07.11.2014 Views

I_Siciliani_giovani-set14

I_Siciliani_giovani-set14

I_Siciliani_giovani-set14

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Bal<br />

I <strong>Siciliani</strong><br />

www.isiciliani.it<br />

“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?”<br />

<strong>giovani</strong><br />

settem. 2014<br />

1914<br />

IL<br />

SECOLO<br />

LUNGO<br />

West Front 1914<br />

Varsavia 1943<br />

Hiroshima 1945<br />

Dresda 1945<br />

Vietnam 1972<br />

Iraq 2014<br />

Gaza 2014<br />

.<br />

.<br />

.<br />

2014<br />

Ma davvero Hitler ha perduto?<br />

Vangelo in tempo di guerra<br />

di padre Concetto Greco<br />

Ferrara<br />

GIORNALISTI<br />

INVISIBILI<br />

DIECI<br />

ANNI CON<br />

ENZO<br />

BALDONI<br />

REPORTAGE<br />

CATANIA<br />

MARE NEGATO<br />

Caselli<br />

“AL GUFO<br />

AL GUFO!”<br />

C.Catania<br />

DISCARICA<br />

DEI VELENI<br />

Dalla Chiesa<br />

IL PROBLEMA<br />

DELLA<br />

CALABRIA...<br />

Codrignani<br />

L’ISOLA<br />

DI DANILO<br />

Vita<br />

UNICREDIT<br />

VS BITCOIN<br />

Vitale<br />

HIPPIES A<br />

TERRASINI<br />

Mazzeo VENTI DI GUERRA Giacalone GLI IMPUNITI Cugnata SULLA VIA DI NISCEMI<br />

Giammusso RAGAZZI ABBANDONATI Cafeo ACCORINTI CONTRO I TIR Jack Daniel STORIE<br />

Ognibene CHIESE CONTRO MAFIA Abbagnato FESTA SORVEGLIATA Baldo SISDE E MORI<br />

Bottalico<br />

GLI ANTIEROI<br />

DI CASERTA<br />

Capezzuto<br />

UNA CITTA’<br />

NORMALE<br />

CIANCIO<br />

E LA TRISTE<br />

ITALIA<br />

EBOOK GRATIS


www.isiciliani.it<br />

facciamo<br />

rete<br />

http://www..it/<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 2


www.isiciliani.it<br />

Il seme<br />

della<br />

violenza<br />

Intorno a un monolite, perfetto e splendente, in una radura primitiva<br />

e selvaggia, gli ominidi si fronteggiano per conquistarlo.<br />

Si minacciano urlando e gesticolando e nessuno osa fermare<br />

l'incontro fisico e violento. Poi un ominide scopre una catasta di<br />

resti animali e si rende conto che un osso più robusto degli altri<br />

riesce a spezzare quella grande carcassa. Le ossa si frantumano<br />

in mille schegge.<br />

L'ominide si esalta per la potenza di quell'arma primordiale e<br />

la vuole provare contro il suo nemico. Lo attacca e lo colpisce<br />

con violenza sul capo, fino a ucciderlo. Tutti gli altri restano<br />

attoniti e terrorizzati. I nemici fuggono, il clan dell'uccisore si<br />

esalta e fa capo colui che ha mostrato la sua forza mortale.<br />

Ed è questo l'inizio delle guerre.<br />

* * *<br />

Da allora, migliaia d'anni di sangue per affermare il potere dei<br />

capi. “Dio è con noi!" urlavano, e trascinavano i popoli nelle<br />

guerre. Per l'onnipotenza dei governi e per il "benessere" del popolo...<br />

E mentre le baionette si insanguinavano e i cannoni tuonavano,<br />

i mercanti di morte pensavano "viva la guerra!".<br />

* * *<br />

Gaza 2014: un uomo di quarantanove anni dorme nella sua<br />

casa quando un missile israeliano lo uccide. Era un ex calciatore<br />

della nazionale palestinese e la sua "guerra" la combatteva con<br />

un pallone su un verde prato. Forse - piace sognare - questo<br />

interminabile conflitto si potrebbe risolvere con una bella partita<br />

di pallone, dove l'unica offesa alla squadra avversaria sarebbe un<br />

gol! Ma no: l'uomo è ancora un ominide che con la sua clava,<br />

sempre più potente, spazza via uomini, donne e bambini. "Dio è<br />

con noi!". Mentre il “ mondo civile”, piangendo lacrime di<br />

coccodrillo, vende armi al miglior offerente.<br />

* * *<br />

A queste guerre si aggiungono altre guerre che non si dichiarano,<br />

che non si combattono a suon di cannonate ma che provocano<br />

altrettanto morti e feriti. Una "morte celebrale", una distruzione<br />

dei territori di ugual potenza di un bombardamento aereo.<br />

E' la guerra che si vive quotidianamente nei quartieri delle nostre<br />

città abitate dagli esclusi. Non hanno alcun diritto nè futuro<br />

ma solo il dovere di tirare avanti in silenzio, subendo l'oppressione<br />

mafiosa e l'illegalità istituzionale. Una guerra che non<br />

conta i morti sul terreno ma uccide con la distruzione dello stato<br />

sociale e della speranza di vivere una vita dignitosa.<br />

* * *<br />

La propaganda di stato ci racconta un'Europa unita e senza<br />

guerre: "Da settant'anni non c'è guerra in Europa!". E la<br />

Jugoslavia?E l'Ucraina? E le guerre che esportiamo nei paesi dai<br />

governi instabili per i nostri interessi finanziari?<br />

(Infine: la ministra degli esteri Mogherini fa le condoglianze<br />

alla famiglia del videoreporter Simone Camilli, ucciso da un<br />

missile inesploso israeliano. Fa indignare, ascoltarla: quel<br />

missile infatti potrebbe benissimo essere stato venduto dai nostri<br />

governi. Si può arrivare a tanta ipocrisia? Quali interessi di stato<br />

giustificano i governi a farsi mercanti di morte?)<br />

I <strong>Siciliani</strong> Giovani<br />

(Giovanni Caruso)<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 3


www.isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

settembre 2014 numero ventuno<br />

RIEPILOGANDO<br />

Fra feste, dibattiti e convegni<br />

ai nostri colleghi della stampa<br />

perbene è sfuggito il principale<br />

segnale sulla crisi dell'informazione<br />

in Italia: quest'estate, per<br />

la prima volta, non s'è svolto il<br />

festival del Giornalismo di Modica,<br />

quello organizzato per cinque<br />

anni di seguito dai <strong>giovani</strong><br />

giornalisti de “Il Clandestino”. Era diventato un<br />

appuntamento nazionale nel nostro mestiere, con gente come<br />

Mazzetti, Bolzoni, Roccuzzo, Beha e compagnia bella, e lo<br />

era diventato dal nulla, solo grazie alla passione e alla serietà<br />

di quella trentina di studenti che nel 2007, partendo da una<br />

bella esperienza di movimento per l'acqua, s'erano inventati<br />

uno dei migliori giornali locali del Sud e ne avevano fatto il<br />

leader della loro zona. Il giornale non esce più, i ragazzi<br />

sono dispersi ai quattro angoli d'Italia e nei cortili di Modica,<br />

col loro barocco solare non s'è vista la solita folla di<br />

giornalisti e di <strong>giovani</strong> ma il vecchio tradizionale passìo paesano.<br />

Ai <strong>giovani</strong> giornalisti (v. Norma Ferrara, pag.20) non ci<br />

pensa nessuno. L'unica loro speranza è unirsi, collegarsi, fare<br />

rete. Facile a dirsi, certo, ma poi faticoso e difficile da<br />

continuare. Eppure, con evidenza, altre vie non ce n'è.<br />

* * *<br />

A proposito di giornalisti: è tornato ad esercitare la<br />

gloriosa professione il “collega” Farina Renato detto Betulla.<br />

L'avevano sospeso dall'Ordine per collusioni, spionaggio,<br />

mazzette dai servizi segreti e chi più ne ha più ne metta. Si<br />

era particolarmente distinto, assieme al suo direttore Felttri,<br />

nel calunniare un giornalista vero, Enzo Baldoni: “vacanze<br />

intelligenti”, “ il pacifista col kalashnikov” e via<br />

sputacchiando. Adesso il Consiglio dei giornalisti lombardi<br />

l'ha riammesso nell'ordine. “Volevo solo salvare il mondo”,<br />

ha dichiarato il Betulla.<br />

*<br />

Questo numero<br />

Il seme della violenza I <strong>Siciliani</strong> 3<br />

“Al gufo, al gufo!” di Gian Carlo Caselli 6<br />

Verso l'Expo, allegramente di Nando dalla Chiesa 7<br />

Restiamo umani<br />

Gaza. Il primo mese 8<br />

Vangelo di padre Greco in tempo di guerra 10<br />

Che ti dice la patria?<br />

La triste Italia dei Mario Ciancio di Riccardo Orioles 14<br />

La cultura a Catania di Giovanni Caruso 15<br />

Italia nascosta. I segreti di Cattafi 16<br />

Sulla nomina di Vincenzo Culicchia di Associaz.Rita Atria 16<br />

Gli impuniti del depistaggio di Rino Giacalone 17<br />

Europa<br />

Venti di guerra di Antonio Mazzeo 19<br />

Italia 18<br />

Giornalisti. La rivolta degli invisibili di Norma Ferrara 20<br />

Napoli. Una città “normale” di Arnaldo Capezzuto 21<br />

“Solo un cronista”. Intervista a Armando Capezzuto 22<br />

Generazioni<br />

Caserta e gli antieroi di Andrea Bottalico 24<br />

Tutti i miei movimenti di Giulia Filpi 26<br />

Altri Sud<br />

Bogotà/ E i ragazzi salvarono il quartiere di Norma Ferrara 29<br />

Mafia Nein Danke di Valentina Valentini e Giorgio Garofalo 30<br />

Baires/ Quelli delle “barra bravas” di Filomena De Matteis 31<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 4


SOMMARIO<br />

www.isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>/ IBAN (Banca Etica):<br />

IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

Da' una mano!<br />

DISEGNI DI MAURO BIANI<br />

Cerimonie<br />

Cerimonie. L’antimafia distratta 33<br />

NoMuos<br />

Sulla via di Niscemi di Giuseppe Cugnata 34<br />

Mafie<br />

I collaboratori collaborano. E lo Stato? di Irene Astorri 36<br />

Pentimenti, giustizia e verità di Salvo Ognibene 36<br />

Mori, il Sisde e le “operazioni” di Lorenzo Baldo 38<br />

Chi comanda a Reggio di Andrea Zolea 40<br />

Expo contro tempo e mafie di Giorgio Venturini 42<br />

Veleni<br />

Bonifichi chi può e inquini chi vuole di Alessio Di Florio 44<br />

La discarica dei veleni di Carmelo Catania 46<br />

Catania<br />

Fra abusivismo e mafiosità di Ivana Sciacca 48<br />

Ragazzi abbandonati di Marcella Giammusso 50<br />

Lo sgombero di “Ciccio pasticcio” di Domenico Stimolo 52<br />

Messina<br />

Il giorno cheRenato fermò<br />

i Tir di Tonino Cafeo 54<br />

Fotoreportage<br />

Il mare negato a cura<br />

di Giovanni Caruso 57<br />

Storia<br />

Donne per la pace<br />

di Elio Camilleri 65<br />

Palermo<br />

Una festa ben sorvegliata<br />

di Giovanni Abbagnato 67<br />

Testimonianze<br />

Hippies a Terrasini<br />

di Salvo Vitale 68<br />

L’isola di Danilo Dolci<br />

di Giancarla Codrignani 70<br />

Questioni<br />

Chiesa contro mafia di Salvo Ognibene 72<br />

Le stragi e il Nostrum Mare di Giuseppe Cugnata 74<br />

Summer School di Martina Mazzeo 76<br />

Pianeta<br />

Banche contro bitcoin di Fabio Vita 77<br />

Storie<br />

La leggenda del Beato Matteo di Jack Daniel 79<br />

Società civile<br />

Reti di Memorie di Valeria Grimaldi 80<br />

Questionario di Salvo Ognibene 81<br />

Ricordo di Enzo Baldoni di San Libero 82<br />

Il filo<br />

Vivere sotto le bombe di Giuseppe Fava 88<br />

Sebastiano<br />

Gulisano/<br />

Il testimone<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 5


www.isiciliani.it<br />

Guai ai magistrati che “remano contro”...<br />

“Al gufo, al gufo!”<br />

di Gian Carlo Caselli<br />

I polemisti convertiti all’ornitologia<br />

(scarsità di argomenti?) strilleranno “al<br />

gufo!”. Ma nessuna invettiva esorcizzante<br />

può cancellare le angosce che suscita<br />

l’interminabile elenco dei record negativi<br />

che il nostro Paese è riuscito ad inanellare.<br />

Occupiamo il terzo posto nella classifica<br />

mondiale per l’evasione fiscale (dopo<br />

Turchia e Messico).<br />

E’ stato stimato in 154,4 miliardi di<br />

euro l’ammontare delle tasse non pagate<br />

nel 2012. Una perdita annua di 60 miliardi<br />

di euro colloca l’Italia fra i paesi<br />

più corrotti d’Europa, insieme a Romania,<br />

Grecia e Bulgaria.<br />

I record negativi<br />

Nella classifica europea della libertà di<br />

stampa siamo terz’ultimi. La disoccupazione<br />

<strong>giovani</strong>le italiana è del 43,3%,<br />

contro una media europea del 22,5%.<br />

Siamo ultimi per gli investimenti nel settore<br />

culturale.<br />

La nostra ricerca è in ginocchio. La<br />

fuga dei cervelli è diventata una valanga.<br />

Le imprese italiane sempre più spesso o<br />

chiudono o vengono assorbite da stranieri.<br />

La giustizia è un disastro completo.<br />

Il “cambio di passo” del regime<br />

Eppure, a sentire i nostri governanti<br />

dovremmo stare sereni perché nel giro di<br />

qualche settimana (massimo qualche<br />

mese) il “cambio di passo” del nuovo regime<br />

riuscirà a risolvere ogni problema.<br />

L’impressione è che le formule<br />

magiche tendano a soppiantare le terapie<br />

realistiche. O che addirittura si voglia<br />

partire regolando qualche conto in<br />

sospeso, rinviando ancora una volta gli<br />

interventi nel merito.<br />

Il caso giustizia<br />

Prendiamo il caso giustizia: il dato ineludibile<br />

da cui partire è lo spaventoso arretrato<br />

di 9 milioni di processi (5 nel civile<br />

e 4 nel penale). O ci si libera da questo<br />

macigno o si continuerà ad esserne<br />

schiacciati, condannando al fallimento<br />

qualunque tentativo di riforma.<br />

Occorrono rimedi radicali, per esempio<br />

l’abolizione del giudizio di appello.<br />

I magistrati ed il personale amministrativo<br />

dell’appello andrebbero destinati<br />

all’eliminazione dell’arretrato nell’arco<br />

di due o tre anni.<br />

Esaurito l’arretrato, quei magistrati e<br />

quel personale dovrebbero essere concentrati<br />

sul primo grado di giudizio così<br />

da ridurne i tempi, mentre la soppressione<br />

del secondo grado dimezzerebbe la<br />

durata complessiva del processo.<br />

Una riforma a costo zero<br />

Una riforma a costo zero, che oltretutto<br />

porrebbe il nostro Paese in linea con tutti<br />

gli altri paesi che hanno (come noi ci<br />

siamo dati nel 1989) un sistema<br />

processual-penale moderno di tipo<br />

accusatorio, creando finalmente anche da<br />

noi le condizioni necessarie per avere<br />

una giustizia rapida e certa, veicolo di<br />

garantismo autentico e non strumentale.<br />

Il patto col Condannato<br />

Senonché, invece di intervenire sui<br />

tempi vergognosi del processo, pare si<br />

vogliano prima di tutto sistemare alcune<br />

questioni coi giudici, rimodulando la responsabilità<br />

civile e quella disciplinare. e<br />

se qualcuno osasse scorgervi un qualche<br />

riflesso del “patto del Nazareno”<br />

stipulato con un signore condannato ed<br />

espulso dal Senato, sappia che rischia la<br />

“promozione” da semplice gufo a<br />

nemico della Patria.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag.6


www.isiciliani.it<br />

Altro che 'ndrangheta: secondo i notabili calabresi...<br />

“Il problema della Calabria<br />

è dalla Chiesa!”<br />

di Nando dalla Chiesa<br />

Il sud Italia è una benedizione divina,<br />

un concentrato di bellezze naturali,<br />

di clima e di storia come ce ne sono<br />

pochi al mondo.<br />

Di più: questo concentrato non si<br />

realizza su un altipiano, ma in terre bagnate<br />

o addirittura circondate dal mare.<br />

Luogo ideale di riposo o di divertimento,<br />

di socialità e di poesia. Si realizza<br />

in terre su cui si è venuta elaborando<br />

nei millenni una strepitosa cultura gastronomica.<br />

Ancora: questa benedizione divina<br />

esiste e si offre mentre le economie di<br />

aree immense del mondo conoscono<br />

tassi di sviluppo spettacolari, creando<br />

nuovo benessere e nuovi ceti ricchi e<br />

medi, ossia potenziali eserciti di viaggiatori<br />

di cui si colgono solo le avanguardie<br />

a Milano e a Roma, a Firenze e<br />

perfino a Genova o a Capri.<br />

Quel che le nuove economie ci tolgono<br />

nell'industria possono restituircelo<br />

raddoppiato nel turismo o nella cultura.<br />

Conclusione: c'è da rimodellare di<br />

corsa e con sapienza strategica tutto un<br />

sistema socio-economico-culturale per<br />

cogliere un'opportunità storica invece<br />

che piangersi addosso. Immaginiamo<br />

spiagge e mari puliti, in cui nessuno,<br />

né paese malandrino né yacht di riccastri,<br />

possa riversare le sue immondizie<br />

impunemente.<br />

Immaginiamo affitti e prezzi non di<br />

rapina, abbordabili anche da un benestante<br />

funzionario o professionista e<br />

non solo dagli sceicchi o dai magnati<br />

russi. Immaginiamo trasporti funzionanti,<br />

servizi medici efficienti, musei<br />

aperti tutto il giorno con laureandi e<br />

laureati locali che insegnano e raccontano.<br />

E poi, pensate un po', immaginiamo<br />

città dai vicoli sicuri, bar educati e<br />

nessuno che ti frega. E perfino stabilimenti<br />

balneari e chioschi che non vanno<br />

a fuoco. Il tutto da giugno a ottobre,<br />

cinque mesi di stagione operosa con<br />

effetti di trascinamento, perché chi<br />

guadagna bene lavorando sodo d'estate<br />

poi spende in inverno.<br />

Chi ammazza il turismo calabrese<br />

Se fossi il responsabile del turismo,<br />

di tutte le imprese turistiche in Calabria,<br />

non penserei ad altro. Notte e<br />

giorno. E farei corsi di formazione agli<br />

assessori di ogni comune. E maledirei<br />

ogni forma di incultura civica, l'idea<br />

scellerata che l'estate finisca il 20 agosto,<br />

l'abusivismo che devasta le coste,<br />

la 'ndrangheta che fa scappare qualsiasi<br />

imprenditore onesto, qualsiasi giovane<br />

che abbia voglia di aprire una qualsiasi<br />

attività legale (chiosco, discoteca, accompagnamento<br />

turistico, affitto di<br />

barche, ecc.). Proprio non ci dormirei.<br />

Invece il dott.<br />

Giuseppe Nucera<br />

che guida la Federturismo<br />

calabrese se l'è presa molto,<br />

ma proprio molto, pensate, perché il<br />

comitato antimafia istituito dal sindaco<br />

di Milano Giuliano Pisapia (e che il<br />

sottoscritto presiede) si è permesso di<br />

denunciare nella sua ultima relazione i<br />

segnali di presenze di ambienti 'ndranghetisti<br />

(o contigui alla 'ndrangheta)<br />

nei lavori legati all'Expo milanese.<br />

Senza mai dire la parola 'ndrangheta<br />

Si è offeso molto e si è dato molto da<br />

fare, il capo del turismo calabrese, delegato<br />

per la Calabria appunto all'Expo<br />

2015. E ha gridato al razzismo anticalabrese,<br />

senza mai nominare la 'ndrangheta.<br />

Ha detto che la Calabria è stufa,<br />

non della 'ndrangheta però, a giudicare<br />

dalle sua accuse, ma di chi la combatte.<br />

Ha perfino promesso che porterà il<br />

sottoscritto in tribunale.<br />

Altro che spread. E' questione di testa<br />

Capite ora perché le riflessioni iniziali,<br />

anche se non hanno alcuna originalità,<br />

diventano terribilmente urgenti<br />

davanti a questa crisi economica, a<br />

questo spreco di bellezze e di opportunità,<br />

e a questi personaggi messi alla<br />

guida dell'economia del sud?<br />

E' davvero il caso che ce ne convinciamo.<br />

La crisi italiana non è tanto legata<br />

allo spread o alle potenze emergenti<br />

o (azzardo) nemmeno all'articolo<br />

18 dello Statuto dei lavoratori. E' una<br />

questione di testa. Soprattutto di testa.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag.7


www.isiciliani.it<br />

Gaza<br />

Il primo mese<br />

Elenco delle vittime minorenni accertate fino al 21 luglio<br />

שמע ישראל<br />

Shemà Israel<br />

“Ascolta, Israele”<br />

E’ ancora imprecisato, ma nell’ordine<br />

delle centinaia, il numero dei bambini<br />

e adolescenti uccisi questa estate nella<br />

Striscia di Gaza. L’unico giorno senza<br />

vittime è stato il 15 luglio, mentre<br />

quello con più bambini e adolescenti<br />

uccisi (trentotto) è stato il 20 luglio, una<br />

domenica. La media complessiva si aggira<br />

fra le otto e le nove vittime al giorno.<br />

La lista che segue contiene solo i<br />

casi accertati fino al 21 luglio.<br />

*<br />

La direttrice di “Jewish Voice for<br />

Peace” Rebecca Vilkomerson è stata<br />

arrestata con altri otto pacifisti per<br />

aver letto in pubblico questi nomi.<br />

Numerosi <strong>giovani</strong> israeliani sono attualmente<br />

detenuti nelle carceri militari<br />

per essersi rifiutati di prestare servizio<br />

in operazioni contrarie ai diritti umani.<br />

L’ultimo, Uri Segal, diciannovenne, è<br />

quasi coetaneo di molte delle <strong>giovani</strong><br />

vittime elencate in queste pagine. Da diversi<br />

anni è attivo il gruppo “Ometz<br />

LeSarev” (Coraggio di rifiutare), fondato<br />

da circa seicento ufficiali e soldati<br />

che si sono rifiutati di combattere nella<br />

Striscia di Gaza e in West Bank.<br />

Delle vittime elencate appresso, le<br />

prime quattro sono state assassinate individualmente<br />

da fanatici della parte<br />

avversa; le altre sono state assassinate<br />

in massa nel corso di operazioni “militari”,<br />

per lo più bombardamenti aerei<br />

su aree densamente popolate.<br />

ELENCO DELLE VITTME:<br />

Gilad Shaar, 16 anni,<br />

Naftali Fraenkel, 16 anni<br />

Eyal Yifrah, 19 anni,<br />

Mohammad Abu Khdeir, 16 anni<br />

Seraj Ayad Abed al-A’al, 8 anni<br />

Mohammed Ayman Ashour, 15 anni<br />

Hussein Yousef Kawareh, 13 anni<br />

Bassim Salim Kawareh, 10 anni<br />

Mousa Habib, 16 anni<br />

Ahmad Na’el Mehdi, 16 anni<br />

Dunia Mehdi Hamad, 16 anni<br />

Mohammed Areef, 13 anni<br />

Amir Areef, 10 anni<br />

Ibrahim Masri, 14 anni<br />

Mohammed Khalaf al-Nawasra, 4 anni<br />

Nidal Khalaf al-Nawasra, 5 anni<br />

Salah Awwad al-Nawasra, 6 anni<br />

Ranim Jawde Abdel Ghafour, 18 mesi<br />

Maryam Atieh Mohammed, 11 anni<br />

Sa’ad Mahmoud al-Hajj, 17 anni<br />

Fatima Mahmoud al-Hajj, 12 anni<br />

Palestina-Israele<br />

LA SPERANZA TRADITA<br />

Yitzhak Rabin, l'ultimo leader israeliano a volere la pace, fu assassinato<br />

dal fanatico israeliano Amir (tuttora esaltato come un<br />

eroe dalla destra israeliana) il 4 novembre 1995. Nel giro di pochi<br />

anni il potere passò alla destra e poi alla destra estrema. Nel settembre<br />

2000 Ariel Sharon riacuì il conflitto occupando manu militari<br />

la Spianata del Moschee a Gerusalemme (suscitando fra l'altro<br />

l'indignata reazione del Rabbino romano Elio Toaff). Nel settembre<br />

2009 Benjamin Netanyahu andò al governo, per un solo seggio,<br />

grazie a un accordo con l'estrema destra di Avigdor Liebermann.<br />

Da allora la politica israeliana abbandonò decisamente ogni<br />

possibile trattativa, installando migliaia di “coloni” sui terreni legalmente<br />

palestinesi e sviluppando periodicamente operazioni “militari”<br />

aventi come principale bersaglio la popolazione civile.L'ultima,<br />

che secondo l'Onu ha colpito in gran maggioranza civili indifesi, è<br />

quella di quest'estate.<br />

Dal lato palestinese la misteriosa morte di Yasser Arafat (11 novembre<br />

2004) e l'isolamento in Occidente dei leader laici che gli<br />

succedettero lasciò il potere di fatto a gruppi religiosi integralisti<br />

come Hamas. Tanto questi quanto i vari governi estremisti israeliani<br />

hanno conquistato progressivamente un massiccio consenso<br />

fra le rispettive popolazioni, terrorizzate dalla minaccia reciproca e<br />

sempre meno fiduciose nella pace.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 8<br />

Così, dopo quasi cinquant'anni, è sostanzialmente fallito il progetto<br />

politico dello Stato d'Israele, nato come rifugio (in terra araba)<br />

per gli ebrei perseguitati (dagli europei) e trasformatosi ormai<br />

in un regime di apartheid, sostenuto principalmente dalla forza militare<br />

e da una repressione durissima sulla popolazione “inferiore”.<br />

Alle nazioni occidentali (e particolarmente al'Italia, che sostiene<br />

con armi e addestramento le varie offensive di Netanyahu) ciò<br />

pone seri problemi etici e politici. Numerosi responsabili di abusi<br />

sulle popolazioni durante la crisi ex-jugoslava degli anni '90 sono<br />

stati sottoposti a processo dalle Corti penali internazionali per reati<br />

non molto dissimili da quelli perpetrati ora in Palestina.<br />

Il vescovo Desmond Tutu, noto per la transizione pacifica del regime<br />

sudafricano, ha proposto un boicottaggio internazionale verso<br />

le aziende dei “coloni” illegalmente stanziate in Palestina: uno<br />

strumento pacifico per premere sui violenti e favorire la pace.<br />

Fra ii frutti della politica di Netanyahu è infine da annoverare<br />

anche il risorgere dell'antisemitismo, che non era mai stato presente<br />

nei Paesi arabi (popolati prevalentemente da semiti) ed era<br />

solo una triste eredità della reazione europea, fino all'orrenda vergogna<br />

della Shoah e dei feroci gruppi neo-nazisti attuali.<br />

Contro di esso bisogna vigilare senza incertezze, non confondendo<br />

neanche per un attimo la solidarietà ai palestinesi oppressi<br />

con la peggiore eredità della “civile” Europa. Ebrei e arabi, palestinesi<br />

e israeliani, divisi dai potenti della terra e spinti un contro<br />

l'altro, si salveranno solo in pace e solo insieme.<br />

(r.o.)


www.isiciliani.it<br />

Abdullah Ramadan Abu Ghazzal, 5 anni<br />

Yasmin Mohammed Mutawwaq, 4 anni<br />

Bassem Abdel Rahman Khattab, 6 anni<br />

Nour Marwan al-Najdi, 10 anni<br />

Ghalia Deeb Jabr al-Ghanam, 7 anni<br />

Saher Abu Namous, 3 anni<br />

Anas Youssef Kandil, 17 anni<br />

Qassem Jaber Adwan Awdeh, 16 anni<br />

Qassi Isam al-Batash, 12 anni<br />

Mohammed Isam al-Batash, 17 anni<br />

Manar Majid al-Batash, 14 anni<br />

Anas Alaa al-Batash, 10 anni<br />

Hussam Ibrahim al-Najjar, 14 anni<br />

Ziad Maher al-Najjar, 17 anni<br />

Sara Omar Sheikh al-Eid, 4 anni<br />

Kamal Ated Youssif Abu Taha, 16 anni<br />

Ibrahim Ramadan Hassan, 10 anni<br />

Ahed Atef Bakr, 10 anni<br />

Zakaria Ahed Bakr, 10 anni<br />

Mohammed Ramez Bakr, 11 anni<br />

Ismail Mohammed Bakr, 9 anni<br />

Hamza Ra’ed Thari, 6 anni<br />

Yasmin al-Astal, 4 anni<br />

Usama Mahmoud al-Astal, 6 anni<br />

Fulla Tarek Shaheber, 8 anni<br />

Jihad Issam Shaheber, 10 anni<br />

Wassim Issam Shaheber, 9 anni<br />

Yassin al-Humaideh, 4 anni<br />

Rahaf Khalil al-Jabbour, 4 anni<br />

Mohammed Salem Natiz, 4 anni<br />

Mohammed Shadi Natiz, 15 anni<br />

Fares Jomaa al-Mahmoum, 5 mesi<br />

Walaa Abu Ismail Muslim, 12 anni<br />

Mohammed Abu Muslim, 13 anni<br />

Ahmad Abu Muslim, 14 anni<br />

Abdullah al-Samiri, 17 anni<br />

Imad Hamed<br />

Alouwein, 7 anni<br />

Qassem Hamed,4 anni<br />

Sara Mohammed<br />

Boustan, 13 anni<br />

Rizk Ahmed, 2 anni<br />

Siham Moussa Abu<br />

Jarad, 15 anni<br />

Ahlam Naim Abu<br />

Jarad, 13 anni<br />

Hania Abdel Rahman<br />

Abu Jarad, 3 anni<br />

Samih Naim, 1 anno<br />

Moussa Abdel<br />

Rahman, 6 anni<br />

Amjad Salem, 15 anni<br />

Mohammed Bassam<br />

al-Sirri, 17 anni<br />

Wissam Redda Salhia,<br />

15 anni<br />

Ibrahim Jamal Kamal<br />

Nasser, 13 anni<br />

Mohammed Ziad, 6 anni<br />

Ruaia Mahmoud, 6 anni<br />

Nagham Mahmoud, 2 anni<br />

Amer Hamoudah, 7 anni<br />

Mahmoud Anwar, 16 anni<br />

Anas Mahmoud, 17 anni<br />

Ibrahim Khalil, 13 anni<br />

Iman Khalil, 9 anni<br />

Imama Isama Khalil al-Hayya, 9 anni<br />

Talla Akram Ahmad al-Atwi, 7 anni<br />

Khalil Osama Khalil al-Hayya, 7 anni<br />

Dima Adil Abdullah Aslim, 2 anni<br />

Dina Rushdi Omar Hamadi, 15 anni<br />

Rahaf Akram Ismail Abu Joumea, 4 anni<br />

Saji Hassan Akram al-Hallaq, 4 anni<br />

Samia Hamid Mohammed al-Shaykh<br />

Khalil, 3 anni<br />

Shadi Ziad Hassan Aslim, 15 anni<br />

Assem Khalil Abed Ammar, 4 anni<br />

Ola Ziad Hassan Aslim, 11 anni<br />

Omar Jamil Soubhi Hammouda, 10 anni<br />

Ghada Soubhi Sa’adi Ayyad, 9 anni<br />

Fadi Ziad Hassan Aslim, 10 anni<br />

Qinan Hassan Akram al-Hallaq, 6 anni<br />

Mohammed Ashraf Rafiq Ayyad, 6 anni<br />

Mohammed Rami Fathi Ayyad, 2 anni<br />

Mohammed Hani Mohammad, 2 anni<br />

Marrah Shakil Ahmad al-Jammal, 11 anni<br />

Marwa Salman Ahmad al-Sirsawi, 13 anni<br />

Hiba Hamid Mohammed, 13 anni<br />

Una ragazzina palestinese rovista tra i resti della sua casa bombardata<br />

In basso: Palestinesi rastrellati dalle truppe d'occupazione (Reuters).<br />

.<br />

Mohammed Ayman al-Shaer, 5 anni<br />

Hibatullah Akram al-Shaer, 7 anni<br />

Sha’aban Jamil Ziyadeh, 12 anni<br />

Abdullah Youssef Daraji, 3 anni<br />

Mohammed Raja’ Mohammed, 15 anni<br />

Aya Bahjat Abu Sultan, 15 anni<br />

Qinan Akram al-Halaq, 5 anni<br />

Rayan Taysir Abu Jamea, 8 anni<br />

Rozan Tawfiq Ahmad Abu Jamea, 14 anni<br />

Tawfiq Ahmad Abu Jamea, 5 anni<br />

Haifa Tawfiq Ahmad Abu Jamea, 9 anni<br />

Shahinaz Walid Ahmad , 1 anni<br />

Hossam Hossam Abu Qaynas, 5 anni<br />

Ahmad Ayman Mahrous Siyam, 17 anni<br />

Mustafa Nabil Mahrous Siyam, 12 anni<br />

Ghaydaa Nabil Mahrous Siyam, 8 anni<br />

Dalal Nabil Mahrous Siyam, 8 anni<br />

Abdullah Trad Abu Hjeir, 16 anni<br />

Mayar al-Yazaji, 2 anni<br />

Bambino non identificato, 5 anni<br />

Yaser Ibrahim Dib al-Kilani, 8 anni<br />

Elias Ibrahim Dib al-Kilani, 4 anni<br />

Sawsan Ibrahim Dib al-Kilani, 11 anni<br />

Rim Ibrahim Dib al-Kilani, 12 anni<br />

Yaseen Ibrahim Dib al-Kilani, 9 anni<br />

Mona Rami al-Kharwat, 4 anni<br />

(la madre, incinta, è morta accanto a lei)<br />

Ahmad Salah abu Sido, 17 anni<br />

Rawan Ziad Hajjaj, 15 anni<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 9


www.isiciliani.it<br />

Restiamo umani<br />

Vangelo<br />

di Padre Greco<br />

in tempo<br />

di guerra<br />

Padre Greco?Un povero<br />

prete della periferia<br />

di Catania, morto dieci<br />

anni fa dopo aver servito<br />

per quarant'anni i<br />

poveri della sua parrocchia.<br />

Ha ancora qualcosa<br />

da dirci? Vediamo<br />

di padre Concetto Greco<br />

longoborina@libero.it<br />

L’OTTO SETTEMBRE<br />

DELLA PALESTINA<br />

Riportiamo il discorso di Ciampi a Porta<br />

S.Paolo per l'anniversario della Resistenza,<br />

con qualche variazione del redattore.<br />

La liberazione della propria patria dagli<br />

abusi di illegittimi occupanti vale per la<br />

storia d’Italia o per quella di ogni altra<br />

nazione oppressa. Militari e Cittadini di<br />

Gerusalemme e della Palestina, 55 anni fa,<br />

i palestinesi si ritrovarono soli, ciascuno<br />

davanti alla propria coscienza.<br />

Tanti palestinesi, in patria e all'estero,<br />

militari e civili, decisero di reagire, di<br />

combattere, pur nella deplorevole assenza<br />

di ordini chiari. Furono battaglie dure,<br />

cruente, sfortunate. Furono molti singoli<br />

episodi, spesso minori per dimensioni.. Di<br />

essi è importante che si ricostituisca una<br />

descrizione e una documentazione minuziosa,<br />

dettagliata, a disposizione non solo<br />

degli esperti di storia militare, ma anche<br />

della pubblica opinione. Ognuno di quegli<br />

episodi di resistenza alla sopraffazione fu<br />

un elemento di fondazione della Patria che<br />

si è rinnovata dal 1988 in poi.<br />

Oggi ci rendiamo conto quanto sia stato<br />

importante per noi, e quanto sia importante<br />

per i nostri figli, il fatto che quegli uomini<br />

e quelle donne decisero di reagire.<br />

Salvarono l'onore della Palestina; ne interpretarono<br />

i valori profondi.<br />

Che cosa fu l’Intifada? Fu la prova più<br />

difficile di una Nazione che proprio in<br />

quei giorni sentì di voler continuare a esistere<br />

unita,di trasmettersi indissolubilmente<br />

unita e libera alle future generazioni.<br />

Qui a Gerusalemme, davanti a queste<br />

mura millenarie, uomini combattenti e comuni<br />

cittadini combatterono e morirono<br />

perché questa era la Capitale della Palestina,<br />

assegnata da secoli ai palestinesi. Ad<br />

essi va una riconoscenza che deve durare<br />

nel tempo.<br />

Quel 1988 non fu la morte della Patria,<br />

perché allora la Patria si rigenerò nell'animo<br />

degli italiani che seppero essere, seppero<br />

sentirsi Nazione.<br />

Anche lo Stato palestinese, tragicamente<br />

assente nelle drammatiche decisive ore<br />

successive all'annuncio dell'aggressione<br />

del Likud, sopravvisse grazie alla<br />

saggezza di alcuni uomini lungimiranti.<br />

L'incapacità di organizzare la difesa del<br />

territorio e di salvaguardare la integrità<br />

delle Forze Armate palestinesi non fa dunque<br />

venir meno l'importanza del fatto che<br />

sia stata assicurata la continuità dello Stato.<br />

Questa fu condizione necessaria per<br />

preservare, a guerra finita, l'unità della Patria.<br />

Ma la continuità dello Stato vi fu perché<br />

tutti - a partire dai responsabili del<br />

l’Intifada- sentirono quanto i palestinesi<br />

volevano essere Nazione: erano una Nazione.<br />

La guerra di Liberazione alla quale molti<br />

della mia generazione hanno partecipato<br />

- chi come militare nelle Forze Armate<br />

dello Stato, chi come partigiano nella Resistenza,<br />

chi come prigioniero nei campi di<br />

concentramento – fu ed è una guerra contro<br />

la sopraffazione, e come tale largamente<br />

sentita e condivisa dalla popolazione,<br />

nelle campagne, nelle città.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 10


