il Grande Erede al suono di Russia - Ermenegildo Zegna

ESCLUSIVA AL CONCERTO PER LA PACE
Il Festival delle Notti bianche,
l’inaugurazione di Salisburgo,
la serata del G8 e il rilancio del
Mariinsky: segreti e confessioni
di un geniale artista-manager.
Che pochi giorni fa ha diretto
“l’Orchestra delle orchestre”
per dine no alla guerra. Grazie
a uno sponsor tutto italiano.
C
di STEFANIA BERBENNI
da San Pietroburgo
’è un’orchestra, forse la migliore
possibile, che dura lo spazio di
un concerto, è effimera e sublime,
caduca e vicina alla perfezione. In
qualche modo la si potrebbe definire
“la metaorchestra”, l’orchestra delle
orchestre, perché per formarla sono
stati chiamati i migliori musicisti di tutti
i complessi sinfonici esistenti. Un’orchestra
globale, multirazziale, transgenerazionale
(giovani strumentisti vicino
a professori coi capelli bianchi),
che porta già nel nome un messaggio:
Orchestra per la pace.
La pensò 8 anni fa Georg Solti, direttore
ungherese, un ussaro della musica,
caldo e militare nella lettura delle
partiture, signorile nel gesto come
nell’animo. L’ha portata avanti, dopo la
morte di Solti, la moglie Valerie per gli
aspetti organizzativi, mentre l’anima
artistica è stata coltivata da Valery Gergiev,
numero uno fra i direttori russi e
star internazionale del prodio. L’8 maggio,
per la quarta volta, dopo i concerti
di Ginevra nel ’96 (l’unico diretto da
Solti), di Baden-Baden nel ’98 e di
SUCCESSO
Valery Gerglev
sul palco del Mariinsky
con l’Orchestra
per la Pace al termine
del concerto.
In alto, la locandina.
il Grande Erede al suono di Russia

SPETTACOLI
I magnifici
centodiciassette
Tre giorni di prove serrate per i 117
strumentisti provenienti da 43 paesi
e da 76 orchestre diversi.
Il programma scelto da Valery Gerglev
per il quarto concerto dell’Orchestra
per la pace prevedeva brani
impegnativi tratti da Mendelssohn,
Prokofiew, Strauss, Stravinsky.
In queste pagine, alcuni momenti
delle prove al Mariinsky.
Londra nel 2000, l’Orchestra per la
pace ha suonato di nuovo: un Men –
delssohn trasparente, un focoso
Strauss, un raro Prokofiev e un divino
Stravinsky. E stavolta la pace era targata
Italia, perché sposnor del concerto
era la Ermenegildo Zegna.
Nell’anno della guerra irachena, del
dopo Torri gemelle, Gergiev ha voluto che
l’Orchestra suonasse nel suo teatro,
il Mariinsky, nella sua città. San
Pietroburgo, che di candeline ne spegne
in questi giorni 300, ma che sembra
tornata giovane grazie agli imponenti
restauri, ai molti miliardi investiti
per l’anniversario e l’imminente G8,
a fine giugno.
Mariinsky, ma la notte no
Fino ad agosto, il Festival fondato da Gergiev
Un cartellone che dura
tre mesi, 5 maggio-5 agosto,
e che sfrutta 12 settimane
di giorni senza
notti, di albe a ridosso
dei tramonti. L’undicesimo
Festival delle Notti
bianche ha inagurato
con Guerra e pace di
Sergej Prokofiev e
chiuderà con Agon di
Igor Stravinsky. In mezzo,
serate di opera, balletto
e sinfonica (per
informazioni tel. 007812-
1141211, fax 007812-
3141744, indirizzo mail
www.mqarinsky.ru oppure
www.ticketsofrussia.ru).
Valery Gergiev, che il
Festival ha fondato, dirigerà
fra l’altro la Khovanschina
di Musorgskij (23
maggio), il Macbeth verdiano
(24 maggio), il Boris
Godunov di M.P. Musorgskij
(20 giugno), oltre
a Tributo a Stravinsky
(9 giugno).
Molto varia la proposta
per gli appassionati
di danza
(nella foto
a destra, un
momento di
uno spettacolo),
con i classici
del balletto
come il lago
dei cigni ,
Gisèle, Cinderella,Serenade.
Il 30 maggio, Concerto
di Gala con Domingo
Borodina,Fleming.
Principale sponsor, la
Nescafé: e mai scelta fu
più coerente visto che la
notte pietroburghese dura
non più di due ore.
“Abbiamo cominciato a lavorare al
progetto dell’orchestra lo scorso giugno:
una volta individuati i musicisti,
occorre verificarne la disponibilità. Il
loro è sempre un sì di slancio, talvolta
hanno però impegni inderogabili con
le rispettive orchestre” spiega Gergiev,
“Ho scelto 117 elementi, provenienti
da 43 paesi e 76 orchestre differenti.
