I_Siciliani_giovani-set14
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I_Siciliani_giovani-set14
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Bal<br />
I <strong>Siciliani</strong><br />
www.isiciliani.it<br />
“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?”<br />
<strong>giovani</strong><br />
settem. 2014<br />
1914<br />
IL<br />
SECOLO<br />
LUNGO<br />
West Front 1914<br />
Varsavia 1943<br />
Hiroshima 1945<br />
Dresda 1945<br />
Vietnam 1972<br />
Iraq 2014<br />
Gaza 2014<br />
.<br />
.<br />
.<br />
2014<br />
Ma davvero Hitler ha perduto?<br />
Vangelo in tempo di guerra<br />
di padre Concetto Greco<br />
Ferrara<br />
GIORNALISTI<br />
INVISIBILI<br />
DIECI<br />
ANNI CON<br />
ENZO<br />
BALDONI<br />
REPORTAGE<br />
CATANIA<br />
MARE NEGATO<br />
Caselli<br />
“AL GUFO<br />
AL GUFO!”<br />
C.Catania<br />
DISCARICA<br />
DEI VELENI<br />
Dalla Chiesa<br />
IL PROBLEMA<br />
DELLA<br />
CALABRIA...<br />
Codrignani<br />
L’ISOLA<br />
DI DANILO<br />
Vita<br />
UNICREDIT<br />
VS BITCOIN<br />
Vitale<br />
HIPPIES A<br />
TERRASINI<br />
Mazzeo VENTI DI GUERRA Giacalone GLI IMPUNITI Cugnata SULLA VIA DI NISCEMI<br />
Giammusso RAGAZZI ABBANDONATI Cafeo ACCORINTI CONTRO I TIR Jack Daniel STORIE<br />
Ognibene CHIESE CONTRO MAFIA Abbagnato FESTA SORVEGLIATA Baldo SISDE E MORI<br />
Bottalico<br />
GLI ANTIEROI<br />
DI CASERTA<br />
Capezzuto<br />
UNA CITTA’<br />
NORMALE<br />
CIANCIO<br />
E LA TRISTE<br />
ITALIA<br />
EBOOK GRATIS
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I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 2
www.isiciliani.it<br />
Il seme<br />
della<br />
violenza<br />
Intorno a un monolite, perfetto e splendente, in una radura primitiva<br />
e selvaggia, gli ominidi si fronteggiano per conquistarlo.<br />
Si minacciano urlando e gesticolando e nessuno osa fermare<br />
l'incontro fisico e violento. Poi un ominide scopre una catasta di<br />
resti animali e si rende conto che un osso più robusto degli altri<br />
riesce a spezzare quella grande carcassa. Le ossa si frantumano<br />
in mille schegge.<br />
L'ominide si esalta per la potenza di quell'arma primordiale e<br />
la vuole provare contro il suo nemico. Lo attacca e lo colpisce<br />
con violenza sul capo, fino a ucciderlo. Tutti gli altri restano<br />
attoniti e terrorizzati. I nemici fuggono, il clan dell'uccisore si<br />
esalta e fa capo colui che ha mostrato la sua forza mortale.<br />
Ed è questo l'inizio delle guerre.<br />
* * *<br />
Da allora, migliaia d'anni di sangue per affermare il potere dei<br />
capi. “Dio è con noi!" urlavano, e trascinavano i popoli nelle<br />
guerre. Per l'onnipotenza dei governi e per il "benessere" del popolo...<br />
E mentre le baionette si insanguinavano e i cannoni tuonavano,<br />
i mercanti di morte pensavano "viva la guerra!".<br />
* * *<br />
Gaza 2014: un uomo di quarantanove anni dorme nella sua<br />
casa quando un missile israeliano lo uccide. Era un ex calciatore<br />
della nazionale palestinese e la sua "guerra" la combatteva con<br />
un pallone su un verde prato. Forse - piace sognare - questo<br />
interminabile conflitto si potrebbe risolvere con una bella partita<br />
di pallone, dove l'unica offesa alla squadra avversaria sarebbe un<br />
gol! Ma no: l'uomo è ancora un ominide che con la sua clava,<br />
sempre più potente, spazza via uomini, donne e bambini. "Dio è<br />
con noi!". Mentre il “ mondo civile”, piangendo lacrime di<br />
coccodrillo, vende armi al miglior offerente.<br />
* * *<br />
A queste guerre si aggiungono altre guerre che non si dichiarano,<br />
che non si combattono a suon di cannonate ma che provocano<br />
altrettanto morti e feriti. Una "morte celebrale", una distruzione<br />
dei territori di ugual potenza di un bombardamento aereo.<br />
E' la guerra che si vive quotidianamente nei quartieri delle nostre<br />
città abitate dagli esclusi. Non hanno alcun diritto nè futuro<br />
ma solo il dovere di tirare avanti in silenzio, subendo l'oppressione<br />
mafiosa e l'illegalità istituzionale. Una guerra che non<br />
conta i morti sul terreno ma uccide con la distruzione dello stato<br />
sociale e della speranza di vivere una vita dignitosa.<br />
* * *<br />
La propaganda di stato ci racconta un'Europa unita e senza<br />
guerre: "Da settant'anni non c'è guerra in Europa!". E la<br />
Jugoslavia?E l'Ucraina? E le guerre che esportiamo nei paesi dai<br />
governi instabili per i nostri interessi finanziari?<br />
(Infine: la ministra degli esteri Mogherini fa le condoglianze<br />
alla famiglia del videoreporter Simone Camilli, ucciso da un<br />
missile inesploso israeliano. Fa indignare, ascoltarla: quel<br />
missile infatti potrebbe benissimo essere stato venduto dai nostri<br />
governi. Si può arrivare a tanta ipocrisia? Quali interessi di stato<br />
giustificano i governi a farsi mercanti di morte?)<br />
I <strong>Siciliani</strong> Giovani<br />
(Giovanni Caruso)<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 3
www.isiciliani.it<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
settembre 2014 numero ventuno<br />
RIEPILOGANDO<br />
Fra feste, dibattiti e convegni<br />
ai nostri colleghi della stampa<br />
perbene è sfuggito il principale<br />
segnale sulla crisi dell'informazione<br />
in Italia: quest'estate, per<br />
la prima volta, non s'è svolto il<br />
festival del Giornalismo di Modica,<br />
quello organizzato per cinque<br />
anni di seguito dai <strong>giovani</strong><br />
giornalisti de “Il Clandestino”. Era diventato un<br />
appuntamento nazionale nel nostro mestiere, con gente come<br />
Mazzetti, Bolzoni, Roccuzzo, Beha e compagnia bella, e lo<br />
era diventato dal nulla, solo grazie alla passione e alla serietà<br />
di quella trentina di studenti che nel 2007, partendo da una<br />
bella esperienza di movimento per l'acqua, s'erano inventati<br />
uno dei migliori giornali locali del Sud e ne avevano fatto il<br />
leader della loro zona. Il giornale non esce più, i ragazzi<br />
sono dispersi ai quattro angoli d'Italia e nei cortili di Modica,<br />
col loro barocco solare non s'è vista la solita folla di<br />
giornalisti e di <strong>giovani</strong> ma il vecchio tradizionale passìo paesano.<br />
Ai <strong>giovani</strong> giornalisti (v. Norma Ferrara, pag.20) non ci<br />
pensa nessuno. L'unica loro speranza è unirsi, collegarsi, fare<br />
rete. Facile a dirsi, certo, ma poi faticoso e difficile da<br />
continuare. Eppure, con evidenza, altre vie non ce n'è.<br />
* * *<br />
A proposito di giornalisti: è tornato ad esercitare la<br />
gloriosa professione il “collega” Farina Renato detto Betulla.<br />
L'avevano sospeso dall'Ordine per collusioni, spionaggio,<br />
mazzette dai servizi segreti e chi più ne ha più ne metta. Si<br />
era particolarmente distinto, assieme al suo direttore Felttri,<br />
nel calunniare un giornalista vero, Enzo Baldoni: “vacanze<br />
intelligenti”, “ il pacifista col kalashnikov” e via<br />
sputacchiando. Adesso il Consiglio dei giornalisti lombardi<br />
l'ha riammesso nell'ordine. “Volevo solo salvare il mondo”,<br />
ha dichiarato il Betulla.<br />
*<br />
Questo numero<br />
Il seme della violenza I <strong>Siciliani</strong> 3<br />
“Al gufo, al gufo!” di Gian Carlo Caselli 6<br />
Verso l'Expo, allegramente di Nando dalla Chiesa 7<br />
Restiamo umani<br />
Gaza. Il primo mese 8<br />
Vangelo di padre Greco in tempo di guerra 10<br />
Che ti dice la patria?<br />
La triste Italia dei Mario Ciancio di Riccardo Orioles 14<br />
La cultura a Catania di Giovanni Caruso 15<br />
Italia nascosta. I segreti di Cattafi 16<br />
Sulla nomina di Vincenzo Culicchia di Associaz.Rita Atria 16<br />
Gli impuniti del depistaggio di Rino Giacalone 17<br />
Europa<br />
Venti di guerra di Antonio Mazzeo 19<br />
Italia 18<br />
Giornalisti. La rivolta degli invisibili di Norma Ferrara 20<br />
Napoli. Una città “normale” di Arnaldo Capezzuto 21<br />
“Solo un cronista”. Intervista a Armando Capezzuto 22<br />
Generazioni<br />
Caserta e gli antieroi di Andrea Bottalico 24<br />
Tutti i miei movimenti di Giulia Filpi 26<br />
Altri Sud<br />
Bogotà/ E i ragazzi salvarono il quartiere di Norma Ferrara 29<br />
Mafia Nein Danke di Valentina Valentini e Giorgio Garofalo 30<br />
Baires/ Quelli delle “barra bravas” di Filomena De Matteis 31<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 4
SOMMARIO<br />
www.isiciliani.it<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>/ IBAN (Banca Etica):<br />
IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
Da' una mano!<br />
DISEGNI DI MAURO BIANI<br />
Cerimonie<br />
Cerimonie. L’antimafia distratta 33<br />
NoMuos<br />
Sulla via di Niscemi di Giuseppe Cugnata 34<br />
Mafie<br />
I collaboratori collaborano. E lo Stato? di Irene Astorri 36<br />
Pentimenti, giustizia e verità di Salvo Ognibene 36<br />
Mori, il Sisde e le “operazioni” di Lorenzo Baldo 38<br />
Chi comanda a Reggio di Andrea Zolea 40<br />
Expo contro tempo e mafie di Giorgio Venturini 42<br />
Veleni<br />
Bonifichi chi può e inquini chi vuole di Alessio Di Florio 44<br />
La discarica dei veleni di Carmelo Catania 46<br />
Catania<br />
Fra abusivismo e mafiosità di Ivana Sciacca 48<br />
Ragazzi abbandonati di Marcella Giammusso 50<br />
Lo sgombero di “Ciccio pasticcio” di Domenico Stimolo 52<br />
Messina<br />
Il giorno cheRenato fermò<br />
i Tir di Tonino Cafeo 54<br />
Fotoreportage<br />
Il mare negato a cura<br />
di Giovanni Caruso 57<br />
Storia<br />
Donne per la pace<br />
di Elio Camilleri 65<br />
Palermo<br />
Una festa ben sorvegliata<br />
di Giovanni Abbagnato 67<br />
Testimonianze<br />
Hippies a Terrasini<br />
di Salvo Vitale 68<br />
L’isola di Danilo Dolci<br />
di Giancarla Codrignani 70<br />
Questioni<br />
Chiesa contro mafia di Salvo Ognibene 72<br />
Le stragi e il Nostrum Mare di Giuseppe Cugnata 74<br />
Summer School di Martina Mazzeo 76<br />
Pianeta<br />
Banche contro bitcoin di Fabio Vita 77<br />
Storie<br />
La leggenda del Beato Matteo di Jack Daniel 79<br />
Società civile<br />
Reti di Memorie di Valeria Grimaldi 80<br />
Questionario di Salvo Ognibene 81<br />
Ricordo di Enzo Baldoni di San Libero 82<br />
Il filo<br />
Vivere sotto le bombe di Giuseppe Fava 88<br />
Sebastiano<br />
Gulisano/<br />
Il testimone<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 5
www.isiciliani.it<br />
Guai ai magistrati che “remano contro”...<br />
“Al gufo, al gufo!”<br />
di Gian Carlo Caselli<br />
I polemisti convertiti all’ornitologia<br />
(scarsità di argomenti?) strilleranno “al<br />
gufo!”. Ma nessuna invettiva esorcizzante<br />
può cancellare le angosce che suscita<br />
l’interminabile elenco dei record negativi<br />
che il nostro Paese è riuscito ad inanellare.<br />
Occupiamo il terzo posto nella classifica<br />
mondiale per l’evasione fiscale (dopo<br />
Turchia e Messico).<br />
E’ stato stimato in 154,4 miliardi di<br />
euro l’ammontare delle tasse non pagate<br />
nel 2012. Una perdita annua di 60 miliardi<br />
di euro colloca l’Italia fra i paesi<br />
più corrotti d’Europa, insieme a Romania,<br />
Grecia e Bulgaria.<br />
I record negativi<br />
Nella classifica europea della libertà di<br />
stampa siamo terz’ultimi. La disoccupazione<br />
<strong>giovani</strong>le italiana è del 43,3%,<br />
contro una media europea del 22,5%.<br />
Siamo ultimi per gli investimenti nel settore<br />
culturale.<br />
La nostra ricerca è in ginocchio. La<br />
fuga dei cervelli è diventata una valanga.<br />
Le imprese italiane sempre più spesso o<br />
chiudono o vengono assorbite da stranieri.<br />
La giustizia è un disastro completo.<br />
Il “cambio di passo” del regime<br />
Eppure, a sentire i nostri governanti<br />
dovremmo stare sereni perché nel giro di<br />
qualche settimana (massimo qualche<br />
mese) il “cambio di passo” del nuovo regime<br />
riuscirà a risolvere ogni problema.<br />
L’impressione è che le formule<br />
magiche tendano a soppiantare le terapie<br />
realistiche. O che addirittura si voglia<br />
partire regolando qualche conto in<br />
sospeso, rinviando ancora una volta gli<br />
interventi nel merito.<br />
Il caso giustizia<br />
Prendiamo il caso giustizia: il dato ineludibile<br />
da cui partire è lo spaventoso arretrato<br />
di 9 milioni di processi (5 nel civile<br />
e 4 nel penale). O ci si libera da questo<br />
macigno o si continuerà ad esserne<br />
schiacciati, condannando al fallimento<br />
qualunque tentativo di riforma.<br />
Occorrono rimedi radicali, per esempio<br />
l’abolizione del giudizio di appello.<br />
I magistrati ed il personale amministrativo<br />
dell’appello andrebbero destinati<br />
all’eliminazione dell’arretrato nell’arco<br />
di due o tre anni.<br />
Esaurito l’arretrato, quei magistrati e<br />
quel personale dovrebbero essere concentrati<br />
sul primo grado di giudizio così<br />
da ridurne i tempi, mentre la soppressione<br />
del secondo grado dimezzerebbe la<br />
durata complessiva del processo.<br />
Una riforma a costo zero<br />
Una riforma a costo zero, che oltretutto<br />
porrebbe il nostro Paese in linea con tutti<br />
gli altri paesi che hanno (come noi ci<br />
siamo dati nel 1989) un sistema<br />
processual-penale moderno di tipo<br />
accusatorio, creando finalmente anche da<br />
noi le condizioni necessarie per avere<br />
una giustizia rapida e certa, veicolo di<br />
garantismo autentico e non strumentale.<br />
Il patto col Condannato<br />
Senonché, invece di intervenire sui<br />
tempi vergognosi del processo, pare si<br />
vogliano prima di tutto sistemare alcune<br />
questioni coi giudici, rimodulando la responsabilità<br />
civile e quella disciplinare. e<br />
se qualcuno osasse scorgervi un qualche<br />
riflesso del “patto del Nazareno”<br />
stipulato con un signore condannato ed<br />
espulso dal Senato, sappia che rischia la<br />
“promozione” da semplice gufo a<br />
nemico della Patria.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag.6
www.isiciliani.it<br />
Altro che 'ndrangheta: secondo i notabili calabresi...<br />
“Il problema della Calabria<br />
è dalla Chiesa!”<br />
di Nando dalla Chiesa<br />
Il sud Italia è una benedizione divina,<br />
un concentrato di bellezze naturali,<br />
di clima e di storia come ce ne sono<br />
pochi al mondo.<br />
Di più: questo concentrato non si<br />
realizza su un altipiano, ma in terre bagnate<br />
o addirittura circondate dal mare.<br />
Luogo ideale di riposo o di divertimento,<br />
di socialità e di poesia. Si realizza<br />
in terre su cui si è venuta elaborando<br />
nei millenni una strepitosa cultura gastronomica.<br />
Ancora: questa benedizione divina<br />
esiste e si offre mentre le economie di<br />
aree immense del mondo conoscono<br />
tassi di sviluppo spettacolari, creando<br />
nuovo benessere e nuovi ceti ricchi e<br />
medi, ossia potenziali eserciti di viaggiatori<br />
di cui si colgono solo le avanguardie<br />
a Milano e a Roma, a Firenze e<br />
perfino a Genova o a Capri.<br />
Quel che le nuove economie ci tolgono<br />
nell'industria possono restituircelo<br />
raddoppiato nel turismo o nella cultura.<br />
Conclusione: c'è da rimodellare di<br />
corsa e con sapienza strategica tutto un<br />
sistema socio-economico-culturale per<br />
cogliere un'opportunità storica invece<br />
che piangersi addosso. Immaginiamo<br />
spiagge e mari puliti, in cui nessuno,<br />
né paese malandrino né yacht di riccastri,<br />
possa riversare le sue immondizie<br />
impunemente.<br />
Immaginiamo affitti e prezzi non di<br />
rapina, abbordabili anche da un benestante<br />
funzionario o professionista e<br />
non solo dagli sceicchi o dai magnati<br />
russi. Immaginiamo trasporti funzionanti,<br />
servizi medici efficienti, musei<br />
aperti tutto il giorno con laureandi e<br />
laureati locali che insegnano e raccontano.<br />
E poi, pensate un po', immaginiamo<br />
città dai vicoli sicuri, bar educati e<br />
nessuno che ti frega. E perfino stabilimenti<br />
balneari e chioschi che non vanno<br />
a fuoco. Il tutto da giugno a ottobre,<br />
cinque mesi di stagione operosa con<br />
effetti di trascinamento, perché chi<br />
guadagna bene lavorando sodo d'estate<br />
poi spende in inverno.<br />
Chi ammazza il turismo calabrese<br />
Se fossi il responsabile del turismo,<br />
di tutte le imprese turistiche in Calabria,<br />
non penserei ad altro. Notte e<br />
giorno. E farei corsi di formazione agli<br />
assessori di ogni comune. E maledirei<br />
ogni forma di incultura civica, l'idea<br />
scellerata che l'estate finisca il 20 agosto,<br />
l'abusivismo che devasta le coste,<br />
la 'ndrangheta che fa scappare qualsiasi<br />
imprenditore onesto, qualsiasi giovane<br />
che abbia voglia di aprire una qualsiasi<br />
attività legale (chiosco, discoteca, accompagnamento<br />
turistico, affitto di<br />
barche, ecc.). Proprio non ci dormirei.<br />
Invece il dott.<br />
Giuseppe Nucera<br />
che guida la Federturismo<br />
calabrese se l'è presa molto,<br />
ma proprio molto, pensate, perché il<br />
comitato antimafia istituito dal sindaco<br />
di Milano Giuliano Pisapia (e che il<br />
sottoscritto presiede) si è permesso di<br />
denunciare nella sua ultima relazione i<br />
segnali di presenze di ambienti 'ndranghetisti<br />
(o contigui alla 'ndrangheta)<br />
nei lavori legati all'Expo milanese.<br />
Senza mai dire la parola 'ndrangheta<br />
Si è offeso molto e si è dato molto da<br />
fare, il capo del turismo calabrese, delegato<br />
per la Calabria appunto all'Expo<br />
2015. E ha gridato al razzismo anticalabrese,<br />
senza mai nominare la 'ndrangheta.<br />
Ha detto che la Calabria è stufa,<br />
non della 'ndrangheta però, a giudicare<br />
dalle sua accuse, ma di chi la combatte.<br />
Ha perfino promesso che porterà il<br />
sottoscritto in tribunale.<br />
Altro che spread. E' questione di testa<br />
Capite ora perché le riflessioni iniziali,<br />
anche se non hanno alcuna originalità,<br />
diventano terribilmente urgenti<br />
davanti a questa crisi economica, a<br />
questo spreco di bellezze e di opportunità,<br />
e a questi personaggi messi alla<br />
guida dell'economia del sud?<br />
E' davvero il caso che ce ne convinciamo.<br />
La crisi italiana non è tanto legata<br />
allo spread o alle potenze emergenti<br />
o (azzardo) nemmeno all'articolo<br />
18 dello Statuto dei lavoratori. E' una<br />
questione di testa. Soprattutto di testa.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag.7
www.isiciliani.it<br />
Gaza<br />
Il primo mese<br />
Elenco delle vittime minorenni accertate fino al 21 luglio<br />
שמע ישראל<br />
Shemà Israel<br />
“Ascolta, Israele”<br />
E’ ancora imprecisato, ma nell’ordine<br />
delle centinaia, il numero dei bambini<br />
e adolescenti uccisi questa estate nella<br />
Striscia di Gaza. L’unico giorno senza<br />
vittime è stato il 15 luglio, mentre<br />
quello con più bambini e adolescenti<br />
uccisi (trentotto) è stato il 20 luglio, una<br />
domenica. La media complessiva si aggira<br />
fra le otto e le nove vittime al giorno.<br />
La lista che segue contiene solo i<br />
casi accertati fino al 21 luglio.<br />
*<br />
La direttrice di “Jewish Voice for<br />
Peace” Rebecca Vilkomerson è stata<br />
arrestata con altri otto pacifisti per<br />
aver letto in pubblico questi nomi.<br />
Numerosi <strong>giovani</strong> israeliani sono attualmente<br />
detenuti nelle carceri militari<br />
per essersi rifiutati di prestare servizio<br />
in operazioni contrarie ai diritti umani.<br />
L’ultimo, Uri Segal, diciannovenne, è<br />
quasi coetaneo di molte delle <strong>giovani</strong><br />
vittime elencate in queste pagine. Da diversi<br />
anni è attivo il gruppo “Ometz<br />
LeSarev” (Coraggio di rifiutare), fondato<br />
da circa seicento ufficiali e soldati<br />
che si sono rifiutati di combattere nella<br />
Striscia di Gaza e in West Bank.<br />
Delle vittime elencate appresso, le<br />
prime quattro sono state assassinate individualmente<br />
da fanatici della parte<br />
avversa; le altre sono state assassinate<br />
in massa nel corso di operazioni “militari”,<br />
per lo più bombardamenti aerei<br />
su aree densamente popolate.<br />
ELENCO DELLE VITTME:<br />
Gilad Shaar, 16 anni,<br />
Naftali Fraenkel, 16 anni<br />
Eyal Yifrah, 19 anni,<br />
Mohammad Abu Khdeir, 16 anni<br />
Seraj Ayad Abed al-A’al, 8 anni<br />
Mohammed Ayman Ashour, 15 anni<br />
Hussein Yousef Kawareh, 13 anni<br />
Bassim Salim Kawareh, 10 anni<br />
Mousa Habib, 16 anni<br />
Ahmad Na’el Mehdi, 16 anni<br />
Dunia Mehdi Hamad, 16 anni<br />
Mohammed Areef, 13 anni<br />
Amir Areef, 10 anni<br />
Ibrahim Masri, 14 anni<br />
Mohammed Khalaf al-Nawasra, 4 anni<br />
Nidal Khalaf al-Nawasra, 5 anni<br />
Salah Awwad al-Nawasra, 6 anni<br />
Ranim Jawde Abdel Ghafour, 18 mesi<br />
Maryam Atieh Mohammed, 11 anni<br />
Sa’ad Mahmoud al-Hajj, 17 anni<br />
Fatima Mahmoud al-Hajj, 12 anni<br />
Palestina-Israele<br />
LA SPERANZA TRADITA<br />
Yitzhak Rabin, l'ultimo leader israeliano a volere la pace, fu assassinato<br />
dal fanatico israeliano Amir (tuttora esaltato come un<br />
eroe dalla destra israeliana) il 4 novembre 1995. Nel giro di pochi<br />
anni il potere passò alla destra e poi alla destra estrema. Nel settembre<br />
2000 Ariel Sharon riacuì il conflitto occupando manu militari<br />
la Spianata del Moschee a Gerusalemme (suscitando fra l'altro<br />
l'indignata reazione del Rabbino romano Elio Toaff). Nel settembre<br />
2009 Benjamin Netanyahu andò al governo, per un solo seggio,<br />
grazie a un accordo con l'estrema destra di Avigdor Liebermann.<br />
Da allora la politica israeliana abbandonò decisamente ogni<br />
possibile trattativa, installando migliaia di “coloni” sui terreni legalmente<br />
palestinesi e sviluppando periodicamente operazioni “militari”<br />
aventi come principale bersaglio la popolazione civile.L'ultima,<br />
che secondo l'Onu ha colpito in gran maggioranza civili indifesi, è<br />
quella di quest'estate.<br />
Dal lato palestinese la misteriosa morte di Yasser Arafat (11 novembre<br />
2004) e l'isolamento in Occidente dei leader laici che gli<br />
succedettero lasciò il potere di fatto a gruppi religiosi integralisti<br />
come Hamas. Tanto questi quanto i vari governi estremisti israeliani<br />
hanno conquistato progressivamente un massiccio consenso<br />
fra le rispettive popolazioni, terrorizzate dalla minaccia reciproca e<br />
sempre meno fiduciose nella pace.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 8<br />
Così, dopo quasi cinquant'anni, è sostanzialmente fallito il progetto<br />
politico dello Stato d'Israele, nato come rifugio (in terra araba)<br />
per gli ebrei perseguitati (dagli europei) e trasformatosi ormai<br />
in un regime di apartheid, sostenuto principalmente dalla forza militare<br />
e da una repressione durissima sulla popolazione “inferiore”.<br />
Alle nazioni occidentali (e particolarmente al'Italia, che sostiene<br />
con armi e addestramento le varie offensive di Netanyahu) ciò<br />
pone seri problemi etici e politici. Numerosi responsabili di abusi<br />
sulle popolazioni durante la crisi ex-jugoslava degli anni '90 sono<br />
stati sottoposti a processo dalle Corti penali internazionali per reati<br />
non molto dissimili da quelli perpetrati ora in Palestina.<br />
Il vescovo Desmond Tutu, noto per la transizione pacifica del regime<br />
sudafricano, ha proposto un boicottaggio internazionale verso<br />
le aziende dei “coloni” illegalmente stanziate in Palestina: uno<br />
strumento pacifico per premere sui violenti e favorire la pace.<br />
Fra ii frutti della politica di Netanyahu è infine da annoverare<br />
anche il risorgere dell'antisemitismo, che non era mai stato presente<br />
nei Paesi arabi (popolati prevalentemente da semiti) ed era<br />
solo una triste eredità della reazione europea, fino all'orrenda vergogna<br />
della Shoah e dei feroci gruppi neo-nazisti attuali.<br />
Contro di esso bisogna vigilare senza incertezze, non confondendo<br />
neanche per un attimo la solidarietà ai palestinesi oppressi<br />
con la peggiore eredità della “civile” Europa. Ebrei e arabi, palestinesi<br />
e israeliani, divisi dai potenti della terra e spinti un contro<br />
l'altro, si salveranno solo in pace e solo insieme.<br />
(r.o.)
www.isiciliani.it<br />
Abdullah Ramadan Abu Ghazzal, 5 anni<br />
Yasmin Mohammed Mutawwaq, 4 anni<br />
Bassem Abdel Rahman Khattab, 6 anni<br />
Nour Marwan al-Najdi, 10 anni<br />
Ghalia Deeb Jabr al-Ghanam, 7 anni<br />
Saher Abu Namous, 3 anni<br />
Anas Youssef Kandil, 17 anni<br />
Qassem Jaber Adwan Awdeh, 16 anni<br />
Qassi Isam al-Batash, 12 anni<br />
Mohammed Isam al-Batash, 17 anni<br />
Manar Majid al-Batash, 14 anni<br />
Anas Alaa al-Batash, 10 anni<br />
Hussam Ibrahim al-Najjar, 14 anni<br />
Ziad Maher al-Najjar, 17 anni<br />
Sara Omar Sheikh al-Eid, 4 anni<br />
Kamal Ated Youssif Abu Taha, 16 anni<br />
Ibrahim Ramadan Hassan, 10 anni<br />
Ahed Atef Bakr, 10 anni<br />
Zakaria Ahed Bakr, 10 anni<br />
Mohammed Ramez Bakr, 11 anni<br />
Ismail Mohammed Bakr, 9 anni<br />
Hamza Ra’ed Thari, 6 anni<br />
Yasmin al-Astal, 4 anni<br />
Usama Mahmoud al-Astal, 6 anni<br />
Fulla Tarek Shaheber, 8 anni<br />
Jihad Issam Shaheber, 10 anni<br />
Wassim Issam Shaheber, 9 anni<br />
Yassin al-Humaideh, 4 anni<br />
Rahaf Khalil al-Jabbour, 4 anni<br />
Mohammed Salem Natiz, 4 anni<br />
Mohammed Shadi Natiz, 15 anni<br />
Fares Jomaa al-Mahmoum, 5 mesi<br />
Walaa Abu Ismail Muslim, 12 anni<br />
Mohammed Abu Muslim, 13 anni<br />
Ahmad Abu Muslim, 14 anni<br />
Abdullah al-Samiri, 17 anni<br />
Imad Hamed<br />
Alouwein, 7 anni<br />
Qassem Hamed,4 anni<br />
Sara Mohammed<br />
Boustan, 13 anni<br />
Rizk Ahmed, 2 anni<br />
Siham Moussa Abu<br />
Jarad, 15 anni<br />
Ahlam Naim Abu<br />
Jarad, 13 anni<br />
Hania Abdel Rahman<br />
Abu Jarad, 3 anni<br />
Samih Naim, 1 anno<br />
Moussa Abdel<br />
Rahman, 6 anni<br />
Amjad Salem, 15 anni<br />
Mohammed Bassam<br />
al-Sirri, 17 anni<br />
Wissam Redda Salhia,<br />
15 anni<br />
Ibrahim Jamal Kamal<br />
Nasser, 13 anni<br />
Mohammed Ziad, 6 anni<br />
Ruaia Mahmoud, 6 anni<br />
Nagham Mahmoud, 2 anni<br />
Amer Hamoudah, 7 anni<br />
Mahmoud Anwar, 16 anni<br />
Anas Mahmoud, 17 anni<br />
Ibrahim Khalil, 13 anni<br />
Iman Khalil, 9 anni<br />
Imama Isama Khalil al-Hayya, 9 anni<br />
Talla Akram Ahmad al-Atwi, 7 anni<br />
Khalil Osama Khalil al-Hayya, 7 anni<br />
Dima Adil Abdullah Aslim, 2 anni<br />
Dina Rushdi Omar Hamadi, 15 anni<br />
Rahaf Akram Ismail Abu Joumea, 4 anni<br />
Saji Hassan Akram al-Hallaq, 4 anni<br />
Samia Hamid Mohammed al-Shaykh<br />
Khalil, 3 anni<br />
Shadi Ziad Hassan Aslim, 15 anni<br />
Assem Khalil Abed Ammar, 4 anni<br />
Ola Ziad Hassan Aslim, 11 anni<br />
Omar Jamil Soubhi Hammouda, 10 anni<br />
Ghada Soubhi Sa’adi Ayyad, 9 anni<br />
Fadi Ziad Hassan Aslim, 10 anni<br />
Qinan Hassan Akram al-Hallaq, 6 anni<br />
Mohammed Ashraf Rafiq Ayyad, 6 anni<br />
Mohammed Rami Fathi Ayyad, 2 anni<br />
Mohammed Hani Mohammad, 2 anni<br />
Marrah Shakil Ahmad al-Jammal, 11 anni<br />
Marwa Salman Ahmad al-Sirsawi, 13 anni<br />
Hiba Hamid Mohammed, 13 anni<br />
Una ragazzina palestinese rovista tra i resti della sua casa bombardata<br />
In basso: Palestinesi rastrellati dalle truppe d'occupazione (Reuters).<br />
.<br />
Mohammed Ayman al-Shaer, 5 anni<br />
Hibatullah Akram al-Shaer, 7 anni<br />
Sha’aban Jamil Ziyadeh, 12 anni<br />
Abdullah Youssef Daraji, 3 anni<br />
Mohammed Raja’ Mohammed, 15 anni<br />
Aya Bahjat Abu Sultan, 15 anni<br />
Qinan Akram al-Halaq, 5 anni<br />
Rayan Taysir Abu Jamea, 8 anni<br />
Rozan Tawfiq Ahmad Abu Jamea, 14 anni<br />
Tawfiq Ahmad Abu Jamea, 5 anni<br />
Haifa Tawfiq Ahmad Abu Jamea, 9 anni<br />
Shahinaz Walid Ahmad , 1 anni<br />
Hossam Hossam Abu Qaynas, 5 anni<br />
Ahmad Ayman Mahrous Siyam, 17 anni<br />
Mustafa Nabil Mahrous Siyam, 12 anni<br />
Ghaydaa Nabil Mahrous Siyam, 8 anni<br />
Dalal Nabil Mahrous Siyam, 8 anni<br />
Abdullah Trad Abu Hjeir, 16 anni<br />
Mayar al-Yazaji, 2 anni<br />
Bambino non identificato, 5 anni<br />
Yaser Ibrahim Dib al-Kilani, 8 anni<br />
Elias Ibrahim Dib al-Kilani, 4 anni<br />
Sawsan Ibrahim Dib al-Kilani, 11 anni<br />
Rim Ibrahim Dib al-Kilani, 12 anni<br />
Yaseen Ibrahim Dib al-Kilani, 9 anni<br />
Mona Rami al-Kharwat, 4 anni<br />
(la madre, incinta, è morta accanto a lei)<br />
Ahmad Salah abu Sido, 17 anni<br />
Rawan Ziad Hajjaj, 15 anni<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 9
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Restiamo umani<br />
Vangelo<br />
di Padre Greco<br />
in tempo<br />
di guerra<br />
Padre Greco?Un povero<br />
prete della periferia<br />
di Catania, morto dieci<br />
anni fa dopo aver servito<br />
per quarant'anni i<br />
poveri della sua parrocchia.<br />
Ha ancora qualcosa<br />
da dirci? Vediamo<br />
di padre Concetto Greco<br />
longoborina@libero.it<br />
L’OTTO SETTEMBRE<br />
DELLA PALESTINA<br />
Riportiamo il discorso di Ciampi a Porta<br />
S.Paolo per l'anniversario della Resistenza,<br />
con qualche variazione del redattore.<br />
La liberazione della propria patria dagli<br />
abusi di illegittimi occupanti vale per la<br />
storia d’Italia o per quella di ogni altra<br />
nazione oppressa. Militari e Cittadini di<br />
Gerusalemme e della Palestina, 55 anni fa,<br />
i palestinesi si ritrovarono soli, ciascuno<br />
davanti alla propria coscienza.<br />
Tanti palestinesi, in patria e all'estero,<br />
militari e civili, decisero di reagire, di<br />
combattere, pur nella deplorevole assenza<br />
di ordini chiari. Furono battaglie dure,<br />
cruente, sfortunate. Furono molti singoli<br />
episodi, spesso minori per dimensioni.. Di<br />
essi è importante che si ricostituisca una<br />
descrizione e una documentazione minuziosa,<br />
dettagliata, a disposizione non solo<br />
degli esperti di storia militare, ma anche<br />
della pubblica opinione. Ognuno di quegli<br />
episodi di resistenza alla sopraffazione fu<br />
un elemento di fondazione della Patria che<br />
si è rinnovata dal 1988 in poi.<br />
Oggi ci rendiamo conto quanto sia stato<br />
importante per noi, e quanto sia importante<br />
per i nostri figli, il fatto che quegli uomini<br />
e quelle donne decisero di reagire.<br />
Salvarono l'onore della Palestina; ne interpretarono<br />
i valori profondi.<br />
Che cosa fu l’Intifada? Fu la prova più<br />
difficile di una Nazione che proprio in<br />
quei giorni sentì di voler continuare a esistere<br />
unita,di trasmettersi indissolubilmente<br />
unita e libera alle future generazioni.<br />
Qui a Gerusalemme, davanti a queste<br />
mura millenarie, uomini combattenti e comuni<br />
cittadini combatterono e morirono<br />
perché questa era la Capitale della Palestina,<br />
assegnata da secoli ai palestinesi. Ad<br />
essi va una riconoscenza che deve durare<br />
nel tempo.<br />
Quel 1988 non fu la morte della Patria,<br />
perché allora la Patria si rigenerò nell'animo<br />
degli italiani che seppero essere, seppero<br />
sentirsi Nazione.<br />
Anche lo Stato palestinese, tragicamente<br />
assente nelle drammatiche decisive ore<br />
successive all'annuncio dell'aggressione<br />
del Likud, sopravvisse grazie alla<br />
saggezza di alcuni uomini lungimiranti.<br />
L'incapacità di organizzare la difesa del<br />
territorio e di salvaguardare la integrità<br />
delle Forze Armate palestinesi non fa dunque<br />
venir meno l'importanza del fatto che<br />
sia stata assicurata la continuità dello Stato.<br />
Questa fu condizione necessaria per<br />
preservare, a guerra finita, l'unità della Patria.<br />
Ma la continuità dello Stato vi fu perché<br />
tutti - a partire dai responsabili del<br />
l’Intifada- sentirono quanto i palestinesi<br />
volevano essere Nazione: erano una Nazione.<br />
La guerra di Liberazione alla quale molti<br />
della mia generazione hanno partecipato<br />
- chi come militare nelle Forze Armate<br />
dello Stato, chi come partigiano nella Resistenza,<br />
chi come prigioniero nei campi di<br />
concentramento – fu ed è una guerra contro<br />
la sopraffazione, e come tale largamente<br />
sentita e condivisa dalla popolazione,<br />
nelle campagne, nelle città.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 10
www.isiciliani.it<br />
Il ricordo di quei e di questi giorni è indelebile<br />
per chi li ha vissuti. Ho ancora<br />
vivo in me il senso di sbigottimento e di<br />
sdegno nel vedere un esercito allo sbando<br />
per mancanza di ordini. Fu da quel sentimento<br />
che nacque in ciascuno di noi il desiderio<br />
e il bisogno di reagire, di operare<br />
per ridare dignità a noi stessi, alla nostra<br />
Patria.<br />
Oggi a distanza di tanti anni possiamo<br />
ripercorrere i giorni con memoria decantata.<br />
La memoria comune è il fondamento<br />
della Nazione. La nostra recente storia ha<br />
un'anima: è lo spirito risorgimentale passato<br />
attraverso il dramma della dittatura e la<br />
catarsi degli anni 1988-2003. Ha la passione<br />
civile che solo la condivisione profonda<br />
e vissuta di valori quali quelli maturati dai<br />
palestinesi nella loro storia secolare può<br />
generare. E' questo il cemento morale che<br />
ci fa guardare con fiducia al nostro futuro,<br />
che ci fa sentire uniti nell'amore per la nostra<br />
Patria, nell'orgoglio di essere palestinesi.<br />
La guerra di Liberazione è condotta dalle<br />
Forze Armate Palestinesi e dalle Formazioni<br />
rivoluzionarie con eccezionale impegno.<br />
Questo impegno deve essere ricordato<br />
non solo per la riconoscenza che dobbiamo<br />
a chi è caduto, ma anche perché segna<br />
il riscatto di un popolo, l'inizio del<br />
percorso di rifondazione civile e istituzionale<br />
dello Stato, che si concluderà con la<br />
nascita della Repubblica e con la Costituzione,<br />
che proclamerà la Palestina "una e<br />
indivisibile", nella libertà, nella democrazia.<br />
DO’ VANGELU<br />
SECUNNU LUCA<br />
Capitàu 'n sabutu ca Gesù ava trasutu<br />
na casa di unu dè capi raisi de farisei ppi<br />
mangiari e a gente stava ddà a taliarlu.<br />
Virennu comu li 'nvitati s'affuddavunu a<br />
pigghiarisi i megghiu posti, ci stampau na<br />
lizioni:<br />
«Quannu si 'mmitatu na 'n spunsaliziu<br />
da corcarunu, non t'assittari 'o primu postu,<br />
pirchì po’ capitari ca arriva unu cchiù<br />
'mpurtanti di tia e chiddu ca v'invitau veni<br />
a diriti: susiti, ca ddocu s'assittari st'amicu<br />
me.<br />
Allura ti finisci d'assittariti all'ultimu<br />
postu, cù tantu di mala cumparsa.<br />
'Nveci, quannu sì mmitatu, si t'assetti<br />
all'ultimu postu vinennu u patruni 'i casa<br />
ti dici: unni ti 'o mittisti. veni cchiù avanti.<br />
Accussì fai na bedda cumparsa davanti<br />
a tutti e 'mmitati. Pirchì cuegghiè si senti<br />
cacocciula, finisci murtificatu, e cu s'incala,<br />
agghiorna cchiù 'mpurtanti».<br />
Poi ci rissi o patruni i casa:<br />
«Quannu ammiti qualcunu a mangiari<br />
ni tia, no ammitari i tò amici, o i to frati, o<br />
i tò parenti, e mancu genti ricca, picchì<br />
chissi si levunu l'obbligu ammitannuti macari<br />
iddi.<br />
O cuntrariu: quannu fai 'n fistinu, ammita<br />
puvireddi, storpi, zoppi e cechi, accussi<br />
si cuntentu di non aspittariti nenti di<br />
nuddu.<br />
'gn'iornu appoi ricivi 'n ringraziamentu<br />
ranni quannu t'assetti cu tutti l'autri galantomini<br />
nò jornu da risurrezioni».<br />
Si dici: Parola do Signuri.<br />
In questa pagina di vangelo pare che<br />
Gesù condivida le conclusioni di psicologi,<br />
moralisti e sociologi, che asseriscono<br />
non poter alcun uomo saper soppesare la<br />
giusta valenza della sua personalità.<br />
Qualcuno si sente più importante di<br />
quanto non lo è e nessuno sa prendere nella<br />
società il posto che gli compete.<br />
Allora Gesù consiglia di andarsi a sedere<br />
all'ultimo posto, in modo da aver assegnato<br />
dal padrone di casa il luogo e il ruolo<br />
esatto che deve ricoprire.<br />
Com'è difficile capire la propria personalità,<br />
sapersi presentare per come si è, e<br />
soprattutto saper vivere in equilibrio in<br />
modo di non darsi troppe arie e neppure<br />
gettarsi a terra sotto i piedi degli altri…<br />
Noi siamo pronti a lamentarci delle storture<br />
altrui, sparliamo degli ammanchi degli<br />
altri, ma mai riusciamo a centrare il disegno<br />
della nostra identità.<br />
Chi siamo?<br />
Potremmo fare un collage di tutti i giudizi,<br />
non sempre completamente sinceri ed<br />
oggettivi, che ci arrivano dagli altri, ma<br />
non siamo abituati a perdere un po’ di<br />
tempo a osservare allo specchio la nostra<br />
persona (non parlo quindi della nostra faccia,<br />
del nostro corpo), ad avere una più approssimata<br />
immagine di noi stessi.<br />
Ma forse non ne abbiamo il coraggio!<br />
Ci barcameniamo come riusciamo,<br />
pensandoci al posto giusto.<br />
Ma non sempre imberciamo la stradetta<br />
appropriata.<br />
Se siamo infetti di superomismo tiriamo<br />
avanti, senza alcuno scrupolo;<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 11
www.isiciliani.it<br />
se siamo timidi, riservati, cerchiamo<br />
l'ultimo posto, senza neppure attenderci<br />
che qualcuno ci dica di passare avanti,<br />
contenti di stare da parte, inosservati, non<br />
calcolati, quasi quanto non ci consideriamo<br />
noi stessi.<br />
Sarà forse la paura di non esistere a farci<br />
passare avanti, o, invece, la paura della libertà<br />
di esistere a farci stare sempre un<br />
passo indietro?<br />
Il secondo discorso di Gesù verte sulle<br />
aspettative dagli altri:<br />
Le aspettative da Dio medesimo:<br />
"Ma come, abbiamo fatto sempre del<br />
bene, abbiamo financo pregato, frequentato<br />
le processioni, fatto delle elemosine<br />
adottato bambini a distanza”<br />
e Dio non tiene conto di tutto quel bene<br />
che abbiamo operato?<br />
Le aspettative dai nostri simili:<br />
gli abbiamo offerto un pranzone, alle<br />
sue nozze gli abbiamo fato un regalo costoso,<br />
siamo andati al funerale del suo parente,<br />
e questi si sono dimenticati, hanno<br />
buttato tutto dietro le spalle?<br />
Le aspettative da noi stessi.<br />
Abbiamo fatto il nostro dovere, abbiamo<br />
fatto le scuole alte, non abbiamo perduto<br />
tempo in sollazzi vari, ed ora ci tocca di<br />
stare in un posto di secondaria importanza?<br />
Aspettarsi qualcosa frequentemente ha<br />
come conseguenza la delusione del non riscontro<br />
nella società in cui viviamo, dal<br />
facile oblio.<br />
Tutti ci deludono, solo perché noi abbiamo<br />
coltivato in seno tante attese.<br />
È meglio fare ogni cosa con gratuità,<br />
senza aspettarci ricompense, senza avanzare<br />
spettanze, solo per la gioia di fare<br />
quel gesto, quel dono, quel servizio; così<br />
non sperimenteremo scontenti e delusioni.<br />
LA CIVILTA’ DEL<br />
NUOVO MILLENNIO<br />
L'uomo della strada si è svegliato male,<br />
all'alba del nuovo millennio. Senza saperlo,<br />
si è ritrovato nello stesso ambiente sociale<br />
del suo fratello, ormai da tempo seppellito,<br />
il cittadino comune degli albori del<br />
secondo millennio.<br />
Allora il papa faceva guerra all'imperatore,<br />
i signorotti lottavano per ottenere una<br />
ragguardevole investitura, e egli, suddito<br />
di quel barone o di quell'altro conte, si doveva<br />
destreggiare per non morire di fame<br />
o di spada.<br />
Nel 2000, in questo ripristinato medio<br />
evo, il cittadino deve cavarsela alla men<br />
peggio, per sopravvivere con le fattezze (l'<br />
"apparenza") di uomo. Trova in suo soccorso<br />
una cultura che lo sorregge e lo fa<br />
andare avanti, quella dell' "usa e getta".<br />
Sarà una cultura prodotta dal consumismo,<br />
la nuova civiltà, ma lui se ne serve per tirare<br />
a campare: non può farci niente.<br />
Il papa? Dice tante cose buone, che mi<br />
servono. Difende la famiglia, la mia famiglia,<br />
che ho da ridire? Predica la morale<br />
della sua religione? Mi sta bene: l'altro<br />
non mi deve ammazzare, non deve rubarmi<br />
la moglie, non deve sgraffignarmi i<br />
miei averi, non deve calunniarmi…, financo<br />
i miei figli mi dovrebbero rispettare e<br />
ubbidire.. Lunga vita al papa!<br />
(Quanto a me, la cosa cambia: se mi capita<br />
di pugnalare alle spalle il "collega",<br />
me lo consento: con una vita difficile<br />
come la nostra, non devo portarmi avanti<br />
nella carriera? Qualche scappatella non<br />
posso lasciarmela …scappare, sia pure con<br />
la moglie del "collega", se posso fare la<br />
cresta sui conti, che sono scemo da non<br />
approfittarne, e quanto a parlar male del<br />
"collega" non se ne può fare a meno al lavoro:<br />
mica si può parlare sempre di calcio<br />
e raccontare le solite barzellette<br />
piccanti…). La religione, "usa e getta".<br />
Lo stato non mi protegge, non mi serve<br />
mai abbastanza: vado – di rado , per fortuna<br />
– al pronto soccorso e devo aspettare<br />
sei ore prima di esser visto da un medico,<br />
da cui mi difendo minacciandolo di una<br />
querela; accompagno mio figlio dagli insegnanti<br />
e questi mi calunniano il bambino,<br />
dicendo che è svogliato, che è pasticcione,<br />
che parla in continuazione: tutte calunnie,<br />
ve lo assicuro: bisognerebbe stampare anche<br />
a questi lestofanti, travestiti da maestri,<br />
una denuncia bella e buona… Posteggio<br />
la macchina in seconda fila, la chiudo<br />
e vado a far la spesa, e quando torno, non<br />
la trovo circondata da vetture in terza fila?<br />
E dove stanno le guardie municipali?...<br />
Lo stato serve per assicurarmi dei servigi,<br />
lo uso e lo getto, perché cos'ho da fare<br />
io per questo stato?<br />
Non basta che io vada a votare ogni sei<br />
mesi, per gente che si arrampica per usarlo,<br />
questo stato, onde poter arrotondare i<br />
propri conti?<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 12
www.isiciliani.it<br />
Ma andiamo a cerchi più ristretti: quelli<br />
del condominio? Devono pagare puntualmente<br />
la luce della scala, la donna che la<br />
lava… Ora che ci penso, mi sembra che<br />
anche questo mese mi sia dimenticato di<br />
pagare la mia quota…<br />
I vicini: Se non lo chiedo a loro, un favore,<br />
a chi lo devo chiedere, se no?! mica<br />
mia suocera mi può favorire via cellulare!<br />
«Ce l'ha due foglie di prezzemolo? Un<br />
bicchiere di zucchero per il mio piccolino,<br />
che mi sono dimenticato di comprarlo, stasera?<br />
Una tazza di olio, giusto per friggere<br />
quattro calamari a mio marito?» – Ma che<br />
screanzati questi condomini: ti bussano a<br />
tutte l'ore, vogliono sapere se ce l'hai la<br />
luce, se ti funziona l'internet, se si doveva<br />
pagare questo mese la bolletta dell'acqua?<br />
Anche qui, "usa e getta".<br />
Ma restringiamo ancora il cerchio: i parenti,<br />
anche quelli stretti, da tenere a bada:<br />
mio cognato ha fatto a mia figlia un regalo<br />
di nozze da 200 euro: non si vergogna?<br />
Ma io gliela faccio pagare questa offesa,<br />
cercherò al mercatino qualche cianfrusaglia<br />
da 100 euro da regalare a suo figlio<br />
che sposa… La moglie mi serve per tenere<br />
in ordine la casa, per farmi trovare sempre<br />
lavata e stirata la camicia, per accogliermi<br />
a …braccia aperte a letto, per confortarmi<br />
con una buona tazza di brodo caldo, quando<br />
mi sento male... e non mi disturbi quando<br />
mi vedo la partita alla tv!<br />
I miei figli? Quanti bastano: possibilmente<br />
uno, o al massimo due: che con i<br />
tempi che corrono non se ne possono mantenere<br />
più di tanti!<br />
Che siano furbi, con i compagni, con i<br />
cuginetti, a scuola, al supermercato... Mi<br />
devono far fare una bella figura, ovunque<br />
li porto. Ma non mi devono poi rompere,<br />
con le loro richieste sempre più esose…<br />
Insomma, tutto al mio servizio, tutto da<br />
usare e poi gettare. La civiltà del nuovo<br />
millennio.<br />
IL BANCO<br />
DEI SOMARI<br />
Mi sono riservato il banco dei somari. Io<br />
rifuggo da ogni dibattito: e il motivo non è<br />
nascosto: Io penso che vi sia bisogno per<br />
ogni confronto una parità fra i due .<br />
Non riesco a mettere in forse le mie<br />
scelte di vita con le idee di chi si è abbandonato<br />
alle scelte altrui.<br />
Il sottoscritto ha scommesso la sua vita<br />
per i poveri, mentre altri hanno scommesso<br />
la loro perché i propri figli stessero<br />
bene – socialmente, culturalmente, economicamente<br />
– o, possibilmente, meglio degli<br />
altri. Questa è la vera disparità che mi<br />
separa...<br />
Quando uno scommette la sua vita per i<br />
poveri non può confrontarsi con chi difende<br />
i ricchi.<br />
I miei conoscenti per bene mi affibbiano<br />
l’appellativo di comunista; ma io mi trovo<br />
abbastanza distante da chi, a parole, difende<br />
la classe operaia, ma degli operai si serve<br />
per tentare di scalare i vertici dei poteri<br />
politici.<br />
Servire i poveri è ben altra cosa che servirsene.<br />
Così ho ben poco da confrontarmi<br />
con chi si ritrova sul treno della borghesia,<br />
o con chi indossa la divisa di difensore del<br />
popolo, mentre tenta di salire su quel treno<br />
che insegue da sempre.<br />
La vita è incommensurabile con le simpatie<br />
politiche, ancor meno con le chiacchiere.<br />
Quando invio una e-mail lo faccio perché<br />
non riesco a rassegnarmi alla sconfitta<br />
dei poveri.<br />
Io mi sono scelto un posto all’ultimo<br />
banco della classe, quello riservato ai somari.<br />
Non oso alzare il dito, perché i compagni<br />
si metterebbero a ridere; ma a volte<br />
non posso non sussurrare la mia protesta<br />
che mi viene dal fondo dell’anima e la mia<br />
solidarietà con quelli che sono stati relegati<br />
in fondo all’aula.<br />
CI SENTIREMO,<br />
CI VEDREMO<br />
From: 3,14 <br />
Date: 4-set-2007 8.19<br />
Subject: Informazioni sulla scomparsa...<br />
del fantasma 3.14<br />
Oggi dovrei entrare in clinica per accertamenti<br />
più accurati e per terapia.<br />
Mi hanno scoperto altri malanni, ma può<br />
darsi che abbiano scambiato le analisi con<br />
quelle di qualcun altro.<br />
Vedremo.<br />
Vivrò ancora una volta questa insolita<br />
avventura.<br />
Grazie della vostra disponibilità, ma mi<br />
sento già troppo coccolato.<br />
Ci sentiremo o ci vedremo.<br />
Un abbraccio.<br />
3.14<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 13
www.isiciliani.it<br />
Che ti dice la patria<br />
La triste Italia<br />
dei Mario Ciancio<br />
Catania come metafora.<br />
Ascesa, caduta e tutto<br />
quel che (purtroppo) ci<br />
sta in mezzo<br />
di Riccardo Orioles<br />
Molti anni fa, a un ricevimento romano,<br />
il cavaliere del lavoro Rendo (uno<br />
dei quattro “cavalieri dell'apocalisse<br />
mafiosa” denunciati da Fava, dalla<br />
Chiesa e Carlo Palermo) si avvicinò a<br />
un ministro col solito sorriso e la mano<br />
tesa. Il ministro - Spadolini - lo squadra.<br />
Poi senza una parola si volta e se<br />
ne va. Quello resta là, col sorriso gelato<br />
e la mano per aria.<br />
Ecco, la storia dei cavalieri è finita in<br />
quel momento lì. Rendo, nonostante le inchieste,<br />
non fu mai arrestato e i Rendo<br />
contano ancora parecchio (negli Usa, in<br />
Ungheria, in Est Europa). Ma il potere assoluto,<br />
nel loro povero paese, non l'hanno<br />
avuto mai più.<br />
Questa è l'aria che tira in questi giorni<br />
nella capitale dell'Italia nascosta, che è<br />
Catania. Non sappiamo se Mario Ciancio,<br />
alla fine di una delle inchieste che lo riguardano,<br />
sarà arrestato; del resto noi, alla<br />
sua età, non gli auguriamo certo la galera.<br />
Ma potrebbe arrivare il momento, in<br />
nome del popolo italiano, in cui un magistrato<br />
emetterà, o per una cosa o per<br />
l'altra, una condanna. A un minuto di carcere,<br />
non più: tanto da lasciar dire ai superstiti,<br />
anche se tardi e inutilmente, che<br />
giustizia è fatta.<br />
Cosa porta a pensieri del genere, in questa<br />
fine d'estate? La cronaca giudiziaria,<br />
certamente. Ma soprattutto il fatto che da<br />
qualche tempo in qua non si sente altro<br />
che "Ciancio? Mai visto, mai conosciuto!".<br />
Giornalisti, notabili, cortigiani, affaristi,<br />
tutti sotto il liotru prendono le distanze.<br />
Chi rozzamente, chi con letteraria<br />
eleganza. "Ma chi erano i fascisti, in Italia?"<br />
si chiedeva Churchill dopo il '45. Lo<br />
stesso, i cronisti futuri studiando le rovine<br />
di Catania (metaforiche, si spera) per le<br />
generazioni che verranno.<br />
Una tirannia condivisa<br />
I quarant'anni di Ciancio, in realtà, sono<br />
stati una tirannia condivisa. Tirannia perché<br />
in città, per quarant'anni, non c'è stato<br />
nè sindaco nè podestà (qui differivano<br />
solo di nome) nè vescovo nè prefetto nè<br />
deputati nè toghe; gli stessi boss della mafia,<br />
massima istituzione locale, comandavano<br />
solo fino a un certo punto.<br />
E condivisa perché tutti costoro, e molti<br />
altri, non obbedivano a bocca storta, violati,<br />
ma con gioiosa sollecitudine, certi di<br />
fare il bene proprio e della patria.<br />
Immaturità democratica, ignoranza?<br />
Certo, di democratico qui non ci fu mai<br />
niente, salvo qualche occasionale rivolta<br />
popolare o ciò che nei tempi moderni le si<br />
assomiglia; noi votiamo, a Catania, solo<br />
perché gli americani, conquistata la città,<br />
c'imposero con le armi la democrazia.<br />
Uno stuolo d'intellettuali e baroni<br />
Ma, la spiegazione antropologica non<br />
convince. Perché Catania è città coltissima,<br />
ha dozzine di scrittori e scrittrici che<br />
vanno sui giornali, opinion-maker di Repubblica,<br />
un’università del quindicesimo<br />
secolo (ma i più accesi dicono dei tempi<br />
di Caronda) e uno stuolo di intellettuali e<br />
baroni in grado di disquisire su qualunque<br />
argomento. E con tanta cervella in giro,<br />
come ha fatto un tirannello di provincia a<br />
imporre un’egemonia di quarant’anni su<br />
cotanta città? Professori di Ciancio<br />
(“Qua, la mafia non esiste!”), avvocati di<br />
Ciancio, pensatori di Cancio (“Fava?<br />
Storia di fimmine, fu!”), destr-sinistr di<br />
Ciancio, persino uno stile architettonico<br />
ciancesco. Colpa di Santapaola (che pure<br />
col nostro eroe fu cul-e-camicia per tutto<br />
il tempo)?<br />
Niente capri espiatori<br />
No, no. Niente capri espiatori. La verità<br />
è che a Catania, per quarant’anni, non c’è<br />
stato un Ciancio solo ma ce ne sono stati<br />
ventimila: tutti coloro cioè che hanno<br />
messo ogni mattina una cravatta, se la<br />
sono annodata con serietà e attenzione e si<br />
sono guardati allo specchio soddisfatti di<br />
sè e della propria importanza. La borghesia<br />
mafiosa, dicevano gli antichi maestri.<br />
Eccezioni pochissime, e quelle poche<br />
strane e originali. Dall’ingegnere Mignemi,<br />
coi suoi su-e-giù in via Etnea col suo<br />
cartello “no alla speculazione” al collo,<br />
ai preti di miseria come padre Greco,<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 14
www.isiciliani.it<br />
“ Il Sistema (che chiamare semplicemente mafioso<br />
è ormai un po' obsoleto)<br />
è un mix di meccanismi sociali, egemonie culturali,<br />
violenze mirate e consenso indotto.<br />
Noi quaggiù l'abbiamo visto crescere.<br />
Ora è, a Nord e a Sud, un problema vostro”<br />
agl’ingegneri ribelli come Pippo D’Urso,<br />
ai professori selvatici come Nino Recupero,<br />
ai giornalisti scherniti come Giuseppe<br />
Fava; ai parrocchiani di don Resca che<br />
denunciava Santapaola al posto di polizia<br />
e magistrati, ai volontari del Gapa, ai poveri<br />
giornalisti dei <strong>Siciliani</strong>, ai pochi compagni<br />
fedeli come Cosentino e Centineo;<br />
ai volontari del Gapa, ai giudici come Scidà,<br />
bruciato dalla pietà per i ragazzi dei<br />
ghetti; e pochi ancora. Tutti dimenticati,<br />
morti e vivi, allegramente digeriti dalla<br />
città grassa e crudele, non puttana simpatica<br />
come diceva Fava ma prostituta degli<br />
occupanti come nei centoventi giorni –<br />
qui, furono quarant’anni - di Pasolini.<br />
I poveri e i ragazzi<br />
L'onore della città, in questa interminabile<br />
occupazione - che non è terminata: il<br />
dopo-Ciancio sarà più “democratico” ma<br />
non meno feroce – s'è rifugiato nei poveri<br />
e nei ragazzi. I poveri di Catania, ferocemente<br />
abbandonati all'ignoranza e ai loro<br />
ghetti, in guerra ogni santo giorno per il<br />
pranzo o la cena, tiranneggiati dalla mafia<br />
e costretti a fornirle, come in un tributo<br />
ottomano, parte dei propri <strong>giovani</strong> per le<br />
sue imprese, eppure si ribellarono, nell'84<br />
e nel '93, sia pure per pochi giorni.<br />
I <strong>giovani</strong> e <strong>giovani</strong>ssimi, in quattro generazioni<br />
successive, crearono movimenti<br />
e si batterono, soli e senza potere, come<br />
leoni. Non furono colpa loro le sconfitte<br />
(incontri ai quattro angoli d'Italia emigrati<br />
che “io ero nei <strong>Siciliani</strong>”) né l'orrore sociale<br />
che, un decennio dopo l'altro, spremè<br />
ferocemente sangue e anima di quella<br />
che era stata la più allegra e spavalda città<br />
del Sud.<br />
