: Infiorata con Cattedrale


Sacramenti<br />

Giugno<br />

20 2007<br />

L’EUCARISTIA: UNICO PANE E UNICO CALICE DA CONDIVIDERE<br />

L’Eucaristia è il sacra<strong>mento</strong> fondamentale col<br />

quale i cristiani esprimono un corale rendi<strong>mento</strong> di<br />

grazie a Dio. Esso richiama l’idea di un pasto fraterno,<br />

ma <strong>la</strong> sua caratteristica natura di mistero <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

fede porta ad andare oltre interpretandolo<br />

con una ricchezza<br />

di significati:<br />

è il<br />

8<br />

memoriale <strong>del</strong><strong>la</strong> Pasqua che rende<br />

presente il Cristo, morto e risorto, nei segni <strong>del</strong> pane<br />

e <strong>del</strong> vino perché sia cibo di vita eterna. L’Eucaristia<br />

non è uno dei tanti momenti liturgici, ma <strong>la</strong> sintesi<br />

più espressiva <strong>del</strong> mistero cristiano. <strong>Dopo</strong> esserci<br />

soffermati sui sacramenti <strong>del</strong> Battesimo e <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Confermazione, appare ormai chiaro che non si deve<br />

mai iso<strong>la</strong>re un sacra<strong>mento</strong> da tutti gli altri: se tutti<br />

dicono un rapporto singo<strong>la</strong>re con <strong>la</strong> salvezza<br />

cristiana, questo dono non è mai dietro<br />

un singolo sacra<strong>mento</strong>, ma si sviluppa<br />

attraverso un itinerario. È <strong>la</strong> legge<br />

antropologica <strong>del</strong><strong>la</strong> salvezza che<br />

9<br />

si sviluppa nel tempo e che accompagna<br />

l’uomo lungo le strade <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

sua maturazione. Tutti i sacramenti hanno<br />

un legame fra loro e un ordine che si stabilisce<br />

in base al<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione con l’Eucaristia: un<br />

10<br />

percorso sacramentale che procede a tappe,<br />

come <strong>la</strong> storia personale <strong>del</strong>l’uomo e che ha un fulcro<br />

irraggiante proprio dal mistero eucaristico. Lungo<br />

<strong>la</strong> storia, i sacramenti molte volte sono stati concepiti<br />

in modo iso<strong>la</strong>to,<br />

perdendo<br />

di vista il primato <strong>del</strong>l’Eucaristia. Il Concilio<br />

Vaticano II ha recuperato questa centralità affermando<br />

che: “Tutti i sacramenti … sono strettamente uniti<br />

al<strong>la</strong> sacra Eucaristia e ad essa sono ordinati. Infatti,<br />

nel<strong>la</strong> santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene<br />

spirituale <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra<br />

Pasqua e pane vivo che,<br />

mediante <strong>la</strong> sua carne vivificata<br />

dal<strong>la</strong> Spirito Santo …<br />

dà vita agli uomini” (PO,<br />

5). I tre sacramenti<br />

<strong>del</strong>l’iniziazione non<br />

vanno staccati, ma<br />

posti in una logica<br />

sequenza perché<br />

tutti e tre hanno un<br />

partico<strong>la</strong>re legame<br />

con il mistero<br />

pasquale. Il<br />

papa nell’esortazione<br />

apostolica<br />

Sacramentum Caritatis,<br />

afferma: “Se davvero l’Eucaristia<br />

è fonte e culmine <strong>del</strong><strong>la</strong> vita e de<strong>la</strong> missione<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa, ne consegue innanzitutto che<br />

il cammino di iniziazione cristiana ha<br />

come punto di riferi<strong>mento</strong> <strong>la</strong> possibilità<br />

di accedere a<br />

tale sacra<strong>mento</strong>…<br />

Non bisogna<br />

mai<br />

dimenticare,<br />

infatti, che veniamo battezzati e cresimati in<br />

ordine all’Eucaristia”. Il Battesimo apre all’identità<br />

cristiana attraverso <strong>la</strong> sacramentale immersione<br />

e se <strong>la</strong> Confermazione perfeziona<br />

il dono rive<strong>la</strong>ndo il proprio posto<br />

nel<strong>la</strong> missione <strong>del</strong><strong>la</strong> chiesa,<br />

l’Eucaristia conclude il percorso,<br />

ponendo l’iniziato al<strong>la</strong> mensa <strong>del</strong><br />

Cristo. L’Eucaristia è il sacra<strong>mento</strong><br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> continuità <strong>del</strong>l’identità cristiana:<br />

se infatti il Battesimo e <strong>la</strong><br />

Confermazione non potranno ripetersi,<br />

l’Eucaristia costituirà il cibo permanente<br />

di tutta <strong>la</strong> comunità ecclesiale . Il Vaticano II sostiene<br />

esplicitamente che anche i fe<strong>del</strong>i, “partecipando<br />

al sacrificio eucaristico, offrono a Dio <strong>la</strong> vittima<br />

divina e se stessi con essa” (LG, 11). Questa forma<br />

non va perciò considerata accessoria: il banchetto<br />

non è un solitario “mangiare e bere” bensì<br />

un “mangiare e bere con gli altri”. Luca negli Atti scrive<br />

che i cristiani “erano assidui nell’ascoltare l’insegna<strong>mento</strong><br />

degli apostoli e nell’unione fraterna, nel<strong>la</strong><br />

frazione <strong>del</strong> pane e nelle preghiere” (2, 42): con<br />

ciò il riunirsi in comunità per <strong>la</strong> celebrazione eucaristica,<br />

è un atto conviviale che è espressione di una<br />

modalità sacramentale che porta a proc<strong>la</strong>mare l’idea<br />

di un unico pane e di un unico calice da condividere.<br />

L’eucaristia richiama così non solo l’idea<br />

<strong>del</strong> sacrificio di Cristo, ma l’esigenza <strong>del</strong>lo stare insieme,<br />

non è solo l’atto <strong>del</strong> Cristo che consacra il pane,<br />

ma anche <strong>del</strong> Cristo che lo distribuisce perché si<br />

realizzi un pasto comunitario. È celebrando in assemblea<br />

che <strong>la</strong> comunità scopre <strong>la</strong> presenza reale di<br />

Cristo, “quando fu a tavo<strong>la</strong> con loro, prese il pane,<br />

disse <strong>la</strong> benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora<br />

si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero” (Lc 24,<br />

30-<br />

31); nell’atto<br />

stesso<br />

<strong>del</strong> riunirsi che<br />

<strong>la</strong> comunità dà<br />

corpo a quel<strong>la</strong> presenza,<br />

secondo le parole<br />

<strong>del</strong> concilio: “Il Cristo è<br />

presente quando <strong>la</strong> chiesa prega<br />

e loda, lui che ha promesso<br />

dove sono due o tre riuniti nel mio<br />

nome, là io sono, in mezzo a loro” (SC,<br />

7).<br />

Al banchetto, dunque, Cristo vuole un’assemblea<br />

di fe<strong>del</strong>i per comunicarle <strong>la</strong> sua vita, ma al tempo<br />

stesso è <strong>la</strong> medesima assemblea, a dar corpo<br />

al<strong>la</strong> presenza <strong>del</strong> Cristo. L’assemblea stessa<br />

diventa protagonista di un’azione trinitaria dove, in<br />

definitiva, è il Padre che attraverso il Cristo e lo Spirito<br />

configura l’unità <strong>del</strong> popolo.<br />

Andrea Pacchiarotti


Giugno<br />

2007<br />

Diocesi 21<br />

“BELLO, VERO?” E’ stato questo il tema <strong>del</strong><strong>la</strong> giornata<br />

diocesana di quest’anno qui all’Acero, tema<br />

preso dallo slogan 2007 <strong>del</strong>l’ACR.<br />

Tutto è bello, perché tutto viene da Dio, tutto ci<br />

porta a ringraziare il Signore per le meraviglie che<br />

opera nelle persone, nel<strong>la</strong> natura, nel<strong>la</strong> realtà che<br />

ci circonda. La bellezza è proprio <strong>la</strong> caratteristica<br />

di un Dio Padre e creatore che vuole rendere<br />

felici i suoi figli, le sue creature donando loro un<br />

mondo bello, sereno, vivo, un mondo che però siamo<br />

capaci di rovinare e di rendere meno bello perché<br />

non ci impegniamo come dovremmo a conservarlo<br />

così bello come ci viene offerto. I ragazzi<br />

<strong>del</strong>le parrocchie, aiutati e incoraggiati dai loro<br />

educatori, hanno cercato in molti modi, con giochi,<br />

cartelloni, attività varie, di ricordare a tutti <strong>la</strong><br />

bellezza che ci circonda e che dobbiamo conservare<br />

per il bene di tutti. Come sempre <strong>la</strong> concelebrazione<br />

di parecchi sacerdoti con il nostro vescovo,<br />

ha reso più completa <strong>la</strong> mattinata e l’ha anche<br />

“colorata” quando al<strong>la</strong> fine <strong>del</strong><strong>la</strong> celebrazione ad<br />

ogni ragazzo, dai più piccoli ai più grandi, è stata<br />

distribuita, come segno, una matita colorata perché<br />

<strong>la</strong> nostra vita prende un tono e un aspetto diverso<br />

a seconda <strong>del</strong> colore che usi, l’importante però<br />

è colorar<strong>la</strong>. Un breve intervallo di pioggia non ha<br />

rovinato <strong>la</strong> festa e <strong>la</strong> maggior parte <strong>del</strong>le famiglie<br />

hanno continuato a stare sui prati fino al<strong>la</strong> sera<br />

per gustarsi l’aria libera <strong>del</strong><strong>la</strong> campagna Acerina.<br />

La giornata si è conclusa bene con l’estrazione<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> lotteria, con un arrivederci al prossimo 1° Maggio<br />

2008 e nel<strong>la</strong> gioia di chi ha vinto qualche premio,<br />

ma anche di chi, pur non avendo vinto niente, ha<br />

gustato <strong>la</strong> gioia di essere stati insieme per una<br />

giornata di sosta e di conoscenza <strong>del</strong><strong>la</strong> nostra chiesa<br />

locale.<br />

Le suore Apostoline <strong>del</strong>l’Acero<br />

ACERO IN FESTA 2007<br />

Lotteria <strong>del</strong> 1° Maggio 2007<br />

Elenco dei premi<br />

1) Materasso sanitario190x80 1 trapunta 1 cuscino N. 0683<br />

2) Avvitatore 4.8v Maki N. 7870<br />

3) Prosciutto / Bottiglione 3 litri Geroboam N. 0021<br />

4) Cena per 4 persone N. 4962<br />

5) Buono spesa € 70,00 Artena Colori N. 0959<br />

Taglio e piega per donna<br />

6) n. 4 Gomme 155/70 R13 Firestone F590 N. 6057<br />

7) Specchiera e accessori bagni N. 6508<br />

8) Macchina fotografica digitale OLYMPUS mem 200m N. 8890<br />

9) Cambio olio quattro litri N. 8863<br />

10) Cassetta di vino D.O.C. / n. 20 biglietti cinema Fiamma N. 1994<br />

11) Cena per 4 persone N. 6085<br />

12) Buono pasto € 40 N. 7825<br />

13) Serie misce<strong>la</strong>tori serie "Frattini" N. 4579<br />

14) Computer portatile mo<strong>del</strong>lo HP - NX 7300 N. 7553<br />

15 maggio 2007. In partenza<br />

per il Perù, destinazione Lima<br />

e poi verso le 60 missioni presenti<br />

nel<strong>la</strong> regione <strong>del</strong>l’ancasch,<br />

il container con i viveri che sono<br />

stati raccolti davanti ai supermercati<br />

di Velletri: Tante le persone<br />

che hanno accolto l’invito<br />

a contribuire con un piccolo<br />

dono di un pacco di pasta,<br />

di riso o di zucchero per sostenere<br />

<strong>la</strong> comunità di un paese<br />

ricco solo di un’umanità pronta<br />

ad accogliere con gioia un<br />

gesto di solidarietà ed il sorriso<br />

e <strong>la</strong> condivisione dei volontari che li affiancano.<br />

L’intento è quello di aiutare i tanti bambini che vivono in strada l’abbandono di genitori perduti o intenti<br />

ad una sopravvivenza misera. <strong>la</strong> speranza di chi li affianca è quel<strong>la</strong> di poter prospettare loro una vita<br />

costruita con il <strong>la</strong>voro imparato nelle scuole artigiane e professionali, negli impianti di stalle e fattorie<br />

dove produrre il proprio cibo.<br />

per tutti quelli che si sono fidati dei ragazzi che hanno speso parte <strong>del</strong> loro tempo libero dagli impegni<br />

di scuo<strong>la</strong> e che hanno effettuato <strong>la</strong> raccolta davanti ai supermercati, va il ringrazia<strong>mento</strong> <strong>del</strong>l’o.m.g. (operazione<br />

mato grosso), che, attraverso i suoi volontari, si fa garante che tutto quello che viene raccolto,<br />

sia destinato all’aiuto di bambini che hanno un viso, che hanno un nome e a cui si presta attenzione per offrirgli una possibilità di vita migliore.<br />

Da poco più di un mese un gruppo di ragazzi veliterni ha deciso di aiutare le popo<strong>la</strong>zioni bisognose <strong>del</strong> Perù, sostenendo l’opera <strong>del</strong>l’ Operazione Mato Grosso di Padre<br />

Ugo Decensi.. L’iniziativa è nata per mano di un ragazzo veliterno , Marco Moretti, che ha vissuto un esperienza di sette mesi in una <strong>del</strong>le missioni <strong>del</strong>l’Operazione Mato<br />

Grosso sul<strong>la</strong> Cordillera Andina, <strong>la</strong> sua richiesta di aiuto è stata colta da circa quindici ragazzi . Le loro attività consistono nel raccogliere viveri a lunga scadenza compresi<br />

alimenti per neonati da spedire con un container che partirà proprio da Velletri destinato in Perù dove a riceverlo saranno gli stessi volontari con cui Marco ha vissuto<br />

<strong>la</strong> sua esperienza.<br />

A farsi carico <strong>del</strong>le spese di spedizione sono gli stessi ragazzi che trovano nel proprio tempo libero <strong>la</strong>vori dei più disparati per raccogliere i fondi necessari. Tra imbiancature,<br />

pulizie di cantine e giardinaggio si è arrivati a guadagnare un terzo dei costi di spedizione.<br />