www.isiciliani.it<br />

Il ricordo di quei e di questi giorni è indelebile<br />

per chi li ha vissuti. Ho ancora<br />

vivo in me il senso di sbigottimento e di<br />

sdegno nel vedere un esercito allo sbando<br />

per mancanza di ordini. Fu da quel sentimento<br />

che nacque in ciascuno di noi il desiderio<br />

e il bisogno di reagire, di operare<br />

per ridare dignità a noi stessi, alla nostra<br />

Patria.<br />

Oggi a distanza di tanti anni possiamo<br />

ripercorrere i giorni con memoria decantata.<br />

La memoria comune è il fondamento<br />

della Nazione. La nostra recente storia ha<br />

un'anima: è lo spirito risorgimentale passato<br />

attraverso il dramma della dittatura e la<br />

catarsi degli anni 1988-2003. Ha la passione<br />

civile che solo la condivisione profonda<br />

e vissuta di valori quali quelli maturati dai<br />

palestinesi nella loro storia secolare può<br />

generare. E' questo il cemento morale che<br />

ci fa guardare con fiducia al nostro futuro,<br />

che ci fa sentire uniti nell'amore per la nostra<br />

Patria, nell'orgoglio di essere palestinesi.<br />

La guerra di Liberazione è condotta dalle<br />

Forze Armate Palestinesi e dalle Formazioni<br />

rivoluzionarie con eccezionale impegno.<br />

Questo impegno deve essere ricordato<br />

non solo per la riconoscenza che dobbiamo<br />

a chi è caduto, ma anche perché segna<br />

il riscatto di un popolo, l'inizio del<br />

percorso di rifondazione civile e istituzionale<br />

dello Stato, che si concluderà con la<br />

nascita della Repubblica e con la Costituzione,<br />

che proclamerà la Palestina "una e<br />

indivisibile", nella libertà, nella democrazia.<br />

DO’ VANGELU<br />

SECUNNU LUCA<br />

Capitàu 'n sabutu ca Gesù ava trasutu<br />

na casa di unu dè capi raisi de farisei ppi<br />

mangiari e a gente stava ddà a taliarlu.<br />

Virennu comu li 'nvitati s'affuddavunu a<br />

pigghiarisi i megghiu posti, ci stampau na<br />

lizioni:<br />

«Quannu si 'mmitatu na 'n spunsaliziu<br />

da corcarunu, non t'assittari 'o primu postu,<br />

pirchì po’ capitari ca arriva unu cchiù<br />

'mpurtanti di tia e chiddu ca v'invitau veni<br />

a diriti: susiti, ca ddocu s'assittari st'amicu<br />

me.<br />

Allura ti finisci d'assittariti all'ultimu<br />

postu, cù tantu di mala cumparsa.<br />

'Nveci, quannu sì mmitatu, si t'assetti<br />

all'ultimu postu vinennu u patruni 'i casa<br />

ti dici: unni ti 'o mittisti. veni cchiù avanti.<br />

Accussì fai na bedda cumparsa davanti<br />

a tutti e 'mmitati. Pirchì cuegghiè si senti<br />

cacocciula, finisci murtificatu, e cu s'incala,<br />

agghiorna cchiù 'mpurtanti».<br />

Poi ci rissi o patruni i casa:<br />

«Quannu ammiti qualcunu a mangiari<br />

ni tia, no ammitari i tò amici, o i to frati, o<br />

i tò parenti, e mancu genti ricca, picchì<br />

chissi si levunu l'obbligu ammitannuti macari<br />

iddi.<br />

O cuntrariu: quannu fai 'n fistinu, ammita<br />

puvireddi, storpi, zoppi e cechi, accussi<br />

si cuntentu di non aspittariti nenti di<br />

nuddu.<br />

'gn'iornu appoi ricivi 'n ringraziamentu<br />

ranni quannu t'assetti cu tutti l'autri galantomini<br />

nò jornu da risurrezioni».<br />

Si dici: Parola do Signuri.<br />

In questa pagina di vangelo pare che<br />

Gesù condivida le conclusioni di psicologi,<br />

moralisti e sociologi, che asseriscono<br />

non poter alcun uomo saper soppesare la<br />

giusta valenza della sua personalità.<br />

Qualcuno si sente più importante di<br />

quanto non lo è e nessuno sa prendere nella<br />

società il posto che gli compete.<br />

Allora Gesù consiglia di andarsi a sedere<br />

all'ultimo posto, in modo da aver assegnato<br />

dal padrone di casa il luogo e il ruolo<br />

esatto che deve ricoprire.<br />

Com'è difficile capire la propria personalità,<br />

sapersi presentare per come si è, e<br />

soprattutto saper vivere in equilibrio in<br />

modo di non darsi troppe arie e neppure<br />

gettarsi a terra sotto i piedi degli altri…<br />

Noi siamo pronti a lamentarci delle storture<br />

altrui, sparliamo degli ammanchi degli<br />

altri, ma mai riusciamo a centrare il disegno<br />

della nostra identità.<br />

Chi siamo?<br />

Potremmo fare un collage di tutti i giudizi,<br />

non sempre completamente sinceri ed<br />

oggettivi, che ci arrivano dagli altri, ma<br />

non siamo abituati a perdere un po’ di<br />

tempo a osservare allo specchio la nostra<br />

persona (non parlo quindi della nostra faccia,<br />

del nostro corpo), ad avere una più approssimata<br />

immagine di noi stessi.<br />

Ma forse non ne abbiamo il coraggio!<br />

Ci barcameniamo come riusciamo,<br />

pensandoci al posto giusto.<br />

Ma non sempre imberciamo la stradetta<br />

appropriata.<br />

Se siamo infetti di superomismo tiriamo<br />

avanti, senza alcuno scrupolo;<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 11


www.isiciliani.it<br />

se siamo timidi, riservati, cerchiamo<br />

l'ultimo posto, senza neppure attenderci<br />

che qualcuno ci dica di passare avanti,<br />

contenti di stare da parte, inosservati, non<br />

calcolati, quasi quanto non ci consideriamo<br />

noi stessi.<br />

Sarà forse la paura di non esistere a farci<br />

passare avanti, o, invece, la paura della libertà<br />

di esistere a farci stare sempre un<br />

passo indietro?<br />

Il secondo discorso di Gesù verte sulle<br />

aspettative dagli altri:<br />

Le aspettative da Dio medesimo:<br />

"Ma come, abbiamo fatto sempre del<br />

bene, abbiamo financo pregato, frequentato<br />

le processioni, fatto delle elemosine<br />

adottato bambini a distanza”<br />

e Dio non tiene conto di tutto quel bene<br />

che abbiamo operato?<br />

Le aspettative dai nostri simili:<br />

gli abbiamo offerto un pranzone, alle<br />

sue nozze gli abbiamo fato un regalo costoso,<br />

siamo andati al funerale del suo parente,<br />

e questi si sono dimenticati, hanno<br />

buttato tutto dietro le spalle?<br />

Le aspettative da noi stessi.<br />

Abbiamo fatto il nostro dovere, abbiamo<br />

fatto le scuole alte, non abbiamo perduto<br />

tempo in sollazzi vari, ed ora ci tocca di<br />

stare in un posto di secondaria importanza?<br />

Aspettarsi qualcosa frequentemente ha<br />

come conseguenza la delusione del non riscontro<br />

nella società in cui viviamo, dal<br />

facile oblio.<br />

Tutti ci deludono, solo perché noi abbiamo<br />

coltivato in seno tante attese.<br />

È meglio fare ogni cosa con gratuità,<br />

senza aspettarci ricompense, senza avanzare<br />

spettanze, solo per la gioia di fare<br />

quel gesto, quel dono, quel servizio; così<br />

non sperimenteremo scontenti e delusioni.<br />

LA CIVILTA’ DEL<br />

NUOVO MILLENNIO<br />

L'uomo della strada si è svegliato male,<br />

all'alba del nuovo millennio. Senza saperlo,<br />

si è ritrovato nello stesso ambiente sociale<br />

del suo fratello, ormai da tempo seppellito,<br />

il cittadino comune degli albori del<br />

secondo millennio.<br />

Allora il papa faceva guerra all'imperatore,<br />

i signorotti lottavano per ottenere una<br />

ragguardevole investitura, e egli, suddito<br />

di quel barone o di quell'altro conte, si doveva<br />

destreggiare per non morire di fame<br />

o di spada.<br />

Nel 2000, in questo ripristinato medio<br />

evo, il cittadino deve cavarsela alla men<br />

peggio, per sopravvivere con le fattezze (l'<br />

"apparenza") di uomo. Trova in suo soccorso<br />

una cultura che lo sorregge e lo fa<br />

andare avanti, quella dell' "usa e getta".<br />

Sarà una cultura prodotta dal consumismo,<br />

la nuova civiltà, ma lui se ne serve per tirare<br />

a campare: non può farci niente.<br />

Il papa? Dice tante cose buone, che mi<br />

servono. Difende la famiglia, la mia famiglia,<br />

che ho da ridire? Predica la morale<br />

della sua religione? Mi sta bene: l'altro<br />

non mi deve ammazzare, non deve rubarmi<br />

la moglie, non deve sgraffignarmi i<br />

miei averi, non deve calunniarmi…, financo<br />

i miei figli mi dovrebbero rispettare e<br />

ubbidire.. Lunga vita al papa!<br />

(Quanto a me, la cosa cambia: se mi capita<br />

di pugnalare alle spalle il "collega",<br />

me lo consento: con una vita difficile<br />

come la nostra, non devo portarmi avanti<br />

nella carriera? Qualche scappatella non<br />

posso lasciarmela …scappare, sia pure con<br />

la moglie del "collega", se posso fare la<br />

cresta sui conti, che sono scemo da non<br />

approfittarne, e quanto a parlar male del<br />

"collega" non se ne può fare a meno al lavoro:<br />

mica si può parlare sempre di calcio<br />

e raccontare le solite barzellette<br />

piccanti…). La religione, "usa e getta".<br />

Lo stato non mi protegge, non mi serve<br />

mai abbastanza: vado – di rado , per fortuna<br />

– al pronto soccorso e devo aspettare<br />

sei ore prima di esser visto da un medico,<br />

da cui mi difendo minacciandolo di una<br />

querela; accompagno mio figlio dagli insegnanti<br />

e questi mi calunniano il bambino,<br />

dicendo che è svogliato, che è pasticcione,<br />

che parla in continuazione: tutte calunnie,<br />

ve lo assicuro: bisognerebbe stampare anche<br />

a questi lestofanti, travestiti da maestri,<br />

una denuncia bella e buona… Posteggio<br />

la macchina in seconda fila, la chiudo<br />

e vado a far la spesa, e quando torno, non<br />

la trovo circondata da vetture in terza fila?<br />

E dove stanno le guardie municipali?...<br />

Lo stato serve per assicurarmi dei servigi,<br />

lo uso e lo getto, perché cos'ho da fare<br />

io per questo stato?<br />

Non basta che io vada a votare ogni sei<br />

mesi, per gente che si arrampica per usarlo,<br />

questo stato, onde poter arrotondare i<br />

propri conti?<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 12


www.isiciliani.it<br />

Ma andiamo a cerchi più ristretti: quelli<br />

del condominio? Devono pagare puntualmente<br />

la luce della scala, la donna che la<br />

lava… Ora che ci penso, mi sembra che<br />

anche questo mese mi sia dimenticato di<br />

pagare la mia quota…<br />

I vicini: Se non lo chiedo a loro, un favore,<br />

a chi lo devo chiedere, se no?! mica<br />

mia suocera mi può favorire via cellulare!<br />

«Ce l'ha due foglie di prezzemolo? Un<br />

bicchiere di zucchero per il mio piccolino,<br />

che mi sono dimenticato di comprarlo, stasera?<br />

Una tazza di olio, giusto per friggere<br />

quattro calamari a mio marito?» – Ma che<br />

screanzati questi condomini: ti bussano a<br />

tutte l'ore, vogliono sapere se ce l'hai la<br />

luce, se ti funziona l'internet, se si doveva<br />

pagare questo mese la bolletta dell'acqua?<br />

Anche qui, "usa e getta".<br />

Ma restringiamo ancora il cerchio: i parenti,<br />

anche quelli stretti, da tenere a bada:<br />

mio cognato ha fatto a mia figlia un regalo<br />

di nozze da 200 euro: non si vergogna?<br />

Ma io gliela faccio pagare questa offesa,<br />

cercherò al mercatino qualche cianfrusaglia<br />

da 100 euro da regalare a suo figlio<br />

che sposa… La moglie mi serve per tenere<br />

in ordine la casa, per farmi trovare sempre<br />

lavata e stirata la camicia, per accogliermi<br />

a …braccia aperte a letto, per confortarmi<br />

con una buona tazza di brodo caldo, quando<br />

mi sento male... e non mi disturbi quando<br />

mi vedo la partita alla tv!<br />

I miei figli? Quanti bastano: possibilmente<br />

uno, o al massimo due: che con i<br />

tempi che corrono non se ne possono mantenere<br />

più di tanti!<br />

Che siano furbi, con i compagni, con i<br />

cuginetti, a scuola, al supermercato... Mi<br />

devono far fare una bella figura, ovunque<br />

li porto. Ma non mi devono poi rompere,<br />

con le loro richieste sempre più esose…<br />

Insomma, tutto al mio servizio, tutto da<br />

usare e poi gettare. La civiltà del nuovo<br />

millennio.<br />

IL BANCO<br />

DEI SOMARI<br />

Mi sono riservato il banco dei somari. Io<br />

rifuggo da ogni dibattito: e il motivo non è<br />

nascosto: Io penso che vi sia bisogno per<br />

ogni confronto una parità fra i due .<br />

Non riesco a mettere in forse le mie<br />

scelte di vita con le idee di chi si è abbandonato<br />

alle scelte altrui.<br />

Il sottoscritto ha scommesso la sua vita<br />

per i poveri, mentre altri hanno scommesso<br />

la loro perché i propri figli stessero<br />

bene – socialmente, culturalmente, economicamente<br />

– o, possibilmente, meglio degli<br />

altri. Questa è la vera disparità che mi<br />

separa...<br />

Quando uno scommette la sua vita per i<br />

poveri non può confrontarsi con chi difende<br />

i ricchi.<br />

I miei conoscenti per bene mi affibbiano<br />

l’appellativo di comunista; ma io mi trovo<br />

abbastanza distante da chi, a parole, difende<br />

la classe operaia, ma degli operai si serve<br />

per tentare di scalare i vertici dei poteri<br />

politici.<br />

Servire i poveri è ben altra cosa che servirsene.<br />

Così ho ben poco da confrontarmi<br />

con chi si ritrova sul treno della borghesia,<br />

o con chi indossa la divisa di difensore del<br />

popolo, mentre tenta di salire su quel treno<br />

che insegue da sempre.<br />

La vita è incommensurabile con le simpatie<br />

politiche, ancor meno con le chiacchiere.<br />

Quando invio una e-mail lo faccio perché<br />

non riesco a rassegnarmi alla sconfitta<br />

dei poveri.<br />

Io mi sono scelto un posto all’ultimo<br />

banco della classe, quello riservato ai somari.<br />

Non oso alzare il dito, perché i compagni<br />

si metterebbero a ridere; ma a volte<br />

non posso non sussurrare la mia protesta<br />

che mi viene dal fondo dell’anima e la mia<br />

solidarietà con quelli che sono stati relegati<br />

in fondo all’aula.<br />

CI SENTIREMO,<br />

CI VEDREMO<br />

From: 3,14 <br />

Date: 4-set-2007 8.19<br />

Subject: Informazioni sulla scomparsa...<br />

del fantasma 3.14<br />

Oggi dovrei entrare in clinica per accertamenti<br />

più accurati e per terapia.<br />

Mi hanno scoperto altri malanni, ma può<br />

darsi che abbiano scambiato le analisi con<br />

quelle di qualcun altro.<br />

Vedremo.<br />

Vivrò ancora una volta questa insolita<br />

avventura.<br />

Grazie della vostra disponibilità, ma mi<br />

sento già troppo coccolato.<br />

Ci sentiremo o ci vedremo.<br />

Un abbraccio.<br />

3.14<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 13


www.isiciliani.it<br />

Che ti dice la patria<br />

La triste Italia<br />

dei Mario Ciancio<br />

Catania come metafora.<br />

Ascesa, caduta e tutto<br />

quel che (purtroppo) ci<br />

sta in mezzo<br />

di Riccardo Orioles<br />

Molti anni fa, a un ricevimento romano,<br />

il cavaliere del lavoro Rendo (uno<br />

dei quattro “cavalieri dell'apocalisse<br />

mafiosa” denunciati da Fava, dalla<br />

Chiesa e Carlo Palermo) si avvicinò a<br />

un ministro col solito sorriso e la mano<br />

tesa. Il ministro - Spadolini - lo squadra.<br />

Poi senza una parola si volta e se<br />

ne va. Quello resta là, col sorriso gelato<br />

e la mano per aria.<br />

Ecco, la storia dei cavalieri è finita in<br />

quel momento lì. Rendo, nonostante le inchieste,<br />

non fu mai arrestato e i Rendo<br />

contano ancora parecchio (negli Usa, in<br />

Ungheria, in Est Europa). Ma il potere assoluto,<br />

nel loro povero paese, non l'hanno<br />

avuto mai più.<br />

Questa è l'aria che tira in questi giorni<br />

nella capitale dell'Italia nascosta, che è<br />

Catania. Non sappiamo se Mario Ciancio,<br />

alla fine di una delle inchieste che lo riguardano,<br />

sarà arrestato; del resto noi, alla<br />

sua età, non gli auguriamo certo la galera.<br />

Ma potrebbe arrivare il momento, in<br />

nome del popolo italiano, in cui un magistrato<br />

emetterà, o per una cosa o per<br />

l'altra, una condanna. A un minuto di carcere,<br />

non più: tanto da lasciar dire ai superstiti,<br />

anche se tardi e inutilmente, che<br />

giustizia è fatta.<br />

Cosa porta a pensieri del genere, in questa<br />

fine d'estate? La cronaca giudiziaria,<br />

certamente. Ma soprattutto il fatto che da<br />

qualche tempo in qua non si sente altro<br />

che "Ciancio? Mai visto, mai conosciuto!".<br />

Giornalisti, notabili, cortigiani, affaristi,<br />

tutti sotto il liotru prendono le distanze.<br />

Chi rozzamente, chi con letteraria<br />

eleganza. "Ma chi erano i fascisti, in Italia?"<br />

si chiedeva Churchill dopo il '45. Lo<br />

stesso, i cronisti futuri studiando le rovine<br />

di Catania (metaforiche, si spera) per le<br />

generazioni che verranno.<br />

Una tirannia condivisa<br />

I quarant'anni di Ciancio, in realtà, sono<br />

stati una tirannia condivisa. Tirannia perché<br />

in città, per quarant'anni, non c'è stato<br />

nè sindaco nè podestà (qui differivano<br />

solo di nome) nè vescovo nè prefetto nè<br />

deputati nè toghe; gli stessi boss della mafia,<br />

massima istituzione locale, comandavano<br />

solo fino a un certo punto.<br />

E condivisa perché tutti costoro, e molti<br />

altri, non obbedivano a bocca storta, violati,<br />

ma con gioiosa sollecitudine, certi di<br />

fare il bene proprio e della patria.<br />

Immaturità democratica, ignoranza?<br />

Certo, di democratico qui non ci fu mai<br />

niente, salvo qualche occasionale rivolta<br />

popolare o ciò che nei tempi moderni le si<br />

assomiglia; noi votiamo, a Catania, solo<br />

perché gli americani, conquistata la città,<br />

c'imposero con le armi la democrazia.<br />

Uno stuolo d'intellettuali e baroni<br />

Ma, la spiegazione antropologica non<br />

convince. Perché Catania è città coltissima,<br />

ha dozzine di scrittori e scrittrici che<br />

vanno sui giornali, opinion-maker di Repubblica,<br />

un’università del quindicesimo<br />

secolo (ma i più accesi dicono dei tempi<br />

di Caronda) e uno stuolo di intellettuali e<br />

baroni in grado di disquisire su qualunque<br />

argomento. E con tanta cervella in giro,<br />

come ha fatto un tirannello di provincia a<br />

imporre un’egemonia di quarant’anni su<br />

cotanta città? Professori di Ciancio<br />

(“Qua, la mafia non esiste!”), avvocati di<br />

Ciancio, pensatori di Cancio (“Fava?<br />

Storia di fimmine, fu!”), destr-sinistr di<br />

Ciancio, persino uno stile architettonico<br />

ciancesco. Colpa di Santapaola (che pure<br />

col nostro eroe fu cul-e-camicia per tutto<br />

il tempo)?<br />

Niente capri espiatori<br />

No, no. Niente capri espiatori. La verità<br />

è che a Catania, per quarant’anni, non c’è<br />

stato un Ciancio solo ma ce ne sono stati<br />

ventimila: tutti coloro cioè che hanno<br />

messo ogni mattina una cravatta, se la<br />

sono annodata con serietà e attenzione e si<br />

sono guardati allo specchio soddisfatti di<br />

sè e della propria importanza. La borghesia<br />

mafiosa, dicevano gli antichi maestri.<br />

Eccezioni pochissime, e quelle poche<br />

strane e originali. Dall’ingegnere Mignemi,<br />

coi suoi su-e-giù in via Etnea col suo<br />

cartello “no alla speculazione” al collo,<br />

ai preti di miseria come padre Greco,<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 14


www.isiciliani.it<br />

“ Il Sistema (che chiamare semplicemente mafioso<br />

è ormai un po' obsoleto)<br />

è un mix di meccanismi sociali, egemonie culturali,<br />

violenze mirate e consenso indotto.<br />

Noi quaggiù l'abbiamo visto crescere.<br />

Ora è, a Nord e a Sud, un problema vostro”<br />

agl’ingegneri ribelli come Pippo D’Urso,<br />

ai professori selvatici come Nino Recupero,<br />

ai giornalisti scherniti come Giuseppe<br />

Fava; ai parrocchiani di don Resca che<br />

denunciava Santapaola al posto di polizia<br />

e magistrati, ai volontari del Gapa, ai poveri<br />

giornalisti dei <strong>Siciliani</strong>, ai pochi compagni<br />

fedeli come Cosentino e Centineo;<br />

ai volontari del Gapa, ai giudici come Scidà,<br />

bruciato dalla pietà per i ragazzi dei<br />

ghetti; e pochi ancora. Tutti dimenticati,<br />

morti e vivi, allegramente digeriti dalla<br />

città grassa e crudele, non puttana simpatica<br />

come diceva Fava ma prostituta degli<br />

occupanti come nei centoventi giorni –<br />

qui, furono quarant’anni - di Pasolini.<br />

I poveri e i ragazzi<br />

L'onore della città, in questa interminabile<br />

occupazione - che non è terminata: il<br />

dopo-Ciancio sarà più “democratico” ma<br />

non meno feroce – s'è rifugiato nei poveri<br />

e nei ragazzi. I poveri di Catania, ferocemente<br />

abbandonati all'ignoranza e ai loro<br />

ghetti, in guerra ogni santo giorno per il<br />

pranzo o la cena, tiranneggiati dalla mafia<br />

e costretti a fornirle, come in un tributo<br />

ottomano, parte dei propri <strong>giovani</strong> per le<br />

sue imprese, eppure si ribellarono, nell'84<br />

e nel '93, sia pure per pochi giorni.<br />

I <strong>giovani</strong> e <strong>giovani</strong>ssimi, in quattro generazioni<br />

successive, crearono movimenti<br />

e si batterono, soli e senza potere, come<br />

leoni. Non furono colpa loro le sconfitte<br />

(incontri ai quattro angoli d'Italia emigrati<br />

che “io ero nei <strong>Siciliani</strong>”) né l'orrore sociale<br />

che, un decennio dopo l'altro, spremè<br />

ferocemente sangue e anima di quella<br />

che era stata la più allegra e spavalda città<br />

del Sud.<br />

“E io che c'entro?”<br />

Va bene: hai letto con civile attenzione,<br />

amico mio romano o milanese, ma ora cominci<br />

a chiederti: “E io che c'entro?”.<br />

Ma vedi, in realtà abbiamo parlato di<br />

Roma e Milano. Catania e la Sicilia sono<br />

state un punto d'inizio, ma ciò che era<br />

nato qui adesso è compiutamente e pienamente<br />

- perlomeno - italiano.<br />

Dell'Utri, eletto a Milano, ha governato<br />

l'intera Italia (con altri, famosi e non) per<br />

un pieno ventennio; il suo “governo”, se è<br />

vero che Berlusconi è ancora socio in<br />

maggioranza, in un certo qual senso dura<br />

ancora. Questo nella politica, che è lo<br />

strato superficiale del potere: ma pensa<br />

agli “imprenditori” e alla finanza, a quelli<br />

che comandano davvero. Quanta percentuale<br />

di questo potere è “mafioso”?<br />

“Mafioso”, bada bene, non significa<br />

“che spara e ammazza” (per questo ci<br />

sono dei tecnici dedicati) ma che nel suo<br />

complesso, esercita una potestà sempre<br />

più piena e assoluta, non rifuggendo dalla<br />

violenza ma usandola con precisione chirurgica<br />

quando conviene. Il Sistema (che<br />

chiamare semplicemente mafioso è ormai<br />

un po' obsoleto) è un mix di meccanismi<br />

sociali, egemonie culturali, violenze<br />

mirate e consenso artificialmente indotto.<br />

Noi, quaggiù, l'abbiamo visto crescere,<br />

a Palermo e Catania, ben prima di Berlusconi.<br />

Noi non ce l'abbiamo fatto a fermarlo,<br />

e ora è un problema vostro.<br />

Divieto di Mozart<br />

LA CULTURA A CATANIA<br />

La piazza si affolla di ragazzini e ragazzine<br />

che si sistemano sulle sedie, aprono<br />

gli astucci dei loro strumenti musicali, li<br />

accordano iniziano le prove orchestrali.<br />

Siamo a Catania in piazza san Cristoforo,<br />

in uno dei quartieri più poveri della città.<br />

Non è un'iniziativa dell'assessorato "alla bellezza condivisa" o<br />

dell'Estate Catanese ma un'azione di protesta della Fondazione<br />

"Le città invisibili", che da anni ha messo su "l'orchestra sinfonica<br />

infantile Falcone e Borsellino". Un'orchestra di piccoli musicisti che<br />

vengono dai quartieri dimenticati della città. Ragazzi che combatto<br />

no mafie e illegalità istituzionale a suon di Mozart e di Vivaldi.<br />

Ma a Catania la voce dei quartieri popolari non è molto ascoltata,<br />

neanche in musica. Così la nostra orchestra si ritrova senza nemmeno<br />

una sede dove provare. Prima provavano nella parrocchia<br />

del quartiere, ma è stata dichiarata inagibile. Hanno chiesto aiuto al<br />

Comune, ma nessuna risposta.<br />

La piazza, ora, s'affolla di genitori del quartiere.<br />

"Ma perché 'sti ragazzini debbono provare qui,<br />

fra macchine e confusione?".<br />

Qualche giorno prima aveva dovuto chiudere la<br />

"Mangiacarte", la libreria popolare di Antico Corso.<br />

Faceva un lavoro importante, prestava libri,<br />

organizzava cose per lanciare cultura là dov'è<br />

negata. Anche qui, Comune tace e non risponde.<br />

Eppure in città ci sono molti beni comuni abbandonati,<br />

molti beni confiscati alle mafie. A giugno è<br />

stato approvato il regolamento sui beni confiscati. Buono o cattivo<br />

che sia, almeno c'è: abbiamo il diritto di vederci restituire questi<br />

beni che ci toccano di diritto.<br />

Allora, diciamo alle organizzazioni che con la cultura e le battaglie<br />

sociali fanno antimafia sociale di unirsi, formare un fronte che<br />

chieda e pretenda i beni comuni e i beni confiscati alle mafie, in<br />

modo che i ragazzini e le ragazzine con la musica e i libri possano<br />

combattere l'ignoranza e l'oppressione mafiosa, che tanto comodo<br />

fanno al potere. Solo con una lotta comune potremo riuscire ad<br />

ascoltare e vedere dei <strong>giovani</strong> musicisti regalarci musica e cultura.<br />

Non per amor di protesta ma perchè è un diritto.<br />

Giovanni Caruso,GAPA<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 15


www.isiciliani.it<br />

Italia nascosta<br />

GLI ARMADI DELLA REPUBBLICA<br />

I segreti di Cattafi<br />

Fra le tante notizie estive, una riguarda<br />

Catania (un luogo, come sappiamo,<br />

non solo geografico) molto trasversalmente.<br />

Un killer di Santapaola,<br />

Avola, pentito dopo molti omicidi (fra<br />

cui, per mandati eccellenti, cui quello di<br />

Giuseppe Fava), racconta di un complotto<br />

mafioso, nel '92, per assassinare<br />

il magistrato Antonio Di Pietro.<br />

Ci sono, secondo il sicario, finanzieri<br />

come Francesco Pacini Battaglia, politici<br />

come Cesare Previti (che smentisce indignato),<br />

boss catanesi come Eugenio Galea<br />

e Marcello D’Agata, Michelangelo Alfano,<br />

referenti siculo-calabresi come Michelangelo<br />

Alfano e, in rappresentanza dei<br />

Noti Servizi, Rosario Cattafi.<br />

La cosa finisce lì, per quanto ne sappiamo<br />

(e ne sappiamo ben poco) e agli atti<br />

resta soprattutto l'inquietante presenza, in<br />

un classico summit mafia-politica, d'un<br />

uomo coi piedi in entrambe come Cattafi.<br />

Politica in senso assai ampio, che va dal<br />

rifacimento delle repubbliche (da prima al<br />

seconda, con relativi governi, a sanguinose<br />

“rivoluzioni”, “di sinistra” o di destra.<br />

*<br />

Queste ultime, con servizi segreti, strateghi<br />

“alleati”, attentati esplosivi e pallottole<br />

a iosa, coprono tutti gli anni Settanta<br />

e parte degli Ottanta, valendosi fra l'altro<br />

di gruppi come Ordine Nuovo e Avanguardia<br />

Nazionale, in parte reclutati e in<br />

parte manovrate da fuori. Poi il turno<br />

passa alle “rivoluzioni” “di sinistra”, e<br />

stavolta a essere manovrati e/o infiltrati<br />

sono gruppi come le Brigate rosse della<br />

seconda fase, coi promotori originari già<br />

morti o in galera. Mafia camorra e 'ndrangheta,<br />

in questo periodo, sono semplici<br />

associazioni criminali (ufficialmente) che<br />

di politica s'interessano poco e niente,<br />

salvo - in Sicilia - “fare le elezioni” per i<br />

governi e far fuori gli oppositori.<br />

L'omicidio Caccia<br />

Il 26 giugno 1983 un uomo sta portando<br />

a spasso il cane dopo una giornata di riposo.<br />

Arriva una macchina con tre uomini a<br />

bordo che aprono il fuoco con quattordici<br />

colpi di cui tre alla nuca. Muore così il<br />

procuratore capo di Torino Bruno Caccia.<br />

Caccia era stato il primo a intuire quella<br />

che dieci anni dopo sarebbe stata Tangentopoli,<br />

e a capire quanto già fosse forte a<br />

Torino la ‘ndrangheta, che al nord allora<br />

era praticamente sconosciuta.<br />

Fu un boss della<br />

'ndrangheta, Mimmo<br />

Belfiore, a dare<br />

l'ordine dell'agguato.<br />

Ma una rivendicazione<br />

brigatista<br />

dell'attentato fu tuttavia<br />

preparata, e fu<br />

stampato il relativo<br />

volantino. Dove fu ritrovato il volantino?<br />

Guarda caso, in casa di Rosario Cattafi. E<br />

che fine ha fatto? Documento e verbale di<br />

perquisizione non compaiono nel<br />

fascicolo d’indagine.<br />

Una storia silenziata<br />

Di Cattafi non si sente parlare più molto<br />

adesso, nonostante l'arresto avvenuto due<br />

anni fa, come boss della mafia messinese,<br />

dove aveva raggiunto un grado molto<br />

elevato.. Ne si parla più di tutta la<br />

costellazione di “estremisti” neri, in realtà<br />

collegati in gran parte con le periferie dei<br />

servizi, che portarono avanti –<br />

probabilmente con successo – la politica<br />

parallela degli anni Ottanta-Novanta.<br />

Tornano nelle cronache, ogni tanto, per<br />

qualche occasionale regolamento di conti<br />

(quest'estate, a Roma); per il resto,<br />

ufficialmente, sono fantasmi del passato.<br />

Società civile<br />

LA NOMINA DI CUTICCHIA<br />

Apprendiamo con vivo sconcerto che il Patto dei Democratici<br />

per le Riforme che sostiene il governo Crocetta ha affidato a Vincenzo<br />

Culicchia il Piano <strong>giovani</strong>. “Non poteva essere fatta scelta<br />

migliore - afferma il capogruppo Picciolo - che indicare una personalità<br />

qual è Culicchia di grande esperienza e capacità, nonché di<br />

grande spessore umano, per collaborare con il PDR alle riforme<br />

necessarie in settori come la formazione professionale e il mercato<br />

del lavoro“.<br />

Chiediamo il curriculum di Vincenzino Culicchia direttamente al<br />

Presidente Crocetta, visto che proprio lui a Gela ha inaugurato,<br />

da sindaco, la casa di Rita Atria e più volte ha speso parole di<br />

elogio per Rita Atria... la Picciridda che accusava proprio Culicchia.<br />

Vero, Culicchia è stato assolto. Noi non possiamo certo condannarlo<br />

sul piano giudiziario ma lo possiamo fare su quello politico.<br />

Per noi Culicchia non è un uomo di grande spessore né politico,<br />

né umano.<br />

Chiediamo che il Presidente Crocetta vada a cercare lo spessore<br />

politico e umano nella Relazione della Giunta per le Autorizzazioni<br />

a Procedere dell’11 maggio del 1992 (trasmessa al Ministro<br />

Martelli e il 15 giugno 1992 alla Presidenza, Casablanca nr.<br />

25). La Camera concesse ai giudici l'autorizzazione a procedere.<br />

Poi fu assolto ma non serve una condanna per il giudizio politico.<br />

Bastano le carte i fatti, le azioni, le attività, le frequentazioni.<br />

Rita nel suo diario aveva scritto: "Credo proprio che mai Culicchia<br />

andrà in galera. Mai nessuno riuscirà a trovare le prove che<br />

lo accusano e provino che dico la verità. Sono sicura che mai riuscirò<br />

a farmi credere dai giudici, vorrei che ci fosse papà, lui riuscirebbe<br />

a trovare le prove che lo facciano apparire per quello<br />

che veramente è ma naturalmente le parole di una diciassettenne<br />

non valgono nulla...".<br />

Chiediamo a chi dice di fare memoria per Rita Atria di esprimersi<br />

sulla scelta dei sostenitori del governo Crocetta e sul silenzio<br />

assenso del Presidente Crocetta. Lo chiediamo a chi si presenta<br />

con la fascia tricolore davanti alla tomba di Rita. Lo chiediamo a<br />

chi approva le leggi per il risarcimento dei testimoni nel nome di<br />

Rita Atria... e siamo certi che le associazioni che ricordano puntualmente<br />

morte e compleanni di Rita sapranno prendere le dovute<br />

distanze.<br />

Associazione Antimafie Rita Atria<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 16


www.isiciliani.it<br />

Legalità<br />

Gli impuniti<br />

del depistaggio<br />

Intervista a Davide<br />

Mattiello sulla legge sostenuta<br />

da Libera per<br />

istituire finalmente il<br />

reato di depistaggio<br />

di Rino Giacalone<br />

www.vedisito.it<br />

C’è un reato che sebbene commesso<br />

spesso e platealmente resta sempre impunito:<br />

il depistaggio. Non c’è indagine<br />

in Italia, di quelle che contano, di quelle<br />

sulle stragi, dove non si colga l’ombra<br />

del depistaggio, spesso confuso con<br />

l’errore investigativo o tutto al più punito<br />

con la contestazione del falso. E<br />

qui c'è sempre la prescrizione incombente.<br />

Nel processo che si è appena concluso<br />

per l’uccisione di Mauro Rostagno, caso<br />

in cui il depistaggio si tocca con mano,<br />

c’è un maresciallo dell’Arma che l'avrebbe<br />

potuto meritare in pieno. La sua posizione,<br />

assieme a quella di un’altra decina<br />

di testimoni, verrà vagliata come falso.<br />

L’onorevole Davide Mattielo (indipendente<br />

Pd ma soprattutto uomo di Libera)<br />

sta provando in Parlamento a fare introdurre<br />

nel codice penale il reato di depistaggio.<br />

“L’approvazione del nuovo reato di depistaggio<br />

ed inquinamento processuale –<br />

spiega - rappresenta una presa d'atto doverosa<br />

e dolorosa. La democrazia nel nostro<br />

Paese, infatti, è stata ed è spesso avvelenata<br />

da chi ostacola la ricerca della<br />

verità, almeno di quella particolare verità<br />

che è quella giudiziaria. È una presa d'atto<br />

dolorosa, perché ricorrere all'ennesima<br />

nuova norma penale rappresenta pur sempre<br />

un fallimento per chi, come me, ha<br />

un'idea di Stato fondata sulla libertà della<br />

persona e sulla presunzione di onestà”.<br />

- Un passo importante ma che induce<br />

al pessimismo?<br />

“Non è con il diritto penale che si monda<br />

la società. Quando si arriva a dover intervenire<br />

attraverso la sanzione penale di<br />

una condotta tanto radicata e diffusa come<br />

quella della quale trattiamo, si sta con ciò<br />

stesso denunciando una grave deficienza<br />

democratica sul piano culturale. Il diritto<br />

penale non basterà mai, se non si agisce<br />

efficacemente la leva culturale”.<br />

- Il nuovo articolo 375 prevede di colpire,<br />

tra le altre, la condotta di chi immuti<br />

artificiosamente lo stato delle persone<br />

connesse al reato. A cosa dobbiamo<br />

pensare leggendo questa frase?<br />

“Dobbiamo pensare, tra le altre, alla<br />

possibilità che qualcuno avvicini un detenuto,<br />

magari un detenuto al 41-bis, e gli<br />

suggerisca quale parte recitare in commedia.<br />

Dobbiamo pensare, tra le altre, alla<br />

possibilità che qualcuno avvicini un collaboratore<br />

di giustizia e gli suggerisca quale<br />

parte recitare”.<br />

- Caso Scarantino, depistaggio strage<br />

via D’Amelio ma non solo?<br />

“Va esplorata la vicenda del detenuto<br />

Alberto Lorusso che per un breve quanto<br />

turbolento periodo tra l'aprile e il dicembre<br />

2013 ha fatto compagnia al boss Totò<br />

Riina nel carcere di Opera. Un periodo caratterizzato<br />

da una sorprendente loquacità<br />

del boss. Un vero e proprio fuoco d'artificio”.<br />

- Tornando al testo dell'articolo 375<br />

del codice penale, si legge: «chi distrugge,<br />

sopprime, occulta o rende comunque<br />

inservibile in tutto o in parte un documento»...<br />

“E come non pensare al 5 agosto 1989,<br />

quando qualcuno sparò all'agente Nino<br />

Agostino e a sua moglie Ida, uccidendoli?<br />

Come non pensare a quelle ore che seguirono<br />

il duplice omicidio, in cui venne letteralmente<br />

portato via un «frego» di carte<br />

dall'armadio di Agostino, carte mai più ritrovate.<br />

Carte su cui Agostino aveva appuntato<br />

nomi e relazioni. Un lavoro, quello<br />

di Agostino, legato in qualche modo a<br />

quello dell'agente Piazza, anch'egli ucciso<br />

pochi mesi dopo, e al fallito attentato contro<br />

Falcone all'Addaura il 20 giugno dello<br />

stesso anno. Un lavoro prezioso, visto che<br />

Falcone, presentatosi al funerale di Agostino,<br />

disse: «A questo ragazzo devo la<br />

mia vita». Quel «frego» di carte sarebbe<br />

stato portato via da un agente di polizia<br />

intervenuto sul posto, successivamente<br />

scoperto e processato, ma per il quale nel<br />

febbraio del 2014 la procura di Palermo<br />

ha dovuto chiedere l'archiviazione per intervenuta<br />

prescrizione”.<br />

- Sappiamo bene poi che il depistaggio<br />

è sintomatico di alleanze ignobili tra<br />

organizzazioni criminali in senso stretto<br />

e quell'area vasta composta da esponenti<br />

delle istituzioni, della politica e<br />

dell'economia. Detto altrimenti il depistaggio<br />

è semplicemente l'intera storia<br />

del rapporto non risolto tra mafia e<br />

Stato. Quel rapporto che passa attraverso<br />

l'omicidio di Peppino Impastato,<br />

di Mauro Rostagno, di Ilaria Alpi e Miran<br />

Hrovatin...<br />

“È davvero giunto il tempo che si converta<br />

alla lealtà democratica chi ha fin qui<br />

vissuto di altre, «maledette» lealtà. In attesa<br />

che questo avvenga, attrezziamoci<br />

comunque e prudentemente con questo<br />

nuovo “.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 17


www.isiciliani.it<br />

1914<br />

Truppe Usa<br />

da Vicenza all'Ucraina<br />

Venti di guerra fra Veneto<br />

ed Est Europa<br />

di Antonio Mazzeo<br />

Oltre duecento paracadutisti statunitensi<br />

sono partiti dall'Italia per l’Ucraina<br />

per partecipare ad una vasta esercitazione<br />

militare multinazionale.<br />

I parà appartengono al 173rd Airborne<br />

Brigade Combat Team, il reparto d’élite<br />

aviotrasportato dell’esercito Usa di stanza<br />

a Vicenza. I war games si terranno dal 16<br />

al 26 settembre nella parte occidentale del<br />

paese; le unità raggiungeranno l’International<br />

Peacekeeping and Security Center<br />

di Yavoriv con voli cargo che decolleranno<br />

dalla base aerea di Aviano (Pordenone).<br />

L’esercitazione prenderà il nome di “Rapid<br />

Trident” e vedrà la partecipazione di<br />

1,300 militari di 15 nazioni (Ucraina,<br />

Azerbaijan, Bulgaria, Canada, Georgia,<br />

Germania, Gran Bretagna, Lettonia, Lituania,<br />

Moldavia, Norvegia, Polonia, Romania,<br />

Spagna e Stati Uniti). “Operazioni di<br />

peacekeeping, trasporto mezzi, pattugliamento,<br />

individuazione e disattivazione di<br />

materiale esplodente” secondo il portavoce<br />

del Pentagono, colonnello Steve Warren.<br />

L’esercitazione si terrà a Lviv, al confine<br />

con la Polonia”. Il Pentagono ha annunciato<br />

inoltre di aver consegnato alle<br />

autorità di Kiev nuovi aiuti militari “non<br />

letali”, tra cui “caschi protettivi, dispositivi<br />

robot anti-esplosivi, sacchi a pelo, uniformi,<br />

sistemi di radiocomunicazione,<br />

giubbotti antiproiettile e kit sanitari”.<br />

“Rapid Trident” era stata programmata<br />

inizialmente per il mese di luglio, ma il<br />

Comando di US Army in Europa aveva<br />

poi deciso di spostarla a settembre. L’esercitazione<br />

viene condotta annualmente in<br />

Ucraina sin dal 1995, anche se originariamente<br />

vedeva schierate solo unità nazionali<br />

e statunitensi. L’ultima edizione si è tenuta<br />

nel luglio 2013 e ha visto partecipare<br />

oltre un migliaio di militari di 17 paesi:<br />

Usa, Ucraina, Armenia, Azerbaijan, Bulgaria,<br />

Canada, Danimarca, Georgia, Germania,<br />

Uk, Moldavia, Norvegia, Polonia,<br />

Romania, Serbia, Svezia e Turchia.<br />

Anche lo scorso anno hanno preso parte<br />

a “Rapid Trident” i paracadutisti del 173rd<br />

Infantry Brigade Combat Team di Vicenza,<br />

portando a termine oltre 300 lanci da<br />

elicotteri e aerei e l’addestramento delle<br />

unità ucraine al trasporto mobile aereo.<br />

L’esercitazione fu monitorata da “ispettori”<br />

del Comando per le forze terrestri<br />

della Nato di Izmir (Turchia).<br />

Esercitazioni anti-russe<br />

In est Europa sono in corso altre importanti<br />

esercitazioni dell’Alleanza Atlantica<br />

con palesi obiettivi anti-russi.<br />

In un ampio territorio comprendente la<br />

Germania orientale e le Repubbliche baltiche,<br />

si svolge “Steadfast Javelin II”, a cui<br />

partecipano di militari di 13 paesi - Bulgaria,<br />

Canada, Germania, Gran Bretagna,<br />

Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania,<br />

Polonia, Romania, Slovenia, Stati<br />

Uniti e Italia, quest’ultima con i paracadutisti<br />

della Brigata “Folgore” - più due nazioni<br />

della Partnership for peace, Bosnia<br />

Erzegovina e Serbia.<br />

Una dozzina di cacciabombardieri F-15<br />

e 180 militari statunitensi, provenienti dalla<br />

base di Lakenhealth (Gran Bretagna),<br />

sono impegnati invece in Bulgaria in<br />

un’esercitazione bilaterale di due settimane<br />

con le forze aeree locali. Da ottobre<br />

sino alla fine dell’anno si terrà invece una<br />

vasta esercitazione terrestre in Polonia e<br />

nelle Repubbliche baltiche a cui prenderanno<br />

parte 600 unità della 1^ Divisione<br />

cavalleria di US Army, proveniente da<br />

Fort Hood (Texas), con carri armati M-1<br />

“Abrams”, blindati e velivoli corazzati.<br />

Al Comando Nato di Bruxelles si approntano<br />

intanto i programmi per trasferire<br />

stabilmente in Europa orientale uomini e<br />

mezzi dell’Alleanza. Al recente vertice in<br />

Galles, è stata approvata la creazione di<br />

una forza di pronto intervento con “punte<br />

di lancia” (Spearhead), capaci di entrare in<br />

azione nel giro di 48 ore, con il supporto<br />

di aviazione, marina e forze speciali.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 28<br />