“E io che c'entro?”<br />
Va bene: hai letto con civile attenzione,<br />
amico mio romano o milanese, ma ora cominci<br />
a chiederti: “E io che c'entro?”.<br />
Ma vedi, in realtà abbiamo parlato di<br />
Roma e Milano. Catania e la Sicilia sono<br />
state un punto d'inizio, ma ciò che era<br />
nato qui adesso è compiutamente e pienamente<br />
- perlomeno - italiano.<br />
Dell'Utri, eletto a Milano, ha governato<br />
l'intera Italia (con altri, famosi e non) per<br />
un pieno ventennio; il suo “governo”, se è<br />
vero che Berlusconi è ancora socio in<br />
maggioranza, in un certo qual senso dura<br />
ancora. Questo nella politica, che è lo<br />
strato superficiale del potere: ma pensa<br />
agli “imprenditori” e alla finanza, a quelli<br />
che comandano davvero. Quanta percentuale<br />
di questo potere è “mafioso”?<br />
“Mafioso”, bada bene, non significa<br />
“che spara e ammazza” (per questo ci<br />
sono dei tecnici dedicati) ma che nel suo<br />
complesso, esercita una potestà sempre<br />
più piena e assoluta, non rifuggendo dalla<br />
violenza ma usandola con precisione chirurgica<br />
quando conviene. Il Sistema (che<br />
chiamare semplicemente mafioso è ormai<br />
un po' obsoleto) è un mix di meccanismi<br />
sociali, egemonie culturali, violenze<br />
mirate e consenso artificialmente indotto.<br />
Noi, quaggiù, l'abbiamo visto crescere,<br />
a Palermo e Catania, ben prima di Berlusconi.<br />
Noi non ce l'abbiamo fatto a fermarlo,<br />
e ora è un problema vostro.<br />
Divieto di Mozart<br />
LA CULTURA A CATANIA<br />
La piazza si affolla di ragazzini e ragazzine<br />
che si sistemano sulle sedie, aprono<br />
gli astucci dei loro strumenti musicali, li<br />
accordano iniziano le prove orchestrali.<br />
Siamo a Catania in piazza san Cristoforo,<br />
in uno dei quartieri più poveri della città.<br />
Non è un'iniziativa dell'assessorato "alla bellezza condivisa" o<br />
dell'Estate Catanese ma un'azione di protesta della Fondazione<br />
"Le città invisibili", che da anni ha messo su "l'orchestra sinfonica<br />
infantile Falcone e Borsellino". Un'orchestra di piccoli musicisti che<br />
vengono dai quartieri dimenticati della città. Ragazzi che combatto<br />
no mafie e illegalità istituzionale a suon di Mozart e di Vivaldi.<br />
Ma a Catania la voce dei quartieri popolari non è molto ascoltata,<br />
neanche in musica. Così la nostra orchestra si ritrova senza nemmeno<br />
una sede dove provare. Prima provavano nella parrocchia<br />
del quartiere, ma è stata dichiarata inagibile. Hanno chiesto aiuto al<br />
Comune, ma nessuna risposta.<br />
La piazza, ora, s'affolla di genitori del quartiere.<br />
"Ma perché 'sti ragazzini debbono provare qui,<br />
fra macchine e confusione?".<br />
Qualche giorno prima aveva dovuto chiudere la<br />
"Mangiacarte", la libreria popolare di Antico Corso.<br />
Faceva un lavoro importante, prestava libri,<br />
organizzava cose per lanciare cultura là dov'è<br />
negata. Anche qui, Comune tace e non risponde.<br />
Eppure in città ci sono molti beni comuni abbandonati,<br />
molti beni confiscati alle mafie. A giugno è<br />
stato approvato il regolamento sui beni confiscati. Buono o cattivo<br />
che sia, almeno c'è: abbiamo il diritto di vederci restituire questi<br />
beni che ci toccano di diritto.<br />
Allora, diciamo alle organizzazioni che con la cultura e le battaglie<br />
sociali fanno antimafia sociale di unirsi, formare un fronte che<br />
chieda e pretenda i beni comuni e i beni confiscati alle mafie, in<br />
modo che i ragazzini e le ragazzine con la musica e i libri possano<br />
combattere l'ignoranza e l'oppressione mafiosa, che tanto comodo<br />
fanno al potere. Solo con una lotta comune potremo riuscire ad<br />
ascoltare e vedere dei <strong>giovani</strong> musicisti regalarci musica e cultura.<br />
Non per amor di protesta ma perchè è un diritto.<br />
Giovanni Caruso,GAPA<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 15
www.isiciliani.it<br />
Italia nascosta<br />
GLI ARMADI DELLA REPUBBLICA<br />
I segreti di Cattafi<br />
Fra le tante notizie estive, una riguarda<br />
Catania (un luogo, come sappiamo,<br />
non solo geografico) molto trasversalmente.<br />
Un killer di Santapaola,<br />
Avola, pentito dopo molti omicidi (fra<br />
cui, per mandati eccellenti, cui quello di<br />
Giuseppe Fava), racconta di un complotto<br />
mafioso, nel '92, per assassinare<br />
il magistrato Antonio Di Pietro.<br />
Ci sono, secondo il sicario, finanzieri<br />
come Francesco Pacini Battaglia, politici<br />
come Cesare Previti (che smentisce indignato),<br />
boss catanesi come Eugenio Galea<br />
e Marcello D’Agata, Michelangelo Alfano,<br />
referenti siculo-calabresi come Michelangelo<br />
Alfano e, in rappresentanza dei<br />
Noti Servizi, Rosario Cattafi.<br />
La cosa finisce lì, per quanto ne sappiamo<br />
(e ne sappiamo ben poco) e agli atti<br />
resta soprattutto l'inquietante presenza, in<br />
un classico summit mafia-politica, d'un<br />
uomo coi piedi in entrambe come Cattafi.<br />
Politica in senso assai ampio, che va dal<br />
rifacimento delle repubbliche (da prima al<br />
seconda, con relativi governi, a sanguinose<br />
“rivoluzioni”, “di sinistra” o di destra.<br />
*<br />
Queste ultime, con servizi segreti, strateghi<br />
“alleati”, attentati esplosivi e pallottole<br />
a iosa, coprono tutti gli anni Settanta<br />
e parte degli Ottanta, valendosi fra l'altro<br />
di gruppi come Ordine Nuovo e Avanguardia<br />
Nazionale, in parte reclutati e in<br />
parte manovrate da fuori. Poi il turno<br />
passa alle “rivoluzioni” “di sinistra”, e<br />
stavolta a essere manovrati e/o infiltrati<br />
sono gruppi come le Brigate rosse della<br />
seconda fase, coi promotori originari già<br />
morti o in galera. Mafia camorra e 'ndrangheta,<br />
in questo periodo, sono semplici<br />
associazioni criminali (ufficialmente) che<br />
di politica s'interessano poco e niente,<br />
salvo - in Sicilia - “fare le elezioni” per i<br />
governi e far fuori gli oppositori.<br />
L'omicidio Caccia<br />
Il 26 giugno 1983 un uomo sta portando<br />
a spasso il cane dopo una giornata di riposo.<br />
Arriva una macchina con tre uomini a<br />
bordo che aprono il fuoco con quattordici<br />
colpi di cui tre alla nuca. Muore così il<br />
procuratore capo di Torino Bruno Caccia.<br />
Caccia era stato il primo a intuire quella<br />
che dieci anni dopo sarebbe stata Tangentopoli,<br />
e a capire quanto già fosse forte a<br />
Torino la ‘ndrangheta, che al nord allora<br />
era praticamente sconosciuta.<br />
Fu un boss della<br />
'ndrangheta, Mimmo<br />
Belfiore, a dare<br />
l'ordine dell'agguato.<br />
Ma una rivendicazione<br />
brigatista<br />
dell'attentato fu tuttavia<br />
preparata, e fu<br />
stampato il relativo<br />
volantino. Dove fu ritrovato il volantino?<br />
Guarda caso, in casa di Rosario Cattafi. E<br />
che fine ha fatto? Documento e verbale di<br />
perquisizione non compaiono nel<br />
fascicolo d’indagine.<br />
Una storia silenziata<br />
Di Cattafi non si sente parlare più molto<br />
adesso, nonostante l'arresto avvenuto due<br />
anni fa, come boss della mafia messinese,<br />
dove aveva raggiunto un grado molto<br />
elevato.. Ne si parla più di tutta la<br />
costellazione di “estremisti” neri, in realtà<br />
collegati in gran parte con le periferie dei<br />
servizi, che portarono avanti –<br />
probabilmente con successo – la politica<br />
parallela degli anni Ottanta-Novanta.<br />
Tornano nelle cronache, ogni tanto, per<br />
qualche occasionale regolamento di conti<br />
(quest'estate, a Roma); per il resto,<br />
ufficialmente, sono fantasmi del passato.<br />
Società civile<br />
LA NOMINA DI CUTICCHIA<br />
Apprendiamo con vivo sconcerto che il Patto dei Democratici<br />
per le Riforme che sostiene il governo Crocetta ha affidato a Vincenzo<br />
Culicchia il Piano <strong>giovani</strong>. “Non poteva essere fatta scelta<br />
migliore - afferma il capogruppo Picciolo - che indicare una personalità<br />
qual è Culicchia di grande esperienza e capacità, nonché di<br />
grande spessore umano, per collaborare con il PDR alle riforme<br />
necessarie in settori come la formazione professionale e il mercato<br />
del lavoro“.<br />
Chiediamo il curriculum di Vincenzino Culicchia direttamente al<br />
Presidente Crocetta, visto che proprio lui a Gela ha inaugurato,<br />
da sindaco, la casa di Rita Atria e più volte ha speso parole di<br />
elogio per Rita Atria... la Picciridda che accusava proprio Culicchia.<br />
Vero, Culicchia è stato assolto. Noi non possiamo certo condannarlo<br />
sul piano giudiziario ma lo possiamo fare su quello politico.<br />
Per noi Culicchia non è un uomo di grande spessore né politico,<br />
né umano.<br />
Chiediamo che il Presidente Crocetta vada a cercare lo spessore<br />
politico e umano nella Relazione della Giunta per le Autorizzazioni<br />
a Procedere dell’11 maggio del 1992 (trasmessa al Ministro<br />
Martelli e il 15 giugno 1992 alla Presidenza, Casablanca nr.<br />
25). La Camera concesse ai giudici l'autorizzazione a procedere.<br />
Poi fu assolto ma non serve una condanna per il giudizio politico.<br />
Bastano le carte i fatti, le azioni, le attività, le frequentazioni.<br />
Rita nel suo diario aveva scritto: "Credo proprio che mai Culicchia<br />
andrà in galera. Mai nessuno riuscirà a trovare le prove che<br />
lo accusano e provino che dico la verità. Sono sicura che mai riuscirò<br />
a farmi credere dai giudici, vorrei che ci fosse papà, lui riuscirebbe<br />
a trovare le prove che lo facciano apparire per quello<br />
che veramente è ma naturalmente le parole di una diciassettenne<br />
non valgono nulla...".<br />
Chiediamo a chi dice di fare memoria per Rita Atria di esprimersi<br />
sulla scelta dei sostenitori del governo Crocetta e sul silenzio<br />
assenso del Presidente Crocetta. Lo chiediamo a chi si presenta<br />
con la fascia tricolore davanti alla tomba di Rita. Lo chiediamo a<br />
chi approva le leggi per il risarcimento dei testimoni nel nome di<br />
Rita Atria... e siamo certi che le associazioni che ricordano puntualmente<br />
morte e compleanni di Rita sapranno prendere le dovute<br />
distanze.<br />
Associazione Antimafie Rita Atria<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 16
www.isiciliani.it<br />
Legalità<br />
Gli impuniti<br />
del depistaggio<br />
Intervista a Davide<br />
Mattiello sulla legge sostenuta<br />
da Libera per<br />
istituire finalmente il<br />
reato di depistaggio<br />
di Rino Giacalone<br />
www.vedisito.it<br />
C’è un reato che sebbene commesso<br />
spesso e platealmente resta sempre impunito:<br />
il depistaggio. Non c’è indagine<br />
in Italia, di quelle che contano, di quelle<br />
sulle stragi, dove non si colga l’ombra<br />
del depistaggio, spesso confuso con<br />
l’errore investigativo o tutto al più punito<br />
con la contestazione del falso. E<br />
qui c'è sempre la prescrizione incombente.<br />
Nel processo che si è appena concluso<br />
per l’uccisione di Mauro Rostagno, caso<br />
in cui il depistaggio si tocca con mano,<br />
c’è un maresciallo dell’Arma che l'avrebbe<br />
potuto meritare in pieno. La sua posizione,<br />
assieme a quella di un’altra decina<br />
di testimoni, verrà vagliata come falso.<br />
L’onorevole Davide Mattielo (indipendente<br />
Pd ma soprattutto uomo di Libera)<br />
sta provando in Parlamento a fare introdurre<br />
nel codice penale il reato di depistaggio.<br />
“L’approvazione del nuovo reato di depistaggio<br />
ed inquinamento processuale –<br />
spiega - rappresenta una presa d'atto doverosa<br />
e dolorosa. La democrazia nel nostro<br />
Paese, infatti, è stata ed è spesso avvelenata<br />
da chi ostacola la ricerca della<br />
verità, almeno di quella particolare verità<br />
che è quella giudiziaria. È una presa d'atto<br />
dolorosa, perché ricorrere all'ennesima<br />
nuova norma penale rappresenta pur sempre<br />
un fallimento per chi, come me, ha<br />
un'idea di Stato fondata sulla libertà della<br />
persona e sulla presunzione di onestà”.<br />
- Un passo importante ma che induce<br />
al pessimismo?<br />
“Non è con il diritto penale che si monda<br />
la società. Quando si arriva a dover intervenire<br />
attraverso la sanzione penale di<br />
una condotta tanto radicata e diffusa come<br />
quella della quale trattiamo, si sta con ciò<br />
stesso denunciando una grave deficienza<br />
democratica sul piano culturale. Il diritto<br />
penale non basterà mai, se non si agisce<br />
efficacemente la leva culturale”.<br />
- Il nuovo articolo 375 prevede di colpire,<br />
tra le altre, la condotta di chi immuti<br />
artificiosamente lo stato delle persone<br />
connesse al reato. A cosa dobbiamo<br />
pensare leggendo questa frase?<br />
“Dobbiamo pensare, tra le altre, alla<br />
possibilità che qualcuno avvicini un detenuto,<br />
magari un detenuto al 41-bis, e gli<br />
suggerisca quale parte recitare in commedia.<br />
Dobbiamo pensare, tra le altre, alla<br />
possibilità che qualcuno avvicini un collaboratore<br />
di giustizia e gli suggerisca quale<br />
parte recitare”.<br />
- Caso Scarantino, depistaggio strage<br />
via D’Amelio ma non solo?<br />
“Va esplorata la vicenda del detenuto<br />
Alberto Lorusso che per un breve quanto<br />
turbolento periodo tra l'aprile e il dicembre<br />
2013 ha fatto compagnia al boss Totò<br />
Riina nel carcere di Opera. Un periodo caratterizzato<br />
da una sorprendente loquacità<br />
del boss. Un vero e proprio fuoco d'artificio”.<br />
- Tornando al testo dell'articolo 375<br />
del codice penale, si legge: «chi distrugge,<br />
sopprime, occulta o rende comunque<br />
inservibile in tutto o in parte un documento»...<br />
“E come non pensare al 5 agosto 1989,<br />
quando qualcuno sparò all'agente Nino<br />
Agostino e a sua moglie Ida, uccidendoli?<br />
Come non pensare a quelle ore che seguirono<br />
il duplice omicidio, in cui venne letteralmente<br />
portato via un «frego» di carte<br />
dall'armadio di Agostino, carte mai più ritrovate.<br />
Carte su cui Agostino aveva appuntato<br />
nomi e relazioni. Un lavoro, quello<br />
di Agostino, legato in qualche modo a<br />
quello dell'agente Piazza, anch'egli ucciso<br />
pochi mesi dopo, e al fallito attentato contro<br />
Falcone all'Addaura il 20 giugno dello<br />
stesso anno. Un lavoro prezioso, visto che<br />
Falcone, presentatosi al funerale di Agostino,<br />
disse: «A questo ragazzo devo la<br />
mia vita». Quel «frego» di carte sarebbe<br />
stato portato via da un agente di polizia<br />
intervenuto sul posto, successivamente<br />
scoperto e processato, ma per il quale nel<br />
febbraio del 2014 la procura di Palermo<br />
ha dovuto chiedere l'archiviazione per intervenuta<br />
prescrizione”.<br />
- Sappiamo bene poi che il depistaggio<br />
è sintomatico di alleanze ignobili tra<br />
organizzazioni criminali in senso stretto<br />
e quell'area vasta composta da esponenti<br />
delle istituzioni, della politica e<br />
dell'economia. Detto altrimenti il depistaggio<br />
è semplicemente l'intera storia<br />
del rapporto non risolto tra mafia e<br />
Stato. Quel rapporto che passa attraverso<br />
l'omicidio di Peppino Impastato,<br />
di Mauro Rostagno, di Ilaria Alpi e Miran<br />
Hrovatin...<br />
“È davvero giunto il tempo che si converta<br />
alla lealtà democratica chi ha fin qui<br />
vissuto di altre, «maledette» lealtà. In attesa<br />
che questo avvenga, attrezziamoci<br />
comunque e prudentemente con questo<br />
nuovo “.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 17
www.isiciliani.it<br />
1914<br />
Truppe Usa<br />
da Vicenza all'Ucraina<br />
Venti di guerra fra Veneto<br />
ed Est Europa<br />
di Antonio Mazzeo<br />
Oltre duecento paracadutisti statunitensi<br />
sono partiti dall'Italia per l’Ucraina<br />
per partecipare ad una vasta esercitazione<br />
militare multinazionale.<br />
I parà appartengono al 173rd Airborne<br />
Brigade Combat Team, il reparto d’élite<br />
aviotrasportato dell’esercito Usa di stanza<br />
a Vicenza. I war games si terranno dal 16<br />
al 26 settembre nella parte occidentale del<br />
paese; le unità raggiungeranno l’International<br />
Peacekeeping and Security Center<br />
di Yavoriv con voli cargo che decolleranno<br />
dalla base aerea di Aviano (Pordenone).<br />
L’esercitazione prenderà il nome di “Rapid<br />
Trident” e vedrà la partecipazione di<br />
1,300 militari di 15 nazioni (Ucraina,<br />
Azerbaijan, Bulgaria, Canada, Georgia,<br />
Germania, Gran Bretagna, Lettonia, Lituania,<br />
Moldavia, Norvegia, Polonia, Romania,<br />
Spagna e Stati Uniti). “Operazioni di<br />
peacekeeping, trasporto mezzi, pattugliamento,<br />
individuazione e disattivazione di<br />
materiale esplodente” secondo il portavoce<br />
del Pentagono, colonnello Steve Warren.<br />
L’esercitazione si terrà a Lviv, al confine<br />
con la Polonia”. Il Pentagono ha annunciato<br />
inoltre di aver consegnato alle<br />
autorità di Kiev nuovi aiuti militari “non<br />
letali”, tra cui “caschi protettivi, dispositivi<br />
robot anti-esplosivi, sacchi a pelo, uniformi,<br />
sistemi di radiocomunicazione,<br />
giubbotti antiproiettile e kit sanitari”.<br />
“Rapid Trident” era stata programmata<br />
inizialmente per il mese di luglio, ma il<br />
Comando di US Army in Europa aveva<br />
poi deciso di spostarla a settembre. L’esercitazione<br />
viene condotta annualmente in<br />
Ucraina sin dal 1995, anche se originariamente<br />
vedeva schierate solo unità nazionali<br />
e statunitensi. L’ultima edizione si è tenuta<br />
nel luglio 2013 e ha visto partecipare<br />
oltre un migliaio di militari di 17 paesi:<br />
Usa, Ucraina, Armenia, Azerbaijan, Bulgaria,<br />
Canada, Danimarca, Georgia, Germania,<br />
Uk, Moldavia, Norvegia, Polonia,<br />
Romania, Serbia, Svezia e Turchia.<br />
Anche lo scorso anno hanno preso parte<br />
a “Rapid Trident” i paracadutisti del 173rd<br />
Infantry Brigade Combat Team di Vicenza,<br />
portando a termine oltre 300 lanci da<br />
elicotteri e aerei e l’addestramento delle<br />
unità ucraine al trasporto mobile aereo.<br />
L’esercitazione fu monitorata da “ispettori”<br />
del Comando per le forze terrestri<br />
della Nato di Izmir (Turchia).<br />
Esercitazioni anti-russe<br />
In est Europa sono in corso altre importanti<br />
esercitazioni dell’Alleanza Atlantica<br />
con palesi obiettivi anti-russi.<br />
In un ampio territorio comprendente la<br />
Germania orientale e le Repubbliche baltiche,<br />
si svolge “Steadfast Javelin II”, a cui<br />
partecipano di militari di 13 paesi - Bulgaria,<br />
Canada, Germania, Gran Bretagna,<br />
Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania,<br />
Polonia, Romania, Slovenia, Stati<br />
Uniti e Italia, quest’ultima con i paracadutisti<br />
della Brigata “Folgore” - più due nazioni<br />
della Partnership for peace, Bosnia<br />
Erzegovina e Serbia.<br />
Una dozzina di cacciabombardieri F-15<br />
e 180 militari statunitensi, provenienti dalla<br />
base di Lakenhealth (Gran Bretagna),<br />
sono impegnati invece in Bulgaria in<br />
un’esercitazione bilaterale di due settimane<br />
con le forze aeree locali. Da ottobre<br />
sino alla fine dell’anno si terrà invece una<br />
vasta esercitazione terrestre in Polonia e<br />
nelle Repubbliche baltiche a cui prenderanno<br />
parte 600 unità della 1^ Divisione<br />
cavalleria di US Army, proveniente da<br />
Fort Hood (Texas), con carri armati M-1<br />
“Abrams”, blindati e velivoli corazzati.<br />
Al Comando Nato di Bruxelles si approntano<br />
intanto i programmi per trasferire<br />
stabilmente in Europa orientale uomini e<br />
mezzi dell’Alleanza. Al recente vertice in<br />
Galles, è stata approvata la creazione di<br />
una forza di pronto intervento con “punte<br />
di lancia” (Spearhead), capaci di entrare in<br />
azione nel giro di 48 ore, con il supporto<br />
di aviazione, marina e forze speciali.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 28<br />
La task force avrà a disposizione basi<br />
permanenti, depositi di munizioni e carburante<br />
e tutte le infrastrutture di supporto<br />
necessarie, nei paesi Nato prossimi alla<br />
frontiera con la Russia.<br />
Saranno avviate presto attività addestrative<br />
delle unità speciali e di pronto intervento<br />
dell’Europa orientale.<br />
Il governo polacco ha formalmente chiesto<br />
a Washington di trasferire stabilmente<br />
in Polonia perlomeno un gruppo di volo<br />
con cacciabombardieri F-16 a capacità nucleare,<br />
di stanza oggi ad Aviano.<br />
Il presidente della Romania, Traian Basescu,<br />
ha annunciato che un contingente di<br />
200 militari Nato (piloti, meccanici e tecnici<br />
di manutenzione) sarà stazionato in<br />
uno scalo militare rumeno. Bruxelles ha<br />
infine dato un colpo di acceleratore al programma<br />
di allargamento Nato a Macedonia,<br />
Montenegro, Georgia, Bosnia-Erzegovina,<br />
Serbia e, ovviamente, all’Ucraina.<br />
Vicenza: una base operativa<br />
Il 173rd Airborne Brigade Combat Team<br />
di Vicenza è stato impiegato nei principali<br />
scacchieri di guerra mediorientali, in particolare<br />
in Iraq e in Afghanistan.<br />
Da qualche mese i comandi generali<br />
della brigata e quattro battaglioni (due<br />
provenienti dalla base di Bamberg, Germania<br />
e due dalla base vicentina di Camp<br />
Ederle) sono stati trasferiti nel nuovo hub<br />
logistico-militare realizzato all’interno<br />
dell’ex aeroporto “Dal Molin” di Vicenza,<br />
rinominato “Camp Del Din”.<br />
I lavori infrastrutturali, avviati nel 2008,<br />
hanno comportato una spesa di 289 milioni<br />
di euro.<br />
Sono stati realizzati, in particolare, 31<br />
nuovi edifici destinati a caserme-alloggio<br />
per 2.000 militari, magazzini, spazi operativi,<br />
officine di manutenzione velivoli, uffici<br />
e centri comando, due parcheggi multipiano<br />
per 800 auto e 50 motocicli, diversi<br />
centri sportivi.<br />
Con il trasferimento al “Dal Molin” dei<br />
due battaglioni della 173rd Airborne Brigade<br />
provieniti dalla Germania, il numero<br />
dei soldati Usa a Vicenza ha raggiunto le<br />
4.000 unità.
www.isiciliani.it<br />
Libri<br />
PARLANO<br />
I REDATTORI<br />
DI GIUSEPPE<br />
FAVA<br />
Mentre l'orchestrina<br />
suonava “Gelosia”<br />
di Antonio Roccuzzo<br />
e Prima che la notte<br />
di Claudio Fava e<br />
Miki Gambino<br />
raccontano gli anni<br />
dei <strong>Siciliani</strong> di<br />
Giuseppe Fava come<br />
vennero vissuti dai<br />
ragazzi che con lui<br />
condivisero la più<br />
bella atoria<br />
del giornalismo<br />
italiano. Una storia<br />
che non è finita.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 18
www.isiciliani.it<br />
Giornalisti<br />
La rivolta<br />
degli invisibili<br />
I precari e la beffa dell’<br />
”equo compenso”<br />
di Norma Ferrara<br />
www.liberainformazione.org<br />
Sul sito della BBC la raccontano così:<br />
“Freelance journalists in Italy protest<br />
over minimum wage ruling”. E' una<br />
questione che in Italia per alcune settimane<br />
ha tolto il fiato a giornalisti, sindacato<br />
e persino ad alcuni lettori.<br />
Una delibera governativa dal 19 giugno<br />
ha chiuso l’accordo la tra Federazione Italiana<br />
Editori Giornali e Federazione Nazionale<br />
Stampa Italiana sull’equo compenso<br />
per i giornalisti. Un percorso avviato da<br />
tempo con l’intento di porre fine alla<br />
“schiavitù” legalizzata nell’editoria e nel<br />
giornalismo in cui tariffari da fame, mancati<br />
pagamenti, fallimenti e licenziamenti<br />
sono la regola da più di vent’anni.<br />
“Precari merce di scambio”<br />
Così una Commissione nominata ad hoc<br />
per redigere in Italia un tariffario più civile<br />
per i giornalisti, capace di tutelare non<br />
solo il diritto al lavoro ma anche quello ad<br />
un'informazione di qualità, partita con le<br />
migliori intenzioni è stata bruscamente fatta<br />
convergere nella contrattazione nazionale<br />
Fieg-Fnsi. Una manovra che, secondo<br />
i freelance, ha fatto diventare la legge<br />
sull’equo compenso merce di scambio e/o<br />
ricatto da parte degli editori.<br />
In origine, quella norma aveva poco a<br />
che vedere con la contrattazione nazionale.<br />
Era invece figlia della Carta di Firenze,<br />
frutto del lavoro di freelance, precari, una<br />
parte del sindacato e dell’Ordine dei giornalisti<br />
(presente dopo decenni di assenza).<br />
Una legge dello Stato per la prima volta<br />
avrebbe imposto sanzioni agli editori che<br />
non rispettavano l’equo compenso, anche<br />
alla luce del mutato contesto tecnologico e<br />
editoriale italiano.<br />
Il regalo agli editori<br />
Le tariffe, “minime” (tiene a precisare il<br />
segretario della Federazione nazionale della<br />
Stampa Franco Siddi), saranno dunque:<br />
20,80 per un articolo su un quotidiano;<br />
6,25 euro per una segnalazione ad agenzie<br />
e web (integrata di un paio di euro se con<br />
foto e video); 67 euro ad articolo per i periodici;<br />
14 euro per un articolo su periodici<br />
locali; 40 euro per le tv locali, ma solo con<br />
un minimo di 6 pezzi al mese; 250 euro<br />
per un pezzo sui mensili. Questo è ciò che<br />
editori e sindacato hanno stabilito come<br />
“equo compenso” per cronisti a<br />
collaborazione coordinata e continuativa.<br />
Immediate le reazioni dei giornalisti:<br />
una petizione on line con oltre 2000 firme<br />
è stata lanciata su change.org e portata al<br />
sottosegretario all’editoria, Luca Lotti.<br />
Alla Fnsi, scontro fra i coordinamenti<br />
precari e i vertici della Fnsi: toni alti, tanta<br />
sofferenza nelle parole dei colleghi, perdita<br />
di lucidità da una parte e dall’altra, spintoni<br />
e parole dure. Risultato di uno scollamento<br />
(direbbero i politici) fra base e vertici,<br />
fra chi si è fatto carico del disastro del<br />
sistema editoriale italiano e chi ha chiuso<br />
gli occhi. I vertici del sindacato chiedono<br />
di arrivare a novembre, al rinnovo del<br />
congresso e di giocarsi li il tutto per tutto.<br />
Le storie degli “invisibili”<br />
Ma la vicenda dell’equo compenso va<br />
oltre le tariffe dei pezzi, riguarda le politiche<br />
del lavoro e il laboratorio che il mercato<br />
editoriale è diventato per tutto il settore.<br />
Si parte dai giornali e si arriva nelle<br />
fabbriche: mentre tutti, da anni, pensavano<br />
si stesse sperimentando esattamente il contrario.<br />
Le polemiche sul diritto al lavoro<br />
per i giornalisti sono anche l’occasione per<br />
non chiudere gli occhi sul sommerso che<br />
tiene in piedi giornali, tv, portali e radio.<br />
Gli “invisibili” fanno oltre il 60% di<br />
questi prodotti e sono vittime di un<br />
sistema da cui sono attratti ma al tempo<br />
stesso condannati.<br />
Il loro tormento spesso porta a gesti<br />
estremi, altre volte solo a cambiare lavoro,<br />
altre ancora ad andare avanti con un pesante<br />
stato di depressione. Per i più fortunati<br />
l’ironia smorza la pesantezza di questo<br />
anomalo precariato ma non risolve i<br />
problemi a fine mese quando sul contro<br />
corrente per oltre 100 pezzi inviati ad una<br />
agenzia arriverà un bonifico di meno di 45<br />
euro. Un lamento collettivo che traspare<br />
anche sotto le firme della petizione on line<br />
inviata al sottosegretario Lotti.<br />
Su change.org tanti i messaggi lasciati<br />
dai colleghi e dai cittadini: “È dal 1997<br />
che vengo sfruttata nell'indifferenza generale.<br />
Ora basta sopravvivere, vogliamo vivere<br />
come tutti i lavoratori”; "I giornalisti<br />
liberi di scrivere e di vivere sono una garanzia<br />
per la democrazia"; “Voglio continuare<br />
a fare la giornalista, ma queste condizioni<br />
non me lo permettono”… "L'informazione<br />
che si farà pagando i giornalisti 3<br />
euro all'ora varrà lo stesso prezzo. L'Italia<br />
e gli italiani non se lo possono permettere”<br />
- scrivono ancora altri colleghi. "Non è<br />
importante per me, è importante per tutti!”<br />
commenta un cittadino.<br />
Il ricorso dell'Ordine dei giornalisti<br />
L’Odg ha annunciato un ricorso al Tar. I<br />
colleghi della BBC si sono accorti degli<br />
“invisibili”, un soggetto che in Italia è raro<br />
veder raccontato sui giornali.<br />
Difficile spiegare, in terra britannica, anche<br />
il resto: editori “mordi e fuggi” che<br />
fanno nascere giornali per “posizionare<br />
giornalisti” e “vendere spazi pubblicitari”<br />
e chiudono spesso prima, molto prima,<br />
della fine di un campionato di calcio. La<br />
partita, d’altronde, la vincono sempre loro,<br />
“gli editori impuri” come si chiamano tecnicamente<br />
in Italia.<br />
Sul campo, con le mani fra i capelli, alla<br />
fine di ogni gara rimangono i giornalisti,<br />
che assistono agli innumerevoli autogoal<br />
messi a segno dai rappresentanti della categoria<br />
cui appartengono.E le partite, una<br />
dopo l’altra, si continuano a perdere così.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 20
www.isiciliani.it<br />
Napoli<br />
Una città<br />
“normale”<br />
Davide Bifolco,<br />
Mariano Bottari<br />
Morire di pallottole per<br />
la strada, a diciasssette<br />
o a settantantacinque<br />
anni<br />
di Arnaldo Capezzuto<br />
www.vedisito.it<br />
E’ un’onda lunga di rabbia, odio e<br />
disperazione che al Rione Traiano, periferia<br />
Occidentale di Napoli, sembra<br />
travolgere tutto e tutti.<br />
Davide Bifolco tra pochi giorni avrebbe<br />
compiuto 17 anni, un colpo di pistola<br />
esploso accidentalmente da un revolver di<br />
un carabiniere – ora indagato per omicidio<br />
colposo – gli ha strappato la vita. Guidava<br />
uno scooter non suo, senza assicurazione<br />
ed era privo di patente. Non era solo. In<br />
sella con lui c’erano altre due persone: un<br />
pregiudicato e un latitante. All’alt dei militari<br />
dell’Arma inizialmente non si sarebbe<br />
fermato. Poi ha desistito. Quando erano<br />
in corso gli accertamenti, la tragedia.<br />
Davide – come tanti testimoniano – era<br />
un bravo ragazzo, incensurato e non aveva<br />
mai avuto problemi con la giustizia. La<br />
domanda è cinica e spietata ma legittima:<br />
perché Davide, il bravo ragazzo, era nel<br />
cuore della notte in compagnia di due<br />
brutti ceffi ed a zonzo per la città?<br />
Le indagini faranno il loro corso. Se il<br />
carabiniere per imprudenza, paura e avventatezza<br />
ha sbagliato pagherà come è<br />
giusto che sia. Lo Stato deve fare lo Stato.<br />
Le forze dell’ordine devono garantire nel<br />
loro difficile compito la legalità e non infrangerla.<br />
Vite a perdere<br />
Sullo sfondo c’è una città allo sbando,<br />
comatosa, luttuosa. Ci sono almeno due<br />
nuove generazioni cresciute all’ombra di<br />
faide, guerre e con gli spacciatori sotto<br />
casa. Davanti a loro non c’è nulla, il vuoto.<br />
Insomma, fare un giro di notte con chi<br />
capita è normale. Le vite sono a perdere.<br />
Lascio ai professionisti delle tragedie la<br />
retorica, le parole urlate e la solita morale.<br />
Esterno preoccupazioni. Lo scrivo senza<br />
polemica, solo esercitando una critica non<br />
autoassolutoria: Governo cosa fa?<br />
Nell’agenda dell’esecutivo c’è di tutto e<br />
di più. Si affrontano emergenze su emergenze.<br />
L’etica è quella del fare. Si fanno<br />
annunci. Si mostrano slide. Bene, bravi,<br />
bis. Ma c’è un Sud Italia che ansima. Non<br />
è il solito film in bianco e nero.<br />
Occorre ora aprire gli occhi, guardare<br />
con sguardo vivo nel ventre e nelle periferie<br />
delle città del Sud. La miccia è accesa.<br />
L’esplosione può accadere in og ni momento.<br />
E non so se qualcuno si salverà.<br />
“Cambiare verso” qui è davvero<br />
un’urgenza. In meno di quattro giorni a<br />
Napoli hanno scorazzato per le strade di<br />
Materdei, Barra, San Giovanni e Ponticelli<br />
vere e proprie bande armate, squadriglie<br />
del male, gruppi di fuoco “esibitesi” in<br />
azioni dimostrative, incuranti dell’ora,<br />
della probabilità di colpire persone innocenti<br />
o finire nelle maglie della giustizia.<br />
Sventagliate di kalashnikov contro<br />
obiettivi sensibili per “avvisare” che ora<br />
ci sono nuovi padroni. Davanti agli occhi<br />
di tanti si sono consumate scene di puro<br />
terrore. Raid armati che hanno lasciato sul<br />
selciato fino a 40 bossoli.<br />
Non siamo in Iraq, in Siria oppure in<br />
Ucraina ma in una città italiana, di un<br />
paese occidentale che ha contribuito a<br />
fondare l’Unione europea. Le scene non<br />
erano tanto dissimili da quelle che ci fanno<br />
vedere gli inviati di guerra da quei disgraziati<br />
territori<br />
Ciò che preoccupa è quel maledetto vestito<br />
di normalità, indifferenza, giustificazionismo<br />
che da sempre i meridionali mostrano<br />
per esorcizzare la realtà. Lo sguardo<br />
è rivolto a San Gennaro e a lui va il<br />
ringraziamento, se nessuno ci ha rimesso<br />
le penne. Invece, un mese fa, neppure la<br />
forza di San Ciro ha potuto fare nulla a<br />
Portici.<br />
Mariano Bottari, 75 anni, pensionato ha<br />
incrociato sulla sua strada mentre faceva<br />
la spesa un proiettile vagante esploso da<br />
due malviventi durante il tentativo di rapina<br />
a un imprenditore. E’ morto. Un’altra<br />
vittima innocente, l’ennesima. Sono oltre<br />
300 in Campania. Cifre da guerra che nessuno<br />
riconosce e più che altro vuole davvero<br />
combattere.<br />
Ecco, il premier Matteo Renzi nei vari<br />
summit internazionali inserisca anche le<br />
regioni dell’Italia meridionale, zone di<br />
guerra a bassa intensità, da pattugliare e<br />
pacificare da una forza Onu o Nato. Davide<br />
è stata l’ennesima vittima. Come altri<br />
paga un prezzo altissimo di essere nato e<br />
cresciuto in una terra apparentemente<br />
“normale” ma endemicamente in guerra.<br />
www.ilfattoquotidiano.it<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 21
www.isiciliani.it<br />
Giornalismo<br />
“Essere solo<br />
un cronista”<br />
Intervista ad Arnaldo<br />
Capezzuto<br />
di Giulia Farneti<br />
Arnaldo Capezzuto è un giornalista napoletano,<br />
classe 1970. Ha collaborato con i quotidiani<br />
La verità, Napolipiù e Il Napoli (Epolis).<br />
Attualmente collabora con varie testate, tra cui<br />
il mensile L'Espresso Napoletano e dirige l'online<br />
ladomenicasettimanale.it che fa parte del<br />
progetto de I <strong>Siciliani</strong> Giovani.<br />
- Quando e perché è nata la passione<br />
per il giornalismo d’inchiesta?<br />
- Non lo so se sono un giornalista<br />
d'inchiesta. Non so se, in generale, mi è<br />
nata una passione. Dico davvero. Mi sento<br />
molto distante dal lavoro che cerco di<br />
fare. Mi sembra quasi naturale di occuparmi<br />
di fatti vivi, avvenimenti, storie e raccontare<br />
in modo laterale. Si, perché occorre<br />
dare un punto di vista. Ecco il cronista<br />
è vero che riporta i fatti ma gli dà una angolazione.<br />
Diffido dai giornalisti che sono<br />
solo medium. Riportare i fatti senza mischiarli<br />
con le opinioni è la regola ma il<br />
giornalista ha una propria storia. Voglio<br />
dire se dovessi andare solo con un microfono<br />
in mano a raccogliere la solita “poesia”,<br />
farei altro. Al “mestieraccio” mi<br />
sono avvicinato quasi in modo indotto,<br />
provengo da studi di sociologia, il giornalismo<br />
per me è un'applicazione sul dal<br />
campo, una ricerca continua per capire.<br />
- Esiste oggi un’informazione libera e<br />
non censurata?<br />
- E' un tema caldo. Oggi ci sono più<br />
mezzi a disposizione rispetto a dieci anni<br />
fa. C'è sicuramente più spazio di manovra<br />
ma diffido dal credere che abbiamo<br />
un'informazione più libera, l'assenza della<br />
censura e dei bavagli. La moltiplicazione<br />
dei canali dei media è una garanzia di un<br />
accesso più diretto e libero da parte di tutti,<br />
ciò non significa avere più libertà<br />
d'informare. Si sa tutto di tutti, ma siamo<br />
sicuri di avere un'informazione libera?<br />
Come è possibile? Non voglio fare analisi<br />
troppo approfondite, applicare paradigmi<br />
filosofici. Faccio una semplice constatazione<br />
: c'è tanto conformismo informativo<br />
che anestetizza il lettore. Non c'è<br />
un vero coinvolgimento del lettore e poi<br />
ci sono troppi sepolcri imbiancati, notizie<br />
che ad arte non si danno perchè qualcuno<br />
vuole che non si diano.<br />
Il ruolo del giornalista<br />
- Quale ruolo ha avuto il giornalista e<br />
quale ruolo svolge oggi nei confronti<br />
della libera informazione?<br />
- Questa domanda si collega alla precedente.<br />
Il giornalista se viene svuotato della<br />
sua indipendenza e autonomia, se viene<br />
precarizzato e sottomesso a chi detiene la<br />
proprietà dei mezzi della produzione<br />
dell'informazione sarà, per definizione,<br />
una persona non libera. C'è poco da fare.<br />
Ho vissuto anni e anni nelle redazioni dalla<br />
piccola testata alla grande: la libertà è<br />
solo una continua contrattazione che quotidianamente<br />
devi fare con i tuoi superiori<br />
e con il proprietario della testata rispetto<br />
alle notizie da mettere in pagina. Non è<br />
proprio un fatto drammatico, a volte devi<br />
turarti il naso per fare il cronista.<br />
La camorra oggi<br />
- Cos’è oggi la camorra?<br />
- Vive d' improvvise fiammate di crudeltà<br />
e violenza. Ha una storia criminale<br />
impressionante e una media consolidata di<br />
circa 110 morti ammazzati all'anno. Ci<br />
sono ampi pezzi della città che sono controllati<br />
dalla camorra, per non parlare dei<br />
comuni dell'hinterland di frequente sciolti<br />
per infiltrazioni malavitose. Napoli è una<br />
città camorrizzata, la logica criminale ha<br />
invaso ogni ambito della città. E' una subcultura<br />
dominante che ha attecchito e condiziona<br />
ampi strati della popolazione.<br />
Questo non significa che si strizza<br />
l'occhio al boss – sia chiaro – ma il modus<br />
operandi ha contaminato il territorio. Lo<br />
Stato, le sue articolazione sul territorio<br />
dovrebbero dare forti segnali di rottura.<br />
Non è sempre così.<br />
- Qual è la<br />
situazione del<br />
sistema mafioso<br />
a Napoli? La camorra<br />
è in crisi?<br />
- Tutta la criminalità organizzata made<br />
in Naples è soggetta ad una frammentazione.<br />
Non è un fenomeno di questi giorni,<br />
ormai la deriva e la polverizzazione di<br />
famiglie e clan risale a cinque anni fa. E'<br />
in corso una lunga fase di assestamento<br />
degli equilibri interrotta dall'azione della<br />
magistratura e forze dell'ordine, ma anche<br />
dai disegni egemoni di neo gruppi senza<br />
storia. I clan non riescono più a stabilizzare<br />
un ordine costituito, dove ci sono pochi<br />
al comando. Tutto è saltato. E' una guerra<br />
per bande : tutti contro tutti. Tradimenti,<br />
scissioni, terze file che scalzano le prime.<br />
E' una corsa alla leadership<br />
camorristica finalizzata al potere per fare i<br />
soldi. Paradossalmente più deboli sono i<br />
gruppi criminali e più sono aggressivi e<br />
spregiudicati. Predicano il controllo totale<br />
del territorio. Chi vince la “guerra”<br />
s'insedia. Occupa case, esercizi<br />
commerciali e controlla in proprio tutte le<br />
attività illegali. Questi interregni durano<br />
davvero poco. L'età media dei camorristi<br />
si è molto abbassata. Prima occorreva una<br />
“stagionatura” per aspirare a far parte di<br />
un gruppo criminale di un certo livello.<br />
Adesso non è più così. Siamo in una fase<br />
di assedio delle camorre nei territori.<br />
La vicenda di Scampìa, la faida, i<br />
“girati”, la guerra agli scissionisti<br />
nasconde un segreto. Questi gruppuscoli<br />
che si fronteggiano sognano in grande.<br />
Usciti vincitori, assicuratisi il polmone finanziario<br />
delle piazze di spaccio puntano<br />
alla conquista dei fortini dei vecchi padrini.<br />
A rischio il rione alto di Napoli e il comune<br />
di Marano, storiche roccaforti dei<br />
boss Giuseppe Polverino e Lorenzo Nuvoletta<br />
vicini a Cosa nostra.<br />
- Cosa significa oggi fare il giornalista<br />
d’inchiesta nel territorio napoletano?<br />
- Napoli non è una città “normale”. -<br />
Napoli non è una città “normale”. Se vuoi<br />
fare davvero il cronista devi stare sui fatti<br />
e ciò ti porta inesorabilmente a esporti.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 22
www.isiciliani.it<br />
“Per accelerare un processo di liberazione<br />
si dovrebbero recidere i rapporti<br />
tra camorra, politica, colletti bianchi e finanza.<br />
E' emblematica la storia<br />
di un personaggio come Cosentino”<br />
Accade di finire in ospedale per un aggressione,<br />
beccarti minacce, intimidazioni,<br />
avvertimenti. Accade che qualcuno<br />
non gradisce il “pezzo” e comincia ad infastidire.<br />
Ecco, un giornalista che vuole<br />
fare davvero e seriamente questo mestiere<br />
deve mettere in conto queste difficoltà<br />
ambientali. Inutile nascondersi, questi<br />
condizionamenti esistono e il cronista non<br />
deve abituarsi, non deve considerali “imprevisti<br />
del mestiere” occorre denunciare<br />
a viso aperto. Recarsi negli uffici preposti<br />
e sporgere denuncia. Il diritto d'informare<br />
va difeso come la propria libertà da tutto e<br />
tutti.<br />
- Un cronista minacciato è spesso vittima<br />
d’isolamento e solitudine. Ti sei<br />
mai trovato in questa situazione?<br />
- E' cambiato molto ed in meglio. Forse<br />
prima il cronista veniva isolato oppure si<br />
isolava. Adesso ci sono strutture interne<br />
alla professione che attivano una sorta di<br />
“scorta mediatica”. Parlo ad esempio di<br />
Ossigeno per l'informazione e le notizie<br />
oscurate, un osservatorio presieduto da<br />
Alberto Spampinato che tutela i cronisti e<br />
non solo. Uno strumento importantissimo<br />
che in quattro anni di vita ha fatto passi da<br />
gigante.<br />
Ogni anno produciamo un rapporto che<br />
poi viene consegnato al presidente della<br />
Repubblica. Quest'anno, come due anni<br />
fa, sono stato proprio io a parlare con il<br />
capo dello Stato di questi temi ed ho trovato<br />
un Giorgio Napolitano molto sensibile<br />
e fattivo.<br />
- Hai mai ricevuto intimidazioni?<br />
- A parte la vicenda di Forcella e le minacce<br />
di morte che mi sono giunte anche<br />
in altre occasioni sono stato oggetto di pesanti<br />
aggressioni e intimidazioni. In 15<br />
anni di attività giornalistica sono stato ricoverato<br />
al pronto soccorso ben otto volte.<br />
E' un primato di cui non vado molto<br />
fiero. Proprio a luglio insieme ad altri colleghi,<br />
sono stato ascoltato dalla commissione<br />
parlamentare antimafia che ha dedicato<br />
una serie di audizioni su questi problemi<br />
per capire se ci sono spazi per elaborare<br />
leggi a tutela dei giornalisti<br />
nell'esercizio delle proprie funzioni.<br />
- Ci puoi raccontare come si sono<br />
concretizzate le minacce e perché, secondo<br />
te, hanno deciso di “colpire” proprio<br />
te?<br />
- Mi sono occupato del caso dell'omicidio<br />
di Annalisa Durante, appena 14 anni e<br />
vittima innocente nel corso di una sparatoria<br />
tra camorristi a Forcella. Sulle pagine<br />
di Napolipiù ho cominciato a raccontare<br />
e svelare i meccanismi che si nascondevano<br />
dietro quel fatto di sangue. Merito<br />
sicuramente delle fonti che avevo a disposizione,<br />
riuscivo a svelare e ricostruire vicende<br />
che nessuno conosceva. Un giornalismo<br />
con il fiato sul collo. Alla fine gli<br />
articoli hanno prodotto effetti importanti<br />
come la messa a nudo di una strategia da<br />
parte dei clan volta alla continua pressione<br />
sui testimoni del processo. Le nostre<br />
inchieste hanno contribuito a far aprire altri<br />
filoni d'indagine. Lo stesso procuratore<br />
aggiunto Raffaele Marino del pool anticamorra<br />
acquisì tutti i miei articoli.<br />
- Esiste una strategia per combattere<br />
la camorra senza mai arrendersi?<br />
- La camorra si combatte in un modo<br />
molto semplice: ognuno deve fare il proprio<br />
dovere fino in fondo... Ma sono pessimista:<br />
Napoli è troppo compromessa.<br />
Un raccapricciante imbarbarimento<br />
Non penso che debellare la camorra sia<br />
un orizzonte prossimo futuro. Constato un<br />
progressivo e raccapricciante imbarbarimento<br />
e peggioramento della criminalità<br />
partenopea. Ci sono zone come alcuni comuni<br />
del casertano che sono ormai fuori<br />
controllo. Anzi gli onesti, quelli che vogliono<br />
coltivare una speranza per il futuro,<br />
devono lasciare quelle terre. Per accelerare<br />
un processo di liberazione si dovrebbero<br />
recidere i rapporti tra camorra,<br />
politica, colletti bianchi e finanza. Non è<br />
più tollerabile che personaggi come Nicola<br />
Cosentino stiano in Parlamento.<br />
- Dirigi Ladomenicasettimanale.it, un<br />
periodico d'informazione con inchieste,<br />
reportage, cronaca, storie, interviste,<br />
cultura: perché hai sentito il bisogno di<br />
fondare questo giornale?<br />
- La Domenicasettimanale nasce, per la<br />
verità, a Siena quando ho incontrato un<br />
redattore del giornale d'inchiesta “I <strong>Siciliani</strong>”<br />
(lo fondò Pippo Fava, ucciso dalla<br />
mafia negli anni Ottanta). A Napoli manca<br />
un giornale d'inchiesta che racconti le<br />
cose. Penso alla vicenda dell'imprenditore-prenditore<br />
Alfredo Romeo, condannato<br />
a due anni per corruzione e maggior<br />
partner del sindaco Luigi De Magistris.<br />
La Domenicasettimanale ha posto il problema,<br />
ha fatto le pulci, ha chiesto, ha fatto<br />
le domande. La risposta è stata una minaccia<br />
di querela da parte dell'assessore al<br />
Patrimonio Tuccillo. Altre inchieste sono<br />
state quelle sui parlamentari inquisiti oppure<br />
sottoprocesso; la babele targato Teatro<br />
San Carlo; i delitti di camorra.<br />
Ecco, questo è il periodico che dirigo e<br />
con i piccoli mezzi a disposizione cerchiamo<br />
di fare informazione vera, diretta, senza<br />
inchini al potere. La Domenicasettimanale<br />
aderisce a “Fare rete”, un network di<br />
testate nazionali che hanno nei “<strong>Siciliani</strong><br />
<strong>giovani</strong>” la testata capofila.<br />
E' vero, l'editoria è in crisi: però c'è da<br />
dire che a volte (quasi sempre) visti i<br />
contenuti dei giornali ti chiedi: perché<br />
dovrei comprarlo?<br />
www.info.oggi.it<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 23
www.isiciliani.it<br />
Generazioni<br />
Caserta<br />
e gli antieroi<br />
Siamo cresciuti in una<br />
città senza memoria...<br />
di Andrea Bottalico<br />
www.napolimonitor.it<br />
Siamo cresciuti in una città senza memoria.<br />
Quelli della generazione di mio<br />
fratello almeno avevano vissuto l’anno<br />
d’oro della Casertana in serie B e dei<br />
canestri di Esposito che fecero vincere<br />
lo scudetto alla Juve Caserta. Noi a cosa<br />
potevamo aggrapparci?<br />
I nostri genitori avevano radici altrove e<br />
provarono a piantarle su un terreno ormai<br />
sterile. Erano gli anni a cavallo tra gli Ottanta<br />
e i Novanta, Caserta pulsava di vita.<br />
Io avevo cinque anni e di quel periodo ne<br />
ho sentito parlare. Piazza Mercato era il<br />
principale luogo di aggregazione, uno spazio<br />
grande in pieno centro frequentato da<br />
guappi dei rioni, figli di papà, il melonaro,<br />
i ragazzi del centro sociale, i bambini, i<br />
musicisti, i pazzi. Si organizzavano partite<br />
di basket, di calcio, di tanto in tanto volavano<br />
bottiglie.<br />
C’era una rampa costruita da quelli che<br />
andavano sui roller e sugli skate. Noi giocavamo<br />
a calcio in quella piazza, nei campetti<br />
del Buon Pastore, del rione Vanvitelli<br />
e dei Salesiani, partecipavamo ai tornei<br />
rionali. Andavamo in bicicletta per le campagne<br />
coltivate a tabacco. Totalmente<br />
ignari.<br />
Che fine avranno fatto tutti i miei compagni?<br />
Me lo domando spesso. Solo un<br />
amico che conosco da allora è ancora in<br />
zona, è un musicista appassionato e il pensiero<br />
di saperlo felice di ciò che fa rende<br />
felice anche me. Alcuni invece sono scappati<br />
senza lasciare traccia, altri sono spariti<br />
dalla circolazione, molti sono partiti. C’è<br />
chi è morto di overdose, chi per incidenti<br />
stradali, chi invece s’è suicidato e chi è rimasto<br />
scegliendo di vivere degnamente<br />
(una sparuta minoranza). Certi non li ho<br />
mai più rivisti.<br />
Gli amici del rione Cappiello<br />
Non ho la minima idea di dove possano<br />
essere in questo momento certi ragazzi<br />
con cui ho condiviso l’infanzia, compagni<br />
di classe delle elementari. E tutti quegli<br />
amici del rione Cappiello che venivano a<br />
citofonarmi la domenica alle tre di pomeriggio<br />
per andare a giocare a calcio?<br />
Loro avevano finito di mangiare due ore<br />
prima mentre noi c’eravamo appena seduti<br />
a tavola. Ecco una banale differenza tra<br />
una famiglia di casertani e una famiglia di<br />
napoletani. La mia emigrò a Caserta nella<br />
metà degli anni Ottanta. Mio nonno paterno,<br />
che non ho mai conosciuto perché<br />
morì di tumore in fabbrica a quarantatre<br />
anni, riuscì a ottenere la casa a San Giovanni<br />
a Teduccio e tutta la famiglia di mio<br />
padre si trasferì dalla Sanità, nonostante la<br />
contrarietà di mia nonna. Anche la famiglia<br />
di mia madre è di Napoli. Mia madre<br />
dice che dal basso in cui abitava da ragazza<br />
è salita al terzo piano di un condominio.<br />
Ora che sono venuto a vivere al quinto<br />
piano di un palazzo antico a due passi dal<br />
vico in cui lei è nata e cresciuta prima di<br />
andare via, mi viene da riflettere. Passo<br />
ogni giorno davanti al portone in cui abitava<br />
mia nonna Natalia, e faccio un cenno di<br />
saluto dentro di me, un rito personale, pagano<br />
e ridicolo, un gesto silenzioso in<br />
onore della sua memoria. È come se andassi<br />
a trovarla ogni volta. Difficilmente<br />
riuscirò a perdonare i miei genitori di essersi<br />
trasferiti a Caserta. Ma non li biasimo<br />
per questa scelta. Non avrebbero potuto<br />
fare altrimenti.<br />
L’adolescenza coincise con il declino,<br />
con la scoperta dello squallore e della<br />
bruttura. Cominciammo a renderci conto a<br />
poco a poco dello sfacelo circostante e<br />
della cappa di cemento che avvolgeva la<br />
città, accerchiata dalle montagne sventrate.<br />
Allo stesso tempo eravamo allo sbando,<br />
privi di riferimenti. Accompagnavo mio<br />
padre in giro per l’hinterland, quando non<br />
andavo a scuola l’aiutavo nel suo secondo<br />
lavoro, mettere gli infissi in alluminio nelle<br />
case della gente. Furono i primi contatti<br />
con la realtà dell’entroterra e con il significato<br />
della fatica.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 24<br />
Afragola, Casoria, Casavatore, Acerra.<br />
Quando passavamo per la fabbrica della<br />
Voiello, all’altezza di Caserta sud, sentivamo<br />
un forte odore di pane, e dopo qualche<br />
chilometro, all’altezza di Caivano, c’era<br />
puzza di carogna morta.<br />
A quindici anni trascorsi l’estate a fianco<br />
di un amico di mio padre, un masto<br />
idraulico. Volevo mettere dei soldi da parte<br />
per una vacanza e mi ritrovai a lavorare<br />
in un cantiere edile per tre settimane. Allora<br />
di quel palazzo in costruzione c’era lo<br />
scheletro. Oggi è completato, ci vivranno<br />
famiglie della piccola borghesia casertana.<br />
Furono giornate tremende e meravigliose.<br />
Credo di aver imparato più cose in quei<br />
giorni che in cinque anni di università.<br />
Le esperienze più significative riguardano<br />
proprio quel periodo. Frequentavamo<br />
un posto nascosto tra i palazzi, cominciammo<br />
a orbitare intorno agli ambienti<br />
della vita attiva o sedicente tale, ma eravamo<br />
circondati dal malessere e dal rischio<br />
di perderci tra le droghe provenienti da Secondigliano<br />
via Asse Mediano.<br />
Intorno a noi scarseggiavano esempi, ma<br />
in fin dei conti difficilmente si scelgono i<br />
veri maestri. Sapevamo della presenza di<br />
un Vescovo che affrontava con coraggio e<br />
determinazione i problemi degli esclusi,<br />
degli immigrati, ma allora diffidavamo di<br />
chiunque, persino di noi stessi.<br />
Un paesone aggredito dai trimalcioni<br />
Le nostre coscienze intuivano che qualcosa<br />
non andava, percepivano l’aria stantia<br />
del paesone di provincia aggredito dai<br />
palazzinari e dai trimalcioni arricchiti, e<br />
reagivano in vari modi: le droghe, la musica<br />
(Caserta pullula di ottimi musicisti), la<br />
cultura urbana importata dagli Stati Uniti,<br />
la fuga, qualche lettura, l’autodistruzione.<br />
Eravamo inquieti.<br />
La nostra era una provincia mentale,<br />
non solo spaziale: una condizione dell’anima,<br />
una predisposizione alla marginalità.<br />
Napoli era lontana quanto New York, eppure,<br />
quando andavo a trovare mia nonna<br />
Natalia restavo sempre affascinato da due<br />
cose: l’enfasi dei suoi racconti e la grande<br />
città con tutto quel mare.