Per contatti : Carlotta 320 0759450


Spiritualità<br />

Giugno<br />

22 2007<br />

Il Concilio Vaticano II ha <strong>la</strong>sciato al<strong>la</strong> Chiesa un ricchissimo patrimonio dottrinale, spirituale<br />

e pastorale sul tema dei <strong>la</strong>ici. Nei suoi documenti troviamo un'ampia e approfondita riflessione<br />

sul<strong>la</strong> spiritualità e sul<strong>la</strong> missione dei <strong>la</strong>ici nel<strong>la</strong> Chiesa e nel mondo. Di partico<strong>la</strong>re interesse<br />

sono: <strong>la</strong> costituzione dogmatica "Lumen Gentium", il decreto "Apostolicam Actuositatem",<br />

il decreto "Ad Gentes", <strong>la</strong> costituzione pastorale "Gaudium et Spes".<br />

La costituzione "Lumen Gentium" sviluppa il suo insegna<strong>mento</strong> sui <strong>la</strong>ici nel contesto ecclesiologico<br />

<strong>del</strong> popolo di Dio. I <strong>la</strong>ici, infatti, sono i "fe<strong>del</strong>i che dopo essere stati incorporati a<br />

Cristo col Battesimo e costituiti popolo di Dio e, nel<strong>la</strong> loro misura, resi partecipi <strong>del</strong>l'ufficio sacerdotale,<br />

profetico e regale di Cristo, per <strong>la</strong> loro parte compiono nel<strong>la</strong> Chiesa e nel mondo <strong>la</strong><br />

missione propria di tutto il popolo cristiano" (LG 31). Più in dettaglio <strong>la</strong> "Lumen Gentium" descrive<br />

<strong>la</strong> condizione <strong>del</strong> <strong>la</strong>ico nel mistero <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa, precisa <strong>la</strong> sua natura e dignità in seno al<br />

popolo di Dio (cf. LG 30-32), traccia le grandi linee <strong>del</strong><strong>la</strong> sua missione apostolica (cf. LG 33),<br />

ne sottolinea <strong>la</strong> funzione sacerdotale (cf. LG 34), profetica e regale (cf. LG 35-36), ne descrive<br />

il suo rapporto con <strong>la</strong> Gerarchia (cf. LG 37) ed il suo impegno di testimonianza e di anima<br />

<strong>del</strong> mondo (cf. LG 38).<br />

Il decreto "Apostolica Actuositatem" è interamente impegnato a sottolineare l'importanza e <strong>la</strong><br />

necessità <strong>del</strong>l'aposto<strong>la</strong>to dei <strong>la</strong>ici, grazie al quale <strong>la</strong> Chiesa realizza in massima parte <strong>la</strong> sua<br />

presenza e <strong>la</strong> sua missione nel mondo. Il decreto spiega nel dettaglio <strong>la</strong> vocazione ed i fondamenti<br />

<strong>del</strong>l'aposto<strong>la</strong>to dei <strong>la</strong>ici (cf. AA 3), i vari campi d'azione e le sue diverse forme, l'ordine<br />

da osservare e, in partico<strong>la</strong>re, <strong>la</strong> formazione spirituale (cf. AA 4).<br />

Il decreto mette pure in evidenza il dovere di partecipazione attiva e responsabile dei <strong>la</strong>ici al<strong>la</strong><br />

missione salvifica <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa, come ad essi propria ed assolutamente necessaria. Si afferma,<br />

infatti, che "l'aposto<strong>la</strong>to dei <strong>la</strong>ici, derivando dal<strong>la</strong> loro vocazione cristiana, non può mai<br />

venir meno nel<strong>la</strong> Chiesa" (AA 1). In quanto partecipazione al<strong>la</strong> stessa missione salvifica <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Chiesa, esso deriva direttamente dall'essere membro <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa di Cristo .<br />

Nel decreto "Ad Gentes" si afferma addirittura che <strong>la</strong> Chiesa non è nel<strong>la</strong> pienezza <strong>del</strong><strong>la</strong> sua<br />

missione senza l'apporto dei <strong>la</strong>ici. Si insiste sul loro impegno di Evangelizzazione mediante<br />

l'annuncio <strong>del</strong> Vangelo e <strong>la</strong> catechesi (cf. AG 17) e sul<strong>la</strong> necessità di preparare un <strong>la</strong>icato<br />

numeroso e ben formato nel<strong>la</strong> vita spirituale (cf. AG 41). In sintesi il decreto sul compito missionario<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa afferma che essa "non è realmente costituita, non vive in maniera piena<br />

e non è segno perfetto <strong>del</strong><strong>la</strong> presenza di Cristo tra gli uomini, se al<strong>la</strong> Gerarchia non si affianca<br />

e col<strong>la</strong>bora un <strong>la</strong>icato autentico. […]. Perciò, fin da periodo <strong>del</strong><strong>la</strong> fondazione di una Chiesa,<br />

bisogna dedicare ogni cura al<strong>la</strong> formazione di un maturo <strong>la</strong>icato cristiano" (AG 21).<br />

La costituzione pastorale "Gaudium et Spes", infine, dichiara solennemente che <strong>la</strong> Chiesa esiste<br />

ed opera nel mondo e per il mondo. Essa apre ai <strong>la</strong>ici spazi immensi in tutti i campi<br />

<strong>del</strong>l'attività umana: valorizzazione <strong>del</strong><strong>la</strong> famiglia (cf. GS 47), promozione <strong>del</strong><strong>la</strong> cultura<br />

(cf. GS 60-63), <strong>del</strong><strong>la</strong> politica e <strong>del</strong><strong>la</strong> pace (cf. GS 74-75, 78). Certamente questo<br />

docu<strong>mento</strong> ha ri<strong>la</strong>nciato l'impegno temporale come proprio <strong>del</strong> <strong>la</strong>icato cattolico,<br />

ha fondato <strong>la</strong> teologia <strong>del</strong>le realtà terrene, l'esigenza <strong>del</strong><strong>la</strong> santificazione nel<strong>la</strong><br />

vita e nell'attività professionale con lo scopo di promuovere il bene comune<br />

(cf. GS 26).<br />

Mediante questi documenti il Concilio Vaticano II ha affermato che " <strong>la</strong> fecondità<br />

<strong>del</strong>l'aposto<strong>la</strong>to dei <strong>la</strong>ici dipende dal<strong>la</strong> loro vitale unione con Cristo" (AA4), ha<br />

definito quello "seco<strong>la</strong>re" come l'ambito più tipico e caratteristico <strong>del</strong><strong>la</strong> vita <strong>la</strong>icale,<br />

indicandolo come il luogo in cui il <strong>la</strong>ico deve esprimere <strong>la</strong> fe<strong>del</strong>tà al Signore,<br />

in una molteplicità di modi, tanto vari quanto diversificate sono le situazioni. Ogni<br />

<strong>la</strong>ico cristiano, nel<strong>la</strong> concretezza <strong>del</strong>le situazioni esistenziali, è chiamato a vivere<br />

<strong>la</strong> pienezza <strong>del</strong><strong>la</strong> propria vocazione cristiana al<strong>la</strong> santità, mediante una propria<br />

spiritualità. Già in questa panoramica generale, i vari documenti <strong>del</strong> Concilio<br />

sottolineano l'urgenza e <strong>la</strong> necessità di promuovere <strong>la</strong> vita spirituale <strong>del</strong> <strong>la</strong>ico, perché<br />

possa agire con competenza nel<strong>la</strong> storia e nel<strong>la</strong> vita degli uomini.<br />

(Continua nel prossimo numero)<br />

Masaccio: Battesimo dei neofili.<br />

Firenze<br />

1. Cf. Laurio<strong>la</strong> G., Spiritualità <strong>la</strong>icale, " La sca<strong>la</strong>" Noci-Putignano (BA) 1987 p. 37.


Giugno<br />

2007<br />

Formazione <strong>del</strong> Clero 23<br />

Nel<br />

solco<br />

tracciato dal vescovo<br />

Mons. Vincenzo<br />

Apicel<strong>la</strong>, per l’anno<br />

pastorale in<br />

corso, ovvero il<br />

porre al centro di<br />

tutta l’azione pastorale<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa<br />

Diocesana, <strong>la</strong><br />

Paro<strong>la</strong> di Dio,<br />

anche <strong>la</strong> formazione<br />

permanente<br />

e quindi i ritiri <strong>del</strong><br />

clero hanno avuto<br />

questa connot<br />

a z i o n e .<br />

L’appunta<strong>mento</strong><br />

<strong>del</strong> 18 maggio,<br />

tenutosi presso il<br />

Centro S. Maria<br />

<strong>del</strong>l’Acero, ha avuto<br />

però un grande<br />

“servitore” <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Paro<strong>la</strong>, il Cardinale Carlo Maria Martini.<br />

I partecipanti, hanno vissuto un incontro<br />

“familiare” a motivo <strong>del</strong><strong>la</strong> semplicità e <strong>del</strong> calore<br />

che lo ha caratterizzato, ma nel contempo<br />

anche di forte intensità a motivo <strong>del</strong><strong>la</strong> grande<br />

esperienza nel campo <strong>del</strong>lo studio e <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

divulgazione <strong>del</strong><strong>la</strong> Paro<strong>la</strong> di Dio <strong>del</strong> cardinal<br />

Martini che ha condiviso con il clero presente.<br />

Il porporato, proprio facendo riferi<strong>mento</strong> al<strong>la</strong><br />

lettera pastorale <strong>del</strong> nostro vescovo, ritenendo<strong>la</strong><br />

completa per ribadire <strong>la</strong> centralità <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Paro<strong>la</strong> di Dio e l’urgenza di ricollocar<strong>la</strong> al suo<br />

posto, piuttosto che ritornare su quei temi ha<br />

scelto di par<strong>la</strong>re “ a ruota libera” raccontando<br />

un po’ <strong>del</strong><strong>la</strong> sua vita e giustificando il suo impegno<br />

totale per lo studio <strong>del</strong>le Sacre Scritture<br />

e <strong>la</strong> conseguente pastorale citando Giovanni<br />

Paolo II, che così descrive il vescovo: “servitore<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> Paro<strong>la</strong>… come maestro egli siede<br />

sul<strong>la</strong> cattedra per predicare, per annunziare e<br />

per spiegare <strong>la</strong> Paro<strong>la</strong> di Dio…”. Questo suo<br />

impegno che ha portato a grandi risultati nel<strong>la</strong><br />

Diocesi di Mi<strong>la</strong>no, dove ai suoi incontri partecipavano<br />

migliaia di giovani, gli ha procurato<br />

anche qualche incomprensione. Ha raccontato<br />

un curioso episodio raccontatogli da un confratello<br />

vescovo: un religioso, (forse volendo<br />

adu<strong>la</strong>re il suo vescovo, ndr), gli disse ma “questo<br />

Cardinal Martini non conosce altro che <strong>la</strong><br />

Paro<strong>la</strong> di Dio!”. Quello che per quel religioso<br />

poteva sembrare una riduzione, all’interessato<br />

e anche a chi gli riferiva è sembrata una conferma<br />

formidabile. Il Cardinale, è entrato poi<br />

nel vivo <strong>del</strong><strong>la</strong> sua azione pastorale descrivendo<br />

<strong>la</strong> struttura di quegli incontri ai giovani mi<strong>la</strong>nesi:<br />

non si trattava di una catechesi né tanto<br />

meno di un omelia ma <strong>la</strong> semplice presentazione<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> pagina biblica scelta, con l’intento<br />

di permettere ad ogni ascoltatore di averne una<br />

esperienza personale. Ha raccomandato poi<br />

di aiutare chi vuole avvicinarsi al<strong>la</strong> Paro<strong>la</strong>, attraverso<br />

<strong>la</strong> metodologia <strong>del</strong><strong>la</strong> “lectio” semplificata<br />

e ridotta a tre gradi. Questi i tre gradi: 1) <strong>la</strong><br />

lectio che consiste nel leggere più volte il testo<br />

cercando di individuare il contesto, i personaggi,<br />

i verbi, i gesti ecc.; 2) <strong>la</strong> meditatio ovvero cercare<br />

di capire cosa dice al lettore il testo, che<br />

consiste nel fermarsi ad evidenziare i valori trasmessi<br />

dal testo stesso; 3) <strong>la</strong> contemp<strong>la</strong>tio che<br />

consiste nell’aprire un dialogo vero e proprio<br />

con Gesù attraverso le sue parole riportate nel<br />

testo. Conclude<br />

prendendo a prestito<br />

alcune affermazione<br />

di Joseph<br />

Ratzinger, il quale<br />

ritiene che con<br />

questo metodo si<br />

rende presente<br />

Gesù nel<strong>la</strong> Paro<strong>la</strong>.<br />

Ma perché dobbiamo<br />

confrontarci<br />

con <strong>la</strong> Paro<strong>la</strong>?<br />

Secondo il cardinal<br />

Martini <strong>la</strong> risposta<br />

è semplice: perché<br />

questa è <strong>la</strong> Paro<strong>la</strong><br />

con cui siamo stati<br />

creati, in essa c’è<br />

<strong>la</strong> nostra verità ultima.<br />

Questo è quanto<br />

ha coltivato nel<strong>la</strong><br />

sua vita, nello studio<br />

e ha sostenuto<br />

<strong>la</strong> sua azione<br />

pastorale per 21 e 5 mesi a Mi<strong>la</strong>no.<br />

Proseguendo, il cardinal Martini, ci ha par<strong>la</strong>to<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> sua vita attuale, trascorre dieci mesi<br />

a Gerusalemme e due in Italia, nelle sue attività<br />

giornaliere alterna tre momenti fissi: <strong>la</strong> preghiera<br />

di intercessione (preghiera che sa camminare<br />

in mezzo, e quindi che non giudica.<br />

Possiamo dire una preghiera che è schierata<br />

solo dal<strong>la</strong> parte di Dio che è misericordia. Lo<br />

studio biblico, in partico<strong>la</strong>re <strong>del</strong><strong>la</strong> critica<br />

testuale fatta su testi originali. Da ultimo il ministero,<br />

che consiste in partico<strong>la</strong>re nel dare nel<br />

corso <strong>del</strong>l’anno 7-8 corsi di esercizi spirituali,<br />

nel ricevere e accompagnare a Gerusalemme<br />

i pellegrini <strong>del</strong><strong>la</strong> Diocesi di Mi<strong>la</strong>no. Al termine<br />

il cardinale si è concesso alle domande dei sacerdoti<br />

presenti, esprimendosi anche a favore di<br />

un concilio ogni 30 anni circa che affrontasse<br />

sole poche tematiche, tra le più urgenti ha indicato<br />

il matrimonio e <strong>la</strong> vita penitenziale nel<strong>la</strong><br />

chiesa. In questo contesto tutti hanno apprezzato<br />

l’attualità <strong>del</strong>le sue idee, il coraggio e <strong>la</strong><br />

capacità di comunicarle.<br />

(ndr)


