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luglio - Fraternità San Carlo

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MENSILE DELLA FRATERNITÀ SACERDOTALE DEI MISSIONARI DI SAN CARLO BORROMEO<br />

Anno XIV, n. 7<br />

<strong>luglio</strong> 2010 - € 1,50<br />

fraternitàemissione<br />

Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Post.<br />

D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)<br />

art. 1, comma 2, DCB Milano<br />

7<br />

www.sancarlo.org<br />

LA FRATERNITÀ SAN CARLO NEL MONDO: ALVERCA PORTOGALLO ASUNCIÓN PARAGUAY BOLOGNA ITALIA BOSTON USA BUDAPEST UNGHERIA CHIETI ITALIA CITTÀ DEL MESSICO MESSICO COLONIA<br />

GERMANIA CONCEPCIÓN CILE DENVER USA FROSINONE ITALIA FUENLABRADA SPAGNA GERUSALEMME ISRAELE GROSSETO ITALIA ISOLA DEL GIGLIO ITALIA MILANO ITALIA MOSCA RUSSIA NAIROBI KENYA<br />

NOVOSIBIRSK SIBERIA PESARO ITALIA PRAGA REPUBBLICA CECA ROMA ITALIA SAN PAOLO BRASILE SANTIAGO DEL CILE CILE SESTRI LEVANTE ITALIA TAIPEI TAIWAN TRIESTE ITALIA VIENNA AUSTRIA WASHINGTON USA<br />

Trasmettere la fede<br />

di Massimo Camisasca<br />

I. Trasmissione della fede<br />

Non c’è un compito più importante nella Chiesa della<br />

trasmissione della fede. Dio si è messo nelle nostre mani<br />

e vuole arrivare agli altri uomini e alle altre donne attraverso<br />

di noi.<br />

Come avviene in modo autentico la trasmissione della<br />

fede? Occorre riandare al momento in cui essa si è compiuta<br />

per la prima volta. Una generazione dura circa<br />

vent’anni. Proprio vent’anni dopo la resurrezione di<br />

Gesù, san Paolo scriveva la Prima lettera ai Corinzi. In<br />

quelle parole è documentata la prima trasmissione<br />

della fede. Ad esse è necessario attingere poiché hanno<br />

tanto da insegnare anche al nostro momento presente.<br />

Le questioni che ha affrontato san Paolo sono simili a<br />

quelle che noi oggi ci troviamo di fronte, e questo ci<br />

incoraggia. Dalla lettera ai Corinzi traspare che la trasmissione<br />

della fede è stata<br />

La catechesi<br />

è la trasmissione<br />

vitale di tutto ciò<br />

che abbiamo<br />

ricevuto<br />

fin dall’inizio molto problematica.<br />

Certamente la comunità<br />

cristiana delle origini era<br />

segnata da un dono particolare,<br />

un dono di fondazione,<br />

ma era costituita di uomini fragili<br />

come noi.<br />

Nella lettera, san Paolo usa una espressione molto<br />

significativa: «Io ho ricevuto dal Signore quello che a<br />

mia volta vi ho trasmesso» (1Cor 11, 23). Nel fare catechismo<br />

noi non siamo chiamati a trasmettere qualcosa<br />

che inventiamo, ma qualcosa che abbiamo ricevuto.<br />

«Trasmissione della fede» vuol dire comunicare una vita<br />

che si è ricevuta. Trasmettere è rendere partecipe l’altro<br />

di questo dono. Si pone allora a ciascuno di noi un<br />

interrogativo: «Che cosa ho ricevuto dal Signore?». Ciò<br />

che noi abbiamo ricevuto dal Signore non è semplicemente<br />

la conoscenza di una verità intellettuale. La vita<br />

cristiana è un rapporto vivente con colui che ci ha creati,<br />

che ci ha salvati, e, in lui, un rapporto con tutti i nostri<br />

fratelli. Perciò la catechesi - trasmissione della fede -<br />

non è un mezzo per tramandare una verità astratta, ma<br />

è la trasmissione vitale di ciò che noi abbiamo ricevuto.<br />

«Io ho trasmesso a voi ciò che ho ricevuto dal<br />

Signore», dice Paolo. E che cosa Paolo ha ricevuto dal<br />

Signore? Nella lettera, l’apostolo prosegue: «il Signore<br />

Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e,<br />

dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il<br />

mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di<br />

me”». Paolo ha ricevuto dal Signore il Signore stesso!<br />

«Tutto io ritengo spazzatura in confronto alla rivelazione<br />

Messico: canti con<br />

alcuni bambini di un<br />

villaggio del Chiapas.<br />

MEETING DI RIMINI<br />

«Quella natura<br />

che ci spinge<br />

a desiderare<br />

cose grandi<br />

è il cuore»<br />

22-28 agosto 2010<br />

La Fraternità<br />

san <strong>Carlo</strong> vi dà<br />

appuntamento<br />

al padiglione A5<br />

PASSIONE PER LA GLORIA DI CRISTO


CONSIGLI<br />

DI LETTURA<br />

>><br />

Pavel A. Florenskij<br />

La colonna<br />

e il fondamento<br />

della verità<br />

<strong>San</strong> Paolo, 2010<br />

pp. 820 - € 64<br />

«L’esperienza religiosa viva come unico metodo legittimo per conoscere i dogmi: ecco l’intento di<br />

questo libro.» Così inizia il capolavoro del sacerdote martire Pavel Florenskij, felicemente ri-editato<br />

dopo anni fuori mercato. È un libro impegnativo, che però contiene molti passi che possono essere<br />

letti con frutto da tutti, in particolare il capitolo sull’amicizia. Da lì viene la celebre frase: "per vivere<br />