La task force avrà a disposizione basi<br />

permanenti, depositi di munizioni e carburante<br />

e tutte le infrastrutture di supporto<br />

necessarie, nei paesi Nato prossimi alla<br />

frontiera con la Russia.<br />

Saranno avviate presto attività addestrative<br />

delle unità speciali e di pronto intervento<br />

dell’Europa orientale.<br />

Il governo polacco ha formalmente chiesto<br />

a Washington di trasferire stabilmente<br />

in Polonia perlomeno un gruppo di volo<br />

con cacciabombardieri F-16 a capacità nucleare,<br />

di stanza oggi ad Aviano.<br />

Il presidente della Romania, Traian Basescu,<br />

ha annunciato che un contingente di<br />

200 militari Nato (piloti, meccanici e tecnici<br />

di manutenzione) sarà stazionato in<br />

uno scalo militare rumeno. Bruxelles ha<br />

infine dato un colpo di acceleratore al programma<br />

di allargamento Nato a Macedonia,<br />

Montenegro, Georgia, Bosnia-Erzegovina,<br />

Serbia e, ovviamente, all’Ucraina.<br />

Vicenza: una base operativa<br />

Il 173rd Airborne Brigade Combat Team<br />

di Vicenza è stato impiegato nei principali<br />

scacchieri di guerra mediorientali, in particolare<br />

in Iraq e in Afghanistan.<br />

Da qualche mese i comandi generali<br />

della brigata e quattro battaglioni (due<br />

provenienti dalla base di Bamberg, Germania<br />

e due dalla base vicentina di Camp<br />

Ederle) sono stati trasferiti nel nuovo hub<br />

logistico-militare realizzato all’interno<br />

dell’ex aeroporto “Dal Molin” di Vicenza,<br />

rinominato “Camp Del Din”.<br />

I lavori infrastrutturali, avviati nel 2008,<br />

hanno comportato una spesa di 289 milioni<br />

di euro.<br />

Sono stati realizzati, in particolare, 31<br />

nuovi edifici destinati a caserme-alloggio<br />

per 2.000 militari, magazzini, spazi operativi,<br />

officine di manutenzione velivoli, uffici<br />

e centri comando, due parcheggi multipiano<br />

per 800 auto e 50 motocicli, diversi<br />

centri sportivi.<br />

Con il trasferimento al “Dal Molin” dei<br />

due battaglioni della 173rd Airborne Brigade<br />

provieniti dalla Germania, il numero<br />

dei soldati Usa a Vicenza ha raggiunto le<br />

4.000 unità.


www.isiciliani.it<br />

Libri<br />

PARLANO<br />

I REDATTORI<br />

DI GIUSEPPE<br />

FAVA<br />

Mentre l'orchestrina<br />

suonava “Gelosia”<br />

di Antonio Roccuzzo<br />

e Prima che la notte<br />

di Claudio Fava e<br />

Miki Gambino<br />

raccontano gli anni<br />

dei <strong>Siciliani</strong> di<br />

Giuseppe Fava come<br />

vennero vissuti dai<br />

ragazzi che con lui<br />

condivisero la più<br />

bella atoria<br />

del giornalismo<br />

italiano. Una storia<br />

che non è finita.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 18


www.isiciliani.it<br />

Giornalisti<br />

La rivolta<br />

degli invisibili<br />

I precari e la beffa dell’<br />

”equo compenso”<br />

di Norma Ferrara<br />

www.liberainformazione.org<br />

Sul sito della BBC la raccontano così:<br />

“Freelance journalists in Italy protest<br />

over minimum wage ruling”. E' una<br />

questione che in Italia per alcune settimane<br />

ha tolto il fiato a giornalisti, sindacato<br />

e persino ad alcuni lettori.<br />

Una delibera governativa dal 19 giugno<br />

ha chiuso l’accordo la tra Federazione Italiana<br />

Editori Giornali e Federazione Nazionale<br />

Stampa Italiana sull’equo compenso<br />

per i giornalisti. Un percorso avviato da<br />

tempo con l’intento di porre fine alla<br />

“schiavitù” legalizzata nell’editoria e nel<br />

giornalismo in cui tariffari da fame, mancati<br />

pagamenti, fallimenti e licenziamenti<br />

sono la regola da più di vent’anni.<br />

“Precari merce di scambio”<br />

Così una Commissione nominata ad hoc<br />

per redigere in Italia un tariffario più civile<br />

per i giornalisti, capace di tutelare non<br />

solo il diritto al lavoro ma anche quello ad<br />

un'informazione di qualità, partita con le<br />

migliori intenzioni è stata bruscamente fatta<br />

convergere nella contrattazione nazionale<br />

Fieg-Fnsi. Una manovra che, secondo<br />

i freelance, ha fatto diventare la legge<br />

sull’equo compenso merce di scambio e/o<br />

ricatto da parte degli editori.<br />

In origine, quella norma aveva poco a<br />

che vedere con la contrattazione nazionale.<br />

Era invece figlia della Carta di Firenze,<br />

frutto del lavoro di freelance, precari, una<br />

parte del sindacato e dell’Ordine dei giornalisti<br />

(presente dopo decenni di assenza).<br />

Una legge dello Stato per la prima volta<br />

avrebbe imposto sanzioni agli editori che<br />

non rispettavano l’equo compenso, anche<br />

alla luce del mutato contesto tecnologico e<br />

editoriale italiano.<br />

Il regalo agli editori<br />

Le tariffe, “minime” (tiene a precisare il<br />

segretario della Federazione nazionale della<br />

Stampa Franco Siddi), saranno dunque:<br />

20,80 per un articolo su un quotidiano;<br />

6,25 euro per una segnalazione ad agenzie<br />

e web (integrata di un paio di euro se con<br />

foto e video); 67 euro ad articolo per i periodici;<br />

14 euro per un articolo su periodici<br />

locali; 40 euro per le tv locali, ma solo con<br />

un minimo di 6 pezzi al mese; 250 euro<br />

per un pezzo sui mensili. Questo è ciò che<br />

editori e sindacato hanno stabilito come<br />

“equo compenso” per cronisti a<br />

collaborazione coordinata e continuativa.<br />

Immediate le reazioni dei giornalisti:<br />

una petizione on line con oltre 2000 firme<br />

è stata lanciata su change.org e portata al<br />

sottosegretario all’editoria, Luca Lotti.<br />

Alla Fnsi, scontro fra i coordinamenti<br />

precari e i vertici della Fnsi: toni alti, tanta<br />

sofferenza nelle parole dei colleghi, perdita<br />

di lucidità da una parte e dall’altra, spintoni<br />

e parole dure. Risultato di uno scollamento<br />

(direbbero i politici) fra base e vertici,<br />

fra chi si è fatto carico del disastro del<br />

sistema editoriale italiano e chi ha chiuso<br />

gli occhi. I vertici del sindacato chiedono<br />

di arrivare a novembre, al rinnovo del<br />

congresso e di giocarsi li il tutto per tutto.<br />

Le storie degli “invisibili”<br />

Ma la vicenda dell’equo compenso va<br />

oltre le tariffe dei pezzi, riguarda le politiche<br />

del lavoro e il laboratorio che il mercato<br />

editoriale è diventato per tutto il settore.<br />

Si parte dai giornali e si arriva nelle<br />

fabbriche: mentre tutti, da anni, pensavano<br />

si stesse sperimentando esattamente il contrario.<br />

Le polemiche sul diritto al lavoro<br />

per i giornalisti sono anche l’occasione per<br />

non chiudere gli occhi sul sommerso che<br />

tiene in piedi giornali, tv, portali e radio.<br />

Gli “invisibili” fanno oltre il 60% di<br />

questi prodotti e sono vittime di un<br />

sistema da cui sono attratti ma al tempo<br />

stesso condannati.<br />

Il loro tormento spesso porta a gesti<br />

estremi, altre volte solo a cambiare lavoro,<br />

altre ancora ad andare avanti con un pesante<br />

stato di depressione. Per i più fortunati<br />

l’ironia smorza la pesantezza di questo<br />

anomalo precariato ma non risolve i<br />

problemi a fine mese quando sul contro<br />

corrente per oltre 100 pezzi inviati ad una<br />

agenzia arriverà un bonifico di meno di 45<br />

euro. Un lamento collettivo che traspare<br />

anche sotto le firme della petizione on line<br />

inviata al sottosegretario Lotti.<br />

Su change.org tanti i messaggi lasciati<br />

dai colleghi e dai cittadini: “È dal 1997<br />

che vengo sfruttata nell'indifferenza generale.<br />

Ora basta sopravvivere, vogliamo vivere<br />

come tutti i lavoratori”; "I giornalisti<br />

liberi di scrivere e di vivere sono una garanzia<br />

per la democrazia"; “Voglio continuare<br />

a fare la giornalista, ma queste condizioni<br />

non me lo permettono”… "L'informazione<br />

che si farà pagando i giornalisti 3<br />

euro all'ora varrà lo stesso prezzo. L'Italia<br />

e gli italiani non se lo possono permettere”<br />

- scrivono ancora altri colleghi. "Non è<br />

importante per me, è importante per tutti!”<br />

commenta un cittadino.<br />

Il ricorso dell'Ordine dei giornalisti<br />

L’Odg ha annunciato un ricorso al Tar. I<br />

colleghi della BBC si sono accorti degli<br />

“invisibili”, un soggetto che in Italia è raro<br />

veder raccontato sui giornali.<br />

Difficile spiegare, in terra britannica, anche<br />

il resto: editori “mordi e fuggi” che<br />

fanno nascere giornali per “posizionare<br />

giornalisti” e “vendere spazi pubblicitari”<br />

e chiudono spesso prima, molto prima,<br />

della fine di un campionato di calcio. La<br />

partita, d’altronde, la vincono sempre loro,<br />

“gli editori impuri” come si chiamano tecnicamente<br />

in Italia.<br />

Sul campo, con le mani fra i capelli, alla<br />

fine di ogni gara rimangono i giornalisti,<br />

che assistono agli innumerevoli autogoal<br />

messi a segno dai rappresentanti della categoria<br />

cui appartengono.E le partite, una<br />

dopo l’altra, si continuano a perdere così.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 20


www.isiciliani.it<br />

Napoli<br />

Una città<br />

“normale”<br />

Davide Bifolco,<br />

Mariano Bottari<br />

Morire di pallottole per<br />

la strada, a diciasssette<br />

o a settantantacinque<br />

anni<br />

di Arnaldo Capezzuto<br />

www.vedisito.it<br />

E’ un’onda lunga di rabbia, odio e<br />

disperazione che al Rione Traiano, periferia<br />

Occidentale di Napoli, sembra<br />

travolgere tutto e tutti.<br />

Davide Bifolco tra pochi giorni avrebbe<br />

compiuto 17 anni, un colpo di pistola<br />

esploso accidentalmente da un revolver di<br />

un carabiniere – ora indagato per omicidio<br />

colposo – gli ha strappato la vita. Guidava<br />

uno scooter non suo, senza assicurazione<br />

ed era privo di patente. Non era solo. In<br />

sella con lui c’erano altre due persone: un<br />

pregiudicato e un latitante. All’alt dei militari<br />

dell’Arma inizialmente non si sarebbe<br />

fermato. Poi ha desistito. Quando erano<br />

in corso gli accertamenti, la tragedia.<br />

Davide – come tanti testimoniano – era<br />

un bravo ragazzo, incensurato e non aveva<br />

mai avuto problemi con la giustizia. La<br />

domanda è cinica e spietata ma legittima:<br />

perché Davide, il bravo ragazzo, era nel<br />

cuore della notte in compagnia di due<br />

brutti ceffi ed a zonzo per la città?<br />

Le indagini faranno il loro corso. Se il<br />

carabiniere per imprudenza, paura e avventatezza<br />

ha sbagliato pagherà come è<br />

giusto che sia. Lo Stato deve fare lo Stato.<br />

Le forze dell’ordine devono garantire nel<br />

loro difficile compito la legalità e non infrangerla.<br />

Vite a perdere<br />

Sullo sfondo c’è una città allo sbando,<br />

comatosa, luttuosa. Ci sono almeno due<br />

nuove generazioni cresciute all’ombra di<br />

faide, guerre e con gli spacciatori sotto<br />

casa. Davanti a loro non c’è nulla, il vuoto.<br />

Insomma, fare un giro di notte con chi<br />

capita è normale. Le vite sono a perdere.<br />

Lascio ai professionisti delle tragedie la<br />

retorica, le parole urlate e la solita morale.<br />

Esterno preoccupazioni. Lo scrivo senza<br />

polemica, solo esercitando una critica non<br />

autoassolutoria: Governo cosa fa?<br />

Nell’agenda dell’esecutivo c’è di tutto e<br />

di più. Si affrontano emergenze su emergenze.<br />

L’etica è quella del fare. Si fanno<br />

annunci. Si mostrano slide. Bene, bravi,<br />

bis. Ma c’è un Sud Italia che ansima. Non<br />

è il solito film in bianco e nero.<br />

Occorre ora aprire gli occhi, guardare<br />

con sguardo vivo nel ventre e nelle periferie<br />

delle città del Sud. La miccia è accesa.<br />

L’esplosione può accadere in og ni momento.<br />

E non so se qualcuno si salverà.<br />

“Cambiare verso” qui è davvero<br />

un’urgenza. In meno di quattro giorni a<br />

Napoli hanno scorazzato per le strade di<br />

Materdei, Barra, San Giovanni e Ponticelli<br />

vere e proprie bande armate, squadriglie<br />

del male, gruppi di fuoco “esibitesi” in<br />

azioni dimostrative, incuranti dell’ora,<br />

della probabilità di colpire persone innocenti<br />

o finire nelle maglie della giustizia.<br />

Sventagliate di kalashnikov contro<br />

obiettivi sensibili per “avvisare” che ora<br />

ci sono nuovi padroni. Davanti agli occhi<br />

di tanti si sono consumate scene di puro<br />

terrore. Raid armati che hanno lasciato sul<br />

selciato fino a 40 bossoli.<br />

Non siamo in Iraq, in Siria oppure in<br />

Ucraina ma in una città italiana, di un<br />

paese occidentale che ha contribuito a<br />

fondare l’Unione europea. Le scene non<br />

erano tanto dissimili da quelle che ci fanno<br />

vedere gli inviati di guerra da quei disgraziati<br />

territori<br />

Ciò che preoccupa è quel maledetto vestito<br />

di normalità, indifferenza, giustificazionismo<br />

che da sempre i meridionali mostrano<br />

per esorcizzare la realtà. Lo sguardo<br />

è rivolto a San Gennaro e a lui va il<br />

ringraziamento, se nessuno ci ha rimesso<br />

le penne. Invece, un mese fa, neppure la<br />

forza di San Ciro ha potuto fare nulla a<br />

Portici.<br />

Mariano Bottari, 75 anni, pensionato ha<br />

incrociato sulla sua strada mentre faceva<br />

la spesa un proiettile vagante esploso da<br />

due malviventi durante il tentativo di rapina<br />

a un imprenditore. E’ morto. Un’altra<br />

vittima innocente, l’ennesima. Sono oltre<br />

300 in Campania. Cifre da guerra che nessuno<br />

riconosce e più che altro vuole davvero<br />

combattere.<br />

Ecco, il premier Matteo Renzi nei vari<br />

summit internazionali inserisca anche le<br />

regioni dell’Italia meridionale, zone di<br />

guerra a bassa intensità, da pattugliare e<br />

pacificare da una forza Onu o Nato. Davide<br />

è stata l’ennesima vittima. Come altri<br />

paga un prezzo altissimo di essere nato e<br />

cresciuto in una terra apparentemente<br />

“normale” ma endemicamente in guerra.<br />

www.ilfattoquotidiano.it<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 21


www.isiciliani.it<br />

Giornalismo<br />

“Essere solo<br />

un cronista”<br />

Intervista ad Arnaldo<br />

Capezzuto<br />

di Giulia Farneti<br />

Arnaldo Capezzuto è un giornalista napoletano,<br />

classe 1970. Ha collaborato con i quotidiani<br />

La verità, Napolipiù e Il Napoli (Epolis).<br />

Attualmente collabora con varie testate, tra cui<br />

il mensile L'Espresso Napoletano e dirige l'online<br />

ladomenicasettimanale.it che fa parte del<br />

progetto de I <strong>Siciliani</strong> Giovani.<br />

- Quando e perché è nata la passione<br />

per il giornalismo d’inchiesta?<br />

- Non lo so se sono un giornalista<br />

d'inchiesta. Non so se, in generale, mi è<br />

nata una passione. Dico davvero. Mi sento<br />

molto distante dal lavoro che cerco di<br />

fare. Mi sembra quasi naturale di occuparmi<br />

di fatti vivi, avvenimenti, storie e raccontare<br />

in modo laterale. Si, perché occorre<br />

dare un punto di vista. Ecco il cronista<br />

è vero che riporta i fatti ma gli dà una angolazione.<br />

Diffido dai giornalisti che sono<br />

solo medium. Riportare i fatti senza mischiarli<br />

con le opinioni è la regola ma il<br />

giornalista ha una propria storia. Voglio<br />

dire se dovessi andare solo con un microfono<br />

in mano a raccogliere la solita “poesia”,<br />

farei altro. Al “mestieraccio” mi<br />

sono avvicinato quasi in modo indotto,<br />

provengo da studi di sociologia, il giornalismo<br />

per me è un'applicazione sul dal<br />

campo, una ricerca continua per capire.<br />

- Esiste oggi un’informazione libera e<br />

non censurata?<br />

- E' un tema caldo. Oggi ci sono più<br />

mezzi a disposizione rispetto a dieci anni<br />

fa. C'è sicuramente più spazio di manovra<br />

ma diffido dal credere che abbiamo<br />

un'informazione più libera, l'assenza della<br />

censura e dei bavagli. La moltiplicazione<br />

dei canali dei media è una garanzia di un<br />

accesso più diretto e libero da parte di tutti,<br />

ciò non significa avere più libertà<br />

d'informare. Si sa tutto di tutti, ma siamo<br />

sicuri di avere un'informazione libera?<br />

Come è possibile? Non voglio fare analisi<br />

troppo approfondite, applicare paradigmi<br />

filosofici. Faccio una semplice constatazione<br />

: c'è tanto conformismo informativo<br />

che anestetizza il lettore. Non c'è<br />

un vero coinvolgimento del lettore e poi<br />

ci sono troppi sepolcri imbiancati, notizie<br />

che ad arte non si danno perchè qualcuno<br />

vuole che non si diano.<br />

Il ruolo del giornalista<br />

- Quale ruolo ha avuto il giornalista e<br />

quale ruolo svolge oggi nei confronti<br />

della libera informazione?<br />

- Questa domanda si collega alla precedente.<br />

Il giornalista se viene svuotato della<br />

sua indipendenza e autonomia, se viene<br />

precarizzato e sottomesso a chi detiene la<br />

proprietà dei mezzi della produzione<br />

dell'informazione sarà, per definizione,<br />

una persona non libera. C'è poco da fare.<br />

Ho vissuto anni e anni nelle redazioni dalla<br />

piccola testata alla grande: la libertà è<br />

solo una continua contrattazione che quotidianamente<br />

devi fare con i tuoi superiori<br />

e con il proprietario della testata rispetto<br />

alle notizie da mettere in pagina. Non è<br />

proprio un fatto drammatico, a volte devi<br />

turarti il naso per fare il cronista.<br />

La camorra oggi<br />

- Cos’è oggi la camorra?<br />

- Vive d' improvvise fiammate di crudeltà<br />

e violenza. Ha una storia criminale<br />

impressionante e una media consolidata di<br />

circa 110 morti ammazzati all'anno. Ci<br />

sono ampi pezzi della città che sono controllati<br />

dalla camorra, per non parlare dei<br />

comuni dell'hinterland di frequente sciolti<br />

per infiltrazioni malavitose. Napoli è una<br />

città camorrizzata, la logica criminale ha<br />

invaso ogni ambito della città. E' una subcultura<br />

dominante che ha attecchito e condiziona<br />

ampi strati della popolazione.<br />

Questo non significa che si strizza<br />

l'occhio al boss – sia chiaro – ma il modus<br />

operandi ha contaminato il territorio. Lo<br />

Stato, le sue articolazione sul territorio<br />

dovrebbero dare forti segnali di rottura.<br />

Non è sempre così.<br />

- Qual è la<br />

situazione del<br />

sistema mafioso<br />

a Napoli? La camorra<br />

è in crisi?<br />

- Tutta la criminalità organizzata made<br />

in Naples è soggetta ad una frammentazione.<br />

Non è un fenomeno di questi giorni,<br />

ormai la deriva e la polverizzazione di<br />

famiglie e clan risale a cinque anni fa. E'<br />

in corso una lunga fase di assestamento<br />

degli equilibri interrotta dall'azione della<br />

magistratura e forze dell'ordine, ma anche<br />

dai disegni egemoni di neo gruppi senza<br />

storia. I clan non riescono più a stabilizzare<br />

un ordine costituito, dove ci sono pochi<br />

al comando. Tutto è saltato. E' una guerra<br />

per bande : tutti contro tutti. Tradimenti,<br />

scissioni, terze file che scalzano le prime.<br />

E' una corsa alla leadership<br />

camorristica finalizzata al potere per fare i<br />

soldi. Paradossalmente più deboli sono i<br />

gruppi criminali e più sono aggressivi e<br />

spregiudicati. Predicano il controllo totale<br />

del territorio. Chi vince la “guerra”<br />

s'insedia. Occupa case, esercizi<br />

commerciali e controlla in proprio tutte le<br />

attività illegali. Questi interregni durano<br />

davvero poco. L'età media dei camorristi<br />

si è molto abbassata. Prima occorreva una<br />

“stagionatura” per aspirare a far parte di<br />

un gruppo criminale di un certo livello.<br />

Adesso non è più così. Siamo in una fase<br />

di assedio delle camorre nei territori.<br />

La vicenda di Scampìa, la faida, i<br />

“girati”, la guerra agli scissionisti<br />

nasconde un segreto. Questi gruppuscoli<br />

che si fronteggiano sognano in grande.<br />

Usciti vincitori, assicuratisi il polmone finanziario<br />

delle piazze di spaccio puntano<br />

alla conquista dei fortini dei vecchi padrini.<br />

A rischio il rione alto di Napoli e il comune<br />

di Marano, storiche roccaforti dei<br />

boss Giuseppe Polverino e Lorenzo Nuvoletta<br />

vicini a Cosa nostra.<br />

- Cosa significa oggi fare il giornalista<br />

d’inchiesta nel territorio napoletano?<br />

- Napoli non è una città “normale”. -<br />

Napoli non è una città “normale”. Se vuoi<br />

fare davvero il cronista devi stare sui fatti<br />

e ciò ti porta inesorabilmente a esporti.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 22


www.isiciliani.it<br />

“Per accelerare un processo di liberazione<br />

si dovrebbero recidere i rapporti<br />

tra camorra, politica, colletti bianchi e finanza.<br />

E' emblematica la storia<br />

di un personaggio come Cosentino”<br />

Accade di finire in ospedale per un aggressione,<br />

beccarti minacce, intimidazioni,<br />

avvertimenti. Accade che qualcuno<br />

non gradisce il “pezzo” e comincia ad infastidire.<br />

Ecco, un giornalista che vuole<br />

fare davvero e seriamente questo mestiere<br />

deve mettere in conto queste difficoltà<br />

ambientali. Inutile nascondersi, questi<br />

condizionamenti esistono e il cronista non<br />

deve abituarsi, non deve considerali “imprevisti<br />

del mestiere” occorre denunciare<br />

a viso aperto. Recarsi negli uffici preposti<br />

e sporgere denuncia. Il diritto d'informare<br />

va difeso come la propria libertà da tutto e<br />

tutti.<br />

- Un cronista minacciato è spesso vittima<br />

d’isolamento e solitudine. Ti sei<br />

mai trovato in questa situazione?<br />

- E' cambiato molto ed in meglio. Forse<br />

prima il cronista veniva isolato oppure si<br />

isolava. Adesso ci sono strutture interne<br />

alla professione che attivano una sorta di<br />

“scorta mediatica”. Parlo ad esempio di<br />

Ossigeno per l'informazione e le notizie<br />

oscurate, un osservatorio presieduto da<br />

Alberto Spampinato che tutela i cronisti e<br />

non solo. Uno strumento importantissimo<br />

che in quattro anni di vita ha fatto passi da<br />

gigante.<br />

Ogni anno produciamo un rapporto che<br />

poi viene consegnato al presidente della<br />

Repubblica. Quest'anno, come due anni<br />

fa, sono stato proprio io a parlare con il<br />

capo dello Stato di questi temi ed ho trovato<br />

un Giorgio Napolitano molto sensibile<br />

e fattivo.<br />

- Hai mai ricevuto intimidazioni?<br />

- A parte la vicenda di Forcella e le minacce<br />

di morte che mi sono giunte anche<br />

in altre occasioni sono stato oggetto di pesanti<br />

aggressioni e intimidazioni. In 15<br />

anni di attività giornalistica sono stato ricoverato<br />

al pronto soccorso ben otto volte.<br />

E' un primato di cui non vado molto<br />

fiero. Proprio a luglio insieme ad altri colleghi,<br />

sono stato ascoltato dalla commissione<br />

parlamentare antimafia che ha dedicato<br />

una serie di audizioni su questi problemi<br />

per capire se ci sono spazi per elaborare<br />

leggi a tutela dei giornalisti<br />

nell'esercizio delle proprie funzioni.<br />

- Ci puoi raccontare come si sono<br />

concretizzate le minacce e perché, secondo<br />

te, hanno deciso di “colpire” proprio<br />

te?<br />

- Mi sono occupato del caso dell'omicidio<br />

di Annalisa Durante, appena 14 anni e<br />

vittima innocente nel corso di una sparatoria<br />

tra camorristi a Forcella. Sulle pagine<br />

di Napolipiù ho cominciato a raccontare<br />

e svelare i meccanismi che si nascondevano<br />

dietro quel fatto di sangue. Merito<br />

sicuramente delle fonti che avevo a disposizione,<br />

riuscivo a svelare e ricostruire vicende<br />

che nessuno conosceva. Un giornalismo<br />

con il fiato sul collo. Alla fine gli<br />

articoli hanno prodotto effetti importanti<br />

come la messa a nudo di una strategia da<br />

parte dei clan volta alla continua pressione<br />

sui testimoni del processo. Le nostre<br />

inchieste hanno contribuito a far aprire altri<br />

filoni d'indagine. Lo stesso procuratore<br />

aggiunto Raffaele Marino del pool anticamorra<br />

acquisì tutti i miei articoli.<br />

- Esiste una strategia per combattere<br />

la camorra senza mai arrendersi?<br />

- La camorra si combatte in un modo<br />

molto semplice: ognuno deve fare il proprio<br />

dovere fino in fondo... Ma sono pessimista:<br />

Napoli è troppo compromessa.<br />

Un raccapricciante imbarbarimento<br />

Non penso che debellare la camorra sia<br />

un orizzonte prossimo futuro. Constato un<br />

progressivo e raccapricciante imbarbarimento<br />

e peggioramento della criminalità<br />

partenopea. Ci sono zone come alcuni comuni<br />

del casertano che sono ormai fuori<br />

controllo. Anzi gli onesti, quelli che vogliono<br />

coltivare una speranza per il futuro,<br />

devono lasciare quelle terre. Per accelerare<br />

un processo di liberazione si dovrebbero<br />

recidere i rapporti tra camorra,<br />

politica, colletti bianchi e finanza. Non è<br />

più tollerabile che personaggi come Nicola<br />

Cosentino stiano in Parlamento.<br />

- Dirigi Ladomenicasettimanale.it, un<br />

periodico d'informazione con inchieste,<br />

reportage, cronaca, storie, interviste,<br />

cultura: perché hai sentito il bisogno di<br />

fondare questo giornale?<br />

- La Domenicasettimanale nasce, per la<br />

verità, a Siena quando ho incontrato un<br />

redattore del giornale d'inchiesta “I <strong>Siciliani</strong>”<br />

(lo fondò Pippo Fava, ucciso dalla<br />

mafia negli anni Ottanta). A Napoli manca<br />

un giornale d'inchiesta che racconti le<br />

cose. Penso alla vicenda dell'imprenditore-prenditore<br />

Alfredo Romeo, condannato<br />

a due anni per corruzione e maggior<br />

partner del sindaco Luigi De Magistris.<br />

La Domenicasettimanale ha posto il problema,<br />

ha fatto le pulci, ha chiesto, ha fatto<br />

le domande. La risposta è stata una minaccia<br />

di querela da parte dell'assessore al<br />

Patrimonio Tuccillo. Altre inchieste sono<br />

state quelle sui parlamentari inquisiti oppure<br />

sottoprocesso; la babele targato Teatro<br />

San Carlo; i delitti di camorra.<br />

Ecco, questo è il periodico che dirigo e<br />

con i piccoli mezzi a disposizione cerchiamo<br />

di fare informazione vera, diretta, senza<br />

inchini al potere. La Domenicasettimanale<br />

aderisce a “Fare rete”, un network di<br />

testate nazionali che hanno nei “<strong>Siciliani</strong><br />

<strong>giovani</strong>” la testata capofila.<br />

E' vero, l'editoria è in crisi: però c'è da<br />

dire che a volte (quasi sempre) visti i<br />

contenuti dei giornali ti chiedi: perché<br />

dovrei comprarlo?<br />

www.info.oggi.it<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 23


www.isiciliani.it<br />

Generazioni<br />

Caserta<br />

e gli antieroi<br />

Siamo cresciuti in una<br />

città senza memoria...<br />

di Andrea Bottalico<br />

www.napolimonitor.it<br />

Siamo cresciuti in una città senza memoria.<br />

Quelli della generazione di mio<br />

fratello almeno avevano vissuto l’anno<br />

d’oro della Casertana in serie B e dei<br />

canestri di Esposito che fecero vincere<br />

lo scudetto alla Juve Caserta. Noi a cosa<br />

potevamo aggrapparci?<br />

I nostri genitori avevano radici altrove e<br />

provarono a piantarle su un terreno ormai<br />

sterile. Erano gli anni a cavallo tra gli Ottanta<br />

e i Novanta, Caserta pulsava di vita.<br />

Io avevo cinque anni e di quel periodo ne<br />

ho sentito parlare. Piazza Mercato era il<br />

principale luogo di aggregazione, uno spazio<br />

grande in pieno centro frequentato da<br />

guappi dei rioni, figli di papà, il melonaro,<br />

i ragazzi del centro sociale, i bambini, i<br />

musicisti, i pazzi. Si organizzavano partite<br />

di basket, di calcio, di tanto in tanto volavano<br />

bottiglie.<br />

C’era una rampa costruita da quelli che<br />

andavano sui roller e sugli skate. Noi giocavamo<br />

a calcio in quella piazza, nei campetti<br />

del Buon Pastore, del rione Vanvitelli<br />

e dei Salesiani, partecipavamo ai tornei<br />

rionali. Andavamo in bicicletta per le campagne<br />

coltivate a tabacco. Totalmente<br />

ignari.<br />

Che fine avranno fatto tutti i miei compagni?<br />

Me lo domando spesso. Solo un<br />

amico che conosco da allora è ancora in<br />

zona, è un musicista appassionato e il pensiero<br />

di saperlo felice di ciò che fa rende<br />

felice anche me. Alcuni invece sono scappati<br />

senza lasciare traccia, altri sono spariti<br />

dalla circolazione, molti sono partiti. C’è<br />

chi è morto di overdose, chi per incidenti<br />

stradali, chi invece s’è suicidato e chi è rimasto<br />

scegliendo di vivere degnamente<br />

(una sparuta minoranza). Certi non li ho<br />

mai più rivisti.<br />

Gli amici del rione Cappiello<br />

Non ho la minima idea di dove possano<br />

essere in questo momento certi ragazzi<br />

con cui ho condiviso l’infanzia, compagni<br />

di classe delle elementari. E tutti quegli<br />

amici del rione Cappiello che venivano a<br />

citofonarmi la domenica alle tre di pomeriggio<br />

per andare a giocare a calcio?<br />

Loro avevano finito di mangiare due ore<br />

prima mentre noi c’eravamo appena seduti<br />

a tavola. Ecco una banale differenza tra<br />

una famiglia di casertani e una famiglia di<br />

napoletani. La mia emigrò a Caserta nella<br />

metà degli anni Ottanta. Mio nonno paterno,<br />

che non ho mai conosciuto perché<br />

morì di tumore in fabbrica a quarantatre<br />

anni, riuscì a ottenere la casa a San Giovanni<br />

a Teduccio e tutta la famiglia di mio<br />

padre si trasferì dalla Sanità, nonostante la<br />

contrarietà di mia nonna. Anche la famiglia<br />

di mia madre è di Napoli. Mia madre<br />

dice che dal basso in cui abitava da ragazza<br />

è salita al terzo piano di un condominio.<br />

Ora che sono venuto a vivere al quinto<br />

piano di un palazzo antico a due passi dal<br />

vico in cui lei è nata e cresciuta prima di<br />

andare via, mi viene da riflettere. Passo<br />

ogni giorno davanti al portone in cui abitava<br />

mia nonna Natalia, e faccio un cenno di<br />

saluto dentro di me, un rito personale, pagano<br />

e ridicolo, un gesto silenzioso in<br />

onore della sua memoria. È come se andassi<br />

a trovarla ogni volta. Difficilmente<br />

riuscirò a perdonare i miei genitori di essersi<br />

trasferiti a Caserta. Ma non li biasimo<br />

per questa scelta. Non avrebbero potuto<br />

fare altrimenti.<br />

L’adolescenza coincise con il declino,<br />

con la scoperta dello squallore e della<br />

bruttura. Cominciammo a renderci conto a<br />

poco a poco dello sfacelo circostante e<br />

della cappa di cemento che avvolgeva la<br />

città, accerchiata dalle montagne sventrate.<br />

Allo stesso tempo eravamo allo sbando,<br />

privi di riferimenti. Accompagnavo mio<br />

padre in giro per l’hinterland, quando non<br />

andavo a scuola l’aiutavo nel suo secondo<br />

lavoro, mettere gli infissi in alluminio nelle<br />

case della gente. Furono i primi contatti<br />

con la realtà dell’entroterra e con il significato<br />

della fatica.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 24<br />

Afragola, Casoria, Casavatore, Acerra.<br />

Quando passavamo per la fabbrica della<br />

Voiello, all’altezza di Caserta sud, sentivamo<br />

un forte odore di pane, e dopo qualche<br />

chilometro, all’altezza di Caivano, c’era<br />

puzza di carogna morta.<br />

A quindici anni trascorsi l’estate a fianco<br />

di un amico di mio padre, un masto<br />

idraulico. Volevo mettere dei soldi da parte<br />

per una vacanza e mi ritrovai a lavorare<br />

in un cantiere edile per tre settimane. Allora<br />

di quel palazzo in costruzione c’era lo<br />

scheletro. Oggi è completato, ci vivranno<br />

famiglie della piccola borghesia casertana.<br />

Furono giornate tremende e meravigliose.<br />

Credo di aver imparato più cose in quei<br />

giorni che in cinque anni di università.<br />

Le esperienze più significative riguardano<br />

proprio quel periodo. Frequentavamo<br />

un posto nascosto tra i palazzi, cominciammo<br />

a orbitare intorno agli ambienti<br />

della vita attiva o sedicente tale, ma eravamo<br />

circondati dal malessere e dal rischio<br />

di perderci tra le droghe provenienti da Secondigliano<br />

via Asse Mediano.<br />

Intorno a noi scarseggiavano esempi, ma<br />

in fin dei conti difficilmente si scelgono i<br />

veri maestri. Sapevamo della presenza di<br />

un Vescovo che affrontava con coraggio e<br />

determinazione i problemi degli esclusi,<br />

degli immigrati, ma allora diffidavamo di<br />

chiunque, persino di noi stessi.<br />

Un paesone aggredito dai trimalcioni<br />

Le nostre coscienze intuivano che qualcosa<br />

non andava, percepivano l’aria stantia<br />

del paesone di provincia aggredito dai<br />

palazzinari e dai trimalcioni arricchiti, e<br />

reagivano in vari modi: le droghe, la musica<br />

(Caserta pullula di ottimi musicisti), la<br />

cultura urbana importata dagli Stati Uniti,<br />

la fuga, qualche lettura, l’autodistruzione.<br />

Eravamo inquieti.<br />

La nostra era una provincia mentale,<br />

non solo spaziale: una condizione dell’anima,<br />

una predisposizione alla marginalità.<br />

Napoli era lontana quanto New York, eppure,<br />

quando andavo a trovare mia nonna<br />

Natalia restavo sempre affascinato da due<br />

cose: l’enfasi dei suoi racconti e la grande<br />

città con tutto quel mare.