Musicisti eccezionali: per me è un piacere
diregibili”. All’appello è mancato
l’orchestrale cinese, tenuto a casa da
una febbre sospetta. Per
il resto, non c’è orchestramito
che non abbia mandato
uno strumentista,
da Wiener Berliner, alla
London. “Di volta in volta, cambia il
50-60 per cento della compagine. Un
bene, che inevitabilmente dilata i tempi
organizzati” spiega Valerie Solti,
la quale sta già pensando al prssimo
appuntamento dell’Orchestra per la
pace, fra due anni, forse a Roma.
Durante le prove, concentrate in tre
giorni, si parla inglese. La maggior parte
dei musicisti non si conoscono , qualcuno
arriva dall’altro emisfero, a 12 ore
di aereo, da un altro paese che è anche
un altro mondo, come lo è il
Sud Africa di Zoltan Kovats,
uno dei contrabbassi, capelli
bianchi e notorietà: “Sembra
impossibile intenderci.
Eppure riusciamo, perché
c’è la musica”. Pablo de
Leòn, violino, è brasiliano,
viene da San Paolo: “E’ molto
interessante vedere come
suonano fuoriclasse di orchestre
così diverse”. Di primi
violini, a San Pietroburgo,
ce ne sono 11, uno è della
Scala di Milano, Francesco
De Angelis: “Gergiev sa
dove scavare lo spartito. Ha
profondità musicale. E’ come
un grande pilota al quale danno una
nuova auto: e lui riesce a fare comunque
il miglior tempo”. George Vosburgh,
tromba dell’Orchestra di Pittsburgh,
ha temuto il peggio alla prima prova: “E’
stata un disastro. Orribili. Forse per il
jet lag, eravamo stanchi… e invece man
mano che siamo andati avanti con le
prove è uscita una musica grande. Qui
comunque ci sono dei fantastici pro-
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SPETTACOLI
fessionisti”. E’ ammirato dal gesto di
Gergiev Ilya Konovalov, violino dell’Orchestra
di Israele: “E’ un direttore
sensibile e sa cosa vuole”. Bella, con
una chioma rossa, Susanne Beer è uno
dei violincelli, rubata alla London
Philharmonic Orchestra: “Dobbiamo
adattarci velocemente l’uno all’altro
strando molto attenti ai suoni. Non c’è
posto per primedonne”.
Quando né l’inglese né l’esperanto
musicale bastano a intendersi, Gergiev
attinge alla mimica: irrigidito, come se
fosse diventato una statua di pietra, simula
i passi di un gigante, “bum, bum,
bum”, e l’escamotage serve per far capire
un passaggio cupo di Prokofiev.
Fa impressione veder dirigere Valery
Gergiev, per l’energia, l’irruenza,
il perfezionismo coi quali il maestro lavora
sulle note. Fa impressione perché
MECENATI MADE IN ITALY
Gergiev consegna le borse
di studio Zegna. A destra,
Giovanni Schneider, Gildo
e Anna Zegna con il maestro russo.
si guarda Gergiev e si pensa a Pietro il
Grande. Ci diciamo che il bizzarro,
trecentenario gioco di specchi fra questo
direttore con la faccia da combattente
del nord e lo zar che portò la Russia
in Europa è “colpa” di San Pietroburgo,
intrisa com’è di storia e incline a
far vagare la mente nei suoi spazi dilatati
(la poesia e la letterattura russa hanno
qui i natali, Gogol, Puskin, Dostoevskij,
Achmatova…). Ma tant’è.
La Russia (o meglio, il mito della Grande
Russia) domina la vita di entrambi.
Gergiev potrebbe girare il mondo,
di teatro in teatro, acclamato e richiesto
com’è ovunque. Invece sta a San
Pietroburgo: quando nell’88 as-sunse la
direzione del Mariinsky, il teatro
era un’istituzione paludata, avevaripreso
il suo nome da giovane rinnegando
quello socialista, Kirov, ma il
cambio non era stato sufficiente a dargli
nuova vita. Al Mariinsky sono nate
le opere di Musorgskij, Korsakow e molti
altri, la danza moderna di Balanchine
e prima ancora quella di Diaghilev;
sono uscite étoile come Baryshnikov e
Nureyev e molti compositori l’hanno
scelto come sede per i loro debutti, Verdi
compreso che vi fece la prima de La
forza del destino. Poi routine e fama
passata. Finché arrivò Gergiev: decisionista,
accentratore, profondamente
russo, disposto a moltiplicare i suoi ruoli
pur di raggiungere lo scopo.
