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Introduzione generale alla dinastia Yuan 元 - Studium

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<strong>Introduzione</strong> <strong>generale</strong><br />

<strong>alla</strong> <strong>dinastia</strong> <strong>Yuan</strong> <br />

Testi tratti e riadattati principalmente da:<br />

- Dispense di Storia della Cina (Di Lieto A.)<br />

- Italia e Cina (Bertuccioli G. - Masini F.)<br />

- Storia della Cina (Roberts J.A.G.)<br />

- L’altro Milione (Fucecchi A.)


I Mongoli in Cina<br />

• Area di provenienza: steppe a nord della<br />

Cina<br />

• Organizzati in tribù divise per famiglie,<br />

unite da legami di sangue<br />

• Pastori nomadi


Genghis<br />

Khan<br />

Ghenghis Khan (1162-1227), il cui<br />

appellativo significava 'leader universale'.<br />

Ghenghis aveva conquistato parte del<br />

nord della Cina nel 1215, dopo aver già<br />

unito le varie tribù nomadi della steppa.<br />

Aveva suddiviso il suo impero in quattro<br />

regni, ciascuno governato e ampliato da<br />

uno dei suoi quattro figli (Djuci, Djagatai,<br />

Ögödei e Tolui) con le rispettive mogli.


Mappa diacronica dell’estensione<br />

dell’impero mongolo


La Dinastia <strong>Yuan</strong> (1279-1368)<br />

Uno dei nipoti di Ghenghis, Kublai Khan (che regnò dal 1260-1294, figlio<br />

secondogenito di Tolui), ereditò dal padre il gran khanato orientale. Completò la<br />

conquista della Cina, sconfiggendo i Song meridionali nel 1279. Regnò come<br />

imperatore, dando <strong>alla</strong> sua <strong>dinastia</strong> un nome cinese, <strong>Yuan</strong>, che significa 'origine'.<br />

Egli trasferì la capitale a Dadu (Khanbalik, o Qanbaliq, odierna Pechino), spostando<br />

il focus centrale dell'impero lontano dall'Asia centrale.


La Dinastia <strong>Yuan</strong> (1279-1368)<br />

Sotto i mongoli, l'élite al potere era formata da ufficiali militari, piuttosto che da<br />

letterati-funzionari delle dinastie precedenti. Ma la burocrazia era ancora necessaria<br />

per amministrare il paese. Ma molti letterati-funzionari preferirono ritirarsi dagli<br />

incarichi, piuttosto che asservirsi ad un governo straniero. Questi yi-min, o "quelli<br />

rimasti", si sono dedicati <strong>alla</strong> pittura e altri studi letterari.<br />

La <strong>dinastia</strong> <strong>Yuan</strong> riprese la struttura amministrativa dei Tang e dei Song, anche se<br />

l’influenza della tradizione mongola fu notevole.<br />

Il vertice dell’amministrazione fu costituito d<strong>alla</strong> Segreteria, dal Consiglio militare e<br />

dal Censorato. D<strong>alla</strong> Segreteria, a capo della quale vi era il principe ereditario,<br />

dipendevano i sei ministeri, divisi nei tre ministeri della sinistra e tre ministeri della<br />

destra.<br />

D<strong>alla</strong> segreteria dipendevano anche tutta una serie di uffici che si occupavano<br />

dell’amministrazione dello stato a livello locale. La politica amministrativa dei<br />

mongoli continuò ad essere ostacolata, durante tutto il periodo della loro presenza<br />

in Cina, dai letterati cinesi, malgrado le iniziative imperiali volte ad ottenerne il<br />

favore e mentre alcuni accettarono di collaborare con i nuovi dominatori, molti<br />

furono i confuciani che si ritirarono a vita privata in segno di protesta.