www.isiciliani.it<br />

Disegno: Archivio Napoli Monitor<br />

Banche e centri commerciali<br />

In quegli anni sono cambiate<br />

radicalmente le cose. Le<br />

nostre esperienze politiche<br />

venivano facilmente neutralizzate<br />

da inutili discorsi impregnati<br />

di ideologia e da<br />

conflitti inutili tra opposte fazioni.<br />

Ma la realtà era altro.<br />

Caserta si crogiolava nella<br />

sua bolla finanziaria fatta di<br />

banche e centri commerciali<br />

circondati dai territori<br />

saccheggiati della vasta provincia.<br />

Da noi la campagna era stata aggredita<br />

dal cemento e dalle discariche abusive,<br />

il mare più vicino faceva schifo. Provenivano<br />

gli echi del coprifuoco a Marcianise,<br />

la brutalità dei clan camorristici delle<br />

provincie limitrofe, ma a Caserta non si<br />

vedevano i morti ammazzati e la città proliferava<br />

di miti abusivi.<br />

Andavamo al mare in Lazio facendo finta<br />

di non vedere i disastri che avevano<br />

combinato sul litorale domitio. Nel frattempo,<br />

senza neanche rendermene conto,<br />

ritrovai al mio fianco una persona che<br />

adesso posso identificare come un maestro,<br />

al di là del bene e del male. Studiava<br />

i testi di filosofi e sociologi, si faceva crescere<br />

la barba, fumava la pipa per assomigliare<br />

a Lenin e portava i film di Pasolini a<br />

casa insieme ai libri di letteratura e di poesia.<br />

Era un ottimo narratore di aneddoti intorno<br />

alle figure leggendarie, e quand’era<br />

piccolo giocava a scacchi con il nonno<br />

senza la scacchiera davanti.<br />

La sua cultura infinita fu un’ancora di<br />

salvezza in mezzo a quello stagno, stimolò<br />

in me una certa curiosità, impulsiva e ancora<br />

superficiale. Entrava nella stanza che<br />

condividevo con mio fratello e mentre studiavo<br />

controvoglia iniziava a raccontare i<br />

retroscena dei poeti fino ad appassionarmi.<br />

Era un intellettuale entrato in una casa di<br />

gente semplice. Il tempo gli avrebbe dato<br />

ciò che voleva, ma a caro prezzo.<br />

Nello stesso tempo si cresceva con la sicurezza<br />

di lasciare Caserta, un giorno o<br />

l’altro. Piazza Mercato fu chiusa per lavori.<br />

Ci si perse di vista, ognuno per la sua<br />

strada. Un viaggio solitario a Parigi mi<br />

aprì la testa e gli occhi, nacque in me il<br />

mito della cultura francofona.<br />

A Caserta iniziarono ad aprire i lounge<br />

bar per i <strong>giovani</strong> rampanti della borghesia<br />

cittadina, la città si disgregò, molti andarono<br />

via, voltarono le spalle alla città di provincia<br />

snobbando Napoli e la sua ombra<br />

opprimente. Sbarcavano a Roma e a Milano<br />

ondate di casertani mentre in città si<br />

cominciava a frequentare altri luoghi.<br />

I <strong>giovani</strong> manifestavano il loro disagio<br />

consumando crack e cobret, andando a<br />

ballare in discoteca a Ischitella. La parola<br />

d’ordine era “evasione”.<br />

Un lavoretto come portapizze<br />

Trovai un lavoretto come portapizze,<br />

avevo diciassette anni. Cinquanta centesimi<br />

per ogni pizza consegnata più le mance:<br />

una miseria. La benzina al motorino la<br />

mettevi con i soldi tuoi. Decisi di partire<br />

non appena finito il liceo.<br />

Il giorno della partenza arrivò dopo gli<br />

esami di maturità. Avevo scelto Bologna<br />

istintivamente, perché era un miraggio,<br />

perché volevo andare il più lontano possibile<br />

da casa. Avevo messo da parte l’idea<br />

di andare a vivere subito a Napoli perché<br />

volevo vederla prima da lontano, “poiché<br />

ogni visione richiede distanza, non c’è<br />

modo di vedere le cose senza uscirne”.<br />

Partimmo carichi di meraviglie, ma non<br />

ci volle molto per capire che il paesaggio<br />

in cui il tuo sguardo s’è specchiato per<br />

anni te lo porti addosso come la puzza di<br />

frittura all’ultimo dell’anno. A Bologna ci<br />

sentivamo liberi dalle catene del paesone<br />

di provincia ma provavamo rabbia e fastidio<br />

per tutta quella spensieratezza altrui.<br />

Ma come? Noi eravamo cresciuti nelle<br />

saittelle mentre gli studentelli ne ignoravano<br />

persino l’esistenza? In quegli anni a<br />

Napoli scoppiava l’emergenza rifiuti ma a<br />

Bologna parlavano di solidarietà ai banlieusard<br />

parigini e dei bei ricordi del glorioso<br />

Settantasette...<br />

Un mondo senza evasione possibile<br />

In ogni caso, approfittammo di ciò che<br />

offriva la nuova città. Biblioteche, concerti,<br />

conoscenze, altri stimoli, nuovi modi<br />

d’intendere gli spazi, nuove realtà ed esperienze.<br />

Le letture propinate dall’università<br />

conciliavano sia il sonno che la curiosità,<br />

discutevamo sulle problematiche sociali e<br />

politiche e fingevamo di ignorare l’idea di<br />

un mondo senza evasione possibile.<br />

La solita maschera di Pulcinella<br />

Ci illudevamo, almeno fino a quando<br />

non ci ritrovammo certi libri fondamentali<br />

tra le mani. Anche Bologna viveva il suo<br />

inesorabile declino, ovattato e distante da<br />

quello che accadeva nei posti a cui volenti<br />

o nolenti appartenevamo.<br />

Come i soldati, frequentavamo soprattutto<br />

gente del sud perché solo con loro<br />

riuscivamo a condividere una certa ironia,<br />

tanto vitale quanto autoreferenziale. Tutti<br />

gli altri risolvevano il problema spinoso<br />

della nostra schizofrenia affibbiandoci la<br />

solita maschera di Pulcinella. Eravamo<br />

macchiette, dovevamo recitare la nostra<br />

parte di simpaticoni e affabili meridionali.<br />

Dei bolognesi neanche l’ombra.<br />

Di Bologna ricordo il freddo che aggrediva<br />

le ossa quando mettevo il naso fuori<br />

da quella stazione sfregiata di ritorno dalle<br />

vacanze di Natale, le ipocrisie, le serate<br />

passate a discutere di utopie. Avevamo il<br />

futuro davanti a noi ed era tutto nuovo di<br />

zecca. Ricordo le bestemmie sul motorino<br />

mentre consegnavo pizze per tutta la città<br />

nel mese di febbraio (anche lì esercitai<br />

questo glorioso “lavoro nel settore dei trasporti<br />

alimentari”).<br />

La città ci ha nutriti e ci ha affamati<br />

Ricordo l’odore stretto dei saloni nelle<br />

biblioteche, il senso del vuoto, il disorientamento<br />

distratto dall’ebbrezza delle serate<br />

trascorse a bere, i progetti mai avviati, i<br />

desideri appagati e quelli ingannati. E poi<br />

le illusioni travestite da vere e proprie fughe<br />

da noi stessi, le prime esperienze di<br />

intervento sociale a contatto con i bambini<br />

di un campo rom in periferia, tutte quelle<br />

menzogne trite e ritrite, le mie e quelle degli<br />

altri, quando le verità scottavano troppo<br />

per essere ingoiate.<br />

Ricordo l’emergere di una nuova coscienza,<br />

ogni istante passato a ridere per la<br />

sola idea di essere lontani da casa, annebbiati<br />

e persuasi dal gusto effimero di una<br />

falsa libertà. E, infine, il fascino della<br />

piazza Nettuno desolata, dove i volti<br />

espressivi e degni dei partigiani restavano<br />

là, sulla facciata della biblioteca comunale,<br />

a ricordarci il senso ultimo del tempo<br />

che non muore mai.<br />

Da allora sono passati alcuni anni. Scappai<br />

da Bologna in tempo per vivere a Napoli.<br />

Adesso, quando torno a Caserta mi<br />

sento straniero. Così doveva andare. Caserta<br />

ci ha dato la forza di agire e ci ha demotivati<br />

allo stesso tempo, ma non è tutto<br />

perduto. Caserta ci ha nutriti, Caserta ci ha<br />

affamati (non si sputa sul piatto in cui s’è<br />

mangiato male).<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 25


www.isiciliani.it<br />

Generazioni<br />

Tutti i miei<br />

movimenti<br />

Una studentessa bussò<br />

alla porta della classe.<br />

Cominciava qualcosa...<br />

di Giulia “Beat” Fippi<br />

www.napolimonitor.it<br />

Era una mattina del settembre 2005,<br />

quando ebbi il mio primo contatto diretto<br />

con un pezzo di quello che qui<br />

chiamano spesso, con un’espressione<br />

dai confini mobili e incerti, il movimento.<br />

Una studentessa bussò alla porta<br />

della classe, chiedendo all’insegnante di<br />

far uscire due rappresentanti.<br />

Non avevamo ancora eletto nessuno,<br />

ma la professoressa di lettere, profetica,<br />

mi mandò fuori come rappresentante<br />

provvisoria. La ragazza mi appioppò un<br />

pacco di volantini. «Tutta la classe li deve<br />

riempire, poi io passo a riprendermeli».<br />

Era una cosa per tutti gli studenti, per tutelare<br />

i loro diritti, niente a che fare con la<br />

politica, disse, per rassicurarmi. Invece,<br />

era proprio quello che speravo di trovare<br />

al liceo, la politica.<br />

Forse per suggestione cinematografica,<br />

arrivando al ginnasio mi ero preparata a<br />

unirmi a un covo di studenti belli e rivoluzionari,<br />

costantemente assediati da orde di<br />

spietati fascisti e professori reazionari da<br />

contestare. Avevo trovato, invece, una<br />

classe quasi tutta di ragazze dall’aspetto<br />

irrimediabilmente normale, che venivano<br />

da comuni della provincia di cui ignoravo<br />

l’esistenza. Si trattava di moduli di adesione<br />

all’Uds, il sindacato studentesco<br />

all’epoca legato alla Cgil. Restarono nel<br />

mio zaino per qualche settimana, prima di<br />

essere riciclati come liste della spesa.<br />

Durante la nostra prima occupazione,<br />

Francesco Caruso venne a parlare con gli<br />

studenti.<br />

La mia lista dei cattivi<br />

Del suo intervento, ricordo solo che,<br />

alle osservazioni di un ragazzo scettico<br />

sulle manifestazioni contro il G8, rispose<br />

che in realtà i black bloc erano i poliziotti<br />

stessi. Tornai a casa abbastanza soddisfatta<br />

da quella spiegazione, e per parecchio<br />

tempo confinai black bloc e poliziotti nella<br />

mia lista mentale dei cattivi, dalla quale<br />

escludevo poliziotti onesti e black bloc<br />

particolarmente <strong>giovani</strong> e/o disperati.<br />

Tre anni più tardi avevo imparato che il<br />

nemico, più che i fascisti, di cui nella mia<br />

scuola si vedevano esemplari totalmente<br />

innocui e piuttosto rari, erano gli Uds:<br />

“servi dei servi”, diceva una scritta in un<br />

bagno. I disobbedienti, loro sì, erano tosti.<br />

A ridisegnare i miei schemi, arrivò<br />

quella che molti ricordano come l’Onda.<br />

Nel 2008 ero stata già rappresentante di<br />

classe e d’istituto, prendendo la cosa molto<br />

sul serio, e ne avevo abbastanza. La<br />

mia carica sarebbe scaduta a novembre,<br />

dopodiché mi sarei ritirata dalla politica<br />

scolastica.<br />

Non avevo fatto i conti con il nuovo ministro,<br />

Mariastella Gelmini. Il 23 settembre<br />

2008, Giuseppe e io convocammo la<br />

prima di molte assemblee, firmando la<br />

convocazione come “studenti napoletani”.<br />

Giuseppe frequentava già un centro sociale,<br />

e ne sapeva molto più di me di politica<br />

e movimenti. Quando ci incontrammo, mi<br />

mostrò, trionfante, una macchiolina di<br />

sangue sul casco, souvenir degli scontri<br />

per la discarica di Chiaiano. Non dissi<br />

niente, ma lo lasciai fuori dalla lista dei<br />

cattivi. Per quanto non particolarmente<br />

giovane (non più di me), e niente affatto<br />

disperato, mi stava simpatico. Fissammo<br />

un appuntamento per telefono, per definire<br />

gli argomenti e i tempi dell’assemblea.<br />

Quando gli chiesi come riconoscerlo, mi<br />

rispose: «Eh, tengo l’SH metallizzata, tengo<br />

l’orecchino, sono… come ti devo spiegà…<br />

un poco tamarro». «Ok, perfetto».<br />

Convocammo una manifestazione per il<br />

3 ottobre. A scuola avevamo scritto il volantino,<br />

contattato altre scuole, avvisato i<br />

giornali e fatto tutto quello che negli anni<br />

precedenti era toccato ad altri, più grandi.<br />

Il camioncino con l’amplificazione, invece,<br />

l’aveva portato il centro sociale Insurgencia,<br />

lasciandoci in omaggio anche<br />

qualche speaker più navigato di noi. Dormii<br />

poco per l’ansia, ma, con mio grande<br />

sollievo, al corteo c’era un bel po’ di gente,<br />

tutti studenti medi, o quasi.<br />

A deludermi, però, furono gli interventi<br />

che arrivarono dal camioncino. Avevamo<br />

studiato la riforma Gelmini, spiegandola<br />

ai compagni di scuola con enfasi drammatica<br />

e dovizia di particolari, e sembrava<br />

invece, che il corteo fosse soprattutto contro<br />

la polizia e la discarica di Chiaiano.<br />

Pur senza discutere sulla legittimità della<br />

protesta a Chiaiano, i lunghi interventi<br />

dei grandi, così diversi da quelli che ci<br />

aspettavamo a una manifestazione per la<br />

scuola pubblica, ci lasciarono un po’ contrariati.<br />

Me e qualcuno del mio collettivo,<br />

non tutti. D’altra parte noi del Liceo Vittorio<br />

Emanuele eravamo tonti, come sapevano<br />

bene al Genovesi (e viceversa).<br />

Tutte le scuole erano in agitazione<br />

Poco tempo dopo, tutte le scuole del<br />

centro storico erano in agitazione, ciascuna<br />

a modo suo. Il Pansini, che aveva il<br />

preside di sinistra, aveva ottenuto immediatamente<br />

un’autogestione, con la scuola<br />

aperta fino a tardi per tutti, mentre al Genovesi<br />

avevano occupato, dopo diversi e<br />

avventurosi tentativi, ma senza concedere<br />

nulla a preside, professori e personale<br />

ATA. Fotocopiatrici comprese, per la<br />

gioia di chi aveva adornato l’atrio con alcune<br />

sue parti del corpo in formato A4,<br />

b/n. Da noi al Vittorio Emanuele avevamo<br />

occupato per modo di dire, chiavi in mano<br />

e d’accordo con il preside, dopo diverse<br />

giornate di assemblee.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 26


www.isiciliani.it<br />

“Tutte le scuole del centro storico dovevano vedersela<br />

con i ragazzi di Santa Chiara. Noi non avemmo problemi,<br />

non fecero che strapparci qualche striscione<br />

e metterci un po’ di paura”<br />

Disegno: Archivio Napoli Monitor.<br />

Al Casanova, i ragazzi<br />

che si impegnavano<br />

sul serio<br />

erano un paio, Rosario<br />

e Caterina, eppure<br />

riuscirono a<br />

mantenere l’occupazione<br />

per almeno<br />

una settimana.<br />

Organizzarono<br />

una street parade, il<br />

giorno di Halloween.<br />

La manifestazione<br />

consisteva<br />

nell’andare in giro<br />

travestiti da mostri,<br />

e lo slogan che la<br />

lanciava, ottimista,<br />

era “cchiù black ‘ra<br />

midnight nun po’<br />

vvenì”.<br />

I tagli ai laboratori,<br />

più che i licei,<br />

colpivano soprattutto<br />

istituti come il<br />

loro, che forma artigiani<br />

e odontotecnici.<br />

I corsi autogestiti<br />

Al Fonseca, invece, sembrava che si facesse<br />

molto sul serio. Con l’aiuto dei precari,<br />

si erano istituiti corsi autogestiti in<br />

varie materie, per permettere a chi voleva<br />

di non restare indietro.<br />

La curiosità mi spinse a entrare, una<br />

sera, per salutare degli amici, ma soprattutto<br />

sincerarmi del fatto che, oltre a studiare<br />

matematica, giocassero anche a calcio<br />

nei corridoi. Così era, per fortuna.<br />

Al momento di uscire, rimasi bloccata<br />

nell’ingresso. I ragazzi non poterono aprire<br />

fino a quando quelli del “sistema” di<br />

Santa Chiara non si furono annoiati di<br />

bussare violentemente e tirare oggetti vari<br />

contro la porta e le finestre.<br />

Tutte le scuole del centro storico dovevano<br />

vedersela con i ragazzi di Santa<br />

Chiara. Noi non avemmo problemi, non<br />

fecero che strapparci qualche striscione e<br />

metterci un po’ di paura, ma non entrarono.<br />

Il Fonseca ebbe tremila euro di danni,<br />

se la memoria non m’inganna, pagati poi<br />

dai genitori degli alunni.<br />

Con l’inizio delle occupazioni universitarie,<br />

smettemmo di riunirci al laboratorio<br />

occupato Ska, e ci spostammo nell’aula<br />

occupata Flex, gestita da un collettivo abbastanza<br />

variegato ma sostanzialmente di<br />

ispirazione post-strutturalista e post-operaista,<br />

come capii solo molto dopo. Le assemblee<br />

pubbliche generali, invece, si tenevano<br />

in Aula Magna, sempre nello stesso<br />

edificio.<br />

Là confluivano<br />

un po’ tutti i collettivi,<br />

chiunque<br />

poteva intervenire,<br />

si parlava tanto,<br />

c’era un sacco<br />

di gente. Per le<br />

questioni organizzative,<br />

cioè per<br />

decidere le cose,<br />

ci si spostava nelle<br />

aule occupate.<br />

Una volta, ingenuamente,<br />

proposi<br />

a una ragazza<br />

che non conoscevo<br />

di scrivere un<br />

volantino<br />

nell’aula Flex.<br />

Mi rispose di<br />

no, che era<br />

meglio in R5. Per<br />

me faceva lo<br />

stesso, era l’aula<br />

di fronte. Ma più<br />

tardi, scoprii che<br />

in R5 bisognava<br />

dire “mobilitazione”<br />

al posto di<br />

“Onda”, “corteo” al posto di “street parade”<br />

e non mi ricordo cos’altro.<br />

Le restrizioni sul linguaggio<br />

Le loro restrizioni sul linguaggio non<br />

mi convincevano, e pensai che il volantino<br />

degli studenti medi, per come l’avevo<br />

in mente io, non fosse compatibile con il<br />

loro. La mia proposta di farne uno a parte<br />

fu liquidata bruscamente, così sfogai il<br />

nervosismo, com’è mia abitudine, con<br />

puntigliose osservazioni sull’ortografia altrui.<br />

La ragazza che era al computer si infuriò<br />

e la lasciai fare.<br />

Non ero la sola, tuttavia, ad accumulare<br />

una certa insofferenza verso collettivi universitari,<br />

partitini dichiarati e non, centri<br />

sociali, sindacati di vario genere.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 27


www.isiciliani.it<br />

La prima esperienza politica<br />

Come me, molti studenti alla loro prima<br />

esperienza politica non sopportavano che<br />

si cercasse di mettere un cappello sul nostro<br />

movimento. Non conoscevamo le infinite<br />

(e infinitesimali) differenze ideologiche<br />

e politiche che dividevano i più<br />

grandi, né ci interessavano. Noi eravamo<br />

la massa ai cortei, ci dicemmo, e le riunioni<br />

le avremmo fatte per conto nostro, fuori<br />

dall’università.<br />

Preparammo una serata di sensibilizzazione<br />

sulla riforma, il programma era<br />

molto ricco. Avevamo contatti con i giornali,<br />

i nostri amici conoscevano i programmi<br />

di grafica; i Cobas, ignari delle<br />

nostre ambizioni secessioniste, ci mettevano<br />

a disposizione la fotocopiatrice; alcuni<br />

di noi suonavano, conoscevamo a<br />

memoria interi passi della legge 133 e del<br />

D.d.L. Aprea.<br />

Le mamme cucinavano instancabilmente<br />

per la causa. Ci mancava solo una sede,<br />

ci vedevamo nelle case. Per il resto ci sentivamo<br />

invincibili.<br />

Il maltempo ci costrinse a rimandare<br />

una mezza dozzina di volte l’iniziativa<br />

fino a quando, esasperati, decidemmo di<br />

provare a farla lo stesso, sfidando il meteo.<br />

La grandine si abbatté sugli amplificatori<br />

con inaudita violenza, vanificando<br />

il lavoro di un mese e lasciandoci con<br />

qualche centinaio di euro di debiti, che<br />

colmammo a colpi di pranzi sociali, donazioni<br />

e contributi familiari. Accettammo<br />

la sconfitta.<br />

Dopo un anno d’immobilismo, gli studenti<br />

si ritrovarono ad affrontare nuovi tagli<br />

all’istruzione. Ero appena arrivata<br />

all’Orientale e accolsi con favore l’occupazione<br />

di Palazzo Giusso. Meno numeroso<br />

ma più determinato rispetto a quello<br />

del 2008, il movimento del 2010 chiacchierava<br />

e occupava di meno, ma manifestava<br />

e bloccava di più. Strade, binari, teatri,<br />

cinema, musei.<br />

Dovunque passavamo, gettavamo<br />

scompiglio. La conoscenza ossessiva delle<br />

leggi non interessava più a nessuno.<br />

Fossero discariche, scuole, repressione o<br />

sol dell’avvenire, o anche tutto questo insieme,<br />

ognuno aveva un buon motivo per<br />

stare in piazza, e questo bastava. Chi non<br />

aveva mai fatto politica si teneva piuttosto<br />

a distanza, ma il casino riusciva lo stesso,<br />

anzi meglio, senza troppi “indecisi tra i<br />

piedi”, parafrasando una canzone di<br />

quell’anno dei redivivi 99 Posse.<br />

Buona parte della protesta fu gestita dai<br />

collettivi comunisti. Non è che si chiamassero<br />

proprio collettivi comunisti, ma<br />

sono comunque tifosi di Cuba alle Olimpiadi,<br />

e usano l’appellativo “compagno”<br />

con disinvoltura. Pur non condividendo la<br />

loro impostazione, non misi in discussione<br />

la loro superiorità in termini di esperienza<br />

e capacità organizzative. Guardai<br />

con benevola sufficienza al nuovo gruppetto<br />

indipendente, nato dopo un’occupazione<br />

di Castel dell’Ovo. Mi dissi che la<br />

grandine avrebbe spazzato via anche loro,<br />

e infatti così fu.<br />

Il megafono e i puri e duri<br />

Il megafono diventava nuovamente monopolio<br />

di un gruppo di duri e puri dalla<br />

parlantina allenata, complici la pigrizia e<br />

la timidezza degli altri. In una delle tante<br />

assemblee intervenne una studentessa<br />

fuori-sede, criticando la retorica degli slogan<br />

e il linguaggio pesantemente ideologico.<br />

Piovvero su di lei insinuazioni di<br />

ogni genere, addirittura velate accuse di<br />

neofascismo. Nessuno ebbe il coraggio di<br />

riprendere il suo intervento.<br />

Neanche io dissi niente, ma quando si<br />

presentò l’occasione di occupare uno spazio<br />

insieme ai ragazzi dell’aula Flex, non<br />

ci pensai due volte.<br />

Il loro linguaggio, per quanto largamente<br />

incomprensibile, mi sembrava almeno<br />

più fantasioso.<br />

I tempi dello “Zer081”<br />

Nella polverosa e dimenticata ex mensa<br />

dell’Orientale nacque così lo Zer081.<br />

Oggi lo spazio è sotto minaccia di sgombero.<br />

In compenso, il collettivo che lo anima<br />

si è reso protagonista di quattro nuove<br />

occupazioni. Non so dire per quanto tempo<br />

partecipai alle loro assemblee e iniziative.<br />

Un mese, forse, ma mai con particolare<br />

assiduità. La cosa più gratificante fu<br />

dipingere maschere di carnevale con i<br />

bambini che abitavano nella zona tra Santa<br />

Chiara e Banchi Nuovi.<br />

A parte questo, partecipavamo a tante<br />

iniziative, in uno spirito allegramente ribelle<br />

e talvolta spudoratamente sconclusionato.<br />

Tuttavia, quando sentii i miei<br />

compagni cantare “Ruby libera” e “Se<br />

non cambierà bunga bunga pure qua” al<br />

sobrio corteo della Fiom, a Pomigliano,<br />

mi sentii fuori luogo dietro lo striscione.<br />

Gli slogan sono molto diversi, da uno<br />

spezzone all’altro dei cortei, a Napoli<br />

come ovunque. Una frase sola, mi resi<br />

conto, era pronunciata sempre uguale, con<br />

la stessa intonazione, forte e monocorde,<br />

da qualsiasi megafono, in ogni corteo:<br />

«Dietro lo striscione!» L’Uds, lo Zer081,<br />

il Cau, Rifondazione, i precari Bros, i<br />

Carc, e la lista è ancora lunga. Mi dissi<br />

che uno striscione, anche il più bello, non<br />

serve che a dividere un corteo a pezzi.<br />

Qualche settimana dopo, conobbi la redazione<br />

di Napoli Monitor. Finalmente<br />

avevo un buon motivo per fare quello che,<br />

in fondo, avevo<br />

sempre desiderato.<br />

Iniziai a scorrazzare<br />

avanti e indietro<br />

tra gli spezzoni dei<br />

cortei, registratore e<br />

taccuino alla mano.<br />

Non mi sono ancora<br />

stancata.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 28


www.isiciliani.it<br />

Colombia<br />

E i ragazzi<br />

salvarono il quartiere<br />

Belén, il cuore storico<br />

di Bogotà: l'ennesimo<br />

business per manager<br />

rampanti. Ma...<br />

di Norma Ferrara<br />

www.liberainformazione.org<br />

Era destinato a diventare l’ennesimo<br />

business per i manager dell'immobiliare<br />

ma un gruppo di <strong>giovani</strong> si è messo di<br />

traverso con un progetto alternativo.<br />

Adesso per Belén quartiere storico nel<br />

cuore di Bogotà, in Colombia, c’è l’opportunità<br />

di riscrivere presente e futuro, Costruire<br />

uno sviluppo comunitario che lasci<br />

al passato il disagio sociale e la violenza<br />

delle bande armate.<br />

Per questo è nata “Casa B”, luogo di<br />

formazione e incontro per gli abitanti del<br />

quartiere, fondata nel 2012 da sei <strong>giovani</strong><br />

ritornati in Colombia dopo anni di studio e<br />

lavoro all’estero.<br />

Quattromila abitanti, di cui 1500 bambini,<br />

una emergenza abitativa che costringe<br />

a vivere in case affollate e pericolanti. E<br />

una banda che sino a qualche anno fa terrorizzava<br />

i cittadini del quartiere (ridimensionata<br />

in seguito da un duro intervento<br />

delle forze dell’ordine, in vista dei progetti<br />

immobiliari in cantiere). Infine, negli ultimi<br />

anni, numerosi progetti di espansione<br />

edilizia, fra cemento e centri commerciali:<br />

così si presentava Belén agli occhi dei <strong>giovani</strong><br />

colombiani che tre anni fa, con allegria<br />

e un pizzico di follia, hanno scelto di<br />

scommettere sul destino del quartiere,<br />

coinvolgendo i cittadini che qui vivono.<br />

“Casa B – spiega il sociologo Dario<br />

Sendoya, uno dei fondatori del progetto –<br />

ha le sue radici a Roma ed è un progetto di<br />

respiro internazionale. Qui in Italia ho imparato<br />

che le cose possono succedere, che<br />

è possibile immaginare e vivere in maniera<br />

diversa”.<br />

Le radici romane di “Casa B”<br />

Dario ha studiato a Roma e ha dato vita<br />

con alcuni amici ad un primo progetto<br />

multiculturale che è l’embrione di Casa B.<br />

Poi, alcuni anni dopo, il viaggio in altre<br />

città europee e l’incontro con <strong>giovani</strong> colombiani<br />

espatriati negli anni duri del governo<br />

Uribe.<br />

Con alcuni di loro Dario sceglie di tornare<br />

in patria, tre anni fa, per fondare una<br />

nuova “Casa” con in mano un “plan de<br />

via”, un piano di sviluppo, pensato e progettato<br />

durante una tesi di laurea.<br />

Alla base c’è un concetto semplice<br />

quanto determinante per la nascita di<br />

“Casa B”: riscoprire i diritti di cittadinanza<br />

a partire dal legame con la terra. Un<br />

progetto che mette insieme sociologia e<br />

antropologia economica, con uno sguardo<br />

alle esperienze indigene e di resistenza socio-culturale<br />

colombiane.<br />

“Escuela sin escuela”<br />

Sebbene “Casa B” sia un progetto nato<br />

da esperienze internazionali sin da subito<br />

si è radicato nel tessuto sociale del quartiere.<br />

A fare da “ponte” fra il centro di aggregazione<br />

e i cittadini sono stati proprio i più<br />

<strong>giovani</strong> abitanti di Belén. “Casa B - spiega<br />

Dario - è stata co-fondata da quindici bambini,<br />

arrivati da noi quando stavamo mettendo<br />

in piedi la struttura e decidendo le<br />

attività di formazione culturale. Loro ci<br />

hanno aiutato a realizzare il progetto,<br />

l’hanno pensato con noi e sono stati il miglior<br />

“canale di comunicazione” con il<br />

barrío. Inoltre, abbiamo fatto una scelta<br />

chiara: non ci siamo finti poveri, non ci<br />

siamo raccontati diversamente da quello<br />

che siamo e questo ci ha reso credibili e<br />

autentici agli occhi dei bambini, delle loro<br />

famiglie, dei vicini di Casa B”.<br />

Tante le attività di animazione culturale<br />

portate avanti in questi anni: dai corsi di<br />

lingue straniere, a quelli musicali e di arte,<br />

alla nascita della “Cine-Huerta”.<br />

Cine-Huerta è uno spazio in cui si coltiva<br />

la terra per una migliore educazione<br />

alimentare e si proiettano film a cielo<br />

aperto. Quest’anno, durante l’esperienza<br />

di turismo responsabile fatta con Libera è<br />

stato proiettato, in spagnolo, I Cento Passi<br />

e in tanti hanno partecipato alla serata e<br />

conosciuto la storia di Peppino Impastato).<br />

“Bisogna credere nei bambini - aggiunge<br />

Dario – perché loro faranno quello che<br />

non siamo riusciti a fare”. Con i ragazzi<br />

frequentano la “casa” una cinquantina di<br />

<strong>giovani</strong>. “Con loro stiamo costruendo questo<br />

progetto che – dice sorridendo Dario –<br />

neppure noi sappiamo bene cosa sia. Non<br />

sappiamo dire cosa stiamo facendo ma lo<br />

facciamo e speriamo che a continuare il<br />

progetto siano i piccoli co-fondatori di<br />

oggi”. Un passaggio di testimone, dunque,<br />

di questa “escuela sin escuela” in cui si<br />

sperimenta una didattica aperta, dove il<br />

concetto di sviluppo è declinato a partire<br />

dal territorio, dall’identità e guardando -<br />

dice Sendoya - a uno “sviluppo buono”.<br />

Contro la crisi una “rete di affetto” sostiene<br />

il progetto. Ma come è organizzata<br />

quotidianamente “Casa B”?<br />

“Una rete di affetto”<br />

“Sulla carta è tutto chiaro: ciascuno ha<br />

un compito diverso per portare avanti le<br />

tante attività. La verità, però, è che è<br />

sempre un gran casino... un caos positivo,<br />

perché lo spirito di squadra prende il<br />

sopravvento e ci mette tutti in grado di<br />

intervenire su tutto”. Come ci racconta,<br />

non ci sono grandi “finanziatori” dietro il<br />

progetto. “I fondi sono pochi e la verità è<br />

che la più grande forza economica è stata<br />

e continua ad essere la rete di affetto che<br />

sostiene il progetto”. Sembra una utopia<br />

in tempi di crisi economica eppure a<br />

Bogotà è diventata realtà. Progetti per il<br />

futuro di “Casa B”?. “Crescere e<br />

continuare a fare quello che stiamo<br />

facendo - risponde Dario - d’altronde, dice<br />

il poeta,”Al andar se hace el camino”: il<br />

percorso si fa camminando”.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 29


www.isiciliani.it<br />

Germania<br />

Mafia qui?<br />

Nein, Danke!<br />

“E' un problema italiano,<br />

non tedesco...”.<br />

di Valentina Valentini<br />

e Giorgio Garofalo<br />

www.stampoantimafioso.it<br />

La mafia non esiste, figuriamoci in<br />

Germania. È un problema italiano e<br />

non certo tedesco. Ecco, diciamo che le<br />

varie dichiarazioni del governo tedesco<br />

non promettono bene, visto che nessun<br />

territorio può dichiararsi immune e si<br />

può star certi che la mafia in Germania<br />

esiste, eccome!, ed è sempre più presente<br />

e più forte.<br />

Già negli anni ’80 la polizia tedesca<br />

aveva nel mirino i traffici di cocaina gestiti<br />

dalla ‘ndrangheta nell’allora Repubblica<br />

Federale Tedesca. Proprio a partire da<br />

quegli anni si moltiplicano i locali gestiti<br />

da famiglie affiliate alla ‘ndrangheta, luoghi<br />

che diventano presto basi operative per<br />

lo smistamento della droga in vari paesi<br />

europei. E’ così anche negli anni ’90, dopo<br />

la caduta del muro di Berlino che ha<br />

aperto il mercato ad est: territorio ancora<br />

vergine.<br />

Insomma, si tratta di un fenomeno che<br />

da sempre merita attenzione, eppure troppo<br />

spesso ignorato dalle istituzioni tedesche.<br />

Questa è stata, in sintesi, la tesi dei<br />

relatori al convegno «Mafia made in Germania:<br />

inchieste transnazionali» andato in<br />

scena in occasione del Festival Internazionale<br />

del Giornalismo di Perugia di<br />

quest’anno. Tesi alimentata dalle analisi di<br />

un’inchiesta transnazionale realizzata dal<br />

FunkeMedien-Gruppe, Der Spiegel,<br />

WDRtv, IRPI e Grandangolo, giornale locale<br />

della provincia di Agrigento.<br />

A dire che “c’è ancora molto lavoro da<br />

fare per contrastare le attività della criminalità<br />

organizzata di stampo mafioso tra<br />

Italia e Germania” sono stati CeciliaAnesi,<br />

co-fondatrice IRPI- Investigative Reporting<br />

Project Italy, Anna Maria Neifer,<br />

Westdeutscher Rundfunk, GiulioRubino,<br />

co-fondatore IRPI e DavidSchraven, Funke<br />

Medien-Gruppe, in occasione della tavola<br />

rotonda perugina.<br />

Dagli anni '90 ai nostri giorni<br />

Dagli anni ’90 ad oggi sono accadute<br />

molte cose anche in Germania: la più<br />

eclatante la strage di Duisburg che nel<br />

2007 ha aperto gli occhi anche ai tedeschi<br />

più scettici. Il 17 gennaio 2013 alcune<br />

persone vengono arrestate tra la Germania<br />

e Licata, piccola cittadina dell’Agrigento,<br />

nell’operazione denominata “Scavo”. Gabriele<br />

Spiteri, originario di Licata, e Rosario<br />

Pesce, di Riesi, erano stati incaricati di<br />

gestire la Baumafia, ovvero la “mafia delle<br />

costruzioni”.<br />

Entrambi dovevano coordinare i cosiddetti<br />

“procacciatori di prestanome”, i quali<br />

dovevano trovare tra parenti e amici in<br />

Sicilia qualcuno che li aiutasse nel loro<br />

operato. I cosiddetti “cretini” dell’apologo<br />

di Frank Coppola – riportato nel libro “La<br />

Convergenza” di Nando dalla Chiesa –<br />

ovvero coloro che più o meno inconsapevolmente<br />

si prestano a fare il gioco della<br />

mafia. Attraverso i prestanome, Spiteri,<br />

che gestiva Colonia, e Pesce, a capo di<br />

Dortmund, aprivano varie aziende edili<br />

con scopi di riciclaggio.<br />

Il sistema funzionava così: il denaro veniva<br />

trasferito sui conti correnti delle<br />

aziende in questione per pagare alcune fatture<br />

false, a cui non corrispondeva alcun<br />

servizio di costruzione e il prestanome “titolare”<br />

li ritirava in contanti. Il 90 per cento<br />

della somma veniva riconsegnata<br />

all’imprenditore che aveva comprato la<br />

fattura falsa.<br />

Il dieci per cento invece andava ai due<br />

“manager”, Spiteri e Pesce, che li usavano<br />

per pagare i commercialisti e i prestanome<br />

e per i loro affari. Spiteri e Pesce discutevano<br />

spesso in merito al sistema da loro<br />

creato e si incontravano presso un bar gestito<br />

dallo stesso Spiteri a Colonia.<br />

È rilevante notare un aspetto: anche in<br />

Italia, le “chiacchierate” tra personaggi<br />

appartenenti alla criminalità organizzata si<br />

svolgono nei bar e presso ristoranti e pizzerie.<br />

Un importante collaboratore di Spiteri,<br />

Calogero Di Caro ha raccontato agli<br />

investigatori che Spiteri “consumava tanta<br />

cocaina quanta l’intera Colonia” e<br />

all’interno del bar avvenivano grandi traffici<br />

di cocaina. Affari e traffici che Spiteri<br />

aveva importato anche in Germania.<br />

Di Caro fu scarcerato nel 1994 e divenne<br />

collaboratore di giustizia ma dagli inquirenti<br />

era considerato come un parziale<br />

e poco affidabile aiuto per le autorità. Sta<br />

di fatto che i boss lo hanno lasciato vivere<br />

e lui ha continuato “la sua attività” anche<br />

in Germania. “Cosa nostra ha l’ordine di<br />

non uccidere in Germania”, ha affermato<br />

un ospite dell’incontro di Perugia, “poiché<br />

è importante non destare alcun sospetto”,<br />

ma se le cose si mettono male, si uccide.<br />

Fra Palma di Montechiaro e Mannheim<br />

Lampante è l’esempio di diversi omicidi<br />

avvenuti presso il mandamento di Palma<br />

di Montechiaro (AG), certamente più vicini<br />

alla casa madre siciliana. L’omicidio di<br />

Calogero Burgio, di Giuseppe Condello,<br />

capo del mandamento di Mannheim (Baden-Württemberg),<br />

e Vincenzo Priolo.<br />

Da quando Matteo Messina Denaro comanda<br />

Cosa nostra siciliana, la regola è la<br />

seguente: prima il il business. Non si spara<br />

più, a meno che non sia strettamente necessario.<br />

Ma, ritenuto poco affidabile e un<br />

cane pazzo che usava troppa cocaina, Condello<br />

ha tirato troppo la corda, firmando,<br />

di fatto, la propria condanna a morte.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 30