tra i fratelli bisogna avere un amico, anche lontano..."<br />

2 fraternitàemissione<br />

LUGLIO<br />

del nostro Signore Gesù Cristo» (cfr. Fil 3, 8). Perciò,<br />

quanto più ci aiuteremo a scoprire che cosa sia la vita<br />

cristiana per noi, tanto più potremo comunicarla. Coinvolgendo<br />

le altre persone nella vita che noi viviamo, le<br />

accompagneremo verso una consapevolezza elementare<br />

della vita cristiana.<br />

II. Tradizione<br />

La trasmissione della fede, testimoniata da san Paolo<br />

venti anni dopo la morte e resurrezione di Gesù, è<br />

espressa nella vita cristiana e nella vita della Chiesa<br />

anche con un’altra parola: «tradizione». Forse molti di<br />

noi con «tradizione» identificano qualcosa di negativo,<br />

una realtà del passato, che non ha la forza di trasformare<br />

il presente. In realtà, la Chiesa parla di tradizione in un<br />

senso profondamente diverso: la tradizione è la vita di<br />

Gesù che arriva fino a noi. «Quello che io ho ricevuto a<br />

mia volta lo do a voi». C’è una tradizione con la “T” maiuscola<br />

che riguarda strettamente ciò che Gesù ha fatto e<br />

ha detto. Tale deposito non si è interrotto con la sua<br />

morte, ma è arrivato fino a noi: di padre e madre in<br />

figlio, di amico in amico, attraverso la forza inesauribile<br />

del suo Spirito e dei suoi sacramenti.<br />

III. Nella vita di Gesù con gli apostoli<br />

La Chiesa nasce nel rapporto di Gesù con gli apostoli.<br />

Dio poteva comunicarsi in molti modi agli uomini: ha<br />

scelto di diventare uomo. Quell’uomo, Gesù di Nazareth,<br />

avrebbe potuto a sua volta comunicarsi agli altri uomini<br />

in molti modi: ha scelto di comunicarsi innanzitutto a un<br />

gruppo di persone che ha chiamato attorno a sé. La vita<br />

di Gesù con gli apostoli costituisce l’esperienza originaria<br />

a cui attinge ogni comunità cristiana, che nasce da<br />

quell’esperienza e la rivive. Anche san Paolo è stato<br />

chiamato ad essere apostolo. Anch’egli ha potuto partecipare,<br />

seppure in un modo originale, a quella vita. È<br />

molto importante per noi considerare bene che la vita<br />

di Gesù con gli apostoli non è riservata soltanto a coloro<br />

che hanno vissuto con lui in Palestina. Paolo ne è il<br />

segno più marcato. Infatti, egli probabilmente non aveva<br />

visto Gesù nella sua vita terrena, certamente non era<br />

stato con lui come gli apostoli. Anzi, era stato un persecutore.<br />

In un punto della sua vita, ha sentito una ferita<br />

dentro di sé e ha visto una luce profonda: Gesù gli si è<br />

rivelato, lo ha chiamato ad<br />

I ragazzi imparino<br />

che c’è una storia<br />

di Dio con l’uomo,<br />

iniziata con<br />

Adamo ed Eva.<br />

Dobbiamo dire<br />

loro chi erano<br />

Mosè, Maria di<br />

Nazareth,<br />

gli apostoli.<br />

Dobbiamo<br />

mostrare loro<br />

ciò che Gesù ha<br />

portato nel mondo<br />

essere suo apostolo così<br />

come gli altri che erano<br />

vissuti con Lui. Nell’esperienza<br />

di Gesù con gli apostoli<br />

c’è posto anche per<br />

noi che non abbiamo vissuto<br />

in Palestina. Questo è<br />

essere catechisti: essere<br />

chiamati a vivere come gli<br />

apostoli con Gesù e a trasmettere<br />

questa vita. Fare<br />

catechismo non è insegnare<br />

una sapienza del<br />

passato, ma condividere<br />

con altri ciò che viviamo<br />

oggi. Non possiamo perciò<br />

vivere il compito che ci<br />

affida la Chiesa senza<br />

domandarci: «Che cosa<br />

Don Raffaele Cossa con alcuni<br />

bambini della parrocchia dei Pastorelli<br />

di Alverca (Portogallo).<br />

vivo oggi? che cos’è per me l’attualità di Cristo? che<br />

cosa significa per me, oggi, Cristo?». Senza rispondere<br />

a questa domanda non possiamo essere apostoli consapevoli<br />

di Gesù.<br />

La trasmissione della fede è il rapporto con il Signore<br />

che continuamente si rinnova e rigenera la nostra vita.<br />

Dobbiamo condurre i nostri ragazzi in questo rapporto<br />

vitale con Cristo e con gli<br />

altri fratelli. Fare catechismo<br />

è aiutare i ragazzi a<br />

scoprire Gesù come persona<br />

viva, presente, che ha<br />

mutato e muta l’esistenza.<br />

Possiamo fare ciò solo coinvolgendoci<br />

con le loro vite.<br />

Domandiamoci:<br />

cos’è per noi<br />

l’attualità di<br />

Cristo? Solo così<br />

saremo apostoli<br />

Non dobbiamo ridurre la catechesi ad una lezione in<br />

classe, magari anche efficace. No! Catechesi è un coinvolgimento<br />

esistenziale. Lo afferma la natura stessa dell’annuncio<br />

che siamo chiamati a trasmettere. Ciò che<br />

diremo dovrà essere qualcosa che, più o meno intensamente,<br />

accada tra di noi, con i ragazzi in quel momento.<br />

Può accadere leggendo una poesia, insegnando un<br />

canto, raccontando un fatto purché in quella poesia, in<br />

quel canto, in quel fatto ci siamo noi, ci sia il nostro personale<br />

incontro con Gesù. Solo così noi possiamo invitare<br />

i ragazzi ad entrare nel rapporto che viviamo con<br />

Gesù e a prendere consapevolezza di chi sia Gesù, di<br />

chi sia stato, di chi egli sia qui e ora.<br />

IV. La sapienza<br />

Non dobbiamo mai dimenticare che anche nel bambino,<br />

nel ragazzo, c’è il desiderio di sapere. Siamo chiamati<br />

quindi a mostrare, attraverso la catechesi, che la<br />

vita cristiana è anche una sapienza, cioè uno sguardo<br />

profondo sull’esistenza. La vita cristiana ci permette di<br />

comprendere chi sia l’uomo e che cosa sia l’esistenza;<br />

ci aiuta a rispondere a tante domande che travagliano la<br />

vita degli uomini. La vita cristiana, soprattutto, ci consente<br />

di incontrare Gesù che è la Sapienza, colui che<br />

ritiene in sé la chiave per affrontare la vita.<br />

L’elemento sapienziale è, dunque, imprescindibile nel<br />

catechismo. È giusto che si imparino a memoria delle<br />

cose, che si scrivano delle frasi e che si ricordino, che si<br />

assegnino dei “compiti”. Non ho mai avuto rimpianti di<br />

aver imparato a memoria il catechismo di Pio X. Certo,<br />

non è necessario ricorrere solo alle formule, ma i<br />

ragazzi devono imparare che c’è una storia di Dio con<br />

l’uomo, che è iniziata con Adamo ed Eva, è proseguita<br />

con Abramo; dobbiamo dire loro chi sono stati Isacco,<br />

Mosè, chi sono gli angeli, chi è stata Maria di Nazareth<br />

e chi sono gli apostoli. Dobbiamo mostrare loro ciò che<br />

Gesù ha portato nel mondo, spiegare perché i sacramenti<br />

sono così importanti, e chiarire se i dieci comandamenti<br />

sono soltanto dei lacci che trattengono la nostra<br />

vita o invece delle finestre che la aprono.<br />

Infine, non dobbiamo dimenticare che l’attore della<br />

trasmissione della fede è lo Spirito santo e noi siamo<br />

soltanto dei suoi cooperatori. Dice il libro dei Proverbi:<br />

«Il cuore del re è un corso d’acqua in mano al Signore»<br />

(Pr 21, 1). E il re è ciascuno di noi. Noi dobbiamo essere<br />

dei canali d’acqua in mano a Dio, cioè dobbiamo<br />

lasciare che lo Spirito di Dio entri nella nostra vita e ci<br />

renda capaci di assumere quello sguardo che ci rende<br />

trasparenti.<br />

fraternitàemissione MENSILE DELLA FRATERNITÀ SACERDOTALE DEI MISSIONARI DI SAN CARLO BORROMEO<br />

Aut. del Trib. di Cassino n. 51827 del 2-6-1997 - Mensile della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di <strong>San</strong> <strong>Carlo</strong> Borromeo DIRETTORE: Gianluca<br />

Attanasio REDAZIONE: Michele Benetti, Fabrizio Cavaliere, Lorenzo Locatelli, Jonah Lynch HANNO COLLABORATO: Roberto Amoruso<br />

Massimo Camisasca, Accursio Ciaccio, Paolo Costa, Paolo Desandré, Francesco Ferrari, Andrea Marinzi, <strong>San</strong>to Merlini, Rachele<br />

Paiusco PROGETTO GRAFICO: G&C IMPAGINAZIONE: Fabrizio Cavaliere FOTOLITO E STAMPA: Arti Grafiche Fiorin, via del Tecchione 36 - <strong>San</strong><br />

Giuliano Milanese (Mi) RED. E UFFICIO ABBONAMENTI: Via Boccea 761 - 00166 Roma Tel. + 39 0661571400 - fm@sancarlo.org ABBONAMENTI base € 15 -<br />

sostenitore € 50 - C/C 72854979 OFFERTE codice IBAN: IT72W0351203206000000018620 - c/c postale 43262005 WWW.SANCARLO.ORG


Benedetto XVI<br />

Gli amici di Gesù<br />

Introduzione<br />

di Julián Carrón<br />

Piccola Casa Editrice,<br />

2010<br />

pp. 48 - € 12<br />

Dedicate ai più piccoli, queste pagine offrono brevi ritratti degli Apostoli: troviamo l’onestà e la fragilità di Pietro;<br />

l’entusiasmo di Andrea, l’incredulità di Tommaso, l’ingenuità di Filippo e la domanda di Taddeo... Le parole del<br />

papa, riprese dalle udienze generali del mercoledì, più che ai bambini, sono utili ai genitori, poiché offrono tanti<br />

spunti per cogliere e descrivere agli occhi dei figli, anche grazie alle belle e "umane" illustrazioni del libro, le<br />