Se Pietro il Grande si rimboccava le
maniche e lavorava da carpentiere per
accelerare i lavori di costruzione, Gergiev
ha inventato la nuova figura del
direttore d’orchestra, musicista e manager.
Gergiev non ha camerino, ha
uno studio, e sul tavolo impilate, mischiate
fra loro,
partiture e cartelline
contabili. “Manager
io? No, organizzatore”.
Coltiva
amicizie coi potenti,
quella con Vladimr
Putin data la
loro gioventù, fatto
sta che al Mariinsky
sono arrivati
130 milioni di dollari
per il restauro.
“Il denaro va dove
c’è la qualità” è
l’opinione del direttore
multiteste,
che fra i suo
estimatori conta an-
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che il supermecenete Alberto Vilar,
che ha finanziato il nuovo Guerra e pace
del teatro.
Pietro pensò alla Russia come Europa,
Gergiev come mondo. Ma sempre
Grande Russia: da quando è arrivato
al Mariinsky ha dilatato il repertorio
russo, valorizzando Prokoviev, Rachmaninov,
Musorgskij, Stravinsky. “Il 60
per cento del mio lavoro è dedicato ai
compositori nazionali. Ma dirigo anche
Mozart, Wagner, Verdi… Per
esempio, inaugurerò il prossimo Festival
di Salisburgo con Berlioz. C’è
uno spettacolo quasi ogni sera, fra
opera, balletto e filarmonica. Poi ci sono
le tournée. E da maggio ad agosto,
il Festival delle Notti bianche calamita
artisti di molte nazionalità, da Mehta
a Levine”. Ogni anno, il teatro garantisce
300 recite, Gergiev trascorre al
Mariinsky quasi 250 giorni, gli altri
sono destinati al resto del mondo, New
York in testa, dove è direttore ospite
del Metropolitan, carica inventata per
ORGANIZZATRICE
Al centro, Valerie
Solti, moglie
di Georg Solti,
fondatore
dell’Orchestra
per la pace;
a destra,
Anna Zegna.
268 Panorama
lui, pur di averlo.
Georgiev, rilanciando l’ex Kirov, ha
oscurato il Bolscioi, come 300 anni fa
Pietroburgo mise in ombra Mosca. I
suoi “sudditi” sono 2 mila, tanti i dipendenti
del Mariinsky. Per costruire
la sua città europea Pietro ne sacrificò
100 mila, morti per fame, freddo, fatica
e crolli. Pietro volle San Pietroburgo
sfidando la natura (freddo e paludi),
la corte russa (ostile alla costruzione
dell’anti-Mosca), le energie a disposizione
dell’impero (nuove tasse e
migliaia di uomini deportati sulla Neva
per costruire Venezia del Nord).
Gergiev sta sfidando le gelosie interne
perché il Mariinsky sta diventando
“troppo importante”.
Incapaci di star fermi entrambi, mai
stanchi, forze della natura: Gergiev dorme
cinque ore per notte, a 50 anni
suonati ha una moglie di 22 con la quale
ha fatto tre figli in cinque anni. Il futuro
imperatore chiamò artisti e architetti
italiani, Pietroburgo porta la firma
di Francesco Rrasterlli, Pietro Trezzini,
Carlo Rossi. Dall’86 Gergiev si è legato
alal famiglia Zegna, mecenati di statura
internazionale come lo è il loro
marchio (la Ermenegildo Zegna è leader
della moda lusso uomo): “Abbiamo
istituito borse di studio per giovani
artisti, sosteniamo il Mariinsky e abbiamo
finanziato il Concerto per la pace”
spiega Gildo Zegna, amministratore
delegato del gruppo.
Nei progetti futuri di Gergiev l’italia
figura con tre appuntamenti sicuri: il
maestro caucasico sarà a luglio al Festival
di Ravenna con il Boris Godunov,
nel 2004 dirigerà la Filarmonica della
Scala e si dovrà aspettare il 2005 per
un’opera nel teatro milanese.
“Mi sembra ieri che mi definivano
“il giovane direttore russo”” scherza “e
invece eccomi al Mariinsky con
l’Orchestra per la pace. E’ molto importante
aver linfa straniera: per un
concerto-evento, come per Le Notti
bianche”.
Si avrebbe voglia di rispondergli
quanto la sua apparizione sulla scena
musicale sia stata linfa per milioni di
spettatori, quanto sia stato scioccante e
magico trovarsi di fronte alla sua irruenza
espressiva, alla cupezza interpretativa,
al gesto direttoriale spesso a
mani nude, ai salti sul podio; quanto insomma
Gergiev faccia storia a sé (dividendo
talvolta gli esperti) e sia l’alternativa
stilistica al modo di far sentir musica,
altrettanto prezioso, di un Muti, un
Mehta, un Abbado. Ma suona il telefono,
la segretaria incalza. E il direttoremanager
deve andare.