www.isiciliani.it<br />
Disegno: Archivio Napoli Monitor<br />
Banche e centri commerciali<br />
In quegli anni sono cambiate<br />
radicalmente le cose. Le<br />
nostre esperienze politiche<br />
venivano facilmente neutralizzate<br />
da inutili discorsi impregnati<br />
di ideologia e da<br />
conflitti inutili tra opposte fazioni.<br />
Ma la realtà era altro.<br />
Caserta si crogiolava nella<br />
sua bolla finanziaria fatta di<br />
banche e centri commerciali<br />
circondati dai territori<br />
saccheggiati della vasta provincia.<br />
Da noi la campagna era stata aggredita<br />
dal cemento e dalle discariche abusive,<br />
il mare più vicino faceva schifo. Provenivano<br />
gli echi del coprifuoco a Marcianise,<br />
la brutalità dei clan camorristici delle<br />
provincie limitrofe, ma a Caserta non si<br />
vedevano i morti ammazzati e la città proliferava<br />
di miti abusivi.<br />
Andavamo al mare in Lazio facendo finta<br />
di non vedere i disastri che avevano<br />
combinato sul litorale domitio. Nel frattempo,<br />
senza neanche rendermene conto,<br />
ritrovai al mio fianco una persona che<br />
adesso posso identificare come un maestro,<br />
al di là del bene e del male. Studiava<br />
i testi di filosofi e sociologi, si faceva crescere<br />
la barba, fumava la pipa per assomigliare<br />
a Lenin e portava i film di Pasolini a<br />
casa insieme ai libri di letteratura e di poesia.<br />
Era un ottimo narratore di aneddoti intorno<br />
alle figure leggendarie, e quand’era<br />
piccolo giocava a scacchi con il nonno<br />
senza la scacchiera davanti.<br />
La sua cultura infinita fu un’ancora di<br />
salvezza in mezzo a quello stagno, stimolò<br />
in me una certa curiosità, impulsiva e ancora<br />
superficiale. Entrava nella stanza che<br />
condividevo con mio fratello e mentre studiavo<br />
controvoglia iniziava a raccontare i<br />
retroscena dei poeti fino ad appassionarmi.<br />
Era un intellettuale entrato in una casa di<br />
gente semplice. Il tempo gli avrebbe dato<br />
ciò che voleva, ma a caro prezzo.<br />
Nello stesso tempo si cresceva con la sicurezza<br />
di lasciare Caserta, un giorno o<br />
l’altro. Piazza Mercato fu chiusa per lavori.<br />
Ci si perse di vista, ognuno per la sua<br />
strada. Un viaggio solitario a Parigi mi<br />
aprì la testa e gli occhi, nacque in me il<br />
mito della cultura francofona.<br />
A Caserta iniziarono ad aprire i lounge<br />
bar per i <strong>giovani</strong> rampanti della borghesia<br />
cittadina, la città si disgregò, molti andarono<br />
via, voltarono le spalle alla città di provincia<br />
snobbando Napoli e la sua ombra<br />
opprimente. Sbarcavano a Roma e a Milano<br />
ondate di casertani mentre in città si<br />
cominciava a frequentare altri luoghi.<br />
I <strong>giovani</strong> manifestavano il loro disagio<br />
consumando crack e cobret, andando a<br />
ballare in discoteca a Ischitella. La parola<br />
d’ordine era “evasione”.<br />
Un lavoretto come portapizze<br />
Trovai un lavoretto come portapizze,<br />
avevo diciassette anni. Cinquanta centesimi<br />
per ogni pizza consegnata più le mance:<br />
una miseria. La benzina al motorino la<br />
mettevi con i soldi tuoi. Decisi di partire<br />
non appena finito il liceo.<br />
Il giorno della partenza arrivò dopo gli<br />
esami di maturità. Avevo scelto Bologna<br />
istintivamente, perché era un miraggio,<br />
perché volevo andare il più lontano possibile<br />
da casa. Avevo messo da parte l’idea<br />
di andare a vivere subito a Napoli perché<br />
volevo vederla prima da lontano, “poiché<br />
ogni visione richiede distanza, non c’è<br />
modo di vedere le cose senza uscirne”.<br />
Partimmo carichi di meraviglie, ma non<br />
ci volle molto per capire che il paesaggio<br />
in cui il tuo sguardo s’è specchiato per<br />
anni te lo porti addosso come la puzza di<br />
frittura all’ultimo dell’anno. A Bologna ci<br />
sentivamo liberi dalle catene del paesone<br />
di provincia ma provavamo rabbia e fastidio<br />
per tutta quella spensieratezza altrui.<br />
Ma come? Noi eravamo cresciuti nelle<br />
saittelle mentre gli studentelli ne ignoravano<br />
persino l’esistenza? In quegli anni a<br />
Napoli scoppiava l’emergenza rifiuti ma a<br />
Bologna parlavano di solidarietà ai banlieusard<br />
parigini e dei bei ricordi del glorioso<br />
Settantasette...<br />
Un mondo senza evasione possibile<br />
In ogni caso, approfittammo di ciò che<br />
offriva la nuova città. Biblioteche, concerti,<br />
conoscenze, altri stimoli, nuovi modi<br />
d’intendere gli spazi, nuove realtà ed esperienze.<br />
Le letture propinate dall’università<br />
conciliavano sia il sonno che la curiosità,<br />
discutevamo sulle problematiche sociali e<br />
politiche e fingevamo di ignorare l’idea di<br />
un mondo senza evasione possibile.<br />
La solita maschera di Pulcinella<br />
Ci illudevamo, almeno fino a quando<br />
non ci ritrovammo certi libri fondamentali<br />
tra le mani. Anche Bologna viveva il suo<br />
inesorabile declino, ovattato e distante da<br />
quello che accadeva nei posti a cui volenti<br />
o nolenti appartenevamo.<br />
Come i soldati, frequentavamo soprattutto<br />
gente del sud perché solo con loro<br />
riuscivamo a condividere una certa ironia,<br />
tanto vitale quanto autoreferenziale. Tutti<br />
gli altri risolvevano il problema spinoso<br />
della nostra schizofrenia affibbiandoci la<br />
solita maschera di Pulcinella. Eravamo<br />
macchiette, dovevamo recitare la nostra<br />
parte di simpaticoni e affabili meridionali.<br />
Dei bolognesi neanche l’ombra.<br />
Di Bologna ricordo il freddo che aggrediva<br />
le ossa quando mettevo il naso fuori<br />
da quella stazione sfregiata di ritorno dalle<br />
vacanze di Natale, le ipocrisie, le serate<br />
passate a discutere di utopie. Avevamo il<br />
futuro davanti a noi ed era tutto nuovo di<br />
zecca. Ricordo le bestemmie sul motorino<br />
mentre consegnavo pizze per tutta la città<br />
nel mese di febbraio (anche lì esercitai<br />
questo glorioso “lavoro nel settore dei trasporti<br />
alimentari”).<br />
La città ci ha nutriti e ci ha affamati<br />
Ricordo l’odore stretto dei saloni nelle<br />
biblioteche, il senso del vuoto, il disorientamento<br />
distratto dall’ebbrezza delle serate<br />
trascorse a bere, i progetti mai avviati, i<br />
desideri appagati e quelli ingannati. E poi<br />
le illusioni travestite da vere e proprie fughe<br />
da noi stessi, le prime esperienze di<br />
intervento sociale a contatto con i bambini<br />
di un campo rom in periferia, tutte quelle<br />
menzogne trite e ritrite, le mie e quelle degli<br />
altri, quando le verità scottavano troppo<br />
per essere ingoiate.<br />
Ricordo l’emergere di una nuova coscienza,<br />
ogni istante passato a ridere per la<br />
sola idea di essere lontani da casa, annebbiati<br />
e persuasi dal gusto effimero di una<br />
falsa libertà. E, infine, il fascino della<br />
piazza Nettuno desolata, dove i volti<br />
espressivi e degni dei partigiani restavano<br />
là, sulla facciata della biblioteca comunale,<br />
a ricordarci il senso ultimo del tempo<br />
che non muore mai.<br />
Da allora sono passati alcuni anni. Scappai<br />
da Bologna in tempo per vivere a Napoli.<br />
Adesso, quando torno a Caserta mi<br />
sento straniero. Così doveva andare. Caserta<br />
ci ha dato la forza di agire e ci ha demotivati<br />
allo stesso tempo, ma non è tutto<br />
perduto. Caserta ci ha nutriti, Caserta ci ha<br />
affamati (non si sputa sul piatto in cui s’è<br />
mangiato male).<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 25
www.isiciliani.it<br />
Generazioni<br />
Tutti i miei<br />
movimenti<br />
Una studentessa bussò<br />
alla porta della classe.<br />
Cominciava qualcosa...<br />
di Giulia “Beat” Fippi<br />
www.napolimonitor.it<br />
Era una mattina del settembre 2005,<br />
quando ebbi il mio primo contatto diretto<br />
con un pezzo di quello che qui<br />
chiamano spesso, con un’espressione<br />
dai confini mobili e incerti, il movimento.<br />
Una studentessa bussò alla porta<br />
della classe, chiedendo all’insegnante di<br />
far uscire due rappresentanti.<br />
Non avevamo ancora eletto nessuno,<br />
ma la professoressa di lettere, profetica,<br />
mi mandò fuori come rappresentante<br />
provvisoria. La ragazza mi appioppò un<br />
pacco di volantini. «Tutta la classe li deve<br />
riempire, poi io passo a riprendermeli».<br />
Era una cosa per tutti gli studenti, per tutelare<br />
i loro diritti, niente a che fare con la<br />
politica, disse, per rassicurarmi. Invece,<br />
era proprio quello che speravo di trovare<br />
al liceo, la politica.<br />
Forse per suggestione cinematografica,<br />
arrivando al ginnasio mi ero preparata a<br />
unirmi a un covo di studenti belli e rivoluzionari,<br />
costantemente assediati da orde di<br />
spietati fascisti e professori reazionari da<br />
contestare. Avevo trovato, invece, una<br />
classe quasi tutta di ragazze dall’aspetto<br />
irrimediabilmente normale, che venivano<br />
da comuni della provincia di cui ignoravo<br />
l’esistenza. Si trattava di moduli di adesione<br />
all’Uds, il sindacato studentesco<br />
all’epoca legato alla Cgil. Restarono nel<br />
mio zaino per qualche settimana, prima di<br />
essere riciclati come liste della spesa.<br />
Durante la nostra prima occupazione,<br />
Francesco Caruso venne a parlare con gli<br />
studenti.<br />
La mia lista dei cattivi<br />
Del suo intervento, ricordo solo che,<br />
alle osservazioni di un ragazzo scettico<br />
sulle manifestazioni contro il G8, rispose<br />
che in realtà i black bloc erano i poliziotti<br />
stessi. Tornai a casa abbastanza soddisfatta<br />
da quella spiegazione, e per parecchio<br />
tempo confinai black bloc e poliziotti nella<br />
mia lista mentale dei cattivi, dalla quale<br />
escludevo poliziotti onesti e black bloc<br />
particolarmente <strong>giovani</strong> e/o disperati.<br />
Tre anni più tardi avevo imparato che il<br />
nemico, più che i fascisti, di cui nella mia<br />
scuola si vedevano esemplari totalmente<br />
innocui e piuttosto rari, erano gli Uds:<br />
“servi dei servi”, diceva una scritta in un<br />
bagno. I disobbedienti, loro sì, erano tosti.<br />
A ridisegnare i miei schemi, arrivò<br />
quella che molti ricordano come l’Onda.<br />
Nel 2008 ero stata già rappresentante di<br />
classe e d’istituto, prendendo la cosa molto<br />
sul serio, e ne avevo abbastanza. La<br />
mia carica sarebbe scaduta a novembre,<br />
dopodiché mi sarei ritirata dalla politica<br />
scolastica.<br />
Non avevo fatto i conti con il nuovo ministro,<br />
Mariastella Gelmini. Il 23 settembre<br />
2008, Giuseppe e io convocammo la<br />
prima di molte assemblee, firmando la<br />
convocazione come “studenti napoletani”.<br />
Giuseppe frequentava già un centro sociale,<br />
e ne sapeva molto più di me di politica<br />
e movimenti. Quando ci incontrammo, mi<br />
mostrò, trionfante, una macchiolina di<br />
sangue sul casco, souvenir degli scontri<br />
per la discarica di Chiaiano. Non dissi<br />
niente, ma lo lasciai fuori dalla lista dei<br />
cattivi. Per quanto non particolarmente<br />
giovane (non più di me), e niente affatto<br />
disperato, mi stava simpatico. Fissammo<br />
un appuntamento per telefono, per definire<br />
gli argomenti e i tempi dell’assemblea.<br />
Quando gli chiesi come riconoscerlo, mi<br />
rispose: «Eh, tengo l’SH metallizzata, tengo<br />
l’orecchino, sono… come ti devo spiegà…<br />
un poco tamarro». «Ok, perfetto».<br />
Convocammo una manifestazione per il<br />
3 ottobre. A scuola avevamo scritto il volantino,<br />
contattato altre scuole, avvisato i<br />
giornali e fatto tutto quello che negli anni<br />
precedenti era toccato ad altri, più grandi.<br />
Il camioncino con l’amplificazione, invece,<br />
l’aveva portato il centro sociale Insurgencia,<br />
lasciandoci in omaggio anche<br />
qualche speaker più navigato di noi. Dormii<br />
poco per l’ansia, ma, con mio grande<br />
sollievo, al corteo c’era un bel po’ di gente,<br />
tutti studenti medi, o quasi.<br />
A deludermi, però, furono gli interventi<br />
che arrivarono dal camioncino. Avevamo<br />
studiato la riforma Gelmini, spiegandola<br />
ai compagni di scuola con enfasi drammatica<br />
e dovizia di particolari, e sembrava<br />
invece, che il corteo fosse soprattutto contro<br />
la polizia e la discarica di Chiaiano.<br />
Pur senza discutere sulla legittimità della<br />
protesta a Chiaiano, i lunghi interventi<br />
dei grandi, così diversi da quelli che ci<br />
aspettavamo a una manifestazione per la<br />
scuola pubblica, ci lasciarono un po’ contrariati.<br />
Me e qualcuno del mio collettivo,<br />
non tutti. D’altra parte noi del Liceo Vittorio<br />
Emanuele eravamo tonti, come sapevano<br />
bene al Genovesi (e viceversa).<br />
Tutte le scuole erano in agitazione<br />
Poco tempo dopo, tutte le scuole del<br />
centro storico erano in agitazione, ciascuna<br />
a modo suo. Il Pansini, che aveva il<br />
preside di sinistra, aveva ottenuto immediatamente<br />
un’autogestione, con la scuola<br />
aperta fino a tardi per tutti, mentre al Genovesi<br />
avevano occupato, dopo diversi e<br />
avventurosi tentativi, ma senza concedere<br />
nulla a preside, professori e personale<br />
ATA. Fotocopiatrici comprese, per la<br />
gioia di chi aveva adornato l’atrio con alcune<br />
sue parti del corpo in formato A4,<br />
b/n. Da noi al Vittorio Emanuele avevamo<br />
occupato per modo di dire, chiavi in mano<br />
e d’accordo con il preside, dopo diverse<br />
giornate di assemblee.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 26
www.isiciliani.it<br />
“Tutte le scuole del centro storico dovevano vedersela<br />
con i ragazzi di Santa Chiara. Noi non avemmo problemi,<br />
non fecero che strapparci qualche striscione<br />
e metterci un po’ di paura”<br />
Disegno: Archivio Napoli Monitor.<br />
Al Casanova, i ragazzi<br />
che si impegnavano<br />
sul serio<br />
erano un paio, Rosario<br />
e Caterina, eppure<br />
riuscirono a<br />
mantenere l’occupazione<br />
per almeno<br />
una settimana.<br />
Organizzarono<br />
una street parade, il<br />
giorno di Halloween.<br />
La manifestazione<br />
consisteva<br />
nell’andare in giro<br />
travestiti da mostri,<br />
e lo slogan che la<br />
lanciava, ottimista,<br />
era “cchiù black ‘ra<br />
midnight nun po’<br />
vvenì”.<br />
I tagli ai laboratori,<br />
più che i licei,<br />
colpivano soprattutto<br />
istituti come il<br />
loro, che forma artigiani<br />
e odontotecnici.<br />
I corsi autogestiti<br />
Al Fonseca, invece, sembrava che si facesse<br />
molto sul serio. Con l’aiuto dei precari,<br />
si erano istituiti corsi autogestiti in<br />
varie materie, per permettere a chi voleva<br />
di non restare indietro.<br />
La curiosità mi spinse a entrare, una<br />
sera, per salutare degli amici, ma soprattutto<br />
sincerarmi del fatto che, oltre a studiare<br />
matematica, giocassero anche a calcio<br />
nei corridoi. Così era, per fortuna.<br />
Al momento di uscire, rimasi bloccata<br />
nell’ingresso. I ragazzi non poterono aprire<br />
fino a quando quelli del “sistema” di<br />
Santa Chiara non si furono annoiati di<br />
bussare violentemente e tirare oggetti vari<br />
contro la porta e le finestre.<br />
Tutte le scuole del centro storico dovevano<br />
vedersela con i ragazzi di Santa<br />
Chiara. Noi non avemmo problemi, non<br />
fecero che strapparci qualche striscione e<br />
metterci un po’ di paura, ma non entrarono.<br />
Il Fonseca ebbe tremila euro di danni,<br />
se la memoria non m’inganna, pagati poi<br />
dai genitori degli alunni.<br />
Con l’inizio delle occupazioni universitarie,<br />
smettemmo di riunirci al laboratorio<br />
occupato Ska, e ci spostammo nell’aula<br />
occupata Flex, gestita da un collettivo abbastanza<br />
variegato ma sostanzialmente di<br />
ispirazione post-strutturalista e post-operaista,<br />
come capii solo molto dopo. Le assemblee<br />
pubbliche generali, invece, si tenevano<br />
in Aula Magna, sempre nello stesso<br />
edificio.<br />
Là confluivano<br />
un po’ tutti i collettivi,<br />
chiunque<br />
poteva intervenire,<br />
si parlava tanto,<br />
c’era un sacco<br />
di gente. Per le<br />
questioni organizzative,<br />
cioè per<br />
decidere le cose,<br />
ci si spostava nelle<br />
aule occupate.<br />
Una volta, ingenuamente,<br />
proposi<br />
a una ragazza<br />
che non conoscevo<br />
di scrivere un<br />
volantino<br />
nell’aula Flex.<br />
Mi rispose di<br />
no, che era<br />
meglio in R5. Per<br />
me faceva lo<br />
stesso, era l’aula<br />
di fronte. Ma più<br />
tardi, scoprii che<br />
in R5 bisognava<br />
dire “mobilitazione”<br />
al posto di<br />
“Onda”, “corteo” al posto di “street parade”<br />
e non mi ricordo cos’altro.<br />
Le restrizioni sul linguaggio<br />
Le loro restrizioni sul linguaggio non<br />
mi convincevano, e pensai che il volantino<br />
degli studenti medi, per come l’avevo<br />
in mente io, non fosse compatibile con il<br />
loro. La mia proposta di farne uno a parte<br />
fu liquidata bruscamente, così sfogai il<br />
nervosismo, com’è mia abitudine, con<br />
puntigliose osservazioni sull’ortografia altrui.<br />
La ragazza che era al computer si infuriò<br />
e la lasciai fare.<br />
Non ero la sola, tuttavia, ad accumulare<br />
una certa insofferenza verso collettivi universitari,<br />
partitini dichiarati e non, centri<br />
sociali, sindacati di vario genere.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 27
www.isiciliani.it<br />
La prima esperienza politica<br />
Come me, molti studenti alla loro prima<br />
esperienza politica non sopportavano che<br />
si cercasse di mettere un cappello sul nostro<br />
movimento. Non conoscevamo le infinite<br />
(e infinitesimali) differenze ideologiche<br />
e politiche che dividevano i più<br />
grandi, né ci interessavano. Noi eravamo<br />
la massa ai cortei, ci dicemmo, e le riunioni<br />
le avremmo fatte per conto nostro, fuori<br />
dall’università.<br />
Preparammo una serata di sensibilizzazione<br />
sulla riforma, il programma era<br />
molto ricco. Avevamo contatti con i giornali,<br />
i nostri amici conoscevano i programmi<br />
di grafica; i Cobas, ignari delle<br />
nostre ambizioni secessioniste, ci mettevano<br />
a disposizione la fotocopiatrice; alcuni<br />
di noi suonavano, conoscevamo a<br />
memoria interi passi della legge 133 e del<br />
D.d.L. Aprea.<br />
Le mamme cucinavano instancabilmente<br />
per la causa. Ci mancava solo una sede,<br />
ci vedevamo nelle case. Per il resto ci sentivamo<br />
invincibili.<br />
Il maltempo ci costrinse a rimandare<br />
una mezza dozzina di volte l’iniziativa<br />
fino a quando, esasperati, decidemmo di<br />
provare a farla lo stesso, sfidando il meteo.<br />
La grandine si abbatté sugli amplificatori<br />
con inaudita violenza, vanificando<br />
il lavoro di un mese e lasciandoci con<br />
qualche centinaio di euro di debiti, che<br />
colmammo a colpi di pranzi sociali, donazioni<br />
e contributi familiari. Accettammo<br />
la sconfitta.<br />
Dopo un anno d’immobilismo, gli studenti<br />
si ritrovarono ad affrontare nuovi tagli<br />
all’istruzione. Ero appena arrivata<br />
all’Orientale e accolsi con favore l’occupazione<br />
di Palazzo Giusso. Meno numeroso<br />
ma più determinato rispetto a quello<br />
del 2008, il movimento del 2010 chiacchierava<br />
e occupava di meno, ma manifestava<br />
e bloccava di più. Strade, binari, teatri,<br />
cinema, musei.<br />
Dovunque passavamo, gettavamo<br />
scompiglio. La conoscenza ossessiva delle<br />
leggi non interessava più a nessuno.<br />
Fossero discariche, scuole, repressione o<br />
sol dell’avvenire, o anche tutto questo insieme,<br />
ognuno aveva un buon motivo per<br />
stare in piazza, e questo bastava. Chi non<br />
aveva mai fatto politica si teneva piuttosto<br />
a distanza, ma il casino riusciva lo stesso,<br />
anzi meglio, senza troppi “indecisi tra i<br />
piedi”, parafrasando una canzone di<br />
quell’anno dei redivivi 99 Posse.<br />
Buona parte della protesta fu gestita dai<br />
collettivi comunisti. Non è che si chiamassero<br />
proprio collettivi comunisti, ma<br />
sono comunque tifosi di Cuba alle Olimpiadi,<br />
e usano l’appellativo “compagno”<br />
con disinvoltura. Pur non condividendo la<br />
loro impostazione, non misi in discussione<br />
la loro superiorità in termini di esperienza<br />
e capacità organizzative. Guardai<br />
con benevola sufficienza al nuovo gruppetto<br />
indipendente, nato dopo un’occupazione<br />
di Castel dell’Ovo. Mi dissi che la<br />
grandine avrebbe spazzato via anche loro,<br />
e infatti così fu.<br />
Il megafono e i puri e duri<br />
Il megafono diventava nuovamente monopolio<br />
di un gruppo di duri e puri dalla<br />
parlantina allenata, complici la pigrizia e<br />
la timidezza degli altri. In una delle tante<br />
assemblee intervenne una studentessa<br />
fuori-sede, criticando la retorica degli slogan<br />
e il linguaggio pesantemente ideologico.<br />
Piovvero su di lei insinuazioni di<br />
ogni genere, addirittura velate accuse di<br />
neofascismo. Nessuno ebbe il coraggio di<br />
riprendere il suo intervento.<br />
Neanche io dissi niente, ma quando si<br />
presentò l’occasione di occupare uno spazio<br />
insieme ai ragazzi dell’aula Flex, non<br />
ci pensai due volte.<br />
Il loro linguaggio, per quanto largamente<br />
incomprensibile, mi sembrava almeno<br />
più fantasioso.<br />
I tempi dello “Zer081”<br />
Nella polverosa e dimenticata ex mensa<br />
dell’Orientale nacque così lo Zer081.<br />
Oggi lo spazio è sotto minaccia di sgombero.<br />
In compenso, il collettivo che lo anima<br />
si è reso protagonista di quattro nuove<br />
occupazioni. Non so dire per quanto tempo<br />
partecipai alle loro assemblee e iniziative.<br />
Un mese, forse, ma mai con particolare<br />
assiduità. La cosa più gratificante fu<br />
dipingere maschere di carnevale con i<br />
bambini che abitavano nella zona tra Santa<br />
Chiara e Banchi Nuovi.<br />
A parte questo, partecipavamo a tante<br />
iniziative, in uno spirito allegramente ribelle<br />
e talvolta spudoratamente sconclusionato.<br />
Tuttavia, quando sentii i miei<br />
compagni cantare “Ruby libera” e “Se<br />
non cambierà bunga bunga pure qua” al<br />
sobrio corteo della Fiom, a Pomigliano,<br />
mi sentii fuori luogo dietro lo striscione.<br />
Gli slogan sono molto diversi, da uno<br />
spezzone all’altro dei cortei, a Napoli<br />
come ovunque. Una frase sola, mi resi<br />
conto, era pronunciata sempre uguale, con<br />
la stessa intonazione, forte e monocorde,<br />
da qualsiasi megafono, in ogni corteo:<br />
«Dietro lo striscione!» L’Uds, lo Zer081,<br />
il Cau, Rifondazione, i precari Bros, i<br />
Carc, e la lista è ancora lunga. Mi dissi<br />
che uno striscione, anche il più bello, non<br />
serve che a dividere un corteo a pezzi.<br />
Qualche settimana dopo, conobbi la redazione<br />
di Napoli Monitor. Finalmente<br />
avevo un buon motivo per fare quello che,<br />
in fondo, avevo<br />
sempre desiderato.<br />
Iniziai a scorrazzare<br />
avanti e indietro<br />
tra gli spezzoni dei<br />
cortei, registratore e<br />
taccuino alla mano.<br />
Non mi sono ancora<br />
stancata.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 28
www.isiciliani.it<br />
Colombia<br />
E i ragazzi<br />
salvarono il quartiere<br />
Belén, il cuore storico<br />
di Bogotà: l'ennesimo<br />
business per manager<br />
rampanti. Ma...<br />
di Norma Ferrara<br />
www.liberainformazione.org<br />
Era destinato a diventare l’ennesimo<br />
business per i manager dell'immobiliare<br />
ma un gruppo di <strong>giovani</strong> si è messo di<br />
traverso con un progetto alternativo.<br />
Adesso per Belén quartiere storico nel<br />
cuore di Bogotà, in Colombia, c’è l’opportunità<br />
di riscrivere presente e futuro, Costruire<br />
uno sviluppo comunitario che lasci<br />
al passato il disagio sociale e la violenza<br />
delle bande armate.<br />
Per questo è nata “Casa B”, luogo di<br />
formazione e incontro per gli abitanti del<br />
quartiere, fondata nel 2012 da sei <strong>giovani</strong><br />
ritornati in Colombia dopo anni di studio e<br />
lavoro all’estero.<br />
Quattromila abitanti, di cui 1500 bambini,<br />
una emergenza abitativa che costringe<br />
a vivere in case affollate e pericolanti. E<br />
una banda che sino a qualche anno fa terrorizzava<br />
i cittadini del quartiere (ridimensionata<br />
in seguito da un duro intervento<br />
delle forze dell’ordine, in vista dei progetti<br />
immobiliari in cantiere). Infine, negli ultimi<br />
anni, numerosi progetti di espansione<br />
edilizia, fra cemento e centri commerciali:<br />
così si presentava Belén agli occhi dei <strong>giovani</strong><br />
colombiani che tre anni fa, con allegria<br />
e un pizzico di follia, hanno scelto di<br />
scommettere sul destino del quartiere,<br />
coinvolgendo i cittadini che qui vivono.<br />
“Casa B – spiega il sociologo Dario<br />
Sendoya, uno dei fondatori del progetto –<br />
ha le sue radici a Roma ed è un progetto di<br />
respiro internazionale. Qui in Italia ho imparato<br />
che le cose possono succedere, che<br />
è possibile immaginare e vivere in maniera<br />
diversa”.<br />
Le radici romane di “Casa B”<br />
Dario ha studiato a Roma e ha dato vita<br />
con alcuni amici ad un primo progetto<br />
multiculturale che è l’embrione di Casa B.<br />
Poi, alcuni anni dopo, il viaggio in altre<br />
città europee e l’incontro con <strong>giovani</strong> colombiani<br />
espatriati negli anni duri del governo<br />
Uribe.<br />
Con alcuni di loro Dario sceglie di tornare<br />
in patria, tre anni fa, per fondare una<br />
nuova “Casa” con in mano un “plan de<br />
via”, un piano di sviluppo, pensato e progettato<br />
durante una tesi di laurea.<br />
Alla base c’è un concetto semplice<br />
quanto determinante per la nascita di<br />
“Casa B”: riscoprire i diritti di cittadinanza<br />
a partire dal legame con la terra. Un<br />
progetto che mette insieme sociologia e<br />
antropologia economica, con uno sguardo<br />
alle esperienze indigene e di resistenza socio-culturale<br />
colombiane.<br />
“Escuela sin escuela”<br />
Sebbene “Casa B” sia un progetto nato<br />
da esperienze internazionali sin da subito<br />
si è radicato nel tessuto sociale del quartiere.<br />
A fare da “ponte” fra il centro di aggregazione<br />
e i cittadini sono stati proprio i più<br />
<strong>giovani</strong> abitanti di Belén. “Casa B - spiega<br />
Dario - è stata co-fondata da quindici bambini,<br />
arrivati da noi quando stavamo mettendo<br />
in piedi la struttura e decidendo le<br />
attività di formazione culturale. Loro ci<br />
hanno aiutato a realizzare il progetto,<br />
l’hanno pensato con noi e sono stati il miglior<br />
“canale di comunicazione” con il<br />
barrío. Inoltre, abbiamo fatto una scelta<br />
chiara: non ci siamo finti poveri, non ci<br />
siamo raccontati diversamente da quello<br />
che siamo e questo ci ha reso credibili e<br />
autentici agli occhi dei bambini, delle loro<br />
famiglie, dei vicini di Casa B”.<br />
Tante le attività di animazione culturale<br />
portate avanti in questi anni: dai corsi di<br />
lingue straniere, a quelli musicali e di arte,<br />
alla nascita della “Cine-Huerta”.<br />
Cine-Huerta è uno spazio in cui si coltiva<br />
la terra per una migliore educazione<br />
alimentare e si proiettano film a cielo<br />
aperto. Quest’anno, durante l’esperienza<br />
di turismo responsabile fatta con Libera è<br />
stato proiettato, in spagnolo, I Cento Passi<br />
e in tanti hanno partecipato alla serata e<br />
conosciuto la storia di Peppino Impastato).<br />
“Bisogna credere nei bambini - aggiunge<br />
Dario – perché loro faranno quello che<br />
non siamo riusciti a fare”. Con i ragazzi<br />
frequentano la “casa” una cinquantina di<br />
<strong>giovani</strong>. “Con loro stiamo costruendo questo<br />
progetto che – dice sorridendo Dario –<br />
neppure noi sappiamo bene cosa sia. Non<br />
sappiamo dire cosa stiamo facendo ma lo<br />
facciamo e speriamo che a continuare il<br />
progetto siano i piccoli co-fondatori di<br />
oggi”. Un passaggio di testimone, dunque,<br />
di questa “escuela sin escuela” in cui si<br />
sperimenta una didattica aperta, dove il<br />
concetto di sviluppo è declinato a partire<br />
dal territorio, dall’identità e guardando -<br />
dice Sendoya - a uno “sviluppo buono”.<br />
Contro la crisi una “rete di affetto” sostiene<br />
il progetto. Ma come è organizzata<br />
quotidianamente “Casa B”?<br />
“Una rete di affetto”<br />
“Sulla carta è tutto chiaro: ciascuno ha<br />
un compito diverso per portare avanti le<br />
tante attività. La verità, però, è che è<br />
sempre un gran casino... un caos positivo,<br />
perché lo spirito di squadra prende il<br />
sopravvento e ci mette tutti in grado di<br />
intervenire su tutto”. Come ci racconta,<br />
non ci sono grandi “finanziatori” dietro il<br />
progetto. “I fondi sono pochi e la verità è<br />
che la più grande forza economica è stata<br />
e continua ad essere la rete di affetto che<br />
sostiene il progetto”. Sembra una utopia<br />
in tempi di crisi economica eppure a<br />
Bogotà è diventata realtà. Progetti per il<br />
futuro di “Casa B”?. “Crescere e<br />
continuare a fare quello che stiamo<br />
facendo - risponde Dario - d’altronde, dice<br />
il poeta,”Al andar se hace el camino”: il<br />
percorso si fa camminando”.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 29
www.isiciliani.it<br />
Germania<br />
Mafia qui?<br />
Nein, Danke!<br />
“E' un problema italiano,<br />
non tedesco...”.<br />
di Valentina Valentini<br />
e Giorgio Garofalo<br />
www.stampoantimafioso.it<br />
La mafia non esiste, figuriamoci in<br />
Germania. È un problema italiano e<br />
non certo tedesco. Ecco, diciamo che le<br />
varie dichiarazioni del governo tedesco<br />
non promettono bene, visto che nessun<br />
territorio può dichiararsi immune e si<br />
può star certi che la mafia in Germania<br />
esiste, eccome!, ed è sempre più presente<br />
e più forte.<br />
Già negli anni ’80 la polizia tedesca<br />
aveva nel mirino i traffici di cocaina gestiti<br />
dalla ‘ndrangheta nell’allora Repubblica<br />
Federale Tedesca. Proprio a partire da<br />
quegli anni si moltiplicano i locali gestiti<br />
da famiglie affiliate alla ‘ndrangheta, luoghi<br />
che diventano presto basi operative per<br />
lo smistamento della droga in vari paesi<br />
europei. E’ così anche negli anni ’90, dopo<br />
la caduta del muro di Berlino che ha<br />
aperto il mercato ad est: territorio ancora<br />
vergine.<br />
Insomma, si tratta di un fenomeno che<br />
da sempre merita attenzione, eppure troppo<br />
spesso ignorato dalle istituzioni tedesche.<br />
Questa è stata, in sintesi, la tesi dei<br />
relatori al convegno «Mafia made in Germania:<br />
inchieste transnazionali» andato in<br />
scena in occasione del Festival Internazionale<br />
del Giornalismo di Perugia di<br />
quest’anno. Tesi alimentata dalle analisi di<br />
un’inchiesta transnazionale realizzata dal<br />
FunkeMedien-Gruppe, Der Spiegel,<br />
WDRtv, IRPI e Grandangolo, giornale locale<br />
della provincia di Agrigento.<br />
A dire che “c’è ancora molto lavoro da<br />
fare per contrastare le attività della criminalità<br />
organizzata di stampo mafioso tra<br />
Italia e Germania” sono stati CeciliaAnesi,<br />
co-fondatrice IRPI- Investigative Reporting<br />
Project Italy, Anna Maria Neifer,<br />
Westdeutscher Rundfunk, GiulioRubino,<br />
co-fondatore IRPI e DavidSchraven, Funke<br />
Medien-Gruppe, in occasione della tavola<br />
rotonda perugina.<br />
Dagli anni '90 ai nostri giorni<br />
Dagli anni ’90 ad oggi sono accadute<br />
molte cose anche in Germania: la più<br />
eclatante la strage di Duisburg che nel<br />
2007 ha aperto gli occhi anche ai tedeschi<br />
più scettici. Il 17 gennaio 2013 alcune<br />
persone vengono arrestate tra la Germania<br />
e Licata, piccola cittadina dell’Agrigento,<br />
nell’operazione denominata “Scavo”. Gabriele<br />
Spiteri, originario di Licata, e Rosario<br />
Pesce, di Riesi, erano stati incaricati di<br />
gestire la Baumafia, ovvero la “mafia delle<br />
costruzioni”.<br />
Entrambi dovevano coordinare i cosiddetti<br />
“procacciatori di prestanome”, i quali<br />
dovevano trovare tra parenti e amici in<br />
Sicilia qualcuno che li aiutasse nel loro<br />
operato. I cosiddetti “cretini” dell’apologo<br />
di Frank Coppola – riportato nel libro “La<br />
Convergenza” di Nando dalla Chiesa –<br />
ovvero coloro che più o meno inconsapevolmente<br />
si prestano a fare il gioco della<br />
mafia. Attraverso i prestanome, Spiteri,<br />
che gestiva Colonia, e Pesce, a capo di<br />
Dortmund, aprivano varie aziende edili<br />
con scopi di riciclaggio.<br />
Il sistema funzionava così: il denaro veniva<br />
trasferito sui conti correnti delle<br />
aziende in questione per pagare alcune fatture<br />
false, a cui non corrispondeva alcun<br />
servizio di costruzione e il prestanome “titolare”<br />
li ritirava in contanti. Il 90 per cento<br />
della somma veniva riconsegnata<br />
all’imprenditore che aveva comprato la<br />
fattura falsa.<br />
Il dieci per cento invece andava ai due<br />
“manager”, Spiteri e Pesce, che li usavano<br />
per pagare i commercialisti e i prestanome<br />
e per i loro affari. Spiteri e Pesce discutevano<br />
spesso in merito al sistema da loro<br />
creato e si incontravano presso un bar gestito<br />
dallo stesso Spiteri a Colonia.<br />
È rilevante notare un aspetto: anche in<br />
Italia, le “chiacchierate” tra personaggi<br />
appartenenti alla criminalità organizzata si<br />
svolgono nei bar e presso ristoranti e pizzerie.<br />
Un importante collaboratore di Spiteri,<br />
Calogero Di Caro ha raccontato agli<br />
investigatori che Spiteri “consumava tanta<br />
cocaina quanta l’intera Colonia” e<br />
all’interno del bar avvenivano grandi traffici<br />
di cocaina. Affari e traffici che Spiteri<br />
aveva importato anche in Germania.<br />
Di Caro fu scarcerato nel 1994 e divenne<br />
collaboratore di giustizia ma dagli inquirenti<br />
era considerato come un parziale<br />
e poco affidabile aiuto per le autorità. Sta<br />
di fatto che i boss lo hanno lasciato vivere<br />
e lui ha continuato “la sua attività” anche<br />
in Germania. “Cosa nostra ha l’ordine di<br />
non uccidere in Germania”, ha affermato<br />
un ospite dell’incontro di Perugia, “poiché<br />
è importante non destare alcun sospetto”,<br />
ma se le cose si mettono male, si uccide.<br />
Fra Palma di Montechiaro e Mannheim<br />
Lampante è l’esempio di diversi omicidi<br />
avvenuti presso il mandamento di Palma<br />
di Montechiaro (AG), certamente più vicini<br />
alla casa madre siciliana. L’omicidio di<br />
Calogero Burgio, di Giuseppe Condello,<br />
capo del mandamento di Mannheim (Baden-Württemberg),<br />
e Vincenzo Priolo.<br />
Da quando Matteo Messina Denaro comanda<br />
Cosa nostra siciliana, la regola è la<br />
seguente: prima il il business. Non si spara<br />
più, a meno che non sia strettamente necessario.<br />
Ma, ritenuto poco affidabile e un<br />
cane pazzo che usava troppa cocaina, Condello<br />
ha tirato troppo la corda, firmando,<br />
di fatto, la propria condanna a morte.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 30
www.isiciliani.it<br />
Argentina<br />
Quelli delle<br />
barra bravas<br />
Tale soluzione è stata<br />
molto discussa tra tutti<br />
gli altri capi mandamento<br />
dell’agrigentino,<br />
ma nessuno decideva.<br />
Matteo Messina<br />
Denaro, dunque, prese<br />
la decisione finale: “O<br />
ci pensate voi o ci<br />
penso io”. Nel mese di<br />
gennaio 2012 Condello e Priolo furono<br />
ammazzati e infilati all’interno di un<br />
pozzo sotto un cavalcavia di contrada<br />
Ciccobriglio, tra Campobello di Licata e<br />
Palma di Montechiaro.<br />
Quello che emerge è il cambiamento<br />
che il latitante Matteo Messina Denaro ha<br />
avviato all’interno di Cosa Nostra siciliana:<br />
è stato fatto un patto in Germania tra<br />
varie province mafiose. I capi mandamento<br />
tra la Germania e la Sicilia sono ben<br />
strutturati.<br />
A che punto siamo?<br />
Questa storia rivela una ramificazione<br />
della mafia, non solo quella siciliana ma<br />
anche della ’ndrangheta calabrese, in Germania.<br />
C’è ancora molto da fare. La giurisdizione<br />
tedesca non ha una normativa antimafia,<br />
come in Italia. E, non a caso, i relatori<br />
del dibattito di Perugia hanno battuto<br />
molto su questo punto chiedendo che<br />
“cambi la normativa in Germania” affinché<br />
tutti, dal Governo alla società civile,<br />
possano finalmente avere una maggiore<br />
consapevolezza che la mafia esiste davvero.<br />
Nel prossimo futuro, hanno aggiunto,<br />
avremo un database dedicato, sperando di<br />
vedere presto il reato di associazione mafiosa<br />
riconosciuto anche in Germania.<br />
Gli ultras violenti degli<br />
stadi qui gestiscono in<br />
prima persona vari<br />
traffici illegali<br />
di Filomena De Matteis<br />
www.stampoantimafioso.it<br />
Le “barra bravas” sono gruppi di ultras<br />
violenti, nati nelle “villas miserias”<br />
(l'equivalente delle favelas brasiliane)<br />
come supporto alle squadre di calcio. Sin<br />
dall’inizio hanno potuto godere di svariati<br />
privilegi, ad esempio viaggi gratuiti durante<br />
le trasferte delle squadre da loro sostenute.<br />
Tramite un crescente impiego della<br />
violenza questi gruppi hanno ottenuto<br />
sempre maggiori benefici, fino ad affermarsi<br />
come vere e proprie “piccole mafie”<br />
in grado di gestire traffici di droga, riciclaggio<br />
di denaro sporco e servizi di protezione<br />
ai calciatori, il tutto con la complicità<br />
della polizia.<br />
In particolare, a causa di quest’ultimo<br />
fattore, il fenomeno delle barra bravas si è<br />
sviluppato enormemente. Persino le cariche<br />
più alte delle associazioni calcistiche<br />
sembrano non poter nulla davanti a questo<br />
problema. Ma come si è arrivati a questo<br />
punto? Alla base vi è un intreccio di violenza-denaro-potere:<br />
i membri delle barra<br />
bravas usano la violenza sia contro i tifosi<br />
delle squadre avversarie sia contro i calciatori<br />
o i vertici dei club calcistici ai quali<br />
sono affiliati, per ottenere maggiori vantaggi<br />
o per “stimolare” i giocatori a dare il<br />
massimo durante le partite; i soldi arrivano,<br />
invece, dalla vendita di gadgets e dei<br />
biglietti, dall’assegnazione dei parcheggi<br />
a pagamento e dalla protezione ai giocatori;<br />
il tutto con l’appoggio di agenti e politici<br />
corrotti.<br />
Sostenevano la dittatura<br />
È, infatti, quest’ultimo fattore a rendere<br />
gli ultras argentini diversi da quelli europei:<br />
in Argentina i tifosi violenti fanno<br />
parte del sistema calcistico, arrivando a<br />
decidere persino dell’acquisto o della vendita<br />
dei giocatori e fanno capo ai politici<br />
corrotti di turno.<br />
Ne sono un esempio eclatante i barras<br />
della squadra Quilmes Atlético Club, sostenitori<br />
della dittatura militare (1976-<br />
1983) e in seguito dei governi democraticamente<br />
eletti che si fossero dimostrati<br />
pronti ad appoggiarli, indipendentemente<br />
dall’orientamento politico. Per i membri<br />
delle barras contano soltanto i soldi e di<br />
conseguenza il sostegno di chi gliene offre<br />
di più.<br />
I politici, a loro volta, ricorrono all’uso<br />
violento degli ultras in quanto vedono<br />
questi come una sorta di manodopera tramite<br />
la quale poter concludere rapidamente<br />
affari illegali. Non è dunque difficile<br />
comprendere come i capi delle barra bravas<br />
delle squadre più importanti, come ad<br />
esempio il River Plate, il Boca Juniors, il<br />
Rosario Central ed il Newell’s Old Boys,<br />
possano guadagnare cifre che si aggirano<br />
attorno agli 11mila euro mensili.<br />
Inevitabilmente tutto ciò rende l’attività<br />
della tifoseria violenta appetibile. Il potere<br />
e il denaro, inoltre, innescano uno spirito<br />
di emulazione che crea ancora più violenza,<br />
sempre più difficile da fermare.<br />
È necessario un intervento decisivo delle<br />
istituzioni per combattere un fenomeno<br />
come questo dove si assiste alla crescente<br />
collaborazione fra barras, poliziotti e politici,<br />
che gestiscono ingenti somme di denaro<br />
agendo nella più totale libertà e impunità.<br />
Nello specifico, le istituzioni argentine<br />
dovrebbero eliminare il potere che<br />
ha consentito agli ultras di affermarsi fino<br />
a diventare gruppi criminali organizzati<br />