diverse storie degli uomini che per primi hanno detto «sì» a Gesù.<br />

LUGLIO<br />

fraternitàemissione<br />

3<br />

Per tutta la vita<br />

Ogni sabato pomeriggio alla Barca di Pietro si rinnova la sfida:<br />

prendere sul serio il proprio desiderio di infinito<br />

La Barca di Pietro è nata a Roma circa dieci anni fa, per<br />

iniziativa di alcuni seminaristi della Fraternità, sul<br />

modello de I cavalieri di Milano, un’esperienza di Cl che<br />

coinvolge i ragazzi delle scuole medie. Ho avuto la fortuna<br />

di servire quest’esperienza per qualche anno, fino<br />

al 2009, uscendone arricchito oltre ogni aspettativa.<br />

Ciò che proponiamo ai ragazzi è innanzitutto un’amicizia<br />

che li aiuti ad affrontare il mondo da uomini liberi,<br />

coscienti di desiderare l’infinito. Il loro desiderio, un<br />

luogo in cui possono scoprirlo e rischiarlo, una persona<br />

più grande a cui guardare, sono gli aspetti che più<br />

abbiamo a cuore quando siamo insieme a loro.<br />

Il gioco, il canto e il dialogo segnano i passi della<br />

nostra proposta. Il gioco è per i ragazzi una porta di<br />

ingresso alla realtà. È importante che siano giochi intriganti<br />

e divertenti, che chiedano di impegnarsi personalmente.<br />

Attraverso il rispetto delle regole, i ragazzi<br />

imparano un po’ di obbedienza, scoprendo che una<br />

cosa ordinata è più bella di una istintiva... Giocando con<br />

gli altri, possono uscire dall’individualismo in cui normalmente<br />

sono immersi.<br />

Il canto è senza dubbio lo strumento più grande per<br />

porli davanti alla bellezza e far sì che si accorgano del<br />

loro desiderio di infinito. Insegniamo a cantare<br />

seguendo chi dirige, senza improvvisazione. Il canto<br />

crea un clima che difficilmente si raggiungerebbe per<br />

altre strade: il cantar bene li rende anche più attenti<br />

nelle altre attività.<br />

di Francesco Ferrari<br />

Il momento di dialogo ha la finalità di esplicitare ciò<br />

che i ragazzi stanno vivendo o di proporre ciò che desideriamo<br />

vivere. Esso vuole educarli a guardare la loro<br />

esperienza, ad accorgersi delle cose grandi che vivono.<br />

Mi ha sempre allarmato constatare che spesso i ragazzi<br />

non ricordano ciò che hanno vissuto durante la settimana.<br />

Non potranno mai essere liberi, se non impareranno<br />

a giudicare ciò che vivono. Questi momenti ruotano<br />

intorno a due cardini: la vita dei ragazzi, quello che<br />

li colpisce, e un contenuto proposto da noi, episodi tratti<br />

dalla vita di un santo, ad esempio. Cerchiamo sempre<br />

parole che possano illuminare le loro giornate e, di conseguenza,<br />

quello che loro vivono li aiuta a comprendere<br />

ciò che proponiamo. Non desideriamo che i ragazzi sappiano<br />

ripetere quello che diciamo loro, ma piuttosto che<br />

scoprano nella loro vita se le nostre parole sono vere o<br />

no. Essi non dimenticano ciò che scoprono personalmente.<br />

Ad un certo momento dell’anno chiediamo loro un<br />

passo di responsabilità. Ciascuno deve rispondere ad<br />

una domanda: “che valore ha per te questa amicizia che<br />

hai incontrato?”. La Promessa è una sorta di gita di due<br />

o tre giorni, in un luogo bello. Durante la messa conclusiva,<br />

ogni ragazzo viene chiamato per nome; risponde<br />

“Eccomi”, poi promette pubblicamente a Gesù, con<br />

l’aiuto di un santo da lui scelto, fedeltà a questa compagnia.<br />

È un momento pregno di significato poiché i<br />

ragazzi sono chiamati ad assumersi una responsabi- >>


LE<br />

COMPAGNIE<br />

>><br />

La proposta educativa della Fraternità san <strong>Carlo</strong> indirizzata alla fascia di età che corrisponde alle nostre scuole medie inferiori<br />

si articola in tutto il mondo, in una esperienza di vita cristiana vissuta insieme, i cui capisaldi sono: il canto, il gioco, momenti di<br />

dialogo, di scuola di comunità e di insegnamento del catechismo. In alcuni luoghi di missione, questa proposta assume la forma<br />

di «compagnie» dai diversi nomi: ad esempio, la «Barca di Pietro» e la «Compagnia di <strong>San</strong> Paolo» a Roma, a cui si affianca una<br />

proposta riservata ai più piccoli, le «Stelle di san Lorenzo». Ci sono poi i «Cavalieri di san Clemente», a Washington, il «Patio de<br />

san Juan» a Fuenlabrada (Spagna).<br />

4 fraternitàemissione<br />

LUGLIO<br />

>> lità personale. Ciò li aiuta a percepire in modo profondo<br />

di essere parte di qualcosa di grande. Scriveva alcuni ragazzi presso il centro<br />