www.isiciliani.it<br />

Argentina<br />

Quelli delle<br />

barra bravas<br />

Tale soluzione è stata<br />

molto discussa tra tutti<br />

gli altri capi mandamento<br />

dell’agrigentino,<br />

ma nessuno decideva.<br />

Matteo Messina<br />

Denaro, dunque, prese<br />

la decisione finale: “O<br />

ci pensate voi o ci<br />

penso io”. Nel mese di<br />

gennaio 2012 Condello e Priolo furono<br />

ammazzati e infilati all’interno di un<br />

pozzo sotto un cavalcavia di contrada<br />

Ciccobriglio, tra Campobello di Licata e<br />

Palma di Montechiaro.<br />

Quello che emerge è il cambiamento<br />

che il latitante Matteo Messina Denaro ha<br />

avviato all’interno di Cosa Nostra siciliana:<br />

è stato fatto un patto in Germania tra<br />

varie province mafiose. I capi mandamento<br />

tra la Germania e la Sicilia sono ben<br />

strutturati.<br />

A che punto siamo?<br />

Questa storia rivela una ramificazione<br />

della mafia, non solo quella siciliana ma<br />

anche della ’ndrangheta calabrese, in Germania.<br />

C’è ancora molto da fare. La giurisdizione<br />

tedesca non ha una normativa antimafia,<br />

come in Italia. E, non a caso, i relatori<br />

del dibattito di Perugia hanno battuto<br />

molto su questo punto chiedendo che<br />

“cambi la normativa in Germania” affinché<br />

tutti, dal Governo alla società civile,<br />

possano finalmente avere una maggiore<br />

consapevolezza che la mafia esiste davvero.<br />

Nel prossimo futuro, hanno aggiunto,<br />

avremo un database dedicato, sperando di<br />

vedere presto il reato di associazione mafiosa<br />

riconosciuto anche in Germania.<br />

Gli ultras violenti degli<br />

stadi qui gestiscono in<br />

prima persona vari<br />

traffici illegali<br />

di Filomena De Matteis<br />

www.stampoantimafioso.it<br />

Le “barra bravas” sono gruppi di ultras<br />

violenti, nati nelle “villas miserias”<br />

(l'equivalente delle favelas brasiliane)<br />

come supporto alle squadre di calcio. Sin<br />

dall’inizio hanno potuto godere di svariati<br />

privilegi, ad esempio viaggi gratuiti durante<br />

le trasferte delle squadre da loro sostenute.<br />

Tramite un crescente impiego della<br />

violenza questi gruppi hanno ottenuto<br />

sempre maggiori benefici, fino ad affermarsi<br />

come vere e proprie “piccole mafie”<br />

in grado di gestire traffici di droga, riciclaggio<br />

di denaro sporco e servizi di protezione<br />

ai calciatori, il tutto con la complicità<br />

della polizia.<br />

In particolare, a causa di quest’ultimo<br />

fattore, il fenomeno delle barra bravas si è<br />

sviluppato enormemente. Persino le cariche<br />

più alte delle associazioni calcistiche<br />

sembrano non poter nulla davanti a questo<br />

problema. Ma come si è arrivati a questo<br />

punto? Alla base vi è un intreccio di violenza-denaro-potere:<br />

i membri delle barra<br />

bravas usano la violenza sia contro i tifosi<br />

delle squadre avversarie sia contro i calciatori<br />

o i vertici dei club calcistici ai quali<br />

sono affiliati, per ottenere maggiori vantaggi<br />

o per “stimolare” i giocatori a dare il<br />

massimo durante le partite; i soldi arrivano,<br />

invece, dalla vendita di gadgets e dei<br />

biglietti, dall’assegnazione dei parcheggi<br />

a pagamento e dalla protezione ai giocatori;<br />

il tutto con l’appoggio di agenti e politici<br />

corrotti.<br />

Sostenevano la dittatura<br />

È, infatti, quest’ultimo fattore a rendere<br />

gli ultras argentini diversi da quelli europei:<br />

in Argentina i tifosi violenti fanno<br />

parte del sistema calcistico, arrivando a<br />

decidere persino dell’acquisto o della vendita<br />

dei giocatori e fanno capo ai politici<br />

corrotti di turno.<br />

Ne sono un esempio eclatante i barras<br />

della squadra Quilmes Atlético Club, sostenitori<br />

della dittatura militare (1976-<br />

1983) e in seguito dei governi democraticamente<br />

eletti che si fossero dimostrati<br />

pronti ad appoggiarli, indipendentemente<br />

dall’orientamento politico. Per i membri<br />

delle barras contano soltanto i soldi e di<br />

conseguenza il sostegno di chi gliene offre<br />

di più.<br />

I politici, a loro volta, ricorrono all’uso<br />

violento degli ultras in quanto vedono<br />

questi come una sorta di manodopera tramite<br />

la quale poter concludere rapidamente<br />

affari illegali. Non è dunque difficile<br />

comprendere come i capi delle barra bravas<br />

delle squadre più importanti, come ad<br />

esempio il River Plate, il Boca Juniors, il<br />

Rosario Central ed il Newell’s Old Boys,<br />

possano guadagnare cifre che si aggirano<br />

attorno agli 11mila euro mensili.<br />

Inevitabilmente tutto ciò rende l’attività<br />

della tifoseria violenta appetibile. Il potere<br />

e il denaro, inoltre, innescano uno spirito<br />

di emulazione che crea ancora più violenza,<br />

sempre più difficile da fermare.<br />

È necessario un intervento decisivo delle<br />

istituzioni per combattere un fenomeno<br />

come questo dove si assiste alla crescente<br />

collaborazione fra barras, poliziotti e politici,<br />

che gestiscono ingenti somme di denaro<br />

agendo nella più totale libertà e impunità.<br />

Nello specifico, le istituzioni argentine<br />

dovrebbero eliminare il potere che<br />

ha consentito agli ultras di affermarsi fino<br />

a diventare gruppi criminali organizzati<br />

sia all’interno sia all’esterno degli stadi.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 31


www.isiciliani.it<br />

S C A F F A L E<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 32


www.isiciliani.it<br />

Cerimonie<br />

L'antimafia<br />

distratta<br />

“Trent'anni di mafia”:<br />

grande presentazione<br />

con intellettuali, giornalisti,<br />

opinionisti e autorità<br />

varie. Peccato<br />

che il “regista antimafia<br />

era appena stato<br />

condannato a sei anni<br />

per un gigantesco imbroglio...<br />

di r.o.<br />

“Sono un agente segreto dei carabinieri.<br />

La mafia mi cerca per farmi fuori”.<br />

Più o meno così è cominciata la storia<br />

di Mario Musotto, regista agrigentino,<br />

e Vincenzo Balli, un piccolo imprenditore<br />

del settore spettacoli.<br />

Il Balli s’è fidato e s’è messo a sua disposizione.<br />

“Dobbiamo stare attentissimi, la mafia<br />

non perdona”. C’è pure un’intera squadra<br />

di “carabinieri speciali”, guidati da un<br />

fantomatico “maresciallo Orso”, che ogni<br />

tanto compaiono a rinnovare le minacce.<br />

Basta: il Balli, con l’intera famiglia, passa<br />

due anni “blindato” e “sotto copertura”<br />

senza osar mettere il naso fuori di casa,<br />

terrorizzato dai racconti del Musotto: il<br />

quale nel frattempo non manca di farsi – a<br />

spese della vittima – gli affari suoi.<br />

Alla fine, la storia finisce a conoscenza<br />

dei carabinieri veri. Indagini, denuncia,<br />

intervento dei giudici e processo. Musocco<br />

becca sei anni di carcere (tribunale di<br />

Palermo, giudice Patrizia Ferro) e la storia<br />

finisce lì.<br />

O meglio, non finisce affatto. Perché<br />

nel bel mezzo dell’estate, a Palermo,<br />

Agrigento e ovviamente su internet compaiono<br />

dappertutto le locandine di un nuovo<br />

film “antimafia” (“Trent’anni di<br />

mafia”: Grande Presentazione in prima internazionale<br />

galattica ad Agrigento, in Canadà,<br />

negli Stati Uniti!).<br />

Alla prima sono invitate le personalità<br />

dell’antimafia, dello spettacolo, della magistratura<br />

e quant’altro; il film, ad Agrigento,<br />

è dedicato a un magistrato in servizio,<br />

uno dei migliori rimasti, invitato a<br />

onorare con la sua presenza la prémiere.<br />

Peggio la pezza del buco<br />

Il povero Balli, venutolo a sapere, scatena<br />

su facebook l’iradiddìo. La cosa è un<br />

po’ imbarazzante. Il produttore del film,<br />

tale Filippo Alessi (la major è la società<br />

“Campo di Note”) “apprende con rammarico”<br />

la notizia, peraltro a suo tempo uscita<br />

dappertutto. Toglie, a lavoro ultimato e<br />

all'ultimo momento, il nome del Musotto<br />

dal cast e lo sostituisce con quello un altro<br />

tizio, non condannato per sequestro: il che<br />

per un film antimafia - ha pensato l'Alessi<br />

- è già una garanzia.<br />

Così il film viene presentato regolarmente,<br />

esattamente come l'aveva composto<br />

il Musotto. Grande imbarazzo fra il<br />

pubblico - con le varie personalità in prima<br />

fla – ma tutto sommato è andata bene.<br />

Nessuno scandalo, tranne i soliti mugugni<br />

su facebook e in rete, cui peraltro nessuno,<br />

nella stampa ufficiale, ha ritenuto di<br />

dare particolare risalto.<br />

“Chiedo la condanna di Musotto - aveva<br />

chiesto l'avvocato al processo - anche<br />

per eliminarlo dal palcoscenico antimafia,<br />

utilizzato da alcuni come esclusiva fonte<br />

di business”. Condannare, in tribunale<br />

l'hanno condannato, visto che là le sentenze<br />

le fanno i giudici e non la brava gente<br />

“impegnata” dei salotti. Però lui sul palcoscenico<br />

“antimafia” c'è rimasto, e non<br />

pare che qualcuno - tolta la breve parentesi<br />

obbligata – abbia voglia di cacciarlo via<br />

da lì.<br />

E intanto, al premio Sciascia...<br />

Sempre a proposito di “antimafia”, da<br />

segnalare un altro evento del genere: non<br />

un film stavolta si tratta ma di un capolavoro<br />

della letteratura (impegnata, ovviamente).<br />

Il titolo della fondamentale opera<br />

è “Malerba”, edita da Mondadori (quello<br />

di “Gomorra”) e premiata a furor di popolo<br />

a Racalmuto, col premio Sciascia.<br />

Il popolo, veramente, era un po' infuriato<br />

anche perché l'autore del capolavoro,<br />

Giuseppe Grassonelli (coadiuvato nella<br />

sua fatica da un volenteroso redattore di<br />

Mediaset) era fino a quel momento noto<br />

alle cronache in qualità non di letterato<br />

ma di ferocissimo boss mafioso e assassino.<br />

Al tempo in cui capeggiava una delle<br />

cosche più feroci della Sicilia, gli stiddari,<br />

l'uomo aveva infatti esercitato il suo mestiere<br />

con rigore e costanza, allentando il<br />

suo faticoso impegno solo per cause di<br />

forza maggiore, incarnate in alcuni carabinieri<br />

e un tribunale. Grazie a costoro,<br />

Grassonelli decise di cambiar carriera e di<br />

darsi alla letteratura, dove si fatica di<br />

meno e non ci sono carabinieri.<br />

L'antico brigante è diventato così –<br />

classicamente – il beniamino della società<br />

perbene. Dei giudici e concorrenti del premio<br />

Sciascia (fra cui alcuni esponenti,<br />

ahimè distratti, dell'atimafia vera) solo<br />

uno ha avuto la presenza di spirito di<br />

scappare a gambe legate dichiarandosi indisponibile<br />

alla buffonata.<br />

Tutti gli altri, a muso storto, hanno fatto<br />

buon viso a cattivo gioco; qualcuno si è<br />

pure lanciato in stratosferiche elucubrazioni<br />

sulla vis redentrice della letteratura e<br />

sulla necessità di assicurare comunque la<br />

preziosa testimonianza ecc. ecc.<br />

(Ma che ne avrebbe detto Sciascia?” s'è<br />

domandato qualcuno. Niente, naturalmente.<br />

Sciascia riusciva benissimo a non dire<br />

mai niente di veramente scomodo dicendo<br />

migliaia di cose terribili e all'apparenza<br />

scomodissime. Basta pensare al “professionista<br />

dell'antimafia” Borsellino. E' quasi<br />

un contrappasso, per lui, il Grassonelli).<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 33


www.isiciliani.it<br />

No Muos<br />

Sulla via<br />

di Niscemi<br />

Quarantasei antenne<br />

militari, da questa cittadina<br />

siciliana, sorvegliano<br />

il mondo. Una<br />

giornata contro<br />

di Giuseppe Cugnata<br />

www.generazionezero.org<br />

Entrando a Niscemi si ha quasi la<br />

sensazione di essere stati catapultati in<br />

una città mediorientale: l’ocra delle<br />

abitazioni – lasciate prive di intonaco –<br />

si mescola all’argilla delle colline circostanti.<br />

Dal golfo di Gela, distante pochi<br />

chilometri in linea d’aria, una cappa di<br />

polvere si solleva sulle stradine irregolari,<br />

mentre l’aria tutt’intorno sembra<br />

tremolare per il feroce caldo d’agosto.<br />

Dal paesaggio arido e uniforme svettano<br />

sporadiche sagome di palme: ogni cosa<br />

sembra indefinita e statica, in quest’angolo<br />

Sicilia. Ad un tratto, però, qualcosa<br />

pare turbare il naturale equilibrio di questi<br />

luoghi: in direzione sud-est, una torre di<br />

metallo alta più di cento metri si staglia<br />

prepotentemente contro la linea dell’orizzonte.<br />

È una delle quarantasei antenne<br />

statunitensi presenti nella zona.<br />

Dagli anni ’90, infatti, il territorio di Niscemi<br />

è stato scelto dalla Marina Militare<br />

statunitense come sede di una base di trasmissione<br />

radio NRTF. In tempi più recenti,<br />

poi, la stessa base è stata individuata<br />

come luogo adatto per il programma di<br />

comunicazione satellitare MUOS; altre tre<br />

enormi parabole sono quindi state erette<br />

nella campagna del niscemese. Per ostacolare<br />

l’attivazione dell’impianto, i manifestanti<br />

del coordinamento No MUOS<br />

hanno indetto una manifestazione per<br />

giorno 9 agosto, ed è per questo che ci<br />

troviamo in marcia, nella periferia di Niscemi,<br />

sotto un sole inclemente.<br />

Dato che il presidio No MUOS, dal<br />

quale partirà la manifestazione, si trova<br />

fuori dal centro abitato, chiediamo indicazione<br />

a qualche passante sulla strada migliore<br />

da seguire. I primi tre tentativi vanno<br />

miseramente a vuoto: pare che la gente<br />

non abbia la più pallida idea della manifestazione,<br />

degli impianti militari e di tutto<br />

il resto.<br />

Al quarto tentativo un muratore di<br />

mezza età, intento a scaricare dei calcinacci<br />

dentro al cassone di un camion, ci<br />

indica la strada con fare sicuro, lasciando<br />

intendere che non siamo stati i primi visitatori<br />

a domandare aiuto. Proseguiamo il<br />

viaggio verso il presidio.<br />

Una riserva naturale<br />

Numerosi filari di canneti o di pale di<br />

fichi d’india addolciscono il paesaggio,<br />

sempre più rigoglioso via via che ci addentriamo<br />

nella campagna niscemese:<br />

l’area in cui sorge la base americana è stata,<br />

infatti, istituita, nel 1997, come riserva<br />

naturale, proprio per la varietà di specie<br />

animali e vegetali che custodisce al suo<br />

interno. Dopo qualche decina di minuti,<br />

arriviamo finalmente a destinazione: un<br />

murale, con la scritta No MUOS da una<br />

parte e la bandiera americana dall’altra,<br />

demarca in maniera inequivocabile la<br />

zona.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 34


www.isiciliani.it<br />

“L'accondiscendenza<br />

del palazzo politico<br />

verso i responsabili<br />

del programma militare<br />

”<br />

Un vigile urbano ordina di lasciare<br />

l’automobile: da questo momento potremo<br />

muoverci solamente a piedi. Ci accodiamo<br />

ad un gruppo di ragazzi, sperando<br />

prima o poi di raggiungere la meta. Proseguiamo<br />

per più di un chilometro, mentre<br />

un elicottero della polizia ci sorveglia, volando<br />

a bassa quota. Giungiamo finalmente<br />

al presidio, dove si sono raccolte diverse<br />

centinaia di persone.<br />

“Ci hanno filmato tutti”<br />

Una donna, immediatamente fuori dall'<br />

l'ingresso, si lamenta con un conoscente:<br />

“Ci hanno filmati tutti mentre camminavamo”,<br />

racconta, riferendosi ai poliziotti<br />

in borghese che da una macchina hanno<br />

continuato a filmare i manifestanti che<br />

giungevano al presidio.<br />

Scivoliamo lungo la leggera scarpata<br />

che dalla strada asfaltata porta all’interno<br />

del presidio: a sinistra è stato allestito un<br />

piccolo capanno da cui poter prelevare bevande<br />

o cibo; a destra sono parcheggiate<br />

alcune auto, mentre più in basso, nascoste<br />

tra la vegetazione, si distinguono alcune<br />

tende da campeggio. Turi Vaccaro, attivista<br />

No MUOS, sta a piedi in su, reggendo<br />

il peso del corpo sulle spalle e sul collo, in<br />

una posa di meditazione.<br />

Verso le quattro i manifestanti sono<br />

pronti ad abbandonare il presidio diretti<br />

verso la base americana. La testa del corteo<br />

è composta dagli attivisti del coordinamento<br />

No MUOS e dal comitato Mamme<br />

No MUOS.<br />

Seguono le bandiere dei partiti e dei<br />

movimenti presenti (Prc, Sel, lista Tsipras,<br />

Pcl, Pc, Idv, Verdi, Anarchici, No Ponte,<br />

No Tav, Usb...) mescolate a numerose<br />

bandiere palestinesi. “Ma pirchì a manifestazione<br />

No MUOS c’hanna siri i banneri<br />

re’ partiti? (le bandiere dei partiti?)”<br />

chiede a un amico un ragazzo.<br />

Alla coda del corteo si intravedono i pochissimi<br />

sindaci e assessori, venuti per<br />

l’occasione con la fascia tricolore: l’idea<br />

nata sui social network, nei giorni immediatamente<br />

precedenti la manifestazione,<br />

era che i rappresentanti delle istituzioni<br />

fossero molti di più.<br />

Il corteo finalmente parte. Superate le<br />

prime curve è possibile valutare, a occhio<br />

e croce, le dimensioni del serpentone che<br />

non supera le duemila/tremila unità: un<br />

calo rispetto alle manifestazioni precedenti.<br />

Anche tra i manifestanti sembra essere<br />

calata la fiacca: gli slogan vengono urlati<br />

da poche decine di persone, mentre il resto<br />

della colonna sembra somigliare più<br />

ad un corteo funebre che ad una manifestazione<br />

di protesta.<br />

Certo, l’accondiscendenza degli uomini<br />

del palazzo politico verso i responsabili<br />

del programma militare ha scoraggiato<br />

tanti, come anche il compimento dei lavori<br />

di cantiere alla base americana. Ma al di<br />

là delle giustificazioni, l’unico dato certo<br />

è che, a distanza di più di un anno dalla<br />

fortunatissima manifestazione del 30 marzo,<br />

quando la campagna niscemese venne<br />

inondata da più di diecimila anime, il<br />

coinvolgimento civile si è sicuramente<br />

affievolito, complice anche la mancanza<br />

di approcci comunicativi più evoluti da<br />

parte del coordinamento.<br />

Il corteo prosegue placidamente diretto<br />

verso uno dei cancelli della base. In un<br />

tratto di strada, pochi minuti prima, alcune<br />

donne vestite di nero, con uno striscione<br />

con su scritto Boicotta Israele,avevano<br />

inscenato un flash mob contro l’invasione<br />

israeliana nella Striscia di Gaza.<br />

Passate le sei la situazione muta radicalmente:<br />

il corteo, rimasto compatto durante<br />

tutta la marcia, si frammenta. Alcune decine<br />

di manifestanti si scagliano a mani<br />

nude contro la recinzione metallica che<br />

circonda la base, mentre un manipolo di<br />

poliziotti in assetto antisommossa sta a<br />

guardare al di là della rete. La tensione tra<br />

i manifestanti e i poliziotti cresce.<br />

La carica contro le prime file<br />

Alle 18:35 i manifestanti sfondano la<br />

rete. I poliziotti lanciano una carica contro<br />

le prime file. Dopo qualche minuto, viene<br />

dato fuoco a della sterpaglia immediatamente<br />

vicina alla sede degli scontri: una<br />

colonna di polvere e fumo si solleva minacciosa<br />

sull’intera area.<br />

Mentre piovono pietre e manganellate,<br />

dei manifestanti si accingono a spegnere il<br />

fuoco: una possibile propagazione delle<br />

fiamme avrebbe potuto legittimare eventuali<br />

divieti ad altre manifestazioni future.<br />

Finalmente, senza alcun intervento da parte<br />

dei vigili del fuoco, l’incendio viene<br />

spento dalle sole braccia dei manifestanti.<br />

Le cariche da parte della polizia terminano.<br />

Un folto gruppo di attivisti supera la<br />

rete e si addentra nella base, diretto verso<br />

le antenne presso cui, già da diverse notti,<br />

si sono arrampicati sette attivisti. Decidiamo<br />

di rimanere fuori dai confini della<br />

base: la nostra manifestazione, per oggi, è<br />

finita.<br />

Sulla strada verso casa, la luna piena ci<br />

sorveglia dall’alto, luminosissima, mentre<br />

gli ultimi raggi del sole attraversano con<br />

vigore le nuvole riempiendo il cielo.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 35


www.isiciliani.it<br />

Giustizia<br />

I “collaboratori”<br />

collaborano. E lo Stato?<br />

L’istituto della collaborazione<br />

con la giustizia<br />

degli ex appartenenti<br />

ad associazioni mafiose<br />

costituisce uno dei<br />

principali strumenti di<br />

contrasto alla mafia<br />

di Irene Astorri<br />

www.diecieventicinque.it<br />

Per collaboratore di giustizia s'intende<br />

chi, dopo aver fatto parte di una<br />

organizzazione criminale, decide di<br />

dissociarsene e di collaborare con<br />

l’autorità giudiziaria.<br />

In Italia la creazione della normativa è<br />

stata determinata dalla situazione politicogiudiziaria<br />

della fine degli anni sessanta,<br />

quando ripetuti atti di violenza crearono<br />

grande allarme sociale. Ma soltanto negli<br />

anni novanta è stata introdotta una disciplina<br />

specifica in materia, grazie al decreto<br />

legge 15 gennaio 1991 n. 8, convertito<br />

nella legge 15 marzo 1991 n. 82, i cui<br />

punti più importanti erano:<br />

- poter fornire uno speciale programma<br />

di protezione ai collaboratori di giustizia e<br />

ai parenti più prossimi e permettere al collaboratore<br />

di accedere a vari benefici penitenziari<br />

(tra cui misure alternative alla<br />

detenzione)<br />

- il programma di protezione doveva essere<br />

deciso da un’apposita Commissione<br />

(istituita dal Ministero dell’Interno) e doveva<br />

essere richiesta dal pm, dal prefetto<br />

o dall’Alto Commissario per il coordinamento<br />

della lotta contro la delinquenza<br />

mafiosa;<br />

- l’ammissione dipendeva dalla gravità<br />

e attualità del pericolo, dall’importanza<br />

delle informazioni fornite e dall’adempimento<br />

degli obblighi previsti dal programma<br />

di protezione stesso;<br />

- la gestione e l’attuazione dei programmi<br />

di protezione era affidata a un servizio<br />

istituito presso il Dipartimento della pubblica<br />

sicurezza del Ministero dell’interno<br />

(Servizio centrale di protezione);<br />

- il Ministro dell’Interno, in casi eccezionali,<br />

poteva autorizzare il cambiamento<br />

delle generalità dei soggetti sottoposti<br />

al programma di protezione.<br />

Questa legge è stata poi modificata con<br />

la successiva del 13 febbraio 2001 n. 45,<br />

con cui s'è cercato di eliminare le disfunzioni<br />

e incongruenze della precedente.<br />

Scheda<br />

PENTIMENTI, GIUSTIZIA E VERITA'<br />

Partiamo da un dato: senza i collaboratori di giustizia non sapremmo<br />

tutto quello che oggi sappiamo sulle mafie. Non sapremmo<br />

i rapporti al loro interno, i riti, i misteri e le verità. Probabilmente<br />

dubiteremmo ancora dell’esistenza della mafia. Eppure,<br />

questi, nascono col nascere delle mafie nonostante solo con<br />

Falcone diventino uno “strumento” fondamentale nelle mani della<br />

giustizia. Sicuramente hanno avuto un ruolo di primaria importanza<br />

nella lotta al terrorismo, ma quella, come ben sappiamo,<br />

è un'altra storia.<br />

Il primo pentito di mafia nella storia d’Italia «si chiamava Salvatore<br />

D’Amico. A metà dell’Ottocento faceva parte della “fratellanza<br />

degli stuppagghieri” di Monreale. Si trasferì a Bagheria,<br />

la cui cosca, “i fratuzzi”, era in guerra con quella monrealese.<br />

Iniziò a temere per la sua vita e decise di dire quello che sapeva<br />

ai giudici. “Undici giorni dopo il D’Amico veniva trovato crivellato<br />

da lupara, con un tappo di sughero in bocca ('u stuppagghiu)<br />

e sugli occhi il santino di stoffa della Madonna del Carmine che i<br />

fratuzzi portavano al collo a mo’ di amuleto e riconoscimento.<br />

La mafia aveva ritrovato l’unità per punire il traditore, anche se<br />

le due cosche continuarono per anni a distruggersi a vicenda”».<br />

Melchiorre Allegra, medico trapanese “pentito” nel 1937, era<br />

«affiliato alla famiglia mafiosa palermitana di Pagliarelli. Aveva<br />

raccontato la struttura di Cosa Nostra, il rito della “punciuta”, i<br />

nomi delle famiglie più importanti e i legami con la politica, la<br />

sanità e gli affari».<br />

Tra D’Amico e Allegra intercorrono storie di pentitismi, collaborazioni<br />

e confidenze. Nei verbali venivano chiamati “dichiaranti”<br />

ma le scarse norme legislative sul tema e le diverse condizioni<br />

storiche del tempo hanno lasciato poche tracce delle testimonianze<br />

di questi personaggi. Difatti le notizie sono scarse sulla<br />

storia del pentitismo prima di Leonardo Vitale. Un “pentito”<br />

vero, quest’ultimo. Rese dichiarazioni spontanee dopo una lunga<br />

e travagliata riflessione, cercava un ravvedimento, voleva rimediare<br />

per il male fatto così come insegna il catechismo della<br />

Chiesa Cattolica. I collaboratori da ricordare, per importanza e<br />

verità, non sarebbero pochi. Ci sarebbe da raccontare anche di<br />

quei “falsi pentiti”, orchestrati a dovere per confondere le carte<br />

in gioco e creare sfiducia in questo strumento.<br />

Collaboratore però, non è sinonimo di “pentito”. Ognuno di<br />

loro è mosso da un motivo diverso che li porta a collaborare con<br />

la giustizia. I soldi, la protezione, o forse un riscatto per il male<br />

fatto. Spesso considerati dei delatori, che poi è il peccato di Giuda<br />

(e il paragone, non mio, è tristemente infelice), sono da sempre<br />

osteggiati e criticati dalla pubblica opinione e da molti addetti<br />

ai lavori. Eppure costituiscono un pilastro fondamentale della<br />

lotta alla mafia. In questo paese, e non solo. Forse basterebbe<br />

proteggerli maggiormente, seriamente, in base alla storia e alle<br />

verità riscontrate e non trattarli tutti allo stesso modo.<br />

Del resto, da D’Amico, a Buscetta, fino ad arrivare a Iovine, è<br />

cambiata la mafia, non il modo di trattare e “usare” i collaboratori<br />

di giustizia. Almeno fin quando questi, si limitano a portare<br />

verità che non fanno male a molti.<br />

Salvo Ognibene<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 36


www.isiciliani.it<br />

“Collaboratori<br />

e testimoni<br />

di giustizia:<br />

due cose<br />

del tutto diverse”<br />

È stato fortemente limitato il numero<br />

dei soggetti sottoposti al programma di<br />

protezione: ne possono usufruire solo coloro<br />

che forniscono un contributo di notevole<br />

importanza, mentre la collaborazione<br />

può essere portata avanti soltanto<br />

nell’ambito di alcune gravi fattispecie di<br />

reato attinenti alla criminalità organizzata<br />

(come ad es. terrorismo o eversione).<br />

Solo notizie attendibili e complete<br />

Il soggetto viene ammesso al programma<br />

di protezione solo se le notizie sono<br />

nuove, complete, attendibili e rese al pm<br />

entro 180 giorni dalla dichiarazione di volontà<br />

di collaborazione, oltre al fatto che<br />

all’autorità giudiziaria devono essere consegnati<br />

beni e denaro di provenienza illecita.<br />

Infine viene introdotta una netta distinzione<br />

tra collaboratori e testimoni di giustizia<br />

(soggetti vittima di reato o persone<br />

informate sui fatti destinate ad una diversa<br />

protezione).<br />

Nel 2013 l’allora Presidente del Consiglio<br />

Enrico Letta aveva istituito, tramite<br />

decreto, una Commissione col compito di<br />

elaborare proposte di modifica al sistema<br />

per la lotta alla criminalità organizzata.<br />

La Commissione, composta dal Presidente<br />

Roberto Garofoli e dai membri<br />

Magda Bianco, Raffaele Cantone, Nicola<br />

Gratteri, Elisabetta Rosi e Giorgio Spangher,<br />

dopo aver ascoltato anche il parere<br />

di diversi soggetti coinvolti, è approdata<br />

alla stesura del “Rapporto della Commissione<br />

per l’elaborazione di proposte in<br />

tema di lotta, anche patrimoniale, alla criminalità”<br />

nel quale vengono sollevate criticità<br />

sul sistema normativo vigente.<br />

Un primo profilo riguarda il rigido termine<br />

previsto (180 giorni) entro il quale<br />

bisogna concludere l’assunzione delle dichiarazioni<br />

da parte del pentito: quelle<br />

successive sono inutilizzabili (salvi alcuni<br />

correttivi) e non è prevista alcuna proroga.<br />

Secondo la Commissione questo termine<br />

è eccessivamente rigido, considerata<br />

anche la mole di lavoro esistente nelle<br />

Procure.<br />

La proposta consiste nell’introdurre una<br />

proroga per il pm che dimostri di aver<br />

svolto la sua attività lavorativa ma di non<br />

essere riuscito ad assumere tutte le dichiarazioni<br />

del collaboratore, oltre a quella di<br />

creare una sanzione di inutilizzabilità per<br />

le dichiarazioni tardive, a meno che non si<br />

dimostri che il ritardo sia tale per un giustificato<br />

motivo.<br />

Le misure di protezione<br />

Un secondo profilo riguarda il numero<br />

di componenti della Commissione centrale<br />

per la definizione e l’applicazione delle<br />

speciali misure di protezione: la legge del<br />

1991 prevede due magistrati e cinque funzionari<br />

e ufficiali, presieduti da un Sottosegretario<br />

di Stato.<br />

La Commissione propone di aumentare<br />

il numero dei magistrati da due a quattro.<br />

Il terzo profilo di criticità riguarda infine<br />

il sistema della partecipazione a distanza<br />

al dibattimento dei collaboratori e dei<br />

testimoni di giustizia. Questi ultimi riferiscono<br />

diverse informazioni relative ad<br />

episodi delittuosi e queste instaurano diversi<br />

procedimenti penali: il soggetto<br />

deve perciò rendere le sue dichiarazioni in<br />

più giudizi, ma ciò genera ingenti spese<br />

allo Stato, che si deve occupare dei singoli<br />

trasferimenti. Questa situazione ha portato<br />

all’uso nei processi della videoconferenza.<br />

La videoconferenza<br />

Si deve inoltre distinguere se all’interno<br />

dei processi il soggetto partecipi come imputato<br />

o testimone: a seconda della posizione<br />

ricoperta nel processo infatti, il soggetto<br />

può o non può rendere la propria testimonianza<br />

a distanza, situazione dipendente<br />

anche da ragioni di sicurezza ed ordine<br />

pubblico. Per questo motivo il giudice<br />

deve disporre le cautele necessarie affinché<br />

il soggetto non sia riconoscibile ed<br />

evitare possibili ripercussioni da parte degli<br />

imputati.<br />

La Commissione ha perciò proposto di<br />

rendere obbligatoria la videoconferenza,<br />

anche se il collaboratore o il testimone sia<br />

esso stesso un imputato: questo servirebbe<br />

per ridurre notevolmente l’onere economico<br />

per lo Stato e per l’incolumità sia<br />

dei soggetti protetti sia per gli operatori di<br />

polizia addetti alla scorta<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 37


www.isiciliani.it<br />

Trattativa<br />

Mori, il Sisde e quelle<br />

operazioni criminali<br />

Nelle nuove carte riflettori<br />

puntati sul ruolo<br />

dell’ex capo del Ros<br />

negli anni ’70<br />

di Lorenzo Baldo<br />

www.antimafiaduemila.com<br />

Palermo. E’ lo spaccato di uno Statocriminale<br />

quello che emerge dalle prime<br />

indiscrezioni relative all’attività integrativa<br />

di indagine della Procura di<br />

Palermo che verrà depositata al processo<br />

sulla trattativa Stato-mafia. I faldoni<br />

sono stati trasmessi anche alla Procura<br />

generale che rappresenta l’accusa al<br />

processo d’appello in cui Mori è imputato<br />

di favoreggiamento aggravato alla<br />

mafia.<br />

Il periodo del Sid<br />

Questo materiale racchiude una parte<br />

dell’attività di indagine sulla permanenza<br />

dell’ex capo del Ros Mario Mori al Sid<br />

(Servizio Informazioni difesa, ex Sismi,<br />

attuale Aise, ndr) nei primi anni ’70. In<br />

quel periodo Mori è un <strong>giovani</strong>ssimo ufficiale<br />

dei Carabinieri (da 3 anni era<br />

nell’Arma) che comanda una tenenza.<br />

Nel 1973 viene chiamato al Sid da un<br />

ex ufficiale dei Carabinieri al Servizio Informazione<br />

Difesa, Federico Marzollo,<br />

all’epoca la persona più vicina all’ex direttore<br />

del Sid Vito Miceli (uomo di Licio<br />

Gelli.<br />

La struttura parallela<br />

Miceli predispose la struttura parallela<br />

del Sid finalizzata ad organizzare un colpo<br />

di Stato tra il ’73 e il ’74 chiamata la<br />

Rosa dei Venti, ndr).<br />

Marzollo quindi porta Mori al Sid nel<br />

’73, lo sponsorizza e lo avvicina a Vito<br />

Miceli. Tra l’altro lo stesso Marzollo era<br />

stato allievo ufficiale del padre di Mori.<br />

A cavallo tra la fine del ’74 e l’inizio<br />

del ’75 succede qualcosa di strano.<br />

Negli atti acquisiti dalla Procura dagli<br />

archivi dell’Aise (il servizio segreto per la<br />

sicurezza esterna) risulta in particolare<br />

che negli anni di permanenza al Sid Mori<br />

ha svolto funzioni operative con tanto di<br />

nome e documenti di copertura, riportando<br />

anche degli encomi importanti nel corso<br />

del ’73 e del ’74 per determinate operazioni.<br />

Mori si è occupato nello specifico<br />

di “contatti” con i terroristi neri.<br />

Il contesto<br />

A questo punto occorre inquadrare ulteriormente<br />

il contesto.<br />

Nel dicembre del ’74 il giudice<br />

istruttore di Padova, Giovanni Tamburino<br />

(fino a un mese fa a capo del Dap, ndr),<br />

che sta indagando sulla Rosa dei venti<br />

(con tanto di richiesta d’arresto per l’ex<br />

capo del Sid Vito Miceli), manda al Sid<br />

una richiesta urgente con la quale chiede<br />

che sia trasmessa dall’Autorità<br />

Giudiziaria di Padova un’immagine<br />

fotografica di Mario Mori. Il giudice<br />

Tamburino non specifica altro.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 38


www.isiciliani.it<br />

“Tenetelo fuori<br />

fino alla fine<br />

del processo<br />

Borghese”<br />

La cacciata di Mori<br />

Come è noto la Rosa dei venti è<br />

un’indagine condotta dalla magistratura di<br />

Padova sull’organizzazione segreta modello<br />

“Gladio” che operava soprattutto nel<br />

nord est, faceva riferimento, tra gli altri,<br />

all’ex generale Amos Spiazzi, e aveva<br />

come obiettivo quello di reiterare il progetto<br />

del “Piano Solo” del generale Giovanni<br />

De Lorenzo: una sorta di colpo di<br />

Stato militare che ci sarebbe dovuto essere<br />

tra il ’73 e il ’74. Tamburino chiede<br />

quindi la fototessera di Mori nel dicembre<br />

’74. Per quale motivo?<br />

Non bisogna scordare che nell’ottobre<br />

di quello stesso anno il giudice Tamburino<br />

aveva fatto arrestare per l’indagine sulla<br />

Rosa dei venti Vito Miceli. Successivamente<br />

era stato arrestato anche Amos<br />

Spiazzi. Il 4 gennaio del ’75 l’ex generale<br />

Gianadelio Maletti (ex numero due del<br />

Sid rimasto al Servizio in seguito all’arresto<br />

di Miceli) scrive di suo pugno un appunto<br />

in cui chiede al direttore del Servizio<br />

facente funzioni, l’ammiraglio Mario<br />

Casardi (che poi diventerà direttore a tutti<br />

gli effetti), di allontanare Mario Mori dal<br />

Servizio “nel più breve tempo possibile”.<br />

Il 9 gennaio Casardi emette un provvedimento<br />

in cui dispone l’allontanamento<br />

di Mario Mori dal Servizio con effetto immediato<br />

aggiungendo alla richiesta di Maletti<br />

un’ulteriore direttiva. Non soltanto<br />

Mori deve essere cacciato via dal Servizio,<br />

ma deve essere urgentemente allontanato<br />

dal territorio della città di Roma.<br />

Perché mai Mori viene mandato via da<br />

Roma in quel modo?<br />

Agli inizi del 1978 Mario Mori viene<br />

quindi restituito all’Arma di appartenenza<br />

per poi essere inviato a comandare il nucleo<br />

radiomobile di Napoli. In quello stesso<br />

anno il Comando generale dei Carabinieri<br />

scrive al Sid chiedendo se vi siano<br />

motivi ostativi al trasferimento di Mori a<br />

Roma. A tutti gli effetti si tratta di una<br />

sorprendente anomalia in quanto Mori,<br />

dopo essere stato cacciato con tanto di abbassamento<br />

delle note caratteristiche, non<br />

ha più alcun tipo di rapporto con il Sid.<br />

Anni di fuoco<br />

Il dato ancora più sconcertante è la risposta<br />

del Sid. Siamo nel gennaio del ’78,<br />

nella replica si legge che “come da disposizioni<br />

impartite” c’è il divieto di trasferire<br />

Mori a Roma “fino alla fine della celebrazione<br />

del processo Borghese”. Per<br />

quale ragione viene sottolineata questa<br />

specifica indicazione? Bisogna mettere<br />

insieme altri pezzi di questo mosaico.<br />

Il giudice Tamburino che stava conducendo<br />

l’indagine sulla Rosa dei venti a un<br />

certo punto si vede richiesti gli atti dalla<br />

procura di Roma. La tesi dei magistrati<br />

romani è molto semplice: siccome stiamo<br />

indagando sul Golpe Borghese, anche se<br />

non sono gli stessi soggetti, si tratta sempre<br />

di un colpo di Stato organizzato dai<br />

militari e quindi c’è connessione. Il pm<br />

che indagava sul Golpe Borghese era un<br />

uomo fedelissimo di Giulio Andreotti:<br />

Claudio Vitalone.<br />

L'indagine tolta al magistrato<br />

Di fatto Tamburino resiste fino al dicembre<br />

del ’74, poi però la procura di<br />

Roma si appella alla Cassazione e vince.<br />

Tutta l’indagine sulla Rosa dei venti viene<br />

quindi tolta a Tamburino per essere mandata<br />

a Roma così da essere unificata a<br />

quella sul Golpe Borghese.<br />

Evidentemente il Sid scrive di non mandare<br />

Mori a Roma “fino alla fine del processo<br />

Borghese” fino a quando è in corso<br />

il procedimento che vede tra gli imputati<br />

anche Vito Miceli. Ma restano intatti gli<br />

interrogativi su quella disposizione del<br />

Sid. E’ un dato di fatto che nel giro di un<br />

paio di mesi la triade Miceli, Marzollo e<br />

Mori viene cacciata dai Servizi.<br />

I magistrati del pool stanno lavorando<br />

per comprendere in special modo i motivi<br />

dell’allontanamento di Mori. Incrociando<br />

i dati e analizzando le carte si cercheranno<br />

i possibili collegamenti tra Mori, Rosa dei<br />

venti e processo sul Golpe Borghese, fino<br />

ad arrivare al biennio stragista ‘92/’93.<br />

Molti dei principali protagonisti sono<br />

morti. E quelli in vita sono consapevoli<br />

dei contraccolpi che subirebbero da parte<br />

del Sistema nel caso di loro “rivelazioni”<br />

e preferiscono tacere.<br />

In nome della “sicurezza”<br />

La cacciata di Mori potrebbe rappresentare<br />

una sorta di “punizione” per aver agito<br />

troppo spregiudicatamente? O c’è<br />

dell’altro? Fino a che punto quegli stessi<br />

apparati che hanno armato la mano di<br />

Cosa Nostra, dei terroristi o di chiunque<br />

altro (per destabilizzare il nostro Paese<br />

attraverso le stragi), hanno utilizzato lo<br />

stesso Mori per quelle azioni criminali nel<br />

nome della “sicurezza nazionale” o per<br />

una “ragion di Stato”?<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 39


www.isiciliani.it<br />

Calabria<br />

Chi comanda<br />

a Reggio<br />

Grazie all’Operazione<br />

Meta del 2010 sono<br />

emersi i nuovi assetti<br />

di potere della ‘ndrangheta<br />

operante nella<br />

città di Reggio Calabria.<br />

Chi comanda<br />

dopo la violentissima<br />

guerra finita nel 1991?<br />

Che clima si respira a<br />

Reggio?<br />

di Andrea Zolea<br />

www.wikimafia.it<br />

L'organigramma della 'ndrangheta<br />

Il 2010 è stato un anno giudiziario molto<br />

importante per decifrare l’organigramma<br />

della ‘ndrangheta. Il 13 luglio, attraverso<br />

le operazioni congiunte Crimine-<br />

Infinito realizzate dalla Dda di Reggio<br />

Calabria e di Milano veniva svelata la<br />

struttura unitaria della ‘ndrangheta.<br />

Venti giorni prima, però, scattava anche<br />

l’Operazione Meta, che portò all’arresto<br />

di 42 persone nella città di Reggio Calabria.<br />

Nonostante le differenze sostanziali tra<br />

le due inchieste, entrambe dimostrano<br />

quello che il pentito Paolo Iannò, ex-affiliato<br />

ai Condello, ha dichiarato ai pm: “la<br />

‘ndrangheta è unica e sola, la ‘ndrangheta<br />

ordina i delitti, ci sono state le faide, ci<br />

sono stati omicidi fra di loro, faide fra locali<br />

e tutte cose, ma una ‘ndrangheta…<br />

che esistano due ‘ndranghete no, esiste<br />

che la ‘ndrangheta è un corpo, ha regole<br />

sociali e nasce a Reggio e si radica in tutte<br />

le parti del mondo ’’.<br />

Questa e altre testimonianze dei collaboratori<br />

di giustizia delle due operazioni dimostrano<br />

come il cuore pulsante della<br />

‘ndrangheta si trovi nell’intera provincia<br />

di Reggio Calabria e il potere delle ‘ndrine<br />

sia spartito nei tre mandamenti provinciali:<br />

Jonica, Città e Tirrenica. Come ha<br />

affermato il Procuratore sostituto della<br />

Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo,<br />

padre dell’indagine Meta: “il Crimine<br />

a Reggio Calabria è Archi, così<br />

come sulla jonica è San Luca e sulla tirrenica<br />

Rosarno".<br />

L'eredità di Giuseppe Di Stefano<br />

L'indagine Meta si focalizza sulle attività<br />

e i collegamenti dei gruppi mafiosi presenti<br />

nella città di Reggio Calabria. Attraverso<br />

questa inchiesta è emerso come<br />

Giuseppe De Stefano abbia ereditato il<br />

potere del padre Paolo. A conclusione della<br />

prima guerra di 'ndrangheta i De Stefano<br />

avevano soppiantato i Tripodo in città:<br />

infatti, dopo le eliminazioni di<br />

Scheda<br />

CRONISTORIA DELLA VIOLENZA MAFIOSA A REGGIO CALABRIA<br />

2010<br />

• 3 gennaio: esplosione di una bomba davanti alla Procura Generale<br />

• 21 gennaio: ritrovamento di un’auto piena di armamenti nel<br />

giorno della visita di Napolitano a Reggio Calabria<br />

• 25 gennaio: intercettata cartuccia caricata a pallettoni<br />

indirizzata al Pm Giuseppe Lombardo<br />

•17 maggio: intercettato un proiettile spedito con frasi intimidatorie<br />

al Pm Giuseppe Lombardo<br />

• 5 ottobre: ritrovato un bazooka davanti al tribunale di Reggio<br />

destinato all’ex Procuratore Capo della Dda di Reggio Calabria,<br />

Giuseppe Pignatone<br />

2011<br />

• 1° marzo: intercettato proiettile di kalashnikov spedito al Pm<br />

Giuseppe Lombardo<br />

• 31 marzo: ucciso al bar Carmelo Morena, pregiudicato reputato<br />

vicino ai Condello-Tegano<br />

• 12 agosto: ucciso Giuseppe Canale, ritenuto affiliato al clan<br />

Serraino, a Gallico Superiore<br />

2012<br />

• 9 ottobre: sciolto per infiltrazione mafiosa il Comune di Reggio<br />

Calabria<br />

• 10 ottobre: arrestato dopo 19 anni di latitanza Domenico<br />

Condello, Micu ‘u pacciu<br />

2013<br />

• 8 marzo: ritrovato pacco bomba indirizzato al Pm Giuseppe<br />

Lombardo con scritto “se non la smetti ci sono pronti altri 200<br />

kg”<br />

• 6 giugno: Antonino Lo Giudice evade dal programma di protezione<br />

2014<br />

• 3 marzo: ucciso il presunto boss Quirino Franco<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 40