sia all’interno sia all’esterno degli stadi.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 31
www.isiciliani.it<br />
S C A F F A L E<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 32
www.isiciliani.it<br />
Cerimonie<br />
L'antimafia<br />
distratta<br />
“Trent'anni di mafia”:<br />
grande presentazione<br />
con intellettuali, giornalisti,<br />
opinionisti e autorità<br />
varie. Peccato<br />
che il “regista antimafia<br />
era appena stato<br />
condannato a sei anni<br />
per un gigantesco imbroglio...<br />
di r.o.<br />
“Sono un agente segreto dei carabinieri.<br />
La mafia mi cerca per farmi fuori”.<br />
Più o meno così è cominciata la storia<br />
di Mario Musotto, regista agrigentino,<br />
e Vincenzo Balli, un piccolo imprenditore<br />
del settore spettacoli.<br />
Il Balli s’è fidato e s’è messo a sua disposizione.<br />
“Dobbiamo stare attentissimi, la mafia<br />
non perdona”. C’è pure un’intera squadra<br />
di “carabinieri speciali”, guidati da un<br />
fantomatico “maresciallo Orso”, che ogni<br />
tanto compaiono a rinnovare le minacce.<br />
Basta: il Balli, con l’intera famiglia, passa<br />
due anni “blindato” e “sotto copertura”<br />
senza osar mettere il naso fuori di casa,<br />
terrorizzato dai racconti del Musotto: il<br />
quale nel frattempo non manca di farsi – a<br />
spese della vittima – gli affari suoi.<br />
Alla fine, la storia finisce a conoscenza<br />
dei carabinieri veri. Indagini, denuncia,<br />
intervento dei giudici e processo. Musocco<br />
becca sei anni di carcere (tribunale di<br />
Palermo, giudice Patrizia Ferro) e la storia<br />
finisce lì.<br />
O meglio, non finisce affatto. Perché<br />
nel bel mezzo dell’estate, a Palermo,<br />
Agrigento e ovviamente su internet compaiono<br />
dappertutto le locandine di un nuovo<br />
film “antimafia” (“Trent’anni di<br />
mafia”: Grande Presentazione in prima internazionale<br />
galattica ad Agrigento, in Canadà,<br />
negli Stati Uniti!).<br />
Alla prima sono invitate le personalità<br />
dell’antimafia, dello spettacolo, della magistratura<br />
e quant’altro; il film, ad Agrigento,<br />
è dedicato a un magistrato in servizio,<br />
uno dei migliori rimasti, invitato a<br />
onorare con la sua presenza la prémiere.<br />
Peggio la pezza del buco<br />
Il povero Balli, venutolo a sapere, scatena<br />
su facebook l’iradiddìo. La cosa è un<br />
po’ imbarazzante. Il produttore del film,<br />
tale Filippo Alessi (la major è la società<br />
“Campo di Note”) “apprende con rammarico”<br />
la notizia, peraltro a suo tempo uscita<br />
dappertutto. Toglie, a lavoro ultimato e<br />
all'ultimo momento, il nome del Musotto<br />
dal cast e lo sostituisce con quello un altro<br />
tizio, non condannato per sequestro: il che<br />
per un film antimafia - ha pensato l'Alessi<br />
- è già una garanzia.<br />
Così il film viene presentato regolarmente,<br />
esattamente come l'aveva composto<br />
il Musotto. Grande imbarazzo fra il<br />
pubblico - con le varie personalità in prima<br />
fla – ma tutto sommato è andata bene.<br />
Nessuno scandalo, tranne i soliti mugugni<br />
su facebook e in rete, cui peraltro nessuno,<br />
nella stampa ufficiale, ha ritenuto di<br />
dare particolare risalto.<br />
“Chiedo la condanna di Musotto - aveva<br />
chiesto l'avvocato al processo - anche<br />
per eliminarlo dal palcoscenico antimafia,<br />
utilizzato da alcuni come esclusiva fonte<br />
di business”. Condannare, in tribunale<br />
l'hanno condannato, visto che là le sentenze<br />
le fanno i giudici e non la brava gente<br />
“impegnata” dei salotti. Però lui sul palcoscenico<br />
“antimafia” c'è rimasto, e non<br />
pare che qualcuno - tolta la breve parentesi<br />
obbligata – abbia voglia di cacciarlo via<br />
da lì.<br />
E intanto, al premio Sciascia...<br />
Sempre a proposito di “antimafia”, da<br />
segnalare un altro evento del genere: non<br />
un film stavolta si tratta ma di un capolavoro<br />
della letteratura (impegnata, ovviamente).<br />
Il titolo della fondamentale opera<br />
è “Malerba”, edita da Mondadori (quello<br />
di “Gomorra”) e premiata a furor di popolo<br />
a Racalmuto, col premio Sciascia.<br />
Il popolo, veramente, era un po' infuriato<br />
anche perché l'autore del capolavoro,<br />
Giuseppe Grassonelli (coadiuvato nella<br />
sua fatica da un volenteroso redattore di<br />
Mediaset) era fino a quel momento noto<br />
alle cronache in qualità non di letterato<br />
ma di ferocissimo boss mafioso e assassino.<br />
Al tempo in cui capeggiava una delle<br />
cosche più feroci della Sicilia, gli stiddari,<br />
l'uomo aveva infatti esercitato il suo mestiere<br />
con rigore e costanza, allentando il<br />
suo faticoso impegno solo per cause di<br />
forza maggiore, incarnate in alcuni carabinieri<br />
e un tribunale. Grazie a costoro,<br />
Grassonelli decise di cambiar carriera e di<br />
darsi alla letteratura, dove si fatica di<br />
meno e non ci sono carabinieri.<br />
L'antico brigante è diventato così –<br />
classicamente – il beniamino della società<br />
perbene. Dei giudici e concorrenti del premio<br />
Sciascia (fra cui alcuni esponenti,<br />
ahimè distratti, dell'atimafia vera) solo<br />
uno ha avuto la presenza di spirito di<br />
scappare a gambe legate dichiarandosi indisponibile<br />
alla buffonata.<br />
Tutti gli altri, a muso storto, hanno fatto<br />
buon viso a cattivo gioco; qualcuno si è<br />
pure lanciato in stratosferiche elucubrazioni<br />
sulla vis redentrice della letteratura e<br />
sulla necessità di assicurare comunque la<br />
preziosa testimonianza ecc. ecc.<br />
(Ma che ne avrebbe detto Sciascia?” s'è<br />
domandato qualcuno. Niente, naturalmente.<br />
Sciascia riusciva benissimo a non dire<br />
mai niente di veramente scomodo dicendo<br />
migliaia di cose terribili e all'apparenza<br />
scomodissime. Basta pensare al “professionista<br />
dell'antimafia” Borsellino. E' quasi<br />
un contrappasso, per lui, il Grassonelli).<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 33
www.isiciliani.it<br />
No Muos<br />
Sulla via<br />
di Niscemi<br />
Quarantasei antenne<br />
militari, da questa cittadina<br />
siciliana, sorvegliano<br />
il mondo. Una<br />
giornata contro<br />
di Giuseppe Cugnata<br />
www.generazionezero.org<br />
Entrando a Niscemi si ha quasi la<br />
sensazione di essere stati catapultati in<br />
una città mediorientale: l’ocra delle<br />
abitazioni – lasciate prive di intonaco –<br />
si mescola all’argilla delle colline circostanti.<br />
Dal golfo di Gela, distante pochi<br />
chilometri in linea d’aria, una cappa di<br />
polvere si solleva sulle stradine irregolari,<br />
mentre l’aria tutt’intorno sembra<br />
tremolare per il feroce caldo d’agosto.<br />
Dal paesaggio arido e uniforme svettano<br />
sporadiche sagome di palme: ogni cosa<br />
sembra indefinita e statica, in quest’angolo<br />
Sicilia. Ad un tratto, però, qualcosa<br />
pare turbare il naturale equilibrio di questi<br />
luoghi: in direzione sud-est, una torre di<br />
metallo alta più di cento metri si staglia<br />
prepotentemente contro la linea dell’orizzonte.<br />
È una delle quarantasei antenne<br />
statunitensi presenti nella zona.<br />
Dagli anni ’90, infatti, il territorio di Niscemi<br />
è stato scelto dalla Marina Militare<br />
statunitense come sede di una base di trasmissione<br />
radio NRTF. In tempi più recenti,<br />
poi, la stessa base è stata individuata<br />
come luogo adatto per il programma di<br />
comunicazione satellitare MUOS; altre tre<br />
enormi parabole sono quindi state erette<br />
nella campagna del niscemese. Per ostacolare<br />
l’attivazione dell’impianto, i manifestanti<br />
del coordinamento No MUOS<br />
hanno indetto una manifestazione per<br />
giorno 9 agosto, ed è per questo che ci<br />
troviamo in marcia, nella periferia di Niscemi,<br />
sotto un sole inclemente.<br />
Dato che il presidio No MUOS, dal<br />
quale partirà la manifestazione, si trova<br />
fuori dal centro abitato, chiediamo indicazione<br />
a qualche passante sulla strada migliore<br />
da seguire. I primi tre tentativi vanno<br />
miseramente a vuoto: pare che la gente<br />
non abbia la più pallida idea della manifestazione,<br />
degli impianti militari e di tutto<br />
il resto.<br />
Al quarto tentativo un muratore di<br />
mezza età, intento a scaricare dei calcinacci<br />
dentro al cassone di un camion, ci<br />
indica la strada con fare sicuro, lasciando<br />
intendere che non siamo stati i primi visitatori<br />
a domandare aiuto. Proseguiamo il<br />
viaggio verso il presidio.<br />
Una riserva naturale<br />
Numerosi filari di canneti o di pale di<br />
fichi d’india addolciscono il paesaggio,<br />
sempre più rigoglioso via via che ci addentriamo<br />
nella campagna niscemese:<br />
l’area in cui sorge la base americana è stata,<br />
infatti, istituita, nel 1997, come riserva<br />
naturale, proprio per la varietà di specie<br />
animali e vegetali che custodisce al suo<br />
interno. Dopo qualche decina di minuti,<br />
arriviamo finalmente a destinazione: un<br />
murale, con la scritta No MUOS da una<br />
parte e la bandiera americana dall’altra,<br />
demarca in maniera inequivocabile la<br />
zona.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 34
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“L'accondiscendenza<br />
del palazzo politico<br />
verso i responsabili<br />
del programma militare<br />
”<br />
Un vigile urbano ordina di lasciare<br />
l’automobile: da questo momento potremo<br />
muoverci solamente a piedi. Ci accodiamo<br />
ad un gruppo di ragazzi, sperando<br />
prima o poi di raggiungere la meta. Proseguiamo<br />
per più di un chilometro, mentre<br />
un elicottero della polizia ci sorveglia, volando<br />
a bassa quota. Giungiamo finalmente<br />
al presidio, dove si sono raccolte diverse<br />
centinaia di persone.<br />
“Ci hanno filmato tutti”<br />
Una donna, immediatamente fuori dall'<br />
l'ingresso, si lamenta con un conoscente:<br />
“Ci hanno filmati tutti mentre camminavamo”,<br />
racconta, riferendosi ai poliziotti<br />
in borghese che da una macchina hanno<br />
continuato a filmare i manifestanti che<br />
giungevano al presidio.<br />
Scivoliamo lungo la leggera scarpata<br />
che dalla strada asfaltata porta all’interno<br />
del presidio: a sinistra è stato allestito un<br />
piccolo capanno da cui poter prelevare bevande<br />
o cibo; a destra sono parcheggiate<br />
alcune auto, mentre più in basso, nascoste<br />
tra la vegetazione, si distinguono alcune<br />
tende da campeggio. Turi Vaccaro, attivista<br />
No MUOS, sta a piedi in su, reggendo<br />
il peso del corpo sulle spalle e sul collo, in<br />
una posa di meditazione.<br />
Verso le quattro i manifestanti sono<br />
pronti ad abbandonare il presidio diretti<br />
verso la base americana. La testa del corteo<br />
è composta dagli attivisti del coordinamento<br />
No MUOS e dal comitato Mamme<br />
No MUOS.<br />
Seguono le bandiere dei partiti e dei<br />
movimenti presenti (Prc, Sel, lista Tsipras,<br />
Pcl, Pc, Idv, Verdi, Anarchici, No Ponte,<br />
No Tav, Usb...) mescolate a numerose<br />
bandiere palestinesi. “Ma pirchì a manifestazione<br />
No MUOS c’hanna siri i banneri<br />
re’ partiti? (le bandiere dei partiti?)”<br />
chiede a un amico un ragazzo.<br />
Alla coda del corteo si intravedono i pochissimi<br />
sindaci e assessori, venuti per<br />
l’occasione con la fascia tricolore: l’idea<br />
nata sui social network, nei giorni immediatamente<br />
precedenti la manifestazione,<br />
era che i rappresentanti delle istituzioni<br />
fossero molti di più.<br />
Il corteo finalmente parte. Superate le<br />
prime curve è possibile valutare, a occhio<br />
e croce, le dimensioni del serpentone che<br />
non supera le duemila/tremila unità: un<br />
calo rispetto alle manifestazioni precedenti.<br />
Anche tra i manifestanti sembra essere<br />
calata la fiacca: gli slogan vengono urlati<br />
da poche decine di persone, mentre il resto<br />
della colonna sembra somigliare più<br />
ad un corteo funebre che ad una manifestazione<br />
di protesta.<br />
Certo, l’accondiscendenza degli uomini<br />
del palazzo politico verso i responsabili<br />
del programma militare ha scoraggiato<br />
tanti, come anche il compimento dei lavori<br />
di cantiere alla base americana. Ma al di<br />
là delle giustificazioni, l’unico dato certo<br />
è che, a distanza di più di un anno dalla<br />
fortunatissima manifestazione del 30 marzo,<br />
quando la campagna niscemese venne<br />
inondata da più di diecimila anime, il<br />
coinvolgimento civile si è sicuramente<br />
affievolito, complice anche la mancanza<br />
di approcci comunicativi più evoluti da<br />
parte del coordinamento.<br />
Il corteo prosegue placidamente diretto<br />
verso uno dei cancelli della base. In un<br />
tratto di strada, pochi minuti prima, alcune<br />
donne vestite di nero, con uno striscione<br />
con su scritto Boicotta Israele,avevano<br />
inscenato un flash mob contro l’invasione<br />
israeliana nella Striscia di Gaza.<br />
Passate le sei la situazione muta radicalmente:<br />
il corteo, rimasto compatto durante<br />
tutta la marcia, si frammenta. Alcune decine<br />
di manifestanti si scagliano a mani<br />
nude contro la recinzione metallica che<br />
circonda la base, mentre un manipolo di<br />
poliziotti in assetto antisommossa sta a<br />
guardare al di là della rete. La tensione tra<br />
i manifestanti e i poliziotti cresce.<br />
La carica contro le prime file<br />
Alle 18:35 i manifestanti sfondano la<br />
rete. I poliziotti lanciano una carica contro<br />
le prime file. Dopo qualche minuto, viene<br />
dato fuoco a della sterpaglia immediatamente<br />
vicina alla sede degli scontri: una<br />
colonna di polvere e fumo si solleva minacciosa<br />
sull’intera area.<br />
Mentre piovono pietre e manganellate,<br />
dei manifestanti si accingono a spegnere il<br />
fuoco: una possibile propagazione delle<br />
fiamme avrebbe potuto legittimare eventuali<br />
divieti ad altre manifestazioni future.<br />
Finalmente, senza alcun intervento da parte<br />
dei vigili del fuoco, l’incendio viene<br />
spento dalle sole braccia dei manifestanti.<br />
Le cariche da parte della polizia terminano.<br />
Un folto gruppo di attivisti supera la<br />
rete e si addentra nella base, diretto verso<br />
le antenne presso cui, già da diverse notti,<br />
si sono arrampicati sette attivisti. Decidiamo<br />
di rimanere fuori dai confini della<br />
base: la nostra manifestazione, per oggi, è<br />
finita.<br />
Sulla strada verso casa, la luna piena ci<br />
sorveglia dall’alto, luminosissima, mentre<br />
gli ultimi raggi del sole attraversano con<br />
vigore le nuvole riempiendo il cielo.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 35
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Giustizia<br />
I “collaboratori”<br />
collaborano. E lo Stato?<br />
L’istituto della collaborazione<br />
con la giustizia<br />
degli ex appartenenti<br />
ad associazioni mafiose<br />
costituisce uno dei<br />
principali strumenti di<br />
contrasto alla mafia<br />
di Irene Astorri<br />
www.diecieventicinque.it<br />
Per collaboratore di giustizia s'intende<br />
chi, dopo aver fatto parte di una<br />
organizzazione criminale, decide di<br />
dissociarsene e di collaborare con<br />
l’autorità giudiziaria.<br />
In Italia la creazione della normativa è<br />
stata determinata dalla situazione politicogiudiziaria<br />
della fine degli anni sessanta,<br />
quando ripetuti atti di violenza crearono<br />
grande allarme sociale. Ma soltanto negli<br />
anni novanta è stata introdotta una disciplina<br />
specifica in materia, grazie al decreto<br />
legge 15 gennaio 1991 n. 8, convertito<br />
nella legge 15 marzo 1991 n. 82, i cui<br />
punti più importanti erano:<br />
- poter fornire uno speciale programma<br />
di protezione ai collaboratori di giustizia e<br />
ai parenti più prossimi e permettere al collaboratore<br />
di accedere a vari benefici penitenziari<br />
(tra cui misure alternative alla<br />
detenzione)<br />
- il programma di protezione doveva essere<br />
deciso da un’apposita Commissione<br />
(istituita dal Ministero dell’Interno) e doveva<br />
essere richiesta dal pm, dal prefetto<br />
o dall’Alto Commissario per il coordinamento<br />
della lotta contro la delinquenza<br />
mafiosa;<br />
- l’ammissione dipendeva dalla gravità<br />
e attualità del pericolo, dall’importanza<br />
delle informazioni fornite e dall’adempimento<br />
degli obblighi previsti dal programma<br />
di protezione stesso;<br />
- la gestione e l’attuazione dei programmi<br />
di protezione era affidata a un servizio<br />
istituito presso il Dipartimento della pubblica<br />
sicurezza del Ministero dell’interno<br />
(Servizio centrale di protezione);<br />
- il Ministro dell’Interno, in casi eccezionali,<br />
poteva autorizzare il cambiamento<br />
delle generalità dei soggetti sottoposti<br />
al programma di protezione.<br />
Questa legge è stata poi modificata con<br />
la successiva del 13 febbraio 2001 n. 45,<br />
con cui s'è cercato di eliminare le disfunzioni<br />
e incongruenze della precedente.<br />
Scheda<br />
PENTIMENTI, GIUSTIZIA E VERITA'<br />
Partiamo da un dato: senza i collaboratori di giustizia non sapremmo<br />
tutto quello che oggi sappiamo sulle mafie. Non sapremmo<br />
i rapporti al loro interno, i riti, i misteri e le verità. Probabilmente<br />
dubiteremmo ancora dell’esistenza della mafia. Eppure,<br />
questi, nascono col nascere delle mafie nonostante solo con<br />
Falcone diventino uno “strumento” fondamentale nelle mani della<br />
giustizia. Sicuramente hanno avuto un ruolo di primaria importanza<br />
nella lotta al terrorismo, ma quella, come ben sappiamo,<br />
è un'altra storia.<br />
Il primo pentito di mafia nella storia d’Italia «si chiamava Salvatore<br />
D’Amico. A metà dell’Ottocento faceva parte della “fratellanza<br />
degli stuppagghieri” di Monreale. Si trasferì a Bagheria,<br />
la cui cosca, “i fratuzzi”, era in guerra con quella monrealese.<br />
Iniziò a temere per la sua vita e decise di dire quello che sapeva<br />
ai giudici. “Undici giorni dopo il D’Amico veniva trovato crivellato<br />
da lupara, con un tappo di sughero in bocca ('u stuppagghiu)<br />
e sugli occhi il santino di stoffa della Madonna del Carmine che i<br />
fratuzzi portavano al collo a mo’ di amuleto e riconoscimento.<br />
La mafia aveva ritrovato l’unità per punire il traditore, anche se<br />
le due cosche continuarono per anni a distruggersi a vicenda”».<br />
Melchiorre Allegra, medico trapanese “pentito” nel 1937, era<br />
«affiliato alla famiglia mafiosa palermitana di Pagliarelli. Aveva<br />
raccontato la struttura di Cosa Nostra, il rito della “punciuta”, i<br />
nomi delle famiglie più importanti e i legami con la politica, la<br />
sanità e gli affari».<br />
Tra D’Amico e Allegra intercorrono storie di pentitismi, collaborazioni<br />
e confidenze. Nei verbali venivano chiamati “dichiaranti”<br />
ma le scarse norme legislative sul tema e le diverse condizioni<br />
storiche del tempo hanno lasciato poche tracce delle testimonianze<br />
di questi personaggi. Difatti le notizie sono scarse sulla<br />
storia del pentitismo prima di Leonardo Vitale. Un “pentito”<br />
vero, quest’ultimo. Rese dichiarazioni spontanee dopo una lunga<br />
e travagliata riflessione, cercava un ravvedimento, voleva rimediare<br />
per il male fatto così come insegna il catechismo della<br />
Chiesa Cattolica. I collaboratori da ricordare, per importanza e<br />
verità, non sarebbero pochi. Ci sarebbe da raccontare anche di<br />
quei “falsi pentiti”, orchestrati a dovere per confondere le carte<br />
in gioco e creare sfiducia in questo strumento.<br />
Collaboratore però, non è sinonimo di “pentito”. Ognuno di<br />
loro è mosso da un motivo diverso che li porta a collaborare con<br />
la giustizia. I soldi, la protezione, o forse un riscatto per il male<br />
fatto. Spesso considerati dei delatori, che poi è il peccato di Giuda<br />
(e il paragone, non mio, è tristemente infelice), sono da sempre<br />
osteggiati e criticati dalla pubblica opinione e da molti addetti<br />
ai lavori. Eppure costituiscono un pilastro fondamentale della<br />
lotta alla mafia. In questo paese, e non solo. Forse basterebbe<br />
proteggerli maggiormente, seriamente, in base alla storia e alle<br />
verità riscontrate e non trattarli tutti allo stesso modo.<br />
Del resto, da D’Amico, a Buscetta, fino ad arrivare a Iovine, è<br />
cambiata la mafia, non il modo di trattare e “usare” i collaboratori<br />
di giustizia. Almeno fin quando questi, si limitano a portare<br />
verità che non fanno male a molti.<br />
Salvo Ognibene<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 36
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“Collaboratori<br />
e testimoni<br />
di giustizia:<br />
due cose<br />
del tutto diverse”<br />
È stato fortemente limitato il numero<br />
dei soggetti sottoposti al programma di<br />
protezione: ne possono usufruire solo coloro<br />
che forniscono un contributo di notevole<br />
importanza, mentre la collaborazione<br />
può essere portata avanti soltanto<br />
nell’ambito di alcune gravi fattispecie di<br />
reato attinenti alla criminalità organizzata<br />
(come ad es. terrorismo o eversione).<br />
Solo notizie attendibili e complete<br />
Il soggetto viene ammesso al programma<br />
di protezione solo se le notizie sono<br />
nuove, complete, attendibili e rese al pm<br />
entro 180 giorni dalla dichiarazione di volontà<br />
di collaborazione, oltre al fatto che<br />
all’autorità giudiziaria devono essere consegnati<br />
beni e denaro di provenienza illecita.<br />
Infine viene introdotta una netta distinzione<br />
tra collaboratori e testimoni di giustizia<br />
(soggetti vittima di reato o persone<br />
informate sui fatti destinate ad una diversa<br />
protezione).<br />
Nel 2013 l’allora Presidente del Consiglio<br />
Enrico Letta aveva istituito, tramite<br />
decreto, una Commissione col compito di<br />
elaborare proposte di modifica al sistema<br />
per la lotta alla criminalità organizzata.<br />
La Commissione, composta dal Presidente<br />
Roberto Garofoli e dai membri<br />
Magda Bianco, Raffaele Cantone, Nicola<br />
Gratteri, Elisabetta Rosi e Giorgio Spangher,<br />
dopo aver ascoltato anche il parere<br />
di diversi soggetti coinvolti, è approdata<br />
alla stesura del “Rapporto della Commissione<br />
per l’elaborazione di proposte in<br />
tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità”<br />
nel quale vengono sollevate criticità<br />
sul sistema normativo vigente.<br />
Un primo profilo riguarda il rigido termine<br />
previsto (180 giorni) entro il quale<br />
bisogna concludere l’assunzione delle dichiarazioni<br />
da parte del pentito: quelle<br />
successive sono inutilizzabili (salvi alcuni<br />
correttivi) e non è prevista alcuna proroga.<br />
Secondo la Commissione questo termine<br />
è eccessivamente rigido, considerata<br />
anche la mole di lavoro esistente nelle<br />
Procure.<br />
La proposta consiste nell’introdurre una<br />
proroga per il pm che dimostri di aver<br />
svolto la sua attività lavorativa ma di non<br />
essere riuscito ad assumere tutte le dichiarazioni<br />
del collaboratore, oltre a quella di<br />
creare una sanzione di inutilizzabilità per<br />
le dichiarazioni tardive, a meno che non si<br />
dimostri che il ritardo sia tale per un giustificato<br />
motivo.<br />
Le misure di protezione<br />
Un secondo profilo riguarda il numero<br />
di componenti della Commissione centrale<br />
per la definizione e l’applicazione delle<br />
speciali misure di protezione: la legge del<br />
1991 prevede due magistrati e cinque funzionari<br />
e ufficiali, presieduti da un Sottosegretario<br />
di Stato.<br />
La Commissione propone di aumentare<br />
il numero dei magistrati da due a quattro.<br />
Il terzo profilo di criticità riguarda infine<br />
il sistema della partecipazione a distanza<br />
al dibattimento dei collaboratori e dei<br />
testimoni di giustizia. Questi ultimi riferiscono<br />
diverse informazioni relative ad<br />
episodi delittuosi e queste instaurano diversi<br />
procedimenti penali: il soggetto<br />
deve perciò rendere le sue dichiarazioni in<br />
più giudizi, ma ciò genera ingenti spese<br />
allo Stato, che si deve occupare dei singoli<br />
trasferimenti. Questa situazione ha portato<br />
all’uso nei processi della videoconferenza.<br />
La videoconferenza<br />
Si deve inoltre distinguere se all’interno<br />
dei processi il soggetto partecipi come imputato<br />
o testimone: a seconda della posizione<br />
ricoperta nel processo infatti, il soggetto<br />
può o non può rendere la propria testimonianza<br />
a distanza, situazione dipendente<br />
anche da ragioni di sicurezza ed ordine<br />
pubblico. Per questo motivo il giudice<br />
deve disporre le cautele necessarie affinché<br />
il soggetto non sia riconoscibile ed<br />
evitare possibili ripercussioni da parte degli<br />
imputati.<br />
La Commissione ha perciò proposto di<br />
rendere obbligatoria la videoconferenza,<br />
anche se il collaboratore o il testimone sia<br />
esso stesso un imputato: questo servirebbe<br />
per ridurre notevolmente l’onere economico<br />
per lo Stato e per l’incolumità sia<br />
dei soggetti protetti sia per gli operatori di<br />
polizia addetti alla scorta<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 37
www.isiciliani.it<br />
Trattativa<br />
Mori, il Sisde e quelle<br />
operazioni criminali<br />
Nelle nuove carte riflettori<br />
puntati sul ruolo<br />
dell’ex capo del Ros<br />
negli anni ’70<br />
di Lorenzo Baldo<br />
www.antimafiaduemila.com<br />
Palermo. E’ lo spaccato di uno Statocriminale<br />
quello che emerge dalle prime<br />
indiscrezioni relative all’attività integrativa<br />
di indagine della Procura di<br />
Palermo che verrà depositata al processo<br />
sulla trattativa Stato-mafia. I faldoni<br />
sono stati trasmessi anche alla Procura<br />
generale che rappresenta l’accusa al<br />
processo d’appello in cui Mori è imputato<br />
di favoreggiamento aggravato alla<br />
mafia.<br />
Il periodo del Sid<br />
Questo materiale racchiude una parte<br />
dell’attività di indagine sulla permanenza<br />
dell’ex capo del Ros Mario Mori al Sid<br />
(Servizio Informazioni difesa, ex Sismi,<br />
attuale Aise, ndr) nei primi anni ’70. In<br />
quel periodo Mori è un <strong>giovani</strong>ssimo ufficiale<br />
dei Carabinieri (da 3 anni era<br />
nell’Arma) che comanda una tenenza.<br />
Nel 1973 viene chiamato al Sid da un<br />
ex ufficiale dei Carabinieri al Servizio Informazione<br />
Difesa, Federico Marzollo,<br />
all’epoca la persona più vicina all’ex direttore<br />
del Sid Vito Miceli (uomo di Licio<br />
Gelli.<br />
La struttura parallela<br />
Miceli predispose la struttura parallela<br />
del Sid finalizzata ad organizzare un colpo<br />
di Stato tra il ’73 e il ’74 chiamata la<br />
Rosa dei Venti, ndr).<br />
Marzollo quindi porta Mori al Sid nel<br />
’73, lo sponsorizza e lo avvicina a Vito<br />
Miceli. Tra l’altro lo stesso Marzollo era<br />
stato allievo ufficiale del padre di Mori.<br />
A cavallo tra la fine del ’74 e l’inizio<br />
del ’75 succede qualcosa di strano.<br />
Negli atti acquisiti dalla Procura dagli<br />
archivi dell’Aise (il servizio segreto per la<br />
sicurezza esterna) risulta in particolare<br />
che negli anni di permanenza al Sid Mori<br />
ha svolto funzioni operative con tanto di<br />
nome e documenti di copertura, riportando<br />
anche degli encomi importanti nel corso<br />
del ’73 e del ’74 per determinate operazioni.<br />
Mori si è occupato nello specifico<br />
di “contatti” con i terroristi neri.<br />
Il contesto<br />
A questo punto occorre inquadrare ulteriormente<br />
il contesto.<br />
Nel dicembre del ’74 il giudice<br />
istruttore di Padova, Giovanni Tamburino<br />
(fino a un mese fa a capo del Dap, ndr),<br />
che sta indagando sulla Rosa dei venti<br />
(con tanto di richiesta d’arresto per l’ex<br />
capo del Sid Vito Miceli), manda al Sid<br />
una richiesta urgente con la quale chiede<br />
che sia trasmessa dall’Autorità<br />
Giudiziaria di Padova un’immagine<br />
fotografica di Mario Mori. Il giudice<br />
Tamburino non specifica altro.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 38
www.isiciliani.it<br />
“Tenetelo fuori<br />
fino alla fine<br />
del processo<br />
Borghese”<br />
La cacciata di Mori<br />
Come è noto la Rosa dei venti è<br />
un’indagine condotta dalla magistratura di<br />
Padova sull’organizzazione segreta modello<br />
“Gladio” che operava soprattutto nel<br />
nord est, faceva riferimento, tra gli altri,<br />
all’ex generale Amos Spiazzi, e aveva<br />
come obiettivo quello di reiterare il progetto<br />
del “Piano Solo” del generale Giovanni<br />
De Lorenzo: una sorta di colpo di<br />
Stato militare che ci sarebbe dovuto essere<br />
tra il ’73 e il ’74. Tamburino chiede<br />
quindi la fototessera di Mori nel dicembre<br />
’74. Per quale motivo?<br />
Non bisogna scordare che nell’ottobre<br />
di quello stesso anno il giudice Tamburino<br />
aveva fatto arrestare per l’indagine sulla<br />
Rosa dei venti Vito Miceli. Successivamente<br />
era stato arrestato anche Amos<br />
Spiazzi. Il 4 gennaio del ’75 l’ex generale<br />
Gianadelio Maletti (ex numero due del<br />
Sid rimasto al Servizio in seguito all’arresto<br />
di Miceli) scrive di suo pugno un appunto<br />
in cui chiede al direttore del Servizio<br />
facente funzioni, l’ammiraglio Mario<br />
Casardi (che poi diventerà direttore a tutti<br />
gli effetti), di allontanare Mario Mori dal<br />
Servizio “nel più breve tempo possibile”.<br />
Il 9 gennaio Casardi emette un provvedimento<br />
in cui dispone l’allontanamento<br />
di Mario Mori dal Servizio con effetto immediato<br />
aggiungendo alla richiesta di Maletti<br />
un’ulteriore direttiva. Non soltanto<br />
Mori deve essere cacciato via dal Servizio,<br />
ma deve essere urgentemente allontanato<br />
dal territorio della città di Roma.<br />
Perché mai Mori viene mandato via da<br />
Roma in quel modo?<br />
Agli inizi del 1978 Mario Mori viene<br />
quindi restituito all’Arma di appartenenza<br />
per poi essere inviato a comandare il nucleo<br />
radiomobile di Napoli. In quello stesso<br />
anno il Comando generale dei Carabinieri<br />
scrive al Sid chiedendo se vi siano<br />
motivi ostativi al trasferimento di Mori a<br />
Roma. A tutti gli effetti si tratta di una<br />
sorprendente anomalia in quanto Mori,<br />
dopo essere stato cacciato con tanto di abbassamento<br />
delle note caratteristiche, non<br />
ha più alcun tipo di rapporto con il Sid.<br />
Anni di fuoco<br />
Il dato ancora più sconcertante è la risposta<br />
del Sid. Siamo nel gennaio del ’78,<br />
nella replica si legge che “come da disposizioni<br />
impartite” c’è il divieto di trasferire<br />
Mori a Roma “fino alla fine della celebrazione<br />
del processo Borghese”. Per<br />
quale ragione viene sottolineata questa<br />
specifica indicazione? Bisogna mettere<br />
insieme altri pezzi di questo mosaico.<br />
Il giudice Tamburino che stava conducendo<br />
l’indagine sulla Rosa dei venti a un<br />
certo punto si vede richiesti gli atti dalla<br />
procura di Roma. La tesi dei magistrati<br />
romani è molto semplice: siccome stiamo<br />
indagando sul Golpe Borghese, anche se<br />
non sono gli stessi soggetti, si tratta sempre<br />
di un colpo di Stato organizzato dai<br />
militari e quindi c’è connessione. Il pm<br />
che indagava sul Golpe Borghese era un<br />
uomo fedelissimo di Giulio Andreotti:<br />
Claudio Vitalone.<br />
L'indagine tolta al magistrato<br />
Di fatto Tamburino resiste fino al dicembre<br />
del ’74, poi però la procura di<br />
Roma si appella alla Cassazione e vince.<br />
Tutta l’indagine sulla Rosa dei venti viene<br />
quindi tolta a Tamburino per essere mandata<br />
a Roma così da essere unificata a<br />
quella sul Golpe Borghese.<br />
Evidentemente il Sid scrive di non mandare<br />
Mori a Roma “fino alla fine del processo<br />
Borghese” fino a quando è in corso<br />
il procedimento che vede tra gli imputati<br />
anche Vito Miceli. Ma restano intatti gli<br />
interrogativi su quella disposizione del<br />
Sid. E’ un dato di fatto che nel giro di un<br />
paio di mesi la triade Miceli, Marzollo e<br />
Mori viene cacciata dai Servizi.<br />
I magistrati del pool stanno lavorando<br />
per comprendere in special modo i motivi<br />
dell’allontanamento di Mori. Incrociando<br />
i dati e analizzando le carte si cercheranno<br />
i possibili collegamenti tra Mori, Rosa dei<br />
venti e processo sul Golpe Borghese, fino<br />
ad arrivare al biennio stragista ‘92/’93.<br />
Molti dei principali protagonisti sono<br />
morti. E quelli in vita sono consapevoli<br />
dei contraccolpi che subirebbero da parte<br />
del Sistema nel caso di loro “rivelazioni”<br />
e preferiscono tacere.<br />
In nome della “sicurezza”<br />
La cacciata di Mori potrebbe rappresentare<br />
una sorta di “punizione” per aver agito<br />
troppo spregiudicatamente? O c’è<br />
dell’altro? Fino a che punto quegli stessi<br />
apparati che hanno armato la mano di<br />
Cosa Nostra, dei terroristi o di chiunque<br />
altro (per destabilizzare il nostro Paese<br />
attraverso le stragi), hanno utilizzato lo<br />
stesso Mori per quelle azioni criminali nel<br />
nome della “sicurezza nazionale” o per<br />
una “ragion di Stato”?<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 39
www.isiciliani.it<br />
Calabria<br />
Chi comanda<br />
a Reggio<br />
Grazie all’Operazione<br />
Meta del 2010 sono<br />
emersi i nuovi assetti<br />
di potere della ‘ndrangheta<br />
operante nella<br />
città di Reggio Calabria.<br />
Chi comanda<br />
dopo la violentissima<br />
guerra finita nel 1991?<br />
Che clima si respira a<br />
Reggio?<br />
di Andrea Zolea<br />
www.wikimafia.it<br />
L'organigramma della 'ndrangheta<br />
Il 2010 è stato un anno giudiziario molto<br />
importante per decifrare l’organigramma<br />
della ‘ndrangheta. Il 13 luglio, attraverso<br />
le operazioni congiunte Crimine-<br />
Infinito realizzate dalla Dda di Reggio<br />
Calabria e di Milano veniva svelata la<br />
struttura unitaria della ‘ndrangheta.<br />
Venti giorni prima, però, scattava anche<br />
l’Operazione Meta, che portò all’arresto<br />
di 42 persone nella città di Reggio Calabria.<br />
Nonostante le differenze sostanziali tra<br />
le due inchieste, entrambe dimostrano<br />
quello che il pentito Paolo Iannò, ex-affiliato<br />
ai Condello, ha dichiarato ai pm: “la<br />
‘ndrangheta è unica e sola, la ‘ndrangheta<br />
ordina i delitti, ci sono state le faide, ci<br />
sono stati omicidi fra di loro, faide fra locali<br />
e tutte cose, ma una ‘ndrangheta…<br />
che esistano due ‘ndranghete no, esiste<br />
che la ‘ndrangheta è un corpo, ha regole<br />
sociali e nasce a Reggio e si radica in tutte<br />
le parti del mondo ’’.<br />
Questa e altre testimonianze dei collaboratori<br />
di giustizia delle due operazioni dimostrano<br />
come il cuore pulsante della<br />
‘ndrangheta si trovi nell’intera provincia<br />
di Reggio Calabria e il potere delle ‘ndrine<br />
sia spartito nei tre mandamenti provinciali:<br />
Jonica, Città e Tirrenica. Come ha<br />
affermato il Procuratore sostituto della<br />
Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo,<br />
padre dell’indagine Meta: “il Crimine<br />
a Reggio Calabria è Archi, così<br />
come sulla jonica è San Luca e sulla tirrenica<br />
Rosarno".<br />
L'eredità di Giuseppe Di Stefano<br />
L'indagine Meta si focalizza sulle attività<br />
e i collegamenti dei gruppi mafiosi presenti<br />
nella città di Reggio Calabria. Attraverso<br />
questa inchiesta è emerso come<br />
Giuseppe De Stefano abbia ereditato il<br />
potere del padre Paolo. A conclusione della<br />
prima guerra di 'ndrangheta i De Stefano<br />
avevano soppiantato i Tripodo in città:<br />
infatti, dopo le eliminazioni di<br />
Scheda<br />
CRONISTORIA DELLA VIOLENZA MAFIOSA A REGGIO CALABRIA<br />
2010<br />
• 3 gennaio: esplosione di una bomba davanti alla Procura Generale<br />
• 21 gennaio: ritrovamento di un’auto piena di armamenti nel<br />
giorno della visita di Napolitano a Reggio Calabria<br />
• 25 gennaio: intercettata cartuccia caricata a pallettoni<br />
indirizzata al Pm Giuseppe Lombardo<br />
•17 maggio: intercettato un proiettile spedito con frasi intimidatorie<br />
al Pm Giuseppe Lombardo<br />
• 5 ottobre: ritrovato un bazooka davanti al tribunale di Reggio<br />
destinato all’ex Procuratore Capo della Dda di Reggio Calabria,<br />
Giuseppe Pignatone<br />
2011<br />
• 1° marzo: intercettato proiettile di kalashnikov spedito al Pm<br />
Giuseppe Lombardo<br />
• 31 marzo: ucciso al bar Carmelo Morena, pregiudicato reputato<br />
vicino ai Condello-Tegano<br />
• 12 agosto: ucciso Giuseppe Canale, ritenuto affiliato al clan<br />
Serraino, a Gallico Superiore<br />
2012<br />
• 9 ottobre: sciolto per infiltrazione mafiosa il Comune di Reggio<br />
Calabria<br />
• 10 ottobre: arrestato dopo 19 anni di latitanza Domenico<br />
Condello, Micu ‘u pacciu<br />
2013<br />
• 8 marzo: ritrovato pacco bomba indirizzato al Pm Giuseppe<br />
Lombardo con scritto “se non la smetti ci sono pronti altri 200<br />
kg”<br />
• 6 giugno: Antonino Lo Giudice evade dal programma di protezione<br />
2014<br />
• 3 marzo: ucciso il presunto boss Quirino Franco<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 40
www.isiciliani.it<br />
Giovanni e Giorgio, a prendere le redini<br />
del clan fu De Stefano padre.<br />
Grazie anche al capobastone di Archi<br />
(quartiere di Reggio Calabria in cui i De<br />
Stefano sono egemoni), la 'ndrangheta<br />
fece il salto di qualità: aveva rapporti con<br />
la destra eversiva, la politica, la massoneria<br />
deviata, i servizi segreti e le élites criminali<br />
di Cosa nostra e della camorra.<br />
Il mammasantissima di Archi fu assassinato<br />
il 13 ottobre 1985 con un’autobomba,<br />
in risposta al suo fallito tentativo di<br />
eliminare Antonio Imerti. Scoppiò così la<br />
seconda guerra di ‘ndrangheta tra il gruppo<br />
De Stefano ed il cartello Imerti-Condello.<br />
La pace, dopo oltre 700 morti, arrivò<br />
solo nel 1991 e grazie anche all’intervento<br />
dei più influenti boss di Cosa Nostra,<br />
del calibro di Leoluca Bagarella.<br />
In città, fino all’arresto il 18 febbraio<br />
2008, il boss più influente era Pasquale<br />
Condello, detto il Supremo.<br />
La struttura di comando<br />
Attraverso l’Operazione Meta è emerso<br />
anche che le cosche più influenti della<br />
città avevano creato una struttura sovra-ordinata<br />
capeggiata da Giuseppe<br />
De Stefano.<br />
L’organismo strutturale cittadino<br />
costituisce un’importante novità investigativa<br />
perché dimostra come i clan<br />
più potenti della città di Reggio Calabria<br />
protagonisti della cruenta seconda guerra<br />
di ‘ndrangheta si siano pacificati e organizzati<br />
per la ‘spartizione’ degli affari cittadini:<br />
dalle attività delittuose, alle azioni<br />
intimidatrie fino alla ‘torta’ degli appalti.<br />
Il rampollo della famiglia De Stefano<br />
venne arrestato il 10 dicembre 2008, dopo<br />
5 anni di latitanza. Con l’accusa di associazione<br />
mafiosa e traffico di stupefacenti.<br />
Nel processo Meta viene indicato con la<br />
dote di Crimine, un “fiore” (riconoscimento)<br />
concesso solo ai più meritevoli affiliati<br />
alla mafia calabrese.<br />
Il 31 maggio 2013, interrogato per oltre<br />
5 ore dal pm Giuseppe Lombardo, De Stefano<br />
ha negato di essere il “capocrimine”,<br />
dichiarando inoltre che i pentiti<br />
che lo accusano ‘‘sono dei buffoni […]<br />
Nino Fiume è un viscido, Antonino Lo<br />
Giudice è un ragno spacciatore di angurie<br />
marcie’’.<br />
La sentenza di primo grado<br />
Il 7 maggio 2014 la Corte ha inflitto durissime<br />
condanne agli imputati. La pena<br />
più alta è stata inflitta a Giuseppe De Stefano,<br />
27 anni. Questa indagine ha fatto<br />
emergere l'egemonia dei clan nei 'locali' di<br />
competenza territoriale.<br />
La cosiddetta “zona grigia” non è stata<br />
toccata in quest’operazione. Nonostante<br />
ciò, il Pm Giuseppe Lombardo, che in 3<br />
anni ha subito quattro pesanti intimidazioni,<br />
nella requisitoria ha sostenuto: “La<br />
'ndrangheta non finisce agli imputati di<br />
questo processo, questo è l'abito da lavoro<br />
del sistema criminale di cui fanno parte,<br />
siamo sulle orme di chi veste l'abito da<br />
sera e frequenta salotti dove l'abito da lavoro<br />
non è ammesso''.<br />
La storia ci insegna infatti che la<br />