Gli abitanti dell’impero furono divisi in quattro gruppi:<br />

La classe dominante era costituita dai mongoli divisi in<br />

aristocrazia militare e il resto della popolazione;<br />

quindi, vi erano i semuren che erano i loro alleati, originari<br />

dell’Asia centrale e occidentale, per lo più turchi, ma anche persiani,<br />

siriani, uiguri, tanguti, tibetani, russi ed europei. Di questo gruppo fece<br />

parte anche Marco Polo.<br />

Vi erano poi gli hanren , che comprendevano tutti gli abitanti della<br />

Cina settentrionale e cioè cinesi, qidan, nuzhen e coreani.<br />

Infine, i manzu , con cui venivano identificati gli abitanti della Cina<br />

del sud.<br />

All’ultimo gradino della scala sociale troviamo gli schiavi, la cui condizione<br />

era ereditaria e risaliva al primo periodo della conquista mongola. Fu<br />

vietato il matrimonio tra membri di diverse categorie e ai cinesi fu vietato<br />

l’apprendimento della lingua mongola e l’uso delle armi.


La Dinastia <strong>Yuan</strong> (1279-1368)<br />

Appena salito sul trono, Qubilay prese a proteggere i templi confuciani e ordinò<br />

l’immediata ripresa del culto statale di Confucio e in seguito esentò dalle imposte i<br />

letterati confuciani, ma non riuscì ad ottenere l’appoggio degli intellettuali della<br />

Cina del Sud.<br />

Il sistema degli esami che era stato interrotto al nord nel 1237 e al sud nel 1274,<br />

fu ripreso in modo regolare soltanto nel 1315, ma agli intellettuali del sud veniva<br />

assegnato un testo molto più difficile di quello scelto per gli altri e inoltre essi<br />

potevano aspirare solo ad un quarto dei posti disponibili e i letterati confuciani solo<br />

raramente raggiunsero le cariche elevate.<br />

La resistenza opposta d<strong>alla</strong> classe degli intellettuali era anche dovuta al fatto che i<br />

conquistatori accoglievano e proteggevano le religioni straniere più dello stesso<br />

confucianesimo, nonostante Qubilay avesse fatto tradurre in mongolo i canoni<br />

confuciani.<br />

Molti mongoli avevano abbracciato l’islamismo in Persia e il nestorianesimo in Asia<br />

Centrale. In Cina essi seguirono una politica di tolleranza religiosa. Si assistette in<br />

questo periodo al rifiorire del buddhismo chan, oltre che all’introduzione di nuove<br />

religioni quali l’islamismo e il cristianesimo.


La cosiddetta pax mongolica inaugurò anche in Cina un periodo di attività commerciali<br />

e di relativa prosperità agevolato non soltanto dal ristabilirsi dell’ordine e d<strong>alla</strong> ripresa<br />

dei lavori pubblici, ma anche da contatti commerciali su vasta scala con il resto dell’Asia.<br />

Nel commercio con l’estero i mercanti cinesi furono però coinvolti solo in minima parte.


La letteratura della <strong>dinastia</strong> <strong>Yuan</strong><br />

La letteratura cinese non subì influssi diretti dall’occupazione<br />

mongola ma ben presto si delinearono sviluppi che senza una<br />

dominazione straniera non sarebbero forse maturati.<br />

I letterati integrati nell’amministrazione avevano perduto la loro<br />

importanza politica e le sole capacità letterarie non aprivano più ad<br />

una carriera di prestigio come avveniva in passato per cui si<br />

dedicarono <strong>alla</strong> stesura di romanzi, il cui autore era spesso<br />

anonimo in quanto il romanzo non era ritenuto una forma letteraria<br />

elevata, o si dedicarono <strong>alla</strong> ristesura dei racconti tramandati dai<br />

cantastorie e che trattavano argomenti storici o storie<br />

d’amore e d’avventura.<br />

Accanto al romanzo, durante il periodo mongolo, si ebbe anche il<br />

fiorire del teatro.


La letteratura della <strong>dinastia</strong> <strong>Yuan</strong><br />

Entrambe queste due nuove forme letterarie sono da mettere in<br />

relazione all’uso via via crescente del dialetto scritto (baihua )<br />

al posto della lingua letteraria tradizionale wenyan .<br />

Sia nel teatro che nel romanzo si adottò una forma scritta più<br />

vicina al linguaggio quotidiano al fine di raggiungere un<br />

pubblico più vasto.<br />

Per la stessa ragione l’amministrazione <strong>Yuan</strong> fece uso nei<br />

documenti ufficiali di uno stile più dialettale in modo da<br />

renderli più comprensibili ai funzionari privi di un’educazione cinese<br />

classica.