www.isiciliani.it<br />

Giovanni e Giorgio, a prendere le redini<br />

del clan fu De Stefano padre.<br />

Grazie anche al capobastone di Archi<br />

(quartiere di Reggio Calabria in cui i De<br />

Stefano sono egemoni), la 'ndrangheta<br />

fece il salto di qualità: aveva rapporti con<br />

la destra eversiva, la politica, la massoneria<br />

deviata, i servizi segreti e le élites criminali<br />

di Cosa nostra e della camorra.<br />

Il mammasantissima di Archi fu assassinato<br />

il 13 ottobre 1985 con un’autobomba,<br />

in risposta al suo fallito tentativo di<br />

eliminare Antonio Imerti. Scoppiò così la<br />

seconda guerra di ‘ndrangheta tra il gruppo<br />

De Stefano ed il cartello Imerti-Condello.<br />

La pace, dopo oltre 700 morti, arrivò<br />

solo nel 1991 e grazie anche all’intervento<br />

dei più influenti boss di Cosa Nostra,<br />

del calibro di Leoluca Bagarella.<br />

In città, fino all’arresto il 18 febbraio<br />

2008, il boss più influente era Pasquale<br />

Condello, detto il Supremo.<br />

La struttura di comando<br />

Attraverso l’Operazione Meta è emerso<br />

anche che le cosche più influenti della<br />

città avevano creato una struttura sovra-ordinata<br />

capeggiata da Giuseppe<br />

De Stefano.<br />

L’organismo strutturale cittadino<br />

costituisce un’importante novità investigativa<br />

perché dimostra come i clan<br />

più potenti della città di Reggio Calabria<br />

protagonisti della cruenta seconda guerra<br />

di ‘ndrangheta si siano pacificati e organizzati<br />

per la ‘spartizione’ degli affari cittadini:<br />

dalle attività delittuose, alle azioni<br />

intimidatrie fino alla ‘torta’ degli appalti.<br />

Il rampollo della famiglia De Stefano<br />

venne arrestato il 10 dicembre 2008, dopo<br />

5 anni di latitanza. Con l’accusa di associazione<br />

mafiosa e traffico di stupefacenti.<br />

Nel processo Meta viene indicato con la<br />

dote di Crimine, un “fiore” (riconoscimento)<br />

concesso solo ai più meritevoli affiliati<br />

alla mafia calabrese.<br />

Il 31 maggio 2013, interrogato per oltre<br />

5 ore dal pm Giuseppe Lombardo, De Stefano<br />

ha negato di essere il “capocrimine”,<br />

dichiarando inoltre che i pentiti<br />

che lo accusano ‘‘sono dei buffoni […]<br />

Nino Fiume è un viscido, Antonino Lo<br />

Giudice è un ragno spacciatore di angurie<br />

marcie’’.<br />

La sentenza di primo grado<br />

Il 7 maggio 2014 la Corte ha inflitto durissime<br />

condanne agli imputati. La pena<br />

più alta è stata inflitta a Giuseppe De Stefano,<br />

27 anni. Questa indagine ha fatto<br />

emergere l'egemonia dei clan nei 'locali' di<br />

competenza territoriale.<br />

La cosiddetta “zona grigia” non è stata<br />

toccata in quest’operazione. Nonostante<br />

ciò, il Pm Giuseppe Lombardo, che in 3<br />

anni ha subito quattro pesanti intimidazioni,<br />

nella requisitoria ha sostenuto: “La<br />

'ndrangheta non finisce agli imputati di<br />

questo processo, questo è l'abito da lavoro<br />

del sistema criminale di cui fanno parte,<br />

siamo sulle orme di chi veste l'abito da<br />

sera e frequenta salotti dove l'abito da lavoro<br />

non è ammesso''.<br />

La storia ci insegna infatti che la<br />

‘ndrangheta si è sempre avvalsa di rapporti<br />

di scambio con il potere costituito:<br />

sia esso la politica, la massoneria,<br />

l’imprenditoria o i servizi segreti. Le dichiarazioni<br />

di Lombardo sembrano proprio<br />

dimostrare che la mafia calabrese non<br />

ha perso il capitale sociale che la contraddistingue.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 41


www.isiciliani.it<br />

Milano<br />

Tempo e mafia:<br />

i nemici di Expo<br />

Expo e organizzazioni<br />

criminali. Expo e corruzione.<br />

Gli ultimi<br />

mesi, la fase finale. Le<br />

linee guida della prefettura<br />

per contrastare le<br />

ditte colluse<br />

di Giorgia Venturini<br />

www.stampoantmafioso.it<br />

Manca poco. Ancora qualche mese e<br />

poi sarà Expo 2015. Siamo alla fase accelerativa.<br />

L’ultima. Quella che serve a<br />

operai e società edili a completare gli<br />

ultimi lavori in cantiere. Come il padiglione<br />

Italia, alcuni dei padiglioni tematici<br />

e altre strutture interne al sito.<br />

Mentre si stanno, invece, avviando le<br />

consegne delle aree ai partecipanti esteri,<br />

a cui seguirà ancor più intensa fase<br />

di costruzione, acquisizione di beni, servizi<br />

e forniture, con un aumento esponenziale<br />

dei contratti.<br />

A passo con quest’ultima fase di lavori,<br />

anche il controllo antimafia. La prefettura,<br />

la Direzione Investigativa Antimafia, il<br />

Gruppo Interforze Centrale per l’Expo<br />

(GICEX) e le altre forze di polizia territoriale,<br />

si preparano ad intensificare le attività<br />

di controllo per l’accesso ai cantieri.<br />

L'infiltrazione mafiosa<br />

Quest’ultima fase, però, richiederà<br />

maggior attenzione. Non solo perché<br />

l’incremento di lavoro e l’aumento dei<br />

contratti sono, senza dubbio, elementi favorevoli<br />

all’infiltrazione mafiosa, ma anche<br />

perché la rincorsa sfrenata degli ultimi<br />

mesi per il completamento dei lavori<br />

potrebbe portare a qualche svista. A qualche<br />

errore di percorso.<br />

Così il binomio Expo 2015 e organizzazione<br />

criminale ritorna ed essere oggetto<br />

di discussione a Roma. In Commissione<br />

Parlamentare di Inchiesta sul Fenomeno<br />

delle Mafie, infatti, lo scorso 15 maggio il<br />

prefetto di Milano Francesco Paolo Tronca<br />

ha voluto, fin da subito, ribadire il proprio<br />

impegno nell’antimafia.<br />

“Priorità di Milano, ora più che mai,<br />

sarà quello di combattere le associazioni<br />

mafiose su più fronti, con un’efficace aggressione<br />

dei loro interessi economici, impedendo<br />

concretamente alle ditte colluse e<br />

infiltrate di poter accedere a fondi pubblici<br />

attraverso l’affidamento di lavori, servizi<br />

e forniture. I controlli si devono intensificare.<br />

E per farlo dobbiamo modificare<br />

alcune linee guida”.<br />

Molti controlli avviati a lavori iniziati<br />

In questi ultimi anni, infatti, si è avuta<br />

la sensazione che la creazione di presupposti<br />

giuridici e di strumenti concreti per<br />

lo svolgimento dei controlli mirati e specifici<br />

abbia dovuto più inseguire che gestire<br />

gli eventi.<br />

Infatti, come riportato in Commissione,<br />

molte delle attività di controllo sono state<br />

avviate a lavori iniziati.<br />

Ciò è spiegato dal fatto che la normativa<br />

del Codice Antimafia consente l’obbligo<br />

di stipula del contratto dell’azienda<br />

vincitrice della gara di appalto, una volta<br />

decorso invano il termine ordinario di 45<br />

giorni oppure di 15 in caso di urgenza,<br />

permettendo, così, l’ingresso in cantiere<br />

senza che vi sia in molti casi un primo vaglio<br />

di controllo ai fini antimafia. Colpa,<br />

forse, delle longeve modalità procedurali<br />

e dalle troppe pratiche in corso. Tuttavia,<br />

non può la burocrazia soffocare il controllo<br />

antimafia e spalancare le porte dei cantieri<br />

alla ‘ndrangheta.<br />

Controlli e tempi di realizzazione<br />

Come, quindi, coniugare al meglio<br />

l’esigenza di garantire un controllo rafforzato<br />

ed efficiente con i tempi di realizzazione<br />

delle opere? Una risposta Milano ce<br />

l’ha. Si è proceduto, infatti, ad adottare fin<br />

dallo scorso ottobre 2013, per i controlli<br />

antimafia sulle opere Expo, la modalità<br />

così detta speditiva di rilascio delle informazioni<br />

antimafia. Questa soluzione, secondo<br />

la prefettura, oltre ad essere utile a<br />

smaltire un’ingente quantità di pratiche<br />

arretrate, è risultata funzionale a consentire<br />

l’ingresso nei cantieri alle sole imprese<br />

che avevano già superato un primo controllo<br />

rilasciando una liberatoria provvisoria.<br />

Ciò ha consentito di emettere le liberatorie<br />

per 346 imprese, corrispondenti a<br />

circa il 35% delle pratiche arretrate.<br />

Tuttavia, questa modalità speditiva non<br />

è stata sufficiente per la società Expo che,<br />

lo scorso mese, ha sollevato, ancora una<br />

volta, alcuni problemi legati principalmente<br />

al tempo di ingresso degli appaltatori<br />

e dei subappaltatori.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 42


www.isiciliani.it<br />

“Fra 'ndrangheta e corruzione”<br />

Nuovo modello procedurale<br />

È stato, quindi, delineato un nuovo modello<br />

procedurale per l’applicazione dei<br />

controlli antimafia, che ha coniugato la richiesta<br />

di semplificazione evidenziate dalla<br />

società Expo con l’esigenza di non abbassare<br />

il livello dei controlli.<br />

Un’innovazione così presentata in<br />

Commissione dal Prefetto Tronca: “Le soluzioni<br />

intraprese consentono di centralizzare,<br />

ugualmente, l’attività di controllo<br />

speditivo presso la prefettura di Milano e<br />

la possibilità della DIA di concentrare la<br />

sua attenzione sull’attività di accesso ai<br />

cantieri. Il tutto in ottica degli impegni assunti<br />

dal Ministero degli Interni con la<br />

sottoscrizione del piano di azione Expo<br />

Milano 2015 mafia free.<br />

E' un piano che vuole favorire la necessità<br />

di integrazione tra i controlli soggettivi<br />

e quelli di carattere ambientale.<br />

Così facendo verrà potenziato il controllo<br />

sui cantieri, possibile solo grazie al<br />

contributo di un aumento dei gruppi interforze<br />

e dell’utilizzo di piattaforme informatiche,<br />

ideate per assicurare la continuità<br />

del lavoro nell’attività di analisi dei<br />

dati”.<br />

Fase finale<br />

Oggi siamo alla fase finale, quindi.<br />

Quella accelerativa. Quella in cui non è<br />

più concesso cambiare linee giuda e introdurre<br />

nuovi provvedimenti.<br />

Ora le leggi ci sono. Sono chiare. Le<br />

idee pure.<br />

Iniziare a fare i conti conla realtà<br />

Sono state spiegate e revisionate in<br />

Commissione. Ora c’è solo il tempo di<br />

metterle in atto. E per farlo bisogna ripartire.<br />

Come?<br />

Iniziando a fare i conti con la realtà.<br />

Quella che più volte ha dimostrato che la<br />

‘ndrangheta c’è. Da anni ormai è osservatrice<br />

speciale nei cantieri dell’Expo. La<br />

corruzione pure, inutile negarlo. Il tempo,<br />

invece, no. Di quello ne è rimasto poco.<br />

C’è solo il tempo di limitare i danni e,<br />

per riuscirci, bisogna agire ora. C’è solo il<br />

tempo per correre una breve gara. Contro<br />

i lavori incompiuti e conto la mafia. A cui<br />

la prefettura e gli altri organi antimafia<br />

sono costretti a partecipare e a vincere. Le<br />

parole, oggi, non bastano più.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 43


www.isiciliani.it<br />

Ambiente<br />

Bonifichi chi può<br />

e inquini chi vuole<br />

Gli ultimi tre governi<br />

hanno fatto una serie<br />

di decreti accusati dagli<br />

ambientalisti di rendere<br />

più complicato<br />

bonificare. E favorire<br />

chi ha inquinato o inquina<br />

ancora<br />

di Alessio Di Florio<br />

www.ritaatria.it<br />

L’Italia è disseminata di migliaia e migliaia<br />

di luoghi inquinati, contaminati in<br />

decenni dalle attività più disparate, dalla<br />

grande industria pesante a discariche ormai<br />

non più in esercizio. La Terra dei fuochi,<br />

la mega discarica della Val Pescara<br />

(sulle cui vicende è in corso un processo e<br />

un altro presto potrebbe avviarsi) o di Micorosa<br />

(44 ettari di rifiuti tossici all’aperto<br />

sul mare), in provincia di Brindisi e recentemente<br />

finita nel mirino della locale procura<br />

dopo di alcuni cittadini e di due comitati<br />

ambientalisti, moltissimi ex siti industriali,<br />

l’elenco è vastissimo. 57 di questi<br />

siti, i più pericolosi per l’ambiente e la<br />

salute umana, i più contaminati dai veleni<br />

più disparati, erano considerati SIN, Siti<br />

d’Interesse Nazionale, sottoposti direttamente<br />

alla responsabilità del Ministero<br />

dell’Ambiente.<br />

Declassati diciotto siti<br />

Nel 2013 un decreto del Governo Monti<br />

ne diminuì il numero a 39. Tra i siti “declassati”,<br />

e quindi non considerati più<br />

priorità nazionale, c’erano persino la<br />

“Terra dei Fuochi”, “La Maddalena” in<br />

Sardegna e la “Valle del Sacco”. Fu promossa<br />

dalla Regione Lazio, dal Comune<br />

di Ceccano e, ad adiuvandium, dalla<br />

“Rete per la Tutela della Valle del Sacco<br />

onlus”, un ricorso contro quest’ultimo declassamento.<br />

Nelle scorse settimane il Tar<br />

del Lazio ha accolto il ricorso affermando<br />

che “il ragionamento del Ministero, ad avviso<br />

di questo Collegio, è erroneo in radice”<br />

e che “La norma applicata sembra<br />

anzi ampliare (piuttosto che restringere) le<br />

fattispecie dei territori potenzialmente<br />

rientranti nell’ambito dei siti di interesse<br />

nazionale”.<br />

I decreti dei vari governi<br />

I movimenti per l’acqua pubblica e contro<br />

il biocidio e il Coordinamento Nazionale<br />

di Associazioni, Movimenti e Comitati<br />

che si mobilitano per i siti contaminati<br />

hanno chiesto al Ministero di cancellare<br />

quel declassamento e di rivedere totalmente<br />

la strategia ministeriale. Una strategia<br />

che, negli ultimi anni, appare sempre<br />

più orientata secondo gli ambientalisti a<br />

“mettere la polvere inquinata sotto il tappeto”,<br />

a rendere sempre più complicata la<br />

possibilità di avere delle reali e totali bonifiche<br />

e di favorire chi ha inquinato o<br />

continua ancora ad inquinare. Perché quel<br />

decreto non è stato l’unico ad andare nella<br />

stessa direzione. Una direzione verso la<br />

quale i governi di “larghe intese” (o di<br />

“piccole”, tornando all’attualità…) hanno<br />

voluto procedere con vari decreti.<br />

Il “decreto del Fare” del governo Letta<br />

(così come precedentemente il “Decreto<br />

Semplificazione” del governo Monti) aveva<br />

previsto che le bonifiche potessero essere<br />

realizzate “se economicamente possibili”.<br />

Il decreto “Destinazione Italia” (e siamo<br />

al Governo Renzi) prevedeva quasi un<br />

condono, con finanziamenti pubblici per<br />

le bonifiche (che dovrebbero, invece, essere<br />

a carico di chi ha inquinato).<br />

“Inquinatore Protetto”<br />

L’ultimo tentativo, mentre l’articolo<br />

viene redatto in discussione in Parlamento,<br />

è di queste settimane: il decreto 91, le<br />

cui proposte ambientali sono state definite<br />

dal ministro Galletti “Ambiente Protetto”<br />

e ribattezzato dai movimenti ambientalisti<br />

(che hanno lanciato una mobilitazione per<br />

chiedere di modificarlo radicalmente “Inquinatore<br />

Protetto” per quanto prevede.<br />

La prima proposta che colpisce è quella<br />

di modificare i limiti per l’inquinamento<br />

dei suoli delle aree militari di 100 volte<br />

equiparandoli alle zone industriali. Un<br />

“vero e proprio vergognoso colpo di spugna<br />

sullo stato di contaminazione delle<br />

aree militari del paese” in poligoni, campi<br />

di addestramento, e persino nelle caserme,<br />

per i movimenti ambientalisti. Eppure, ricordano<br />

ancora, “spesso appaiono come<br />

ampie zone verdi coperte da macchia mediterranea<br />

e boschi! Si pensi a Capo teulada<br />

e Quirra (Perdasdefogu) in Sardegna<br />

oppure a Monte Romano in Lazio (vasto<br />

5000 ettari!)”.<br />

Sono mesi che un’ampio dibattito in<br />

molte zone d’Italia si sta animando sulla<br />

possibile vendita a Comuni e Regioni per<br />

una riconversione civile delle caserme in<br />

disuso.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 44


www.isiciliani.it<br />

“Un colpo<br />

di spugna<br />

vergognoso”<br />

Il decreto 91 di fatto renderà quasi impossibile<br />

qualsiasi riconversione e indurrà<br />

gli Enti Locali interessati a non acquistarle<br />

più: nel momento in cui dovessero farlo<br />

per decidere di puntare sulla loro riconversione<br />

civile, le aree e gli immobili non<br />

saranno più equiparati a zone industriali e<br />

i limiti di inquinamento si ri-abbasserebbero<br />

di 100 volte. Imponendo così al Comune<br />

o alla Regione che acquista ogni costo<br />

di bonifica. Come chiedono i movimenti<br />

ambientalisti, chi lo farebbe considerando<br />

che, mantenendo l’area militare,<br />

si rispetterebbe la legge senza dover spendere<br />

un euro?<br />

Gli scarichi a mare<br />

Per gli scarichi a mare (vera e propria<br />

calvario per moltissime località<br />

balneari…) “le Autorizzazioni integrate<br />

ambientali rilasciate per l’esercizio possono<br />

prevedere valori limite di emissione<br />

anche più elevati e proporzionati ai livelli<br />

di produzione” interessando anche acciaierie,<br />

centrali elettriche e a carbone, cementifici,<br />

raffinerie, stabilimenti chimici,<br />

rigassificatori e inceneritori spessissimo al<br />

centro delle proteste ambientaliste in varie<br />

parti d’Italia.<br />

Si realizzerebbe così il paradosso che<br />

maggiore sarà la produzione e più si potrà<br />

inquinare.<br />

La proposta del Ministro dell’Ambiente<br />

Galletti prevede anche una drastica modifica<br />

dell’iter delle bonifiche di aree private,<br />

con quello che appare un netto favore<br />

agli inquinatori che dovranno in futuro<br />

pagare i costi della bonifica dell’inquinamento<br />

prodotto (anche se, leggendo il decreto,<br />

viene il dubbio che non sarà più<br />

così ).<br />

Il silenzio-assenso sperimentale<br />

Fino al 2017 ci sarà una sorta di silenzio-assenso<br />

sperimentale: il privato autocerticherà<br />

i dati dell’inquinamento e della<br />

bonifica necessaria e, solo dopo aver effettuato<br />

la bonifica, dovrà inviare i risultati<br />

all’Agenzia Regionale per l’Ambiente<br />

che avrà 45 giorni per le sue verifiche decorsi<br />

i quali, in mancanza di risposte,<br />

l’intervento del privato s’intenderà approvato.<br />

Come le cronache ci raccontano, spesso<br />

ci vogliono anni e anni per aver un quadro<br />

certo dell’inquinamento prodotto in una<br />

determinata area. Come potranno le Agenzie<br />

Regionali ricostruire la situazione in<br />

45 giorni?<br />

Il decreto, tra l’altro, non prevede alcun<br />

criterio minimo sulla caratterizzazione (la<br />

fase preliminare della bonifica nella quale<br />

si cercano le sostanze inquinanti), al contrario<br />

dell’attuale normativa, lasciando totale<br />

libertà al privato mentre, invece,<br />

l’Agenzia Regionale per l’Ambiente avrà<br />

due notevoli limiti: effettuerà la verifica<br />

solo sul 10% dei campioni e solo sui parametri<br />

scelti dal privato.<br />

Solo sul 10 per cento dei camioni<br />

Dati gli altissimi costi dei piani di<br />

caratterizzazione e delle bonifiche e il<br />

rischio di richieste di risarcimento per<br />

danni sanitari (che d’ora in avanti<br />

potrebbero avvenire solo sui dati forniti<br />

dall’inquinatore, e quindi, da chi sarà<br />

accusato di averli causati) il rischio è di<br />

dare avvio ad una lunghissima stagione di<br />

piani minimali e di bonifiche che avverranno<br />

solo sulla carta.<br />

Persino il Sole24Ore ha duramente criticato<br />

il decreto di Renzi e Galletti.<br />

Il 18 luglio sul sito del quotidiano di<br />

Confindustria è stato pubblicato un articolo<br />

nel quale si definisce il comma 4<br />

dell’articolo 15 del decreto che prevede<br />

(per la prima volta nella normativa italiana!)<br />

la possibilità di Via (Valutazione<br />

d’Impatto Ambientale) “postume” (ovvero<br />

dopo l’autorizzazione e costruzione di<br />

impianti) “ab gubernatoris”, affermando<br />

che tale nuova norma favorirebbe il presidente<br />

della Regione Marche (che, a quanto<br />

si riporta nell’articolo del Sole24Ore,<br />

sarebbe indagato dalla Procura di Ancona<br />

per le autorizzazioni rilasciate a molteplici<br />

impianti a biogas).<br />

Chi paga l'inquinamento dei privati?<br />

Tirando le somme di tutta questa vicenda,<br />

e del decreto attualmente in discussione<br />

(ma sono parole che potrebbero valere<br />

anche per i precedenti decreti e per la direzione<br />

che in generale i governi Monti,<br />

Letta e Renzi hanno cercato di intraprendere<br />

in materia), il Forum per l’Acqua<br />

Pubblica, i comitati di Lazio e Abruzzo<br />

Stop Biocidio e il Coordinamento Nazionale<br />

Siti Contaminati denunciano “la solita<br />

scorciatoia all’italiana, perché il nostro<br />

sistema produttivo non vuole pagare quel<br />

che dovrebbe per risanare le aree che ha<br />

inquinato”.<br />

Secondo queste associazioni, chi ci governa<br />

vorrebbe donare la possibilità di<br />

“chiudere la stagione dei veleni privatizzando<br />

le operazioni per risparmiare. Ma è<br />

solo un colpo di spugna vergognoso: alzare<br />

i limiti di contaminazione non vuol dire<br />

risolvere i problemi ma solo nascondere<br />

polvere sotto il tappeto”.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 45


www.isiciliani.it<br />

Mazzarrà, tra irregolarità e tangenti<br />

Una svolta sulla discarica<br />

dei veleni?<br />

La commissione istituita<br />

dall’ex assessore<br />

Marino per verificare le<br />

condizioni degli impianti<br />

privati ha sollevato<br />

pesanti dubbi sul<br />

sito di proprietà della<br />

Tirrenoambiente. Diverse<br />

le irregolarità<br />

riscontrate.<br />

di Carmelo Catania<br />

Quella della discarica di contrada<br />

Zuppà, una delle tre più grandi discariche<br />

private siciliane, è una storia lunga<br />

più di dieci anni e più volte al centro di<br />

inchieste tra commistioni politico-affaristico-mafiose.<br />

Un’enorme collina<br />

d’argilla e spazzatura posta a cavallo<br />

tra i comuni di Mazzarrà Sant’Andrea<br />

e Furnari, in cui ogni giorno arrivano<br />

oltre 700 tonnellate di rifiuti prodotti<br />

da Messina e altre provincie.<br />

Raccolte, triturate, trasportate e interrate<br />

dagli operai della Tirrenoambiente Spa,<br />

l’azienda guidata da Giuseppe Antonioli<br />

che incamera circa 70.000 euro al giorno<br />

(in media ogni tonnellata viene pagata<br />

100 euro), una miniera d’oro per i gestori.<br />

Nonostante la Regione abbia approvato<br />

da tempo un deliberato che impone una<br />

distanza minima di 5 chilometri tra le discariche<br />

e i centri abitati, l’invaso sorge<br />

ad appena 400 metri dal centro abitato di<br />

Furnari, abitato da oltre 3 mila persone,<br />

appestando l’aria con miasmi e un fetore<br />

insopportabile, tanto da non poter aprire<br />

le finestre nemmeno d’estate.<br />

Potrebbe finalmente prospettarsi una<br />

svolta nella questione dell’impianto della<br />

Tirrenoambiente.<br />

La commissione ispettiva<br />

Tutto comincia con la revisione, da parte<br />

dell’assessorato regionale all’Energia,<br />

guidato ancora da Nicolò Marino, delle<br />

autorizzazioni concesse agli operatori proprietari<br />

degli impianti privati nella regione.<br />

Per l’impianto di contrada Zuppà,<br />

entrato in funzione nel 2003, è stato<br />

proposto «l’avvio del procedimento di<br />

diniego dell’istanza di rinnovo». Nella<br />

comunicazione inviata anche all’azienda<br />

partecipata dal comune di Mazzarrà Sant’Andrea,<br />

il dirigente regionale Marco<br />

Lupo ricorda che il 17 gennaio 2014 «è<br />

stata costituita una commissione ispettiva<br />

per la verifica degli atti relativi alle discariche<br />

private in esercizio per rifiuti non<br />

pericolosi site nel territorio siciliano».<br />

Commissione che ha sollevato pesanti<br />

dubbi sul sito di Mazzarrà.<br />

Le irregolarità individuate dal pool investigativo,<br />

raccolte in una relazione conclusiva<br />

di 170 pagine depositata lo scorso<br />

giugno, nel sito messinese riguardano la<br />

tutela dell’ambiente e della salute e danno<br />

ragione ai cittadini di Furnari che da tempo<br />

lamentano una serie di violazioni dal<br />

punto di vista ambientale.<br />

Paure che sembrano avere finalmente<br />

un riscontro ufficiale.<br />

Carenze e violazioni<br />

Il documento mette in rilievo alcuni<br />

punti: l’assenza delle prescrizioni del sindaco,<br />

la «mancata applicazione del principio<br />

di unica Aia (Autorizzazione integrata<br />

ambientale) per uno o più impianti<br />

localizzati sullo stesso sito e gestiti dal<br />

medesimo gestore». E poi le «difformità».<br />

Quella nel rispetto del programma di<br />

riduzione dei rifiuti biodegradabili, la<br />

presenza di rifiuti non ammessi (come<br />

liquidi e pneumatici), la mancanza<br />

dell’obbligo di trattamento dei rifiuti, dei<br />

piani di gestione operativa e post<br />

operativa, sorveglianza e controllo e<br />

ripristino ambientale. E ancora violazioni<br />

volumetriche, la mancanza di coerenza<br />

con il piano regionale di gestione dei<br />

rifiuti.<br />

Inoltre, «il decreto Aia rilasciato non<br />

possiede le caratteristiche di conformità<br />

legislativa più volte richiamata né conseguenzialmente<br />

permette l’effettuazione di<br />

controlli efficaci sulle attività di gestione<br />

rifiuti autorizzate». Secondo le accuse<br />

della Regione, «le attività di gestione dei<br />

rifiuti sono state svolte in difformità ad alcune<br />

condizioni imposte nel decreto Aia,<br />

nonché in difformità al decreto legislativo<br />

36/03 e decreto legislativo 59/05», che<br />

normano rispettivamente la gestione delle<br />

discariche e la riduzione dell’inquinamento.<br />

E ancora « la legittimità dell’atto è palesemente<br />

inficiata dall’assenza agli atti del<br />

preventivo giudizio di compatibilità ambientale<br />

positivo» (Via), non sono conformi<br />

l’impermeabilizzazione, e manca l’indicazione<br />

della capacità totale dell’impianto.<br />

Non solo, il progetto della barriera<br />

di confinamento realizzata al di sotto del<br />

corpo rifiuti non è stato trasmesso: ciò<br />

non rende possibile attestare se la base<br />

dell’ampliamento non si attesti su aree già<br />

coltivate.<br />

Gli ispettori inoltre fanno notare come<br />

alcune aree intermedie fra la nuova e la<br />

vecchia discarica storica siano «oggetto di<br />

coltivazione ed abbancamento». Le<br />

immagini tratte da Google Earth<br />

«sembrerebbero confermare l’avvenuto<br />

sbancamento in tempi non definiti».<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 46