‘ndrangheta si è sempre avvalsa di rapporti<br />
di scambio con il potere costituito:<br />
sia esso la politica, la massoneria,<br />
l’imprenditoria o i servizi segreti. Le dichiarazioni<br />
di Lombardo sembrano proprio<br />
dimostrare che la mafia calabrese non<br />
ha perso il capitale sociale che la contraddistingue.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 41
www.isiciliani.it<br />
Milano<br />
Tempo e mafia:<br />
i nemici di Expo<br />
Expo e organizzazioni<br />
criminali. Expo e corruzione.<br />
Gli ultimi<br />
mesi, la fase finale. Le<br />
linee guida della prefettura<br />
per contrastare le<br />
ditte colluse<br />
di Giorgia Venturini<br />
www.stampoantmafioso.it<br />
Manca poco. Ancora qualche mese e<br />
poi sarà Expo 2015. Siamo alla fase accelerativa.<br />
L’ultima. Quella che serve a<br />
operai e società edili a completare gli<br />
ultimi lavori in cantiere. Come il padiglione<br />
Italia, alcuni dei padiglioni tematici<br />
e altre strutture interne al sito.<br />
Mentre si stanno, invece, avviando le<br />
consegne delle aree ai partecipanti esteri,<br />
a cui seguirà ancor più intensa fase<br />
di costruzione, acquisizione di beni, servizi<br />
e forniture, con un aumento esponenziale<br />
dei contratti.<br />
A passo con quest’ultima fase di lavori,<br />
anche il controllo antimafia. La prefettura,<br />
la Direzione Investigativa Antimafia, il<br />
Gruppo Interforze Centrale per l’Expo<br />
(GICEX) e le altre forze di polizia territoriale,<br />
si preparano ad intensificare le attività<br />
di controllo per l’accesso ai cantieri.<br />
L'infiltrazione mafiosa<br />
Quest’ultima fase, però, richiederà<br />
maggior attenzione. Non solo perché<br />
l’incremento di lavoro e l’aumento dei<br />
contratti sono, senza dubbio, elementi favorevoli<br />
all’infiltrazione mafiosa, ma anche<br />
perché la rincorsa sfrenata degli ultimi<br />
mesi per il completamento dei lavori<br />
potrebbe portare a qualche svista. A qualche<br />
errore di percorso.<br />
Così il binomio Expo 2015 e organizzazione<br />
criminale ritorna ed essere oggetto<br />
di discussione a Roma. In Commissione<br />
Parlamentare di Inchiesta sul Fenomeno<br />
delle Mafie, infatti, lo scorso 15 maggio il<br />
prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca<br />
ha voluto, fin da subito, ribadire il proprio<br />
impegno nell’antimafia.<br />
“Priorità di Milano, ora più che mai,<br />
sarà quello di combattere le associazioni<br />
mafiose su più fronti, con un’efficace aggressione<br />
dei loro interessi economici, impedendo<br />
concretamente alle ditte colluse e<br />
infiltrate di poter accedere a fondi pubblici<br />
attraverso l’affidamento di lavori, servizi<br />
e forniture. I controlli si devono intensificare.<br />
E per farlo dobbiamo modificare<br />
alcune linee guida”.<br />
Molti controlli avviati a lavori iniziati<br />
In questi ultimi anni, infatti, si è avuta<br />
la sensazione che la creazione di presupposti<br />
giuridici e di strumenti concreti per<br />
lo svolgimento dei controlli mirati e specifici<br />
abbia dovuto più inseguire che gestire<br />
gli eventi.<br />
Infatti, come riportato in Commissione,<br />
molte delle attività di controllo sono state<br />
avviate a lavori iniziati.<br />
Ciò è spiegato dal fatto che la normativa<br />
del Codice Antimafia consente l’obbligo<br />
di stipula del contratto dell’azienda<br />
vincitrice della gara di appalto, una volta<br />
decorso invano il termine ordinario di 45<br />
giorni oppure di 15 in caso di urgenza,<br />
permettendo, così, l’ingresso in cantiere<br />
senza che vi sia in molti casi un primo vaglio<br />
di controllo ai fini antimafia. Colpa,<br />
forse, delle longeve modalità procedurali<br />
e dalle troppe pratiche in corso. Tuttavia,<br />
non può la burocrazia soffocare il controllo<br />
antimafia e spalancare le porte dei cantieri<br />
alla ‘ndrangheta.<br />
Controlli e tempi di realizzazione<br />
Come, quindi, coniugare al meglio<br />
l’esigenza di garantire un controllo rafforzato<br />
ed efficiente con i tempi di realizzazione<br />
delle opere? Una risposta Milano ce<br />
l’ha. Si è proceduto, infatti, ad adottare fin<br />
dallo scorso ottobre 2013, per i controlli<br />
antimafia sulle opere Expo, la modalità<br />
così detta speditiva di rilascio delle informazioni<br />
antimafia. Questa soluzione, secondo<br />
la prefettura, oltre ad essere utile a<br />
smaltire un’ingente quantità di pratiche<br />
arretrate, è risultata funzionale a consentire<br />
l’ingresso nei cantieri alle sole imprese<br />
che avevano già superato un primo controllo<br />
rilasciando una liberatoria provvisoria.<br />
Ciò ha consentito di emettere le liberatorie<br />
per 346 imprese, corrispondenti a<br />
circa il 35% delle pratiche arretrate.<br />
Tuttavia, questa modalità speditiva non<br />
è stata sufficiente per la società Expo che,<br />
lo scorso mese, ha sollevato, ancora una<br />
volta, alcuni problemi legati principalmente<br />
al tempo di ingresso degli appaltatori<br />
e dei subappaltatori.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 42
www.isiciliani.it<br />
“Fra 'ndrangheta e corruzione”<br />
Nuovo modello procedurale<br />
È stato, quindi, delineato un nuovo modello<br />
procedurale per l’applicazione dei<br />
controlli antimafia, che ha coniugato la richiesta<br />
di semplificazione evidenziate dalla<br />
società Expo con l’esigenza di non abbassare<br />
il livello dei controlli.<br />
Un’innovazione così presentata in<br />
Commissione dal Prefetto Tronca: “Le soluzioni<br />
intraprese consentono di centralizzare,<br />
ugualmente, l’attività di controllo<br />
speditivo presso la prefettura di Milano e<br />
la possibilità della DIA di concentrare la<br />
sua attenzione sull’attività di accesso ai<br />
cantieri. Il tutto in ottica degli impegni assunti<br />
dal Ministero degli Interni con la<br />
sottoscrizione del piano di azione Expo<br />
Milano 2015 mafia free.<br />
E' un piano che vuole favorire la necessità<br />
di integrazione tra i controlli soggettivi<br />
e quelli di carattere ambientale.<br />
Così facendo verrà potenziato il controllo<br />
sui cantieri, possibile solo grazie al<br />
contributo di un aumento dei gruppi interforze<br />
e dell’utilizzo di piattaforme informatiche,<br />
ideate per assicurare la continuità<br />
del lavoro nell’attività di analisi dei<br />
dati”.<br />
Fase finale<br />
Oggi siamo alla fase finale, quindi.<br />
Quella accelerativa. Quella in cui non è<br />
più concesso cambiare linee giuda e introdurre<br />
nuovi provvedimenti.<br />
Ora le leggi ci sono. Sono chiare. Le<br />
idee pure.<br />
Iniziare a fare i conti conla realtà<br />
Sono state spiegate e revisionate in<br />
Commissione. Ora c’è solo il tempo di<br />
metterle in atto. E per farlo bisogna ripartire.<br />
Come?<br />
Iniziando a fare i conti con la realtà.<br />
Quella che più volte ha dimostrato che la<br />
‘ndrangheta c’è. Da anni ormai è osservatrice<br />
speciale nei cantieri dell’Expo. La<br />
corruzione pure, inutile negarlo. Il tempo,<br />
invece, no. Di quello ne è rimasto poco.<br />
C’è solo il tempo di limitare i danni e,<br />
per riuscirci, bisogna agire ora. C’è solo il<br />
tempo per correre una breve gara. Contro<br />
i lavori incompiuti e conto la mafia. A cui<br />
la prefettura e gli altri organi antimafia<br />
sono costretti a partecipare e a vincere. Le<br />
parole, oggi, non bastano più.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 43
www.isiciliani.it<br />
Ambiente<br />
Bonifichi chi può<br />
e inquini chi vuole<br />
Gli ultimi tre governi<br />
hanno fatto una serie<br />
di decreti accusati dagli<br />
ambientalisti di rendere<br />
più complicato<br />
bonificare. E favorire<br />
chi ha inquinato o inquina<br />
ancora<br />
di Alessio Di Florio<br />
www.ritaatria.it<br />
L’Italia è disseminata di migliaia e migliaia<br />
di luoghi inquinati, contaminati in<br />
decenni dalle attività più disparate, dalla<br />
grande industria pesante a discariche ormai<br />
non più in esercizio. La Terra dei fuochi,<br />
la mega discarica della Val Pescara<br />
(sulle cui vicende è in corso un processo e<br />
un altro presto potrebbe avviarsi) o di Micorosa<br />
(44 ettari di rifiuti tossici all’aperto<br />
sul mare), in provincia di Brindisi e recentemente<br />
finita nel mirino della locale procura<br />
dopo di alcuni cittadini e di due comitati<br />
ambientalisti, moltissimi ex siti industriali,<br />
l’elenco è vastissimo. 57 di questi<br />
siti, i più pericolosi per l’ambiente e la<br />
salute umana, i più contaminati dai veleni<br />
più disparati, erano considerati SIN, Siti<br />
d’Interesse Nazionale, sottoposti direttamente<br />
alla responsabilità del Ministero<br />
dell’Ambiente.<br />
Declassati diciotto siti<br />
Nel 2013 un decreto del Governo Monti<br />
ne diminuì il numero a 39. Tra i siti “declassati”,<br />
e quindi non considerati più<br />
priorità nazionale, c’erano persino la<br />
“Terra dei Fuochi”, “La Maddalena” in<br />
Sardegna e la “Valle del Sacco”. Fu promossa<br />
dalla Regione Lazio, dal Comune<br />
di Ceccano e, ad adiuvandium, dalla<br />
“Rete per la Tutela della Valle del Sacco<br />
onlus”, un ricorso contro quest’ultimo declassamento.<br />
Nelle scorse settimane il Tar<br />
del Lazio ha accolto il ricorso affermando<br />
che “il ragionamento del Ministero, ad avviso<br />
di questo Collegio, è erroneo in radice”<br />
e che “La norma applicata sembra<br />
anzi ampliare (piuttosto che restringere) le<br />
fattispecie dei territori potenzialmente<br />
rientranti nell’ambito dei siti di interesse<br />
nazionale”.<br />
I decreti dei vari governi<br />
I movimenti per l’acqua pubblica e contro<br />
il biocidio e il Coordinamento Nazionale<br />
di Associazioni, Movimenti e Comitati<br />
che si mobilitano per i siti contaminati<br />
hanno chiesto al Ministero di cancellare<br />
quel declassamento e di rivedere totalmente<br />
la strategia ministeriale. Una strategia<br />
che, negli ultimi anni, appare sempre<br />
più orientata secondo gli ambientalisti a<br />
“mettere la polvere inquinata sotto il tappeto”,<br />
a rendere sempre più complicata la<br />
possibilità di avere delle reali e totali bonifiche<br />
e di favorire chi ha inquinato o<br />
continua ancora ad inquinare. Perché quel<br />
decreto non è stato l’unico ad andare nella<br />
stessa direzione. Una direzione verso la<br />
quale i governi di “larghe intese” (o di<br />
“piccole”, tornando all’attualità…) hanno<br />
voluto procedere con vari decreti.<br />
Il “decreto del Fare” del governo Letta<br />
(così come precedentemente il “Decreto<br />
Semplificazione” del governo Monti) aveva<br />
previsto che le bonifiche potessero essere<br />
realizzate “se economicamente possibili”.<br />
Il decreto “Destinazione Italia” (e siamo<br />
al Governo Renzi) prevedeva quasi un<br />
condono, con finanziamenti pubblici per<br />
le bonifiche (che dovrebbero, invece, essere<br />
a carico di chi ha inquinato).<br />
“Inquinatore Protetto”<br />
L’ultimo tentativo, mentre l’articolo<br />
viene redatto in discussione in Parlamento,<br />
è di queste settimane: il decreto 91, le<br />
cui proposte ambientali sono state definite<br />
dal ministro Galletti “Ambiente Protetto”<br />
e ribattezzato dai movimenti ambientalisti<br />
(che hanno lanciato una mobilitazione per<br />
chiedere di modificarlo radicalmente “Inquinatore<br />
Protetto” per quanto prevede.<br />
La prima proposta che colpisce è quella<br />
di modificare i limiti per l’inquinamento<br />
dei suoli delle aree militari di 100 volte<br />
equiparandoli alle zone industriali. Un<br />
“vero e proprio vergognoso colpo di spugna<br />
sullo stato di contaminazione delle<br />
aree militari del paese” in poligoni, campi<br />
di addestramento, e persino nelle caserme,<br />
per i movimenti ambientalisti. Eppure, ricordano<br />
ancora, “spesso appaiono come<br />
ampie zone verdi coperte da macchia mediterranea<br />
e boschi! Si pensi a Capo teulada<br />
e Quirra (Perdasdefogu) in Sardegna<br />
oppure a Monte Romano in Lazio (vasto<br />
5000 ettari!)”.<br />
Sono mesi che un’ampio dibattito in<br />
molte zone d’Italia si sta animando sulla<br />
possibile vendita a Comuni e Regioni per<br />
una riconversione civile delle caserme in<br />
disuso.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 44
www.isiciliani.it<br />
“Un colpo<br />
di spugna<br />
vergognoso”<br />
Il decreto 91 di fatto renderà quasi impossibile<br />
qualsiasi riconversione e indurrà<br />
gli Enti Locali interessati a non acquistarle<br />
più: nel momento in cui dovessero farlo<br />
per decidere di puntare sulla loro riconversione<br />
civile, le aree e gli immobili non<br />
saranno più equiparati a zone industriali e<br />
i limiti di inquinamento si ri-abbasserebbero<br />
di 100 volte. Imponendo così al Comune<br />
o alla Regione che acquista ogni costo<br />
di bonifica. Come chiedono i movimenti<br />
ambientalisti, chi lo farebbe considerando<br />
che, mantenendo l’area militare,<br />
si rispetterebbe la legge senza dover spendere<br />
un euro?<br />
Gli scarichi a mare<br />
Per gli scarichi a mare (vera e propria<br />
calvario per moltissime località<br />
balneari…) “le Autorizzazioni integrate<br />
ambientali rilasciate per l’esercizio possono<br />
prevedere valori limite di emissione<br />
anche più elevati e proporzionati ai livelli<br />
di produzione” interessando anche acciaierie,<br />
centrali elettriche e a carbone, cementifici,<br />
raffinerie, stabilimenti chimici,<br />
rigassificatori e inceneritori spessissimo al<br />
centro delle proteste ambientaliste in varie<br />
parti d’Italia.<br />
Si realizzerebbe così il paradosso che<br />
maggiore sarà la produzione e più si potrà<br />
inquinare.<br />
La proposta del Ministro dell’Ambiente<br />
Galletti prevede anche una drastica modifica<br />
dell’iter delle bonifiche di aree private,<br />
con quello che appare un netto favore<br />
agli inquinatori che dovranno in futuro<br />
pagare i costi della bonifica dell’inquinamento<br />
prodotto (anche se, leggendo il decreto,<br />
viene il dubbio che non sarà più<br />
così ).<br />
Il silenzio-assenso sperimentale<br />
Fino al 2017 ci sarà una sorta di silenzio-assenso<br />
sperimentale: il privato autocerticherà<br />
i dati dell’inquinamento e della<br />
bonifica necessaria e, solo dopo aver effettuato<br />
la bonifica, dovrà inviare i risultati<br />
all’Agenzia Regionale per l’Ambiente<br />
che avrà 45 giorni per le sue verifiche decorsi<br />
i quali, in mancanza di risposte,<br />
l’intervento del privato s’intenderà approvato.<br />
Come le cronache ci raccontano, spesso<br />
ci vogliono anni e anni per aver un quadro<br />
certo dell’inquinamento prodotto in una<br />
determinata area. Come potranno le Agenzie<br />
Regionali ricostruire la situazione in<br />
45 giorni?<br />
Il decreto, tra l’altro, non prevede alcun<br />
criterio minimo sulla caratterizzazione (la<br />
fase preliminare della bonifica nella quale<br />
si cercano le sostanze inquinanti), al contrario<br />
dell’attuale normativa, lasciando totale<br />
libertà al privato mentre, invece,<br />
l’Agenzia Regionale per l’Ambiente avrà<br />
due notevoli limiti: effettuerà la verifica<br />
solo sul 10% dei campioni e solo sui parametri<br />
scelti dal privato.<br />
Solo sul 10 per cento dei camioni<br />
Dati gli altissimi costi dei piani di<br />
caratterizzazione e delle bonifiche e il<br />
rischio di richieste di risarcimento per<br />
danni sanitari (che d’ora in avanti<br />
potrebbero avvenire solo sui dati forniti<br />
dall’inquinatore, e quindi, da chi sarà<br />
accusato di averli causati) il rischio è di<br />
dare avvio ad una lunghissima stagione di<br />
piani minimali e di bonifiche che avverranno<br />
solo sulla carta.<br />
Persino il Sole24Ore ha duramente criticato<br />
il decreto di Renzi e Galletti.<br />
Il 18 luglio sul sito del quotidiano di<br />
Confindustria è stato pubblicato un articolo<br />
nel quale si definisce il comma 4<br />
dell’articolo 15 del decreto che prevede<br />
(per la prima volta nella normativa italiana!)<br />
la possibilità di Via (Valutazione<br />
d’Impatto Ambientale) “postume” (ovvero<br />
dopo l’autorizzazione e costruzione di<br />
impianti) “ab gubernatoris”, affermando<br />
che tale nuova norma favorirebbe il presidente<br />
della Regione Marche (che, a quanto<br />
si riporta nell’articolo del Sole24Ore,<br />
sarebbe indagato dalla Procura di Ancona<br />
per le autorizzazioni rilasciate a molteplici<br />
impianti a biogas).<br />
Chi paga l'inquinamento dei privati?<br />
Tirando le somme di tutta questa vicenda,<br />
e del decreto attualmente in discussione<br />
(ma sono parole che potrebbero valere<br />
anche per i precedenti decreti e per la direzione<br />
che in generale i governi Monti,<br />
Letta e Renzi hanno cercato di intraprendere<br />
in materia), il Forum per l’Acqua<br />
Pubblica, i comitati di Lazio e Abruzzo<br />
Stop Biocidio e il Coordinamento Nazionale<br />
Siti Contaminati denunciano “la solita<br />
scorciatoia all’italiana, perché il nostro<br />
sistema produttivo non vuole pagare quel<br />
che dovrebbe per risanare le aree che ha<br />
inquinato”.<br />
Secondo queste associazioni, chi ci governa<br />
vorrebbe donare la possibilità di<br />
“chiudere la stagione dei veleni privatizzando<br />
le operazioni per risparmiare. Ma è<br />
solo un colpo di spugna vergognoso: alzare<br />
i limiti di contaminazione non vuol dire<br />
risolvere i problemi ma solo nascondere<br />
polvere sotto il tappeto”.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 45
www.isiciliani.it<br />
Mazzarrà, tra irregolarità e tangenti<br />
Una svolta sulla discarica<br />
dei veleni?<br />
La commissione istituita<br />
dall’ex assessore<br />
Marino per verificare le<br />
condizioni degli impianti<br />
privati ha sollevato<br />
pesanti dubbi sul<br />
sito di proprietà della<br />
Tirrenoambiente. Diverse<br />
le irregolarità<br />
riscontrate.<br />
di Carmelo Catania<br />
Quella della discarica di contrada<br />
Zuppà, una delle tre più grandi discariche<br />
private siciliane, è una storia lunga<br />
più di dieci anni e più volte al centro di<br />
inchieste tra commistioni politico-affaristico-mafiose.<br />
Un’enorme collina<br />
d’argilla e spazzatura posta a cavallo<br />
tra i comuni di Mazzarrà Sant’Andrea<br />
e Furnari, in cui ogni giorno arrivano<br />
oltre 700 tonnellate di rifiuti prodotti<br />
da Messina e altre provincie.<br />
Raccolte, triturate, trasportate e interrate<br />
dagli operai della Tirrenoambiente Spa,<br />
l’azienda guidata da Giuseppe Antonioli<br />
che incamera circa 70.000 euro al giorno<br />
(in media ogni tonnellata viene pagata<br />
100 euro), una miniera d’oro per i gestori.<br />
Nonostante la Regione abbia approvato<br />
da tempo un deliberato che impone una<br />
distanza minima di 5 chilometri tra le discariche<br />
e i centri abitati, l’invaso sorge<br />
ad appena 400 metri dal centro abitato di<br />
Furnari, abitato da oltre 3 mila persone,<br />
appestando l’aria con miasmi e un fetore<br />
insopportabile, tanto da non poter aprire<br />
le finestre nemmeno d’estate.<br />
Potrebbe finalmente prospettarsi una<br />
svolta nella questione dell’impianto della<br />
Tirrenoambiente.<br />
La commissione ispettiva<br />
Tutto comincia con la revisione, da parte<br />
dell’assessorato regionale all’Energia,<br />
guidato ancora da Nicolò Marino, delle<br />
autorizzazioni concesse agli operatori proprietari<br />
degli impianti privati nella regione.<br />
Per l’impianto di contrada Zuppà,<br />
entrato in funzione nel 2003, è stato<br />
proposto «l’avvio del procedimento di<br />
diniego dell’istanza di rinnovo». Nella<br />
comunicazione inviata anche all’azienda<br />
partecipata dal comune di Mazzarrà Sant’Andrea,<br />
il dirigente regionale Marco<br />
Lupo ricorda che il 17 gennaio 2014 «è<br />
stata costituita una commissione ispettiva<br />
per la verifica degli atti relativi alle discariche<br />
private in esercizio per rifiuti non<br />
pericolosi site nel territorio siciliano».<br />
Commissione che ha sollevato pesanti<br />
dubbi sul sito di Mazzarrà.<br />
Le irregolarità individuate dal pool investigativo,<br />
raccolte in una relazione conclusiva<br />
di 170 pagine depositata lo scorso<br />
giugno, nel sito messinese riguardano la<br />
tutela dell’ambiente e della salute e danno<br />
ragione ai cittadini di Furnari che da tempo<br />
lamentano una serie di violazioni dal<br />
punto di vista ambientale.<br />
Paure che sembrano avere finalmente<br />
un riscontro ufficiale.<br />
Carenze e violazioni<br />
Il documento mette in rilievo alcuni<br />
punti: l’assenza delle prescrizioni del sindaco,<br />
la «mancata applicazione del principio<br />
di unica Aia (Autorizzazione integrata<br />
ambientale) per uno o più impianti<br />
localizzati sullo stesso sito e gestiti dal<br />
medesimo gestore». E poi le «difformità».<br />
Quella nel rispetto del programma di<br />
riduzione dei rifiuti biodegradabili, la<br />
presenza di rifiuti non ammessi (come<br />
liquidi e pneumatici), la mancanza<br />
dell’obbligo di trattamento dei rifiuti, dei<br />
piani di gestione operativa e post<br />
operativa, sorveglianza e controllo e<br />
ripristino ambientale. E ancora violazioni<br />
volumetriche, la mancanza di coerenza<br />
con il piano regionale di gestione dei<br />
rifiuti.<br />
Inoltre, «il decreto Aia rilasciato non<br />
possiede le caratteristiche di conformità<br />
legislativa più volte richiamata né conseguenzialmente<br />
permette l’effettuazione di<br />
controlli efficaci sulle attività di gestione<br />
rifiuti autorizzate». Secondo le accuse<br />
della Regione, «le attività di gestione dei<br />
rifiuti sono state svolte in difformità ad alcune<br />
condizioni imposte nel decreto Aia,<br />
nonché in difformità al decreto legislativo<br />
36/03 e decreto legislativo 59/05», che<br />
normano rispettivamente la gestione delle<br />
discariche e la riduzione dell’inquinamento.<br />
E ancora « la legittimità dell’atto è palesemente<br />
inficiata dall’assenza agli atti del<br />
preventivo giudizio di compatibilità ambientale<br />
positivo» (Via), non sono conformi<br />
l’impermeabilizzazione, e manca l’indicazione<br />
della capacità totale dell’impianto.<br />
Non solo, il progetto della barriera<br />
di confinamento realizzata al di sotto del<br />
corpo rifiuti non è stato trasmesso: ciò<br />
non rende possibile attestare se la base<br />
dell’ampliamento non si attesti su aree già<br />
coltivate.<br />
Gli ispettori inoltre fanno notare come<br />
alcune aree intermedie fra la nuova e la<br />
vecchia discarica storica siano «oggetto di<br />
coltivazione ed abbancamento». Le<br />
immagini tratte da Google Earth<br />
«sembrerebbero confermare l’avvenuto<br />
sbancamento in tempi non definiti».<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 46
www.isiciliani.it<br />
Infine, «non risulta che il piano<br />
finanziario sia stato mai trasmesso ed<br />
approvato, così come le garanzie<br />
finanziarie». Alla commissione, inoltre,<br />
«non è chiaro» se la polizza assicurativa<br />
sia scaduta a maggio del 2012 e<br />
soprattutto se sia stata adeguata dopo<br />
l’ampliamento.<br />
Decisione rinviata a settembre<br />
Tirrenoambiente, che ha annunciato la<br />
chiusura del sito per il prossimo 31 agosto<br />
per esaurimento della capienza, avrebbe<br />
stilato un documento con le contro<br />
deduzioni.<br />
Il prossimo 2 settembre a Palermo è<br />
stata convocata una conferenza dei servizi<br />
alla quale è stato invitato anche il comune<br />
di Furnari, che ottiene finalmente il<br />
riconoscimento delle proprie ragioni.<br />
Un appuntamento che potrebbe essere<br />
fondamentale: se le criticità riscontrate<br />
non dovessero essere risolte, la Regione<br />
esprimerà parere negativo al rinnovo delle<br />
autorizzazioni.<br />
Ma i passi successivi sono messi in<br />
dubbio dall’avvicendamento di Marino<br />
con Salvatore Calleri, considerato vicino<br />
agli ambienti di Confindustria.<br />
Il “modello Marino” prevedeva di<br />
togliere il monopolio delle discariche ai<br />
privati e fare i controlli sui prezzi di<br />
conferimento in discarica.<br />
Ed è proprio sui rifiuti che nei mesi<br />
scorsi l’ex assessore si è scontrato con<br />
Giuseppe Catanzaro, che di Confindustria<br />
è vicepresidente, lanciando pesanti accuse<br />
sui presunti intrecci con Cosa nostra<br />
scatenando una reazione fatta di querele e<br />
richieste di risarcimento milionarie.<br />
I timori degli abitanti di Furnari<br />
risiedono tutti in questo legame tra il<br />
leader toscano del Megafono e<br />
Confindustria. Associazione legata a<br />
doppio filo con il nome del gruppo<br />
Catanzaro.<br />
Come agirà la Regione, alla luce di<br />
quanto evidenziato dalla commissione<br />
ispettiva?<br />
Calleri bloccherà l’iter o – come<br />
sperano i cittadini – agirà in continuità<br />
amministrativa?<br />
Mazzette alla Regione<br />
Negli stessi giorni in cui all’assessorato<br />
si avviava l’iter del procedimento di<br />
diniego delle autorizzazioni, la procura di<br />
Palermo portava a termine l’operazione<br />
“Terra Mia”, ordinando l’arresto proprio<br />
dell’amministratore delegato di<br />
Tirrenoambiente, Giuseppe Antonioli,<br />
insieme ad altri tre imprenditori della<br />
“munnizza” (Domenico Proto della Oikos<br />
di Misterbianco, Calogero e Nicolò<br />
Sodano, titolari della discarica<br />
Soambiente di Agrigento e del<br />
funzionario dell’assessorato regionale al<br />
Territorio e ambiente, Gianfranco<br />
Cannova, figura chiave di un sistema di<br />
corruzione messo in atto per raggirare il<br />
sistema di autorizzazioni allo smaltimento<br />
dei rifiuti.<br />
Gravi i danni ambientali<br />
Secondo gli investigatori il quadro di<br />
corruzione emerso è molto grave, in<br />
quanto ha messo a repentaglio la salute<br />
pubblica e alla preservazione del territorio<br />
da gravi danni ambientali.<br />
Nel corso delle indagini, polizia e Noe<br />
dei carabinieri, hanno constatato che<br />
«questo settore amministrativo è<br />
caratterizzato da una stratificazione<br />
normativa e da un complesso e<br />
macchinoso apparato burocratico che ha<br />
consentito al funzionario infedele, pur non<br />
rivestendo un ruolo apicale, di “giostrare”<br />
nella gestione delle procedure connesse al<br />
rilascio dei provvedimenti, agevolando gli<br />
imprenditori e preservandoli<br />
dall’ordinaria attività di controllo e<br />
monitoraggio della pubblica<br />
amministrazione consentendo loro in<br />
questo modo di superare indenni tutti i<br />
controlli.<br />
Cannova, secondo l’accusa, gestiva il<br />
suo ufficio come un feudo, ricevendo<br />
regalie e ingenti somme di denaro dai<br />
diversi imprenditori che attendevano dal<br />
suo ufficio le autorizzazioni<br />
amministrative per l’esercizio delle<br />
discariche e che si vedevano garantire una<br />
corsia preferenziale per le loro pratiche. Il<br />
funzionario, inoltre, avvertiva in anticipo<br />
le imprese dei controlli o le informava del<br />
risultato di riunioni in assessorato.<br />
Quell’Audi sospetta<br />
Nei confronti del dipendente regionale<br />
l'ex assessore regionale al Territorio<br />
Mariella Lo Bello aveva presentato lo<br />
scorso marzo un esposto. Il funzionario:<br />
aveva predisposto un atto che bloccava<br />
l'autorizzazione a una discarica di Gela. A<br />
quel punto l’assessore Lo Bello,<br />
insospettita dallo “strano”<br />
comportamento, avvia una serie di<br />
verifiche e salta fuori la storia di una<br />
conferenza dei servizi convocata nel<br />
settembre 2008 e presieduta dallo stesso<br />
Cannova che aveva rilasciato<br />
l’Autorizzazione integrata ambientale per<br />
l’ampliamento della discarica di Mazzarrà<br />
Sant’Andrea, omettendo la vicinanza al<br />
centro abitato di Furnari.<br />
Nell’ottobre del 2008 il funzionario<br />
acquista un’Audi A6 in Lombardia, in una<br />
concessionaria che faceva riferimento<br />
all’amministratore delegato della società<br />
alla quale era stata rilasciata<br />
l’autorizzazione. «Abbiamo così trasferito<br />
il funzionario e presentato una denuncia<br />
sospettando un giro di tangenti per oliare<br />
alcune pratiche piuttosto che altre, il tutto<br />
in un assessorato noto per le sue lentezze<br />
e le improvvise accelerazioni»,<br />
commentava la Lo Bello.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 47
www.isiciliani.it<br />
Catania/ Il caso Tortuga<br />
Fra abusivismo<br />
e mafiosità<br />
Quando l’ambiente si<br />
rispetta solo a parole...<br />
di Ivana Sciacca<br />
www.associazionegapa.org<br />
Si immaginino due fratelli (i fratelli<br />
Testa) che negli anni Settanta decidono<br />
di aprire un porto turistico a Catania,<br />
proprio al Porticciolo di Ognina.<br />
Fin dagli albori dell’iniziativa è chiaro<br />
che stanno per edificare in un’area privata<br />
vincolata. Cosa vuol dire? Vuol dire che<br />
pur trattandosi di un’area privata, per il<br />
particolare valore paesaggistico-artistico<br />
che la connota, l’area deve comunque rimanere<br />
fruibile alla collettività. Intesa non<br />
solo come gli abitanti che in quel posto vi<br />
risiedono ma, nel senso più ampio del termine,<br />
comprendendo tutti coloro che desiderano<br />
recarsi in quel posto per goderne<br />
la bellezza e quindi chi, al Porticciolo per<br />
esempio, potrebbe andarci per pescare,<br />
per fare delle foto, una semplice passeggiata<br />
e…tanto altro ancora.<br />
L’iniziativa dei fratelli Testa si rivela<br />
fruttuosa sotto il profilo economico sin da<br />
subito, a tal punto che prosegue da generazione<br />
in generazione e viene quindi ereditata<br />
dai figli che ampliano la loro attività<br />
estendendola anche alla vendita e alla<br />
manutenzione di imbarcazioni e motori.<br />
Questo ampliamento pare richiedere anche<br />
maggiori spazi.<br />
Una delle caratteristiche vantate dalla<br />
Tortuga (il nome della società dei fratelli<br />
Testa, ndr) è il “rispetto dell’ambiente”,<br />
nota di merito che qualunque cliente di<br />
buonsenso potrebbe considerare come<br />
surplus qualora non conoscesse i retroscena<br />
delle vicende che hanno riguardato<br />
questa storica azienda catanese.<br />
Nel 2012 alcuni esposti alla Procura<br />
della Repubblica segnalano diversi interventi<br />
edilizi “sospetti” da parte dei proprietari<br />
della Tortuga. Si temeva che le<br />
costruzioni abusive fossero state fatte senza<br />
alcuna concessione. Ma, rovistando tra<br />
carte bollate e atti ufficiali, si scopre che i<br />
titoli concessori non mancavano: c’erano<br />
ma erano del tutto illegittimi.<br />
Una concessiole illeggittima<br />
Parafrasando ulteriormente: si scopre<br />
che il Comune di Catania, il demanio marittimo,<br />
la Soprintendenza e persino il Genio<br />
Civile avevano accordato il loro parere<br />
favorevole affinché i fratelli Testa potessero<br />
ampliare le loro costruzioni al Porticciolo,<br />
pur sapendo di contravvenire<br />
all’art. 23 delle Norme di attuazione del<br />
Piano Regolatore Generale che prevede,<br />
inequivocabilmente, che “nelle aree private<br />
vincolate non deve essere aumentata<br />
l’attuale consistenza edilizia” (dove per<br />
attuale si intende l’anno 1969, ossia<br />
l’anno di approvazione del PRG).<br />
Nonostante le sentenze del 2012 e del<br />
2013 che imponevano la demolizione delle<br />
opere abusivamente realizzate, i lavori<br />
alla Tortuga procedono come se nulla fosse<br />
accaduto.<br />
La rivolta dei cittadin<br />
L’unica nota positiva in questa vicenda<br />
intrisa di mafiosità riguarda l’atteggiamento<br />
dei residenti di Ognina che, non<br />
volendo farsi togliere la terra da sotto i<br />
piedi, fanno ricorso al TAR per evitare<br />
che la zona continui ad essere deturpata<br />
da chi ne ha tutti gli interessi economici.<br />
Gli abitanti creano un comitato, organizzano<br />
dibattiti, fanno persino volantinaggi<br />
per fare conoscere la situazione che<br />
stanno affrontando. Pensando che il Porticciolo<br />
è di tutti, ed è giusto che tutti sappiano.<br />
Un gruppo di pescatori si aggrega a<br />
loro riconoscendo la legittimità di quel diritto:<br />
senonché poi gli stessi pescatori fanno<br />
un passo indietro poiché convinti (non<br />
si sa con quali parole) dal prete della<br />
Chiesa di Santa Maria di Ognina.<br />
E il lieto fine? Manca...<br />
Sarebbe bello, una volta tanto, poter<br />
raccontare un episodio a lieto fine ma purtroppo<br />
questo happy end ancora non c’è.<br />
La tensione al Porticciolo continua ad<br />
essere la stessa, aggravata anche dalle minacce<br />
e dalle lesioni che alcuni residenti<br />
hanno ricevuto, nel mese di giugno, da alcuni<br />
membri della famiglia Testa. Ingiurie,<br />
intimidazioni, sputi e calci.<br />
E tutto questo perché da un lato qualcuno<br />
ritiene (mafiosamente) giusto poter<br />
coltivare i propri interessi economici a<br />
danno della collettività; e dall’altro le istituzioni<br />
che dovrebbero essere garanti dei<br />
beni pubblici non fanno che strizzare (mafiosamente)<br />
un occhio agli stessi soggetti,<br />
lavandosi spudoratamente le mani di fronte<br />
ai diritti che il popolo reclama senza<br />
che nessuno lo ascolti.<br />
Nel sito ufficiale della Tortuga si afferma<br />
che si tratta di una società che opera<br />
nel mercato “puntando verso l’innovazione<br />
delle tecnologie e il rispetto<br />
dell’ambiente”...<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 48
www.isiciliani.it<br />
8-9 agosto 2014<br />
Milazzo (ME)<br />
Associazione Antimafie “Rita Atria”<br />
20 anni di memoria attiva<br />
Venti anni! Venti anni di Memoria Attiva! Venti anni di<br />
schiena dritta. Siamo nati nell'inverno del 1994 ma in fondo<br />
siamo nati molto prima... abbiamo scelto agosto per<br />
permettere ai nostri compagni di viaggio di raggiungere la<br />
Sicilia. Sarà un momento di bilancio ma soprattutto sarà un<br />
momento di festa.<br />
Ci saranno anche eventi intermedi che porteranno all'8 e al<br />
9 agosto... il programma è tutto da definire ma iniziate a<br />
segnare queste due date nel vostro calendario.<br />
Il ventennale sarà dedicato a Simona Scibilia e a tutti i nostri<br />
compagni e compagne del presidio più importante: Presidio<br />
Paradiso. Con noi anche Cettina Merrina, Sandro Marcucci<br />
e Salvatore Coppola... oltre a Rita Atria.<br />
L'immagine dell'evento è la nostra tessera ventennale, non<br />
è in alcun modo riproducibile. Ringraziamo Mauro Biani per<br />
averci donato la sua arte e Silvestro Nicolaci autore del<br />
nostro logo.<br />
8 AGOSTO<br />
ore 18.00-20.00:<br />
Bilancio politico tra i presidi e le realtà associative che<br />
hanno direttamente collaborato con l'associazione.<br />
Per partecipare inviare una email all'indirizzo:<br />
info@ritaatria.it (oggetto: partecipazione ventennale)<br />
dalle ore 20.45<br />
Iniziativa ufficiale in Memoria di Simona Scibilia per<br />
festeggiare i nostri venti anni...<br />
Saranno presenti esponenti della Magistratura, giornalisti,<br />
Istituzioni, Associazioni, Testimoni di Giustizia, Famigliari<br />
delle Vittime,... gli Amici di sempre...<br />
9 AGOSTO - Si festeggia... la parola alla musica<br />
Witko in concerto<br />
Per informazioni: info@ritaatria.it<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 54
www.isiciliani.it<br />
Interviste/ Francesco Monaco<br />
I ragazzi abbandonati<br />
e lo Stato che non c'è<br />
Ma chi affronta davvero,<br />
alle radici, il problema<br />
della “devianza<br />
minorile”? Cos’è un<br />
minore “deviante” e da<br />
dove viene?Ne abbiamo<br />
parlato con un giudice<br />
del Tribunale dei Minori<br />
di Catania<br />
di Marcella Giammusso<br />
www.associazionegapa.org<br />
Quindici anni a Catania<br />
MAURIZIO, VITA VIETATA<br />
Maurizio ha quindici anni, è un ragazzino esile ma molto agile<br />
e vivace. Non va più a scuola perché è riuscito a prendersi la terza<br />
media grazie alla benevolenza dei suoi insegnanti, non ha più<br />
voluto continuare perché “non è portato per lo studio”. A scuola<br />
si sentiva emarginato e spesso si assentava per lunghi periodi.<br />
Non riusciva a seguire le lezioni come gli altri, allora faceva di<br />
tutto per mettersi in mostra, per attirare l’attenzione su di sé. Ma<br />
questo atteggiamento aggravava la sua situazione, e spesso tornava<br />
a casa con delle note o sospensioni.<br />
Dopo la licenza media ha cercato qualche lavoro ma, si sa, di<br />
questi tempi non c’è lavoro per nessuno. Figuriamoci per lui che<br />
non ha un mestiere.<br />
La situazione della famiglia è molto precaria. Suo padre è disoccupato<br />
e solo sua madre riesce a lavorare saltuariamente lavando<br />
le scale di qualche condominio. Spesso non sanno come<br />
fare la spesa e a stento riescono a pagare l’affitto di casa.<br />
Maurizio ha tanti desideri, i desideri della sua età. Gli piacerebbe<br />
avere dei vestiti griffati, uno scooter per farsi guardare dalle<br />
ragazze. Andare a prendere un panino dal “paninaro” e divertirsi<br />
con i suoi amici. Ma non ha soldi.<br />
- A che età il minore è imputabile?<br />
“Per quanto riguarda il penale il Tribunale<br />
dei Minori si occupa dei ragazzi dai<br />
14 ai 18 anni, mentre per il Civile dalla<br />
nascita fino ai 18 anni. L’età dai 14 ai 18<br />
anni si riferisce al periodo in cui è stato<br />
commesso il reato, per cui anche se il minore<br />
verrà processato a 22 o 23 anni, del<br />
caso se ne occuperà lo stesso Tribunale<br />
dei Minori. Quando il reato viene commesso<br />
da ragazzi che hanno meno di 14<br />
anni inoltriamo procedimenti civili”.<br />
I minorenni e la mafia<br />
- Il fenomeno della criminalità minorile<br />
è occasionale oppure c’è l’inserimento<br />
dei minori in organizzazioni criminali?<br />
“Dipende dai reati. Se il reato è predatorio,<br />
cioè scippi rapine etc., i minori agiscono<br />
in modo autonomo. Per quanto riguarda<br />
invece reati di droga sono <strong>giovani</strong><br />
inseriti in organizzazioni criminali.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 50<br />
Il fatto di essere minorenni per alcuni<br />
reati è un vantaggio perché la pena si riduce<br />
di un terzo. E spesso per il minore<br />
entrare in carcere è un salto di qualità. E’<br />
un’iniziazione, un modo per salire la loro<br />
scala sociale. Anche le ricettazioni sono<br />
da inserire nell’associazione e<br />
organizzazione criminale, ma il reato<br />
maggiore è lo spaccio di droga”.<br />
I reati indotti dalla crisi<br />
- Quali sono principalmente i reati<br />
commessi?<br />
R- I reati predatori sono i più eclatanti ,<br />
sono quelli che colpiscono maggiormente<br />
la popolazione e che sono più avvertiti. E’<br />
più facile che la gente si indigni per lo<br />
scippo di una borsa piuttosto che dei miliardi<br />
di euro che vengono sottratti alla<br />
comunità, cioè a noi, da politici, corrotti e<br />
corruttori. Il furto, lo scippo o il borseggio<br />
si verificano maggiormente quando c’è<br />
crisi economico sociale. Quando i servizi<br />
sociali non funzionano, quando c’è meno<br />
lavoro, c’è un aumento di questi reati”.<br />
Così passa le giornate sbrigando qualche commissione per la<br />
famiglia, poi tutto il giorno a girovagare per il quartiere, magari<br />
con qualche amico. La strada è il suo mondo. Ed è lì sulla strada<br />
che ha l’opportunità di perdersi in storie di illegalità.<br />
Quanti ragazzi nei nostri quartieri hanno una storia simile a<br />
quella di Maurizio! Molti riescono in qualche modo ad uscirne<br />
fuori, per altri invece è l’inizio di una lunga carriera.<br />
Purtroppo per quanto riguarda la prevenzione si fa ben poco.<br />
Eppure l’ex Presidente del Tribunale dei minori Gianbattista Scidà<br />
già negli anni ottanta aveva fatto giungere grida di allarme<br />
denunciando l’alta percentuale di criminalità minorile nella nostra<br />
città, facendo emergere così il “caso Catania”, raccontando<br />
il disagio dei ceti svantaggiati e facendo emergere le responsabilità<br />
dello Stato nell’aver abbandonato i quartieri periferici.<br />
Da allora sono passati trent’anni, poco è cambiato. Il grido del<br />
Presidente Scidà è caduto nel silenzio delle istituzioni. I quartieri<br />
periferici sono ancora trascurati, il disagio minorile è quanto mai<br />
presente ed in più c’è la crisi economica sociale che attanaglia<br />
tutte le famiglie.<br />
M.G.