Nella foto, momento di gioco con<br />

giovanile Monti Esquilino a<br />

una ragazza qualche anno fa: «La Promessa che farò non Roma.<br />

è uno sforzo né un impedimento, anzi è la risposta a ciò<br />

che desidera il cuore, è un sì ad un dono: non costa nulla,<br />

ma ti dà tanto».<br />

Stando con i ragazzi diventa anche a noi sempre più<br />

chiaro ciò che desideriamo: aiutarli ad affrontare e giudicare<br />

l’esperienza che vivono, la realtà delle loro giornate.<br />

Non vogliamo convincerli di qualcosa senza una<br />

ragione da loro sperimentata. Vivendo con loro è possibile<br />

guardare e giudicare insieme ciò che accade. Per<br />

questo sono importanti i momenti di uscita e di convivenza.<br />

Ne racconto due.<br />

Qualche anno fa, abbiamo aperto l’anno scolastico<br />

con una gita ad Ostia Antica. Con noi sono venuti anche<br />

Non aggiungere<br />

nulla a quello<br />

che il Signore fa<br />

accadere in loro<br />

i ragazzi della nostra parrocchia<br />

della Magliana<br />

(periferia di Roma) guidati<br />

da don Paolo Desandrè.<br />

C’erano circa centocinquanta<br />

ragazzi. Abbiamo<br />

iniziato con un momento di<br />

canto nell’anfiteatro romano di Ostia. Ad un tratto una<br />

guida, seguita da quattro turisti anzianotti, inizia ad<br />

urlarci contro infastidita dai nostri canti, seppur bellissimi.<br />

Ci spostiamo con tutti i ragazzi in un altro posto lì<br />

vicino per finire il momento dei canti. Riusciamo a calmare<br />

la folla in subbuglio e iniziamo a cantare. Dopo<br />

due minuti compare un altro gruppo di turisti. Si fermano,<br />

e, con lo stupore di tutti, iniziano ad applaudire e<br />

a farci i complimenti. Sfruttiamo questo episodio per<br />

dire ai ragazzi: «Vedete, nella vita si può scegliere:<br />

davanti ad una cosa bella e inaspettata uno può pensare<br />

solo al suo misero particolare oppure guardare, lasciandosi<br />

sfidare da ciò che di grande accade». I ragazzi sono<br />

rimasti segnati da questo fatto, tanto che tutti se lo ricordano,<br />

e con esso il giudizio dato.<br />

Questa è divenuta una sfida chiara per noi: la strada<br />

più utile, ed anche quella vincente, è non aggiungere<br />

nulla a quello che Dio fa accadere nella loro vita. Noi<br />

non decidiamo attraverso quali strade diventeranno<br />

grandi, che cosa il Signore userà per conquistare il loro<br />

cuore. Possiamo però collaborare con l’opera di Dio,<br />

innanzitutto aiutandoli a maturare uno sguardo attento a<br />

ciò che succede nella loro vita!<br />

Un anno siamo andati a Cortona per tre giorni, con i<br />

trenta ragazzi di terza media che allora partecipavano<br />

alla Barca di Pietro. Abbiamo soggiornato in una casa<br />

autogestita. I ragazzi si occupavano di tutto. C’era chi<br />

apparecchiava, chi sparecchiava, chi cucinava, chi<br />

puliva, chi preparava la colazione (che commozione nel<br />

vedere la mattina presto cinque ragazzi di tredici anni<br />

che preparavano, con cura meticolosa, la colazione per<br />

Washington (U.S.A.)<br />

Nessuno<br />

sia lasciato solo<br />

L’inizio di un’opera nei cuori dei giovani<br />

di Roberto Amoruso<br />

Ogni anno, negli Stati Uniti, la Chiesa Cattolica e<br />

il Movimento per la vita ricordano il giorno in cui è<br />

stata approvata la legge sull’aborto. Fin dalla sera<br />

prima migliaia di fedeli e di sostenitori del Movimento<br />

si radunano nella capitale per pregare<br />

insieme. Nel pomeriggio avviene la famosa marcia<br />

per la via centrale del Distretto fino ad arrivare<br />

davanti alla sede della Corte Suprema di Giustizia,<br />

dietro al Campidoglio. È una marcia di sensibilizzazione<br />

delle persone e soprattutto dei giovani.<br />

Due settimane prima dell’evento ci siamo trovati<br />

con i ragazzi delle medie, i «Knights of St Clement»,<br />

i Cavalieri di san Clemente, per parlare della marcia,<br />

del suo significato, dell’aborto. La discussione<br />

di solito non è lunga, ma quella volta c’è stata una<br />

novità interessante. Dopo ben cinque minuti di<br />

intervento, Catherine lancia l’idea di andare alla<br />

marcia e con uno striscione con il nostro nome. In<br />

un modo molto semplice ha dichiarato così la sua<br />

appartenenza ai «Knights» e ha suggerito un modo<br />

per esprimerla, per la prima volta, pubblicamente.<br />

La settimana dopo i ragazzi si sono incontrati con<br />

le mamme e hanno realizzato lo striscione con il<br />

nome da una parte e uno slogan dall’altra. Esso<br />

recitava: «May our friendship grow so big that<br />

nobody is left alone», «la nostra amicizia cresca così<br />

tanto che nessuno sia lasciato solo».<br />

Abbiamo marciato con le altre migliaia di persone,<br />

pregando il «Memorare». Giunti davanti alla Corte<br />

Suprema, dove viene presa la decisione ultima<br />

sulle leggi, ci siamo fermati, nella marea di persone,<br />

a dire un’ultima preghiera assieme.


Non ricordo di essere stata confusa dalla verità che Nostro Signore era<br />

lì nel tabernacolo. Ero abituata a questo prima di poter parlare<br />

o fare domande, ed ero certa che Gesù era lì. Anne Rice<br />

LUGLIO<br />

fraternitàemissione<br />

5<br />

DAL CATECHISMO IL CAMBIAMENTO DELLA VITA<br />

La carità è un giudizio forte<br />

di Paolo Desandré<br />

Ciò che è successo durante la preparazione al battesimo<br />

di una ragazza mi ha fatto molto riflettere. La preparazione<br />

è durata un anno e mezzo. Lei conviveva e ad<br />

un certo punto è emerso il problema che non poteva<br />

ricevere il battesimo, se prima non avesse chiarito la sua<br />

situazione di convivenza.<br />

Lei è rimasta molto delusa, voleva che io trovassi un<br />

compromesso. Parlandone in casa, mi è stato detto che<br />

quella era, anche per me, un’occasione che mi avrebbe<br />

fatto crescere. Ed è stato così. Le ho chiesto di fidarsi di<br />

ciò che la Chiesa le chiedeva e mi sono fidato anche io.<br />

È accaduta una cosa veramente inaspettata. Dopo sette<br />

anni di convivenza, quella ragazza ha chiesto, come<br />

regalo per il suo battesimo, di poter tornare a vivere dai<br />

suoi genitori fino al matrimonio. Il suo ragazzo ha accettato.<br />

Mi ha stupito la serietà della ragazza e io sono cresciuto<br />

nell’amore alla Chiesa. Da solo sarei sicuramente<br />

sceso a compromessi. Con l’aiuto di un giudizio forte,<br />

invece, ho avuto la fermezza di dare delle ragioni, anche<br />

se non subito comprese e accettate. La più grande<br />

carità che possiamo fare non è scendere a compromessi,<br />

ma affermare la verità.<br />

gli altri...). Alla fine dei tre<br />

giorni, uno di loro mi ha<br />

chiesto: «Fra, questi giorni<br />

sono stati bellissimi. Come<br />

faccio a portare la Barca di<br />

Pietro a casa, in classe,<br />

ovunque?». La domanda mi<br />

ha riempito di gioia: ciò<br />

che i ragazzi vivono con<br />

noi è significativo, è<br />

La nostra proposta<br />

vuole tracciare<br />

l’ideale su cui<br />

i ragazzi possano<br />

poggiare<br />

tutta la loro vita<br />

oggetto di stima da parte loro, non è una cosa tra le altre.<br />

Quel ragazzo aveva deciso che quella compagnia era<br />

una cosa di valore. È un segno di maturità.<br />

La Barca di Pietro non vuole essere una parentesi<br />

nella settimana, ma piuttosto vuole indicare un punto<br />

ideale a cui tendere tutti i giorni. Solo se i ragazzi<br />

vedono che ciò che comunichiamo loro vale per tutta la<br />

vita possono sentire questo luogo come una roccia su<br />

cui stare diritti, che possono vivere oggi un’ esperienza<br />

che dia speranza anche per il domani.<br />

Il nostro scopo è condurli a porsi quella domanda. Se,<br />

infatti, un ragazzo di tredici anni ha il desiderio che tutta<br />

la sua vita sia come l’ideale che ha intravisto, allora il<br />

suo cuore è ricettivo a ciò che Dio vorrà fargli incontrare.<br />

Mi sono molto interrogato su questo aspetto: il<br />

nostro compito è quello di portarli a Cristo, ma questo<br />

non significa pretendere da loro un riconoscimento<br />

cosciente del fatto di Cristo. Quel riconoscimento può<br />

capitare, ma è una grazia che concede Dio. A noi invece<br />

è chiesto di accompagnarli alla scoperta di ciò che desiderano,<br />

a scoprire di essere fatti per l’infinito: educarli<br />

a desiderare, anche incoscientemente, Cristo.<br />

Questa è la sfida che portiamo a casa: il momento del<br />

sabato pomeriggio, le poche ore che trascorriamo con<br />

loro, devono porre davanti ai loro occhi una vita così<br />

bella da essere desiderata sempre e ovunque, un ideale<br />

che abbia la forza di essere desiderato tutti i giorni.<br />

Dopo sette anni<br />

di convivenza,<br />

quella ragazza<br />

ha chiesto, come<br />

regalo per il suo<br />

battesimo, di poter<br />

tornare a vivere<br />

dai suoi genitori<br />

fino al matrimonio<br />


Quest’imbattersi della persona in una diversità umana è qualcosa di semplicissimo, di assolutamente<br />

elementare, che viene prima di tutto, di ogni catechesi, riflessione e sviluppo: è qualcosa che suscita uno<br />

stupore, muove a seguire, in forza della sua corrispondenza all’attesa strutturale del cuore. Luigi Giussani<br />