Famiglia/Storia<br />

Giugno<br />

24 2007<br />

Nel Parco di Vil<strong>la</strong> Pamphili, il giorno 30 aprile,<br />

il Comune di Roma ha intito<strong>la</strong>to una strada a<br />

Don Francesco Raimondi, Sacerdote nativo di<br />

Monte<strong>la</strong>nico nonché cospiratore mazziniano ed<br />

ancora suo primo Sindaco. L’occasione è stata dal<br />

ricorrere il bicentenario <strong>del</strong><strong>la</strong> sua nascita, avvenuta<br />

a Monte<strong>la</strong>nico il 3 agosto 1807. Al<strong>la</strong> cerimonia erano<br />

presenti l’Assessore al<strong>la</strong> Cultura <strong>del</strong> Comune<br />

di Roma, il dott. Silvio Di Francia, il Sindaco di<br />

Monte<strong>la</strong>nico, l’Avv. Simone Temofonte, il Consigliere<br />

Comunale Luigi Roberti nonché una folta presenza<br />

di cittadini monte<strong>la</strong>nichesi ed altre autorità ed associazioni<br />

culturali e patriottiche. Sul<strong>la</strong> figura,<br />

alquanto complessa <strong>del</strong> Raimondi, nell’anno<br />

2003, Luigi Roberti scrisse un volume «Don Francesco<br />

Raimondi Patriota <strong>del</strong> Risorgi<strong>mento</strong> Primo Sindaco<br />

di Monte<strong>la</strong>nico» (edito dal Comune di Monte<strong>la</strong>nico<br />

nell’ambito <strong>del</strong><strong>la</strong> Col<strong>la</strong>na “Documenti di Storia Lepina”,<br />

pp. 136, da cui attingiamo alcune notizie). La collocazione<br />

stessa <strong>del</strong><strong>la</strong> strada, in prossimità di altre<br />

dedicate a personaggi <strong>del</strong><strong>la</strong> repubblica romana <strong>del</strong><br />

1848 e <strong>del</strong> risorgi<strong>mento</strong> italiano, ci <strong>del</strong>inea già il<br />

suo excursus politico di prete-patriota: l’impegno<br />

nel<strong>la</strong> Repubblica Romana, nei comitati Mazziniani,<br />

le corrispondenze segrete, fino all’arresto nell’ottobre<br />

<strong>del</strong> 1852, il successivo processo e <strong>la</strong> condanna a<br />

ben 15 anni di carcere per cospirazione contro <strong>la</strong><br />

sicurezza <strong>del</strong>lo Stato. Nel carcere di Corneto, nel<br />

giugno <strong>del</strong> 1861, tentò anche <strong>la</strong> fuga ma dovette<br />

scontare quasi per<br />

intero <strong>la</strong> sua pena<br />

(tranne uno sconto<br />

di 34 mesi) ed il 2 gen<br />

naio 1865 uscì dal carcere.<br />

Con l’unità<br />

d’Italia e <strong>la</strong> fine <strong>del</strong>lo<br />

Stato Ecclesiastico,<br />

don Francesco diventò<br />

anche Sindaco, non<br />

senza contrasti con<br />

il Vescovo diocesano<br />

tanto da essere<br />

scomunicato a divinis,<br />

carica istituzionale<br />

che mantenne<br />

fino all’estate <strong>del</strong>l’anno<br />

1875; l’anno seguente<br />

si addivenne ad una<br />

sua ritrattazione,<br />

concordata con l’autorità ecclesiastica, che pose<br />

fine al suo impegno politico. Da giovane, dopo aver<br />

frequentato il seminario segnino, aveva studiato<br />

dapprima al Collegio Pamphiliano e poi a quello<br />

Romano; fu ordinato in S. Giovanni in Laterano il<br />

5 giugno 1830 e si era <strong>la</strong>ureato anche in Lettere<br />

e Filosofia. Fino al 1834 insegnò a Monte<strong>la</strong>nico<br />

come Maestro, poi presso il seminario di Albano;<br />

dal 1841 all’arresto, fu Rettore <strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa di S.<br />

La<br />

società multietnica suscita anzi legami amorosi<br />

che stringono insieme culture e religioni tanto diverse<br />

da apparire talvolta incompatibili. L’amore che, come<br />

spesso viene ricordato, nasce cieco per via <strong>del</strong>l’abbaglio<br />

<strong>del</strong>l’innamora<strong>mento</strong>, potrebbe subito suggerire<br />

che le differenze etniche non importano, anzi rivestono<br />

l’amore <strong>del</strong> fascino intrigante dovuto allo straniero.<br />

Non poche vicende insegnano tuttavia che quando<br />

i due, dopo il tempo <strong>del</strong>lo sguardo incantato negli<br />

occhi <strong>del</strong>l’altro, cominciano a riconoscere le reciproche<br />

differenze, sno a muovere <strong>la</strong> diplomazia internazionale,<br />

Sentimentali e razionalisti si dividono così,<br />

rispettivamente, nel favorire o nello scoraggiare il matrimonio<br />

che voglia comporre<br />

differenze marcate quali<br />

quelle che possono esserci<br />

tra bianchi e neri, s<strong>la</strong>vi e <strong>la</strong>tini,<br />

musulmani e cristiani, ecc.<br />

Quel<strong>la</strong> sorprendente biblioteca<br />

di umanità che è <strong>la</strong> Bibbia,<br />

nonostante racconti spesso<br />

di come <strong>la</strong> tradizione di<br />

Israele escludesse i matrimoni<br />

con gli stranieri, non<br />

manca di narrare <strong>la</strong> storia insieme<br />

tribo<strong>la</strong>ta e felice di una coppia<br />

profondamente differenziata,<br />

quel<strong>la</strong> <strong>del</strong> re persiano<br />

Assuero e <strong>del</strong><strong>la</strong> giovane<br />

giudea Ester. All’inizio <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

loro vicenda si ritrova quel fascino<br />

esotico che fa sì che<br />

l’erba <strong>del</strong> vicino sia sempre più verde. Ester era di<br />

bel<strong>la</strong> presenza e di aspetto avvenente e attirava <strong>la</strong><br />

simpatia di quanti <strong>la</strong> vedevano. Ester fu dunque condotta<br />

presso il re Assuero [...]. Il re amò Ester più di<br />

tutte le altre donne ed essa trovò grazia e favore agli<br />

occhi di lui più di tutte le altre vergini. Egli le pose in<br />

testa <strong>la</strong> <strong>corona</strong> regale e <strong>la</strong> fece regina (Est 2,7.15-<br />

17). Quello che potrebbe sembrare un finale da fiaba<br />

viene presto sconvolto da una questione etnica.<br />

Manovrato dal suo fidato primo col<strong>la</strong>boratore, il re Assuero<br />

emana uno di quegli editti di cui <strong>la</strong> storia conoscerà<br />

purtroppo altre tragiche riedizioni: viene comandato<br />

lo sterminio degli ebrei presenti in tutto il regno persiano.<br />

Ester si trova schiacciata tra l’invocazione di<br />

aiuto <strong>del</strong> suo popolo che le chiede di intercedere presso<br />

il re, e l’osservanza <strong>del</strong>le terribili leggi regali, secondo<br />

le quali se qualcuno, uomo o donna, entra dal re<br />

nell’atrio interno, senza essere stato chiamato, in forza<br />

di una legge uguale per tutti, deve essere messo<br />

a morte (Est 4,11). Il terrore di affrontare il re, che<br />

quando si sarà pur decisa a farlo le procurerà uno<br />

sveni<strong>mento</strong>, viene acuito dal<strong>la</strong> pesante responsabilità<br />

prospettatale dai suoi connazionali: non pensare<br />

di salvare solo te stessa fra tutti i Giudei, per il fatto<br />

che ti trovi nel<strong>la</strong> reggia. Perché se tu in questo mo<strong>mento</strong><br />

taci, aiuto e liberazione sorgeranno per i Giudei<br />

da un altro luogo; ma tu perirai insieme con <strong>la</strong> casa<br />

di tuo padre. Chi sa che tu non sia stata elevata a<br />

regina proprio in previsione d’una circostanza come<br />

questa? (Est 4,13-14). L’amore matrimoniale non è<br />

mai una questione puramente privata. L’amore non<br />

è mai nudo ma sempre rivestito di una cultura, di una<br />

religione. Sarebbe una fatale ingenuità e una violenza<br />

volerlo spogliare. Sarebbe tuttavia integralista e ingiusto<br />

condannare le differenze culturali e religiose.<br />

Il pericolo non è <strong>la</strong> differenza ma <strong>la</strong> mancanza di rispetto<br />

e amore. Fatto salvo che l’amore deve essere reciproco,<br />

<strong>la</strong> differenza degli amanti non può che esaltano.<br />

E, come pur può capitare stando al<strong>la</strong> vicenda<br />

di Ester, un matrimonio multietnico può divenire sorgente<br />

di riconciliazione sociale. Per questo si deve<br />

però essere disposti a correre rischi «mortali», un cristiano<br />

non ha paura <strong>del</strong><strong>la</strong> Croce.<br />

Converrà ricordarlo in tempi come i nostri, segnati<br />

sia dall’ingenuità di chi trascura le differenze che<br />

dal<strong>la</strong> diffìdenza di chi sempre e solo le ingigantisce.<br />

Dorina e Nicolino Tartaglione<br />

Maria <strong>del</strong>l’Orto in Roma, città che ha voluto ricordarne<br />

ora il suo operato politico e - aggiungiamo<br />

noi - anche pasto<br />

rale in quanto una monumentale macchina per il<br />

rito dei Sepolcri, fatta da lui costruire, è usata ancora<br />

oggi.<br />

Tonino Parmeggiani


Giugno<br />

2007<br />

25<br />

Nel<br />

nostro paese, al giorno d’oggi, l’”educazione<br />

popo<strong>la</strong>re” sembra anacronistica, essendo<br />

stato quasi <strong>del</strong> tutto debel<strong>la</strong>to, almeno nelle<br />

statistiche, l’analfabetismo, perché tutti ormai, o<br />

quasi tutti, vanno a scuo<strong>la</strong>. Non mancano, tuttavia,<br />

altre statistiche contraddittorie che, oltre a<br />

rilevare un preoccupante analfabetismo di ritorno,<br />

indicano comunque <strong>la</strong> necessità di “aggiorna<strong>mento</strong>”<br />

di fronte all’accelerazione, negli ultimi<br />

decenni, <strong>del</strong>le scienze e <strong>del</strong><strong>la</strong> tecnologia, con vistose<br />

ripercussioni sul<strong>la</strong> vita sociale, in un mondo<br />

divenuto davvero un “vil<strong>la</strong>ggio globale”.<br />

Non da oggi è sorta l’esigenza di una “educazione<br />

permanente”, cioè che oltre l’età evolutiva<br />

duri per tutta <strong>la</strong> vita, per arricchi<strong>mento</strong> e approfondi<strong>mento</strong><br />

culturale, per <strong>la</strong> crescita interiore di<br />

ogni persona, di ogni ceto e di ogni età. E già si<br />

potrebbe considerare questa <strong>la</strong> continuazione <strong>del</strong>l’”educazione<br />

popo<strong>la</strong>re” : grande ideale di emancipazione<br />

e civilizzazione, ancora vivo nel secondo<br />

dopoguerra, già con l’ausilio dei primi mezzi multimediali,<br />

per il quale sono state profuse energie<br />

e risorse, e che ha portato in Italia ed in altri<br />

paesi un reale progresso.<br />

Con lo stesso spirito, pur nelle forme adeguate<br />

alle diverse circostanze, si dovrebbe arginare<br />

quell’”imbarbari<strong>mento</strong>” derivante da forme di ignoranza<br />

culturale e civile, che è un fenomeno inquietante<br />

<strong>del</strong> nostro tempo, nel<strong>la</strong> società <strong>del</strong> “benessere”.<br />

L’”educazione popo<strong>la</strong>re” è stata <strong>la</strong> grande passione di<br />

Giovanni Enrico Pestalozzi, pedagogista nato a Zurigo<br />

nel 1740, da famiglia di origine italiana, di religione protestante,<br />

costretta a fuggire per le persecuzioni.<br />

Influenzato dal<strong>la</strong> profonda religiosità <strong>del</strong> nonno, pastore<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> comunità, il grande educatore pose l’”amore per<br />

i poveri” al<strong>la</strong> base <strong>del</strong><strong>la</strong> sua azione, con significative esperienze,<br />

nelle quali dimostrò tale assoluta dedizione, tanto<br />

che di lui appropriatamente si scrisse : “Tutto per gli<br />

altri, nul<strong>la</strong> per sé”. Egli non si limitò soltanto a pensare,<br />

ma volle davvero operare a favore <strong>del</strong> popolo. Scriverà<br />

infatti : “Io volevo salvare il fanciullo destinato al vagabondaggio,<br />

forse al <strong>del</strong>itto; <strong>la</strong> fanciul<strong>la</strong> che crescendo<br />

senza una guida e un appoggio nel<strong>la</strong> miseria e nel<strong>la</strong><br />

vergogna, sono perduti per sé e per <strong>la</strong> patria. Volevo<br />

salvarli educandoli ad una vita attiva e utile. E’ una felicità<br />

che non si può descrivere quel<strong>la</strong> di vedere ragazzi<br />

e ragazze, prima in condizioni pietosissime, rinascere<br />

e rifiorire; vedere il loro viso acquistare serenità e contentezza,<br />

le loro mani farsi attive e il loro animo aprirsi<br />

al Creatore…”<br />

In questa sua autentica missione, Pestalozzi ha profuso<br />

non soltanto tutte le sue energie ma ha sacrificato<br />

addirittura le sostanze familiari. La crisi economica che<br />

ne derivò lo spinse a scrivere il romanzo pedagogico<br />

“Leonardo e Gertrude”, tutto incentrato sull’ideale di redenzione<br />

popo<strong>la</strong>re. Protagonista è <strong>la</strong> donna che, come madre,<br />

assume <strong>la</strong> missione redentrice nel<strong>la</strong> famiglia e nel<strong>la</strong> società.<br />