La letteratura della <strong>dinastia</strong> <strong>Yuan</strong><br />

Il teatro cinese diffusosi fin dal VII secolo, conobbe una grande<br />

fioritura nel periodo <strong>Yuan</strong>. Nelle grandi città cinesi c’erano ampi<br />

quartieri destinati al divertimento. Vi si trovavano acrobati,<br />

funamboli, illusionisti e mangiatori di spade. C’erano combattimenti<br />

tra cani e orsi, circhi delle pulci e maghi. Non mancavano, inoltre,<br />

spettacoli di burattini, marionette e il teatro delle ombre.<br />

Uno dei personaggi principali del mondo dello spettacolo di questo<br />

periodo era sicuramente il cantastorie professionale che poteva<br />

essere specializzato in racconti storici biografie di santi buddhisti e<br />

degli immortali taoisti, storie d’amore o di delitti.<br />

Sebbene attori e attrici professionali talvolta arrivassero<br />

guadagnare cifre notevoli, erano comunque ritenuti di bassa<br />

condizione sociale. E, per questo motivo, rappresentavano<br />

uno dei gruppi esclusi d<strong>alla</strong> possibilità di sostenere gli esami<br />

statali.


La letteratura della <strong>dinastia</strong> <strong>Yuan</strong><br />

La commedia che apparve a metà del tredicesimo secolo nel nord della<br />

Cina viene definita zaju (rappresentazione varia, appunto) e deve la<br />

sua creazione a Guan Hanqing .<br />

Le tematiche trattate nelle commedie sono moltissime grazie alle varianti<br />

che venivano di volta in volta aggiunte ad una determinata trama.<br />

In <strong>generale</strong> abbiamo quattro grandi filoni da cui poi si sviluppano tutta<br />

una serie di opere di cui ce ne sono giunte meno di 200.<br />

Le commedie storiche, in cui venivano trattati gli eventi di corte o gli<br />

episodi di guerra. Un altro filone è quello delle commedie d’amore.<br />

Abbiamo quindi il filone poliziesco in cui l’incorruttibile giudice Bao<br />

(personaggio realmente esistito nellla prima metà dell’XI secolo) indaga su<br />

un crimine per poi emettere una giusta sentenza.<br />

E, infine, vi sono i racconti a sfondo religioso in cui il personaggio<br />

principale, dopo una vita dissoluta, scopre la via della salvezza sotto la<br />

guida di un maestro.


La letteratura della <strong>dinastia</strong> <strong>Yuan</strong><br />

Al sud si sviluppò invece lo xiwen o nanqu(teatro<br />

meridionale) in cui le opere rappresentate erano molto più lunghe rispetto<br />

al genere zaju.<br />

La trama è di solito incentrata su una storia d’amore, in cui gli amanti si<br />

incontrano, vengono divisi dagli eventi della vita e <strong>alla</strong> fine si riuniscono<br />

secondo il classico schema del lieto fine.<br />

Al contrario dello zaju, dove cantava solo<br />

l’attore principale, nello xiwen i<br />

passaggi cantati sono interpretati da<br />

più personaggi.<br />

Inoltre, lo xiwen si apriva sempre con una<br />

scena stereotipata in cui veniva fornito<br />

un riassunto dell'opera che doveva essere<br />

rappresentata.


La letteratura della <strong>dinastia</strong> <strong>Yuan</strong><br />

Oltre allo sviluppo del teatro, la <strong>dinastia</strong> <strong>Yuan</strong> vide<br />

l’affermazione del genere poetico sanqu , costituito da<br />

versi cantati su determinate arie. Tali canzoni potevano essere<br />

singole o costituite da sequenze di canzoni e a differenza degli<br />

ci che erano caratterizzati dall'allusione, i sanqu attraverso una<br />

maggiore attenzione <strong>alla</strong> descrizione erano sicuramente più<br />

realistici.<br />

Come per lo ci anche per questi versi il tema preferito resta<br />

quello amoroso, ma con qualche variazione rispetto allo ci.<br />

In quest’ultimo si parla di desiderio inappagato, di amore<br />

perduto, mentre nel sanqu, vengono descritte le gioie<br />

dell'amore, il fascino delle cortigiane o l'avarizia delle mezzane.<br />

A tale descrizione piuttosto realistica dei temi trattati, contribuì<br />

anche l'uso della lingua, sempre meno artificiosa e più<br />

vicina a quella parlata.