6 fraternitàemissione<br />

LUGLIO<br />

Notizie in breve<br />

a cura di Fabrizio Cavaliere<br />

ORDINAZIONI<br />

Marco Basile, Paolo Di Gennaro e<br />

Lorenzo Di Pietro sono stati ordinati<br />

sacerdoti a Roma nella basilica<br />

di <strong>San</strong>ta Maria Maggiore il 26 giugno<br />

2010. Marco sarà in missione<br />

a Praga, Paolo ad Alverca (Portogallo),<br />

Lorenzo a Colonia, in Germania.<br />

Nuovi diaconi: Patricio Hacin, destinato<br />

a Città del Messico, e Christoph<br />

Matyssek, che raggiungerà<br />

Vincent Nagle in Terra <strong>San</strong>ta.<br />

MONTRÉAL<br />

Dopo quindici anni, la Fraternità<br />

san <strong>Carlo</strong> lascia la parrocchia<br />

di Notre Dame de la Defénse<br />

nella capitale del Canada.<br />

Jacques Le Blond Du Plouy raggiungerà<br />

la casa di Roma Magliana.<br />

Giuseppe Manzini sarà in<br />

missione a Grottammare (AP).<br />

Bologna: Andrea Marinzi (al centro)<br />

durante un momento di gioco<br />

dopo una seduta del Gruppo SV.<br />

Diario Educare nella fede<br />

Da Taipei a Denver, passando per Bologna e Madrid, l’esperienza di educare i bambini e i ragazzi<br />