In un vil<strong>la</strong>ggio dominato dagli abusi <strong>del</strong> sindaco-oste<br />

Hummel, Gertrude convince il castel<strong>la</strong>no Arner a ristabilire<br />

<strong>la</strong> legalità ed a farsi promotore di una riforma sociale,<br />

dando educazione e <strong>la</strong>voro ai poveri.<br />

Pestalozzi, pur ammirando Rousseau, dopo averne letto<br />

le principali opere, se ne differenzia nel<strong>la</strong> rivalutazione<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> famiglia e <strong>del</strong> ruolo <strong>del</strong><strong>la</strong> madre nell’educazione,<br />

come pure nel<strong>la</strong> convinzione che <strong>la</strong> società non corrompe,<br />

se fondata sull’ordine morale (“fede in Dio e amore per<br />

il prossimo”).<br />

Inoltre distingue l’”innocenza” dal<strong>la</strong> “bontà”: l’uomo nasce<br />

innocente, ma <strong>la</strong> bontà (moralità) è una conquista, come<br />

supera<strong>mento</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> “naturalità”.<br />

Il fonda<strong>mento</strong> <strong>del</strong> sistema educativo pestalozziano si<br />

può sintetizzare nelle tre “educazioni” : “<strong>del</strong><strong>la</strong> mente, <strong>del</strong><br />

cuore, <strong>del</strong><strong>la</strong> mano”: ossia educazione intellettuale, educazione<br />

etico-religiosa e sociale, educazione tecnica o<br />

<strong>del</strong> <strong>la</strong>voro. La “mano” cioè l’attività pratica è ritenuta fondamentale,<br />

perché il “<strong>la</strong>voro” serve al<strong>la</strong> persona ed al<strong>la</strong><br />

società, in attuazione di un piano “provvidenziale”. Con<br />

ciò Pestalozzi enuncia una vera e propria dottrina <strong>del</strong><br />

<strong>la</strong>voro manuale in senso pedagogico, avvertendo che<br />

il <strong>la</strong>voro appartiene all’essenza <strong>del</strong>l’uomo.<br />

Tale concezione può essere motivo profondo di riflessione<br />

nel tempo presente, dove sembrano smarriti o offuscati<br />

i due importanti concetti di “popolo” e di “<strong>la</strong>voro”.<br />

Forse nei decenni ormai lontani <strong>del</strong> boom economico<br />

e <strong>del</strong> benessere al<strong>la</strong> portata di tutti, il concetto di “popolo”<br />

associato al<strong>la</strong> “povertà” si è assottigliato nell’immaginario<br />

comune, fino a dissolversi e il “<strong>la</strong>voro”, quello<br />

evidenziato dal<strong>la</strong> fatica fisica e dal “sudore <strong>del</strong><strong>la</strong> fronte”,<br />

è uscito dal<strong>la</strong> stessa mentalità, proiettata al<strong>la</strong> ricchezza<br />

almeno come aspirazione, non importa se <strong>del</strong>usa<br />

nel<strong>la</strong> rassegnata disoccupazione, che spinge giovani<br />

e meno giovani a non ricercare nemmeno un’occupazione.<br />

I guasti, sotto il profilo sociale e morale, sono sotto<br />

gli occhi di tutti. I giovani, in numero notevole, non<br />

hanno <strong>la</strong>voro, anche perché molti <strong>la</strong>vori sono scartati,<br />

come inadeguati se non “disonorevoli” non solo da chi<br />

ha studiato, spesso non per “vocazione” ma solo per<br />

calcolo personale o familiare, ma anche da chi non ha<br />

completato gli studi, nonostante le “costrizioni” dirette<br />

o indirette. Molti giovani non si sposano e non progettano<br />

una nuova famiglia, per scelta, oltreché per mancanza<br />

<strong>del</strong> <strong>la</strong>voro o <strong>del</strong>l’abitazione, che, in vari casi,<br />

più che motivazioni sono pretesti, per evitare l’assunzione<br />

di responsabilità e per sfuggire ai sacrifici<br />

di una vita di prospettiva.<br />

In tale situazione, paralle<strong>la</strong>mente agli egoismi di<br />

imprenditori che puntano solo agli interessi, sacrificando<br />

con disinvoltura posti di <strong>la</strong>voro o trasformandoli<br />

in precari, senza garanzie, mentre i pochi posti<br />

“pubblici” sono assegnati senza ritegno con sistemi<br />

cliente<strong>la</strong>ri o nepotistici, il popolo dei poveri di<br />

ogni età riemerge in crescente drammaticità. E<br />

sono in au<strong>mento</strong> le schiere di giovani che vivono<br />

nel disagio e che hanno scarse o nulle prospettive<br />

di inseri<strong>mento</strong> dignitoso e proficuo nel<strong>la</strong><br />

società. Vi si aggiungono i figli degli immigrati,<br />

con problemi maggiori, per le difficoltà <strong>del</strong>l’integrazione.<br />

Esiste, quindi, anche nei cosiddetti paesi sviluppati<br />

e <strong>del</strong> benessere, una sempre più diffusa “povertà”<br />

di un “popolo” sempre più vasto, con il considerevole<br />

e costante au<strong>mento</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> categoria<br />

degli “anziani”, che vedono corrodersi il potere<br />

di acquisto <strong>del</strong>le modeste pensioni, mentre si diradano<br />

i servizi sociali.<br />

In questa nostra società in crisi, in cui i ricchi diventano<br />

sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri,<br />

inquietante quindi per l’au<strong>mento</strong> progressivo<br />

<strong>del</strong>le disuguaglianze, è urgente un’inversione di<br />

tendenza, per restituire il <strong>la</strong>voro a chi lo ha perduto<br />

e dare prospettiva concreta di occupazione ai giovani,<br />

a tutti i giovani, secondo le attitudini, le capacità<br />

e le scelte possibili, in un quadro di giustizia e di pari<br />

opportunità.<br />

L’”educazione popo<strong>la</strong>re”, con tutte le idealità che <strong>la</strong> contraddistinguono,<br />

è quindi di attualità, per <strong>la</strong> rinascita <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

famiglia e <strong>del</strong><strong>la</strong> società.<br />

Antonio Venditti


Storia<br />

Giugno<br />

26 2007<br />

GIUGNO<br />

Il sole si leva à h. 9. m. 8. {le nostre ore 4:34} mezzo<br />

di à h. 16. m. 34.<br />

1. Venerdì migliora. quattro tempi {le Quattro <strong>Tempo</strong>ra:<br />

come abbiamo già visto nel<strong>la</strong> prima settimana di<br />

Quaresima, anche nel<strong>la</strong> settimana di <strong>Pentecoste</strong><br />

era d’uso il digiuno nei giorni di mercoledì, venerdì<br />

e sabato, usanze che in antico erano poste all’inizio<br />

<strong>del</strong>le stagioni}.<br />

2. Sabbato buono. quattro tempi. Si và al mercato<br />

{nel<strong>la</strong> Piazza <strong>del</strong> Pa<strong>la</strong>zzo Magistrale}. Mons.<br />

Suffraganeo fa l’ordinatione nel<strong>la</strong> Cathedrale {Il Sabato<br />

<strong>del</strong>le Quattro <strong>Tempo</strong>ra era destinato dal<strong>la</strong> Liturgia<br />

alle Ordinazioni Sacerdotali e dei sacri Ministri}.<br />

P3.Domenica segue. La Santissima Trinità. Il Magistrato<br />

presenta <strong>la</strong> solita cera al<strong>la</strong> Chiesa de Jure patronatus<br />

<strong>del</strong>li SS. Landi {di questa picco<strong>la</strong> Chiesa <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Santissima Trinità, oggi riusata come residenza,<br />

rimangono solo i muri con un bel rosone in marmo},<br />

come anco al<strong>la</strong> Chiesa <strong>del</strong><strong>la</strong> Compagnia <strong>del</strong><strong>la</strong> Madonna<br />

<strong>del</strong> Sangue {<strong>la</strong> Confraternita <strong>del</strong> Sangue, poi aggregata<br />

all’Archiconfraternita <strong>del</strong><strong>la</strong> Trinità in Roma} dove<br />

si celebra <strong>la</strong> festa da quelli fratelli. Il giorno si bandisce<br />

dal<strong>la</strong> Comunità l’Affitto <strong>del</strong><strong>la</strong> Spica {l’affitto a<br />

privati dei terreni coltivati a grano o orzo}<br />

* 4. Lunedì si muta. luna piena hore. 6. m. 4. N.S.<br />

5. Martedì vario.<br />

6. Mercordì Migliora.<br />

P+ 7.Giovedì stabile. Corpus Domini. messa Episcopale,<br />

dòpo <strong>la</strong> quale si fa <strong>la</strong> solennissima Processione per<br />

<strong>la</strong> Città. L’Illustrissimo Magistrato dona <strong>la</strong> solita cera<br />

al<strong>la</strong> Compagnia <strong>del</strong> Santissimo Sacra<strong>mento</strong> {<strong>la</strong><br />

Confraternita aveva Cappel<strong>la</strong> propria nel<strong>la</strong> Cattedrale<br />

di S. Clemente}, e scudi trenta per manteni<strong>mento</strong><br />

<strong>del</strong>l’espositione, che si fa per tutta l’ottava {l’esposizione<br />

<strong>del</strong> SS.mo Sacra<strong>mento</strong> durante gli otto giorni<br />

seguenti <strong>la</strong> Solennità}.<br />

8. Venerdì segue<br />

9. Sabbato buono Si và al mercato<br />

P + 10. Domenica simile. Si fa <strong>la</strong> Processione <strong>del</strong><br />

SS. Sacra<strong>mento</strong> in S. Maria <strong>del</strong> Trivio {oltre <strong>la</strong> Processione<br />

cittadina nel giorno <strong>del</strong><strong>la</strong> Solennità, seguivano processioni<br />

anche nelle altre cinque parrocchie}. Si fa<br />

l’estrattione <strong>del</strong> nuovo Magistrato per il seguente<br />

Diario Veliterno <strong>del</strong>l’anno 1640<br />

Da un manoscritto di Eugenio Braconi conservato nel Fondo<br />

Manoscritti <strong>del</strong><strong>la</strong> Biblioteca Comunale di Velletri (MS VII 25)<br />

bimestre {rimanevano in carica per due mesi}, e si<br />

<strong>del</strong>ibera l’Affitto <strong>del</strong><strong>la</strong> Spica<br />

+ 11. Lunedì bello. Processione al<strong>la</strong> Chiesa di S.<br />

Lucia.<br />

* Ultimo quarto h. 12. m. 39.<br />

+ 12. Martedì si muta. Processione al<strong>la</strong> Chiesa di<br />

S. Angelo<br />

+ 13 Mercordì vario. S. Antonio di Padova Si celebra<br />

<strong>la</strong> festa dal<strong>la</strong> compagnia di detto Santo {<strong>la</strong> Confraternita<br />

di S. Antonio di Padova era eretta nel<strong>la</strong> Chiesa di<br />

S. Francesco ed aveva Chiesa propria, ora adibita<br />

a palestra, attigua al<strong>la</strong> detta Chiesa di S. Francesco},<br />

e s a solita cera. Processione al<strong>la</strong> Chiesa di S.<br />

Martino.<br />

V + 14 Giovedì humido. Ottava <strong>del</strong> Corpus Domini.<br />

Processione al<strong>la</strong> Chiesa <strong>del</strong> SS. Salvatore. Nel<strong>la</strong><br />

Cathedrale si fanno gli Offitiali dal<strong>la</strong> Compagnia <strong>del</strong><br />

Santissimo Sacra<strong>mento</strong>. Cominciano le ferie <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Ricolta {al tempo <strong>del</strong><strong>la</strong> raccolta dei frutti <strong>del</strong><strong>la</strong> terra,<br />

qui certamente da intendersi come periodo <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

mietitura <strong>del</strong> grano, l’attività nei tribunali civile ed<br />

ecclesiastico veniva sospesa per non intralciare il<br />

<strong>la</strong>voro dei cittadini; altrettanto avevamo visto<br />

durante <strong>la</strong> settimana Santa}<br />

15. Venerdì si muta<br />

Il sole si leva à h. 8. m. 49. Mezo dì à h. 16. m. 25.<br />

16. Sabbato vario. Si và al mercato<br />

P 17. Domenica segue<br />

18. Lunedì migliora.<br />

19. Martedì buono<br />

* luna nuova h. 18. m. 11<br />

20. Mercordì simile<br />

Il sole entra in Cancro {cioè nel<strong>la</strong> costel<strong>la</strong>zione astronomica<br />

<strong>del</strong> Cancro} à h. 7. m. 53. N.S. facendosi<br />

il solistitio estivo {il solstizio d’estate, in cui si ha il<br />

giorno più lungo <strong>del</strong>l’anno}.<br />

V 21. Giovedì non si muta<br />

22. Venerdì stabile<br />

23. Sabbato turbato. Vigilia Si và al Mercato<br />

P. 24. Domenica buono. Natività di S. Giovanni Battista<br />

l’Archiconfraternità <strong>del</strong> Gonfalone fa festa nel<strong>la</strong> sua<br />

Chiesa {di S. Giovanni in P<strong>la</strong>gis, ora non più esistente}<br />

dove il Magistrato presenta <strong>la</strong> solita cera,<br />

come anco al<strong>la</strong> Chiesa de RR. PP. fate ben fratelli<br />

{<strong>la</strong> Chiesa di S. Giovanni Battista, distrutta dai bombardamenti<br />

<strong>del</strong>l’ultimo conflitto mondiale, era<br />

annessa al convento <strong>del</strong>l’Ordine Ospedaliero di San<br />

Giovanni di Dio, chiamati anche Fatebenefratelli che<br />

gestivano l’attiguo Ospedale}.<br />

25. Lunedì segue.<br />

* 26 Martedì vario. Primo quarto h.23. m. XXX<br />

27. Mercordì migliora.<br />

V 28 Giovedì fastidioso. Vigilia<br />

P 29. Venerdì caldo. SS. Pietro e Paolo Apostoli Li<br />

RR. PP. <strong>del</strong><strong>la</strong> Dottrina Christiana {chiamati anche<br />

