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Costituzionale, il Presidente della Repubblica aveva fissato con D.P.R. la consultazione referendaria che, tuttavia, non si tenne per l’anticipato scioglimento delle Camere. Tuttavia, seppure il corpo elettorale non ebbe modo di pronunciarsi al riguardo, il “terreno” per la regolamentazione dell’interruzione volontaria di gravidanza è stato preparato dalla Legge n. 405 del 29.07.1975 con cui sono stati istituiti i consultori familiari. In particolare, l’art. 1 di tale legge individua e riassume le finalità per cui i consultori sono stati istituiti ovvero: a) l’assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità ed alla paternità responsabile e per i problemi della coppia e della famiglia; b) la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte dalla coppia e dal singolo in ordine alla procreazione responsabile nel rispetto delle convinzioni etiche e dell’integrità fisica; c) la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento; d) la divulgazione delle informazioni idonee a promuovere ovvero a prevenire la gravidanza, consigliando i metodi e i farmaci adatti a ciascun caso. Da ultimo, un’importante “spinta” ad una modifica della normativa in materia di aborto, è rappresentata dalla Sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 18 febbraio 1975. Con tale pronuncia, il Giudice di legittimità delle leggi, se per un verso ha rilevato che la tutela del concepito trova un proprio fondamento costituzionale, d’altro canto ha ammesso il ricorso all’interruzione di gravidanza nel caso in cui, dalla prosecuzione della stessa, possa derivarne un grave danno alla salute della donna. In particolare, con la richiamata Sentenza, la Corte costituzionale aveva dichiarato la parziale illegittimità costituzionale dell’art. 546 c.p. (aborto di donna consenziente) nella parte in cui non prevedeva che la gravidanza potesse essere interrotta qualora l’ulteriore gestazione “implichi danno o pericolo grave, medicalmente accertato … e non altrimenti evitabile, per la salute della madre”. Per la prima volta, dunque, viene introdotta, per il tramite dell’intervento della Corte, una eccezione al diritto alla vita del concepito: tale diritto può trovare infatti un limite allorché sia messa a repentaglio la vita o la salute della madre. La disciplina normativa vigente dal 1978 In questo contesto sociale e politico ed al fine di addivenire ad un equilibrato bilanciamento dei diversi e primari interessi che si confrontano (diritto ala vita del concepito e tutela della salute e della vita della donna) il Parlamento ha approvato le Legge contenente “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza” (Legge n. 194 del 22 maggio 1978). Tale normativa, che ha abrogato l’intero titolo X del libro II del codice penale (ovvero la normativa relativa ai reati d’aborto sopra specificati), ha il merito di aver tentato, attraverso una non facile 82

mediazione, la contestuale garanzia di due diritti in conflitto: da una parte il diritto del concepito a vedere la luce e, dall’altro, il diritto della madre alla vita ed alla salute, nonché il diritto di quest’ultima di autogestire la propria vita. Tuttavia, quest’ultima tutela (autogestione della donna), seppur rappresentasse uno dei motivi principali che hanno spinto il Parlamento alla regolamentazione dell’aborto, nel testo normativo approvato non viene mai richiamata espressamente. Come verrà messo in luce, infatti, la suddetta normativa è stata strutturata in modo che l’interruzione di gravidanza rappresenti uno strumento a tutela della salute della donna e non una libera scelta della stessa determinata da ragioni di diverso ordine (quali motivi di natura economica, familiare, …). Verranno di seguito messi in luce i profili principali della normativa in esame (principi generali; interruzione di gravidanza entro i primi novanta giorni; interruzione di gravidanza dopo i primi novanta giorni ed interruzione di gravidanza “urgente”; minori di età ed interdette; dovere del medico ed obiezione di coscienza; aborto illegale). a) Principi generali Già dalla lettura degli artt. 1 e 2 si comprende, infatti, come particolare attenzione venga posta dal Legislatore alla tutela della maternità. La legge 194/1978 si apre infatti con una sorta di “prologo” che riassume i principi ispiratori della disciplina. In particolare, l’art. 1 precisa che “Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la via umana sin dal suo inizio”. Viene inoltre affermata la contrarietà giuridica all’aborto come mezzo di controllo delle nascite (“L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite”). Viene altresì richiamata all’art. 2 la disciplina in materia di consultori, approvata qualche anno prima con la legge n. 405/1975. Ai consultori, nati come servizio di assistenza alla famiglia ed alla maternità, viene infatti affidata dalla legge 194 una particolare funzione di assistenza della donna in stato di gravidanza. Tale assistenza si esplica sotto due forme: in primis, attraverso la fornitura alla donna delle informazioni relative ai diritti a lei spettanti, ai servizi sociali e sanitari offerti dalle strutture che operano nel territorio, nonché alle modalità idonee ad ottenere il rispetto delle norme in materia di legislazione sul lavoro a tutela della gestante. Inoltre, compito del consultorio è anche quello di contribuire “…a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza”. 83

mediazione, la contestuale garanzia di due diritti in conflitto: da una parte il diritto del concepito a<br />

vedere la luce e, dall’altro, il diritto della madre alla vita ed alla salute, nonché il diritto di<br />

quest’ultima di autogestire la propria vita. Tuttavia, quest’ultima tutela (autogestione della donna),<br />

seppur rappresentasse uno dei motivi principali che hanno spinto il Parlamento alla<br />

regolamentazione dell’aborto, nel testo normativo approvato non viene mai richiamata<br />

espressamente. Come verrà messo in luce, infatti, la suddetta normativa è stata strutturata in modo<br />

che l’interruzione di gravidanza rappresenti uno strumento a tutela della salute della donna e non<br />

una libera scelta della stessa determinata da ragioni di diverso ordine (quali motivi di natura<br />

economica, familiare, …).<br />

Verranno di seguito messi in luce i profili principali della normativa in esame (principi generali;<br />

interruzione di gravidanza entro i primi novanta giorni; interruzione di gravidanza dopo i primi<br />

novanta giorni ed interruzione di gravidanza “urgente”; minori di età ed interdette; dovere del<br />

medico ed obiezione di coscienza; aborto illegale).<br />

a) Principi generali<br />

Già dalla lettura degli artt. 1 e 2 si comprende, infatti, come particolare attenzione venga posta dal<br />

Legislatore alla tutela della maternità.<br />

La legge 194/1978 si apre infatti con una sorta di “prologo” che riassume i principi ispiratori della<br />

disciplina. In particolare, l’art. 1 precisa che “Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione<br />

cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la via umana sin dal<br />

suo inizio”. Viene inoltre affermata la contrarietà giuridica all’aborto come mezzo di controllo delle<br />

nascite (“L’interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il<br />

controllo delle nascite”).<br />

Viene altresì richiamata all’art. 2 la disciplina in materia di consultori, approvata qualche anno<br />

prima con la legge n. 405/1975. Ai consultori, nati come servizio di assistenza alla famiglia ed alla<br />

maternità, viene infatti affidata dalla legge 194 una particolare funzione di assistenza della donna in<br />

stato di gravidanza. Tale assistenza si esplica sotto due forme: in primis, attraverso la fornitura alla<br />

donna delle informazioni relative ai diritti a lei spettanti, ai servizi sociali e sanitari offerti dalle<br />

strutture che operano nel territorio, nonché alle modalità idonee ad ottenere il rispetto delle norme<br />

in materia di legislazione sul lavoro a tutela della gestante. Inoltre, compito del consultorio è anche<br />

quello di contribuire “…a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione<br />

della gravidanza”.<br />

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