coinvolgendoli in una proposta di vita cristiana<br />

BOLOGNA LO «STUDIO VIOLENTO»<br />

di Andrea Marinzi<br />

Bologna, 18 aprile 2010<br />

Caro don Massimo,<br />

diverse volte mi capita di ascoltare i ragazzi delle<br />

medie che si lamentano della scuola e della fatica dello<br />

studio. Ne provo sempre dispiacere, anche perché la<br />

nostra è un’ottima scuola, con professori appassionati e<br />

capaci di introdurre i ragazzi al fascino della conoscenza.<br />

Per questa ragione, invece di fare discorsi sull’importanza<br />

dello studio, ho proposto ad alcuni ragazzi<br />

di trovarci a studiare insieme un pomeriggio alla settimana.<br />

Hanno accettato volentieri, forse spinti più dalla<br />

simpatia che provano per me che dalla voglia di mettersi<br />

davvero sui libri. Ma io ho posto le mie condizioni<br />

con molta chiarezza: chi vuole venire me lo deve chiedere<br />

almeno il giorno prima tramite sms; occorre arrivare<br />

alle 14.30 puntuali, chi arriva tardi resta fuori; si inizia<br />

insieme, con una preghiera, poi si studia senza pause<br />

fino alle 16.30; chi finisce i compiti in anticipo non può<br />

rimanere nelle sale comuni; chi disturba non può venire<br />

la settimana successiva. Così si capisce perché<br />

abbiamo deciso di chiamarci Gruppo SV, che sta per<br />

Studio Violento.<br />

Quelli che hanno iniziato con me hanno continuato a<br />

venire, poi si sono aggiunte altre persone. Adesso siamo<br />

più o meno venticinque ogni mercoledì, senza aver<br />

stampato nemmeno un volantino. Mi aiutano alcuni studenti<br />

universitari che vengono a fare caritativa. E mi<br />

aiuta anche Silvia, prof di inglese giovane e brava, che<br />

garantisce la conduzione del gesto anche quando io<br />

non ci sono. Si studia seriamente, a piccoli gruppi –non<br />

più di tre per tavolo–, con l’aiuto dei grandi. Due ore<br />

filate, senza interruzioni. E non ce n’è uno che si lamenti.<br />

Anzi, se mi mandano l’sms tardi, temono che i posti siano<br />

esauriti e mi supplicano di accettarli lo stesso.<br />

Io li sfido sempre ad essere amici, cioè a richiamarsi<br />

gli uni gli altri allo scopo per cui ci troviamo, a riprendere<br />

chi si distrae, ad aiutare chi è più lento, a rimettere<br />

al lavoro chi si stanca. E poi, tutte le volte che finiamo,<br />

domando loro se non è vero che a studiare così si fatica<br />

di meno, si impara di più e ci si ritrova più soddisfatti.<br />

Rispondono sempre di sì, e il mercoledì dopo vogliono<br />

tornare. Una volta mi hanno detto che dopo aver studiato<br />

bene è più bello anche giocare, e non mi sembra<br />

una scoperta da poco. Forse è un aiuto per imparare ad<br />

usare il tempo con gusto e responsabilità.<br />

Ciao, don Andrea<br />

U.S.A. UNA SCATOLA ARANCIONE<br />

di Accursio Ciaccio<br />

Sono cappellano di una<br />

scuola elementare e media<br />

che conta circa cinquecento<br />

ragazzi. Ogni venerdì<br />

cerco di pranzare con una<br />

delle diverse classi delle<br />

medie. È un’occasione per<br />

conoscerli e parlare un po’<br />

con loro. Essendo ragazzini<br />

spesso sono distratti o<br />

chiacchierano tra di loro,<br />

ma in un modo o nell’altro<br />

riesco sempre a fare una<br />

battuta o a dire qualcosa<br />

che li colpisce e li richiama<br />

all’attenzione.<br />

Un giorno era più difficile<br />

del solito. Avevo però<br />

notato che alcuni ragazzi<br />

erano incuriositi da una<br />

Accursio Ciaccio, in missione a<br />

Denver (U.S.A.) da un anno.<br />

serie di scatole colorate di cartone, che un paio di giorni<br />

prima erano state messe nella nostra sala per decorarla.<br />

Non riuscendo a proseguire nella discussione, mi sono<br />

detto: «Partiamo da ciò che li colpisce e vediamo se il<br />

buon Dio ci porta a scoprire qualcosa». Così, ho preso in<br />

mano una scatola arancione e ho chiesto loro: «Chi sa<br />

dirmi cosa c’è dentro questa scatola?». Dopo qualche<br />

tentativo, finalmente un ragazzino ha detto: «Certo,<br />

sarebbe più facile se ci permettessi di aprirla», «E chi<br />

dice che non ve lo permetto?».<br />

Subito in tre o quattro mi sono saltati addosso per<br />

poter essere i primi ad aprire la scatola e scoprire che,<br />

ovviamente, era vuota. Da questo piccolo fatto è scaturita<br />

una serie di considerazioni sul metodo che la realtà<br />

ci impone per conoscerla, sulle promesse che ci pone,<br />

su come le soddisfa o meno e sulle esigenze del cuore<br />

di ognuno di noi. Mentre parlavo con loro, dicevo a me<br />

stesso che loro erano la mia scatola arancione con cui<br />

dovevo fare i conti quotidianamente, lasciandomi guidare<br />

nel guidarli, e così essere disponibile ad essere<br />

sorpreso da ciò che accade davanti ai miei occhi.


Cercate di avere sempre, verso i ragazzi e i giovani che accostate, gli stessi sentimenti che furono in<br />

Gesù Cristo. Siate quegli amici affidabili nei quali essi possano toccare con mano l’amicizia di Gesù per<br />

loro, e al tempo stesso siate i testimoni sinceri e coraggiosi di quella verità che rende liberi. Benedetto XVI<br />