Dottrinari} fanno festa nel<strong>la</strong> lor Chiesa, al<strong>la</strong> quale<br />

il Magistrato presenta <strong>la</strong> solita cera<br />

V 30. Sabbato segue. Commemoratione di S. Paolo<br />

Apostolo {il Calendario Romano prevedeva questa<br />

festa di III c<strong>la</strong>sse, ora sostituita, nel nuovo<br />

Calendario, dal<strong>la</strong> memoria dei Santi Primi Martiri <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Chiesa Romana, a ricordo dei protomartiri <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Chiesa di Roma vittime <strong>del</strong><strong>la</strong> persecuzione di Nerone<br />

dopo l’incendio di Roma <strong>del</strong> 19 luglio <strong>del</strong>l’anno 64}.<br />

Tonino Parmeggiani<br />

Dichiaratione de segni - {legenda}<br />

P Significa di Precetto<br />

D Di Devozione<br />

V Vacanza <strong>del</strong>li fori (sospensione <strong>del</strong>l’attività<br />

<strong>la</strong>vorativa nei tribunali)<br />

† Processioni, che si fanno<br />

L * Aspetto <strong>del</strong><strong>la</strong> Luna col’ sole<br />

N.S. Notte seguente<br />

Z Quando si dà <strong>la</strong> dote alle Zitelle


Giugno<br />

2007<br />

Spiritualità 27<br />

LA PASSIONE DI “PICCIOLA”<br />

La picco<strong>la</strong> e pregiata casa editrice “Interlinea”<br />

di Novara, ha pubblicato una chicca editoriale:<br />

il “Diario Intimo” (dodici euro) <strong>del</strong> grande poeta italiano<br />

Clemente Rebora (1885-1957) che al<strong>la</strong> fine degli<br />

anni venti abbandonò famiglia, affetti, letteratura per consacrarsi<br />

al sacerdozio, tra i padri rosminiani. Una conversione<br />

radicale, dunque, non paragonabile a nessun<br />

artista, come Giovanni Papini e Paul C<strong>la</strong>u<strong>del</strong> che continuarono,<br />

dopo <strong>la</strong> conversione, a scrivere e a vivere<br />

nel mondo seco<strong>la</strong>re. Rebora scrisse questo Diario dopo<br />

essersi fatto sacerdote con il voto segreto di “patire e<br />

morire oscuramente, scomparendo polverizzato”. Ma è<br />

sull’ultima parte di questo Diario che vorrei attirare <strong>la</strong><br />

vostra attenzione, un pugno di pagine che costituiscono<br />

una scena a sé.<br />

Qui è raccontata <strong>la</strong> Passio <strong>del</strong><strong>la</strong> nipote di un sacerdote<br />

amico di Rebora, Piccio<strong>la</strong> <strong>del</strong><strong>la</strong> Porta, morta nel 1942.<br />

Rebora seguì i suoi ultimi mesi di vita, nel suo letto di<br />

sofferenza, presso <strong>la</strong> Casa di San Giuseppe e all’Istituto<br />

<strong>del</strong> Cenacolo, a Mi<strong>la</strong>no. Di questa giovane donna, Rebora<br />

dà voce alle ultimissime confidenze e alle sue atroci sofferenze<br />

(“Io sento <strong>la</strong> mia limitazione; non so nul<strong>la</strong>; incapace<br />

di patire fuor <strong>del</strong><strong>la</strong> mia limitazione <strong>del</strong> poter soffrire”),<br />

al suo inaudito aspetto fisico (“aspetto di scheletrico<br />

dolore agonizzante”), al<strong>la</strong> difficoltà spirituale di<br />

trovare un senso al pati<strong>mento</strong> e infine al completo abbandono<br />

in Dio.<br />

Una parabo<strong>la</strong> marchiata da Fuoco e Sangue (“ IO sono<br />

il Fuoco, tu il sangue: IO sono l’Amore, tu il dolore: Sangue<br />

senza Fuoco, dolore senza amore…”), una <strong>del</strong>le tante<br />

seminascoste agli occhi indiscreti e morbosi <strong>del</strong> mondo,<br />

che vuole alzare il velo su ogni mistero di Dio per<br />

farne carta straccia, un atteggia<strong>mento</strong> che il più <strong>del</strong>le<br />

volte è da voltastomaco.<br />

Rebora ci dice che “Piccio<strong>la</strong> santa, va declinando di forze<br />

nel crescere <strong>del</strong><strong>la</strong> Carità”. Questo mi è perfettamente<br />

chiaro, <strong>la</strong>ddove nel Vangelo Giovanni Battista ci dice<br />

che Gesù deve crescere e lui farsi da parte. Piccio<strong>la</strong> ci<br />

dice che non riesce a dire neanche una mezza Ave al<br />

giorno. Eppure è certa che il Signore <strong>la</strong> prenderà così.<br />

Questo è molto, molto duro da accettare per noi, attratti<br />

solo dal<strong>la</strong> Gloria <strong>del</strong> Signore e terrorizzati dal<strong>la</strong> Croce.<br />

Rebora arriva addirittura a vedere in Piccio<strong>la</strong> “il volto<br />

di Gesù agonizzante… tra spasimi indicibili mi guardava<br />

dal volto Gesù crocifisso, esterrefatto di strazio”.<br />

Rebora ci racconta che il medico, poveretto, <strong>la</strong> giudicava<br />

isterica. Anche questo è molto, molto duro per noi,<br />

leggeri come siamo nel tacciare di fanatismo ed esagerazione<br />

chi supera lo steccato <strong>del</strong><strong>la</strong> normalità cristiana,<br />

salvo poi chiudere gli occhi sui fratelli musulmani che<br />

pregano inginocchiati in strada. Dinanzi ad un corteo<br />

funebre, si chiese di recitare una preghiera. L’interlocutore<br />

quasi sorrise dinanzi a così vetusta anticaglia devozione.<br />

Piccio<strong>la</strong> dice: “Lui l’ho tutto”, a pochi giorni dal<strong>la</strong> fine (o<br />

l’inizio: è tragicomico vedere come solo malgrado sforzi<br />

colossali riusciamo a metterci dal<strong>la</strong> parte di Dio. Ma<br />

non è forse vero che le Sue vie non sono le nostre, che<br />

i Suoi pensieri non sono i nostri?). Avere TUTTO il Signore<br />

in quelle condizioni è grazia, santità, certo, ma anche<br />

disponibilità. (Un collega di <strong>la</strong>voro è morto giovane schiumando<br />

rabbia e imprecazioni, maledicendo <strong>la</strong> sorte. Avrà<br />

comunque incontrato il Signore?)<br />

Il 27 agosto 1942 Rebora ci dice che Piccio<strong>la</strong> si conforma<br />

al Crocifisso, crescendo nel<strong>la</strong> consumazione <strong>la</strong><br />

grandezza splendida degli occhi: sempre più dimentica<br />

di sé ed esclusivamente sollecita a portare anime<br />

al Signore, poiché <strong>la</strong> carità eroica <strong>del</strong> suo indicibile santo<br />

patire attrae.<br />

Sì, attrae, perché solo questo genere di testimonianza<br />

oggi è credibile: abbandonati per sempre i tavoli da studio<br />

e il cartaceo (quello che Bonhoeffer rimproverava<br />

a Karl Barth, di essere rimasto seduto a studiare), <strong>la</strong>sciati<br />

in disparte i ritiri, i seminari, i congressi, dimenticando<br />

una volta per tutte che non si è discepoli <strong>del</strong> Signore<br />

solo perché osserviamo diligentemente i precetti e preghiamo<br />

sul salterio, dovremmo volgere tutta <strong>la</strong> nostra<br />

attenzione al<strong>la</strong> vera seque<strong>la</strong> che c’insegnano, appunti,<br />

i santi e i martiri. Basterà ricordare qui <strong>la</strong> Magna Charta<br />

<strong>del</strong> cristianesimo, le beatitudini? Basterà qui ricordare<br />

le parole <strong>del</strong> Signore, “siate perfetti com’è perfetto il Padre<br />

vostro che è nei cieli?”, basterà ricordare il Samaritano,<br />

il lebbroso guarito ritornante a dar gloria al Signore, <strong>la</strong><br />

Maddalena che piange sui piedi santi e venerabili <strong>del</strong><br />

Signore, i Tobia che pregano senza soste in adorante<br />

ringrazia<strong>mento</strong>?<br />

“Non piangete su di me, figlie di Gerusalemme … “, dice<br />

il Signore sul<strong>la</strong> salita <strong>del</strong> Calvario.<br />

“Non piangete su di me … “, pare voglia dirci Piccio<strong>la</strong>,<br />

santa sconosciuta, “io ho adempiuto al<strong>la</strong> volontà di Dio.<br />

Non par<strong>la</strong>te di me, non leggetemi, bensì imitatemi”. Quello<br />

che diceva Benedetta Bianchi Porro al<strong>la</strong> sua famiglia<br />

che, sottovoce, par<strong>la</strong>va di lei come di una santa ancora<br />

vivente (“Se lo pensate, non me lo dite, ma fate quello<br />

che faccio io”).<br />

Rebora annota che <strong>la</strong> grandezza sua (di lei) spirituale<br />

è tale che quasi non si sente lo strazio <strong>del</strong> suo patire<br />

e ischeletrire crescente.<br />

“Tutto poco … tutto giusto, per me … accettare così è<br />

tremendo e magnifico…”, disse Piccio<strong>la</strong>. Inaudite<br />

parole!<br />

La vicenda umana e cristiana di Piccio<strong>la</strong> sarà rivisitata<br />

dal poeta nei suoi ultimi componimenti scritti sul letto<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia, “I Canti <strong>del</strong>l’infermità”. A Rebora poeta,<br />

quindici anni dopo, questa Passio darà luogo al<strong>la</strong><br />

voce <strong>del</strong><strong>la</strong> sua Passio, con parole che si è tentati di immaginare<br />

frutto <strong>del</strong> suo ascoltare <strong>la</strong> voce straziata di Piccio<strong>la</strong>.<br />

In una <strong>del</strong>le sue più grandi poesie mistiche “Notturno”,<br />

Rebora scriveva questi versi:<br />

” Il sangue ferve per Gesù che affuoca.<br />

BRUCIAMI! dico: e <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> è vuota”<br />

Accoccoliamoci allora anche noi accanto al letto di Piccio<strong>la</strong><br />

e di Clemente, facciamoci accarezzare <strong>la</strong> fronte, come<br />

venti<strong>la</strong>no le ali celesti e tendiamo l’orecchio a quel breve<br />

fremito di vento che ci può sussurrare:<br />

“Le anime che Dio sceglie per vivere più vicino a Gesù,<br />

sono anime silenziose”<br />

Un invito, pressante, in questi tempi devastati da parole<br />

inutili, dalle ur<strong>la</strong> di un mondo giustamente in guerra<br />

con sé stesso.<br />

Alessandro Gentili


Maggio<br />

2007<br />

Cultura 28<br />

SEGNI dal 1797 al 2006<br />

di Bruno Navarra<br />

Oggi, imp<strong>la</strong>cabile, si fa sempre più minacciosa<br />

<strong>la</strong> disgregazione <strong>del</strong><strong>la</strong> memoria ed in nome <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

globalità, l’identità di appartenenza ad un territorio<br />

rischia veramente grosso. Ma un libro<br />

può opporsi al serio pericolo, un libro che<br />

ci consegni una memoria fe<strong>del</strong>e , che narri<br />

avvalendosi <strong>del</strong> giusto respiro letterario coniugato<br />

ad una sapienza linguistica ( veicolo poi<br />

di piacevole lettura) può impedire quel certo<br />

naufragio e restituire solidità storiche, etiche<br />

e psicologiche.<br />

Il testo di mons. Navarra “Segni dal 1797 al<br />

2006” va, per così dire, a chiudere <strong>la</strong> trilogia<br />

preceduta da “Storia di Segni I” e “Storia<br />

di Segni II”, che abbraccia tutto l’arco <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

storia di Segni, dal<strong>la</strong> nascita come Prima colonia<br />

romanorum fino ai giorni nostri ma, a parere<br />

di molti autorevoli critici, non chiude affatto<br />

il ciclo di una saga poiché prelude ad altri<br />

percorsi, altri itinerari che <strong>la</strong>nciano i loro archi<br />

rampanti improrogabilmente verso il futuro;<br />

non a caso così ha scritto, nel<strong>la</strong> prefazione,<br />

il sindaco di Segni Renato Cacciotti: -<br />

mons. Navarra ha <strong>la</strong>sciato opere librarie importanti<br />

che rinverdiscono <strong>la</strong> memoria, alimentano<br />

<strong>la</strong> cultura e <strong>la</strong>nciano sfide avvincenti alle nuove<br />

generazioni: continuare il suo <strong>la</strong>voro di<br />

studioso scrupoloso, rinnovare nel tempo il<br />

suo <strong>la</strong>voro di ricerca.<br />

Il volume racconta, e richiama quindi al<strong>la</strong><br />

memoria, gli ultimi duecento anni <strong>del</strong><strong>la</strong> storia<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> città lepina, inseriti nel<strong>la</strong> più vasta<br />

trama <strong>del</strong><strong>la</strong> storia nazionale ed europea.<br />

Le cronache che, al declinare <strong>del</strong> secolo XVIII<br />

segnarono il passaggio dal<strong>la</strong> Repubblica Romana<br />

all’Impero Francese e, nel XIX secolo <strong>la</strong> formazione<br />

<strong>del</strong> regno d’Italia, sono ricche e varie, spaziano<br />

dal<strong>la</strong> storia <strong>del</strong>le istituzioni civili e religiose allo stradario<br />

segnino, dalle radici <strong>del</strong><strong>la</strong> religiosità e <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

fede a Segni al risveglio culturale e sco<strong>la</strong>stico <strong>del</strong>l’ultimo<br />

trentennio fino al declino <strong>del</strong><strong>la</strong> città sia come<br />

capoluogo di manda<strong>mento</strong> che come centro <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Diocesi ( già nel secondo volume l’autore aveva<br />

esc<strong>la</strong>mato: “Segni era più importante all’epoca <strong>del</strong><br />

tratturo che in quel<strong>la</strong> <strong>del</strong>l’autostrada! ), il tutto filtrato<br />

da un’analisi minuziosa e completa.<br />

La copertina <strong>del</strong> libro di Bruno Navarra<br />

Nel corso di queste cronache, episodi accaduti vengono<br />

colti nel loro avverarsi e fissati lì come impeccabili<br />

fotografie: “ <strong>la</strong> curva <strong>del</strong><strong>la</strong> disgrazia”, lo scoppio<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> polveriera di Colleferro nel ’38, l’arrivo <strong>del</strong>l’acqua<br />

potabile, <strong>la</strong> venuta di Paolo VI a Segni e quel<strong>la</strong><br />

successiva di Madre Teresa di Calcutta, tutti scorrono<br />

sul nastro <strong>del</strong><strong>la</strong> memoria e <strong>del</strong><strong>la</strong> storia griffati<br />

dall’icasticità <strong>del</strong> nostro Autore.<br />

Il seg<strong>mento</strong> dei duecento anni è scandito in 31 capitoli,<br />

ciascuno dei quali ha un valore completo, in grado<br />

di segnare <strong>la</strong> fisionomia dei due secoli.<br />

I temi sono trattati non secondo il metro <strong>del</strong><strong>la</strong> generalizzazione<br />

ma attraverso <strong>la</strong> ricostruzione di ogni<br />

partico<strong>la</strong>re evento che si connota immediatamente<br />

come fonte di storia, importanti i personaggi che<br />

escono dalle pagine nel pieno <strong>del</strong><strong>la</strong> loro esistenza<br />

ed umanità, vestiti dall’abito leggero di una freschezza<br />

letteraria che stupisce e va ad aggiungersi al già<br />

ricco palmares <strong>del</strong>le doti <strong>del</strong> nostro autore.<br />