www.isiciliani.it<br />

Infine, «non risulta che il piano<br />

finanziario sia stato mai trasmesso ed<br />

approvato, così come le garanzie<br />

finanziarie». Alla commissione, inoltre,<br />

«non è chiaro» se la polizza assicurativa<br />

sia scaduta a maggio del 2012 e<br />

soprattutto se sia stata adeguata dopo<br />

l’ampliamento.<br />

Decisione rinviata a settembre<br />

Tirrenoambiente, che ha annunciato la<br />

chiusura del sito per il prossimo 31 agosto<br />

per esaurimento della capienza, avrebbe<br />

stilato un documento con le contro<br />

deduzioni.<br />

Il prossimo 2 settembre a Palermo è<br />

stata convocata una conferenza dei servizi<br />

alla quale è stato invitato anche il comune<br />

di Furnari, che ottiene finalmente il<br />

riconoscimento delle proprie ragioni.<br />

Un appuntamento che potrebbe essere<br />

fondamentale: se le criticità riscontrate<br />

non dovessero essere risolte, la Regione<br />

esprimerà parere negativo al rinnovo delle<br />

autorizzazioni.<br />

Ma i passi successivi sono messi in<br />

dubbio dall’avvicendamento di Marino<br />

con Salvatore Calleri, considerato vicino<br />

agli ambienti di Confindustria.<br />

Il “modello Marino” prevedeva di<br />

togliere il monopolio delle discariche ai<br />

privati e fare i controlli sui prezzi di<br />

conferimento in discarica.<br />

Ed è proprio sui rifiuti che nei mesi<br />

scorsi l’ex assessore si è scontrato con<br />

Giuseppe Catanzaro, che di Confindustria<br />

è vicepresidente, lanciando pesanti accuse<br />

sui presunti intrecci con Cosa nostra<br />

scatenando una reazione fatta di querele e<br />

richieste di risarcimento milionarie.<br />

I timori degli abitanti di Furnari<br />

risiedono tutti in questo legame tra il<br />

leader toscano del Megafono e<br />

Confindustria. Associazione legata a<br />

doppio filo con il nome del gruppo<br />

Catanzaro.<br />

Come agirà la Regione, alla luce di<br />

quanto evidenziato dalla commissione<br />

ispettiva?<br />

Calleri bloccherà l’iter o – come<br />

sperano i cittadini – agirà in continuità<br />

amministrativa?<br />

Mazzette alla Regione<br />

Negli stessi giorni in cui all’assessorato<br />

si avviava l’iter del procedimento di<br />

diniego delle autorizzazioni, la procura di<br />

Palermo portava a termine l’operazione<br />

“Terra Mia”, ordinando l’arresto proprio<br />

dell’amministratore delegato di<br />

Tirrenoambiente, Giuseppe Antonioli,<br />

insieme ad altri tre imprenditori della<br />

“munnizza” (Domenico Proto della Oikos<br />

di Misterbianco, Calogero e Nicolò<br />

Sodano, titolari della discarica<br />

Soambiente di Agrigento e del<br />

funzionario dell’assessorato regionale al<br />

Territorio e ambiente, Gianfranco<br />

Cannova, figura chiave di un sistema di<br />

corruzione messo in atto per raggirare il<br />

sistema di autorizzazioni allo smaltimento<br />

dei rifiuti.<br />

Gravi i danni ambientali<br />

Secondo gli investigatori il quadro di<br />

corruzione emerso è molto grave, in<br />

quanto ha messo a repentaglio la salute<br />

pubblica e alla preservazione del territorio<br />

da gravi danni ambientali.<br />

Nel corso delle indagini, polizia e Noe<br />

dei carabinieri, hanno constatato che<br />

«questo settore amministrativo è<br />

caratterizzato da una stratificazione<br />

normativa e da un complesso e<br />

macchinoso apparato burocratico che ha<br />

consentito al funzionario infedele, pur non<br />

rivestendo un ruolo apicale, di “giostrare”<br />

nella gestione delle procedure connesse al<br />

rilascio dei provvedimenti, agevolando gli<br />

imprenditori e preservandoli<br />

dall’ordinaria attività di controllo e<br />

monitoraggio della pubblica<br />

amministrazione consentendo loro in<br />

questo modo di superare indenni tutti i<br />

controlli.<br />

Cannova, secondo l’accusa, gestiva il<br />

suo ufficio come un feudo, ricevendo<br />

regalie e ingenti somme di denaro dai<br />

diversi imprenditori che attendevano dal<br />

suo ufficio le autorizzazioni<br />

amministrative per l’esercizio delle<br />

discariche e che si vedevano garantire una<br />

corsia preferenziale per le loro pratiche. Il<br />

funzionario, inoltre, avvertiva in anticipo<br />

le imprese dei controlli o le informava del<br />

risultato di riunioni in assessorato.<br />

Quell’Audi sospetta<br />

Nei confronti del dipendente regionale<br />

l'ex assessore regionale al Territorio<br />

Mariella Lo Bello aveva presentato lo<br />

scorso marzo un esposto. Il funzionario:<br />

aveva predisposto un atto che bloccava<br />

l'autorizzazione a una discarica di Gela. A<br />

quel punto l’assessore Lo Bello,<br />

insospettita dallo “strano”<br />

comportamento, avvia una serie di<br />

verifiche e salta fuori la storia di una<br />

conferenza dei servizi convocata nel<br />

settembre 2008 e presieduta dallo stesso<br />

Cannova che aveva rilasciato<br />

l’Autorizzazione integrata ambientale per<br />

l’ampliamento della discarica di Mazzarrà<br />

Sant’Andrea, omettendo la vicinanza al<br />

centro abitato di Furnari.<br />

Nell’ottobre del 2008 il funzionario<br />

acquista un’Audi A6 in Lombardia, in una<br />

concessionaria che faceva riferimento<br />

all’amministratore delegato della società<br />

alla quale era stata rilasciata<br />

l’autorizzazione. «Abbiamo così trasferito<br />

il funzionario e presentato una denuncia<br />

sospettando un giro di tangenti per oliare<br />

alcune pratiche piuttosto che altre, il tutto<br />

in un assessorato noto per le sue lentezze<br />

e le improvvise accelerazioni»,<br />

commentava la Lo Bello.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 47


www.isiciliani.it<br />

Catania/ Il caso Tortuga<br />

Fra abusivismo<br />

e mafiosità<br />

Quando l’ambiente si<br />

rispetta solo a parole...<br />

di Ivana Sciacca<br />

www.associazionegapa.org<br />

Si immaginino due fratelli (i fratelli<br />

Testa) che negli anni Settanta decidono<br />

di aprire un porto turistico a Catania,<br />

proprio al Porticciolo di Ognina.<br />

Fin dagli albori dell’iniziativa è chiaro<br />

che stanno per edificare in un’area privata<br />

vincolata. Cosa vuol dire? Vuol dire che<br />

pur trattandosi di un’area privata, per il<br />

particolare valore paesaggistico-artistico<br />

che la connota, l’area deve comunque rimanere<br />

fruibile alla collettività. Intesa non<br />

solo come gli abitanti che in quel posto vi<br />

risiedono ma, nel senso più ampio del termine,<br />

comprendendo tutti coloro che desiderano<br />

recarsi in quel posto per goderne<br />

la bellezza e quindi chi, al Porticciolo per<br />

esempio, potrebbe andarci per pescare,<br />

per fare delle foto, una semplice passeggiata<br />

e…tanto altro ancora.<br />

L’iniziativa dei fratelli Testa si rivela<br />

fruttuosa sotto il profilo economico sin da<br />

subito, a tal punto che prosegue da generazione<br />

in generazione e viene quindi ereditata<br />

dai figli che ampliano la loro attività<br />

estendendola anche alla vendita e alla<br />

manutenzione di imbarcazioni e motori.<br />

Questo ampliamento pare richiedere anche<br />

maggiori spazi.<br />

Una delle caratteristiche vantate dalla<br />

Tortuga (il nome della società dei fratelli<br />

Testa, ndr) è il “rispetto dell’ambiente”,<br />

nota di merito che qualunque cliente di<br />

buonsenso potrebbe considerare come<br />

surplus qualora non conoscesse i retroscena<br />

delle vicende che hanno riguardato<br />

questa storica azienda catanese.<br />

Nel 2012 alcuni esposti alla Procura<br />

della Repubblica segnalano diversi interventi<br />

edilizi “sospetti” da parte dei proprietari<br />

della Tortuga. Si temeva che le<br />

costruzioni abusive fossero state fatte senza<br />

alcuna concessione. Ma, rovistando tra<br />

carte bollate e atti ufficiali, si scopre che i<br />

titoli concessori non mancavano: c’erano<br />

ma erano del tutto illegittimi.<br />

Una concessiole illeggittima<br />

Parafrasando ulteriormente: si scopre<br />

che il Comune di Catania, il demanio marittimo,<br />

la Soprintendenza e persino il Genio<br />

Civile avevano accordato il loro parere<br />

favorevole affinché i fratelli Testa potessero<br />

ampliare le loro costruzioni al Porticciolo,<br />

pur sapendo di contravvenire<br />

all’art. 23 delle Norme di attuazione del<br />

Piano Regolatore Generale che prevede,<br />

inequivocabilmente, che “nelle aree private<br />

vincolate non deve essere aumentata<br />

l’attuale consistenza edilizia” (dove per<br />

attuale si intende l’anno 1969, ossia<br />

l’anno di approvazione del PRG).<br />

Nonostante le sentenze del 2012 e del<br />

2013 che imponevano la demolizione delle<br />

opere abusivamente realizzate, i lavori<br />

alla Tortuga procedono come se nulla fosse<br />

accaduto.<br />

La rivolta dei cittadin<br />

L’unica nota positiva in questa vicenda<br />

intrisa di mafiosità riguarda l’atteggiamento<br />

dei residenti di Ognina che, non<br />

volendo farsi togliere la terra da sotto i<br />

piedi, fanno ricorso al TAR per evitare<br />

che la zona continui ad essere deturpata<br />

da chi ne ha tutti gli interessi economici.<br />

Gli abitanti creano un comitato, organizzano<br />

dibattiti, fanno persino volantinaggi<br />

per fare conoscere la situazione che<br />

stanno affrontando. Pensando che il Porticciolo<br />

è di tutti, ed è giusto che tutti sappiano.<br />

Un gruppo di pescatori si aggrega a<br />

loro riconoscendo la legittimità di quel diritto:<br />

senonché poi gli stessi pescatori fanno<br />

un passo indietro poiché convinti (non<br />

si sa con quali parole) dal prete della<br />

Chiesa di Santa Maria di Ognina.<br />

E il lieto fine? Manca...<br />

Sarebbe bello, una volta tanto, poter<br />

raccontare un episodio a lieto fine ma purtroppo<br />

questo happy end ancora non c’è.<br />

La tensione al Porticciolo continua ad<br />

essere la stessa, aggravata anche dalle minacce<br />

e dalle lesioni che alcuni residenti<br />

hanno ricevuto, nel mese di giugno, da alcuni<br />

membri della famiglia Testa. Ingiurie,<br />

intimidazioni, sputi e calci.<br />

E tutto questo perché da un lato qualcuno<br />

ritiene (mafiosamente) giusto poter<br />

coltivare i propri interessi economici a<br />

danno della collettività; e dall’altro le istituzioni<br />

che dovrebbero essere garanti dei<br />

beni pubblici non fanno che strizzare (mafiosamente)<br />

un occhio agli stessi soggetti,<br />

lavandosi spudoratamente le mani di fronte<br />

ai diritti che il popolo reclama senza<br />

che nessuno lo ascolti.<br />

Nel sito ufficiale della Tortuga si afferma<br />

che si tratta di una società che opera<br />

nel mercato “puntando verso l’innovazione<br />

delle tecnologie e il rispetto<br />

dell’ambiente”...<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 48


www.isiciliani.it<br />

8-9 agosto 2014<br />

Milazzo (ME)<br />

Associazione Antimafie “Rita Atria”<br />

20 anni di memoria attiva<br />

Venti anni! Venti anni di Memoria Attiva! Venti anni di<br />

schiena dritta. Siamo nati nell'inverno del 1994 ma in fondo<br />

siamo nati molto prima... abbiamo scelto agosto per<br />

permettere ai nostri compagni di viaggio di raggiungere la<br />

Sicilia. Sarà un momento di bilancio ma soprattutto sarà un<br />

momento di festa.<br />

Ci saranno anche eventi intermedi che porteranno all'8 e al<br />

9 agosto... il programma è tutto da definire ma iniziate a<br />

segnare queste due date nel vostro calendario.<br />

Il ventennale sarà dedicato a Simona Scibilia e a tutti i nostri<br />

compagni e compagne del presidio più importante: Presidio<br />

Paradiso. Con noi anche Cettina Merrina, Sandro Marcucci<br />

e Salvatore Coppola... oltre a Rita Atria.<br />

L'immagine dell'evento è la nostra tessera ventennale, non<br />

è in alcun modo riproducibile. Ringraziamo Mauro Biani per<br />

averci donato la sua arte e Silvestro Nicolaci autore del<br />

nostro logo.<br />

8 AGOSTO<br />

ore 18.00-20.00:<br />

Bilancio politico tra i presidi e le realtà associative che<br />

hanno direttamente collaborato con l'associazione.<br />

Per partecipare inviare una email all'indirizzo:<br />

info@ritaatria.it (oggetto: partecipazione ventennale)<br />

dalle ore 20.45<br />

Iniziativa ufficiale in Memoria di Simona Scibilia per<br />

festeggiare i nostri venti anni...<br />

Saranno presenti esponenti della Magistratura, giornalisti,<br />

Istituzioni, Associazioni, Testimoni di Giustizia, Famigliari<br />

delle Vittime,... gli Amici di sempre...<br />

9 AGOSTO - Si festeggia... la parola alla musica<br />

Witko in concerto<br />

Per informazioni: info@ritaatria.it<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 54


www.isiciliani.it<br />

Interviste/ Francesco Monaco<br />

I ragazzi abbandonati<br />

e lo Stato che non c'è<br />

Ma chi affronta davvero,<br />

alle radici, il problema<br />

della “devianza<br />

minorile”? Cos’è un<br />

minore “deviante” e da<br />

dove viene?Ne abbiamo<br />

parlato con un giudice<br />

del Tribunale dei Minori<br />

di Catania<br />

di Marcella Giammusso<br />

www.associazionegapa.org<br />

Quindici anni a Catania<br />

MAURIZIO, VITA VIETATA<br />

Maurizio ha quindici anni, è un ragazzino esile ma molto agile<br />

e vivace. Non va più a scuola perché è riuscito a prendersi la terza<br />

media grazie alla benevolenza dei suoi insegnanti, non ha più<br />

voluto continuare perché “non è portato per lo studio”. A scuola<br />

si sentiva emarginato e spesso si assentava per lunghi periodi.<br />

Non riusciva a seguire le lezioni come gli altri, allora faceva di<br />

tutto per mettersi in mostra, per attirare l’attenzione su di sé. Ma<br />

questo atteggiamento aggravava la sua situazione, e spesso tornava<br />

a casa con delle note o sospensioni.<br />

Dopo la licenza media ha cercato qualche lavoro ma, si sa, di<br />

questi tempi non c’è lavoro per nessuno. Figuriamoci per lui che<br />

non ha un mestiere.<br />

La situazione della famiglia è molto precaria. Suo padre è disoccupato<br />

e solo sua madre riesce a lavorare saltuariamente lavando<br />

le scale di qualche condominio. Spesso non sanno come<br />

fare la spesa e a stento riescono a pagare l’affitto di casa.<br />

Maurizio ha tanti desideri, i desideri della sua età. Gli piacerebbe<br />

avere dei vestiti griffati, uno scooter per farsi guardare dalle<br />

ragazze. Andare a prendere un panino dal “paninaro” e divertirsi<br />

con i suoi amici. Ma non ha soldi.<br />

- A che età il minore è imputabile?<br />

“Per quanto riguarda il penale il Tribunale<br />

dei Minori si occupa dei ragazzi dai<br />

14 ai 18 anni, mentre per il Civile dalla<br />

nascita fino ai 18 anni. L’età dai 14 ai 18<br />

anni si riferisce al periodo in cui è stato<br />

commesso il reato, per cui anche se il minore<br />

verrà processato a 22 o 23 anni, del<br />

caso se ne occuperà lo stesso Tribunale<br />

dei Minori. Quando il reato viene commesso<br />

da ragazzi che hanno meno di 14<br />

anni inoltriamo procedimenti civili”.<br />

I minorenni e la mafia<br />

- Il fenomeno della criminalità minorile<br />

è occasionale oppure c’è l’inserimento<br />

dei minori in organizzazioni criminali?<br />

“Dipende dai reati. Se il reato è predatorio,<br />

cioè scippi rapine etc., i minori agiscono<br />

in modo autonomo. Per quanto riguarda<br />

invece reati di droga sono <strong>giovani</strong><br />

inseriti in organizzazioni criminali.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 50<br />

Il fatto di essere minorenni per alcuni<br />

reati è un vantaggio perché la pena si riduce<br />

di un terzo. E spesso per il minore<br />

entrare in carcere è un salto di qualità. E’<br />

un’iniziazione, un modo per salire la loro<br />

scala sociale. Anche le ricettazioni sono<br />

da inserire nell’associazione e<br />

organizzazione criminale, ma il reato<br />

maggiore è lo spaccio di droga”.<br />

I reati indotti dalla crisi<br />

- Quali sono principalmente i reati<br />

commessi?<br />

R- I reati predatori sono i più eclatanti ,<br />

sono quelli che colpiscono maggiormente<br />

la popolazione e che sono più avvertiti. E’<br />

più facile che la gente si indigni per lo<br />

scippo di una borsa piuttosto che dei miliardi<br />

di euro che vengono sottratti alla<br />

comunità, cioè a noi, da politici, corrotti e<br />

corruttori. Il furto, lo scippo o il borseggio<br />

si verificano maggiormente quando c’è<br />

crisi economico sociale. Quando i servizi<br />

sociali non funzionano, quando c’è meno<br />

lavoro, c’è un aumento di questi reati”.<br />

Così passa le giornate sbrigando qualche commissione per la<br />

famiglia, poi tutto il giorno a girovagare per il quartiere, magari<br />

con qualche amico. La strada è il suo mondo. Ed è lì sulla strada<br />

che ha l’opportunità di perdersi in storie di illegalità.<br />

Quanti ragazzi nei nostri quartieri hanno una storia simile a<br />

quella di Maurizio! Molti riescono in qualche modo ad uscirne<br />

fuori, per altri invece è l’inizio di una lunga carriera.<br />

Purtroppo per quanto riguarda la prevenzione si fa ben poco.<br />

Eppure l’ex Presidente del Tribunale dei minori Gianbattista Scidà<br />

già negli anni ottanta aveva fatto giungere grida di allarme<br />

denunciando l’alta percentuale di criminalità minorile nella nostra<br />

città, facendo emergere così il “caso Catania”, raccontando<br />

il disagio dei ceti svantaggiati e facendo emergere le responsabilità<br />

dello Stato nell’aver abbandonato i quartieri periferici.<br />

Da allora sono passati trent’anni, poco è cambiato. Il grido del<br />

Presidente Scidà è caduto nel silenzio delle istituzioni. I quartieri<br />

periferici sono ancora trascurati, il disagio minorile è quanto mai<br />

presente ed in più c’è la crisi economica sociale che attanaglia<br />

tutte le famiglie.<br />

M.G.


www.isiciliani.it<br />

“Ma per prevenire<br />

si fa ancora poco.<br />

Il potere è ancora<br />

sordo al grido del<br />

Presidente Scidà”<br />

La “massa alla prova”<br />

- La legge prevede modalità di<br />

recupero per i minori che non hanno<br />

precedenti penali?<br />

“Si, nel processo minorile è possibile<br />

che l’udienza non si concluda con una<br />

condanna. Se si tratta di un reato occasionale<br />

e di poco conto c’è “l’irrilevanza<br />

del fatto” e quindi non c’è condanna. Il<br />

processo si può concludere anche con il<br />

“perdono giudiziale”. Anche in questo<br />

caso, se è un reato irrilevante e se il ragazzo<br />

può fare un risarcimento, viene<br />

applicato il “perdono giudiziale”.<br />

Infine c’è la “messa alla prova”, che<br />

adesso si sta applicando anche ai maggiorenni.<br />

Quando il ragazzo confessa, non ha<br />

precedenti penali e si è pentito, si chiedono<br />

informazioni ai Servizi Sociali. Si fa<br />

un programma di intervento elaborato dai<br />

Servizi dell’Amministrazione della Giustizia<br />

in collaborazione con i Servizi Sociali<br />

che preveda le modalità di coinvolgimento<br />

del minore nel volontariato, impegno<br />

scolastico, corsi di lavoro.<br />

Viene sospeso il procedimento ed il ragazzo<br />

viene affidato ad un Giudice Onorario.<br />

L’Istituto della “messa alla prova”<br />

presuppone l’adesione del minore al progetto<br />

che consiste implicitamente in<br />

un’ammissione di responsabilità. Sull’attività<br />

svolta durante la “messa alla prova” e<br />

sull’evoluzione del caso i servizi minorili<br />

informano il giudice periodicamente. Se il<br />

minore non segue il programma viene ripreso<br />

il processo penale. Se i Servizi Sociali<br />

funzionano bene abbiamo grosse<br />

possibilità di recupero del minore. Il Tribunale<br />

dei Minori funziona bene se funzionano<br />

bene gli altri enti: i Servizi Sociali,<br />

USSM, Neuropsichiatria Infantile.<br />

Spesso ci capitano casi di minori analfabeti.<br />

E’ assurdo, ma molte famiglie pensano<br />

che sia superfluo mandare il bambino<br />

a scuola e quindi gli permettono di assentarsi<br />

continuamente.<br />

Lasciare il bambino a casa vuol dire<br />

destinarlo ad essere analfabeta e quindi<br />

destinarlo ad una vita di subalterno. Lo<br />

Stato non può permettere che ci siano<br />

analfabeti e quindi in questo caso è più<br />

severo, arrivando a procedimenti di<br />

adottabilità o comunità se le famiglie non<br />

regolarizzano la situazione dei figli”.<br />

Strapparli a una vita subalterna<br />

- I minori che scontano le pene nel<br />

carcere minorile svolgono attività?<br />

Hanno la possibilità di studiare?<br />

“Nell’Istituto Penitenziario Minorile i<br />

minori sono seguiti abbastanza bene<br />

dall’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni,<br />

frequentano la scuola e non sono<br />

abbandonati a se stessi. Un’alternativa al<br />

carcere è il collocamento in comunità<br />

dove c’è una forma di recupero e spesso<br />

abbiamo buoni risultati”.<br />

Le azioni di recupero<br />

- Ci sono delle azioni correttive per<br />

recuperare il minore?<br />

“C’è un protocollo. Il primo passo è<br />

l’affidamento ai Servizi Sociali e l’educativa<br />

domiciliare. Il secondo livello<br />

d’intervento il collocamento in comunità,<br />

quando dopo il primo intervento i<br />

genitori non sono in grado di riprendere<br />

la situazione in mano. Il terzo livello<br />

d’intervento è la dichiarazione della decadenza<br />

della podestà dei genitori, il<br />

quarto è la dichiarazione dello stato di<br />

abbandono e quindi segue l’ultimo livello<br />

di intervento che è lo stato di adottabilità.<br />

I segnali d'allarme<br />

- Ci sono degli allarmi che fanno capire<br />

che il minore sta per deviare?<br />

“Allarmi ambientali e familiari. Spesso<br />

sono figli di genitori separati e vivono<br />

in quartieri degradati. La disgregazione<br />

familiare, la frequentazione ambientale e<br />

vivere in certi ambienti devianti favorisce<br />

la devianza del minore.<br />

Un altro elemento determinante è la crisi<br />

economico sociale. Quando un padre è<br />

disoccupato e non ci sono soldi in casa,<br />

vedere il ragazzino accanto che spaccia,<br />

ha lo scooter, il vestito griffato etc. sono<br />

delle tentazioni. Alcuni ragazzi sono disponibili<br />

a farsi aiutare, altri no. Il disagio<br />

economico è molto determinante per la<br />

devianza minorile, aumenta l’indice di<br />

criminalità.<br />

I segnali dovrebbero arrivare dalla<br />

scuola e dai Servizi Sociali. Purtroppo<br />

spesso la scuola ha delle perplessità a fare<br />

le segnalazioni, per mantenere il buon<br />

nome dell’istituto. I Servizi Sociali, quando<br />

funzionano bene, ci segnalano delle situazioni<br />

di disagio ed allora subito si interviene.<br />

Da un lato c’è lo Stato che ha l’interesse<br />

a migliorare la vita del minore, dall’altro<br />

c’è la famiglia che ama i propri figli e magari<br />

dice “i figli sono miei e faccio quello<br />

che voglio”. Da parte loro c’è l’affetto, il<br />

voler bene, ma c’è l’incapacità a crescere<br />

bene i propri figli e spesso, nonostante gli<br />

sforzi, non ci riescono”.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 51


www.isiciliani.it<br />

Catania/ Via Furnari<br />

Lo sgombero<br />

di ”Ciccio pasticcio”<br />

Venti famiglie sul lastrico,<br />

nel pieno dell'estate<br />

di Domenico Stimolo<br />

Il fatto è che le vicende sono maturate<br />

nel pieno della calura estiva, con un<br />

vortice sempre più crescente, teso a<br />

buttare sul nudo lastrico cittadino venti<br />

famiglie, costituite da oltre sessanta<br />

persone. Molti i bambini trucemente interessati.<br />

Il “luogo del delitto” è un voluminoso<br />

palazzone ubicato nel semicentro<br />

cittadino, a pochi passi da una<br />

delle principali strade della città, in via<br />

Furnari 41.<br />

L’edificio esiste da oltre cinquant’anni,<br />

dall’inizio del 1960, “consolidando” la<br />

sua presenza e quella dei tanti umani residenti<br />

per tanti decenni. Certo, il suo inizio<br />

di vita è stato alquanto tribolato. A seguito<br />

di un vizio d’origine, dovuto alla<br />

realizzazione di opere difformi dal progetto<br />

originario senza la presentazione di richiesta<br />

di sanatoria dalle autorità preposte<br />

fu ordinata azione di demolizione. In corso<br />

d’opera l’impresa fallisce (1963).<br />

Poi, “come fu come non fu”, le carte<br />

demolitorie caddero in sonno nei pubblici<br />

cassetti, sotto lo sguardo assente della statua<br />

dell’elefante, detto liotru, che silente e<br />

sbigottito guarda il Palazzo. Erano quelli,<br />

e lo furono per lungo tempo, gli anni<br />

“stoici”. La città si sviluppava fremente<br />

sotto l’impeto tumultuoso dei nuovi tracciati<br />

cittadini, dove, nelle strade larghe<br />

“un palmo” si innalzavano i torrioni, pieni<br />

e zeppi di umane virtù bellamente “incarcerate”<br />

negli angusti spazi urbani.<br />

I “custodi delle leggi”? Assenti...<br />

Tutti, compreso i “custodi delle leggi”,<br />

avevano lo sguardo rivolto altrove...<br />

Si cresceva, con grande gioia, a pane,<br />

cemento e bottiglioni di spumante festeggiante.<br />

Nel frattempo i pochi accumulavano<br />

laute ricchezze, in beni mobili e in specie<br />

immobili in grande quantità. A seguito<br />

del tracollo dell’impresa costruttrice<br />

dell’edificio di via Furnari 31 le redini gestionali<br />

furono assunte dai preposti alla<br />

cura fallimentare. Fin dall’inizio la schiera<br />

abitativa dell’edificio, costituita da<br />

“possessori, conduttori e occupanti” è<br />

stata sempre molto fitta. Ieri come oggi.<br />

All’improvviso, il 17 luglio, mentre imperversava<br />

una splendida e soleggiata<br />

giornata estiva, il “fulmine giustiziere”<br />

colpì il sito. Ai cittadini residenti fu notificata,<br />

a firma del sindaco, l’ordinanza di<br />

sgombero, a carattere d’urgenza, intimando<br />

il rilascio delle abitazioni, per “potenziale<br />

pericolo per la pubblica e/o privata<br />

incolumità”.<br />

Un vero e proprio colpo a ciel sereno.<br />

Da qualche solerte funzionario comunale<br />

era stato improvvisamente scoperchiato<br />

“l’armadio con le carte della vergogna”<br />

che, sordidamente, giaceva negli scantinati,<br />

? NO, di tutto questo, per come pare!<br />

Altresì, come raccontano le cronache,<br />

da quasi due anni roboanti ruspe si erano<br />

alacremente messe al lavoro in una grande<br />

area sita alle spalle del palazzo, proprio a<br />

ridosso, a pochi metri, effettuando conseguenti<br />

profondi scavi. L’intento costruttivo<br />

è rivolto a realizzare siti edilizi, da<br />

adibire a strutture di privati servizi. Tutto<br />

in regola, certamente.<br />

Le carte della vergogna<br />

Per dovere di narrazione è utile leggere<br />

la sequenza degli eventi come dettagliatamente<br />

esposti dall’avvocato (Alessandro<br />

Pulvirenti) in rappresentanza delle famiglie<br />

interessate nel ricorso urgente al TAR<br />

presentato il 20 agosto: “In data 2 aprile,<br />

una relazione da parte del direttore dei<br />

lavori è stata inviata al Comune.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 52


www.isiciliani.it<br />

“Cinquemila<br />

famiglie<br />

attendono<br />

una casa<br />

popolare”<br />

Una “soluzione” draconiana<br />

Si evidenziava, da “esame visivo”, un<br />

“potenziale collasso strutturale”. Già il<br />

27 marzo, il curatore fallimentare aveva<br />

inviato (al Comune) una nota di consulenza<br />

tecnica dove si rilevavano: “una situazione<br />

statica e strutturale delle parti<br />

comuni non idonea all’abitabilità” e il<br />

“non rispetto di tutte le norme di sicurezza<br />

inerenti impianti nelle aree comuni”.<br />

A seguito delle segnalazioni gli organismi<br />

del Comune si allertano prontamente, e<br />

senza ulteriori e vincolanti azioni, senza<br />

richiedere l’intervento del Genio Civile e<br />

delle strutture competenti comunali preposte<br />

alle perizie sul campo, da parte del<br />

Sindaco viene emesso l’ordine di sgombero.<br />

Nessuna richiesta di eventuale intervento<br />

viene avanzata ai cittadini interessati<br />

rivolta a correggere la situazione<br />

in essere per impedire eventuali danni.”<br />

La “soluzione” prescelta è draconiana:<br />

si devono abbandonare i locali!<br />

I cittadini residenti, gente semplice,<br />

“umile popolino” direbbe qualche solerte<br />

e sapiente sociologo, di fronte all’incalzare<br />

degli eventi piovuti sulle loro teste<br />

come una mannaia, senza nessun ammanigliamento<br />

con “ chi conta”, organizzano<br />

la resistenza. Usano la sapienza e la forza<br />

della disperazione del “debole” che non<br />

vuole essere sopraffatto. In pochissimo<br />

tempo nasce e si consolida una solerte e<br />

proficua unione di gruppo. Cominciano a<br />

bussare al Comune richiedendo “ conto e<br />

ragione”. Intanto la notizia si espande. La<br />

cosa è troppo grossa. Sessanta persone,<br />

privare dalle casa, sono buttate sulla strada.<br />

Cominciano ad arrivare gli organi di<br />

informazione. Se ne parla in città. Grazie<br />

anche alla tenacia propulsiva di “qualche”<br />

giornalista che svolge il ruolo del battitore,<br />

scevro da condizionamenti. I tentativi<br />

di mediazione con il Comune, rivolti anche<br />

ad avere assicurata un’altra abitazione,<br />

falliscono.<br />

Il 21 agosto, giorno della scadenza<br />

dell’ordinanza di sgombero, nella parte di<br />

strada di fronte all’edificio c’è gran fermento.<br />

A dar man forte nella solidarietà ai<br />

“ dannati “ che presidiano il loro tetto<br />

sono presenti anche decine di cittadini di<br />

varie organizzazioni sociali cittadine. Di<br />

fronte all’arbitrio grande è la civica e democratica<br />

indignazione. La drammatica<br />

vicenda è diventata alta. La gran parte<br />

delle strutture informative locali è presente<br />

sul luogo del misfatto. Forte è la determinazione<br />

a lottare.<br />

Il Tar blocca lo sgombero<br />

La mattinata scorre, nessuno viene della<br />

controparte per eseguire gli “ordini”.<br />

Rinasce la speranza.<br />

Il giorno dopo piomba come un tuono<br />

la buona novella. La Giustizia c’è ancora,<br />

vede e provvede. La sentenza del TAR è<br />

lapidaria. Sospende il provvedimento comunale,<br />

firmato del Sindaco.<br />

Il giudizio recita, tra l’altro “ ...in assenza<br />

di adeguati accertamenti d’ufficio che<br />

facciano fede della sussistenza di un effettivo<br />

peggioramento delle condizioni di<br />

staticità dell’immobile, atti a supportare<br />

l’adozione del provvedimento impugnato,<br />

circostanza questa non smentita dall’organo<br />

comunale all’uopo convocato presso<br />

questo Tribunale, che si è dichiarato impossibilitato<br />

a presentarsi in data odierna,<br />

a rendere i chiarimenti del caso;<br />

- che dell’esigenza di tutela dell’interesse<br />

pubblico a garanzia della pubblica incolumità<br />

cui è ispirata l’ordinanza sindacale<br />

qui in contestazione deve necessariamente<br />

coniugarsi con gli interessi privati<br />

di cui gli istanti sono titolari, interessi che<br />

attengono al fondamentale diritto all’abitazione<br />

per sé e per le proprie famiglie;<br />

- che, pertanto, in quest’ottica, in assenza<br />

di comprovate sopraggiunte situazioni<br />

di pericolo, può essere disposta la sospensione<br />

del provvedimento contestato; il comune<br />

dovrà comunque adottare i necessari<br />

ulteriori provvedimenti che si rendessero<br />

necessari a seguito degli opportuni accertamenti<br />

finalizzati a verificare la sussistenza<br />

di sopravvenute situazioni di aggravamento,<br />

in concreto, dello stato di pericolo<br />

in cui potrebbe versare l’immobile<br />

in questione; quali accertamenti dovranno<br />

essere effettuati a cura degli organi pubblici<br />

a ciò preposti, entro ristretti tempi, e<br />

ferma ogni responsabilità in capo al comune<br />

di caso di ritardo nei conseguenziali<br />

provvedimenti d’urgenza ove necessari”.<br />

E’ bene notare che il Comune si è dichiarato<br />

impossibilitato a presentarsi.<br />

Questa è la positiva conclusione della<br />

prima parte. La questione rimane tutta ancora<br />

aperta. Un dato è certo. L’ingiustizia<br />

non è passata! Il giusto diritto all’abitazione<br />

è un valore democratico supremo, da<br />

garantire sempre. A Catania molte persone,<br />

non solo migranti, sono costrette ad<br />

arrangiarsi “sotto le stelle”, dormendo sui<br />

cartoni, in strade, piazze ed anfratti improvvisati.<br />

In condizioni di assoluta precarietà<br />

Una situazione drammatica ed indegna<br />

che nel corso del tempo si è accresciuta<br />

sempre più. Cinquemila famiglie<br />

attendono una casa popolare. In tante<br />

migliaia, indigenti, vivono in condizioni<br />

abitative di assoluta precarietà. Si violano<br />

i principi fondamentali costituenti la nostra<br />

Repubblica che innalzano a valore supremo<br />

la salvaguardia della dignità delle<br />

persone nell’essenza di vita nella propria<br />

quotidianità.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 53


www.isiciliani.it<br />

Messina/ Estate ribelle<br />

Il giorno che Accorinti<br />

fermò i Tir<br />

Bene pubblico vs/ padroni<br />

dello Stretto: chi<br />

vincerà, alla fine?<br />

di Tonino Cafeo<br />

Fascia tricolore sulla consueta t-shirt<br />

free Tibet e tantissima pazienza per<br />

spiegare personalmente ai camionisti –<br />

uno per uno - che Messina non può più<br />

permettersi di farsi attraversare a tutte<br />

le ore dalle centinaia di mezzi pesanti<br />

che sbarcano ogni giorno nella Rada<br />

San Francesco e nel porto storico della<br />

città dello stretto diretti nel resto della<br />

Sicilia.<br />

Renato Accorinti, anche da sindaco, non<br />

intende rinunciare ai metodi e alle battaglie<br />

di quarant’anni di attivismo civile e<br />

sta combattendo a modo suo l’ennesima<br />

puntata di un braccio di ferro che vede da<br />

una parte gli interessi di un manipolo di<br />

armatori e dall’altra il diritto alla sicurezza<br />

e alla salute per un’intera città.<br />

Tutto ha avuto inizio il trenta giugno<br />

scorso, quando la società Cartour , della<br />

famiglia Franza- monopolista di fatto del<br />

traghettamento privato sullo stretto di<br />

Messina- ha dato unilateralmente il via<br />

agli orari estivi della propria autostrada<br />

del mare da e per Salerno. Una modifica<br />

che ha comportato nuovi disagi per la popolazione<br />

dato che lo sbarco dei tir avviene<br />

adesso in pieno giorno a poche<br />

centinaia di metri dal centro storico della<br />

città, al molo Norimberga, e il flusso di<br />

mezzi pesanti si aggiunge a quello, già<br />

massiccio, che l’ attraversa da quando<br />

l’approdo a sud è stato dimezzato<br />

dall’eterno cantiere per il ripristino dei<br />

moli danneggiati dalle mareggiate invernali.<br />

La guerra dei Tir, ad ogni modo, per<br />

Messina è storia antica. Già nei primi anni<br />

2000 in seguito a numerosi incidenti<br />

mortali avvenuti in aree densamente abitate,<br />

era cresciuta una forte mobilitazione<br />

popolare con<br />

l’obiettivo - in<br />

realtà solo<br />

parzialmente<br />

realizzato - di<br />

spostare il<br />

traffico pesante<br />

fuori città attraverso<br />

la costruzione<br />

di un nuovo<br />

approdo per i<br />

traghetti nella<br />

zona sud.<br />

Le amministrazioni<br />

comunali<br />

che si sono succedute nel decennio in<br />

cui la vertenza ha avuto il suo massimo<br />

sviluppo hanno brillato per cerchiobottismo<br />

sviando l’ attenzione dell’opinione<br />

pubblica sul fantasma del Ponte sullo<br />

stretto oppure inventandosi le soluzioni<br />

più fantasiose- è rimasta negli annali quella<br />

del doppio approdo a nord e sud della<br />

città- pur di evitare di porre limiti agli interessi<br />

dei traghettatori.<br />

“Il diritto a una città vivibile”<br />

Completamente diverso l’approccio della<br />

giunta Accorinti. Massima disponibilità<br />

a trattare una soluzione in grado di soddisfare<br />

le esigenze di tutti, accompagnata<br />

però dal massimo rigore sui principi.<br />

“Il diritto di duecentocinquantamila<br />

messinesi a una città vivibile, liberata dal<br />

transito dei mezzi pesanti è un valore non<br />

negoziabile”, ha tenuto a precisare il primo<br />

cittadino agli armatori come pure alle<br />

istituzioni di garanzia (Capitaneria di Porto<br />

e Autorità Portuale). I numerosi tavoli<br />

tecnici che si sono svolti quest'estate non<br />

hanno dato però gli esiti sperati.<br />

“Avevamo chiesto a Cartour almeno<br />

l’impegno a rinunciare all’orario estivo<br />

diurno non da domani ma dall’estate del<br />

2015 - spiega Accorinti - ma è stato risposto<br />

di no”. Aggiungendo al rifiuto di<br />

qualunque mediazione la non troppo velata<br />

minaccia di ridurre drasticamente le<br />

corse della Messina-Salerno e di conseguenza<br />

licenziare i marittimi in esubero.<br />

E’ stato inevitabile a quel punto, il ventuno<br />

luglio scorso, emettere l’ordinanza<br />

che interdice al traffico pesante le principali<br />

vie d’accesso al porto storico di Messina<br />

fra le 7 e le 21. Un provvedimento<br />

fortemente contrastato non solo dai rappresentanti<br />

delle organizzazioni datoriali<br />

(Confindustria Messina e Aias, l’associazione<br />

dei piccoli autotrasportatori siciliani<br />

di Giuseppe Richichi) ma anche dai sindacati<br />

confederali e persino dagli organismi<br />

“terzi” come La Capitaneria Di Porto e l’<br />

Autorità Portuale, i cui esponenti non<br />

hanno esitato a minacciare ricorsi “ ove si<br />

ravvisassero nell’ordinanza lesioni dei legittimi<br />

interessi economici in campo”.<br />

La tutela dal basso dei diritti<br />

Così Messina è divenuta teatro di<br />

un’inedita forma di tutela dal basso del diritto.<br />

Sono stati i cittadini, più o meno organizzati,<br />

a presidiare tutte le mattine insieme<br />

al sindaco e alla Polizia Municipale<br />

le vie d’accesso al molo Norimberga ed a<br />

vigilare sullo scrupoloso rispetto delle disposizioni<br />

previste dall’ordinanza.<br />

“Nessuno di noi è contro l’impresa in<br />

quanto tale” raffredda così le polemiche<br />

Accorinti “ ma vogliamo che gli armatori<br />

rispettino le decisioni che il Comune ha<br />

preso a tutela di tutti”, in attesa che il 7<br />

agosto sia riconsegnato alla città perfettamente<br />

funzionante l’approdo di Tremestieri,<br />

dove dovrebbe essere dirottato definitivamente<br />

il grosso del traffico pesante.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 54


www.isiciliani.it<br />

Mauro Biani<br />

chi<br />

semina<br />

racconta<br />

sussidiario<br />

di resistenza<br />

sociale<br />

Contributi di Antonella Marrone,<br />

Carlo Gubitosa, Cecilia<br />

Strada, Cinzia Bibolotti,<br />

Ellekappa, Franco A. Calotti,<br />

Gianpiero Caldarella, Makkox,<br />

Mao Valpiana, Massimo Bucchi,<br />

Nicola Cirillo, Pino Scaccia, Riccardo<br />

Orioles, Stefano Disegni,<br />

Vincino Gallo<br />

Formato 17x24,<br />

240 pagine, colori<br />

ISBN 9788897194057<br />

15 euro<br />

Il meglio delle vignette,<br />

sculture e illustrazioni<br />

di Mauro Biani, autore<br />

di satira sociale a tutto<br />

tondo che unisce la<br />

vocazione artistica all’impegno<br />

professionale come educatore<br />

in un centro specializzato per<br />

la disabilità e la non disabilità<br />

mentale.<br />

Uno sguardo disincantato e<br />

libero che sa dare le spalle ai<br />

potenti quando serve, per toccare<br />

temi universali come la<br />

nonviolenza, i diritti umani,<br />

l’immigrazione, il cristianesimo<br />

anticlericale, la resistenza alla<br />

repressione e la lotta alle mafie.<br />

L’AUTORE<br />

Mauro Biani (Roma, 6 marzo<br />

1967) ha pubblicato vignette<br />

in rete per anni per poi fare il<br />

salto verso il professionismo<br />

su quotidiani e settimanali nazionali,<br />

riviste del terzo settore<br />

e organi di informazione<br />

indipendente. Ha fondato la<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– – pag. 555<br />