LUGLIO<br />

fraternitàemissione<br />

7<br />

TAIWAN TRE ALBERI A TAIPEI<br />

di Paolo Costa<br />

L’estate scorsa sono tornato in Italia. Ho partecipato<br />

con la mia famiglia alle vacanze in montagna della<br />

comunità del movimento di Imola. C’erano anche molte<br />

maestre e molti bambini della scuola che frequentano i<br />

miei nipoti, la <strong>San</strong> Giovanni Bosco.<br />

Ogni giorno le maestre trascorrevano diverse ore con<br />

i bambini a preparare uno spettacolo per la sera conclusiva:<br />

«La favola dei tre alberi». Si tratta di una storia<br />

che non conoscevo. I protagonisti sono tre alberi che<br />

hanno grandi desideri per il futuro. Ostacolati dalle circostanze<br />

della vita, alla fine realizzano i loro sogni in<br />

maniera imprevista e superiore alle aspettative: tutti i<br />

desideri si compiono in Gesù.<br />

Un primo albero voleva diventare uno scrigno per<br />

contenere tesori; il suo sogno sembra infranto quando<br />

viene trasformato in una mangiatoia, ma sarà la mangiatoia<br />

che accoglie il bambino Gesù. Il secondo albero<br />

voleva diventare una nave per solcare l’oceano e trasportare<br />

re importanti. Diviene invece una barca di<br />

pescatori puzzolente di pesce. Un giorno, però, trasporta<br />

Gesù con i suoi discepoli. Il terzo albero desiderava<br />

essere l’albero più alto del mondo cosicché chiunque,<br />

guardandolo, pensasse a Dio. Viene invece tagliato<br />

per farne assi. Diventerà la croce di Gesù: l’albero della<br />

vita per cui abbiamo ricevuto la salvezza. Tutti gli<br />

uomini, guardando la croce, pensano a Dio.<br />

Questa favola mi commuove ogni volta che la racconto.<br />

Tornato a Taipei, l’ho raccontata a tutti, comprese<br />

le maestre del catechismo domenicale della parrocchia,<br />

che accoglie un gran numero di bambini. Abbiamo<br />

realizzato la recita per Natale. Il risultato è stato bello e<br />

coinvolgente. Il cuore umano è ovunque lo stesso: ciò<br />

che comunichiamo colpisce anche i nostri amici taiwanesi.<br />

L’educazione, infatti, è portare l’altro a conoscere<br />

ciò che ha affascinato te. Solo chi è commosso muove.<br />

Un caro saluto a tutti,<br />

Paolo<br />

MADRID COINVOLGERE PER EDUCARE<br />

di <strong>San</strong>to Merlini<br />

Fuenlabrada, 7 ottobre 2009<br />

Carissimo don Massimo,<br />

come sai, seguo da un po’ di tempo, insieme ad Alessandro<br />

Camilli, i bambini del catechismo. Ci sembra<br />

importante che essi percepiscano l’unità fra quello che<br />

proponiamo loro e le altre attività della parrocchia. Per<br />

esempio, abbiamo cercato di coinvolgerli nell’opera<br />

caritativa della Casa san Antonio e della Caritas di Fuenlabrada,<br />

opera che a causa dell’attuale situazione economica<br />

si sta facendo molto intensa. Li abbiamo portati<br />

L’educazione<br />

è comunicare<br />

agli altri ciò che<br />

ha affascinato te:<br />

solo chi è<br />

commosso muove<br />

In alto: Taipei (Taiwan), l’albero<br />

trasformato nella barca di Gesù.<br />

Sotto, catechismo al pianoforte<br />

per i piccoli di Fuenlabrada (Madrid),<br />

con <strong>San</strong>to Merlini.<br />

nella struttura che accoglie le donne senza tetto, chiedendo<br />

ad alcune di loro di raccontare la propria storia.<br />

Il sabato i bambini partecipano alla preparazione delle<br />

borse con il cibo per il reparto di alimenti. La domenica<br />

a turno i gruppi della prima comunione portano ciascuno<br />

un chilo di alimenti (pasta, legumi, biscotti…) per<br />

le esigenze dei poveri. Un giorno Lucia, in seguito ad un<br />

incontro con alcuni poveri della parrocchia, mi ha detto:<br />

«Sai, finora pensavo che i poveri fossero tutti cattivi…<br />

Invece ho visto che sono persone normali, come noi».<br />

Alcuni di loro iniziano ad avvertire che la povertà è un<br />

fatto reale del loro quartiere, non una cosa che si sente<br />

in televisione, nei paesi del Terzo Mondo…<br />

Più vado avanti e più mi rendo conto che è essenziale<br />

dare al bambino pochi elementi, chiari, solidi, senza<br />

investirli di troppe nozioni catechetiche. Al contempo è<br />

anche fondamentale che il tutto sia proposto dentro la<br />

vita che cerchiamo di comunicare loro: proponiamo loro<br />

delle escursioni nei parchi cittadini, una scuola di lettura<br />

(sapessi quanti bambini vi partecipano!), un coro, su cui<br />

dobbiamo lavorare ancora un po’… Ruolo centrale però<br />

lo ricopre il gioco. Ogni due settimane, la domenica mattina,<br />

i bambini si incontrano dopo la messa a giocare e<br />

la partecipazione è molto alta. Vicki, una delle bambine,<br />

ha detto che fino ad allora, nella sua vita, non si era mai<br />

divertita tanto. Noi le abbiamo risposto che questa è proprio<br />

l’esperienza di incontrare Gesù: egli ci dona un<br />