Leggendo il capitolo sul brigantaggio, sembra di veder<br />

muovere, sulle alture <strong>del</strong>le nostre contrade, queste<br />

figure avviluppate nel loro mantello di misteriosità,<br />

si odono tra i sentieri dei monti Lepini, teatro<br />

<strong>del</strong>le loro scorrerie, i bisbiglìi, gli ordini<br />

sommessi che accompagnavano gli spostamenti<br />

furtivi, <strong>la</strong> paura dei poveri, <strong>la</strong> disperazione<br />

dei sequestrati, intorno, altrettanto furtivi e<br />

cauti, gli appostamenti dei gendarmi ed il<br />

gaudio <strong>del</strong><strong>la</strong> gente, infine, quando questi personaggi<br />

a metà strada fra i fuorilegge e gli<br />

eroi, venivano assicurati al<strong>la</strong> giustizia.<br />

Non trascura l’Autore <strong>la</strong> propria pietas per<br />

i briganti e scrive:- Tra le altre cose che furono<br />

trovate addosso al Panici ( pericoloso<br />

capobanda) ci fu anche uno scapo<strong>la</strong>re <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

Madonna <strong>del</strong> Carmine di cui era devoto<br />

– ( op. cit. pag. 58)<br />

In questa sua ultima opera, ancora una volta,<br />

fra <strong>la</strong> storiografia gramsciana , asettica<br />

e priva di coinvolgi<strong>mento</strong> e quel<strong>la</strong> vichiana<br />

, che vuole un autore più partecipe e più<br />

coinvolto nelle vicende che narra, Navarra<br />

sceglie quest’ultima: egli gioisce ed esulta<br />

negli avvenimenti lieti e soffre coralmente<br />

nei lutti dei suoi personaggi.<br />

Ancora una volta ha riproposto il valore <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

nostra storia, l’importanza <strong>del</strong><strong>la</strong> propria<br />

partecipazione e testimonianza.<br />

Mi piace concludere questa modesta recensione<br />

al suo <strong>la</strong>voro ultimo con <strong>la</strong> frase di<br />

Galileo Galilei scelta da Annalisa Ciccotti<br />

curatrice <strong>del</strong>l’opera postuma di mons.<br />

Navarra:<br />

-ma sopra tutte le invenzioni stupende quale<br />

grandezza<br />

di mente fu quel<strong>la</strong> di chi immaginò di comunicare<br />

i suoi pensieri<br />

più nascosti ad un’altra persona, anche se molto<br />

distante<br />

per lunghissimo tratto di spazio e di tempo?<br />

….<br />

Con i vari accostamenti di venti piccoli caratteri sopra<br />

una carta.<br />

E’ questa <strong>la</strong> massima di tutte le ammirevoli invenzioni<br />

umane.<br />

Fernanda Spigone


Giugno<br />

2007<br />

Musica 29<br />

La Venezia rinascimentale<br />

era un luogo festoso e<br />

fastoso, allegro e vitale, dove ricchezza<br />

e potere politico-economico<br />

richiamavano i grandi artisti da<br />

tutta Europa. Durante il XVI secolo<br />

si edificano grandiose e raffinate<br />

residenze per le famiglie<br />

veneziane più in vista, si costruiscono<br />

grandi chiese, decorate da<br />

valenti pittori, si organizzano manifestazioni<br />

pubbliche spettaco<strong>la</strong>ri,<br />

sia civili che religiose.<br />

Anche nel campo musicale il cinquecento<br />

veneziano è caratterizzato<br />

da grande splendore. La basilica<br />

si San Marco fu eretta nel 827<br />

e nel 1312 vi fu instal<strong>la</strong>to un grande<br />

organo, ma soltanto all’inizio<br />

<strong>del</strong> 1400 si istituì in San Marco<br />

una scuo<strong>la</strong> corale, dunque in netto<br />

ritardo rispetto alle altre importanti città italiane<br />

ed europee, tuttavia il recupero fu davvero<br />

eccezionale e l’interesse per <strong>la</strong> musica andò<br />

costantemente crescendo tanto che nel 1490, nel<strong>la</strong><br />

basilica di San Marco, venne instal<strong>la</strong>to un secondo<br />

grande organo, fatto che sarà determinante per<br />

<strong>la</strong> successiva produzione musicale veneziana.<br />

Si provi a pensare al risuonare di due cori collocati<br />

intorno ai due organi contrapposti nel transetto,<br />

all’interno di una basilica splendente dei suoi<br />

mosaici d’oro che ricoprono le numerose cupole,<br />

l’abside dominata dall’immagine <strong>del</strong> Cristo<br />

Pantocratore in un’archittettura impreziosita da<br />

elementi protocristiani, bizantini e gotici, l’effetto<br />

sonoro sarà stupefacente e di grande suggestione<br />

caratterizzato più dal colore <strong>del</strong> suono, cioè<br />

dal timbro, che dal<strong>la</strong> melodia sul<strong>la</strong> quale si canta<br />

il testo.<br />

Un modo questo di sentire <strong>la</strong> musica sacra sicuramente<br />

solenne e maestoso, ma con una sfumatura<br />

di mondanità che lo contrappone decisamente al<strong>la</strong><br />

severità <strong>del</strong><strong>la</strong> musica sacra <strong>del</strong><strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> Romana<br />

con il Palestrina.<br />

Anche Venezia, come altre città italiane, per dare<br />

lustro al<strong>la</strong> sua scuo<strong>la</strong> musicale, chiamò compositori<br />

d’oltralpe e nel 1527, divenne maestro di<br />

coro in Venezia il fiammingo Adriano Wil<strong>la</strong>ert.<br />

Nel corso <strong>del</strong><strong>la</strong> sua attività ultratrentennale, Wil<strong>la</strong>ert<br />

migliorò notevolmente <strong>la</strong> qualità <strong>del</strong><strong>la</strong> vita musicale<br />

veneziana: aggiunse nuovi cantori professionisti<br />

nel coro curando <strong>la</strong> concertazione tra voci<br />

e strumenti, arricchì l’archivio musicale e tenne<br />

un’intensa attività didattica.<br />

Soprattutto Wil<strong>la</strong>ert seppe sfruttare<br />

al meglio le possibilità<br />

offerte dal doppio organo e dunque<br />

dal doppio coro esistenti in<br />

San Marco e sebbene non fosse<br />

stato lui ad introdurre <strong>la</strong> tecnica<br />

dei cori battenti (una composizione<br />

polifonica eseguita da<br />

due cori a 4 voci), egli giunse a<br />

creare una costruzione sonora nel<strong>la</strong><br />

quale i due cori hanno pari complessità<br />

compositiva in dialogo<br />

perfetto e dove ciascuno mantiene<br />

<strong>la</strong> propria autonomia strutturale<br />

e armonica, cioè ognuno<br />

dei due cori esegue una composizione<br />

che ha ragione d’essere<br />

in se stessa, ma che si amplifica<br />

e si arricchisce nell’esecuzione<br />

congiunta. Wil<strong>la</strong>ert ottiene<br />

così un’ampia gamma di combinazioni<br />

timbriche e dinamiche<br />

fino ad allora impensabili, ecco<br />

quindi l’effetto sonoro grandioso e suggestivo già<br />

in precedenza descritto, inserito nello sfondo meraviglioso<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> basilica di San Marco in quel tempo<br />

centro <strong>del</strong><strong>la</strong> vita religiosa, ma anche <strong>del</strong><strong>la</strong> vita<br />

civile e culturale <strong>del</strong><strong>la</strong> repubblica veneziana.<br />

Mara Del<strong>la</strong> Vecchia


Cultura<br />

Giugno<br />

30 2007<br />

La storia <strong>del</strong><strong>la</strong> nascita <strong>del</strong> formaggio, come <strong>del</strong> resto<br />

tante altre storie, si perde nel tempo; certamente<br />

sappiamo che i pastori <strong>del</strong><strong>la</strong> Mesopotamia, nel<strong>la</strong><br />

valle compresa tra il Tigri e l’Eufrate, 18000 anni<br />

fa <strong>la</strong>voravano il <strong>la</strong>tte. Il docu<strong>mento</strong> più antico che<br />

testimonia con partico<strong>la</strong>re precisione, diremo quasi<br />

da “certosino”, le fasi <strong>del</strong><strong>la</strong> <strong>la</strong>vorazione <strong>del</strong> <strong>la</strong>tte,<br />

è il bassorilievo sumero denominato “Fregio <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

<strong>la</strong>tteria” <strong>del</strong> III millennio a.C., dove gli esperti caseari<br />

<strong>del</strong>l’epoca non erano altro che i sacerdoti e l’opera<br />

stessa rappresenta le diverse fasi di <strong>la</strong>vorazione<br />

<strong>del</strong> prodotto. Successivamente nelle regioni<br />

asiatiche le popo<strong>la</strong>zioni iniziarono ad addomesticare<br />

gli animali e con le loro migrazioni in Europa<br />

portarono tradizioni ed abitudini. La pastorizia infatti<br />

portò con sé <strong>la</strong> produzione di carne e <strong>la</strong>tte. Il <strong>la</strong>tte<br />

eccedente era utilizzato nel<strong>la</strong> produzione di bevande<br />

<strong>la</strong>ttiche acidificate, che permettevano di conservare<br />

facilmente un prodotto altrimenti facilmente deteriorabile.<br />

Sicuramente <strong>la</strong> tecnica di produzione <strong>del</strong>le<br />

bevande ha preceduto l’arte <strong>del</strong><strong>la</strong> fabbricazione<br />

dei formaggi. La produzione di bevande con <strong>la</strong>tte<br />

acidificato apre <strong>la</strong> storia <strong>del</strong><strong>la</strong> caseificazione e<br />

dei primi formaggi a pasta fresca e di consistenza<br />

morbida, sicuramente non tanto differenti da quelli<br />

che consumiamo noi oggi. Già negli scritti storici<br />

di Erodoto e di Senofonte si par<strong>la</strong>va di due bevande<br />

acide, chiamate una Komos e l’altra Kumis, che<br />

ebbero ampia diffusione in tutto l’Oriente. Si pensa<br />

che tartari, tibetani e persiani si siano dedicati<br />

al<strong>la</strong> <strong>la</strong>vorazione <strong>del</strong> <strong>la</strong>tte prima dei babilonesi e degli<br />

ebrei, ma di queste notizie non si ha certezza. Nel<br />

vecchio Iran sono state ritrovate testimonianze dei<br />

primi allevamenti di capre e pecore, mentre solo<br />

molto più tardi si svilupperà in Italia e in Francia<br />

l’alleva<strong>mento</strong> dei bovini, portati dagli abitanti <strong>del</strong>le<br />

zone balcaniche. Per par<strong>la</strong>re di una primitiva produzione<br />

<strong>del</strong> formaggio nelle zone italiche si deve<br />

arrivare al 2800 a.C.<br />

Nel<strong>la</strong> Bibbia il formaggio era tenuto in grande considerazione:<br />

a Babilonia era riservato ai più facoltosi,<br />

infatti leggiamo nel secondo libro di Samuele<br />

(2Sam. 17,29) “Latte acido,formaggi di pecora e<br />

di vacca per Davide e per <strong>la</strong> sua gente perché si<br />

sfamassero”. Quando gli ebrei si spostavano mettevano<br />

il <strong>la</strong>tte in grossi otri fatti con lo stomaco <strong>del</strong>le<br />

pecore: durante il viaggio il liquido era sottoposto<br />

ad un continuo movi<strong>mento</strong> e si realizzava <strong>la</strong><br />

separazione tra parte liquida e parte solida. A questo<br />

punto, previa sco<strong>la</strong>tura, il prodotto veniva fatto<br />

asciugare al sole e successivamente conservato<br />

in vasi di terracotta sotto sale. In tal modo era<br />

pronto sia per <strong>la</strong> consumazione che per <strong>la</strong> conservazione.<br />