Dinastia <strong>Yuan</strong>: primo incontro<br />

tra Cina e Occidente


La “Via della seta”<br />

Il nome della strada che ha collegato faticosamente e avventurosamente la Cina e<br />

l'Europa per diversi secoli è un nome moderno. Infatti l'espressione "Via della Seta"<br />

non compare assolutamente nei racconti medievali e neppure nei racconti<br />

dell'antichità. All'epoca di Marco Polo il percorso tornato sicuro e percorribile<br />

grazie <strong>alla</strong> pax mongolica dal Mar Nero fino al Pacifico si trasforma in via delle<br />

spezie, del tè e della porcellana. Partendo da Singan-fu e poi da Pechino, la strada<br />

attraversava la Porta di Giada, aggirava il deserto del Turkestan con diversi percorsi<br />

che si ricongiungevano a Samarcanda; attraverso l'altopiano iraniano e l'Asia Minore<br />

giungeva in Occidente, a Costantinopoli e al Mediterraneo.<br />

Nel corso dei secoli, a partire dal II sec. d.C., ha permesso i contatti tra Est<br />

e Ovest, spesso intermittenti a causa delle situazioni storiche che ne determinavano<br />

l'apertura o la chiusura. Sulla strada impervia e rischiosa hanno transitato<br />

missionari, mercanti, ma anche mondi culturali, universi religiosi, scoperte e idee.


Europei in Cina durante gli <strong>Yuan</strong><br />

Religiosi: I Pontefici, spaventati d<strong>alla</strong> ‘minaccia’ mongola, iniziarono ad inviare<br />

ambasciatori <strong>alla</strong> corte dei Khan col compito di cercare di conoscerne le<br />

intenzioni, di riferire sulla consistenza delle loro forze e sui costumi del loro<br />

popolo e infine di tentare addirittura di covertirli <strong>alla</strong> fede cristiana.<br />

Tutti francescani: Giovanni dal Pian del Carpine, Guglielmo da Rubruck<br />

(fiammingo), Giovanni da Montecorvino, Andrea da Perugia, Odorico<br />

da Pordenone e Giovanni de' Marignolli.<br />

Mercanti: Marco Polo non fu il solo europeo a visitare la Cina, molti altri<br />

mercanti commerciavano con quel paese. Ma fu il solo mercante a narrare<br />

le sue esperienze. Non deve esser stato facile per i primi di essi effettuare il<br />

viaggio dall'Europa <strong>alla</strong> Cina, tutte le notizie che del viaggio si potevano<br />

appuntare, i mercanti si guardavano bene dal renderle note per non<br />

avvantaggiare i loro concorrenti e mai quindi avrebbero raccontato o<br />

lasciato raccontare da altri le loro esperienze. Nomi, quindi, null'altro che<br />

nomi o poco più e magari qualche data riferentesi al loro soggiorno in Cina:<br />

notizie che risultano da documenti, come atti di stato civile, procedure,<br />

testamenti, rinvenibili negli archivi di Venezia e soprattutto Genova, o che si<br />

