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Medicina Preventiva Riabilitativa e Sociale Prof. Fabrizio Iecher ...

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Decisamente più rigorosa è la normativa nel caso in cui la richiesta di interruzione intervenga dopo i<br />

primi tre mesi.<br />

L’art. 6 della Legge 194 stabilisce che l’interruzione volontaria di gravidanza dopo i primi novanta<br />

giorni dal concepimento, può essere praticata se ricorre uno dei seguenti casi: a) quando la<br />

gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; b) quando siano accertati<br />

i processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che<br />

determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.<br />

Le ipotesi di aborto, dopo il primo trimestre (c.d. “aborto terapeutico”), hanno il fine di tutelare la<br />

donna dal rischio di un grave pericolo per la vita stessa della donna (mentre, si ricorda, l’aborto<br />

entro i primi novanta giorni è ammesso a tutela dello stato di benessere fisico e psichico della<br />

donna). Inoltre, con riferimento all’ipotesi di cui alla lettera b) ovvero l’esistenza di processi<br />

patologici relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, non è sufficiente la semplice<br />

previsione di malformazione (come invece richiesto dall’interruzione entro i primi novanta giorni),<br />

ma è necessario un accertamento rigoroso e attuale della malformazione. In ogni caso il fondamento<br />

normativo per l’evento interruttivo dopo i primi tre mesi è rappresentato da un pericolo patologico<br />

alla salute della donna.<br />

Dalla citata normativa, si evince come sia consentito il sacrificio del concepito, al fine di tutelare il<br />

preminente interesse della salute della donna.<br />

Ciò spiega la ragione per cui l’art. 7 della Legge 194 consenta l’interruzione della gravidanza anche<br />

senza lo svolgimento delle procedure previste ed al di fuori delle sedi autorizzate, nel caso in cui vi<br />

sia un imminente pericolo per la vita della donna.<br />

d) Minori di età e donne interdette<br />

Come già precisato, nel corso dell’incontro con la donna, il medico dovrà accertarne la maggiore<br />

età. In caso contrario, infatti, atteso che l’interruzione volontaria di gravidanza rappresenta un atto<br />

di disposizione del proprio corpo (ex art. 5 del codice civile) per il quale è quindi richiesta la<br />

maggiore età, il Legislatore, prevede un’apposita procedura.<br />

In particolare, l’art. 12 della Legge 194 prevede che se la donna che richiede l’interruzione di<br />

gravidanza è minore di diciotto anni, sia richiesto l’assenso di chi esercita sulla donna la potestà o la<br />

tutela: non è sufficiente l’assenso di uno solo dei due genitori, ma è necessario quello di entrambi.<br />

Per tale ragione, al fine di evitare che un eventuale disaccordo dei genitori e tra i genitori possa<br />

“paralizzare” la possibilità per la minore di ricorrere all’aborto, o, ancora, se la stessa minore ritiene<br />

di non volerne informare i genitori per motivate ragioni, è previsto che, nei primi novanta giorni,<br />

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