Successivamente il divieto imposto dal<strong>la</strong> religione<br />

ebraica all’uso di carne e <strong>la</strong>tte insieme, colpì anche<br />

il formaggio perché veniva prodotto con caglio di<br />

origine animale. Il vincolo venne però superato facendo<br />

cagliare il <strong>la</strong>tte con succo di fichi.<br />

Nel testo biblico troviamo anche <strong>la</strong> storia di Giaele,<br />

una dolce e benestante signora che vive nel<strong>la</strong> sua<br />

tenda durante una <strong>del</strong>le tante guerre tra il popolo<br />

eletto e i suoi numerosi avversari. Leggiamo infatti<br />

nel libro dei Giudici, che al termine di una battaglia<br />

campale il comandante in campo <strong>del</strong>l’esercito<br />

sconfitto, Sisara, cerca rifugio e lo trova presso<br />

Giaele, che si mostra disposta a nasconderlo.<br />

Le chiede <strong>del</strong>l’acqua ma <strong>la</strong> donna gli offre <strong>del</strong> <strong>la</strong>tte<br />

e “in una coppa da principi” il <strong>la</strong>ban, cioè una<br />

bevanda di origine araba, molto dissetante, che si<br />

prepara allungando <strong>la</strong> giuncata, cioè il <strong>la</strong>tte acido,<br />

con acqua fredda. Sisara si addormenta sfinito avvolto<br />

in un tappeto e Giaele lo uccide conficcandogli<br />

un paletto <strong>del</strong><strong>la</strong> tenda nel<strong>la</strong> tempia. (Gdc 4, 17-22)<br />

I greci avevano Amaltea, <strong>la</strong> mitica nutrice di Zeus,<br />

padrona di una capra prodigiosa che avrebbe addirittura<br />

fornito il <strong>la</strong>tte per il dio. Il corno sarebbe diventato<br />

<strong>la</strong> cosiddetta cornucopia, ossia <strong>la</strong> rappresentazione<br />

<strong>del</strong>l’abbondanza, fonte di tutti i beni <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

tavo<strong>la</strong>. Anche il poeta Omero ricordando i famosi<br />

formaggi cretesi, li riconduce al<strong>la</strong> nobile capra e<br />

soprattutto ad una formu<strong>la</strong> segreta dettata dagli dei<br />

per produzioni di alto pregio. La scoperta <strong>del</strong> caglio<br />

si attribuiva alle ninfe, che l’avrebbero ricevuta dal<br />

mitico Aristeo. Ricordiamo che durante i primi giochi<br />

olimpici gli atleti ricevevano come ali<strong>mento</strong> un<br />

impasto fatto di formaggio condito con olio d’oliva,<br />

farina, frutta e miele. Spetta sicuramente ai romani<br />

il merito di aver perfezionato le tecniche casearie<br />

prima di pertinenza greca. A Roma fu introdotto<br />

per <strong>la</strong> prima volta l’impiego <strong>del</strong> <strong>la</strong>tte vaccino. Il<br />

legionario romano, secondo Virgilio, aveva una razione<br />

quotidiana di pecorino stabilita in 27 grammi.<br />

Per <strong>la</strong> preparazione si <strong>la</strong>sciava il <strong>la</strong>tte, sia ovino<br />

che caprino, a coagu<strong>la</strong>re spontaneamente in canestri<br />

a trama fitta oppure mesco<strong>la</strong>ndo il liquido con<br />

rametti di fico, o aggiungendo direttamente succo<br />

di fico o semi di cardo selvatico. Nasceva così <strong>la</strong><br />

giuncata, frutto <strong>del</strong><strong>la</strong> parte più densa e prodotta appunto<br />

in contenitori di giunco che noi oggi possiamo<br />

ancora consumare direttamente dai produttori. Oltre<br />

al cardo e al fico i romani usavano sia lo zafferano<br />

che l’aceto: questa mistura prendeva il nome<br />

di coagulum. Nel primo secolo d.C. iniziarono le<br />

prime forme di stagionatura con l’utilizzo <strong>del</strong><strong>la</strong> pressa<br />

fatta di pesi forati. L’imperatore Diocleziano dava<br />

anche disposizioni sul<strong>la</strong> vendita dei formaggi : quelli<br />

freschi dovevano essere presentati avvolti in foglie,<br />

mentre quelli stagionati sa<strong>la</strong>ti in superficie.<br />

La paro<strong>la</strong> formaggio deriva dal greco “formos” e<br />

sta ad indicare il paniere di vimini nel quale si collocava<br />

il <strong>la</strong>tte cagliato per dargli una forma. Da qui<br />

abbiamo <strong>la</strong> “forma” dei romani , fino al francese “formage-<br />

fromage” e all’italiano formaggio.<br />

Rimanendo sempre tra le storie sappiamo da un<br />

racconto popo<strong>la</strong>re piemontese che Annibale scendendo<br />

dalle Alpi al<strong>la</strong> conquista di Roma, si trattenne<br />

diverso tempo ad Augusta Taurinorum per merito<br />

<strong>del</strong>le ottime tome prodotte in zona. Il fondo di verità<br />

c’è sicuramente, perché durante <strong>la</strong> seconda guerra<br />

punica Annibale attraversò il Piemonte e dopo<br />

aver accerchiato <strong>la</strong> città dopo tre giorni di assedio<br />

riuscì a metter<strong>la</strong> a ferro e fuoco e per i suoi Cartaginesi<br />

e i popoli alleati, dalle diverse tradizioni alimentari<br />

e sicuramente molto affamati, le tome furono una<br />

sorpresa piuttosto piacevole. Questo testimonia l’evoluzione<br />

raggiunta dall’arte casearia piemontese,<br />

ma testimonianze ben più remote risalenti al neolitico<br />

dimostrano attraverso i graffiti rinvenuti sul Monte<br />

Bego nelle Alpi Marittime, che tra il V e il II millennio<br />

a.C. oltre all’alleva<strong>mento</strong> dei bovini, importato tra<br />

le popo<strong>la</strong>zioni locali dalle tribù indoeuropee, era diffusa<br />

<strong>la</strong> produzione di formaggi. Naturalmente <strong>la</strong> preparazione,<br />

<strong>la</strong> <strong>la</strong>vorazione e <strong>la</strong> stagionatura sono<br />

rimaste le stesse nel tempo, le modifiche sono poi<br />

da attribuire ai gusti differenti legati alle diverse epoche<br />

storiche. In Europa i formaggi che noi oggi consumiamo<br />

ebbero origine dal XIV al XVI secolo e<br />

custodi di tecniche ed eventuali piccoli segreti furono<br />

i monaci, che sapientemente hanno permesso<br />

che anche questa tradizione, altrimenti solo orale,<br />

non andasse perduta.<br />

Emanue<strong>la</strong> Ciar<strong>la</strong><br />

enogastronoma


Giugno<br />

2007<br />

Cinema 31<br />

Un film veloce, vivace, ben scritto,<br />

ben costruito e ben recitato, tratto<br />

dal romanzo Il fasciocomunista<br />

di Angelo Pennacchi. Mio fratello<br />

è figlio unico di Daniele Luchetti<br />

si carica <strong>del</strong> peso di raccontare un<br />

periodo travagliato <strong>del</strong><strong>la</strong> storia <strong>del</strong><br />

nostro Paese – il 68 e gli anni a<br />

seguire – ma lo fa attraverso le vicende<br />

di due fratelli in una famiglia quasi<br />

proletaria, come tante, in<br />

un’Italia deso<strong>la</strong>ta e perennemente<br />

in lotta per qualcosa.<br />

Il titolo, ripreso da una canzone di<br />

Rino Gaetano, fa pensare a una<br />

commedia leggera; si tratta in realtà<br />

di una storia drammatica, con<br />

morti, feriti, violenza, anche se rimane<br />

forte un certo sguardo sorridente<br />

ma non superficiale (ne è un esempio<br />

<strong>la</strong> “defascistizzazione” di<br />

quell’Inno al<strong>la</strong> Gioia <strong>del</strong><strong>la</strong> IX di<br />

Beethoven, modificato con lodi a<br />

Mao, a Lenin e a Marx).<br />

Accio e Manrico sono due fratelli,<br />

simili solo nell’aggressività,<br />

che si muovono tra gioia e miseria<br />

tra le architetture razionaliste<br />

di Latina, ex Littoria, e di Sabaudia, città inventate<br />

dal fascismo. Il più bello dei fratelli, Manrico<br />

(interpretato da Riccardo Scamarcio), è buono,<br />

operaio e attivista sindacale, adorato dalle donne<br />

e molto popo<strong>la</strong>re. Accio invece – interpretato<br />

da un Elio Germano super<strong>la</strong>tivo – passa l’adolescenza<br />

al<strong>la</strong> continua ricerca di una fede: prima<br />

entra in seminario, convinto di aver ricevuto<br />

l’illuminazione cristiana, poi diventa fascista, grazie<br />

agli insegnamenti di un cattivo maestro, interpretato<br />

da Luca Zingaretti.<br />

Naturalmente le loro divergenze finiscono per metterli<br />

con violenza l’uno contro l’altro, anche più<br />

tardi perché quando Accio, mutando nuovamente<br />

Una scena <strong>del</strong> film<br />

orienta<strong>mento</strong>, diventerà un extrapar<strong>la</strong>mentare e<br />

Manrico, andando oltre, sceglierà <strong>la</strong> lotta armata<br />

entrando addirittura in c<strong>la</strong>ndestinità.<br />

Una evocazione d’epoca esemp<strong>la</strong>re, per fortuna<br />

non affidata prevalentemente alle canzoni, che<br />

tiene conto <strong>del</strong>le <strong>la</strong>cerazioni e contraddizioni <strong>del</strong>l’Italia<br />

di quel periodo e che vuole ricordare a tutti quanto<br />

siano stati violenti nel nostro Paese gli anni<br />

Sessanta.<br />

Il film di Luchetti però non è storico né politico:<br />

per <strong>la</strong> prima volta, <strong>la</strong> divisione politica è un fatto<br />

di famiglia. È un film personale, che tocca <strong>la</strong><br />

politica e <strong>la</strong> affronta, ma ciò che veramente interessa<br />

al regista sono i suoi personaggi, le persone<br />

che rappresentano,<br />

le contraddizioni<br />

emozionali, prima<br />

ancora di quelle<br />

storiche e politiche.<br />

Un contrasto che<br />

Daniele Luchetti ha<br />

saputo costruire con<br />

forti implicazioni psicologiche,<br />

<strong>la</strong>sciando<br />

che quel decennio<br />

sociale e politico pur<br />

tanto tormentato rimanesse<br />

intenzionalmente<br />

di sfondo perché,<br />

a spiccarvi in mezzo,<br />

fossero soprattutto<br />

i personaggi che si avvicendano in<br />

quel<strong>la</strong> cornice provinciale da cui venivano<br />

fatti emergere.<br />

Mentre racconta <strong>la</strong> storia <strong>del</strong>l’Italia<br />

<strong>del</strong> ‘68 fra nero e rosso, Luchetti dà<br />

vita ad un dramma estremamente personale,<br />

quello di Accio, che non è<br />

altro che <strong>la</strong> rappresentazione di un’incertezza<br />

manifesta di un paese allo<br />

sbando.<br />

Un p<strong>la</strong>uso partico<strong>la</strong>re va agli attori,<br />

tutti bravissimi. Elio Germano è il migliore<br />

in campo, e con lui il giovane Vittorio<br />

Emanuele Properzio, che interpreta<br />

Accio da adolescente (raramente<br />

si è visto un passaggio di età così<br />

ben fatto). Riccardo Scamarcio regge<br />

bene il ruolo, dimostrando che l’ido<strong>la</strong>tria<br />

<strong>del</strong>le teen-agers non può costituire<br />

una condanna critica a priori.<br />

Il valore aggiunto <strong>del</strong> film è garantito<br />

da tutti gli attori comprimari: madre<br />

e padre sono Massimo Popolizio e<br />

Ange<strong>la</strong> Finocchiaro, dal<strong>la</strong> forte carica<br />

espressiva; Luca Zingaretti in forma<br />

smagliante dentro un personaggio<br />

denso di semplice verità.<br />

<strong>Dopo</strong> tanti film che esaltano <strong>la</strong> gioventù<br />

marketing (come per esempio quelli firmati<br />

da Federico Moccia and co.), ecco finalmente un<br />

film vero su due ragazzi veri nei veri anni ‘60, dove<br />

nel<strong>la</strong> sua indescrivibile deso<strong>la</strong>zione è vero<br />

Mio fratello è figlio unico.<br />

Un film di Daniele Luchetti. Con Riccardo<br />

Scamarcio, Elio Germano, Ange<strong>la</strong><br />

Finocchiaro, Massimo Popolizio, Luca<br />

Zingaretti, Diane Fleri, Alba Rohrwacher,<br />

Anna Bonaiuto, Ascanio Celestini.<br />

Commedia, 100 minuti. Produzione Italia,<br />

Francia 2007<br />

anche l’Agro Pontino ricostruito nel Foggiano.<br />

Mio fratello è figlio unico sembra aver ben chiaro<br />

l’esempio <strong>del</strong><strong>la</strong> commedia italiana bel<strong>la</strong> ed utile<br />

di una volta, al<strong>la</strong> maniera di Sco<strong>la</strong>, dove <strong>la</strong><br />

Storia e le storie s’ intrecciano, <strong>la</strong> psicologia è<br />

quel<strong>la</strong> quotidiana ma dal<strong>la</strong> finezza <strong>del</strong>le osservazioni<br />

e tipologie esce il ritratto di un mo<strong>mento</strong><br />

<strong>del</strong> Paese.<br />

Quel<strong>la</strong> che ne esce, è l’immagine di un’Italia <strong>del</strong><br />

passato che tanto piace anche all’estero, e che<br />

probabilmente farà si che il film venga apprezzato<br />

anche dall’internazionalissimo pubblico di Cannes,<br />

dove Mio fratello è figlio unico sarà presente come<br />

film fuori concorso.<br />

Valentina Fioramonti


Arte<br />

Giugnog<br />

32 2007<br />

L'icona <strong>del</strong><strong>la</strong> Trinità fu "scritta" nel 1415 circa dal<br />

santo monaco russo Andrej Rublev, nato intorno al 1365<br />

e morto verso il 1430.<br />

Andrej si aggregò al<strong>la</strong> comunità <strong>del</strong> monastero di San<br />