deducono da citazioni fugaci. Questo è tutto quanto sappiamo sul conto di<br />

questi pionieri dei rapporti commerciali tra l'Italia e la Cina


Religiosi: perché?<br />

Nel 1242 i mongoli erano arrivati a<br />

poche miglia da Vienna e da un<br />

momento all'altro si attendeva che la<br />

loro cavalleria, concentrata nella<br />

pianura ungherese, sferrasse l'attacco<br />

contro l'Europa, quando<br />

improvvisamente, senza un apparente<br />

ragione, essa si ritirò nelle steppe<br />

donde era venuta, poiché nel dicembre<br />

del 1241 era morto il Gran Khan<br />

Ögödei e tutti i capi mongoli avevano<br />

dovuto far ritorno in patria per essere<br />

presenti <strong>alla</strong> nomina del suo<br />

successore. Il pericolo di un loro<br />

ritorno restava: anzi, l'invasione era<br />

attesa da un momento all'altro.<br />

Occorreva quindi cercare il modo<br />

per scongiurarla, magari inviando<br />

delle ambascerie al Gran Khan per<br />

invitarlo ad abbracciare la fede<br />

cattolica e a rinunciare ad<br />

attaccare l'Europa.


Giovanni da Pian del Carpine<br />

A capo di una di quelle ambascerie fu posto Giovanni. La sua missione si svolse<br />

all'insegna della paura.<br />

Giovanni fallì nel primo scopo della missione: il nuovo Khan non si convertì,<br />

e rispose con una lettera altezzosa dall'invito del pontefice.<br />

Il secondo scopo della missione: raccogliere notizie sui mongoli e riferirne<br />

in Europa, fu invece pienamente raggiunto da Giovanni, che nella sua Ystoria<br />

Mongalorum diede un esatto resoconto della vita e dei costumi di quel popolo.<br />

Giovanni aveva avuto modo di incontrare dei cinesi, probabilmente del Nord, quando<br />

ancora non tutta la Cina era stata sottomessa ai mongoli e egli li descrive<br />

benevolmente e con simpatia: "Sono miti e umani”, ma fa un po' di confusione tra<br />

Nestorianesimo, diffuso a quel tempo in Estremo Oriente, Confucianesimo e Taoismo,<br />

queste due dottrine più tipicamente cinesi. Scrive infatti:<br />

"possiedono il nuovo e il vecchio Testamento, hanno le vite dei padri e degli eremiti,<br />

edifici simili a chiese, dove essi pregano ... Venerano un unico Dio, ... onorano Gesù<br />

Cristo, credono nella vita eterna; ma accettano pochissimo il battesimo. Onorano le<br />

nostre scritture e le riveriscono, stimano i cristiani e fanno elemosine..."


Giovanni da Montecorvino e Andrea da Perugia<br />

Sia Giovanni da Montecorvino che Andrea da Perugia hanno scritto poco: solo<br />

alcune lettere, nelle quali si legge che il primo aveva appreso a parlare e a scrivere la<br />

lingua "tartarica", presumibilmente il mongolo, tanto da aver tradotto in essa tutto il<br />

Nuovo Testamento e il Libro dei Salmi.<br />

Ambedue, poveri fraticelli arrivati d<strong>alla</strong> lontana Europa, rimasero colpiti d<strong>alla</strong><br />

grandezza, potenza, opulenza e civiltà dell'impero mongolo e soprattutto dal<br />

trattamento veramente generoso riservato loro da quel lontano governo, sia come<br />

legati papali che come religiosi stranieri. Quel trattamento li poneva molto al di sopra<br />

della massa dei cinesi soggetti, costretti in condizioni di umiliante inferiorità e di<br />

cui essi sembrano non essersi resi conto.<br />

Osservazioni sullo stato religioso:<br />

"Da queste parti ci sono molte sette (religiose) di idolatri, di diverse fedi e ci sono<br />

molti religiosi di diverse sette e dai differenti abbigliamenti, i quali sono molto più<br />

austeri e osservanti dei religiosi latini”. (GdMon)<br />

"In questo vasto impero vi sono proprio genti di ogni nazione e di ogni setta. E'<br />

diffusa infatti tra loro la credenza - o piuttosto errore - che ciascuno si salva a<br />

seconda della sua setta. E noi possiamo predicare liberamente e sicuramente; ma<br />

nessun giudeo o saracino si converte; si battezzano molti idolatri, ma una volta<br />

battezzati non procedono rettamente sulla via della cristianità" (AdP)


Giovanni da montecorvino<br />

Lapide di Andrea da Perugia


Odorico da Pordenone<br />

Nessuna credenziale, nessun incarico ufficiale agevolarono il viaggio in Cina di<br />