gusto di vita impossibile senza di lui. E Jonathan, boliviano,<br />

il bambino più serio del gruppo, mi raccontava<br />

che nel Patio di san Juan (il nostro gruppo del post-comunione)<br />

ha incontrato Gesù e che desidera crescere per<br />

approfondire la sua amicizia con lui.<br />

Dai bambini, caro don Massimo, dalla loro semplicità<br />

e dal loro entusiasmo abbiamo sempre molto da imparare.<br />

Essi capiscono quando non sei sincero, quando<br />

proponi loro una lezione che hai imparato oppure<br />

quando stai parlando di te stesso. Spesso sono indisciplinati,<br />

fanno chiasso... Ma quando mi rivolgo loro raccontando<br />

come Gesù ha cambiato e cambia la mia vita,<br />

sgorga nei loro occhi un’attenzione penetrante. Capiscono<br />

che sto parlando di me, di loro stessi, di qualcosa<br />

che c’entra appieno con la loro vita. Prega per me.<br />

Grato della tua paternità sicura, tuo<br />

<strong>San</strong>to


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fraternitàemissione c/c postale: 72854979 - Intestato: Fraternità Sacerdotale Missionari S. <strong>Carlo</strong> B. Fraternità e Missione ABBONAMENTI: base €15 - Sostenitore €50<br />

8 fraternitàemissione<br />

LUGLIO<br />

Il Dio vicino<br />

di Rachele Paiusco<br />

Quest’anno seguo alcuni bambini piccoli, di otto o<br />

nove anni, di terza elementare, al primo anno di<br />

catechismo. Molti di loro entrano in chiesa per la prima<br />

volta e arrivano con lo sguardo aperto, desiderosi di<br />

conoscere e di affezionarsi.<br />

I bambini di questa età hanno il cuore naturalmente<br />

aperto al dialogo con i più grandi, con i loro genitori,<br />

con don Gerry, con me. Più tardi saranno assediati da<br />

altri interessi, ma a otto anni sono tutti volti alla relazione<br />

con qualcuno più grande di loro. Hanno un cuore che<br />

vive già nella preghiera.<br />

La terra buona del loro cuore allora ha bisogno di<br />

cose semplici e chiare: dei volti buoni, dei nomi, dei luoghi<br />

e, infine, un esempio davanti. La prima cosa perciò<br />

è parlare loro di Dio, far loro conoscere il suo volto<br />

buono, attraverso i fatti che ha compiuto: la creazione<br />

della luce, del cielo, del mare, della terra, delle piante e<br />

degli animali, fino ad arrivare a noi; il padre che ha<br />

aspettato il figlio che lo aveva lasciato e che aveva sperperato<br />

tutti i suoi beni; Gesù che ha detto a Zaccheo di<br />

scendere dall’albero, perché desiderava mangiare con<br />

lui.<br />

I bambini hanno bisogno di conoscere chi è il Padre,<br />

chi è Gesù, chi è Maria. Hanno bisogno di conoscere i<br />

loro nomi e di sapere quello che hanno fatto.<br />

Hanno bisogno poi di sapere dov’è il Signore. All’inizio<br />

dell’anno, dopo aver guardato insieme delle bellissime<br />

immagini sui sette giorni della creazione, abbiamo<br />

scritto alla lavagna una domanda: «Dov’è Dio?». Ognuno<br />

ha dato la propria risposta, giusta: in cielo, nel mio<br />

cuore, in paradiso, in chiesa... Alla fine io ho scritto una<br />

parola difficile, la parola «tabernacolo», e ho spiegato<br />

ciò che succede nella messa e nell’ostia consacrata.<br />

Siamo andati insieme, per gli ultimi dieci minuti, nella<br />

cappellina feriale. Ho chiesto ai bambini di entrare in<br />

silenzio e li ho fatti sedere nei primi banchi. C’è un bel<br />

tabernacolo d’oro, al centro della parete, con la scritta<br />

«Ego sum, noli timere». Ho spiegato il significato di<br />

Scoprire l’altezza<br />

infinita di Dio,<br />

il suo mistero<br />

buono e, al tempo<br />

stesso, trovarlo<br />

in un luogo vicino:<br />

ecco di cosa hanno<br />

bisogno i bambini<br />

Nella foto, suor Elena Rondelli<br />

con alcuni bambini della parrocchia<br />

della Magliana (Roma).<br />

quella scritta e perché ci fosse la candela accesa.<br />

Abbiamo pregato insieme e poi un po’ da soli, in silenzio,<br />

così che ciascuno potesse chiedere a Gesù quello<br />

che aveva nel cuore. Sono stati davvero in silenzio,<br />

anche mentre uscivano. E ho compreso ciò di cui hanno<br />

veramente bisogno, ciò di cui tutti abbiamo bisogno:<br />

scoprire l’altezza infinita di Dio, il suo grande mistero<br />

buono, e, allo stesso tempo, trovarlo in un luogo, poterlo<br />

trovare sempre vicino.<br />

Ciò che nel tempo, lentamente, porta i bambini alla<br />

familiarità con Dio, è la presenza di qualcuno che stia<br />

con loro e li accompagni; che li corregga quando pregano<br />

a voce troppo alta, li aiuti a rispondere insieme;<br />

qualcuno che vada con loro a portare un fiore davanti<br />

alla Madonna, che prenda con loro il libretto dei canti<br />

durante la messa, che ricordi loro di entrare con il segno<br />

della croce e con un inchino. Qualcuno che li porti<br />

ancora tante volte lì, davanti al Signore.

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