Sergio (1313-1392), dove apprese dal<strong>la</strong> comunità l'amore<br />

per <strong>la</strong> Santa Trinità, per l'igumeno Sergio, suo<br />

padre spirituale, nonché <strong>la</strong> cura per il monastero<br />

e <strong>la</strong> terra patria.<br />

Al tempo di Rublev <strong>la</strong> Trinità veniva rappresentata<br />

sul<strong>la</strong> traccia <strong>del</strong> racconto biblico<br />

di Genesi 18,1-15, nel quale Abramo<br />

ospita i tre angeli pellegrini, apparsi a lui<br />

e a Sara per comunicare <strong>la</strong> promessa divina<br />

di una discendenza.<br />

Le altre icone bizantine e russe presentavano<br />

questo avveni<strong>mento</strong> con tutti i personaggi<br />

e i dettagli <strong>del</strong>l'accoglienza e <strong>del</strong> pasto<br />

consumato dagli angeli ospiti.<br />

Rublev libera <strong>la</strong> composizione dai dettagli<br />

superflui e concentra l'attenzione di colui<br />

che osserva sul profondo tema trinitario <strong>del</strong>l'icona,<br />

dando ad ogni ele<strong>mento</strong> il valore<br />

sacramentale <strong>del</strong> simbolo.<br />

L'obbedienza di Abramo, fe<strong>del</strong>e a Dio fino<br />

all'accettazione <strong>del</strong> sacrificio <strong>del</strong> figlio Isacco,<br />

diventa l'obbedienza <strong>del</strong> Figlio Cristo a Dio<br />

Padre, fino al<strong>la</strong> morte. Il Padre deve consegnare<br />

al<strong>la</strong> morte il Figlio e il Figlio deve<br />

vuotare questo calice.<br />

Nel 1551 il Concilio dei Cento Capitoli raccomandava<br />

agli iconografi di dipingere le<br />

icone <strong>del</strong><strong>la</strong> Trinità basandosi su questo mo<strong>del</strong>lo,<br />

che definì "l'icona <strong>del</strong>le icone".<br />

Come ogni icona, anche questa è "scritta"<br />

su una struttura geometrica precisa, nel<strong>la</strong><br />

quale ogni ele<strong>mento</strong> ha una proporzione<br />

stabilita rispetto agli altri e trova il suo<br />

posto secondo il suo significato e il suo valore<br />

simbolico.<br />

Tutta <strong>la</strong> composizione è costruita sul<strong>la</strong> croce,<br />

che costituisce <strong>la</strong> struttura geometrica<br />

principale; l'asse verticale congiunge l'albero,<br />

<strong>la</strong> testa <strong>del</strong>l'angelo centrale, <strong>la</strong> coppa<br />

ed il rettangolo dei martiri.<br />

Gli angeli sono racchiusi dentro un cerchio<br />

che indica pienezza e perfezione e sottolinea<br />

<strong>la</strong> circo<strong>la</strong>rità degli sguardi d'Amore<br />

<strong>del</strong>le Tre Persone. La mano <strong>del</strong>l'angelo centrale<br />

è il centro <strong>del</strong><strong>la</strong> circonferenza che raccoglie<br />

le tre teste.<br />

Anche <strong>la</strong> coppa, posta sopra l'altare, è iscritta in un<br />

cerchio. La testa <strong>del</strong>l'angelo centrale forma <strong>la</strong> punta<br />

<strong>del</strong> triangolo, <strong>la</strong> cui base si colloca sul<strong>la</strong> linea inferiore<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> tavo<strong>la</strong>-altare.<br />

Il secondo triangolo è rovesciato: <strong>la</strong> sua base superiore<br />

posa sulle teste degli angeli <strong>la</strong>terali e contiene<br />

nel vertice inferiore <strong>la</strong> fessura rettango<strong>la</strong>re <strong>del</strong>l'altare,<br />

luogo <strong>del</strong>le reliquie dei martiri. La coppa <strong>del</strong> sacrificio<br />

di Cristo è offerta sui corpi offerti dei suoi fratelli.<br />

Lo spazio compreso tra i due angeli <strong>la</strong>terali assume<br />

<strong>la</strong> forma di un calice che sale dal basso: il Padre e lo<br />

Spirito Santo sono coloro che contengono il Corpo di<br />

Cristo ed il Suo Sangue.<br />

I tre angeli, perfettamente uguali e tuttavia diversi, rappresentano<br />

un solo Dio in tre Persone: il Padre, il Figlio<br />

e lo Spirito Santo.<br />

È proprio <strong>del</strong><strong>la</strong> Santa Trinità essere una ed indivisibile,<br />

nel<strong>la</strong> sua essenza e nelle sue manifestazioni, pur<br />

nel<strong>la</strong> diversità <strong>del</strong>le Persone. Conosciamo il Padre attraverso<br />

il Figlio: "Chi ha visto me ha visto il Padre" (Gv<br />

14, 9).<br />

Conosciamo il Figlio attraverso lo Spirito: "Nessuno può<br />

dire Gesù Cristo è Signore, se non sotto l'azione <strong>del</strong>lo<br />

Spirito Santo" (1Cor 12,3).<br />

Gli scettri identici indicano appunto l'uguaglianza <strong>del</strong><br />

potere, di cui ciascun angelo è dotato. La diversità è<br />

data dai colori <strong>del</strong>le vesti, ma soprattutto dall'atteggia<strong>mento</strong><br />

personale di ciascuno verso gli altri.<br />

Nell'angelo di sinistra è riconosciuta <strong>la</strong> figura <strong>del</strong> Padre,<br />

nell'angelo centrale quel<strong>la</strong> <strong>del</strong> Figlio e nell'angelo a destra<br />

<strong>la</strong> figura <strong>del</strong>lo Spirito Santo.<br />

L'angelo di sinistra, il Padre, indossa un mantello color<br />

lil<strong>la</strong> sopra una tunica azzurra, simbolo <strong>del</strong><strong>la</strong> Sua divinità.<br />

Il lil<strong>la</strong> è un colore sfumato, evanescente, quasi trasparente,<br />

segno <strong>del</strong> mistero e <strong>del</strong><strong>la</strong> trascendenza. Il<br />

suo mantello è appoggiato sulle due spalle, a differenza<br />

<strong>del</strong> Figlio e <strong>del</strong>lo Spirito, perché Egli non è inviato, ma<br />

invia gli altri due. Questo suo invio è indicato anche<br />

L'icona di Andrej Rublev<br />

Trinità di Andrej Rublev, 1415circa, Mosca, Galleria Tret'jakov<br />

dal piede sinistro, che sembra iniziare un passo di danza.<br />

Tutto converge verso di Lui: gli altri due angeli, <strong>la</strong> roccia,<br />

<strong>la</strong> casa, l'albero. È statico, diritto, perché questa<br />

persona è origine a se stessa, è il segno <strong>del</strong><strong>la</strong> maestà<br />

ed il riferi<strong>mento</strong> per gli altri due angeli.<br />

Il gesto <strong>del</strong><strong>la</strong> mano e lo sguardo sembrano affidare una<br />

missione al Figlio che l'accoglie, curvo, in senso di consenso.<br />

Le Sue mani non toccano <strong>la</strong> terra-altare, ma<br />

<strong>la</strong> benedice con le due dita alzate <strong>del</strong><strong>la</strong> mano destra.<br />

Il capo inclinato indica che Egli raccoglie l'offerta amorosa<br />

<strong>del</strong> Figlio.<br />

L'angelo centrale, il Figlio, indossa <strong>la</strong> tunica porpora<br />

scura, simbolo <strong>del</strong><strong>la</strong> natura umana assunta nell'Incarnazione<br />

e <strong>del</strong>l'amore che si dona fino al sacrificio; il mantello<br />

azzurro è segno <strong>del</strong><strong>la</strong> natura divina ed è appoggiato<br />

solo su una spal<strong>la</strong>, perché Egli è inviato dal Padre. La<br />

sto<strong>la</strong> gial<strong>la</strong> indica <strong>la</strong> missione vittoriosa <strong>del</strong> Cristo "sacerdote",<br />

che ha dato se stesso per <strong>la</strong> salvezza <strong>del</strong> mondo<br />

ed è risorto.<br />

Il Figlio è appena salito al cielo e sta comunicando con<br />

il Padre riguardo al<strong>la</strong> missione che ha compiuto. Il suo<br />

corpo ricurvo e lo sguardo d'Amore rivolto verso il Padre<br />

indicano l'accettazione e <strong>la</strong> docilità al<strong>la</strong> volontà paterna.<br />

La sua mano destra, appoggiata al<strong>la</strong> terra-altare, è <strong>la</strong><br />

più vicina al<strong>la</strong> coppa <strong>del</strong>l'offerta, perché Egli è quell'offerta<br />

simboleggiata dal<strong>la</strong> testa <strong>del</strong>l'agnello; <strong>la</strong> mano<br />

riproduce il gesto di benedizione <strong>del</strong> Padre e l'atto di<br />

appoggiar<strong>la</strong> al<strong>la</strong> terra-altare indica <strong>la</strong> sua discesa nel<br />

mondo, attraverso l'Incarnazione. Le due dita sono appunto<br />

il simbolo <strong>del</strong><strong>la</strong> sua duplice natura: Egli è pienamente<br />

Dio e pienamente uomo.<br />

L'angelo di destra, lo Spirito Santo, indossa sopra <strong>la</strong><br />

tunica azzurra, simbolo <strong>del</strong><strong>la</strong> sua divinità, un mantello<br />

verde acqua che è il colore <strong>del</strong><strong>la</strong> vita, <strong>del</strong><strong>la</strong> crescita<br />

e <strong>del</strong><strong>la</strong> fertilità. Nel campo spirituale il verde è simbolo<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> forza vivificante <strong>del</strong>lo Spirito, che ha resuscitato<br />

Cristo ed ha comunicato al mondo <strong>la</strong> pienezza<br />

<strong>del</strong> significato <strong>del</strong><strong>la</strong> Resurrezione. Egli<br />

è colui che dà vita. Questo angelo ha<br />

l'espressione più riservata <strong>del</strong>le tre persone.<br />

La sua figura è più piegata sul<strong>la</strong> mensa,<br />

in atteggia<strong>mento</strong> di ascolto, umiltà<br />

e docilità. Ci rive<strong>la</strong> un aspetto nuovo<br />

<strong>del</strong>l'Amore: l'accoglienza e <strong>la</strong> custodia.<br />

La sua mano cadente sull'altare indica<br />

<strong>la</strong> direzione <strong>del</strong><strong>la</strong> benedizione: il mondo<br />

cui lo Spirito dona Vita.<br />

Lo Spirito sta partecipando profondamente<br />

al dialogo divino ed è pronto per essere<br />

inviato nel mondo a continuare l'opera<br />

<strong>del</strong> Figlio.<br />

Il mantello appoggiato solo su una spal<strong>la</strong><br />

ed il piede, che sta rispondendo al<strong>la</strong><br />

danza iniziata dal Padre, sono simboli<br />

<strong>del</strong> suo accingersi a partire per <strong>la</strong> missione<br />

affidatagli: "Quando però verrà lo<br />

Spirito di verità (dice Gesù), Egli vi guiderà<br />

al<strong>la</strong> verità tutta intera... dirà tutto<br />

ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose<br />

future" (Gv 16,13).<br />

Dietro il Padre si vede <strong>la</strong> casa di Abramo,<br />

divenuta tempio, dimora <strong>del</strong> Padre e simbolo<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> Chiesa, sua figlia, perché "corpo"<br />

di Cristo, secondo <strong>la</strong> teologia paolina.<br />

La quercia di Mamre è simbolo <strong>del</strong>l'albero<br />

<strong>del</strong><strong>la</strong> vita: quel legno <strong>del</strong><strong>la</strong> croce<br />

sul quale il Cristo ha offerto <strong>la</strong> propria<br />

vita per <strong>la</strong> salvezza <strong>del</strong>l'umanità. La roccia-monte<br />

dietro lo Spirito è insieme simbolo<br />

di protezione, di luogo "teofanico",<br />

cioè luogo dove Dio si manifesta e simbolo<br />

<strong>del</strong>l'ascensione spirituale. Il vitello<br />

offerto nel vassoio da Sara è diventato<br />

coppa eucaristica. Il fondo e i nimbi<br />

d'oro sono simboli <strong>del</strong><strong>la</strong> luce divina.<br />

La luce nell'icona non è naturale, ma spirituale<br />

proviene dal<strong>la</strong> grazia ricevuta, per<br />

mezzo <strong>del</strong>lo Spirito, prima dall'iconografo,<br />

nel<strong>la</strong> contemp<strong>la</strong>zione <strong>del</strong> mistero da rappresentare, poi<br />

da chi contemp<strong>la</strong> l'icona con lo stesso atteggia<strong>mento</strong><br />

di preghiera.<br />

Come in ogni icona, i punti di vista <strong>del</strong>l'artista e <strong>del</strong>lo<br />

spettatore non coincidono; le linee non convergono verso<br />

l'occhio di chi guarda, ma, secondo <strong>la</strong> prospettiva<br />

inversa, l'icona si apre a chi <strong>la</strong> contemp<strong>la</strong>, invitando<br />

ad un movi<strong>mento</strong> di avvicina<strong>mento</strong> verso il punto di<br />

vista <strong>del</strong>l'autore <strong>del</strong>l'icona. L'atteggia<strong>mento</strong> giusto di<br />

fronte ad ogni icona è quello <strong>del</strong><strong>la</strong> preghiera e <strong>del</strong><strong>la</strong><br />

contemp<strong>la</strong>zione, come davanti ad una finestra aperta<br />

sul trascendente. L'icona non si può dire mai <strong>del</strong> tutto<br />

compiuta; l'ultimo tocco spetta a chi <strong>la</strong> guarda, a chi<br />

si pone innanzi ad essa con atteggia<strong>mento</strong> di umile<br />

ascolto. L'icona è dialogica per natura, perché ci invita<br />

ad entrare in dialogo con il Mistero rappresentato.<br />

Vorremmo perciò accogliere l'invito a sederci a tavo<strong>la</strong><br />

con i Tre, con essi partecipare al<strong>la</strong> sacra conversazione,<br />

cogliere e fare nostro lo scambio di Amore e<br />

comunione tra le Tre Persone.<br />

Vorremmo fare nostro il messaggio di questa icona,<br />

che è quello <strong>del</strong> Cristo di Gv 17,20-21: "Non prego solo<br />

per questi, ma anche per quelli che per <strong>la</strong> loro paro<strong>la</strong><br />

crederanno in me; perché tutti siano una so<strong>la</strong> cosa.<br />

Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi<br />

in noi una cosa so<strong>la</strong>, perché il mondo creda che tu mi<br />

hai mandato".<br />

Don Marco Nemesi

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