Odorico da Pordenone. Egli lo effettuò a partire dal 1320 da solo, con i propri<br />

mezzi, e ciò ha del miracoloso, soprattutto se si considera ch'egli non esercitava la<br />

mercatura.<br />

Forse si appoggiò di volta in volta a mercanti cristiani, offrendo la sua opera come<br />

padre spirituale, forse lavorò a bordo come marinaio, dato che scelse la rotta del Sud,<br />

arrivando in Cina per via mare. Non è neppure da escludere che una missione<br />

l'avesse anche lui, ma segreta, per conto del suo ordine: di visitare le missioni in<br />

Cina e riferire al riguardo. Tutte le ipotesi possono essere avanzate a conferma<br />

comunque di una impresa eccezionale, che solo un uomo fornito di doti<br />

eccezionali poteva portare a termine.<br />

Nella sua Relatio Odorico si rivela attento ed esatto osservatore, più dello stesso<br />

Marco Polo, ed anche più leggibile dei suoi confratelli e ciò spiega la sua fortuna.<br />

Parla pochissimo del suo lavoro missionario, come se non se ne fosse occupato<br />

affatto. Rimase pochissimo a Pechino per tre anni, dal 1325 al 1328; quindi riprese la<br />

via del ritorno, passando questa volta per la terraferma.


Giovanni de’ Marignolli: il primo resoconto<br />

riscontrabile anche nelle fonti cinesi<br />

Nato a Firenze nel 1290 circa, ricevette da giovane l’abito francescano al<br />

convento di S.Croce e più tardi ottenne la cattedra di Teologia all’Università di<br />

Bologna. Non si sa nient’altro di lui fino a che papa Benedetto XII non lo mandò,<br />

insieme ad altri francescani, in missione nell’Impero cinese, nel 1339.<br />

È interessante leggere quanto Marignolli scrisse dell’ambasciata papale<br />

nella sua relazione, e confrontarlo con quel che ne scrissero i cinesi, sia<br />

privati scrittori nelle loro opere, sia storiografi di stato nella storia ufficiale della<br />

<strong>dinastia</strong> mongola.<br />

“Arrivammo a Khan-baliq, che è la sede principale dell'impero d'Oriente, della cui<br />

incredibile grandezza, dei cui abitanti e delle schiere dei soldati non si parlerà.<br />

Quando il Gran Khan vide i destrieri, i doni, le lettere del papa ed anche di re<br />

Roberto sigillate con l'oro, e noi, provò una grandissima gioia […] entrammo <strong>alla</strong><br />

presenza del Khan, che stava nella magnifica reggia, e finito di cantare gli<br />

impartii una piena benedizione che egli ricevette umilmente. […]” (GdMar)<br />

Insomma, un vero successo. …Sembrerebbe, a leggere le parole di Marignolli<br />

che il Khan, impressionato d<strong>alla</strong> grande croce, dalle lanterne, dall'incenso, dal<br />

canto stesse lì lì per convertirsi!


L’ambasceria di Giovanni de’ Marignolli nelle fonti cinesi<br />

Tutta la storia della Cina è segnata dagli sforzi compiuti dai cinesi per dotarsi di<br />

una cavalleria pari a quella dei loro avversari, che potevano mobilitare con<br />

facilità un gran numero di cavalieri, sovente montati su cavalli più veloci o più<br />

forti. Grossi e forti quelli degli abitanti delle regioni più occidentali ed erano<br />

proprio questi che i cinesi ammiravano di più.<br />

Tra i doni portati dall’ambasceria di Marignolli, vi era un cavallo napoletano,<br />

possente, che impressionò molto i mongoli e i cinesi di corte. Così ne scrive un<br />

