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stesso al risarcimento del danno. Sul punto, di recente la Cassazione, con riferimento alla vicenda di una donna che aveva dato alla luce una bimba gravemente malformata nonostante una diagnosi di normalità del feto, e che, nel caso in cui fosse stata messa al corrente di tali malformazioni, avrebbe richiesto l’interruzione, ha evidenziato la “mancata informazione rivelatasi impeditiva della facoltà, per la gestante, di interrompere la propria gravidanza”, e, pertanto, l’obbligo in capo al medico di provvedere al risarcimento del danno lamentato e provato subito dai genitori per la “nascita indesiderata della figlia” (Cass. Civ, Sez.III, n. 15386 del 13 luglio 2011). Inoltre, sempre con riferimento all’omesso dovere informativo, la Cassazione ha ritenuto che il danno alla salute subito dalla donna derivato dalla mancata informazione sia risarcibile anche nei confronti del marito: se, infatti, è certo che il padre non abbia alcun titolo per intervenire nella decisione della gestante di interrompere o meno la gravidanza, d’altro canto, il padre del nascituro ha diritto a vedere risarcito il danno subito a causa del danno alla salute riportato dalla moglie per la mancata interruzione (cd. “danno riflesso”) (“Se per il mancato legittimo esercizio del diritto di interruzione della gravidanza da parte della donna, la stessa abbia subito un danno grave alla salute, è ipotizzabile un danno anche biologico, sotto il profilo del danno riflesso, del marito”, Cass.civ., Sez. III, n. 12195 dell’1 dicembre 1998). Una ipotesi peculiare di risarcimento in favore dei genitori è stata prevista dalla giurisprudenza, con riguardo alla nascita indesiderata di un figlio sano. In tali fattispecie, la donna si sottoponeva ad un intervento interruttivo di gravidanza; tuttavia, successivamente accertava di essere in stato di gravidanza e partoriva una bambina perfettamente sana. La donna adiva in giudizio l’Azienda Ospedaliera rilevando che la gravidanza indesiderata le aveva causato un grave pregiudizio alla salute psico-fisica ed un danno economico, assumendo essere stato violato il diritto ad autodeterminarsi in ordine all’interruzione di gravidanza. In tali ipotesi, i giudici di merito hanno fatto propri orientamenti giurisprudenziali diversi. Mentre il Tribunale di Bari (cfr. Sentenza n. 3032 del 13.10.2009) ha ritenuto che l’unico danno risarcibile fosse il danno alla salute patito dalla donna e provato in conseguenza della nascita del figlio, la Corte di Appello di Venezia (Sentenza del 23 luglio 1990) ha evidenziato come una maternità indesiderata comporti, tenuto conto della situazione economica della donna, un’oggettiva difficoltà economica e che pertanto vada risarcito anche il danno patrimoniale rappresentato dall’onere del mantenimento del figlio sino al raggiungimento dell’autosufficienza economica. Tale ultima interpretazione sembrerebbe essere più aderente allo spirito della Legge 194, atteso che l’art. 4 di tale legge, al fine di autorizzare l’interruzione di gravidanza, prende in considerazione anche le condizioni economiche della donna, come possibile causa determinante il pericolo alla sua salute 90

fisica e psichica, con la conseguenza che la mancata interruzione della gravidanza potrebbe costituire un pregiudizio economico. Da ultimo, la giurisprudenza ha escluso che al nascituro spetti un “diritto a non nascere” rivendicato da un nato con gravi malformazioni. Infatti, se è vero che il nostro ordinamento tutela l’embrione fin dal concepimento e che può riconoscersi “un diritto a nascere sani”, d’altra parte ciò ha una valenza solo positiva e non negativa. Ciò significa che nessuno può provocare al nascituro lesioni o malattie e che l’ordinamento deve predisporre le necessarie strutture di tutela, di cura e di assistenza della maternità al fine di garantire una nascita sana. Non significa, invece, che il feto che presenti gravi anomalie “non deve essere lasciato nascere” (Cass.civile, Sez. III, n. 14488 del 24 giugno 2004). 91

fisica e psichica, con la conseguenza che la mancata interruzione della gravidanza potrebbe<br />

costituire un pregiudizio economico.<br />

Da ultimo, la giurisprudenza ha escluso che al nascituro spetti un “diritto a non nascere” rivendicato<br />

da un nato con gravi malformazioni. Infatti, se è vero che il nostro ordinamento tutela l’embrione<br />

fin dal concepimento e che può riconoscersi “un diritto a nascere sani”, d’altra parte ciò ha una<br />

valenza solo positiva e non negativa. Ciò significa che nessuno può provocare al nascituro lesioni o<br />

malattie e che l’ordinamento deve predisporre le necessarie strutture di tutela, di cura e di assistenza<br />

della maternità al fine di garantire una nascita sana. Non significa, invece, che il feto che presenti<br />

gravi anomalie “non deve essere lasciato nascere” (Cass.civile, Sez. III, n. 14488 del 24 giugno<br />

2004).<br />

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