www.isiciliani.it<br />
“Ma per prevenire<br />
si fa ancora poco.<br />
Il potere è ancora<br />
sordo al grido del<br />
Presidente Scidà”<br />
La “massa alla prova”<br />
- La legge prevede modalità di<br />
recupero per i minori che non hanno<br />
precedenti penali?<br />
“Si, nel processo minorile è possibile<br />
che l’udienza non si concluda con una<br />
condanna. Se si tratta di un reato occasionale<br />
e di poco conto c’è “l’irrilevanza<br />
del fatto” e quindi non c’è condanna. Il<br />
processo si può concludere anche con il<br />
“perdono giudiziale”. Anche in questo<br />
caso, se è un reato irrilevante e se il ragazzo<br />
può fare un risarcimento, viene<br />
applicato il “perdono giudiziale”.<br />
Infine c’è la “messa alla prova”, che<br />
adesso si sta applicando anche ai maggiorenni.<br />
Quando il ragazzo confessa, non ha<br />
precedenti penali e si è pentito, si chiedono<br />
informazioni ai Servizi Sociali. Si fa<br />
un programma di intervento elaborato dai<br />
Servizi dell’Amministrazione della Giustizia<br />
in collaborazione con i Servizi Sociali<br />
che preveda le modalità di coinvolgimento<br />
del minore nel volontariato, impegno<br />
scolastico, corsi di lavoro.<br />
Viene sospeso il procedimento ed il ragazzo<br />
viene affidato ad un Giudice Onorario.<br />
L’Istituto della “messa alla prova”<br />
presuppone l’adesione del minore al progetto<br />
che consiste implicitamente in<br />
un’ammissione di responsabilità. Sull’attività<br />
svolta durante la “messa alla prova” e<br />
sull’evoluzione del caso i servizi minorili<br />
informano il giudice periodicamente. Se il<br />
minore non segue il programma viene ripreso<br />
il processo penale. Se i Servizi Sociali<br />
funzionano bene abbiamo grosse<br />
possibilità di recupero del minore. Il Tribunale<br />
dei Minori funziona bene se funzionano<br />
bene gli altri enti: i Servizi Sociali,<br />
USSM, Neuropsichiatria Infantile.<br />
Spesso ci capitano casi di minori analfabeti.<br />
E’ assurdo, ma molte famiglie pensano<br />
che sia superfluo mandare il bambino<br />
a scuola e quindi gli permettono di assentarsi<br />
continuamente.<br />
Lasciare il bambino a casa vuol dire<br />
destinarlo ad essere analfabeta e quindi<br />
destinarlo ad una vita di subalterno. Lo<br />
Stato non può permettere che ci siano<br />
analfabeti e quindi in questo caso è più<br />
severo, arrivando a procedimenti di<br />
adottabilità o comunità se le famiglie non<br />
regolarizzano la situazione dei figli”.<br />
Strapparli a una vita subalterna<br />
- I minori che scontano le pene nel<br />
carcere minorile svolgono attività?<br />
Hanno la possibilità di studiare?<br />
“Nell’Istituto Penitenziario Minorile i<br />
minori sono seguiti abbastanza bene<br />
dall’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni,<br />
frequentano la scuola e non sono<br />
abbandonati a se stessi. Un’alternativa al<br />
carcere è il collocamento in comunità<br />
dove c’è una forma di recupero e spesso<br />
abbiamo buoni risultati”.<br />
Le azioni di recupero<br />
- Ci sono delle azioni correttive per<br />
recuperare il minore?<br />
“C’è un protocollo. Il primo passo è<br />
l’affidamento ai Servizi Sociali e l’educativa<br />
domiciliare. Il secondo livello<br />
d’intervento il collocamento in comunità,<br />
quando dopo il primo intervento i<br />
genitori non sono in grado di riprendere<br />
la situazione in mano. Il terzo livello<br />
d’intervento è la dichiarazione della decadenza<br />
della podestà dei genitori, il<br />
quarto è la dichiarazione dello stato di<br />
abbandono e quindi segue l’ultimo livello<br />
di intervento che è lo stato di adottabilità.<br />
I segnali d'allarme<br />
- Ci sono degli allarmi che fanno capire<br />
che il minore sta per deviare?<br />
“Allarmi ambientali e familiari. Spesso<br />
sono figli di genitori separati e vivono<br />
in quartieri degradati. La disgregazione<br />
familiare, la frequentazione ambientale e<br />
vivere in certi ambienti devianti favorisce<br />
la devianza del minore.<br />
Un altro elemento determinante è la crisi<br />
economico sociale. Quando un padre è<br />
disoccupato e non ci sono soldi in casa,<br />
vedere il ragazzino accanto che spaccia,<br />
ha lo scooter, il vestito griffato etc. sono<br />
delle tentazioni. Alcuni ragazzi sono disponibili<br />
a farsi aiutare, altri no. Il disagio<br />
economico è molto determinante per la<br />
devianza minorile, aumenta l’indice di<br />
criminalità.<br />
I segnali dovrebbero arrivare dalla<br />
scuola e dai Servizi Sociali. Purtroppo<br />
spesso la scuola ha delle perplessità a fare<br />
le segnalazioni, per mantenere il buon<br />
nome dell’istituto. I Servizi Sociali, quando<br />
funzionano bene, ci segnalano delle situazioni<br />
di disagio ed allora subito si interviene.<br />
Da un lato c’è lo Stato che ha l’interesse<br />
a migliorare la vita del minore, dall’altro<br />
c’è la famiglia che ama i propri figli e magari<br />
dice “i figli sono miei e faccio quello<br />
che voglio”. Da parte loro c’è l’affetto, il<br />
voler bene, ma c’è l’incapacità a crescere<br />
bene i propri figli e spesso, nonostante gli<br />
sforzi, non ci riescono”.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 51
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Catania/ Via Furnari<br />
Lo sgombero<br />
di ”Ciccio pasticcio”<br />
Venti famiglie sul lastrico,<br />
nel pieno dell'estate<br />
di Domenico Stimolo<br />
Il fatto è che le vicende sono maturate<br />
nel pieno della calura estiva, con un<br />
vortice sempre più crescente, teso a<br />
buttare sul nudo lastrico cittadino venti<br />
famiglie, costituite da oltre sessanta<br />
persone. Molti i bambini trucemente interessati.<br />
Il “luogo del delitto” è un voluminoso<br />
palazzone ubicato nel semicentro<br />
cittadino, a pochi passi da una<br />
delle principali strade della città, in via<br />
Furnari 41.<br />
L’edificio esiste da oltre cinquant’anni,<br />
dall’inizio del 1960, “consolidando” la<br />
sua presenza e quella dei tanti umani residenti<br />
per tanti decenni. Certo, il suo inizio<br />
di vita è stato alquanto tribolato. A seguito<br />
di un vizio d’origine, dovuto alla<br />
realizzazione di opere difformi dal progetto<br />
originario senza la presentazione di richiesta<br />
di sanatoria dalle autorità preposte<br />
fu ordinata azione di demolizione. In corso<br />
d’opera l’impresa fallisce (1963).<br />
Poi, “come fu come non fu”, le carte<br />
demolitorie caddero in sonno nei pubblici<br />
cassetti, sotto lo sguardo assente della statua<br />
dell’elefante, detto liotru, che silente e<br />
sbigottito guarda il Palazzo. Erano quelli,<br />
e lo furono per lungo tempo, gli anni<br />
“stoici”. La città si sviluppava fremente<br />
sotto l’impeto tumultuoso dei nuovi tracciati<br />
cittadini, dove, nelle strade larghe<br />
“un palmo” si innalzavano i torrioni, pieni<br />
e zeppi di umane virtù bellamente “incarcerate”<br />
negli angusti spazi urbani.<br />
I “custodi delle leggi”? Assenti...<br />
Tutti, compreso i “custodi delle leggi”,<br />
avevano lo sguardo rivolto altrove...<br />
Si cresceva, con grande gioia, a pane,<br />
cemento e bottiglioni di spumante festeggiante.<br />
Nel frattempo i pochi accumulavano<br />
laute ricchezze, in beni mobili e in specie<br />
immobili in grande quantità. A seguito<br />
del tracollo dell’impresa costruttrice<br />
dell’edificio di via Furnari 31 le redini gestionali<br />
furono assunte dai preposti alla<br />
cura fallimentare. Fin dall’inizio la schiera<br />
abitativa dell’edificio, costituita da<br />
“possessori, conduttori e occupanti” è<br />
stata sempre molto fitta. Ieri come oggi.<br />
All’improvviso, il 17 luglio, mentre imperversava<br />
una splendida e soleggiata<br />
giornata estiva, il “fulmine giustiziere”<br />
colpì il sito. Ai cittadini residenti fu notificata,<br />
a firma del sindaco, l’ordinanza di<br />
sgombero, a carattere d’urgenza, intimando<br />
il rilascio delle abitazioni, per “potenziale<br />
pericolo per la pubblica e/o privata<br />
incolumità”.<br />
Un vero e proprio colpo a ciel sereno.<br />
Da qualche solerte funzionario comunale<br />
era stato improvvisamente scoperchiato<br />
“l’armadio con le carte della vergogna”<br />
che, sordidamente, giaceva negli scantinati,<br />
? NO, di tutto questo, per come pare!<br />
Altresì, come raccontano le cronache,<br />
da quasi due anni roboanti ruspe si erano<br />
alacremente messe al lavoro in una grande<br />
area sita alle spalle del palazzo, proprio a<br />
ridosso, a pochi metri, effettuando conseguenti<br />
profondi scavi. L’intento costruttivo<br />
è rivolto a realizzare siti edilizi, da<br />
adibire a strutture di privati servizi. Tutto<br />
in regola, certamente.<br />
Le carte della vergogna<br />
Per dovere di narrazione è utile leggere<br />
la sequenza degli eventi come dettagliatamente<br />
esposti dall’avvocato (Alessandro<br />
Pulvirenti) in rappresentanza delle famiglie<br />
interessate nel ricorso urgente al TAR<br />
presentato il 20 agosto: “In data 2 aprile,<br />
una relazione da parte del direttore dei<br />
lavori è stata inviata al Comune.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 52
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“Cinquemila<br />
famiglie<br />
attendono<br />
una casa<br />
popolare”<br />
Una “soluzione” draconiana<br />
Si evidenziava, da “esame visivo”, un<br />
“potenziale collasso strutturale”. Già il<br />
27 marzo, il curatore fallimentare aveva<br />
inviato (al Comune) una nota di consulenza<br />
tecnica dove si rilevavano: “una situazione<br />
statica e strutturale delle parti<br />
comuni non idonea all’abitabilità” e il<br />
“non rispetto di tutte le norme di sicurezza<br />
inerenti impianti nelle aree comuni”.<br />
A seguito delle segnalazioni gli organismi<br />
del Comune si allertano prontamente, e<br />
senza ulteriori e vincolanti azioni, senza<br />
richiedere l’intervento del Genio Civile e<br />
delle strutture competenti comunali preposte<br />
alle perizie sul campo, da parte del<br />
Sindaco viene emesso l’ordine di sgombero.<br />
Nessuna richiesta di eventuale intervento<br />
viene avanzata ai cittadini interessati<br />
rivolta a correggere la situazione<br />
in essere per impedire eventuali danni.”<br />
La “soluzione” prescelta è draconiana:<br />
si devono abbandonare i locali!<br />
I cittadini residenti, gente semplice,<br />
“umile popolino” direbbe qualche solerte<br />
e sapiente sociologo, di fronte all’incalzare<br />
degli eventi piovuti sulle loro teste<br />
come una mannaia, senza nessun ammanigliamento<br />
con “ chi conta”, organizzano<br />
la resistenza. Usano la sapienza e la forza<br />
della disperazione del “debole” che non<br />
vuole essere sopraffatto. In pochissimo<br />
tempo nasce e si consolida una solerte e<br />
proficua unione di gruppo. Cominciano a<br />
bussare al Comune richiedendo “ conto e<br />
ragione”. Intanto la notizia si espande. La<br />
cosa è troppo grossa. Sessanta persone,<br />
privare dalle casa, sono buttate sulla strada.<br />
Cominciano ad arrivare gli organi di<br />
informazione. Se ne parla in città. Grazie<br />
anche alla tenacia propulsiva di “qualche”<br />
giornalista che svolge il ruolo del battitore,<br />
scevro da condizionamenti. I tentativi<br />
di mediazione con il Comune, rivolti anche<br />
ad avere assicurata un’altra abitazione,<br />
falliscono.<br />
Il 21 agosto, giorno della scadenza<br />
dell’ordinanza di sgombero, nella parte di<br />
strada di fronte all’edificio c’è gran fermento.<br />
A dar man forte nella solidarietà ai<br />
“ dannati “ che presidiano il loro tetto<br />
sono presenti anche decine di cittadini di<br />
varie organizzazioni sociali cittadine. Di<br />
fronte all’arbitrio grande è la civica e democratica<br />
indignazione. La drammatica<br />
vicenda è diventata alta. La gran parte<br />
delle strutture informative locali è presente<br />
sul luogo del misfatto. Forte è la determinazione<br />
a lottare.<br />
Il Tar blocca lo sgombero<br />
La mattinata scorre, nessuno viene della<br />
controparte per eseguire gli “ordini”.<br />
Rinasce la speranza.<br />
Il giorno dopo piomba come un tuono<br />
la buona novella. La Giustizia c’è ancora,<br />
vede e provvede. La sentenza del TAR è<br />
lapidaria. Sospende il provvedimento comunale,<br />
firmato del Sindaco.<br />
Il giudizio recita, tra l’altro “ ...in assenza<br />
di adeguati accertamenti d’ufficio che<br />
facciano fede della sussistenza di un effettivo<br />
peggioramento delle condizioni di<br />
staticità dell’immobile, atti a supportare<br />
l’adozione del provvedimento impugnato,<br />
circostanza questa non smentita dall’organo<br />
comunale all’uopo convocato presso<br />
questo Tribunale, che si è dichiarato impossibilitato<br />
a presentarsi in data odierna,<br />
a rendere i chiarimenti del caso;<br />
- che dell’esigenza di tutela dell’interesse<br />
pubblico a garanzia della pubblica incolumità<br />
cui è ispirata l’ordinanza sindacale<br />
qui in contestazione deve necessariamente<br />
coniugarsi con gli interessi privati<br />
di cui gli istanti sono titolari, interessi che<br />
attengono al fondamentale diritto all’abitazione<br />
per sé e per le proprie famiglie;<br />
- che, pertanto, in quest’ottica, in assenza<br />
di comprovate sopraggiunte situazioni<br />
di pericolo, può essere disposta la sospensione<br />
del provvedimento contestato; il comune<br />
dovrà comunque adottare i necessari<br />
ulteriori provvedimenti che si rendessero<br />
necessari a seguito degli opportuni accertamenti<br />
finalizzati a verificare la sussistenza<br />
di sopravvenute situazioni di aggravamento,<br />
in concreto, dello stato di pericolo<br />
in cui potrebbe versare l’immobile<br />
in questione; quali accertamenti dovranno<br />
essere effettuati a cura degli organi pubblici<br />
a ciò preposti, entro ristretti tempi, e<br />
ferma ogni responsabilità in capo al comune<br />
di caso di ritardo nei conseguenziali<br />
provvedimenti d’urgenza ove necessari”.<br />
E’ bene notare che il Comune si è dichiarato<br />
impossibilitato a presentarsi.<br />
Questa è la positiva conclusione della<br />
prima parte. La questione rimane tutta ancora<br />
aperta. Un dato è certo. L’ingiustizia<br />
non è passata! Il giusto diritto all’abitazione<br />
è un valore democratico supremo, da<br />
garantire sempre. A Catania molte persone,<br />
non solo migranti, sono costrette ad<br />
arrangiarsi “sotto le stelle”, dormendo sui<br />
cartoni, in strade, piazze ed anfratti improvvisati.<br />
In condizioni di assoluta precarietà<br />
Una situazione drammatica ed indegna<br />
che nel corso del tempo si è accresciuta<br />
sempre più. Cinquemila famiglie<br />
attendono una casa popolare. In tante<br />
migliaia, indigenti, vivono in condizioni<br />
abitative di assoluta precarietà. Si violano<br />
i principi fondamentali costituenti la nostra<br />
Repubblica che innalzano a valore supremo<br />
la salvaguardia della dignità delle<br />
persone nell’essenza di vita nella propria<br />
quotidianità.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 53
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Messina/ Estate ribelle<br />
Il giorno che Accorinti<br />
fermò i Tir<br />
Bene pubblico vs/ padroni<br />
dello Stretto: chi<br />
vincerà, alla fine?<br />
di Tonino Cafeo<br />
Fascia tricolore sulla consueta t-shirt<br />
free Tibet e tantissima pazienza per<br />
spiegare personalmente ai camionisti –<br />
uno per uno - che Messina non può più<br />
permettersi di farsi attraversare a tutte<br />
le ore dalle centinaia di mezzi pesanti<br />
che sbarcano ogni giorno nella Rada<br />
San Francesco e nel porto storico della<br />
città dello stretto diretti nel resto della<br />
Sicilia.<br />
Renato Accorinti, anche da sindaco, non<br />
intende rinunciare ai metodi e alle battaglie<br />
di quarant’anni di attivismo civile e<br />
sta combattendo a modo suo l’ennesima<br />
puntata di un braccio di ferro che vede da<br />
una parte gli interessi di un manipolo di<br />
armatori e dall’altra il diritto alla sicurezza<br />
e alla salute per un’intera città.<br />
Tutto ha avuto inizio il trenta giugno<br />
scorso, quando la società Cartour , della<br />
famiglia Franza- monopolista di fatto del<br />
traghettamento privato sullo stretto di<br />
Messina- ha dato unilateralmente il via<br />
agli orari estivi della propria autostrada<br />
del mare da e per Salerno. Una modifica<br />
che ha comportato nuovi disagi per la popolazione<br />
dato che lo sbarco dei tir avviene<br />
adesso in pieno giorno a poche<br />
centinaia di metri dal centro storico della<br />
città, al molo Norimberga, e il flusso di<br />
mezzi pesanti si aggiunge a quello, già<br />
massiccio, che l’ attraversa da quando<br />
l’approdo a sud è stato dimezzato<br />
dall’eterno cantiere per il ripristino dei<br />
moli danneggiati dalle mareggiate invernali.<br />
La guerra dei Tir, ad ogni modo, per<br />
Messina è storia antica. Già nei primi anni<br />
2000 in seguito a numerosi incidenti<br />
mortali avvenuti in aree densamente abitate,<br />
era cresciuta una forte mobilitazione<br />
popolare con<br />
l’obiettivo - in<br />
realtà solo<br />
parzialmente<br />
realizzato - di<br />
spostare il<br />
traffico pesante<br />
fuori città attraverso<br />
la costruzione<br />
di un nuovo<br />
approdo per i<br />
traghetti nella<br />
zona sud.<br />
Le amministrazioni<br />
comunali<br />
che si sono succedute nel decennio in<br />
cui la vertenza ha avuto il suo massimo<br />
sviluppo hanno brillato per cerchiobottismo<br />
sviando l’ attenzione dell’opinione<br />
pubblica sul fantasma del Ponte sullo<br />
stretto oppure inventandosi le soluzioni<br />
più fantasiose- è rimasta negli annali quella<br />
del doppio approdo a nord e sud della<br />
città- pur di evitare di porre limiti agli interessi<br />
dei traghettatori.<br />
“Il diritto a una città vivibile”<br />
Completamente diverso l’approccio della<br />
giunta Accorinti. Massima disponibilità<br />
a trattare una soluzione in grado di soddisfare<br />
le esigenze di tutti, accompagnata<br />
però dal massimo rigore sui principi.<br />
“Il diritto di duecentocinquantamila<br />
messinesi a una città vivibile, liberata dal<br />
transito dei mezzi pesanti è un valore non<br />
negoziabile”, ha tenuto a precisare il primo<br />
cittadino agli armatori come pure alle<br />
istituzioni di garanzia (Capitaneria di Porto<br />
e Autorità Portuale). I numerosi tavoli<br />
tecnici che si sono svolti quest'estate non<br />
hanno dato però gli esiti sperati.<br />
“Avevamo chiesto a Cartour almeno<br />
l’impegno a rinunciare all’orario estivo<br />
diurno non da domani ma dall’estate del<br />
2015 - spiega Accorinti - ma è stato risposto<br />
di no”. Aggiungendo al rifiuto di<br />
qualunque mediazione la non troppo velata<br />
minaccia di ridurre drasticamente le<br />
corse della Messina-Salerno e di conseguenza<br />
licenziare i marittimi in esubero.<br />
E’ stato inevitabile a quel punto, il ventuno<br />
luglio scorso, emettere l’ordinanza<br />
che interdice al traffico pesante le principali<br />
vie d’accesso al porto storico di Messina<br />
fra le 7 e le 21. Un provvedimento<br />
fortemente contrastato non solo dai rappresentanti<br />
delle organizzazioni datoriali<br />
(Confindustria Messina e Aias, l’associazione<br />
dei piccoli autotrasportatori siciliani<br />
di Giuseppe Richichi) ma anche dai sindacati<br />
confederali e persino dagli organismi<br />
“terzi” come La Capitaneria Di Porto e l’<br />
Autorità Portuale, i cui esponenti non<br />
hanno esitato a minacciare ricorsi “ ove si<br />
ravvisassero nell’ordinanza lesioni dei legittimi<br />
interessi economici in campo”.<br />
La tutela dal basso dei diritti<br />
Così Messina è divenuta teatro di<br />
un’inedita forma di tutela dal basso del diritto.<br />
Sono stati i cittadini, più o meno organizzati,<br />
a presidiare tutte le mattine insieme<br />
al sindaco e alla Polizia Municipale<br />
le vie d’accesso al molo Norimberga ed a<br />
vigilare sullo scrupoloso rispetto delle disposizioni<br />
previste dall’ordinanza.<br />
“Nessuno di noi è contro l’impresa in<br />
quanto tale” raffredda così le polemiche<br />
Accorinti “ ma vogliamo che gli armatori<br />
rispettino le decisioni che il Comune ha<br />
preso a tutela di tutti”, in attesa che il 7<br />
agosto sia riconsegnato alla città perfettamente<br />
funzionante l’approdo di Tremestieri,<br />
dove dovrebbe essere dirottato definitivamente<br />
il grosso del traffico pesante.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 54
www.isiciliani.it<br />
Mauro Biani<br />
chi<br />
semina<br />
racconta<br />
sussidiario<br />
di resistenza<br />
sociale<br />
Contributi di Antonella Marrone,<br />
Carlo Gubitosa, Cecilia<br />
Strada, Cinzia Bibolotti,<br />
Ellekappa, Franco A. Calotti,<br />
Gianpiero Caldarella, Makkox,<br />
Mao Valpiana, Massimo Bucchi,<br />
Nicola Cirillo, Pino Scaccia, Riccardo<br />
Orioles, Stefano Disegni,<br />
Vincino Gallo<br />
Formato 17x24,<br />
240 pagine, colori<br />
ISBN 9788897194057<br />
15 euro<br />
Il meglio delle vignette,<br />
sculture e illustrazioni<br />
di Mauro Biani, autore<br />
di satira sociale a tutto<br />
tondo che unisce la<br />
vocazione artistica all’impegno<br />
professionale come educatore<br />
in un centro specializzato per<br />
la disabilità e la non disabilità<br />
mentale.<br />
Uno sguardo disincantato e<br />
libero che sa dare le spalle ai<br />
potenti quando serve, per toccare<br />
temi universali come la<br />
nonviolenza, i diritti umani,<br />
l’immigrazione, il cristianesimo<br />
anticlericale, la resistenza alla<br />
repressione e la lotta alle mafie.<br />
L’AUTORE<br />
Mauro Biani (Roma, 6 marzo<br />
1967) ha pubblicato vignette<br />
in rete per anni per poi fare il<br />
salto verso il professionismo<br />
su quotidiani e settimanali nazionali,<br />
riviste del terzo settore<br />
e organi di informazione<br />
indipendente. Ha fondato la<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– – pag. 555<br />
rivista di giornalismo a fumetti<br />
“Mamma!” che ha chiamato a<br />
raccolta un gruppo nutrito di<br />
giornalisti, vignettisti e fumettari<br />
in cerca di nuovi spazi espressivi.<br />
Collabora con il gruppo internazionale<br />
“Cartooning For<br />
Peace” sotto l’alto patrocinio<br />
dell’Onu. Nel 2009 ha pubblicato<br />
il volume “Come una specie<br />
di sorriso”, una antologia di<br />
illustrazioni ispirate alle canzoni<br />
di Fabrizio De Andrè.<br />
48
www.isiciliani.it<br />
puoi richiedere i volumi su<br />
www.mamma.am/libri<br />
rokuro aKu<br />
no alla guerra,<br />
no al nucleare<br />
g autor d scaricabi e<br />
the Holy Bile<br />
mP<br />
nicola.<br />
r–esistenza precaria<br />
KaNJaNo & car o gubi osa<br />
La mia terra<br />
la difendo<br />
Un libro per scoprire che<br />
non esiste un “nucleare<br />
civile” senza applicazioni<br />
militari derivate, non esiste<br />
“energia atomica pulita” senza<br />
rischi inaccettabili, non esistono<br />
“armi sicure” all’uranio impoverito<br />
senza vittime di guerra.<br />
Il figlio di una sopravvissuta alle<br />
radiazioni di Nagasaki ha trasformato<br />
in una appassionata<br />
denuncia a fumetti la cronaca<br />
degli incidenti alle centrali nucleari<br />
giapponesi e statunitensi, che<br />
sono stati nascosti da un velo di<br />
silenzio.<br />
Nana Kobato, studentessa delle<br />
medie, si affaccia sul “lato oscuro<br />
del nucleare”, e scopre i pericoli<br />
delle centrali atomiche, gli effetti<br />
dei proiettili all’uranio impoverito,<br />
le devastazioni ambientali che<br />
uccidono adulti e bambini. In un<br />
racconto a fumetti chiaro e documentato,<br />
Rokuro haku descrive<br />
gli effetti delle guerre moderne<br />
sull’uomo e sull’ambiente, e mette<br />
a nudo i poteri occulti che sostengono<br />
l’energia nucleare.<br />
Il libro degli autori di Scarica-<br />
Bile, il “pdf satirico di cattivo<br />
gusto” che ha ridefinito su<br />
internet la soglia dell’indecenza<br />
con 32 numeri di puro genio e<br />
follia, centinaia di pagine maleducate,<br />
migliaia di lettori incoscienti.<br />
Da oggi lo spirito del magazine<br />
più scorretto d’Italia rivive nel libro<br />
“The holy Bile”, una raccolta<br />
differenziata di scritti e fumetti<br />
inediti su qualunquismo, castità,<br />
religione e sondini terapeutici.<br />
Un concentrato purissimo di<br />
anticlericalismo, blasfemia, coprofagia,<br />
incesto, morte, pedofilia,<br />
prostituzione, sessismo, sodomia,<br />
violenza e volgarità gratuite. In<br />
breve, uno specchio perfetto<br />
dell’Italia moderna, per chi non<br />
ha paura di guardare in faccia la<br />
realtà con le lenti deformanti della<br />
satira.<br />
Testi e disegni di Daniele Fabbri,<br />
Pietro Errante, Jonathan Grass,<br />
Tabagista, MelissaP2, Vladimir Stepanovic<br />
Bakunin, Eddie Settembrini,<br />
Blicero, G., Ste, Perrotta,<br />
Marco Tonus, Mario Gaudio, Flaviano<br />
Armentaro, Maurizio Boscarol,<br />
Mario Natangelo, Alessio<br />
Spataro, Andy Ventura.<br />
Certi fumetti non possono<br />
farli i radical chic col culo<br />
parato o gli intellettuali<br />
da salotto. Ci voleva un lavoratore<br />
emigrato come Marco “MP”<br />
Pinna, che si è bruciato due settimane<br />
di ferie per partorire la<br />
saga di Nicola, l’antieroe in tuta<br />
blu del terzo millennio.<br />
Un mondo precario dove Nicola<br />
lotta per salvare la sua fabbrica<br />
dalla chiusura, e scopre i trucchi<br />
più loschi con cui i padroni fregano<br />
le classi medio–basse.<br />
Più spericolato di Batman, più<br />
sfigato di Fantozzi, più ribelle di<br />
Spartacus e più solo di Ulisse:<br />
Nicola è il simbolo della nostra<br />
voglia di resistere alle ingiustizie.<br />
Contro di lui un padrone senza<br />
scrupoli e una famiglia senza vergogna,<br />
incarognita dalle mode più<br />
devastanti del momento.<br />
Uno spietato “reality show” a<br />
fumetti, un micromanuale di economia<br />
finanziaria, un prontuario<br />
di autodifesa sindacale ma soprattutto<br />
lo sfogo di satira rabbiosa<br />
di un “artista–operaio”.<br />
Ottanta pagine di sopravvivenza<br />
proletaria: astenersi perditempo.<br />
La storia di Giuseppe Gatì, 22<br />
anni, pastore per vocazione,<br />
produttore di formaggi per<br />
mestiere, attivista antimafia per<br />
passione.<br />
Il suo volto è salito agli onori delle<br />
cronache nel dicembre 2008 per<br />
la contestazione al “pregiudicato<br />
Vittorio Sgarbi”, che ha scosso la<br />
città di Agrigento al grido di “Viva<br />
Caselli! Viva il pool antimafia!”<br />
Con l’aiuto degli amici e dei familiari<br />
di Giuseppe, Gubi e Kanjano<br />
hanno scoperto gli scritti, le<br />
esperienze e il grande amore<br />
per la terra di Sicilia di questo<br />
ragazzo, che ha lasciato una eredità<br />
culturale preziosa prima di<br />
morire a 22 anni per un banale<br />
incidente sul lavoro.<br />
Un racconto a fumetti che non<br />
cede alle tentazioni del sentimentalismo<br />
e della commemorazione,<br />
per restituire al lettore tutta la bellezza<br />
di una intensa storia di vita.<br />
www.mamma.am/nonuke<br />
www.mamma.am/bile<br />
www.mamma.am/nicola<br />
www.mamma.am/giuseppe<br />
ISBN 9788897194002<br />
ISBN 9788897194026<br />
ISBN 9788897194019<br />
ISBN 9788897194033<br />
I <strong>Siciliani</strong>giov i<strong>giovani</strong> – pag. p 56
www.isiciliani.it<br />
Fotografa<br />
CATANIA<br />
Civita: il mare negato<br />
“U trenu a stamatina<br />
Passau supra l’archi d’a marina;<br />
fu chistu ‘n gran successu,<br />
Catania camina ccu progressu”<br />
Questo breve inno al progresso, cantato per<br />
l’inaugurazione della linea ferroviaria, 1°<br />
luglio 1869, mi ha subito colpito, non per la<br />
sua bellezza, ma per la nota di speranza,<br />
“Catania segue il progresso”, ma a quale<br />
prezzo?<br />
Il viadotto ferroviario assurge a cicatrice e<br />
barriera fra la città e il mare, una cicatrice<br />
che rievoca alla memoria lo storico legame<br />
tra centro urbano e l’originaria rada naturale<br />
che fu la porta di antiche civiltà.<br />
Camminare lungo il viadotto equivale a<br />
camminare sul flo di un rasoio, da una<br />
parte il porto e dall’altra un quartiere la<br />
“Civita”, in mezzo il traffco automobilistico.<br />
Spinti forse dall’orrenda visione di un porto<br />
che non c’è, si è attratti istintivamente verso<br />
il quartiere ed è qui che si percepisce il<br />
dolore inferto dalla ferita. Gli antichi palazzi<br />
sono ormai deturpati e violentati,<br />
concrezioni di condizionatori si<br />
accavallavano a fli di panni stesi, le piccole<br />
case dei pescatori spariscono sotto l’infusso<br />
di quell’anarchico senso del brutto.<br />
Ma cosa è rimasto dell’operoso borgo<br />
marinaro? Qualche pescatore che ancora<br />
intreccia le reti della memoria, come ombra<br />
di un lontano ricordo.<br />
Resta dentro l’amara consapevolezza che il<br />
prezzo pagato in nome del progresso sia<br />
stato troppo alto, l’ombra del mare è lì ma<br />
non puoi vederne l’azzurro, la città ha eroso<br />
il mare!<br />
Ma ci chiediamo del perché di questo.<br />
Ci chiediamo quali responsabilità le vecchie<br />
e nuove amministrazioni che hanno<br />
governato la città hanno fatto si che questa<br />
erodesse il mare, e non solo, anche oggi c'è<br />
un dibattito "politico speculativo" nel far<br />
diventare il porto una ammasso di cemento<br />
armato che distruggerà la nostra cultura e la<br />
brezza di mare che ci ha sempre<br />
caratterizzato.<br />
“La metropoli ha questa attrattiva in più, che<br />
attraverso ciò che è diventata si può ripensare con<br />
nostalgia a quella che era” Italo Calvino, Le città<br />
invisibili<br />
Daniela Calcaterra<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 57
www.isiciliani.it<br />
Civita: il mare negato<br />
Chiesa del SS. Redentore, a memoria di una più antica, al suo interno è<br />
custodito un busto ligneo del 1536, che prima si trovava nell'antica<br />
chiesetta distrutta dall'eruzione del 1669<br />
Daniela Calcaterra<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 58
www.isiciliani.it<br />
Civita: il mare negato<br />
Gesta di un tempo<br />
si ripropongono<br />
nel quotidiano,<br />
quel tempo che<br />
all’interno del<br />
piccolo borgo della<br />
Civita a Catania<br />
sembra essersi<br />
fermato. Una<br />
signora in vestaglia<br />
solleva fno al<br />
piano del proprio<br />
balcone il cestino<br />
con la spesa che il<br />
fglio ha attaccato<br />
ad una corda dal<br />
ciglio della strada,<br />
evitandole così la<br />
fatica delle scale.<br />
Alfredo Magnanti<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 59
www.isiciliani.it<br />
Civita: il mare negato<br />
di giro”<br />
Nonostante le molte auto parcheggiate, davanti alla porta si continua a<br />
lavorare, vivere, raccontare storie...<br />
Carlo Majorana<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 60
www.isiciliani.it<br />
Civita: il mare negato<br />
di giro”<br />
La riparazione della rete è una consuetudine ancora oggi presente nella<br />
Civita e che resiste al trascorrere inesorabile del tempo<br />
Dario Lo Presti<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 61
www.isiciliani.it<br />
Civita: il mare negato<br />
di giro”<br />
Tagghiu e littura: misteri ca dura!<br />
Flavia Iraci<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 62
www.isiciliani.it<br />
Civita: il mare negato<br />
di giro”<br />
Gente di mare come il signor Salvatore che ha dedicato la sua vita alla<br />
pesca<br />
Francesco Nicosia<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 63
www.isiciliani.it<br />
Civita: il mare negato<br />
di giro”<br />
La Civita un tempo<br />
era abitata soltanto da<br />
pescatori, oggi ne è<br />
rimasto appena<br />
qualcuno...<br />
Rimangono però tanti<br />
dettagli nei vicoletti a<br />
ricordare come<br />
questo quartiere sia<br />
stato "partorito" dal<br />
mare.<br />
Ivana Sciacca<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 64
www.isiciliani.it<br />
Civita: il mare negato<br />
di giro”<br />
Attraverso i murales<br />
l'antico popolo della<br />
Civita racconta la sua<br />
storia<br />
Paolo Parisi<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 64
www.isiciliani.it<br />
Storia<br />
Donne per la pace<br />
Sicilia, cent'anni fa<br />
“Si riunirono nella chiesa<br />
gridando e invocando<br />
la fine della guerra”<br />
di Elio Camilleri<br />
Allo scoppio della prima guerra migliaia<br />
di ragazzi furono strappati alla<br />
terra, molti, come in altre parti d’Italia,<br />
si dettero alla macchia e le donne siciliane<br />
si preparavano a reggere la fatica<br />
del lavoro dei campi: la guerra fu una<br />
guerra di massa ed esigeva un’adesione<br />
di massa.<br />
Si può certamente affermare che le masse<br />
popolari subirono la guerra, ma la rifiutarono<br />
e si mobilitarono per farla finire.<br />
Le donne siciliane coniugarono religione<br />
e pacifismo in numerose manifestazioni,<br />
cui parteciparono in migliaia; ciò che<br />
risulta sorprendente e, per certi versi, incredibile,<br />
è che tale simbiosi tra sentimento<br />
religioso e richiesta pressante di pace<br />
fu respinta ed ostacolata dal clero cattolico<br />
che, quasi unanimemente, sostenne le<br />
motivazioni politiche della guerra agli Imperi<br />
centrali.<br />
Alle donne di Sciacca e di altri paesi<br />
della provincia capitava un fatto strano:<br />
andavano in chiesa e organizzavano processioni<br />
per pregare e supplicare la fine<br />
della guerra e preghiere e suppliche le recitavano<br />
senza sacerdoti.<br />
Il clero non partecipava né, tanto meno,<br />
organizzava cerimonie religiose contro la<br />
guerra e questo non solo ad Agrigento o in<br />
Sicilia, ma anche nel resto dell’Italia, in<br />
Francia e nella stessa Germania e papa<br />
Benedetto XV pronunciò parole al vento<br />
con la sua “Nota di pace” del 1° agosto<br />
1917: non lo ascoltò nessuno e “l’inutile<br />
strage” continuò per più di un anno.<br />
E così capitò che a Sciacca: “ il 14 gennaio<br />
1916, duecento donne si riunirono<br />
nella cattedrale gridando e invocando la<br />
fine della guerra. L’arciprete e un funzionario<br />
di pubblica sicurezza ristabilirono la<br />
calma e più della metà delle dimostranti<br />
ritornò a casa. Le altre continuarono la<br />
loro protesta andando prima al municipio<br />
e poi alla sottoprefettura”. (Jole Calapso.<br />
Donne ribelli. Flaccovio. Palermo.1980.<br />
pag. 142)<br />
Quattro “sediziose e disfattiste” furono<br />
denunziate ed arrestate e il frate laico<br />
Giovanni Buonomente, sospettato di essere<br />
l’organizzatore della manifestazione, fu<br />
spedito a Messina.<br />
Appena due mesi dopo, a Raffadali, tredici<br />
donne furono denunziate all’autorità<br />
giudiziaria per avere percorso in corteo<br />
con altre donne, ragazze e bambini la strada<br />
che portava alla chiesa di S. Giuseppe<br />
per assistere alla messa. Il corteo non era<br />
autorizzato e neppure erano consentite le<br />
invocazioni al Signore e alla Madonna per<br />
la fine della guerra.<br />
A Cammarata, dieci giorni dopo (25<br />
marzo) le donne che volevano portare in<br />
processione la Madonna di Scacciapensieri<br />
furono addirittura indotte a forzare la<br />
nicchia che ne conteneva la statua e così<br />
si svolse una processione con più di duemila<br />
persone: tutte imploravano la cessazione<br />
della guerra e tutto si svolse nel<br />
massimo ordine anche perché gli agenti di<br />
pubblica sicurezza non osarono bloccare<br />
il rito religioso.<br />
Le denunce arrivarono il giorno dopo<br />
per 6 uomini e 14 donne.<br />
Non solo il clero siciliano, ma anche<br />
nelle altre regioni italiane, come pure in<br />
Francia e nella stessa Germania non fu tenuta<br />
in nessuna considerazione la Nota di<br />
pace di Benedetto XV contro “l’inutile<br />
strage”.<br />
E allora si capisce come a Sciacca le<br />
donne furono buttate fuori dalla chiesa<br />
dall’arciprete, come a Raffadali fu sciolta<br />
a forza una processione di donne e bambini<br />
diretta verso la chiesa.<br />
Aveva ragione, allora, George Bernard<br />
Shaw a scrivere che era meglio chiuderle<br />
le chiese ed evitare così che in esse si preghi<br />
per l’annientamento del nemico.<br />
Centinaia di arresti di ragazze e donne<br />
che, talvolta, portarono in carcere con sé i<br />
loro bambini a subire quotidiane ingiurie<br />
e violenze per avere manifestato contro la<br />
guerra, contro la fame, contro l’insopportabile<br />
miseria.<br />
Tra Cammarata e Campobello , ad<br />
esempio ne arrestarono a decine, tra queste<br />
Maria Ponticello, perché si erano distese<br />
sui binari per impedire la partenza<br />
del treno con le reclute.<br />
Un grave episodio si registrò a Gangi il<br />
3 aprile 1917. Una classe di alunni che<br />
manifestava a favore della guerra fu presa<br />
a sassate dalla gente che di guerra proprio<br />
non ne voleva sentire.<br />
Nel contesto della guerra le sassate contro<br />
le scuole, le proteste contro gli insegnanti<br />
erano motivate dal fatto che la<br />
scuola era strumentalizzata dal Governo<br />
per la propaganda bellica, per organizzare<br />
raccolte di fondi per le spese militari, per<br />
la Croce Rossa: tutto ciò non era assolutamente<br />
condiviso dalle masse popolari,<br />
dalle donne che subivano quotidianamente<br />
il peso del lavoro dei campi, della fame<br />
e della disperazione.<br />
A Ribera Maria Segreto, una ragazza di<br />
venticinque anni, non ebbe alcun timore<br />
di urlare contro la guerra e di incitare le<br />
sue compaesane ad unirsi alla protesta, nè<br />
la fecero desistere le minacce delle forze<br />
dell’ordine.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 66
www.isiciliani.it<br />
Palermo<br />
Una festa<br />
ben sorvegliata<br />
“U Fistinu” di Santa<br />
Rosalia: metafora di<br />
una città che declina<br />
di Giovanni Abbagnato<br />
Le cronache del 390mo Festino della<br />
Santuzza palermitana Rosalia raccontano,<br />
con il linguaggio freddo di altro<br />
tipo di eventi, che hanno partecipato<br />
alla manifestazioni clou - tra il 14 e il 15<br />
luglio scorso - circa 300 mila persone,<br />
“secondo le stime degli organizzatori”.<br />
Si tratta del solito “ballo delle cifre”tra<br />
gli organizzatori e la Questura?<br />
Purtroppo, quello che più si è notato è<br />
stato, ancora una volta, un segno di confusione<br />
politica ed ideale dell’Amministrazione<br />
comunale presieduta da Orlando<br />
che non ha saputo imprimere al Festino<br />
quella carica democratica – dai forti connotati<br />
simbolici – in una città che, in altri<br />
tempi, “prendeva parte” contro le sue pesti,<br />
antiche e moderne.<br />
Il palesarsi del triste disfacimento di<br />
questa ispirazione di governo stavolta è<br />
andato ben oltre le parodie della partecipazione<br />
popolare in alcune scelte dell’<br />
Amministrazione, andate occasionalmente<br />
in scena - il termine non è casuale - con<br />
riti francamente inconcludenti sul piano<br />
tecnico-amministrativo e senza anima su<br />
quello ideale.<br />
Il vero segno - cupo è pesante - è stato,<br />
però, rappresentato dalla evidente militarizzazione<br />
del Festino con una presenza,<br />
numerosa e inquietante, di camionette e<br />
autoblindo, insieme alle schiere di pesanti<br />
scarponi di tutte le Forze dell’Ordine antisommossa,<br />
perfino posti a sostanziale sostituzione<br />
delle organizzazioni della Protezione<br />
Civile, naturalmente con l’idea<br />
che possono avere delle Forze antisommossa<br />
della gestione della Protezione Civile<br />
in quella che doveva essere una festosa<br />
manifestazione di popolo.<br />
Senza la “benedizione civile” del popolo<br />
Per la storia e il valore dell’azione politico-amministrativa<br />
che non si può e non<br />
si deve disconoscere al personaggio, dispiace<br />
dirlo, ma forse abbiamo assistito<br />
alla caduta della parabola politica di Orlando,<br />
o SinnacOllando, come la vox populi<br />
confondeva a Palermo personaggio e<br />
carica istituzionale.<br />
Questa triste involuzione del personaggio<br />
(che comunque è in atto, al di là di<br />
eventuali accordi nella peggiore tradizione<br />
politichese che possono riguardare il<br />
ruolo del Sindaco) è stata determinata,<br />
ben prima di questo Festino, dai contorsionismi<br />
politici di Orlando e dall’incapacità<br />
di passare da una gestione importante,<br />
ma troppo minimale delle emergenze palermitane,<br />
ad un progetto vero e socialmente<br />
avanzato per la città.<br />
Ma il nuovo fatto simbolico, importantissimo<br />
in una città come Palermo, è stato<br />
rappresentato dal salire di Orlando sul<br />
carro della “Santuzza”a gridare il fatidico<br />
“Viva Palermo e Santa Rusulia”, non con<br />
la “benedizione civile” del popolo - con le<br />
sue variegate istanze, che un tempo trovavano<br />
il lui una sintesi riconosciuta - ma<br />
con la blindatura, francamente imbarazzante,<br />
offerta dalla Questura.<br />
L'agitazione dei precari<br />
Invero, c’erano già i segni di uno “sfruttamento”<br />
-eccessivo in termini di cosiddetto<br />
ordine pubblico - di informazioni su<br />
propositi di precari comunali, tradizionalmente<br />
determinati nel voler scegliere il<br />
“palcoscenico” del Festino per le loro manifestazioni<br />
di dissenso contro l’Amministrazione.<br />
Come sembrava provvidenziale per una<br />
gestione blindata dell’ordine pubblico al<br />
Festino, la situazione creata dall’aggressione<br />
all’organizzatrice dei festeggiamenti<br />
che - ancorché riconducibile a malavitosi<br />
di basso profilo e non a organizzazioni<br />
mafiose come lasciato intendere dalla<br />
stessa protagonista - con ben altri mezzi<br />
doveva essere controllata ed affrontata.<br />
In realtà, è stata un’altra occasione perduta<br />
dai vertici delle Forze dell’Ordine<br />
davanti a quei movimenti civili e<br />
antimafiosi che hanno provato negli anni<br />
– non senza contraddizioni e difficoltà - -<br />
a favorire il passaggio culturale dalla<br />
percezione popolare degli “sbirri” - nel<br />
tradizionale significato tutt’altro che<br />
edificante – a difensori delle libertà e dei<br />
diritti contro le prepotenze mafiose di tutti<br />
i tipi, inevitabilmente sempre a braccetto<br />
con poteri forti e comitati di affari.<br />
L'intimidazione a Rocca e Pellicane<br />
Purtroppo, questa strategia della Questura<br />
– sicuramente avallata e tollerata dal<br />
Comune – volta a dare alla città un eclatante<br />
segno autoritario, va rilevata anche<br />
nell’intimidazione inviata – preventivamente,<br />
nell’immediata vigilia del Festino<br />
– a tanti uomini e donne che tengono fede<br />
a gravi istanze popolari – spesso sporche<br />
di sofferenza e per questo senza voce - attraverso<br />
il trattamento riservato persone<br />
come Nino Rocca e Toni Pellicane – leader<br />
miti ma appassionati del movimento<br />
dei senzacasa – non a caso convocati in<br />
Questura e denunciati per manifestazione<br />
non autorizzata, con una consequenzialità<br />
temporale più che sospetta e una motivazione<br />
risibile, se non si trattasse di un inquietante,<br />
quanto immotivato atto persecutorio.<br />
A questo punto, ogni cronaca che si rispetti<br />
– o anche che non si rispetti – si<br />
chiuderebbe con l’annotazione sullo spettacolo<br />
tenutosi sul Piano e sulla mura della<br />
stupenda Cattedrale, con testi, forse un<br />
po’ troppo didascalici e tradizionali, ma<br />
con una macchina scenica complessivamente<br />
stimolante e convincente.<br />
Una città che si autodivora<br />
Ma, in realtà, probabilmente, altro si è<br />
imposto sulla scena di questo Festino di<br />
una città, forse come il suo Genio, condannata<br />
- ineluttabilmente - a divorare,<br />
con i suoi figli migliori, i suoi aneliti e le<br />
sue speranze.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 67
www.isiciliani.it<br />
Anni Settanta<br />
Hippies a<br />
Terrasini<br />
Peppino, Lotta Continua<br />
e i radical-chic<br />
di Salvo Vitale<br />
www.peppinoimpastato.com<br />
Dell’esperienza della Comune hippie di<br />
Terrasini ho parlato nel mio libro Nel<br />
cuore dei coralli, Peppino Impastato, una<br />
vita contro la mafia (Rubbettino editore).<br />
La partecipazione, per un breve periodo,<br />
di esponenti della Comune a Radio Aut è<br />
stata simpaticamente tracciata nei Cento<br />
passi. Carlo Silvestri non ne esce bene,<br />
Peppino è molto diffidente, sino a<br />
scimmiottare, mettendosi col culo di fuori,<br />
alla radio, la proposta di Carlo del “nudo a<br />
chiappe selvagge”. Va detto che quelle<br />
scene sono state girate a Torre Alba e non<br />
a Villa Fassini, luogo di stanza della Comune,<br />
poiché allora l’accesso a Villa Fassini<br />
non era consentito: il regista fece dipingere<br />
sui muri una serie di immagini che<br />
ricordavano molto da vicino quelle dipinte<br />
sui muri di villa Fassini, oggi cancellate e<br />
presenti solo in alcune foto d’epoca.<br />
La collaborazione tra la Comune e<br />
Radio Aut venne presto interrotta per una<br />
forte differenza di vedute, da una parte<br />
nell’intendere la lotta contro la mafia<br />
come una scelta politica di fondo,<br />
dall’altra con la tendenza a ritenere<br />
prevalente occuparsi dei bisogni dell’io,<br />
particolarmente di quelli sessuali, secondo<br />
lo slogan allora molto in voga “il<br />
personale è politico”.<br />
Da quel libro riporto alcune pagine,<br />
compreso il testo di una lettera che Peppino<br />
inviò a Lotta Continua, ma che quel<br />
giornale, nel quale scriveva Carlo Silvestri,<br />
non volle pubblicare. Difficile dire<br />
oggi cosa rimane di quell’aspro diverbio<br />
che portò Peppino a dare addirittura un<br />
pugno a Carlo Silvestri e a chiudere<br />
un’esperienza nella quale alcuni redattori<br />
erano rimasti coinvolti e affascinati.<br />
L’impegno politico dei cosiddetti “militanti”<br />
è stato marginalizzato, costretto in<br />
un angolo, come una scelta di pochi esaltati<br />
e provocatori, più vicini all’eversione,<br />
se non al terrorismo, anziché alle pacifiche<br />
manifestazioni di protesta. Il perbenismo<br />
ha finito con l’assorbire vaste frange di<br />
quella borghesia illuminata e benestante, i<br />
cui figli una volta sceglievano di maturare<br />
all’interno delle contestazioni al sistema,<br />
adesso si definiscono moderati e si allineano<br />
sul solco tracciato dal papà. In ultima<br />
analisi Carlo sembra avere avuto ragione,<br />
scegliendo di ripiegare nel proprio privato,<br />
di fare la propria vita, adesso in India, magari<br />
di ottenere dalle istituzioni qualche finanziamento<br />
per parlare delle sue esperienze<br />
e di lasciare a chi ne ha voglia<br />
l’arduo sentiero della rivoluzione.<br />
Ma Peppino è sempre là, dove la crisi<br />
mette in discussione persino la sopravvivenza<br />
di ogni singolo uomo, dove le grandi<br />
ingiustizie sociali lascino che ci sia “cu<br />
mancia e cu talia”, dove le contraddizioni<br />
possono esplodere in ogni momento e portare<br />
a un mutamento collettivo perché,<br />
come ha detto qualcuno, “non si può essere<br />
felici sapendo che c’è al mondo qualcuno<br />
che soffre”.<br />
La “Comune” di Villa Fassini<br />
La palazzina, già residenza degli armatori<br />
Florio, nella sua struttura in mezzo al<br />
verde rappresenta un gioiello d’architettura<br />
tardo ottocentesca, opera di Ernesto Basile,<br />
o comunque della sua scuola. Nel ’69<br />
diventa la prima “Comune” d’Italia e un<br />
punto di riferimento quasi mitico per le<br />
varie fasce del movimento hippye europeo<br />
e per tutti coloro che avevano vissuto una<br />
serie di esperienze post-sessantottesche e<br />
di tematiche espresse in Italia dalla rivista<br />
Re Nudo.<br />
Animatore della “Comune” è Carlo Silvestri,<br />
collaboratore di quella rivista e di<br />
altri settimanali nazionali. Sino al ’72 il<br />
posto conserva la sua struttura di Comune,<br />
da quella data in poi, pur continuando ad<br />
essere punto di ritrovo e di passaggio per<br />
molti <strong>giovani</strong> in cerca di nuove forme di<br />
vita e di socializzazione, diventa quasi un<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 68<br />
fatto personale di Carlo Silvestri, che ne<br />
assume interamente la gestione.<br />
Il posto aveva problemi di ricezione, di<br />
sussistenza economica e di controllo interno<br />
tra tante persone di provenienza eterogenea.<br />
A frequentarlo erano anche personaggi<br />
noti del mondo dello spettacolo,<br />
come la Premiata Forneria Marconi, Paola<br />
Pitagora, la cantante Giovanna, l’attrice<br />
Teresa Ann Savoy, Pino Masi ecc.<br />
Regole indispensabili non “fumare”,<br />
non bucarsi, non consumare carne, per il<br />
resto c’era massima libertà e tolleranza,<br />
anche nel praticare il nudismo.<br />
Il rapporto della Comune con l’ambiente<br />
in principio fu traumatico: in paese, a Terrasini,<br />
si guardavano con meraviglia, con<br />
ironia, talora con scandalo gli strani tipi<br />
che passeggiavano vestiti con fogge strane,<br />
lunghi capelli, orecchini, campanellini<br />
alle caviglie: circolavano tutte le dicerie<br />
possibili, tipiche di un paese bigotto, ma a<br />
poco a poco ci si abituò a queste presenze<br />
e parecchi <strong>giovani</strong> del luogo cominciarono<br />
a fare “un salto” alla Comune, forse anche<br />
attratti dall’idea di qualche possibile o facile<br />
esperienza sessuale.<br />
Migliore, senza dubbio, il rapporto con i<br />
contadini della zona, che accettavano volentieri<br />
l’aiuto nei periodi di raccolta e trasporto<br />
degli ortaggi.<br />
La prima Comune aveva alcune sue tipiche<br />
forme di sopravvivenza nella lavorazione<br />
di stoffe e di prodotti artigianali e<br />
cercava anche un rapporto all’esterno attraverso<br />
l’organizzazione di spettacoli e di<br />
recitals; successivamente il posto rimase<br />
solo un luogo di villeggiatura. L’incontro<br />
con Radio Aut, cioè la partecipazione di<br />
questa gente con l’unica emittente democratica<br />
e di movimento della zona, fu quasi<br />
spontaneo, a seguito di alcuni contatti<br />
avuti a “Musica e Cultura”, ma non fu<br />
esente da contraddizioni: da una parte<br />
Peppino e pochi militanti che della politica<br />
rivoluzionaria avevano fatto una scelta di<br />
vita, dall’altra i “creativi” del ’77, per i<br />
quali contava solo esprimere i propri bisogni,<br />
i propri problemi, la propria oscura ribellione<br />
ai pregiudizi e alla repressione di<br />
qualsiasi espressione autenticamente liberatoria.