funzionario cinese, Jie Xisi:<br />

Benché sia il Cielo a fare miracoli<br />

solo le stelle elargiscono i buoni cavalli.<br />

Ne è nato uno nell'Estremo Occidente:<br />

un destriero divino, difficile da descrivere a parole,<br />

che quelli là non hanno osato tenere per sé.<br />

Sono venuti fino a corte a dircelo, mediante molti<br />

interpreti […]<br />

L'imperatore andò a riceverli nel cortile anteriore,<br />

l'ambasciatore si inchinò e rivolgendosi a lui disse:<br />

"Lo stato tributario di Fulang,<br />

sito negli estremi confini dell'Oceano occidentale<br />

e convertito <strong>alla</strong> (Vostra) civiltà, presenta tributo<br />

e si affida quindi <strong>alla</strong> (Vostra) Santa Onniscenza".<br />

L'imperatore acconsentì benignamente,<br />

apprezzando tanta sincerità,<br />

e accolse (il cavallo) nella reggia<br />

per osservarlo con tutta tranquillità.<br />

…Sembrerebbe, a leggere le parole di Jie, che<br />

l’Europa, impressionata d<strong>alla</strong> magnificenza<br />

dell’impero mongolo, stesse lì lì per convertirsi!


Marco Polo<br />

Marco Polo nasce a Venezia nel 1254. Conobbe<br />

suo padre Niccolò e suo zio Matteo quando era<br />

già adolescente, poiché i due fratelli Polo erano<br />

partiti per l'Oriente molti anni prima.<br />

Sua madre morì quando Marco era ancora un<br />

bambino ed egli andò a vivere insieme a una<br />

famiglia di parenti, in attesa che suo padre<br />

Niccolò e suo zio Matteo facessero ritorno.<br />

Nel 1269, quando Marco aveva 15 anni,<br />

suo padre e suo zio tornarono a Venezia<br />

ma con l'impegno di ripartire per la Cina<br />

dove il Kublai Khan li attendeva con<br />

cento saggi occidentali che il Papa<br />

avrebbe dovuto inviare. Trascorsero un<br />

paio di anni e poiché il nuovo Pontefice<br />

tardava ad essere eletto, i fratelli Polo e<br />

il giovane Marco decisero di partire<br />

comunque per l'Oriente (1271).


Marco Polo<br />

Quali lingue conosceva Marco Polo?<br />

Difficile poter dare una risposta sicura. Si<br />

dice che "conosceva ben quattro lingue<br />

con rispettivi alfabeti e scritture". Quali<br />

lingue? Forse il persiano, l'arabo, il turco<br />

e il mongolo. Ma non il cinese che,<br />

peraltro, in quella Cina colonizzata dai<br />

Mongoli, gli stessi imperatori mongoli<br />

non conoscevano.<br />

Il viaggio dei tre e dei loro accompagnatori si<br />

rivelerà una vera odissea piena di avventure e<br />

lunga 24 anni, dal 1271 al 1295. D<strong>alla</strong><br />

partenza all'arrivo a Cambaluc (l'odierna Pechino)<br />

passarono ben 30 mesi. Marco rimase <strong>alla</strong><br />

corte del Kublai Khan 17 anni, svolgendo<br />

missioni e incarichi ufficiali. Poté così osservare<br />

da vicino luoghi e costumi di quelle popolazioni.


Marco Polo<br />

Mentre prendeva parte ad una battaglia navale tra<br />

Venezia e Genova, nell'isola di Curzola, sulla costa<br />

dalmata, fu fatto prigioniero dai genovesi il 7<br />

settembre 1298.<br />

All'interno del carcere incontrò Rustichello da Pisa al<br />

quale racconterà Le meraviglie del mondo, un libro<br />

che sarà poi chiamato Il Milione.<br />

Uscito dal carcere dopo la pace tra genovesi e<br />

veneziani del 1° luglio 1299, Marco Polo fece ritorno a<br />

Venezia dove visse ancora per molti anni dimenticato<br />

d<strong>alla</strong> gente, anche perché il suo libro non conobbe<br />

un'immediata fortuna.<br />

Morì a Venezia nel 1324, all'età di 70 anni. Di lui il<br />

geografo tedesco Alexander von Humboldt ha scritto<br />

che fu "il più grande esploratore terrestre di tutti i<br />

tempi e di tutti i paesi".<br />

Fino a oggi, da quando Iddio Signor Nostro plasmò colle sue mani il nostro primo padre<br />

Adamo, non ci fu mai nessuno, né cristiano, né pagano, né tartaro, né indiano, né d'altra<br />

razza che si voglia, che abbia conosciuto ed esplorato delle diverse parti del mondo, e delle<br />

sue grandi meraviglie, quanto ne esplorò e ne conobbe questo messer Marco.<br />

(Rustichello da Pisa, 1298)


Cosa sapevano i cinesi di noi?<br />

La Sicilia: prima regione d'Italia descritta da un autore cinese<br />

Cosa conoscevano i cinesi dell'Europa in genere e dell'Italia in particolare poco<br />

prima che la "pax mongolica" favorisse l'arrivo in Cina di mercanti e missionari<br />

dell'estremo occidente? Poco, a giudicare da quel che si legge nella Storia dei<br />

Song (960-1279) , la <strong>dinastia</strong> che governò la Cina prima dei mongoli, e<br />

comunque non molto più di quanto conoscevano all'epoca degli Han e<br />

dell'impero romano.<br />

Ma non sempre nelle storie ufficiali, scritte da commissioni di dotti, si trovano<br />

notizie interessanti e curiose; Queste bisogna andarle a cercare nelle opere<br />

scritte da singoli e spesso dimenticati scrittori, come quel modesto doganiere<br />

dell'impero dei Song, Zhao Rugua, funzionario che scrisse una specie di<br />

vademecum o prontuario, utile a chi, come lui, doveva occuparsi di<br />

importazione ed esportazione.<br />

Vi si trova la breve descrizione dell'isola Sijialiye, senza ombra di dubbio la<br />

nostra Sicilia, che viene detta "vicina al paese di Lumei”(probabilmente Roma,<br />

anche se poi in altre pagine del libro Lumei risulta situato nell'Asia Minore).<br />

Si tratta della prima descrizione in assoluto di una regione italiana, che<br />

si trovi nella letteratura cinese,


Cosa sapevano i cinesi di noi?<br />

La Sicilia: prima regione d'Italia descritta da un autore cinese<br />

Il paese della Sicilia si trova vicino ai confini del paese di Roma. E' un'isola nel<br />

mare, larga mille miglia. Le vesti, la lingua i costumi (dei suoi abitanti) sono<br />

simili a quelli di Roma.<br />

In questo paese c'è una montagna con una profondissima cavità, da cui<br />

durante le quattro stagioni esce il fuoco. Osservandola da lontano, al mattino si<br />

vede fumo, la sera il fuoco; osservandola da vicino, si vede (solo) il fuoco<br />

violentissimo.<br />

Se gli abitanti del paese gettano nella cavità una grande pietra, pesante<br />

cinquecento o mille libbre, che essi hanno trasportato insieme servendosi di<br />

un'asta, subito essa fuoriesce con una esplosione, ridotta in frammenti come<br />

pietra pomice.<br />

Ogni cinque anni insieme al fuoco escono delle pietre, che scorrono fino <strong>alla</strong><br />

riva del mare, dove arretrano.<br />

Gli alberi delle foreste attraverso cui (la lava) passa, non ardono. Invece le<br />

pietre, che essa incontra, bruciano fino a diventare cenere.


Cosa sapevano i cinesi di noi?<br />

Negli scritti di autori cinesi vissuti durante il periodo<br />

mongolo, ogni qualvolta viene menzionato l‘arrivo di una<br />

ambasciata dai paesi del lontano occidente, si legge che<br />

essa proviene dal “paese dei Fulang”.<br />

Fulang è evidentemente entrato nella lingua cinese dal<br />

persiano furang, che significa franchi, termine con cui nel<br />

medioevo erano designati genericamente dagli arabi i<br />

popoli europei, soprattutto quelli del Mediterraneo.<br />

I cinesi a loro volta se ne servirono durante l'epoca<br />

mongola per designare popoli e paesi del più lontano<br />

occidente, indotti a ciò anche d<strong>alla</strong> relativa somiglianza<br />

col termine con cui veniva designato l'impero romano<br />

d'oriente: Fulin, derivato da Rum o Roma.


Segue: introduzione <strong>alla</strong> <strong>dinastia</strong> Ming

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