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“Una lettera<br />
che non fu<br />
pubblicata”<br />
Nella gestione degli spazi di trasmissione<br />
diventava indispensabile crearsi il problema<br />
di chi “stava a sentire” e cresceva<br />
l’antitesi tra la volontà di creare gratuitamente<br />
lo scandalo e la denuncia aperta e la<br />
necessità di mediare alcune posizioni per<br />
non rischiare l’isolamento.<br />
La rottura si verificò nell’agosto del ’77,<br />
allorché Carlo Silvestri lanciò la proposta<br />
del “nudo a chiappe selvagge” dai microfoni<br />
di Radio Aut e trasmise la notizia<br />
dell’iniziativa all’Europeo, a Panorama e a<br />
Lotta Continua: si trattava di un invito a<br />
fare il bagno nudi, in tutta Italia, il 15 agosto<br />
e di creare un caso nazionale: nel proporre<br />
l’iniziativa Carlo Silvestri non badò<br />
a concordare la proposta con la redazione<br />
della radio che, a seguito di un acceso dibattito,<br />
rifiutò di essere coinvolta, sentendosi<br />
strumentalizzata.<br />
Quel giorno, mentre alcuni scesero al<br />
“molo” a fare il bagno nudi, Peppino ed<br />
altri rimasero alla radio a scrivere a Lotta<br />
Continua una lettera che il giornale non<br />
pubblicò.<br />
Lettera (non pubblicata) a LC<br />
Cari compagni,<br />
abbiamo letto su L.C. di mercoledì 12<br />
ottobre (p. 11) un annuncio col quale una<br />
fantomatica comune, che tra l’altro si definisce<br />
“la più vecchia d’Italia” indice tre<br />
giorni di amore e di lotta contro le mire<br />
speculative della mafia locale che, a quanto<br />
pare, avrebbe l’intenzione di togliere la<br />
“casa” a Carlo Silvestro, che della comune<br />
in questione è titolare, general manager ed<br />
unico componente. Ma procediamo con<br />
ordine. È dal 1969 che il Silvestro, con notevole<br />
strombazzo pubblicitario, lascia intendere<br />
a mezza Europa che, a Villa Fassini<br />
risiede una comune di cui l’ambiente locale<br />
non ha avuto neppur sentore. In realtà<br />
Villa Fassini ha funzionato sempre come<br />
un vero e proprio ostello, se non luogo di<br />
villeggiatura, per Carlo Silvestro e i suoi<br />
amici che, rispetto al mondo esterno “indigeno””,<br />
si sono posti, fatte le dovute eccezioni,<br />
in termini di rifiuto o tutt’al più di<br />
tentativi sporadici di colonizzazione sottoculturale.<br />
Mai uno sforzo è stato fatto da parte loro<br />
per collegarsi con le realtà politiche e culturali<br />
presenti in zona. Ma c’è molto di<br />
più. In luglio, dopo aver ricevuto un invito<br />
a sfrattare entro l’anno, il Silvestro ha cercato<br />
e trovato, dopo averli snobbati per<br />
otto anni, contatti con i compagni di Lotta<br />
Continua, del Circolo Musica e Cultura e<br />
di Radio Aut: chiedeva appoggio per “salvare<br />
la casa” (parole sue testuali).<br />
Le proposte dei compagni sono state<br />
chiare e precise: una campagna di stampa<br />
per denunciare la mafia e i suoi rapporti<br />
con il territorio (si stava allestendo proprio<br />
in quel periodo una mostra fotografica<br />
sull’argomento) e un raduno musicale, da<br />
tenere entro ferragosto a Villa Fassini, propagandato<br />
su scala nazionale e aperto a<br />
tutte le istanze politiche e culturali presenti<br />
nella zona.<br />
La risposta del Silvestro è stata laconica:<br />
“in verità io punto ad una congrua buonuscita;<br />
se non mi si daranno i venti milioni<br />
che intendo richiedere allora faremo la<br />
battaglia”. In realtà Carlo Silvestro non<br />
aveva, come non ha, alcuna intenzione di<br />
promuovere o di accettare proposte di battaglie<br />
politiche di qualsiasi genere: sarebbe<br />
ben strano da parte sua dopo otto anni<br />
di insignificante presenza a Terrasini.<br />
Egli puntava essenzialmente a due cose:<br />
1) aumentare il suo peso contrattuale in<br />
funzione della “congrua buonuscita”, visto<br />
che i compagni le battaglie contro la mafia<br />
le hanno fatte sul serio da lungo tempo;<br />
2) penetrare all’interno del gruppo di<br />
compagni presenti localmente e a Radio<br />
Aut per portarne alle estreme conseguenze<br />
il processo di disgregazione e per tentare,<br />
successivamente, di riagganciarne una parte<br />
su un suo progetto di rivista (“Amore”)<br />
che, a quanto ci è sembrato di capire, altro<br />
non vuole essere che un pastone qualunquistico<br />
che, dietro il paravento della “politica<br />
del corpo” e del “recupero dell’erotismo”,<br />
avrà un’impostazione a metà strada<br />
tra il pornografico e la cronaca mondana<br />
(d’altra parte il Silvestro ha un suo “rispettabilissimo”<br />
passato di porno fotografo).<br />
E lo abbiamo visto all’opera a Radio<br />
Aut: dopo quindici giorni di sua presenza,<br />
l’incredibile provocazione dell’appello al<br />
nudo: L.C. del 10 agosto pubblicava una<br />
lettera del Silvestro e di due suoi collaboratori<br />
nella quale era contenuto un appello<br />
a spogliarsi nudi alle dodici in punto del<br />
15 agosto. Due giorni dopo lo stesso Silvestro,<br />
senza neppure consultare i compagni,<br />
lanciava lo stesso appello dai microfoni<br />
di Radio Aut spacciandolo per una iniziativa<br />
di Lotta Continua e invitando alla<br />
“trasgressione a chiappe selvagge” da mettere<br />
in atto a Sant’Agata di Militello in occasione<br />
di “un raduno di L.C. dove tutti si<br />
sarebbero spogliati” (si trattava invero di<br />
una festa di D.P.). Sulla cosa, su sollecitazione<br />
dello stesso Silvestro, veniva imbastita<br />
una campagna di stampa tra lo scandalistico<br />
e il sensazionale.<br />
Repubblica, La Stampa, Il Giorno,<br />
L’Europeo, si scatenavano nella narrazione<br />
delle varie fasi della “rivolta a chiappe<br />
selvagge” e della “trasgressione di massa”.<br />
Radio Aut, come Radio Popolare di Milano,<br />
veniva presentata come promotrice<br />
dell’iniziativa e: “due redattori di Radio<br />
Aut si sono spogliati, esattamente alle dodici,<br />
sul molo di Terrasini” (L’Europeo, n.<br />
34, pagg. 18-19). Tutto falso. Solo in poche<br />
decine si sono spogliati. Nessun redattore<br />
di Radio Aut ha “trasgredito”. Ma tutto<br />
questo è sicuramente servito al Silvestro<br />
per farsi un po’ di pubblicità e per lanciare<br />
l’idea della rivista “Amore”.<br />
Così come è bastato ai compagni di Lotta<br />
Continua, del Circolo Musica e Cultura<br />
e di Radio Aut per rompere definitivamente<br />
i ponti con Carlo Silvestro e Villa Fassini<br />
(sono la stessa cosa), data la sua latitanza<br />
quasi decennale e la sua fuga opportunistica<br />
dallo scontro politico con la mafia<br />
locale, contro cui i compagni hanno concentrato,<br />
da anni e pagando di persona, il<br />
loro intervento politico a partire dalle reali<br />
esigenze e dai bisogni dei disoccupati, dei<br />
proletari e dei non garantiti della zona.<br />
Ed è a partire da tutto questo che hanno<br />
deciso di prendere le distanze dalle iniziative<br />
di Carlo Silvestro, in quanto completamente<br />
estranee a qualsiasi esigenza politica,<br />
culturale e di liberazione. Saluti Comunisti.<br />
I Compagni di L.C., Radio Aut, Circolo<br />
Musica e Cultura di Cinisi e Terrasini<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 69
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Memoria<br />
L'isola<br />
di Danilo Dolci<br />
Conosceva pastori, pescatori,<br />
braccianti dei<br />
più sperduti paesi.<br />
Non li consolava con<br />
belle parole, ma li aiutava<br />
a guardare dentro<br />
la vita che era loro imposta.<br />
E, anche, dentro<br />
se stessi<br />
di Giancarla Codrignani<br />
Il 28 giugno avrebbe compiuto novant'anni:<br />
uno come lui ci farebbe ancora<br />
comodo. Perché era uno che credeva<br />
che la conoscenza fosse il principale<br />
mezzo di cambiamento delle società. E<br />
Dio solo sa quanto poco e quanto male<br />
siamo cambiati in questi anni pur definiti<br />
"età della conoscenza".<br />
A tutti la vita di Danilo dovrebbe sembrare<br />
quella di un uomo con una marcia in<br />
più, ma normale: dotato di buona cultura,<br />
desideroso di cambiare il mondo (c'era<br />
stata l'esperienza di Nomadelfia), arrivato<br />
in Sicilia per ricerche archeologiche,<br />
"vede" (forse i guai iniziano proprio dal<br />
fatto che non sappiamo davvero "vedere")<br />
la situazione di degrado che lo circonda e<br />
se ne sente responsabile. Quindi resta e si<br />
impegna per una cosa 'romantica' che si<br />
chiama il "riscatto" degli esclusi. Solo che<br />
lui fa sul serio e si dedica a tre obiettivi:<br />
fare conoscenza; fare denuncia; fare rivoluzione<br />
(che è cosa serissima e nonviolenta).<br />
Le sue indagini sul campo (Racconti siciliani,<br />
1952/60, Banditi a Partinico, 1955<br />
e Inchiesta a Palermo 1956) sono testi di<br />
storia italiana. Per capire il nostro tempo i<br />
<strong>giovani</strong> e i meno <strong>giovani</strong> smemorati, se<br />
vogliono rifare il punto sulle trasformazioni,<br />
formali e non formali, dell'Italia repubblicana,<br />
possono utilmente partire dalla<br />
Sicilia degli anni Cinquanta e Sessanta,<br />
alla scoperta delle radici del continuo<br />
scorrere sotterraneo e pieno di diramazioni<br />
di quella linfa carsica e piena di vita,<br />
ma anche di tossico, di cui tutti gli italiani<br />
sono portatori.<br />
Dolci registra le piaghe dell'analfabetismo,<br />
delle diverse forme di sfruttamento e<br />
di conseguente passività, della rassegnazione<br />
disposta all'obbedienza ai potenti di<br />
chi non ha lavoro e della corruzione di chi<br />
vuol comandare. Piaghe endemiche, interiorizzate,<br />
persistenti anche nel graduale<br />
benessere che via via avanza: le denunce<br />
di Dolci davano fastidio ai governanti del<br />
tempo che lo perseguitarono. Oggi quelli<br />
attuali possono celebrarlo senza problemi<br />
(ma è interessante constatare che non lo<br />
fanno): se la gente passa le domeniche nei<br />
centri commerciali, i diritti di cittadinanza<br />
nel segno della dignità comune possono<br />
restare ignorati.<br />
Eppure è anche la rimozione di certi autori<br />
del passato che impedisce di prendere<br />
atto che i problemi "sociali" vanno ancor<br />
oggi condotti a soluzioni funzionali al<br />
bene "sociale". Invece vengono prima le<br />
ragioni del mercato e quindi degli interessi,<br />
e quindi della corruzione.<br />
Ed è per questo che oggi un'inchiesta<br />
sulla mafia Dolci la farebbe a Milano, non<br />
a Palermo; a Modena e non a Partinico.<br />
Negli anni Cinquanta del secolo scorso<br />
stava per realizzarsi il boom economico:<br />
ne derivarono i "carrozzoni" e le metaforiche<br />
Casse del Mezzogiorno. E' ingenuo<br />
dirlo, ma era possibile che i sacrifici che<br />
la gente allora sosteneva per uscire dalla<br />
miseria, insegnassero quel senso dello stato<br />
di cui gli italiani non riescono mai a<br />
farsi responsabili.<br />
Dire pubblicamente come stanno le cose<br />
Come cittadino scomodo, Dolci diceva<br />
pubblicamente come stavano le cose, perché<br />
ciascuno si assumesse la sua parte di<br />
responsabilità, a partire dal basso.<br />
Diceva le cose che non si volevano vedere:<br />
bambini "affittati" per fare i pastori<br />
o per imparare il borseggio; ragazzi sfruttati<br />
che "non so se ho 17 o 19 anni... a<br />
scuola mai ci sono andato", "sono analfabeto";<br />
altri finiti ignari in galera ("gli sbirri<br />
ci portarono tutti in prigione"); contadini<br />
arrestati "per due mazzi d'erba", malati<br />
a cui "per qualunque malattia servono le<br />
mignatte"; crolli di case per frane prevedibili<br />
perché "quando c'è vento le case si<br />
muovono" e, dentro, "essendo il tetto quasi<br />
sfondato, quando piove devono mettere<br />
sui letti le bacinelle".<br />
In Sicilia Dolci "conosceva" pastori, pescatori,<br />
braccianti, mezzadri, campieri e<br />
tanta gente che, quando uno veniva ucciso<br />
per strada, "sparato", ed era conosciuto<br />
come un violento appartenente ad una "famiglia",<br />
diceva "bono fecero" e taceva.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 70
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Quando i cittadini andavano a votare<br />
"non capiscono ciò che significa un partito"<br />
perché vedevano morire i sindacalisti<br />
e i politici di sinistra, i soli che gli insegnavano<br />
il senso dei loro diritti. "I delinquenti<br />
- dicevano - sono protetti dal governo".<br />
Nel 1954 Dolci denuncia il "disavanzo<br />
del Comune di Palermo", il fatto<br />
che "il 50 % dell'acqua immessa nella rete<br />
va dispersa", che "le condizioni abitative<br />
nei quartieri della vecchia Palermo",<br />
come nei bassi di Napoli, "è spaventosa":<br />
noi oggi leggiamo con qualche perplessità<br />
sulla data.<br />
C'erano, non lo si deve dimenticare,<br />
quelli come Placido Rizzotto, che "cercava<br />
l'interesse della gente" e si era messo<br />
contro i mafiosi: "ci rubavano l'olio ai<br />
contadini… e tra gli esercenti c'è sempre<br />
la mafia".<br />
Quanto alle terre incolte da dare ai contadini<br />
"queste terre le avevano tutte i mafiosi<br />
nelle mani". C'era il razionamento:<br />
"anche i magazzini li avevano i mafiosi<br />
nelle mani e intrallazzavano con il zucchero,<br />
intrallazzavano con la farina, intrallazzavano<br />
con la pasta, e oltre a questi<br />
intrallazzi erano riusciti a mettere un sovrapprezzo<br />
a questi generi mediante<br />
l'accordo con un assessore comunale".<br />
L'amico di Placido che racconta a Dolci<br />
queste cose conservando l'anonimo, certamente<br />
"un compagno", conclude tragicamente:<br />
"per questo l'ammazzarono". E<br />
confessa che, se vuol lavorare e sopravvivere,<br />
"devo uniformarmi all'ambiente".<br />
Un ambiente che descrive così: "gente<br />
che ammazza e poi porta la Madonna in<br />
processione… I ricchi, la Chiesa hanno<br />
paura che le cose possano cambiare in<br />
loro danno, ma i poveri sono enormemente<br />
sfiduciati. Per i ricchi il mondo è quello<br />
che è, adoperano tutti i mezzi per tenerlo<br />
nello stesso stato in cui si trova. E il Municipio,<br />
di sinistra, non li manda via perché<br />
uno dice 'qui comanda la scopetta e<br />
io mi devo far ammazzare?'… i braccianti,<br />
i contadini ci credevano che le cose potessero<br />
cambiare, oggi non più…. La Camera<br />
del lavoro si è rifatta più forte di prima<br />
che ci fosse Placido, molto più forte.<br />
Ma come fruttò? non abbiamo ottenuto<br />
niente, la gente si è sgretolata…".<br />
Non è fatalismo meridionale: capita tuttora<br />
in tutti i paesi poveri che subiscono<br />
l'urto della crisi. E' un dato umano su cui<br />
contano i poteri forti. Danilo Dolci insegnava<br />
- e dimostrava - che non è fatalità.<br />
A Trappeto, dove visse, l'idea del riscatto<br />
sociale si fece realtà mediante la<br />
creazione (che gli riuscì di realizzare con<br />
l'aiuto degli amici solidali) di strutture e<br />
programmi: assistenza, in primo luogo sanitaria,<br />
scuola e asili per i bimbi, università<br />
popolare e biblioteca, interventi per il<br />
diritto al lavoro. Il 2 febbraio 1956 fu arrestato<br />
alla testa di un gruppo di lavoratori<br />
che autonomamente riassestavano una<br />
trazzera, una strada abbandonata: una provocazione<br />
che, arrivata alla stampa, fu<br />
chiamata "sciopero alla rovescia". A tutti i<br />
manifestanti fu negata la libertà provvisoria<br />
per "occupazione di suolo pubblico e<br />
resistenza alla forza pubblica”.<br />
Diritto dei cittadini, dovere dello Stato<br />
Dolci, una volta scarcerato (ma condannato,<br />
non assolto, nonostante le reazioni<br />
in tutta Italia) scrisse Processo all'art.4<br />
della Costituzione, quello che rende il lavoro<br />
non solo un diritto dei cittadini, ma<br />
anche un dovere dello Stato.<br />
Se il territorio di Partinico non cambierà<br />
- diceva Danilo - e i motopescherecci<br />
pescheranno ancora fuori legge, i poveri<br />
non avranno assistenza o i ragazzi scuola<br />
e se continueranno le "ammazzatine",<br />
questo processo almeno impedirà che si<br />
possa dire "non sapevamo". Quanto a lui,<br />
"meglio in galera con le vittime che liberi<br />
se privilegiati". Uno così ha incrociato altre<br />
volte la "giustizia", da ultimo quando<br />
denunciò, insieme con il giornalista Franco<br />
Alasia e con ampiezza di documentazione<br />
(cfr. Spreco, 1960 e Chi gioca solo<br />
1966) l'incrocio mafia/politica di esponenti<br />
importanti della vita politica siciliana<br />
e nazionale, tra cui i democristiani on.<br />
Calogero Volpe e il ministro Bernardo<br />
Mattarella democristiani, che querelarono.<br />
Fu un processo-scandalo: durò sette anni e<br />
finì con una condanna non scontata in carcere<br />
per amnistia.<br />
Anche in questo caso valeva la testimonianza<br />
pubblica: non si poteva dire che<br />
non si sapeva che cosa fosse la mafia.<br />
“Subire e tacere è peggio del ricatto”<br />
Ai tempi di Trappeto e del "Borgo di<br />
Dio" non si parlava comunemente di "mafia",<br />
si usava il più anodino "banditismo".<br />
Ma Dolci denuncia fin dagli anni Cinquanta<br />
che in quel paese di 3.000 anime,<br />
in cinque anni un mugnaio era stato sequestrato<br />
tre settimane "per 20 milioni", si<br />
era verificata una ventina di estorsioni<br />
forti, oltre ad una cinquantina per cifre inferiori<br />
al milione.<br />
Nessun dubbio, dunque, sulla qualità<br />
della presenza criminale. Ma "subire e tacere"<br />
è peggio del ricatto. Dolci non si<br />
stancò , come è noto, di denunciare e fare<br />
digiuni di protesta: altrimenti "mi vergognerei<br />
di sopravvivere".<br />
Noi non ci vergogniamo abbastanza.<br />
Ma non noi di Palermo o di Partinico,<br />
bensì noi di Milano, di Modena. Di Roma.<br />
Eppure viviamo nell' "età della conoscenza".<br />
“C'è chi insegna / guidando gli altri<br />
come cavalli / passo per passo: / forse c'è<br />
chi si sente soddisfatto / così guidato. /<br />
C'è chi insegna lodando / quanto trova di<br />
buono e divertente: / c'è pure chi si sente<br />
soddisfatto se si sente incoraggiato. / C'è<br />
pure chi educa senza nascondere / l'assurdo<br />
che è nel mondo, aperto ad ogni / sviluppo,<br />
ma cercando / d'essere franco<br />
all'altro come a sé, / sognando gli altri<br />
come ora non sono: / ciascuno cresce solo<br />
se sognato”<br />
(Poema umano, Einaudi, 1974)<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 71
www.isiciliani.it<br />
Chiesa<br />
Un decreto<br />
contro la mafia<br />
Ma c'è chi fa finta di<br />
non sentire...<br />
di Salvo Ognibene<br />
www.diecieventicinque.it<br />
«Non possono essere accolti coloro<br />
che si sono resi colpevoli di reati<br />
disonorevoli o che con il loro<br />
comportamento provocano scandalo;<br />
coloro che appartengono ad<br />
associazioni di stampo mafioso o ad<br />
associazioni più o meno segrete<br />
contrarie ai valori evangelici ed hanno<br />
avuto sentenza di condanna per delitti<br />
non colposi passata in giudicato».<br />
Il decreto dell’arcivescovo di Monreale,<br />
mons. Michele Pennisi, rappresenta un<br />
vero e netto spartiacque nel rapporto tra<br />
mafia e Chiesa.<br />
E' il primo documento che ha la forza<br />
per intervenire, veramente, sia in modo<br />
formale ma soprattutto in modo<br />
sostanziale, a bloccare quel processo di<br />
“cattolicizzazione dei mafiosi”.<br />
Aveva fatto scalpore, lo scorso anno, il<br />
decreto del vescovo di Acireale, mons.<br />
Antonino Raspanti, che vietava le<br />
pubbliche esequie ai soggetti condannati<br />
per mafia. Un documento rivoluzionario<br />
sul tema, che agisce post mortem, sempre<br />
che prima non si fosse verificato un<br />
pentimento (e quindi un ravvedimento)<br />
durante la vita degli stessi. Il decreto<br />
emanato da Pennisi, rompe, senza alcuno<br />
indugio, il rapporto tra mafia, Chiesa e<br />
quei “fedeli” che grazie alle confraternite<br />
riescono ad accaparrarsi quella<br />
legittimazione sociali derivante dalla<br />
presenza alle feste religiose.<br />
Del resto, ed è bene ricordarlo, questo<br />
decreto è stato reso necessario dopo i fatti<br />
che hanno coinvolto la Confraternita delle<br />
Anime Sante di piazza Ingastone, a<br />
Palermo, e l’arresto del suo superiore,<br />
Stefano Comandè. Pregiudicato per droga<br />
e boss di “cosa nostra”, è stato arrestato il<br />
19 aprile scorso, nel bel mezzo dei riti<br />
pasquali.<br />
Poche ore prima dell'arresto...<br />
Proprio poche ore prima dell’arresto,<br />
durante la solenne funzione religiosa del<br />
Venerdì Santo, Comandè portava in<br />
processione le statue del Cristo morto e di<br />
Maria addolorata. E ancora qualche<br />
giorno prima, accompagnava con il<br />
gonfalone della sua confraternita, il<br />
defunto boss Giuseppe Di Giacomo,<br />
freddato mentre stava rientrando verso<br />
casa. Un funerale di “mafia”, con gli<br />
onori del caso e nuovi e vecchi padrini<br />
dietro al feretro.<br />
In seguito a questi fatti e al successivo<br />
silenzio di Paolo Romeo, cardinale di Palermo<br />
(silenzio che dopo due settimane<br />
dall’arresto di Comandè comportava che<br />
questi manteneva ancora il posto di superiore<br />
della Confraternita delle Anime Sante),<br />
interveniva proprio Pennisi che durante<br />
un convegno a Monreale sull’importanza<br />
delle stesse confraternita in relazione al<br />
territorio asseriva: «Tutti coloro che appartengono<br />
ad associazioni di stampo mafioso<br />
o ad associazioni più o meno segrete<br />
contrarie ai valori evangelici non possono<br />
Chiesa<br />
La Madonna non s'inchina<br />
dinanzi alla mafia<br />
di don Ezio Coco<br />
parroco di S.Cristoforo alle Sciare, Catania<br />
Abbiamo tutti partecipato allo scandalo mediatico dell’inchino<br />
della statua della “Madonna delle grazie” dinanzi alla casa del<br />
boss Peppe Mazzagatti, durante la processione a Oppido Mamertina<br />
in Calabria.<br />
È un gesto paradossale perchè comprendiamo come strida questo<br />
segno “religioso” con il messaggio rivoluzionario del Vangelo<br />
che invece proclama, in maniera incontrovertibile, la liberazione<br />
dei poveri e degli oppressi. Sembrerebbe quasi che si sia “costretta”<br />
la Madonna a compiere questo gesto, ma tutto ciò ci fa sorridere,<br />
anzi ridere, uno scherzo beffardo, pensando all’immagine di<br />
quella giovane vergine che dice incondizionatamente “sì” alla volontà<br />
di Dio per compiere il Suo progetto di liberazione a favore<br />
del Suo popolo.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 72<br />
Nonostante il mio modesto parere possa sembrare di parte per il<br />
ruolo che ricopro, ritengo che in queste occasioni si additi con faciloneria<br />
la Chiesa come unica responsabile, dimenticando però,<br />
che queste processioni popolari di statue e di fercoli, sono completamente<br />
gestite da gente che durante i percorsi cittadini si “appropriano”,<br />
nel vero senso della parola, di queste effigi di culto.<br />
Un percorso che potrebbe aiutarci a comprendere con verità le<br />
posizioni della Chiesa in merito, sarebbe quello di rileggere alcuni<br />
ultimi eventi della storia della chiesa, partendo dall’omelia di<br />
Giovanni Paolo II il 9/5/93 ad Agrigento “convertitevi! Un giorno<br />
verrà il giudizio di Dio!”, all’Angelus del 26/5/13 di Papa Francesco,<br />
alla scomunica pronunciata da Papa Francesco il 21/6/14<br />
“La ’ndrangheta è questo, adorazione del male e disprezzo del<br />
bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna<br />
dirgli di no! Coloro che nella loro vita seguono questa strada<br />
di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio:<br />
sono scomunicati!”; a livello locale, il presidente dei vescovi<br />
calabresi, “Bisogna fermare le processioni!”.<br />
Tutto questo per indicare una direzione, un movimento, un desiderio<br />
a cui la Chiesa stessa tende. Ci affidiamo in modo speciale<br />
alla Vergine Maria, che non si inchina ai mafiosi, ma al contrario,<br />
ci sostiene nella lotta contro questo cancro sociale che tanto affligge<br />
e causa morte.
www.isiciliani.it<br />
“Applicando,<br />
semplicemente,<br />
il Vangelo”<br />
Don Giuseppe Diana,<br />
Don Pino Puglisi.<br />
far parte di associazioni religiose, confraternite,<br />
comitati festa o consigli<br />
pastorali». Due giorni dopo Pennisi firmava<br />
il decreto in oggetto e subito dopo<br />
la Curia palermitana lasciava decadere<br />
Comandè dal suo ruolo di superiore della<br />
Confraternita che veniva sospesa a tempo<br />
indeterminato e affidata ad un commissario<br />
visitatore.<br />
Una situazione paradossale ma sicuramente<br />
non è la prima volta che vi sono<br />
delle commistioni di questo genere.<br />
Il caso del boss D'Ambrogio<br />
Per fare alcuni esempi in terra di Sicilia<br />
si potrebbe citare il caso, avvenuto<br />
nell’estate del 2012, del boss Alessandro<br />
D’Ambrogio che con tanto di pettorina,<br />
utile per distinguere i confrati dalla massa,<br />
sfilava dietro la vara della Madonna<br />
del Carmelo nel quartiere di Ballarò, a Palermo.<br />
Una festa religiosa che a Palermo,<br />
é seconda solo a quella della “Santuzza”,<br />
di Santa Rosalia.<br />
In questi due anni, D’Ambrogio, 40<br />
anni e una condanna definitiva per associazione<br />
mafiosa, è tornato in carcere nel<br />
corso dell’operazione Alexander e proprio<br />
pochi giorni fa, mentre lui si ritrovava rinchiuso<br />
nella sezione 41 bis a Novara, la<br />
“Madonna” si è inchinata davanti al covo<br />
del boss, l’ agenzia di pompe funebri della<br />
sua famiglia.<br />
Ma se Comandè è stato rimosso dal suo<br />
ruolo di superiore ad Alessandro<br />
D’Ambrogio, «nessuno l’ha ancora sospeso<br />
dalla confraternita di Ballarò. Anche il<br />
suo vice, Tonino Seranella, è un devoto<br />
speciale della processione di fine luglio,<br />
pure lui due anni fa spingeva la vara per<br />
le strade del popolare mercato palermitano».<br />
Sarebbe auspicabile un maggiore controllo<br />
sui soggetti facenti parte della Confraternita,<br />
anche richiedendo il certificato<br />
penale, se necessario. A differenza di<br />
quanto pensa monsignor Barbaro Scionti,<br />
parroco della basilica cattedrale di Catania,<br />
che così rispondeva in merito alle infiltrazioni<br />
mafiose nel circolo di<br />
Sant’Agata: «Non siamo qui per cacciare<br />
la persone, non possiamo chiedere il certificato<br />
penale a chiunque chieda di entrare<br />
in un’associazione religiosa. La Chiesa<br />
non può imporre questi limiti, ma siamo<br />
chiamati a pronunciarci affinché i suoi<br />
membri siano dei buoni cittadini,<br />
rinnovando le coscienze e fissando delle<br />
regole che ci impegneremo a far<br />
rispettare».<br />
Quello delle infiltrazioni mafiose nelle<br />
Confraternite e la loro strumentalizzazione<br />
per fini diversi da quello del culto cattolico,<br />
non rappresenta però, l’unico fronte<br />
da arginare. Anzi, il problema é molto<br />
più complesso. Il decreto di Pennisi, così<br />
come quello di Raspanti citato all’inizio,<br />
rappresenta l’elemento quasi ultimo per<br />
porre fuori, definitivamente e veramente, i<br />
mafiosi dalla Chiesa.<br />
Incompatibilità religiosa ed etica<br />
Sicuramente può svolgere una funzione<br />
eterrente per giungere al provvedimento<br />
più naturale che la Chiesa nazionale<br />
dovrebbe adottare e su cui ha perso tempo<br />
prezioso: la scomunica. Certo, le parole di<br />
Papa Francesco, forti e precise, non<br />
lasciano dubbi sull’incompatibilità<br />
religiosa ed etica tra la mafia e la Chiesa.<br />
Rimangono parole però a cui nessuna<br />
diocesi, nessun parroco è tenuto a sottostare,<br />
così come accaduto in tutti questi<br />
anni. È arrivato il momento di trasformare<br />
le parole in azioni affinché non accadano<br />
più fatti come quelli avvenuti recentemente<br />
in Calabria, e che per fortuna sono<br />
stati oggetto dell’attenzione dei media nazionali.<br />
Mi riferisco a Oppido Marmetina,<br />
San Procopio e Vibo Valentia.<br />
Escluderli una volta per tutte<br />
Urge, sempre più, un provvedimento<br />
che escluda, una volte e per tutte, i mafiosi<br />
dalla Chiesa. Provvedimento, che dia<br />
attuazione ai buoni intenti di Francesco e<br />
della sua Chiesa e che spieghi come cambiare<br />
l’ordinamento canonico ed ecclesiastico<br />
per evitare l’accesso dei mafiosi alla<br />
comunità ecclesiastica.<br />
Del resto, nel corso degli anni, la varie<br />
Conferenze Episcopali, nazionale e regionali,<br />
hanno prodotto dei buoni documenti<br />
per sancire l’incompatibilità tra la mafia e<br />
la Chiesa. Per questi motivi non c’è più<br />
tempo per aspettare. E ce lo conferma la<br />
beatificatio di Puglisi quale martire della<br />
Chiesa, ucciso in odio alla fede. Proprio<br />
lui, non appena giunto nella sua parrocchia<br />
a Brancaccio, non perse tempo a<br />
sciogliere la Confraternita di San Gaetano<br />
per infiltrazioni mafiose e a mettere fuori<br />
i boss dalla comunità della Chiesa. Chiesa<br />
che ha continuato ad accoglierli e Chiesa<br />
che può dimostrare al suo popolo di aver<br />
sbagliato, prima, e di seguire l’esempio<br />
del suo beato, ora.<br />
Applicando, semplicemente, il Vangelo.<br />
1<br />
S. Palazzolo, Mafia nelle confraternite, Romeo tace e<br />
Pennisi attacca: “Fuori i collusi dalla Chiesa”, palermo.repubblica.it/cronaca/2014/05/03/news/mafia_nelle_confraternite_il_vescovo_pennisi_all_attacco_fuori<br />
_i_collusi_dalla_chiesa-85096000/<br />
2<br />
S. Palazzolo, G. Ruta, La Madonna si inchina al covo<br />
del padrino, processione shock tra i vicoli di Ballarò,<br />
palermo.repubblica.it/cronaca/2014/07/29/news/la_ma<br />
donna_si_inchina_al_covo_del_padrino_processione_<br />
shock_tra_i_vicoli_di_ballar-92633490/?ref=HRER3-<br />
1#gallery-slider=90944559<br />
3<br />
A. Sessa, Sant’Agata, la festa religiosa che “dava la<br />
tessera” al boss Santapaola, www.linkiesta.it/santagata-catania-santapaola#ixzz2iXgn549N<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 73
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Pozzallo<br />
Le stragi<br />
e il Nostrum Mare<br />
Il muro che “difende”<br />
la Fortezza Europa. La<br />
drammatica testimonianza<br />
di Nello Lo Monaco,<br />
della locale Protezione<br />
Civile<br />
di Giuseppe Cugnata<br />
www.generazionezero.org<br />
Gli uomini in tuta bianca e con le mascherine<br />
sono vigili del fuoco. Armati di<br />
motosega, ricavano un varco nel ponte<br />
del peschereccio appena attraccato al<br />
molo. Dalla botola risalgono ad uno ad<br />
uno i cadaveri di quarantacinque uomini,<br />
morti per asfissia durante una delle<br />
tante tratte che dal Nordafrica portano<br />
alle coste siciliane.<br />
Siamo a Pozzallo, alla periferia meridionale<br />
della Sicilia, in quella località che<br />
per numero di sbarchi è seconda forse<br />
solo a Lampedusa e in cui, a ritmo costante,<br />
si consuma la tragedia delle morti in<br />
mare.”<br />
La sensazione che si prova all’inizio è<br />
lo sgomento, ma dopo due minuti si ritorna<br />
alla solita vita, come se nulla fosse”,<br />
dichiara Enzo De Benedittis, gestore della<br />
bottega solidale di Pozzallo, luogo di incontro<br />
per i <strong>giovani</strong> migranti e per gli abitanti<br />
del paese, e continua: “Noi in bottega<br />
ne parliamo molto tra di noi. Per quanto<br />
riguarda i nostri amici africani cala il<br />
silenzio.”<br />
I morti di Pozzallo non sono che la punta<br />
d’iceberg dell’immane tragedia delle<br />
morti in mare che puntualmente si compie<br />
durante l’arco della stagione estiva, quando<br />
il mare è più calmo e la densità degli<br />
sbarchi aumenta. E proprio in seguito ad<br />
un’altra tragedia – stavolta quella del 3 ottobre<br />
del 2013, quando morirono a largo<br />
di Lampedusa quasi quattrocento uomini<br />
– è stata attivata l’operazione “Mare Nostrum”<br />
da parte della Marina Militare italiana,<br />
che prevede la sostituzione del piano<br />
di soccorso della Guardia Costiera, con<br />
un programma di salvataggio in mare da<br />
parte delle navi militari.<br />
Per capire meglio come funziona il nuovo<br />
programma di salvataggio in mare e<br />
come operano, invece, i volontari sulla<br />
terraferma abbiamo intervistato il capo<br />
della Protezione Civile ragusana Nello Lo<br />
Monaco. Pochi giorni dopo l’ennesima –<br />
e non ultima – tragedia del mare.<br />
Il barcone dei migranti<br />
- A soccorrere il barcone con a bordo<br />
i cadaveri dei migranti è stata la “Grecale”,<br />
un’imbarcazione della Marina<br />
Militare: crede che uno dei motivi della<br />
strage possa essere stata una cattiva gestione<br />
dell’operazione di salvataggio?<br />
“Non ho alcun motivo per esprimermi<br />
in questo senso né positivamente né negativamente,<br />
a quanto so la tragedia si era<br />
già consumata quando i militari sono intervenuti”.<br />
L'operazione “Mare Nostrum”<br />
- Il 18 ottobre scorso è stata attivata<br />
l’operazione Mare Nostrum: cos’è cambiato<br />
realmente nella gestione del soccorso<br />
in mare dei migranti?<br />
“La nuova modalità di recupero dei migranti,<br />
che prima venivano intercettati e/o<br />
soccorsi in prossimità delle nostre coste<br />
mentre adesso vengono intercettati in<br />
mare, cambia il quadro delle operazioni e<br />
rende imperativa la predisposizione di un<br />
piano di emergenza per questo evento che<br />
è completamente differente dagli “spiaggiamenti”<br />
delle “carrette del mare”; mi risulta<br />
che la Prefettura abbia allo studio<br />
una revisione del Piano sbarchi del febbraio<br />
2010.<br />
Scheda<br />
EXODUS<br />
6 agosto (ANSA). A Pozzallo arrivati 948 tra uomini donne<br />
e minori. Ad Augusta altri 549. Nella notte a Palermo annuncianti<br />
altri 530 arrivi e ieri sera nel Trapanese un altro sbarco<br />
sulla spiaggia di Triscina...<br />
* * *<br />
Fra il 1988 al 2007 (ultimi dati relativamente certi) almeno<br />
8165 emigranti sono morti nel tentativo di attraversare il Mediterraneo;<br />
per metà di loro non è stato possibe nemmeno recuperare<br />
i corpi. Delle vittime, 2487 erano dirette in Sicilia, 885<br />
in Grecia, 4030 in Spagna.<br />
Dei 245531 emigranti che hanno cercato di sbarcare in Italia<br />
ne sono annegati in totale, secondo il Viminale, 6323.<br />
Il massimo delle vittime accertate, fra quelle che cercavano<br />
di raggiungere il nostro Paese, si è avuto nel 2011 (fughe di<br />
massa per cause di guerra da Tunisia e Libia), quando di 64261<br />
emigranti ne morirono in mare ben 2353.<br />
In Italia, come in molti altri Paesi europei, da tempo l’immigrazione<br />
d’emergenza è vietata per legge.<br />
Viene fra l'altro disattesa di fatto la disposizione costituzionale<br />
(art.10, comma tre) secondo cui “Lo straniero, al quale<br />
sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche<br />
garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto<br />
d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni<br />
stabilite dalla legge”.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 74
www.isiciliani.it<br />
“Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese<br />
l'effettivo esercizio delle libertà democratiche<br />
garantite dalla Costituzione italiana,<br />
ha diritto d'asilo<br />
nel territorio della Repubblica”<br />
Ma a mio avviso più che di revisione si<br />
dovrebbe trattare della redazione di un<br />
nuovo piano, nuovo in quanto si riferisce<br />
a un evento completamente differente; viceversa,<br />
sarebbe come fronteggiare un<br />
evento sismico con un piano di emergenza<br />
per il rischio idrogeologico.<br />
In ogni caso, la Prefettura non ha sinora<br />
ritenuto opportuno il coinvolgimento dei<br />
vari attori dell’emergenza, dimenticando<br />
che la protezione civile è un sistema,<br />
come più volte ribadito nella stessa<br />
legge”.<br />
Mancano mezzi e strutture<br />
- Nelle ore successive alla strage, il<br />
sindaco di Pozzallo, Luigi Ammatuna,<br />
denunciava la mancanza perfino delle<br />
celle frigorifere per i cadaveri dei migranti:<br />
qual è la la situazione reale di<br />
Pozzallo e come riesce la Protezione Civile<br />
a lavorare, nonostante la mancanza<br />
di mezzi e di strutture?<br />
“Non è possibile prevedere in maniera<br />
strutturale celle frigorifere in numero idoneo<br />
a contenere una tale quantità di cadaveri;<br />
la Protezione Civile della Regione<br />
Siciliana, che integra e coordina il “sistema”<br />
di p.c. presente sul territorio, è al momento<br />
carente di mezzi ma soprattutto il<br />
coordinamento è affidato a chi ha autorità<br />
e ritiene di restare da solo nella “stanza<br />
dei bottoni”.<br />
Anche in occasione dell’ultimo evento<br />
disastroso, è stato il Dipartimento Regionale<br />
a reperire, mediante il censimento in<br />
proprio possesso, la struttura della Ex<br />
Provincia e a renderla fruibile in tempi rapidi<br />
mediante l’allertamento dei propri<br />
funzionari.<br />
Il nostro Dipartimento è composto da<br />
varie professionalità, uomini addestrati<br />
alla gestione di varie emergenze, sia in<br />
fase di pianificazione che di prevenzione,<br />
ma questo sembra non essere un requisito<br />
preferenziale”.<br />
L'assenza delle istituzioni<br />
- La Protezione Civile di Ragusa lavora<br />
costantemente per gestire il soccorso<br />
dei migranti: venite sostenuti dalle istituzioni?<br />
“Il sostegno delle istituzioni manca del<br />
tutto per quanto attiene alla parte finanziaria,<br />
e spesso assistiamo sconcertati anche<br />
a richieste di materiali e mezzi, o prestazioni,<br />
con la pretesa che la protezione civile<br />
debba e possa provvedere a tutto, che<br />
si tratti di attrezzature o uomini disponibili<br />
a farsi carico di ogni cosa (anche il trasporto<br />
di rifiuti speciali); dimenticando<br />
che la nostra principale risorsa è data dai<br />
volontari, che dedicano il proprio tempo<br />
ed energia a colmare le inadempienze della<br />
macchina pubblica, ma che non possono<br />
comprensibilmente investire anche i<br />
propri soldi.<br />
Andrebbe tributato il massimo plauso e<br />
ringraziamento a queste persone che troppo<br />
spesso vengono invece bistrattate e<br />
considerate alla stregua della servitù in un<br />
palazzo nobiliare, un atteggiamento discutibile<br />
che mette in dubbio legittimamente<br />
la collaborazione del volontariato ad attività<br />
che andrebbero pianificate e organizzate<br />
in maniera strutturata.<br />
Come mai si impiegano i militari (Marina)<br />
nelle operazioni di mare, e al momento<br />
dello sbarco, a terra, non ci sono altri<br />
militari (Esercito) a fornire bus, tende,<br />
medici?<br />
E come mai troppo spesso le navi militari<br />
non attraccano al porto, rendendo le<br />
operazioni di sbarco dai tempi incerti e<br />
quadruplicati a causa dei trasbordi?”.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 75
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Ecomafie<br />
Torna la Summer School<br />
La scuola di lotta al crimine<br />
organizzato gestita<br />
dalla Facoltà di sociologia<br />
dell'Università<br />
di Milano: quest'anno<br />
si fa il punto sulle ecomafie<br />
Dopo la prima, la seconda e la terza edizione,<br />
torna la Summer School in Organized<br />
Crime. Quest’anno l’attenzione sarà<br />
dedicata al tema delle Ecomafie, attualissimo<br />
e pressante. Abbiamo chiesto al suo<br />
direttore, Nando dalla Chiesa, il perchè di<br />
questa scelta: “Ecomafie perché è la questione<br />
che sta esplodendo in tutti i modi:<br />
dall’uso e abuso del suolo all’inquinamento,<br />
dallo smaltimento dei rifiuti tossici<br />
(la terra dei fuochi…) alle agromafie,<br />
all’eolico… Insomma: ambiente, cibo, salute…mai<br />
così in profondità”. Questa<br />
quarta edizione, che si terrà presso la Facoltà<br />
di Scienze Politiche Economiche e<br />
Sociali dell’Università degli Studi di Milano<br />
dall’8 al 12 settembre, pone molti<br />
importanti interrogativi su cui vale la pena<br />
riflettere. Se volete informarvi sul programma,<br />
sui costi e sulle modalità di iscrizione,<br />
potete cliccare qui.<br />
http://www.stampoantimafioso.it/2014/07/<br />
19/ecomafie-torna-summer-school-inorganized-crime/#sthash.ZfxGmb0H.dpuf<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 76
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Pianeta<br />
Le banche<br />
contro Bitcoin<br />
La moneta senza banche<br />
Trend, tecnologia, applicazioni, mercati<br />
Tutto sul bitcoin, in tempo reale<br />
Un bancomat<br />
per bitcoin<br />
Unicredit chiude il conto<br />
bancario a Bitstamp.<br />
Novità sulla Bitlicense<br />
a New York<br />
di Fabio Vita<br />
www.bitcoinquotidiano.com<br />
Una delle cause della recente stagnazione<br />
di prezzo di bitcoin, attorno ai<br />
500 dollari, viene attribuita ai problemi<br />
bancari di Bitstamp; il principale exchange<br />
bitcoin in occidente per liquidità<br />
e volumi (quanti soldi ci stanno dentro<br />
e quanti ne vengono scambiati).<br />
Unicredit, nel dettaglio Unicredit banka<br />
Slovenija d.d., ha chiuso, sembra senza<br />
fornire spiegazioni l'account bancario di<br />
Bitstamp; compagnia slovena con sede<br />
nel Regno Unito, che utilizzava Unicredit<br />
come base europea per i bonifici, sostituita,<br />
ma non senza creare disagi per i bonifici<br />
già in corso, con la terza banca svizzera<br />
Raiffeisen (usando la sede austrica).<br />
La scelta di questa banca ha suscitato<br />
stupore e perplessità nella comunità Bitcoin,<br />
proprio perchè un memorandum interno<br />
di Raiffeisen contro Bitcoin uscito<br />
su Reddit nell'aprile scorso; in cui si diceva<br />
tra le altre cose: "per la vostra sicurezza<br />
raccomandiamo a tutti gli impiegati di<br />
astenersi dal minare, comprare o vendere<br />
bitcoin"). Ora il principale exchange occidentale<br />
(ma Kraken e Bitfinex potrebbero<br />
in breve mostrarsi come piattaforme più<br />
mature) si poggia proprio su di loro.<br />
Bitlicence<br />
Mentre la California nel giugno scorso<br />
ha cambiato le poprie leggi monetarie<br />
vecchie di qualche secolo; prima era possibile<br />
accettare solo dollari in pagamento;<br />
adesso criptomonete come Bitcoin, Litecoin,<br />
Dogecoin, ma anche monete delle<br />
multinazionali: come Amazon Coin e<br />
Starbucks Stars.<br />
New York invece propone una regolamentazione<br />
di Bitcoin (chiamata Bitlicense<br />
perchè le aziende che operano con bitcoin<br />
a New York dovranno registrarsi e attenersi<br />
alla regolamentazione).<br />
La proposta ha creato subito aspre e<br />
estese polemiche. Tante nuove aziende,<br />
principalmente della Silicon Valley, hanno<br />
raccolto finanziamenti per centinaia di<br />
migliai di dollari, (nel solo 2014 più di<br />
250 milioni di dollari) numeri superiori a<br />
quelli raccolti dalle aziende nei primi anni<br />
di Internet.<br />
Le loro proteste hanno già portato il<br />
procuratore, Benjamin Lawsky, (del New<br />
York Department of Financial Services.<br />
NYDFS) a prendere altri 45 giorni di tempo<br />
e a fare una serie di precisazioni. Intervistato<br />
da Coindesk dichiara che "è stato<br />
impressionato dal numero di aziende e<br />
singoli che prendono seriamente l'industria<br />
e seguono con attenzione la tecnologia<br />
che gli sta dietro". Il suo dipartimento<br />
– precisa - non cerca l'approvazione di<br />
ogni pezzo di codice creato dalle aziende<br />
che operano con Bitcoin, anche se le parole<br />
usate prima potevano lasciare questa interpretazione.<br />
"I creatori di software non devono chiedersi<br />
se si applica a loro la Bitlicense, infatti<br />
non si applica a loro, ma vale per gli<br />
intermediari finanziarsi". "Noi – aggiunge<br />
- non siamo il tipo di agenzia che pensa di<br />
avere il monopolio della verità e fare sempre<br />
la cosa giusta.<br />
Ci sentiamo<br />
forti su<br />
molte delle<br />
disposizioni<br />
contenute<br />
nei regolamenti<br />
proposti<br />
ma<br />
sappiamo anche che ci potrebbero essere<br />
cose che possiamo migliorare". "Se facciamo<br />
le cose giuste, penso che le prospettive<br />
per la monete elettronica in una<br />
forma o in un'altra sono ottime nello stato<br />
di New York, ma dovremo fare una cosa<br />
alla volta, giorno per giorno".<br />
Ue su Bitcoin e Iva<br />
La Corte di Giustizia dell'Unione europea<br />
(Cgue) sta considerando se debbano<br />
essere aggiunte o meno tasse come l'Iva<br />
per gli exchange di monete digitali.<br />
La domanda è stata presentata alla Cgue<br />
dalla Svezia a giugno di quest'anno. Estoban<br />
van Goor, avvocato specialista in tasse<br />
europee, avvisa che la corte potrebbe<br />
impiegare anche più di due anni per prendere<br />
una decisione; il risultato della dicisione<br />
avrebbe valore per l'intera Unione<br />
Europea. Altrove, sempre in Europa, il<br />
Regno Unito aveva già esplicitamente dichiarato<br />
a marzo che il trading di Bitcoin<br />
è esente da Iva.<br />
Link:<br />
http://www.reddit.com/r/Bitcoin/comments/22i76<br />
8/raiffeisen_bank_international_internal_memo/<br />
http://www.coindesk.com/price-bitcoin-falls-500-<br />
lowest-level-since-may/<br />
http://www.coindesk.com/ben-lawsky-bitcoinregulation/<br />
http://www.coindesk.com/europe-inchestowards-decision-bitcoin-vat/<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 77
www.isiciliani.it<br />
DA’ UNA MANO<br />
AI SICILIANI GIOVANI:<br />
IT 28 B 05018 04600<br />
000000148119 BANCA ETICA<br />
oppure: C/C 0010008725614<br />
Assoc.Culturale I Siciloiani Giovani<br />
via Cordai 47 Catania<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 78
www.isiciliani.it<br />
Storie<br />
La leggenda<br />
del beato Matteo<br />
dajackdaniel.blogspot.it/<br />
Narrasi che il Beato Matteo, ascesa la collina de<br />
lo Fiesole, la città di Florentia giuso rimirasse...<br />
di Jack Daniel<br />
Narran le chronicae come qualmente<br />
‘l Beato Matteo iovane ascendesse a la<br />
collina de lo Fiesole, et ivi stando e la<br />
cittade di Florentia giuso rimirando,<br />
vide ch’ella cittade repleta era da vitii<br />
et dimoni et in cor suo ripromisesi di<br />
mondarla d’onne peccata.<br />
L’erta collina discendendo, capitolli<br />
d’imbattersi in povero tapino, da<br />
molt’anni ormai di scrofola paziente, e ‘l<br />
Beato Matteo, le mani imposte sul suo<br />
capo, tosto ‘l<br />
sanò. Et avvenne<br />
puro, dismesso ‘l<br />
scrofoloso, che in<br />
passerotti, merli,<br />
cinciallegre, pettirossi<br />
et financo in<br />
uno Albatros de le<br />
Galapagos s’imbattette e con ciascheduno<br />
d’essi uccelli amenamente disquisì d’Aristotile<br />
et Platone non disdegnando l’economica<br />
congiuntura.<br />
Repente la Fama di tali prodigi diffusesi<br />
nel contado e, saio vestita, s’avanzò la<br />
Beata Maria Elena a implorar considerazione.<br />
L’ebbe, e subitamente principiò<br />
quel pio Ordine delle Boschive, ch’ a riformar<br />
lo Mundo cum implorazioni et decretazioni<br />
si votò.<br />
Nell’appressarsi a le mura di Florentia,<br />
cospicua moltitudine s’approprinquò, le<br />
Porte aprendo e le chiavi donando e primus<br />
super alios nomandolo.<br />
Non giunto era anchora a la Signoria<br />
ch’ecco una voce di plurimo cencioso alta<br />
levossi “Guai a te, anima prava”.<br />
Venia, il cencioso, d’oltre Ponte Vecchio,<br />
anima assatanata, che il mondo in<br />
genere, e il capitalismo in specie avea in<br />
gran dispitto. Erat elli da li sette demoni<br />
de lo socialismo posseduto sì da bestemmiar<br />
le presenti cose et le sorti magnifiche<br />
e progressive.<br />
“Guai a te, anima prava!”<br />
Avea in juventude la rossa bandiera levata<br />
e di rivoluzion fantasticato ma, a tarda<br />
età ormai giunto, raminghi gl’ideali,<br />
s’accostumava a trascorrer breve vecchiezza<br />
maledicendo li maggior sui ch’a<br />
sperar lo crebbero. Bestemmiava l’ordine<br />
e ‘l sistema ma, deficitando l’uno et<br />
l’altro di presenziare, s’appagava nel contumeliar<br />
ciascheduno che incautamente<br />
transitasse per sua via.<br />
Da lunge dismesse le speranze di mutar<br />
del mondo ‘l destino, non s’era del tutto<br />
placato ‘l desio di mutar lo destino suo.<br />
Che, siccome insegnaci Eraclito, a inseguir<br />
vani ideali sovente s’abrinunzia a<br />
concreti guadagni. Era poi l’Eraclito? O<br />
forse trattavasi del Briatore, l’illustre pensatore<br />
coevo del Beato?<br />
Come che sia, capitovvi in sui passi ‘l<br />
Beato Matteo lo quale, pur riprovato e<br />
contumeliato siccome costumanza,<br />
s’appressò al posseduto e mirandolo in<br />
angustie domandolli s’elli di minestra abbisognasse.<br />
E ‘l satanasse, mal intendendo “Ministero<br />
dici?”<br />
“Oh no, intendea minestra”.<br />
Al che l’ossesso, rassettandosi “Sia Ministra,<br />
se tal dee esser, acconcerommi<br />
all’uopo”.<br />
E ‘l Beato, levati gl’occhi al Cielo<br />
“Minestra, dicea, ma cosa fia una vocale<br />
dianzi all’avvenir?”.<br />
E fu questa la prima conversion che<br />
l’aurea historia ci tramanda de le molti e<br />
molti che seguiron nelli tempi avvenire.<br />
Dopo picciol tempo, sanata e mondata<br />
et in fide mani lasciata Florentia,<br />
s’incamminaron su la Francigena che<br />
mena a Roma per la Toscana.<br />
Et ivi giunti l’ossesso di minestre si saziò<br />
e ‘l Beato Matteo miracol mostrò, a<br />
principiar da la moltiplicazion de le mercedi<br />
con la trasmutazion del nulla in octaginta<br />
euri e della mirifica apparizion d’un<br />
bastimento inabissato nel porto di Genua.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 79
www.isiciliani.it<br />
Bologna<br />
Reti di memorie:<br />
2 agosto 1980-2014<br />
Info:<br />
www.prendiparte-bo.it<br />
www.piantiamolamemoria.org<br />
www.diecieventicinque.it<br />
Gruppo fb:<br />
www.facebook.com/groups/587095351403343/<br />
Un'iniziativa di tre associazioni<br />
bolognesi<br />
per i trentaquattro anni<br />
dalla strage alla Stazione<br />
che coinvolge l'intera<br />
cittadinanza, non<br />
solo bolognese<br />
di Valeria Grimaldi<br />
www.diecieventicinque.it<br />
Insieme alle associazioni PrendiParte e<br />
Piantiamolamemoria, la nostra redazione<br />
è stata coinvolta nell'organizzazione di<br />
un'iniziativa per il giorno della commemoriazione<br />
della strage.<br />
Dopo una serie di incontri organizzativi,<br />
l'idea che si è voluta rappresentare è stata<br />
quella della “rete”, a partire da una foto<br />
ritrovata tra gli archivi dell'Associazione<br />
familiari delle Vittime che riprende una<br />
rete metallica issata per dividere l'ala ovest<br />
colpita dalla bomba e la zona antistante<br />
la stazione, sulla quale i cittadini bolognesi<br />
si ritrovarono ad appendere oggetti,<br />
foto e simboli di cordoglio, dolore e vicinanza<br />
per l'evento che aveva colpito la<br />
cittadinanza.<br />
Si vuole ricostruire questa rete, insieme<br />
all'intreccio di una rete più moderna: la<br />
rete di internet.<br />
E' stato infatti creato un gruppo facebook<br />
dove chiunque può iscriversi e raccontare<br />
proprie impressioni, ricordi di<br />
quel tragico 2 agosto; ma soprattutto, pubblicare<br />
foto degli oggetti che si vorrebbero<br />
appendere sulla rete che sarà fisicamente<br />
allestita il giorno della commemorazione.<br />
Chi potrà esserci fisicamente appenderà<br />
l'oggetto che ha scelto, chi non ci<br />
sarà lo vedrà comunque raffigurato. E'<br />
quindi un'iniziativa estesa non soltanto<br />
alla cittadinana bolognese e dell'Emilia-<br />
Romagna, ma a tutta Italia, proprio per<br />
esprimere l'idea della rete che unisce persone<br />
e tempi tra lodo distanti.<br />
Riportiamo qui la descrizione dell'evento<br />
e invitiamo chiunque voglia a condividere<br />
e a partecipare.<br />
Un oggetto di quel giorno<br />
“Una rete metallica, trentaquattro anni<br />
fa, separava la zona colpita dalla strage<br />
dal piazzale davanti alla stazione. Su<br />
quella rete tanti cittadini vollero esprimere<br />
il loro dolore annodando fazzoletti, appendendo<br />
fogli e riquadri. I bolognesi la<br />
chiamavano “rete del pianto”.<br />
Quella rete (ma non quella memoria!)<br />
purtroppo è andata perduta.<br />
Trentaquattro anni dopo vogliamo ricostruirla,<br />
insieme a voi. Sabato 2 agosto<br />
2014, alla commemorazione della strage,<br />
un'altra rete è stata eretta nei pressi della<br />
stazione: su di essa chiunque - da qualunque<br />
parte di Bologna, dell'Emilia-Romagna<br />
o del mondo provenga - potrà venire<br />
ad appendere alla rete un oggetto che gli<br />
ricordi quel giorno, quella strage, quelle<br />
85 vittime, o che semplicemente lo leghi<br />
ad essa da un profondo senso del ricordo.<br />
Chi c'era e chi non era ancora nato, chi si<br />
trovava nelle vicinanze o invece da<br />
tutt'altra parte. Chi non potrà veire a Bologna<br />
può utilizzare questa bacheca per “appendere”<br />
foto, pensieri, canzoni...<br />
Per riannodare i fili di una storia che ha<br />
colpito tutti. Per ricostruire una rete tra<br />
presente e passato. Per rafforzare un legame<br />
fra le persone che, dopo 34 anni, chiedono<br />
ancora verità e giustizia. Perché,<br />
come disse Torquato Secci, primo presidente<br />
dell'Associazione Familiari delle<br />
Vittime, alla prima commemorazione, il 2<br />
agosto 1981:<br />
“Un Paese che rinuncia alla speranza di<br />
avere giustizia ha rinunciato non soltanto<br />
alle proprie leggi, ma alla sua storia stessa.<br />
Per questo severamente, ma soprattutto<br />
ostinatamente, aspettiamo.”<br />
E ALLORA, TU: COSA RICORDI<br />
DEL 2 AGOSTO 1980?<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 80
www.isiciliani.it<br />
Questionario/ Chiesa, mafia e religione<br />
Mafia: cosa ne pensa<br />
la comunità dei fedeli?<br />
“La scomunica per i<br />
mafiosi è necessaria?<br />
di Salvo Ognibene<br />
www.diecieventicinque.it<br />
Sesso [] F [] M<br />
Residenza ................................<br />
Età ...............................<br />
Data ................................<br />
Praticante [] Si [] No<br />
1. Quante volte frequenta la Chiesa<br />
durante la settimana?<br />
[] Nessuna<br />
[] Soltanto la Domenica<br />
[] Meno di tre giorni<br />
[] Tutti i giorni<br />
2. Secondo lei, è più importanti essere<br />
credibili o credenti?<br />
[] Credenti<br />
[] Credibili<br />
3. Si definisce più cattolico o più<br />
cristiano?<br />
[] Cattolico<br />
[] Cristiano<br />
[] È uguale<br />
[] Non so la differenza<br />
4. Devozione e fede sono sinonimi?<br />
[] Si [] No<br />
5. Secondo lei il maggior male della<br />
società è la mafia?<br />
[] Si [] No<br />
6. Se la risposta è no, qual è secondo lei<br />
il maggior male della società?<br />
…………………………..........................<br />
..................................................................<br />
..................................................................<br />
7. Secondo lei è giusto “accogliere”<br />
all’interno della comunità della Chiesa<br />
persone che nonostante i tanti mali<br />
compiuti non si siano mai ravveduti?<br />
[] Si [] No<br />
8. Secondo lei in cosa consiste il<br />
pentimento?<br />
…………………………..........................<br />
..................................................................<br />
..................................................................<br />
..................................................................<br />
9. C’è differenza tra massoneria e mafia?<br />
[] Si [] No<br />
10. Se la risposta è sì, è più grave<br />
appartenere alla massoneria o alla mafia?<br />
[] massoneria<br />
[] mafia<br />
[] entrambe [] nessuna<br />
11. La scomunica per i mafiosi é<br />
necessaria?<br />
[] Si [] No<br />
[] Sono scomunicati<br />
[] Non sono scomunicati<br />
12. Se durante la santa messa il prete<br />
somministrasse il sacramento della<br />
comunione a un mafioso, lei rimarrebbe<br />
indifferente?<br />
[] Si [] No [] Farei notare il fatto<br />
13. Lo sa che in molte processioni<br />
religiose, le statue vengono portate a<br />
spalla da adepti alla mafia?<br />
[] Si [] No [] Non è vero<br />
14. Ha mai notato episodi del genere?<br />
[] Si [] No<br />
15. É a conoscenza del fatto che alcune<br />
confraternite sono gestite dai clan o dai<br />
boss stessi?<br />
[] Si [] No<br />
16. Secondo lei una persona condannata<br />
per favoreggiamento alla mafia o per<br />
concorso esterno in associazione mafiosa<br />
che non si è mai pentita di quanto fatto, è<br />
meritevole di appartenere alla sua stessa<br />
comunità da cui le derivano i diritti<br />
concessi ad un fedele di Dio?<br />
[] Si [] No<br />
17. E se in mancanza di una condanna si<br />
accertassero comunque gravi fatti che<br />
riconducono il soggetto ad ambienti più<br />
o meno vicini a quelli mafiosi da cui<br />
l’organizzazione criminale ne consegue<br />
sicuramente un vantaggio?<br />
[] Si [] No<br />
18. Crede sia giusto concedere i funerali<br />
(in forma pubblica) ai condannati per<br />
reati di mafia?<br />
[] Si [] No<br />
19. Crede che la Chiesa abbia nascosto<br />
delle verità sui misteri che l’avvolgono?<br />
[] Si [] No [] Sono tutte menzogne<br />
20. Lo sa che all’interno dello IOR<br />
(Istituto per le Opere Religiose) sono<br />
stati riciclati i soldi della mafia?<br />
[] Si [] No<br />
Le informazioni ricavate tramite questo<br />
questionario saranno utilizzate in forma del<br />
tutto anonima per uno studio sul rapporto tra<br />
Chiesa, mafia e religione. Non ci sono risposte<br />
corrette o errate, pertanto la invitiamo a<br />
rispondere con la massima sincerità,<br />
rispettando le proprie opinioni personali.<br />
È possibile barrare una o più caselle.<br />
La invitiamo a inviare il questionario<br />
compilato a:<br />
ognibene.salvatore@libero.it<br />
La ringraziamo anticipatamente per la<br />
collaborazione e la disponibilità.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 81
www.isiciliani.it<br />
Giornalismo/ Baldoni<br />
“Chi sogna di giorno<br />
vede molte più cose”<br />
Il 26 agosto 2004 veniva<br />
ucciso in Iraq<br />
Enzo Baldoni, uno<br />
dei più interessanti<br />
giornalisti del nostro<br />
tempo. Lo ricordiamo<br />
con i suoi post di allora<br />
sulla “Catena di<br />
San Libero”, l'e-zine<br />
indipendente antenata<br />
dei twitter d'informazione<br />
di oggi<br />
*<br />
La Catena di San Libero<br />
3 agosto 2004 n. 242<br />
Enzo Baldoni wrote:<br />
< L'americano coi baffoni da tricheco si<br />
sposta al mio fianco. Attacchiamo discorso.<br />
E' del Texas, si chiama Lee e, come<br />
immaginavo, è un contractor che sta andando<br />
a Baghdad. Lavorerà a rimettere in<br />
piedi una fabbrica di corn flakes per la<br />
Kellog's. Ha già lavorato in Cile, in Brasile,<br />
in Colombia. Molto americano: prima i<br />
Bradley, poi i Caterpillar. E' convinto di<br />
riportare la libertà all'Iraq. Gli iracheni<br />
sono contenti che noi americani siamo intervenuti,<br />
dice. E probabilmente, per una<br />
buona fetta della popolazione, è anche<br />
vero. Nel cuore tatuato sul braccio sono<br />
incise tre lettere: "L.A.L." Qualche società<br />
segreta? Ma no. Più modestamente,<br />
sono le iniziali di Lee And Linda: "Venticinque<br />
anni di matrimonio e una figlia di<br />
diciassette anni" borbotta con orgoglio.<br />
Ha l'aria di un brav'uomo><br />
Bookmark: bloghdad.splinder.com<br />
______________________________<br />
10 agosto<br />
Enzo Baldoni, from Bagdad, wrote:<br />
< Finalmente ho un angelo custode. Si<br />
chiama Ghareeb, è palestinese, è molto<br />
bene introdotto nei posti che contano e di<br />
più non posso dire. Come l'ho conosciuto?<br />
Un colpo di culo, e che altro? Stasera, finalmente<br />
a cena fuori dal compound del<br />
Palestine - Sheraton, che è pesantemente<br />
controllato dagli americani e dalla neonata<br />
polizia irachena. Ceniamo in un kebab<br />
sulla strada, nessuno parla inglese, non<br />
esistono menù e nemmeno la birra, ma il<br />
pollo è delizioso (si mangia con le mani,<br />
chiaro).<br />
Ghareeb è ingegnere, è intelligente e<br />
molto colto, come gran parte dei palestinesi,<br />
parla un discreto inglese e conosce<br />
bene la storia. Una compagnia piacevole.<br />
E poi è più grosso di me e somiglia moltissimo<br />
a un certo Giodi di cui sono molto<br />
amico. Cosa chiedere di più alla vita?<br />
Lontano scoppia una bomba. Poi<br />
un'altra. Poi un'altra. Allora cominciamo a<br />
contare.<br />
Booom! - Quattro.<br />
Boom! - Cinque.<br />
Booom! - Sei.<br />
Boom! - Sette.<br />
Questa è la reazione alla conferenza<br />
stampa del primo ministro Allawi, che<br />
oggi non ha dato la minima chance alla<br />
resistenza: ha detto che sono fuorilegge,<br />
che saranno cacciati e arrestati.<br />
Boom! - Otto. Mmmm ... As Sadr sta<br />
veramente incazzato.Nella Zona verde<br />
partono le sirene.<br />
- Le suonano adesso, le sirene: a chi è<br />
ferito non serviranno gran che.<br />
Boom! - Nove.<br />
Passano veloci quattro Humvees dell'<br />
esercito Usa, saettando un faro sulla folla.<br />
Sembra che scappino. Tutti gli avventori<br />
del ristorante mettono si a ridere e<br />
schiaazzano all'indirizzo degli americani.<br />
Boom! - Dieci.<br />
La gente è tranquilla, continua a mangiare<br />
e a ridere. I missili sono diretti sulla<br />
Zona Verde, quartier generale dei sempre<br />
più odiati statunitensi.<br />
Boom! - Undici.<br />
Boom! - Dodici.<br />
Dodici bombe nel giro di un'ora. Difficile<br />
sottovalutarne il significato.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 82
www.isiciliani.it<br />
“Dove non c'è<br />
l'attenzione dei<br />
media le cose<br />
non succedono,<br />
la gente non muore”<br />
Fantastici americani. In un anno di arroganza,<br />
violenza, maltrattamenti in carcere,<br />
arresti illegali e disordini sono riusciti a<br />
sprecare tutto il capitale di credibilità che<br />
si erano costruiti con la cacciata di<br />
Saddam. Adesso anche chi li aveva festeggiati<br />
all'arrivo non aspetta altro che si<br />
tolgano dai coglioni. ><br />
Bookmark: bloghdad.splinder.com<br />
______________________________<br />
17 agosto<br />
Enzo Baldoni, Bagdad, wrote:<br />
< Si parla tanto di Najaf, giustamente.<br />
Ma nel frattempo nessuno dice che, a Kut,<br />
ci sono state decine di morti per i bombardamenti<br />
dgli F 16. E' che dove non c'è<br />
l'attenzione dei media le cose non succedono,<br />
la gente non muore ><br />
* * *<br />
< Sono nella sede della CRI di Baghdad,<br />
l'unico centro iracheno dove si curano<br />
i grandi ustionati. Ho ancora nelle<br />
orecchie le urla di due soldatini iracheni<br />
orribilmente bruciati dal "fuoco amico"<br />
degli F16. Il personale qui è ammirevole,<br />
non si risparmia. Stanno caricando camion<br />
e ambulanze di medicinali destinati<br />
a Najaf. Hanno già l'autorizzazione delle<br />
autorità islamiche.<br />
Ma più di tutti hanno paura degli americani,<br />
che hanno il curioso vizietto di sparare<br />
sulle ambulanze. Partiranno appena<br />
avuta la clearance. Assieme al convoglio<br />
va Pino Scaccia, della RAI e uno sconosciuto<br />
Volontario del Soccorso con un<br />
gran culo ><br />
* * *<br />
< ...Anna è un'infermiera volontaria di<br />
Messina, una bella faccia italiana, sorridente<br />
e concreta: "Lo stress più grande,<br />
per noi, sono i bambini. Arrivano qui,<br />
ustionati, hanno dolori terribili, urlano,<br />
piangono: come fai a non affezionarti? Le<br />
loro mamme sono dolcissime, fra donne<br />
ci capiamo. Ma ne abbiamo persi tre, in<br />
questi ultimi giorni. E questo pesa, pesa.<br />
Siamo quasi tutte mamme anche noi".<br />
Beppe: "Anche qui ci sono i pregiudizi.<br />
Tempo fa una donna m'ha detto, baciandomi<br />
le mani (e ero imbarazzato): "Grazie,<br />
grazie per aver salvato la mia bambina.<br />
Mi avevano detto che voi cristiani<br />
avete il cuore nero. Ho scoperto che non è<br />
vero". Ecco, queste sono le cose che ci<br />
aiutano a tirare avanti" ><br />
* * *<br />
< Facciamo in giro per i reparti. Ci avviciniamo<br />
a un piccolo paziente sdraiato.<br />
Vicino a lui c'è il papà, un bel signore<br />
elegante nella sua lunga dishdasha blu.<br />
Lo chiama: "Ahmed? Ahmed? Guarda<br />
questo signore italiano che ti vuol fare<br />
la fotografia!". Io vorrei dire: no, no,<br />
lasciatelo in pace, povero cristo. Ma<br />
anche Anna, l'infermiera, che sa quel<br />
che fare, lo chiama: "Ahmed? Ahmed?<br />
Get up!".<br />
Forse gli fa bene reagire agli stimoli.<br />
Allora, tremolando, aiutato dal padre,<br />
un troncone umano annerito e parzialmente<br />
coperto di creme che forse è stato<br />
un ragazzino si alza a fatica, senza dire<br />
parola. La faccia è una crosta immobile<br />
in cui solo gli occhi riescono a roteare<br />
verso di me. Impressionante.<br />
Misericordiosa morfina ><br />
Bookmark: bloghdad.splinder.com<br />
* * *<br />
< tornato da najaf, consegnati medicinali,<br />
portati fuori donne e bambini nascosti<br />
nel camion, stato in casa as sadr,<br />
entrato mausoleo ali, visto morire guerrigliero,<br />
incontrato comandante esercito al<br />
mahdi, cagato sotto causa torretta bradley<br />
che si spostava tenendomi di mira, incontrati<br />
marines che stavano pian piano<br />
entrando a piedi in najaf, lussata clavicola,<br />
ricoverato osped. italiano. scusate imprecisioni<br />
e stile telegrafico, scrivo solo<br />
mano sinistra, tutto bene. forse dovrò interrompere<br />
viaggio. presto racconto. vi<br />
voglio bene, grazie per starmi vicini ><br />
Bookmark: bloghdad.splinder.com<br />
______________________________<br />
18/08/2004 14:20<br />
E via: con un giorno di ritardo, ma si va<br />
a Najaf assediata con la copertura della<br />
Croce e della Mezzaluna Rossa. Scendo:<br />
nel piazzale alcuni volontari stanno staccando<br />
dai camion le bandiere e i manifesti<br />
con la Croce.<br />
"Ma Beppe!"<br />
Beppe è più nero che mai:<br />
"Ordini di stamattina. Il carico non può<br />
avere nessun simbolo della Croce Rossa:"<br />
"Stai scherzando, spero."<br />
"Ordini precisi da Roma."<br />
"Ma è un suicidio. Gli elicotteri americani<br />
dall'alto vedranno solo dei camion<br />
bianchi.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 83
www.isiciliani.it<br />
“Ghareeb è veramente teso. Continua a dirmi<br />
di non sembrare straniero: niente foto, niente appunti<br />
sul taccuino, stai dritto, non ti voltare, niente cintura”<br />
“Tocca a me. Prendo la bandiera della Croce Rossa fissata a un<br />
manico di scopa, apro la portiera e scendo lentamente in strada”<br />
Il primo mitragliere un po' cowboy prima<br />
ci spara e poi chiede chi siamo."<br />
"E' arrivato il divieto formale di usare la<br />
bandiera di guerra della Croce Rossa per<br />
questa missione."<br />
"Ma qui siamo a Kafka! E' ridicolo!"<br />
"Senti, Enzo: lo sai. Se potessi decidere<br />
io, salterei immediatamente su quei camion<br />
e andrei a Najaf. Ma io non posso.<br />
Tu sei libero: se non te la senti, resta a Baghdad."<br />
"Figurati. Ma così davvero è un suicidio,<br />
Beppe."<br />
Non risponde, mi volta le spalle e se ne<br />
va, furibondo.<br />
Va bene, ci penso io. Vado in una stanza,<br />
stacco la bandiera della Croce Rossa<br />
dal muro e me la infilo nello zaino. Ne<br />
vedo un'altra ripiegata su un ripiano e<br />
ops! dentro anche quella.<br />
Vado in cucina da Doriana e Francesco<br />
e gli chiedo un manico di scopa. Capiscono<br />
al volo e lo svitano dallo spazzolone<br />
che stanno usando. Trattasi di furto? Mi<br />
faccia causa, la Croce Rossa Italiana: ci<br />
facciamo due risate, quando torno.<br />
* * *<br />
19/08/2004 17:17<br />
Ripartiamo con l'unico camion<br />
sovraccarico: dovremo andare lentamente,<br />
e speriamo che tenga botta.<br />
Salah commenta: "Bene. Quello che poteva<br />
andar male è andato male. Ora, se saremo<br />
puri nelle nostre menti e nei nostri<br />
cuori, tutto andrà bene." E' un duro, Salah.<br />
Mi piace.<br />
Ghareeb è veramente teso. Continua a<br />
dirmi di non sembrare straniero: niente<br />
foto, niente appunti sul taccuino, stai dritto,<br />
non ti voltare, niente cintura. Ho insistito<br />
sul fatto che lui sia il capo indiscusso<br />
della spedizione e che tutti - io per primo<br />
- obbediremo ai suoi ordini senza far domande.<br />
Lui penserà ai rapporti con gli irakeni<br />
e io a quelli con gli americani.E poi,<br />
dopo molta, molta strada e molti, molti<br />
posti di blocco – oops: a questo posto di<br />
blocco non ci sono le camicie azzurro<br />
ATM dei poliziotti iracheni.<br />
Ci sono dei signori molto armati. Vestiti<br />
di nero. Con la fascia verde in testa.<br />
Tana.<br />
* * *<br />
19/08/2004 17:21<br />
"Si apprende che il convoglio della Croce<br />
Rossa attaccato sulla strada per Najaf<br />
non era stato autorizzato dalla sede centrale<br />
ed anzi vietato, per motivi di sicurezza,<br />
dal Commissario Straordinario Maurizio<br />
Scelli. Quest'ultimo ha disposto<br />
l'immediato rientro in Italia del capo missione<br />
per riferire sull'iniziativa."<br />
questa non ci voleva.<br />
19/08/2004 19:57<br />
Nel caldo feroce del primo pomeriggio,<br />
seguiti dal vecchio Ford sovraccarico, entriamo<br />
nella periferia di Najaf. La situazione<br />
è pesante, si sentono esplosioni dappertutto,<br />
ci sono combattimenti molto duri<br />
intorno al cimitero. Dobbiamo prendere<br />
strade e stradine polverose.<br />
Un sistema invisibile di staffette ci sta<br />
guidando: qui un uomo esce dal portone e<br />
ci fa segno di voltare a destra, qui un ragazzino<br />
ci manda a sinistra, là un vecchio<br />
accovacciato a vendere cavolfiori ci suggerisce<br />
di andare diritto.<br />
Ora Ghareeb è sudatissimo, basterebbe<br />
una strada sbagliata per portarci dritti dritti<br />
tra le braccia degli americani che stanno<br />
accerchiando la città.<br />
* * *<br />
Ogni tanto, prima di un incrocio, Ghareeb<br />
chiede:<br />
"Uko dabbaba?" (C'è un carro?<br />
Dabbaba è un'antica parola che significa<br />
"qualcosa che cammina pesantemente e<br />
con rumore")<br />
Oppure:<br />
"Uko dabbabat?" (Ci sono carri?)<br />
Fino a un certo punto la gente risponde:<br />
"Makow." (non ce ne sono).<br />
E poi, alla fine, qualcuno risponde:<br />
"Ey!" (sì)<br />
Tocca a me. Prendo la bandiera della<br />
Croce Rossa fissata a un manico di scopa,<br />
apro la portiera e scendo lentamente in<br />
strada.<br />
* * *<br />
20/08/2004 08:36<br />
ANSA - Della ingannevole atmosfera di<br />
speranza che si era creata ieri dopo le offerte<br />
di resa di Sadr ha fatto le spese anche<br />
un convoglio della Croce Rossa italiana<br />
che stamattina era partito da Baghdad<br />
con aiuti per la popolazione di Najaf ed e'<br />
stato investito dall'esplosione di una mina<br />
nei pressi della citta' di Babilonia. I vetri<br />
di un'ambulanza e di un camion sono andati<br />
in frantumi, ma gli operatori della Cri<br />
sono rimasti illesi. Il convoglio ha poi<br />
proseguito per la citta' santa, per trovarla<br />
nuovamente in preda ai combattimenti e<br />
riamanendo bloccato per alcune ore,<br />
prima di poter fare rientro nella capitale.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 84
Diario<br />
“IL TEPORE DELLA TERRA<br />
CHE MI RISCALDA IL CULO”<br />
24 luglio 2004 enzo wrote:<br />
< E' tornato. E' tornato il momento di<br />
partire. Da un po' di tempo la solita<br />
vocina insistente tra la panza e la coratella<br />
mi ripeteva: "Baghdad! Baghdad!<br />
Baghdad!". Ho dovuto cedere.<br />
Come sempre, quando si prepara un<br />
viaggio importante, cominciano a grandinare<br />
le coincidenze. E chissà quanto sono<br />
segni e quanto le provochiamo noi.<br />
Ancora una volta, prima di una partenza,<br />
mi sono sdraiato sotto le stelle, nella<br />
Romagna dei miei nonni e della mia infanzia,<br />
in cima a Monte Bora, sulla terra<br />
notturna ancora calda del sole di luglio.<br />
La terra, sotto, mi riscaldava il corpo.<br />
La brezza, sopra, lo rinfrescava.<br />
Lucciole, profumo di fieno tagliato, il<br />
canto di milioni di grilli.<br />
E' qui che da piccolo studiavo spagnolo<br />
su un libro trovato in soffitta. E' qui, davanti<br />
a un piatto di tagliatelle, che tre anni<br />
fa si è fatta sentire la solita vocina che ripeteva:<br />
"Colombia, Colombia,<br />
Colombia!"<br />
Si è parlato molto di morte in questi<br />
giorni: della morte serena di Zio Carlo, filosofo<br />
e yogi, che forse sapeva la data del<br />
suo trapasso. Guardando il cielo stellato<br />
ho pensato che magari morirò anch'io in<br />
Mesopotamia, e che non me ne importa<br />
un baffo, tutto fa parte di un gigantesco<br />
divertente minestrone cosmico, e tanto<br />
vale affidarsi al vento, a questa brezza<br />
fresca da occidente e al tepore della Terra<br />
che mi riscalda il culo ><br />
20/08/2004 19:00<br />
Bene, ci siamo. Ora tocca a me. Dietro<br />
quest'angolo c'è un carro armato americano.<br />
Forse l'equipaggio è nervoso. Forse<br />
hanno l'ordine di sparare o forse no, ma<br />
noi non lo sappiamo. Non posso togliermi<br />
dalla testa quel che è successo all'amico e<br />
collega di penna Raffaele Ciriello, ucciso<br />
in mezzo alla strada dalla raffica di un mitragliere<br />
nervoso quando era di fronte -<br />
armato solo di una macchina fotografica -<br />
a un Merkava israeliano.<br />
Bon, vediamo che succede.<br />
Sventolo cautamente da dietro l'angolo<br />
la bandiera con la croce rossa. Poi la<br />
sventolo più forte. Sbircio dietro lo spigolo.<br />
E' un Bradley. E' una specie di rospo<br />
color sabbia su una strada color sabbia tra<br />
case color sabbia. Sta lì, indifferente, tetragono,<br />
acquattato, pronto a sparare la<br />
sua lingua vischiosa per catturare l'insetto.<br />
Solo che l'insetto sono io, cazzo.<br />
www.isiciliani.it<br />
Ricordo<br />
UN MEZZO SORRISO<br />
AUTOIRONICO<br />
27 agosto 2004<br />
Non c'era pacifista più pacifista di Enzo<br />
Baldoni, con la sua bandiera della croce rossa<br />
sventolata fisicamente fra i due fuochi.<br />
Non c'era giornalista più giornalista, col<br />
suo "dilettantismo" sofisticatissimo, figlio di<br />
internet, una generazione piu in là della carta<br />
stampata. Non c'era sessantottino più coerente,<br />
a cinquantasette anni, morto così.<br />
Qualcuno ha pensato che il primo video<br />
fosse fasullo perché il viso "non rivela contrazioni<br />
inevitabili per chi si trovi sull'orlo<br />
dell'abisso". Infatti. Cosa doveva fare, tremare,<br />
supplicare, gridare viva l'Italia? No.<br />
Un mezzo sorriso autoironico, tranquillo,<br />
quello dei personaggi di Doonesbury, senza<br />
nemmeno bisogno di fumetto.<br />
E' morto un grande, un grande piccolo<br />
uomo, uno di noi tutti. Del resto ne parleremo<br />
dopo, quando ci sarà la mente più tranquilla.<br />
* * *<br />
"A che serve vivere, se non c'è il coraggio<br />
di lottare?"<br />
Sventolo ancora la bandiera, faccio un<br />
passo, mi riparo dietro un palo della luce<br />
e urlo:<br />
"Ehi, boys! Italian Red Cross! Don't<br />
shoot! We are here for humanitarian reasons!<br />
Can we come forward?"<br />
"Ehi, boy, don't shoot! I'm coming!"<br />
Faccio un passo laterale e mi metto in<br />
vista, pronto a schizzare al riparo del palo<br />
di cemento. In una mano ho lo bandiera e<br />
nell'altra il distintivo dei Volontari del<br />
Soccorso, è ridicolo, da laggiù non riescono<br />
certo a leggerlo, ma forse per un ragazzotto<br />
dell'Ohio o del Wisconsin fa "legality",<br />
come quando un poliziotto viene<br />
avanti tenendo il distintivo in una mano e<br />
la pistola nell'altra.<br />
Solo che qui i distintivi, come le chiacchiere,<br />
stanno a zero.<br />
Sono le tre del pomeriggio, ho la gola<br />
secca, ma non credo dipenda dalla calura.<br />
Faccio un altro passo di lato, cauto.<br />
Sbircio indietro: al riparo dietro l'angolo<br />
Gareeb e Salah mi guardano, tesi.<br />
Vaffanculo, vaffanculo, vaffanculo, mi<br />
porto in mezzo alla strada sventolando disperatamente<br />
la bandiera con la sensazione<br />
che da un momento all'altro mi faranno<br />
secco, continuo a urlare red cross don't<br />
shoot, con la sensazione di camminare in<br />
equilibrio su un filo.<br />
Faccio segno a Ghareeb di avanzare<br />
lentamente con la Nissan.<br />
“Ehi, boys!<br />
Italian<br />
Red Cross!<br />
Don't shoot!”<br />
L'imbecille accelera e schizza via brusco,<br />
alle mie spalle. Lo segue il camion<br />
dei medicinali. Wew, passato: raggiungo<br />
anch'io piano piano l'altro lato, gridando<br />
"Thank you! Thank you!" all'indirizzo dei<br />
carristi invisibili.<br />
* * *<br />
20/08/2004 19:01<br />
"Uko dabbaba?"<br />
"Uko dabbabat?"<br />
C'è un secondo Bradley sul nostro cammino,<br />
e poi un terzo: la procedura è la<br />
stessa. Smonta, sventola, urla, dirigi il<br />
traffico, e nel frattempo càgati sotto. Al<br />
terzo è già routine. Nessuno spara, e questo<br />
è buono, anche se vicino si sentono<br />
raffiche e colpi di mortaio.<br />
Gli abitanti di Najaf si sporgono dalle<br />
case, salutano, ci indicano la via verso il<br />
Mausoleo di Ali. Vediamo i primi armati<br />
vestiti di nero con la fascia verde sulla<br />
fronte. Poi irrompiamo nel corso principale:<br />
in fondo la splendida piastrelltura multicolore<br />
del Mausoleo, una fantasmagoria<br />
araba di grande bellezza.<br />
Il corso è pieno di armati, Ghareeb comincia<br />
a suonare i clacson, tutti alzano in<br />
aria i mitragliatori aprono le dita a V, ci<br />
applaudono, urlano, passiamo tra due ali<br />
di uomini festanti armati fino ai denti,<br />
anch'io sporgo le dita aV fuori del finestrino,<br />
è una festa.<br />
* * *<br />
In fondo al corso un gruppetto di uomini<br />
vestiti di nero ci punta le armi. Ci fermiamo.<br />
Ghareeb scende. Questo è compito<br />
suo. Cominciano a urlare in arabo.<br />
Ghareeb sembra furibondo. Urla fortissimo.<br />
Un ragazzino con la fascia verde sulla<br />
fronte si mette dietro di noi e punta il lanciagranate<br />
RPG-7 sul camion. Porca troia.<br />
L'autista della Mezzaluna scende, pallido,<br />
e aziona il portellone.<br />
Lentamente, il portellone si abbassa: si<br />
vedono le casse di medicinali con la scritta<br />
Italian Red Cross. Il giovanotto alza il<br />
lanciagranate e sorride.Gli armati rimettono<br />
il mitra in spalla e abbracciano Ghareeb,<br />
che è sudatissimo. Via libera per il<br />
Mausoleo di Ali.<br />
Bookmark: bloghdad.splinder.com<br />
______________________________<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 85
Mestiere<br />
IL GIORNALISMO<br />
AI TEMPI<br />
DI INTERNET<br />
Modello Feltri o modello Baldoni?<br />
www.isiciliani.it<br />
Giornalismo. Che differenza c'è fra il<br />
giornalismo - per esempio - di Feltri e<br />
quello - per esempio - di Baldoni? Non<br />
parlo di differenze "politiche". Da un<br />
punto di vista tecnico, voglio dire.<br />
La differenza è che Feltri grida, mentre<br />
Baldoni parla a bassa voce. Non è una novità:<br />
anche Appelius gridava ("Il generale<br />
Badoglio è entrato ieri ad Addis Abeba") e<br />
anche Hemingway ("Vecchio al ponte")<br />
parlava a bassa voce. Destra e sinistra<br />
dunque, attraverso le generazioni? Non<br />
solo. C'è qualcosa di più, che attiene proprio<br />
alle radici profonde del mestiere.<br />
Il giornalismo di Feltri nasce in un<br />
mondo sostanzialmente povero di notizie.<br />
Un mondo in cui ciò che succede accade<br />
lontano, arriva tardi, e incide relativamente<br />
poco sulla vita quotidiana. Quest'ultima,<br />
a sua volta, è una vita "normale". Di<br />
una normalità che nessuno mette in discussione.<br />
"Il generale è entrato ad Addis<br />
Abeba"? E che ce ne frega. Non ha importanza,<br />
poi, sapere che cosa ne pensa il barbiere<br />
di Addis Abeba. Tanto non lo incontreremo<br />
mai - il mondo in cui viviamo<br />
non ha nulla a che vedere col suo.<br />
La notizia e lo scoop<br />
Da questo discendono subito due cose.<br />
La prima è che la notizia coincide con lo<br />
scoop, deve avere un "effetto" traumatico<br />
immediato e dev'essere gridata.<br />
La seconda è che il gestore di questa<br />
notizia, essendo uno dei pochissimi autorizzati<br />
a gestirla, è una persona importante.<br />
Poiché non mette assolutamente in discussione<br />
(e perché dovrebbe?) la "normalità"<br />
del sistema, e poiché questo sistema<br />
è basato su una gerarchia - ristretta e<br />
distinguibile - di piccole e grandi Autorità<br />
locali, di notabili insomma, ecco che il<br />
giornalista diventa un notabile anche lui.<br />
Feltri, e Appelius, in fondo non sono dei<br />
giornalisti "fascisti". Sono semplicemente<br />
dei gerarchi, dei notabili, esattamente<br />
come il sottosegretario dei trasporti o il<br />
podestà di Ravanusa.<br />
Gridare è inutile: meglio parlare tutti<br />
In più, hanno il bisogno fisiologico di<br />
"alzare" emotivamente le "notizie" che<br />
danno ("il Negus è semianalfabeta", "Baldoni<br />
è d'accordo coi terroristi") perché il<br />
valore delle loro notizie dipende principalmente<br />
dall'emotività che veicolano qui<br />
e ora.<br />
Nel caso di Baldoni - del giornalismo di<br />
Baldoni - il background è ben diverso.<br />
Non siamo più in un mondo in cui si aggirano<br />
pochi e stenti segnali. Siamo in un<br />
mondo pieno di informazioni, piccole e<br />
grandi, per lo più immediatamente visibili<br />
nella nostra vita quotidiana.<br />
Il somalo, per me, non è un oggetto esotico<br />
che trovo sul giornale: è semplicemente<br />
il tizio che sta sull'autobus accanto<br />
a me. Siamo nello stesso mondo. Da lui, e<br />
dal suo mondo, mi giungono continuamente<br />
delle informazioni.<br />
Il mondo non è nemmeno più un mondo<br />
notabilare, retto da pochi. E' un mondo ramificato<br />
e complesso, in cui il potere è<br />
dato dal consenso. Se al mio nipotino non<br />
piacciono le patatine McDonald, e questo<br />
finisce nei sondaggi, il presidente Mc Donald<br />
- un uomo potente - è nei guai. Questa<br />
è una novità, una novità che pesa.<br />
Così lo scoop, l'effetto, perdono di valore.<br />
Gridare è quasi inutile, perché qua parlano<br />
tutti.<br />
Un vecchio Mac<br />
Scrivo da un vecchio iMac, in Sicilia, che<br />
era (me lo fece avere mesi fa, sapendo che<br />
ero senza) di un amico pubblicitario, uno<br />
che nel tempo libero se ne andava in giro a<br />
raccontare il mondo ed era, fra le altre cose,<br />
fra i nostri primissimi lettori.<br />
Si affaccia, non malinconico nè debole ma<br />
sereno, un senso di struggimento per chi<br />
avrebbe potuto essere qui a ridere con gli<br />
altri e invece è rimasto là, sulla via dell'umanità<br />
e dell'impegno. Vorremmo che la gioia<br />
collettiva di queste ore, la solidarietà, la forza<br />
che genera, viaggiassero fino a raggiungere<br />
coloro che ne hanno più bisogno e più<br />
merito adesso, i figli di Enzo Baldoni.<br />
(ott.2004)<br />
Una vociata occasionale può turbare il<br />
lettore d'oggi, ma non persuaderlo. Bisogna<br />
convincerlo a poco a poco, sommessamente.<br />
Ragionare. Parlare. Portare le<br />
cose "piccole", ma fondamentali, su cui la<br />
nostra vita si basa, dappertutto. Perciò, se<br />
il giornalismo vecchio era quello dell'"effetto",<br />
il giornalismo moderno è quello<br />
della "storia di vita".<br />
La storia si può raccontare con molti<br />
trucchi tecnici, per lo più molto antichi<br />
(presente Erodoto?). Ma i suoi strumenti<br />
fondamentali appartengono all'intellettuale<br />
umanistico, alla persona; non al "giornalista"<br />
nel senso (specialistico) feltriano.<br />
Io per esempio sono un giornalista perché<br />
so usare XPress, calcolare un battutaggio,<br />
passare un pezzo, mettere in piedi<br />
un cartaceo e così via. Non sono un giornalista<br />
per quel che scrivo. Questo può<br />
farlo "chiunque", con una determinata formazione,<br />
e lo farà tanto meglio quanto più<br />
sarà vivo.<br />
Lo strumento culturale di base non è più<br />
cioè l'appartenenza a un notabilato specialistico,<br />
ma la partecipazione colta e cosciente<br />
alla vita quotidiana delle persone.<br />
Questo significa subito che, se faccio il<br />
giornalista, non sono necessariamente un<br />
notabile: sono semplicemente un tecnico<br />
specializzato (in XPress). Per il resto, valgo<br />
quanto vale la mia sensibilità e la mia<br />
cultura: come tutti.<br />
Come ti libera la tecnologia<br />
Il giornalismo antico aveva dei mezzi di<br />
distribuzione assai limitati. Marco Polo è<br />
riuscito a raccontare quel che aveva visto<br />
solo grazie a una serie di colpi di culo (finire<br />
in cella con un intellettuale) del tutto<br />
imprevedibili. Kipling aveva bisogno di<br />
un editore. E tutti abbiamo avuto bisogno<br />
di rotative, di distributori, di macchine, in<br />
ultima analisi (salvo eccezioni: I <strong>Siciliani</strong>,<br />
Avvenimenti e altri pochi) di un padrone.<br />
Il giornalismo antico è, per sua tecnologia,<br />
coartabile e centralizzato.<br />
Il giornale di Baldoni invece si chiama<br />
Bloghdad.splinder.com. Se vai su Splinder,<br />
puoi farti il tuo giornale - non dico i<br />
contenuti - nel giro d'un paio di ore.<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 86
Una mail, un sito, una e-zine...<br />
Difatti, ce ne sono migliaia. Puoi farlo<br />
benissimo anche tu. O puoi fare una mail,<br />
un sito, una e-zine come questa. Puoi comunicare.<br />
Il giornalismo moderno ha dei mezzi di<br />
distribuzione illimitati. Non è centralizzato,<br />
e non è coartabile da nessuno. L'unica<br />
cosa che gli manca è l'antico status notabilare.<br />
Questo è un guaio per il giornalista.<br />
Ma non per il lettore.<br />
Questa trasformazione è avvenuta ormai<br />
da diversi anni, il suo strumento tecnico<br />
è l'internet, la sua ideologia l'umanesimo<br />
e il suo backgound storico la globalizzazione.<br />
Baldoni c'era dentro fino al<br />
collo.<br />
Adesso, naturalmente, è un "giornalista"<br />
anche lui, ora che è morto. Come la Cutuli<br />
(promossa inviata dopo), come Ciriello,<br />
come Beppe Alfano ucciso dai mafiosi in<br />
Sicilia e pagato tremila lire a pezzo, come<br />
quel collega di Catania che in questo momento,<br />
per sopravvivere, sta scaricando<br />
casse e imballaggi all'aeroporto. "Giornalisti"<br />
tutti.<br />
Ma forse è arrivato il momento di separare<br />
le razze. Se Feltri è giornalista, evidentemente<br />
Baldoni non lo è. E viceversa.<br />
Non è un discorso moralistico, come si<br />
dice. E' semplicemente un fatto tecnico, di<br />
mestiere. Fra vent'anni, vedremo chi dei<br />
due sarà considerato storicamente un giornalista<br />
e chi no.<br />
“Amico dei terroristi”, disse Farini<br />
Sarebbe bene che anche coloro che -<br />
notabilarmente - tengono i registri del<br />
"giornalismo" comincino a riflettere un<br />
po' su queste cose. Mi riferisco all'Ordine<br />
dei giornalisti e alla Federazione della<br />
stampa. Sono dei club simpatici, che hanno<br />
avuto una loro funzione ai tempi del<br />
giornalismo antico. Adesso però debbono<br />
decidere se vogliono continuare a occuparsi<br />
di giornalismo o no.<br />
Che fine fanno - tanto per dirne una -<br />
tutte le polemiche di salotto su Farini?<br />
Roberto Farini, braccio destro di Feltri, è<br />
quello che ha affermato che Enzo Baldoni<br />
era amico dei terroristi iracheni.<br />
Promemoria<br />
Gli insulti<br />
a Baldoni<br />
dei “giornalisti”<br />
Feltri e<br />
www.isiciliani.it<br />
L'ha scritto nero<br />
su bianco, avendone<br />
dunque (visto<br />
che è un giornalista)<br />
le prove. Non<br />
l'ha scritto perché<br />
ce l'avesse in particolare<br />
con Baldoni<br />
- che gliene frega -<br />
ma così tanto per<br />
fare lo scoop, per<br />
l'"effetto". Bene:<br />
questo Farini è un<br />
"giornalista" o no?<br />
In questo<br />
momento, nel<br />
sistema dei notabili,<br />
c'è un'autorità<br />
precisa che può<br />
stabilirlo, ed è<br />
l'Ordine dei giornalisti.<br />
Mi aspetto che<br />
esso risponda a<br />
questa domanda,<br />
visto che tocca a lui<br />
rispondere. Se no,<br />
bisognerà pur trarne<br />
qualche conseguenza.<br />
Non è solo l'Ordine il problema...<br />
Non è solo l'Ordine, il notabilato, ad essere<br />
stato povero in questa vicenda. Io<br />
temo che anche la categoria nel suo complesso<br />
abbia capito poco di quel che è<br />
successo con Baldoni.<br />
Il sito non ufficiale più autorevole del<br />
giornalismo italiano è, secondo me, il<br />
Barbiere della Sera. E' nato come "giornale"<br />
spontaneo dei giornalisti, col preciso<br />
intento di mettere in piazza ciò che<br />
succedeva dietro le quinte dell'informazione.<br />
Povero, scattante, appassionato, ha<br />
avuto un suo ruolo preciso in quegli anni.<br />
Poi, come a tanti succede, s'è ingrassato e<br />
s'è ingrandito, e ora è un bel portale di<br />
quelli che appena li clicchi ti sparano subito<br />
i flash di pubblicità. Non lo leggevo<br />
da qualche tempo, l'ho fatto adesso per<br />
vedere il dibattito su Baldoni. Ho trovato<br />
quanto segue:<br />
"Poi però al fine settimana, il nostro si<br />
mette la tutina da Superman e va a giocare<br />
all’inviato di guerra".<br />
"Lo spirito da avventuriero con cui affronta<br />
le sue imprese".<br />
"E non è un caso che anche ai dirigenti<br />
della nostra categoria non sia piaciuto<br />
questo finto inviato di guerra".<br />
"Deaglio, snob della sinistra, vergognati!".<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 87<br />
"Non conosco personalmente Enzo Baldoni,<br />
ma che sia un personaggio un po'<br />
egocentrico, e forse anche leggero ma non<br />
per questo buono...".<br />
"Baldoni è simpatico, ma, ripeto, NON<br />
lo considero un giornalista".<br />
"Una persona così è un danno per la categoria".<br />
Questa, naturalmente, non era l'opinione<br />
di tutti. La maggior parte degli interventi<br />
erano complessivamente civili. Ma<br />
c'erano anche questi - una consistente minoranza<br />
- e facevano opinione.<br />
Notabili o giornalisti?<br />
Anche le giornaliste Rai, se ve lo ricordate,<br />
erano "amiche dei terroristi". Quelle<br />
inviate in Iraq, durante e dopo la guerra:<br />
sono state insultate esattamente come Baldoni,<br />
perché "non erano professionali",<br />
erano "simpatizzanti di Saddam" e compagnia<br />
bella. Va bene: in questo momento,<br />
purtroppo, la cultura di destra in Italia è<br />
ridotta a un livello molto basso, e ne escono<br />
cose come queste.<br />
Potremmo "buttarla in politica", e finirla<br />
qui. Purtroppo, il problema è più profondo<br />
e riguarda la complessiva concezione<br />
del giornalismo in Italia, l'uscita - per<br />
chi vuole e può - dal notabilato e il ruolo,<br />
nel giornalismo moderno,dei "giornalisti".<br />
(La Catena di San Libero, 30 agosto 2004 n. 246)
www.isiciliani.it<br />
IL FILO<br />
Vivere<br />
sotto le bombe<br />
di Giuseppe Fava<br />
“Lungo la strada,<br />
accanto al cimitero,<br />
c'erano quattrocento<br />
miei<br />
compaesani morti nel<br />
bombardamento di sette<br />
giorni prima, una<br />
montagna di corpi<br />
spezzati, divelti, gonfi,<br />
dilaniati, putrefatti, e<br />
in mezzo a loro c'erano<br />
esseri umani che per<br />
anni io avevo salutato<br />
per strada”<br />
Le bombe che distrussero il mio paese<br />
Io ero un ragazzo e rimasi ferito sotto<br />
un bombardamento aereo che distrusse il<br />
mio paese. Ebbi una gamba e un braccio<br />
spezzati, e un occhio quasi lacerato da una<br />
scheggia. Mi tennero una settimana in un<br />
ospedale da campo, mi ricucirono le ferite<br />
e tolsero le schegge senza anestesia.<br />
Ci davano un pomodoro al giorno per<br />
sopravvivere, dopo una settimana finirono<br />
anche i pomodori. Allora scappai; avevo<br />
ancora le stesse bende insanguinate e putrefatte<br />
del primo giorno, avevo perduto<br />
dieci chili, con quella gamba spezzata<br />
percorsi venti chilometri per tornare al<br />
mio paese, volevo soprattutto disperatamente<br />
sapere se mia madre era ancora<br />
viva.<br />
____________________________________<br />
La Fondazione Fava<br />
La fondazione nasce nel 2002 per mantenere<br />
vivi la memoria e l’esempio di Giuseppe Fava,<br />
con la raccolta e l’archiviazione di tutti i suoi<br />
scritti, la ripubblicazione dei suoi principali libri,<br />
l'educazione antimafia nelle scuole, la promozione<br />
di attività culturali che coinvolgano i <strong>giovani</strong><br />
sollecitandoli a raccontare<br />
Il sito permette la consultazione<br />
gra tuita di tutti gli articoli di Giuseppe<br />
Fava sui <strong>Siciliani</strong>. Per consultare<br />
gli archivi fotografi co e teatrale,<br />
o altri testi, o acquistare i libri della Fondazione,<br />
scrivere a elenafava@fondazionefava.it<br />
mariateresa.ciancio@virgilio.it<br />
____________________________________<br />
Il sito “I <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava”<br />
Pubblica tesi su Giuseppe Fava e i <strong>Siciliani</strong>, da<br />
quelle di Luca Salici e Rocco Rossitto, che ne<br />
sono i curatori. E' un archivio, anzi un deposito<br />
operativo, della prima generazione dei <strong>Siciliani</strong>.<br />
Senza retorica, senza celebra zioni,<br />
semplicemente uno strumento di<br />
lavoro. Serio, concreto e utile: nel<br />
nostro stile.<br />
“Seppellisci quei morti!”<br />
Quando arrivai alla periferia del mio<br />
paese distrutto, c'erano i soldati inglesi<br />
che rastrellavano i vecchi contadini e i ragazzi<br />
delle campagne. Presero anche me e<br />
mi dettero una vanga. “Seppellisci quei<br />
morti!” dissero.<br />
Lungo la strada, accanto al cimitero,<br />
c'erano quattrocento miei compaesani<br />
morti nel bombardamento di sette giorni<br />
prima, una montagna di corpi spezzati, divelti,<br />
gonfi, dilaniati, putrefatti, e in mezzo<br />
a loro c'erano esseri umani che per anni<br />
io avevo salutato per strada, ragazzi con<br />
cui avevo giocato, certo anche miei compagni<br />
di scuola, nessuno tuttavia riconoscibile<br />
poiché nessuno aveva sembianza<br />
umana. Con le baionette innestate i soldati<br />
inglesi ci spinsero verso quella cosa orrenda.<br />
“Seppelliteli!”.<br />
Con i bulldozer avevano scavato<br />
un'immensa fossa in un campo. Io ero un<br />
ragazzo, con la gamba e il braccio spezzati,<br />
una crosta di sangue su mezza faccia e<br />
almeno cinque o sei schegge ancora dentro<br />
che l'ufficiale medico non aveva avuto<br />
tempo di estrarmi, pesavo altri dieci chili<br />
di meno e soprattutto ero convinto che sarei<br />
morto per la fame.<br />
Ero cioè in uno di quei momenti eccezionali<br />
della vita (può capitare una volta,<br />
talvolta non capita mai) in cui ci si sente<br />
disposti a un gesto di eroismo.<br />
Perciò finalmente dissi: “Perché io?”. E<br />
l'ufficiale inglese, con la benda bianca sul<br />
naso e il berretto rosso disse dolcemente<br />
su per giù: “because you fall the war and<br />
those are your dead people!”. Pressappoco:<br />
perché tu hai perduto la guerra e questo<br />
è il tuo popolo sconfitto!<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 88
www.isiciliani.it<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
Rivista di politica, attualità e cultura<br />
Webmaster: Max Guglielmino max.guglielmino@isiciliani.org<br />
Net engineering: Carlo Gubitosa gubi@isiciliani.it<br />
Art director: Luca Salici lsalici@isiciliani.it<br />
Revisione testi: Sabina Longhitano ignazia@mail.com<br />
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Coordinamento: Giovanni Caruso gcaruso@isiciliani.it<br />
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I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>/ Reg.Trib.Catania n.23/2011 del 20/09/2011 / d.responsabile riccardo orioles<br />
redazione:<br />
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I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
– pag. 89
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
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Una piccola<br />
Giambattista<br />
Scidà e Gian<br />
Carlo Caselli<br />
sono stati fra<br />
i primissimi<br />
promotori della<br />
rinascita dei <strong>Siciliani</strong>.<br />
Lo spirito di un<br />
giornale<br />
"Un giornalismo fatto di<br />
verità impedisce molte<br />
corruzioni, frena la<br />
violenza e la criminalità,<br />
accelera le opere<br />
pubbliche indispensabili.<br />
pretende il funzionamento<br />
dei servizi sociali. tiene<br />
continuamente allerta le<br />
forze dell'ordine, sollecita<br />
la costante attenzione<br />
della giustizia, impone ai<br />
politici il buon governo".<br />
Giuseppe Fava
libertà<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
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SOTTOSCRIVI PER I SICILIANI GIOVANI<br />
IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
Cronache<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> rivista di politica, attualità e cultura<br />
fatta da: Gian Carlo Caselli, Nando dalla Chiesa, Antonio Roccuzzo,<br />
Giovanni Caruso, Margherita Ingoglia, Norma Ferrara, Michela<br />
Mancini, Sara Spartà, Francesco Feola, Luca Rossomando, Lorenzo<br />
Baldo, Aaron Pettinari. Salvo Ognibene, Beniamino Piscopo, Giulio<br />
Cavalli, Paolo Fior, Arnaldo Capezzuto, Pino Finocchiaro, Luciano<br />
Mirone, Rino Giacalone, Ester Castano, Antonio Mazzeo, Carmelo<br />
Catania, Giacomo Di Girolamo, Francesco Appari, Leandro Perrotta,<br />
Giulio Pitroso, Giorgio Ruta, Carlo Gubitosa, Mauro Biani, Kanjano,<br />
Luca Ferrara, Luca Salici, Jack Daniel, Anna Bucca, Grazia Bucca,<br />
Luciano Bruno, Antonello Oliva, Elio Camilleri, Fabio Vita, Diego<br />
Gutkowski, Giovanni Abbagnato, Pietro Orsatti, Roberto Rossi, Bruna<br />
Iacopino, Nerina Platania, Nadia Furnari, Riccardo De Gennaro, Fabio<br />
D'Urso, Sabina Longhitano, Salvo Vitale.<br />
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dalla vita com'è<br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
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Gubitosa. Art director: Luca Salici. Coordinamento:<br />
Giovanni Caruso e Massimiliano Nicosia. Segreteria di<br />
redazione: Riccardo Orioles.<br />
Progetto grafico di Luca Salici<br />
Gli ebook<br />
dei <strong>Siciliani</strong><br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> sono stati fra i primissimi in Italia ad<br />
adottare le tecnologie Issuu, a usare tecniche di<br />
impaginazione alternative, a trasferire in rete e su Pdf i<br />
prodotti giornalistici tradizionali. Niente di strano,<br />
perché già trent'anni fa i <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava<br />
furono fra i primi in Italia ad adottare ad esempio la<br />
fotocomposizione fin dal desk redazionale.<br />
Gli ebook dei <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, che affiancano il<br />
giornale, si collocano su questa strada ed affrontano<br />
con competenza e fiducia il nuovo mercato editoriale<br />
(tablet, smartphone, ecc.), che fra i primi in Italia hanno<br />
saputo individuare.<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>/ Reg.Trib.Catania n.23/2011 del 20/09/2011 / Dir.responsabile Riccardo<br />
Orioles/ Associazione culturale I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, via Cordai 47, Catania / 30 agosto 2012<br />
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www.isiciliani.it<br />
Ai lettori 1984<br />
Caro lettore, sono in tanti, oggi, ad accusare la Sicilia<br />
di essere mafiosa: noi, che combattiamo la mafia in<br />
prima fila, diciamo invece che essa è una terra ricca di<br />
tradizioni, storia, civiltà e cultura, tiranneggiata dalla<br />
mafia ma non rassegnata ad essa. Questo, però,<br />
bisogna dimostrarlo con i fatti: è un preciso dovere di<br />
tutti noi siciliani, prima che di chiunque altro; di fronte<br />
ad esso noi non ci siamo tirati indietro.<br />
Se sei siciliano, ti chiediamo francamente di aiutarci,<br />
non con le parole ma coi fatti. Abbiamo bisogno di<br />
lettori, di abbonamenti, di solidarietà. Perciò ti<br />
abbiamo mandato questa lettera: tu sai che dietro di<br />
essa non ci sono oscure manovre e misteriosi centri di<br />
potere, ma semplicemente dei siciliani che lottano per<br />
la loro terra. Se non sei siciliano, siamo del tuo stesso<br />
Paese: la mafia, che oggi attacca noi, domani<br />
travolgerà anche te.<br />
Abbiamo bisogno di sostegno, le nostre sole forze non<br />
bastano. Perciò chiediamo la solidarietà di tutti i<br />
siciliani onesti e di tutti coloro che vogliono lottare<br />
insieme a loro. Se non l'avremo, andremo avanti lo<br />
stesso: ma sarà tutto più difficile.<br />
I <strong>Siciliani</strong><br />
Ai lettori 2012<br />
Quando abbiamo deciso di continuare il percorso,<br />
mai interrotto, dei <strong>Siciliani</strong>, pensavamo che questa<br />
avventura doveva essere di tutti voi. Voi che ci avete<br />
letto, approvato o criticato e che avete condiviso con<br />
noi un giornalismo di verità, un giornalismo giovane<br />
sulle orme di Giuseppe Fava.<br />
In questi primi otto mesi, altrettanti numeri dei<br />
<strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> sono usciti in rete e i risultati ci<br />
lasciano soddisfatti, al punto di decidere di uscire entro<br />
l'anno anche su carta e nel formato che fu<br />
originariamente dei <strong>Siciliani</strong>.<br />
Ci siamo inoltre costituiti in una associazione<br />
culturale "I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>", che accoglierà tutti i<br />
componenti delle varie redazioni e testate sparse da<br />
nord a sud, e chi vorrà affiancarli.<br />
Pensiamo che questo percorso collettivo vada<br />
sostenuto economicamente partendo dal basso,<br />
partendo da voi. Basterà contribuire con quello che<br />
potrete, utilizzando i mezzi che vi proporremo nel<br />
nostro sito.<br />
Tutto sarà trasparente e rendicontato, e per essere<br />
coerenti col nostro percorso abbiamo deciso di<br />
appoggiarci alla "Banca Etica Popolare", che con i suoi<br />
principi di economia equa e sostenibile ci garantisce<br />
trasparenza e legalità.<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong><br />
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
Chi sostiene i <strong>Siciliani</strong><br />
Una pagina dei <strong>Siciliani</strong> del 1993<br />
Nel 1986, e di nuovo nel 1996, i <strong>Siciliani</strong><br />
dovettero chiudere per mancanza di<br />
pubblicità, nonostante il successo di<br />
pubblico e il buon andamento delle<br />
vendite. I redattori lavoravano gratis, ma<br />
gli imprenditori non sostennero in alcuna<br />
maniera il giornale che pure si batteva per liberare anche<br />
loro dalla stretta mafiosa.<br />
Non è una pagina onorevole, nella storia dell'imprenditoria<br />
siciliana.<br />
SOTTOSCRIVI IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />
Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica
I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />
In rete, e per le strade<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> che cos'è<br />
I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> è un giornale, è un pezzo di storia,<br />
ma è anche diciotto testate di base - da Milano a<br />
Modica, da Catania a Roma, da Napoli a Bologna, a<br />
Trapani, a Palermo - che hanno deciso di lavorare<br />
insieme per costituire una rete.<br />
Non solo inchieste e denunce, ma anche il racconto<br />
quotidiano di un Paese giovane, fatto da <strong>giovani</strong>, vissuto in<br />
prima persona dai protagonisti dell'Italia di domani. Fuori dai<br />
palazzi. In rete, e per le strade.<br />
facciamo rete!<br />
www.isiciliani.it
“a che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?”<br />
Per dare una mano:<br />
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