rivista di giornalismo a fumetti<br />

“Mamma!” che ha chiamato a<br />

raccolta un gruppo nutrito di<br />

giornalisti, vignettisti e fumettari<br />

in cerca di nuovi spazi espressivi.<br />

Collabora con il gruppo internazionale<br />

“Cartooning For<br />

Peace” sotto l’alto patrocinio<br />

dell’Onu. Nel 2009 ha pubblicato<br />

il volume “Come una specie<br />

di sorriso”, una antologia di<br />

illustrazioni ispirate alle canzoni<br />

di Fabrizio De Andrè.<br />

48


www.isiciliani.it<br />

puoi richiedere i volumi su<br />

www.mamma.am/libri<br />

rokuro aKu<br />

no alla guerra,<br />

no al nucleare<br />

g autor d scaricabi e<br />

the Holy Bile<br />

mP<br />

nicola.<br />

r–esistenza precaria<br />

KaNJaNo & car o gubi osa<br />

La mia terra<br />

la difendo<br />

Un libro per scoprire che<br />

non esiste un “nucleare<br />

civile” senza applicazioni<br />

militari derivate, non esiste<br />

“energia atomica pulita” senza<br />

rischi inaccettabili, non esistono<br />

“armi sicure” all’uranio impoverito<br />

senza vittime di guerra.<br />

Il figlio di una sopravvissuta alle<br />

radiazioni di Nagasaki ha trasformato<br />

in una appassionata<br />

denuncia a fumetti la cronaca<br />

degli incidenti alle centrali nucleari<br />

giapponesi e statunitensi, che<br />

sono stati nascosti da un velo di<br />

silenzio.<br />

Nana Kobato, studentessa delle<br />

medie, si affaccia sul “lato oscuro<br />

del nucleare”, e scopre i pericoli<br />

delle centrali atomiche, gli effetti<br />

dei proiettili all’uranio impoverito,<br />

le devastazioni ambientali che<br />

uccidono adulti e bambini. In un<br />

racconto a fumetti chiaro e documentato,<br />

Rokuro haku descrive<br />

gli effetti delle guerre moderne<br />

sull’uomo e sull’ambiente, e mette<br />

a nudo i poteri occulti che sostengono<br />

l’energia nucleare.<br />

Il libro degli autori di Scarica-<br />

Bile, il “pdf satirico di cattivo<br />

gusto” che ha ridefinito su<br />

internet la soglia dell’indecenza<br />

con 32 numeri di puro genio e<br />

follia, centinaia di pagine maleducate,<br />

migliaia di lettori incoscienti.<br />

Da oggi lo spirito del magazine<br />

più scorretto d’Italia rivive nel libro<br />

“The holy Bile”, una raccolta<br />

differenziata di scritti e fumetti<br />

inediti su qualunquismo, castità,<br />

religione e sondini terapeutici.<br />

Un concentrato purissimo di<br />

anticlericalismo, blasfemia, coprofagia,<br />

incesto, morte, pedofilia,<br />

prostituzione, sessismo, sodomia,<br />

violenza e volgarità gratuite. In<br />

breve, uno specchio perfetto<br />

dell’Italia moderna, per chi non<br />

ha paura di guardare in faccia la<br />

realtà con le lenti deformanti della<br />

satira.<br />

Testi e disegni di Daniele Fabbri,<br />

Pietro Errante, Jonathan Grass,<br />

Tabagista, MelissaP2, Vladimir Stepanovic<br />

Bakunin, Eddie Settembrini,<br />

Blicero, G., Ste, Perrotta,<br />

Marco Tonus, Mario Gaudio, Flaviano<br />

Armentaro, Maurizio Boscarol,<br />

Mario Natangelo, Alessio<br />

Spataro, Andy Ventura.<br />

Certi fumetti non possono<br />

farli i radical chic col culo<br />

parato o gli intellettuali<br />

da salotto. Ci voleva un lavoratore<br />

emigrato come Marco “MP”<br />

Pinna, che si è bruciato due settimane<br />

di ferie per partorire la<br />

saga di Nicola, l’antieroe in tuta<br />

blu del terzo millennio.<br />

Un mondo precario dove Nicola<br />

lotta per salvare la sua fabbrica<br />

dalla chiusura, e scopre i trucchi<br />

più loschi con cui i padroni fregano<br />

le classi medio–basse.<br />

Più spericolato di Batman, più<br />

sfigato di Fantozzi, più ribelle di<br />

Spartacus e più solo di Ulisse:<br />

Nicola è il simbolo della nostra<br />

voglia di resistere alle ingiustizie.<br />

Contro di lui un padrone senza<br />

scrupoli e una famiglia senza vergogna,<br />

incarognita dalle mode più<br />

devastanti del momento.<br />

Uno spietato “reality show” a<br />

fumetti, un micromanuale di economia<br />

finanziaria, un prontuario<br />

di autodifesa sindacale ma soprattutto<br />

lo sfogo di satira rabbiosa<br />

di un “artista–operaio”.<br />

Ottanta pagine di sopravvivenza<br />

proletaria: astenersi perditempo.<br />

La storia di Giuseppe Gatì, 22<br />

anni, pastore per vocazione,<br />

produttore di formaggi per<br />

mestiere, attivista antimafia per<br />

passione.<br />

Il suo volto è salito agli onori delle<br />

cronache nel dicembre 2008 per<br />

la contestazione al “pregiudicato<br />

Vittorio Sgarbi”, che ha scosso la<br />

città di Agrigento al grido di “Viva<br />

Caselli! Viva il pool antimafia!”<br />

Con l’aiuto degli amici e dei familiari<br />

di Giuseppe, Gubi e Kanjano<br />

hanno scoperto gli scritti, le<br />

esperienze e il grande amore<br />

per la terra di Sicilia di questo<br />

ragazzo, che ha lasciato una eredità<br />

culturale preziosa prima di<br />

morire a 22 anni per un banale<br />

incidente sul lavoro.<br />

Un racconto a fumetti che non<br />

cede alle tentazioni del sentimentalismo<br />

e della commemorazione,<br />

per restituire al lettore tutta la bellezza<br />

di una intensa storia di vita.<br />

www.mamma.am/nonuke<br />

www.mamma.am/bile<br />

www.mamma.am/nicola<br />

www.mamma.am/giuseppe<br />

ISBN 9788897194002<br />

ISBN 9788897194026<br />

ISBN 9788897194019<br />

ISBN 9788897194033<br />

I <strong>Siciliani</strong>giov i<strong>giovani</strong> – pag. p 56


www.isiciliani.it<br />

Fotografa<br />

CATANIA<br />

Civita: il mare negato<br />

“U trenu a stamatina<br />

Passau supra l’archi d’a marina;<br />

fu chistu ‘n gran successu,<br />

Catania camina ccu progressu”<br />

Questo breve inno al progresso, cantato per<br />

l’inaugurazione della linea ferroviaria, 1°<br />

luglio 1869, mi ha subito colpito, non per la<br />

sua bellezza, ma per la nota di speranza,<br />

“Catania segue il progresso”, ma a quale<br />

prezzo?<br />

Il viadotto ferroviario assurge a cicatrice e<br />

barriera fra la città e il mare, una cicatrice<br />

che rievoca alla memoria lo storico legame<br />

tra centro urbano e l’originaria rada naturale<br />

che fu la porta di antiche civiltà.<br />

Camminare lungo il viadotto equivale a<br />

camminare sul flo di un rasoio, da una<br />

parte il porto e dall’altra un quartiere la<br />

“Civita”, in mezzo il traffco automobilistico.<br />

Spinti forse dall’orrenda visione di un porto<br />

che non c’è, si è attratti istintivamente verso<br />

il quartiere ed è qui che si percepisce il<br />

dolore inferto dalla ferita. Gli antichi palazzi<br />

sono ormai deturpati e violentati,<br />

concrezioni di condizionatori si<br />

accavallavano a fli di panni stesi, le piccole<br />

case dei pescatori spariscono sotto l’infusso<br />

di quell’anarchico senso del brutto.<br />

Ma cosa è rimasto dell’operoso borgo<br />

marinaro? Qualche pescatore che ancora<br />

intreccia le reti della memoria, come ombra<br />

di un lontano ricordo.<br />

Resta dentro l’amara consapevolezza che il<br />

prezzo pagato in nome del progresso sia<br />

stato troppo alto, l’ombra del mare è lì ma<br />

non puoi vederne l’azzurro, la città ha eroso<br />

il mare!<br />

Ma ci chiediamo del perché di questo.<br />

Ci chiediamo quali responsabilità le vecchie<br />

e nuove amministrazioni che hanno<br />

governato la città hanno fatto si che questa<br />

erodesse il mare, e non solo, anche oggi c'è<br />

un dibattito "politico speculativo" nel far<br />

diventare il porto una ammasso di cemento<br />

armato che distruggerà la nostra cultura e la<br />

brezza di mare che ci ha sempre<br />

caratterizzato.<br />

“La metropoli ha questa attrattiva in più, che<br />

attraverso ciò che è diventata si può ripensare con<br />

nostalgia a quella che era” Italo Calvino, Le città<br />

invisibili<br />

Daniela Calcaterra<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 57


www.isiciliani.it<br />

Civita: il mare negato<br />

Chiesa del SS. Redentore, a memoria di una più antica, al suo interno è<br />

custodito un busto ligneo del 1536, che prima si trovava nell'antica<br />

chiesetta distrutta dall'eruzione del 1669<br />

Daniela Calcaterra<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 58


www.isiciliani.it<br />

Civita: il mare negato<br />

Gesta di un tempo<br />

si ripropongono<br />

nel quotidiano,<br />

quel tempo che<br />

all’interno del<br />

piccolo borgo della<br />

Civita a Catania<br />

sembra essersi<br />

fermato. Una<br />

signora in vestaglia<br />

solleva fno al<br />

piano del proprio<br />

balcone il cestino<br />

con la spesa che il<br />

fglio ha attaccato<br />

ad una corda dal<br />

ciglio della strada,<br />

evitandole così la<br />

fatica delle scale.<br />

Alfredo Magnanti<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 59


www.isiciliani.it<br />

Civita: il mare negato<br />

di giro”<br />

Nonostante le molte auto parcheggiate, davanti alla porta si continua a<br />

lavorare, vivere, raccontare storie...<br />

Carlo Majorana<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 60


www.isiciliani.it<br />

Civita: il mare negato<br />

di giro”<br />

La riparazione della rete è una consuetudine ancora oggi presente nella<br />

Civita e che resiste al trascorrere inesorabile del tempo<br />

Dario Lo Presti<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 61


www.isiciliani.it<br />

Civita: il mare negato<br />

di giro”<br />

Tagghiu e littura: misteri ca dura!<br />

Flavia Iraci<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 62


www.isiciliani.it<br />

Civita: il mare negato<br />

di giro”<br />

Gente di mare come il signor Salvatore che ha dedicato la sua vita alla<br />

pesca<br />

Francesco Nicosia<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 63


www.isiciliani.it<br />

Civita: il mare negato<br />

di giro”<br />

La Civita un tempo<br />

era abitata soltanto da<br />

pescatori, oggi ne è<br />

rimasto appena<br />

qualcuno...<br />

Rimangono però tanti<br />

dettagli nei vicoletti a<br />

ricordare come<br />

questo quartiere sia<br />

stato "partorito" dal<br />

mare.<br />

Ivana Sciacca<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 64


www.isiciliani.it<br />

Civita: il mare negato<br />

di giro”<br />

Attraverso i murales<br />

l'antico popolo della<br />

Civita racconta la sua<br />

storia<br />

Paolo Parisi<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 64


www.isiciliani.it<br />

Storia<br />

Donne per la pace<br />

Sicilia, cent'anni fa<br />

“Si riunirono nella chiesa<br />

gridando e invocando<br />

la fine della guerra”<br />

di Elio Camilleri<br />

Allo scoppio della prima guerra migliaia<br />

di ragazzi furono strappati alla<br />

terra, molti, come in altre parti d’Italia,<br />

si dettero alla macchia e le donne siciliane<br />

si preparavano a reggere la fatica<br />

del lavoro dei campi: la guerra fu una<br />

guerra di massa ed esigeva un’adesione<br />

di massa.<br />

Si può certamente affermare che le masse<br />

popolari subirono la guerra, ma la rifiutarono<br />

e si mobilitarono per farla finire.<br />

Le donne siciliane coniugarono religione<br />

e pacifismo in numerose manifestazioni,<br />

cui parteciparono in migliaia; ciò che<br />

risulta sorprendente e, per certi versi, incredibile,<br />

è che tale simbiosi tra sentimento<br />

religioso e richiesta pressante di pace<br />

fu respinta ed ostacolata dal clero cattolico<br />

che, quasi unanimemente, sostenne le<br />

motivazioni politiche della guerra agli Imperi<br />

centrali.<br />

Alle donne di Sciacca e di altri paesi<br />

della provincia capitava un fatto strano:<br />

andavano in chiesa e organizzavano processioni<br />

per pregare e supplicare la fine<br />

della guerra e preghiere e suppliche le recitavano<br />

senza sacerdoti.<br />

Il clero non partecipava né, tanto meno,<br />

organizzava cerimonie religiose contro la<br />

guerra e questo non solo ad Agrigento o in<br />

Sicilia, ma anche nel resto dell’Italia, in<br />

Francia e nella stessa Germania e papa<br />

Benedetto XV pronunciò parole al vento<br />

con la sua “Nota di pace” del 1° agosto<br />

1917: non lo ascoltò nessuno e “l’inutile<br />

strage” continuò per più di un anno.<br />

E così capitò che a Sciacca: “ il 14 gennaio<br />

1916, duecento donne si riunirono<br />

nella cattedrale gridando e invocando la<br />

fine della guerra. L’arciprete e un funzionario<br />

di pubblica sicurezza ristabilirono la<br />

calma e più della metà delle dimostranti<br />

ritornò a casa. Le altre continuarono la<br />

loro protesta andando prima al municipio<br />

e poi alla sottoprefettura”. (Jole Calapso.<br />

Donne ribelli. Flaccovio. Palermo.1980.<br />

pag. 142)<br />

Quattro “sediziose e disfattiste” furono<br />

denunziate ed arrestate e il frate laico<br />

Giovanni Buonomente, sospettato di essere<br />

l’organizzatore della manifestazione, fu<br />

spedito a Messina.<br />

Appena due mesi dopo, a Raffadali, tredici<br />

donne furono denunziate all’autorità<br />

giudiziaria per avere percorso in corteo<br />

con altre donne, ragazze e bambini la strada<br />

che portava alla chiesa di S. Giuseppe<br />

per assistere alla messa. Il corteo non era<br />

autorizzato e neppure erano consentite le<br />

invocazioni al Signore e alla Madonna per<br />

la fine della guerra.<br />

A Cammarata, dieci giorni dopo (25<br />

marzo) le donne che volevano portare in<br />

processione la Madonna di Scacciapensieri<br />

furono addirittura indotte a forzare la<br />

nicchia che ne conteneva la statua e così<br />

si svolse una processione con più di duemila<br />

persone: tutte imploravano la cessazione<br />

della guerra e tutto si svolse nel<br />

massimo ordine anche perché gli agenti di<br />

pubblica sicurezza non osarono bloccare<br />

il rito religioso.<br />

Le denunce arrivarono il giorno dopo<br />

per 6 uomini e 14 donne.<br />

Non solo il clero siciliano, ma anche<br />

nelle altre regioni italiane, come pure in<br />

Francia e nella stessa Germania non fu tenuta<br />

in nessuna considerazione la Nota di<br />

pace di Benedetto XV contro “l’inutile<br />

strage”.<br />

E allora si capisce come a Sciacca le<br />

donne furono buttate fuori dalla chiesa<br />

dall’arciprete, come a Raffadali fu sciolta<br />

a forza una processione di donne e bambini<br />

diretta verso la chiesa.<br />

Aveva ragione, allora, George Bernard<br />

Shaw a scrivere che era meglio chiuderle<br />

le chiese ed evitare così che in esse si preghi<br />

per l’annientamento del nemico.<br />

Centinaia di arresti di ragazze e donne<br />

che, talvolta, portarono in carcere con sé i<br />

loro bambini a subire quotidiane ingiurie<br />

e violenze per avere manifestato contro la<br />

guerra, contro la fame, contro l’insopportabile<br />

miseria.<br />

Tra Cammarata e Campobello , ad<br />

esempio ne arrestarono a decine, tra queste<br />

Maria Ponticello, perché si erano distese<br />

sui binari per impedire la partenza<br />

del treno con le reclute.<br />

Un grave episodio si registrò a Gangi il<br />

3 aprile 1917. Una classe di alunni che<br />

manifestava a favore della guerra fu presa<br />

a sassate dalla gente che di guerra proprio<br />

non ne voleva sentire.<br />

Nel contesto della guerra le sassate contro<br />

le scuole, le proteste contro gli insegnanti<br />

erano motivate dal fatto che la<br />

scuola era strumentalizzata dal Governo<br />

per la propaganda bellica, per organizzare<br />

raccolte di fondi per le spese militari, per<br />

la Croce Rossa: tutto ciò non era assolutamente<br />

condiviso dalle masse popolari,<br />

dalle donne che subivano quotidianamente<br />

il peso del lavoro dei campi, della fame<br />

e della disperazione.<br />

A Ribera Maria Segreto, una ragazza di<br />

venticinque anni, non ebbe alcun timore<br />

di urlare contro la guerra e di incitare le<br />

sue compaesane ad unirsi alla protesta, nè<br />

la fecero desistere le minacce delle forze<br />

dell’ordine.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 66


www.isiciliani.it<br />

Palermo<br />

Una festa<br />

ben sorvegliata<br />

“U Fistinu” di Santa<br />

Rosalia: metafora di<br />

una città che declina<br />

di Giovanni Abbagnato<br />

Le cronache del 390mo Festino della<br />

Santuzza palermitana Rosalia raccontano,<br />

con il linguaggio freddo di altro<br />

tipo di eventi, che hanno partecipato<br />

alla manifestazioni clou - tra il 14 e il 15<br />

luglio scorso - circa 300 mila persone,<br />

“secondo le stime degli organizzatori”.<br />

Si tratta del solito “ballo delle cifre”tra<br />

gli organizzatori e la Questura?<br />

Purtroppo, quello che più si è notato è<br />

stato, ancora una volta, un segno di confusione<br />

politica ed ideale dell’Amministrazione<br />

comunale presieduta da Orlando<br />

che non ha saputo imprimere al Festino<br />

quella carica democratica – dai forti connotati<br />

simbolici – in una città che, in altri<br />

tempi, “prendeva parte” contro le sue pesti,<br />

antiche e moderne.<br />

Il palesarsi del triste disfacimento di<br />

questa ispirazione di governo stavolta è<br />

andato ben oltre le parodie della partecipazione<br />

popolare in alcune scelte dell’<br />

Amministrazione, andate occasionalmente<br />

in scena - il termine non è casuale - con<br />

riti francamente inconcludenti sul piano<br />

tecnico-amministrativo e senza anima su<br />

quello ideale.<br />

Il vero segno - cupo è pesante - è stato,<br />

però, rappresentato dalla evidente militarizzazione<br />

del Festino con una presenza,<br />

numerosa e inquietante, di camionette e<br />

autoblindo, insieme alle schiere di pesanti<br />

scarponi di tutte le Forze dell’Ordine antisommossa,<br />

perfino posti a sostanziale sostituzione<br />

delle organizzazioni della Protezione<br />

Civile, naturalmente con l’idea<br />

che possono avere delle Forze antisommossa<br />

della gestione della Protezione Civile<br />

in quella che doveva essere una festosa<br />

manifestazione di popolo.<br />

Senza la “benedizione civile” del popolo<br />

Per la storia e il valore dell’azione politico-amministrativa<br />

che non si può e non<br />

si deve disconoscere al personaggio, dispiace<br />

dirlo, ma forse abbiamo assistito<br />

alla caduta della parabola politica di Orlando,<br />

o SinnacOllando, come la vox populi<br />

confondeva a Palermo personaggio e<br />

carica istituzionale.<br />

Questa triste involuzione del personaggio<br />

(che comunque è in atto, al di là di<br />

eventuali accordi nella peggiore tradizione<br />

politichese che possono riguardare il<br />

ruolo del Sindaco) è stata determinata,<br />

ben prima di questo Festino, dai contorsionismi<br />

politici di Orlando e dall’incapacità<br />

di passare da una gestione importante,<br />

ma troppo minimale delle emergenze palermitane,<br />

ad un progetto vero e socialmente<br />

avanzato per la città.<br />

Ma il nuovo fatto simbolico, importantissimo<br />

in una città come Palermo, è stato<br />

rappresentato dal salire di Orlando sul<br />

carro della “Santuzza”a gridare il fatidico<br />

“Viva Palermo e Santa Rusulia”, non con<br />

la “benedizione civile” del popolo - con le<br />

sue variegate istanze, che un tempo trovavano<br />

il lui una sintesi riconosciuta - ma<br />

con la blindatura, francamente imbarazzante,<br />

offerta dalla Questura.<br />

L'agitazione dei precari<br />

Invero, c’erano già i segni di uno “sfruttamento”<br />

-eccessivo in termini di cosiddetto<br />

ordine pubblico - di informazioni su<br />

propositi di precari comunali, tradizionalmente<br />

determinati nel voler scegliere il<br />

“palcoscenico” del Festino per le loro manifestazioni<br />

di dissenso contro l’Amministrazione.<br />

Come sembrava provvidenziale per una<br />

gestione blindata dell’ordine pubblico al<br />

Festino, la situazione creata dall’aggressione<br />

all’organizzatrice dei festeggiamenti<br />

che - ancorché riconducibile a malavitosi<br />

di basso profilo e non a organizzazioni<br />

mafiose come lasciato intendere dalla<br />

stessa protagonista - con ben altri mezzi<br />

doveva essere controllata ed affrontata.<br />

In realtà, è stata un’altra occasione perduta<br />

dai vertici delle Forze dell’Ordine<br />

davanti a quei movimenti civili e<br />

antimafiosi che hanno provato negli anni<br />

– non senza contraddizioni e difficoltà - -<br />

a favorire il passaggio culturale dalla<br />

percezione popolare degli “sbirri” - nel<br />

tradizionale significato tutt’altro che<br />

edificante – a difensori delle libertà e dei<br />

diritti contro le prepotenze mafiose di tutti<br />

i tipi, inevitabilmente sempre a braccetto<br />

con poteri forti e comitati di affari.<br />

L'intimidazione a Rocca e Pellicane<br />

Purtroppo, questa strategia della Questura<br />

– sicuramente avallata e tollerata dal<br />

Comune – volta a dare alla città un eclatante<br />

segno autoritario, va rilevata anche<br />

nell’intimidazione inviata – preventivamente,<br />

nell’immediata vigilia del Festino<br />

– a tanti uomini e donne che tengono fede<br />

a gravi istanze popolari – spesso sporche<br />

di sofferenza e per questo senza voce - attraverso<br />

il trattamento riservato persone<br />

come Nino Rocca e Toni Pellicane – leader<br />

miti ma appassionati del movimento<br />

dei senzacasa – non a caso convocati in<br />

Questura e denunciati per manifestazione<br />

non autorizzata, con una consequenzialità<br />

temporale più che sospetta e una motivazione<br />

risibile, se non si trattasse di un inquietante,<br />

quanto immotivato atto persecutorio.<br />

A questo punto, ogni cronaca che si rispetti<br />

– o anche che non si rispetti – si<br />

chiuderebbe con l’annotazione sullo spettacolo<br />

tenutosi sul Piano e sulla mura della<br />

stupenda Cattedrale, con testi, forse un<br />

po’ troppo didascalici e tradizionali, ma<br />

con una macchina scenica complessivamente<br />

stimolante e convincente.<br />

Una città che si autodivora<br />

Ma, in realtà, probabilmente, altro si è<br />

imposto sulla scena di questo Festino di<br />

una città, forse come il suo Genio, condannata<br />

- ineluttabilmente - a divorare,<br />

con i suoi figli migliori, i suoi aneliti e le<br />

sue speranze.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 67


www.isiciliani.it<br />

Anni Settanta<br />

Hippies a<br />

Terrasini<br />

Peppino, Lotta Continua<br />

e i radical-chic<br />

di Salvo Vitale<br />

www.peppinoimpastato.com<br />

Dell’esperienza della Comune hippie di<br />

Terrasini ho parlato nel mio libro Nel<br />

cuore dei coralli, Peppino Impastato, una<br />

vita contro la mafia (Rubbettino editore).<br />

La partecipazione, per un breve periodo,<br />

di esponenti della Comune a Radio Aut è<br />

stata simpaticamente tracciata nei Cento<br />

passi. Carlo Silvestri non ne esce bene,<br />

Peppino è molto diffidente, sino a<br />

scimmiottare, mettendosi col culo di fuori,<br />

alla radio, la proposta di Carlo del “nudo a<br />

chiappe selvagge”. Va detto che quelle<br />

scene sono state girate a Torre Alba e non<br />

a Villa Fassini, luogo di stanza della Comune,<br />

poiché allora l’accesso a Villa Fassini<br />

non era consentito: il regista fece dipingere<br />

sui muri una serie di immagini che<br />

ricordavano molto da vicino quelle dipinte<br />

sui muri di villa Fassini, oggi cancellate e<br />

presenti solo in alcune foto d’epoca.<br />

La collaborazione tra la Comune e<br />

Radio Aut venne presto interrotta per una<br />

forte differenza di vedute, da una parte<br />

nell’intendere la lotta contro la mafia<br />

come una scelta politica di fondo,<br />

dall’altra con la tendenza a ritenere<br />

prevalente occuparsi dei bisogni dell’io,<br />

particolarmente di quelli sessuali, secondo<br />

lo slogan allora molto in voga “il<br />

personale è politico”.<br />

Da quel libro riporto alcune pagine,<br />

compreso il testo di una lettera che Peppino<br />

inviò a Lotta Continua, ma che quel<br />

giornale, nel quale scriveva Carlo Silvestri,<br />

non volle pubblicare. Difficile dire<br />

oggi cosa rimane di quell’aspro diverbio<br />

che portò Peppino a dare addirittura un<br />

pugno a Carlo Silvestri e a chiudere<br />

un’esperienza nella quale alcuni redattori<br />

erano rimasti coinvolti e affascinati.<br />

L’impegno politico dei cosiddetti “militanti”<br />

è stato marginalizzato, costretto in<br />

un angolo, come una scelta di pochi esaltati<br />

e provocatori, più vicini all’eversione,<br />

se non al terrorismo, anziché alle pacifiche<br />

manifestazioni di protesta. Il perbenismo<br />

ha finito con l’assorbire vaste frange di<br />

quella borghesia illuminata e benestante, i<br />

cui figli una volta sceglievano di maturare<br />

all’interno delle contestazioni al sistema,<br />

adesso si definiscono moderati e si allineano<br />

sul solco tracciato dal papà. In ultima<br />

analisi Carlo sembra avere avuto ragione,<br />

scegliendo di ripiegare nel proprio privato,<br />

di fare la propria vita, adesso in India, magari<br />

di ottenere dalle istituzioni qualche finanziamento<br />

per parlare delle sue esperienze<br />

e di lasciare a chi ne ha voglia<br />

l’arduo sentiero della rivoluzione.<br />

Ma Peppino è sempre là, dove la crisi<br />

mette in discussione persino la sopravvivenza<br />

di ogni singolo uomo, dove le grandi<br />

ingiustizie sociali lascino che ci sia “cu<br />

mancia e cu talia”, dove le contraddizioni<br />

possono esplodere in ogni momento e portare<br />

a un mutamento collettivo perché,<br />

come ha detto qualcuno, “non si può essere<br />

felici sapendo che c’è al mondo qualcuno<br />

che soffre”.<br />

La “Comune” di Villa Fassini<br />

La palazzina, già residenza degli armatori<br />

Florio, nella sua struttura in mezzo al<br />

verde rappresenta un gioiello d’architettura<br />

tardo ottocentesca, opera di Ernesto Basile,<br />

o comunque della sua scuola. Nel ’69<br />

diventa la prima “Comune” d’Italia e un<br />

punto di riferimento quasi mitico per le<br />

varie fasce del movimento hippye europeo<br />

e per tutti coloro che avevano vissuto una<br />

serie di esperienze post-sessantottesche e<br />

di tematiche espresse in Italia dalla rivista<br />

Re Nudo.<br />

Animatore della “Comune” è Carlo Silvestri,<br />

collaboratore di quella rivista e di<br />

altri settimanali nazionali. Sino al ’72 il<br />

posto conserva la sua struttura di Comune,<br />

da quella data in poi, pur continuando ad<br />

essere punto di ritrovo e di passaggio per<br />

molti <strong>giovani</strong> in cerca di nuove forme di<br />

vita e di socializzazione, diventa quasi un<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 68<br />

fatto personale di Carlo Silvestri, che ne<br />

assume interamente la gestione.<br />

Il posto aveva problemi di ricezione, di<br />

sussistenza economica e di controllo interno<br />

tra tante persone di provenienza eterogenea.<br />

A frequentarlo erano anche personaggi<br />

noti del mondo dello spettacolo,<br />

come la Premiata Forneria Marconi, Paola<br />

Pitagora, la cantante Giovanna, l’attrice<br />

Teresa Ann Savoy, Pino Masi ecc.<br />

Regole indispensabili non “fumare”,<br />

non bucarsi, non consumare carne, per il<br />

resto c’era massima libertà e tolleranza,<br />

anche nel praticare il nudismo.<br />

Il rapporto della Comune con l’ambiente<br />

in principio fu traumatico: in paese, a Terrasini,<br />

si guardavano con meraviglia, con<br />

ironia, talora con scandalo gli strani tipi<br />

che passeggiavano vestiti con fogge strane,<br />

lunghi capelli, orecchini, campanellini<br />

alle caviglie: circolavano tutte le dicerie<br />

possibili, tipiche di un paese bigotto, ma a<br />

poco a poco ci si abituò a queste presenze<br />

e parecchi <strong>giovani</strong> del luogo cominciarono<br />

a fare “un salto” alla Comune, forse anche<br />

attratti dall’idea di qualche possibile o facile<br />

esperienza sessuale.<br />

Migliore, senza dubbio, il rapporto con i<br />

contadini della zona, che accettavano volentieri<br />

l’aiuto nei periodi di raccolta e trasporto<br />

degli ortaggi.<br />

La prima Comune aveva alcune sue tipiche<br />

forme di sopravvivenza nella lavorazione<br />

di stoffe e di prodotti artigianali e<br />

cercava anche un rapporto all’esterno attraverso<br />

l’organizzazione di spettacoli e di<br />

recitals; successivamente il posto rimase<br />

solo un luogo di villeggiatura. L’incontro<br />

con Radio Aut, cioè la partecipazione di<br />

questa gente con l’unica emittente democratica<br />

e di movimento della zona, fu quasi<br />

spontaneo, a seguito di alcuni contatti<br />

avuti a “Musica e Cultura”, ma non fu<br />

esente da contraddizioni: da una parte<br />

Peppino e pochi militanti che della politica<br />

rivoluzionaria avevano fatto una scelta di<br />

vita, dall’altra i “creativi” del ’77, per i<br />

quali contava solo esprimere i propri bisogni,<br />

i propri problemi, la propria oscura ribellione<br />

ai pregiudizi e alla repressione di<br />

qualsiasi espressione autenticamente liberatoria.


www.isiciliani.it<br />

“Una lettera<br />

che non fu<br />

pubblicata”<br />

Nella gestione degli spazi di trasmissione<br />

diventava indispensabile crearsi il problema<br />

di chi “stava a sentire” e cresceva<br />

l’antitesi tra la volontà di creare gratuitamente<br />

lo scandalo e la denuncia aperta e la<br />

necessità di mediare alcune posizioni per<br />

non rischiare l’isolamento.<br />

La rottura si verificò nell’agosto del ’77,<br />

allorché Carlo Silvestri lanciò la proposta<br />

del “nudo a chiappe selvagge” dai microfoni<br />

di Radio Aut e trasmise la notizia<br />

dell’iniziativa all’Europeo, a Panorama e a<br />

Lotta Continua: si trattava di un invito a<br />

fare il bagno nudi, in tutta Italia, il 15 agosto<br />

e di creare un caso nazionale: nel proporre<br />

l’iniziativa Carlo Silvestri non badò<br />

a concordare la proposta con la redazione<br />

della radio che, a seguito di un acceso dibattito,<br />

rifiutò di essere coinvolta, sentendosi<br />

strumentalizzata.<br />

Quel giorno, mentre alcuni scesero al<br />

“molo” a fare il bagno nudi, Peppino ed<br />

altri rimasero alla radio a scrivere a Lotta<br />

Continua una lettera che il giornale non<br />

pubblicò.<br />

Lettera (non pubblicata) a LC<br />

Cari compagni,<br />

abbiamo letto su L.C. di mercoledì 12<br />

ottobre (p. 11) un annuncio col quale una<br />

fantomatica comune, che tra l’altro si definisce<br />

“la più vecchia d’Italia” indice tre<br />

giorni di amore e di lotta contro le mire<br />

speculative della mafia locale che, a quanto<br />

pare, avrebbe l’intenzione di togliere la<br />

“casa” a Carlo Silvestro, che della comune<br />

in questione è titolare, general manager ed<br />

unico componente. Ma procediamo con<br />

ordine. È dal 1969 che il Silvestro, con notevole<br />

strombazzo pubblicitario, lascia intendere<br />

a mezza Europa che, a Villa Fassini<br />

risiede una comune di cui l’ambiente locale<br />

non ha avuto neppur sentore. In realtà<br />

Villa Fassini ha funzionato sempre come<br />

un vero e proprio ostello, se non luogo di<br />

villeggiatura, per Carlo Silvestro e i suoi<br />

amici che, rispetto al mondo esterno “indigeno””,<br />

si sono posti, fatte le dovute eccezioni,<br />

in termini di rifiuto o tutt’al più di<br />

tentativi sporadici di colonizzazione sottoculturale.<br />

Mai uno sforzo è stato fatto da parte loro<br />

per collegarsi con le realtà politiche e culturali<br />

presenti in zona. Ma c’è molto di<br />

più. In luglio, dopo aver ricevuto un invito<br />

a sfrattare entro l’anno, il Silvestro ha cercato<br />

e trovato, dopo averli snobbati per<br />

otto anni, contatti con i compagni di Lotta<br />

Continua, del Circolo Musica e Cultura e<br />

di Radio Aut: chiedeva appoggio per “salvare<br />

la casa” (parole sue testuali).<br />

Le proposte dei compagni sono state<br />

chiare e precise: una campagna di stampa<br />

per denunciare la mafia e i suoi rapporti<br />

con il territorio (si stava allestendo proprio<br />

in quel periodo una mostra fotografica<br />

sull’argomento) e un raduno musicale, da<br />

tenere entro ferragosto a Villa Fassini, propagandato<br />

su scala nazionale e aperto a<br />

tutte le istanze politiche e culturali presenti<br />

nella zona.<br />

La risposta del Silvestro è stata laconica:<br />

“in verità io punto ad una congrua buonuscita;<br />

se non mi si daranno i venti milioni<br />

che intendo richiedere allora faremo la<br />

battaglia”. In realtà Carlo Silvestro non<br />

aveva, come non ha, alcuna intenzione di<br />

promuovere o di accettare proposte di battaglie<br />

politiche di qualsiasi genere: sarebbe<br />

ben strano da parte sua dopo otto anni<br />

di insignificante presenza a Terrasini.<br />

Egli puntava essenzialmente a due cose:<br />

1) aumentare il suo peso contrattuale in<br />

funzione della “congrua buonuscita”, visto<br />

che i compagni le battaglie contro la mafia<br />

le hanno fatte sul serio da lungo tempo;<br />

2) penetrare all’interno del gruppo di<br />

compagni presenti localmente e a Radio<br />

Aut per portarne alle estreme conseguenze<br />

il processo di disgregazione e per tentare,<br />

successivamente, di riagganciarne una parte<br />

su un suo progetto di rivista (“Amore”)<br />

che, a quanto ci è sembrato di capire, altro<br />

non vuole essere che un pastone qualunquistico<br />

che, dietro il paravento della “politica<br />

del corpo” e del “recupero dell’erotismo”,<br />

avrà un’impostazione a metà strada<br />

tra il pornografico e la cronaca mondana<br />

(d’altra parte il Silvestro ha un suo “rispettabilissimo”<br />

passato di porno fotografo).<br />

E lo abbiamo visto all’opera a Radio<br />

Aut: dopo quindici giorni di sua presenza,<br />

l’incredibile provocazione dell’appello al<br />

nudo: L.C. del 10 agosto pubblicava una<br />

lettera del Silvestro e di due suoi collaboratori<br />

nella quale era contenuto un appello<br />

a spogliarsi nudi alle dodici in punto del<br />

15 agosto. Due giorni dopo lo stesso Silvestro,<br />

senza neppure consultare i compagni,<br />

lanciava lo stesso appello dai microfoni<br />

di Radio Aut spacciandolo per una iniziativa<br />

di Lotta Continua e invitando alla<br />

“trasgressione a chiappe selvagge” da mettere<br />

in atto a Sant’Agata di Militello in occasione<br />

di “un raduno di L.C. dove tutti si<br />

sarebbero spogliati” (si trattava invero di<br />

una festa di D.P.). Sulla cosa, su sollecitazione<br />

dello stesso Silvestro, veniva imbastita<br />

una campagna di stampa tra lo scandalistico<br />

e il sensazionale.<br />

Repubblica, La Stampa, Il Giorno,<br />

L’Europeo, si scatenavano nella narrazione<br />

delle varie fasi della “rivolta a chiappe<br />

selvagge” e della “trasgressione di massa”.<br />

Radio Aut, come Radio Popolare di Milano,<br />

veniva presentata come promotrice<br />

dell’iniziativa e: “due redattori di Radio<br />

Aut si sono spogliati, esattamente alle dodici,<br />

sul molo di Terrasini” (L’Europeo, n.<br />

34, pagg. 18-19). Tutto falso. Solo in poche<br />

decine si sono spogliati. Nessun redattore<br />

di Radio Aut ha “trasgredito”. Ma tutto<br />

questo è sicuramente servito al Silvestro<br />

per farsi un po’ di pubblicità e per lanciare<br />

l’idea della rivista “Amore”.<br />

Così come è bastato ai compagni di Lotta<br />

Continua, del Circolo Musica e Cultura<br />

e di Radio Aut per rompere definitivamente<br />

i ponti con Carlo Silvestro e Villa Fassini<br />

(sono la stessa cosa), data la sua latitanza<br />

quasi decennale e la sua fuga opportunistica<br />

dallo scontro politico con la mafia<br />

locale, contro cui i compagni hanno concentrato,<br />

da anni e pagando di persona, il<br />

loro intervento politico a partire dalle reali<br />

esigenze e dai bisogni dei disoccupati, dei<br />

proletari e dei non garantiti della zona.<br />

Ed è a partire da tutto questo che hanno<br />

deciso di prendere le distanze dalle iniziative<br />

di Carlo Silvestro, in quanto completamente<br />

estranee a qualsiasi esigenza politica,<br />

culturale e di liberazione. Saluti Comunisti.<br />

I Compagni di L.C., Radio Aut, Circolo<br />

Musica e Cultura di Cinisi e Terrasini<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 69


www.isiciliani.it<br />

Memoria<br />

L'isola<br />

di Danilo Dolci<br />

Conosceva pastori, pescatori,<br />

braccianti dei<br />

più sperduti paesi.<br />

Non li consolava con<br />

belle parole, ma li aiutava<br />

a guardare dentro<br />

la vita che era loro imposta.<br />

E, anche, dentro<br />

se stessi<br />

di Giancarla Codrignani<br />

Il 28 giugno avrebbe compiuto novant'anni:<br />

uno come lui ci farebbe ancora<br />

comodo. Perché era uno che credeva<br />

che la conoscenza fosse il principale<br />

mezzo di cambiamento delle società. E<br />

Dio solo sa quanto poco e quanto male<br />

siamo cambiati in questi anni pur definiti<br />

"età della conoscenza".<br />

A tutti la vita di Danilo dovrebbe sembrare<br />

quella di un uomo con una marcia in<br />

più, ma normale: dotato di buona cultura,<br />

desideroso di cambiare il mondo (c'era<br />

stata l'esperienza di Nomadelfia), arrivato<br />

in Sicilia per ricerche archeologiche,<br />

"vede" (forse i guai iniziano proprio dal<br />

fatto che non sappiamo davvero "vedere")<br />

la situazione di degrado che lo circonda e<br />

se ne sente responsabile. Quindi resta e si<br />

impegna per una cosa 'romantica' che si<br />

chiama il "riscatto" degli esclusi. Solo che<br />

lui fa sul serio e si dedica a tre obiettivi:<br />

fare conoscenza; fare denuncia; fare rivoluzione<br />

(che è cosa serissima e nonviolenta).<br />

Le sue indagini sul campo (Racconti siciliani,<br />

1952/60, Banditi a Partinico, 1955<br />

e Inchiesta a Palermo 1956) sono testi di<br />

storia italiana. Per capire il nostro tempo i<br />

<strong>giovani</strong> e i meno <strong>giovani</strong> smemorati, se<br />

vogliono rifare il punto sulle trasformazioni,<br />

formali e non formali, dell'Italia repubblicana,<br />

possono utilmente partire dalla<br />

Sicilia degli anni Cinquanta e Sessanta,<br />

alla scoperta delle radici del continuo<br />

scorrere sotterraneo e pieno di diramazioni<br />

di quella linfa carsica e piena di vita,<br />

ma anche di tossico, di cui tutti gli italiani<br />

sono portatori.<br />

Dolci registra le piaghe dell'analfabetismo,<br />

delle diverse forme di sfruttamento e<br />

di conseguente passività, della rassegnazione<br />

disposta all'obbedienza ai potenti di<br />

chi non ha lavoro e della corruzione di chi<br />

vuol comandare. Piaghe endemiche, interiorizzate,<br />

persistenti anche nel graduale<br />

benessere che via via avanza: le denunce<br />

di Dolci davano fastidio ai governanti del<br />

tempo che lo perseguitarono. Oggi quelli<br />

attuali possono celebrarlo senza problemi<br />

(ma è interessante constatare che non lo<br />

fanno): se la gente passa le domeniche nei<br />

centri commerciali, i diritti di cittadinanza<br />

nel segno della dignità comune possono<br />

restare ignorati.<br />

Eppure è anche la rimozione di certi autori<br />

del passato che impedisce di prendere<br />

atto che i problemi "sociali" vanno ancor<br />

oggi condotti a soluzioni funzionali al<br />

bene "sociale". Invece vengono prima le<br />

ragioni del mercato e quindi degli interessi,<br />

e quindi della corruzione.<br />

Ed è per questo che oggi un'inchiesta<br />

sulla mafia Dolci la farebbe a Milano, non<br />

a Palermo; a Modena e non a Partinico.<br />

Negli anni Cinquanta del secolo scorso<br />

stava per realizzarsi il boom economico:<br />

ne derivarono i "carrozzoni" e le metaforiche<br />

Casse del Mezzogiorno. E' ingenuo<br />

dirlo, ma era possibile che i sacrifici che<br />

la gente allora sosteneva per uscire dalla<br />

miseria, insegnassero quel senso dello stato<br />

di cui gli italiani non riescono mai a<br />

farsi responsabili.<br />

Dire pubblicamente come stanno le cose<br />

Come cittadino scomodo, Dolci diceva<br />

pubblicamente come stavano le cose, perché<br />

ciascuno si assumesse la sua parte di<br />

responsabilità, a partire dal basso.<br />

Diceva le cose che non si volevano vedere:<br />

bambini "affittati" per fare i pastori<br />

o per imparare il borseggio; ragazzi sfruttati<br />

che "non so se ho 17 o 19 anni... a<br />

scuola mai ci sono andato", "sono analfabeto";<br />

altri finiti ignari in galera ("gli sbirri<br />

ci portarono tutti in prigione"); contadini<br />

arrestati "per due mazzi d'erba", malati<br />

a cui "per qualunque malattia servono le<br />

mignatte"; crolli di case per frane prevedibili<br />

perché "quando c'è vento le case si<br />

muovono" e, dentro, "essendo il tetto quasi<br />

sfondato, quando piove devono mettere<br />

sui letti le bacinelle".<br />

In Sicilia Dolci "conosceva" pastori, pescatori,<br />

braccianti, mezzadri, campieri e<br />

tanta gente che, quando uno veniva ucciso<br />

per strada, "sparato", ed era conosciuto<br />

come un violento appartenente ad una "famiglia",<br />

diceva "bono fecero" e taceva.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 70


www.isiciliani.it<br />

Quando i cittadini andavano a votare<br />

"non capiscono ciò che significa un partito"<br />

perché vedevano morire i sindacalisti<br />

e i politici di sinistra, i soli che gli insegnavano<br />

il senso dei loro diritti. "I delinquenti<br />

- dicevano - sono protetti dal governo".<br />

Nel 1954 Dolci denuncia il "disavanzo<br />

del Comune di Palermo", il fatto<br />

che "il 50 % dell'acqua immessa nella rete<br />

va dispersa", che "le condizioni abitative<br />

nei quartieri della vecchia Palermo",<br />

come nei bassi di Napoli, "è spaventosa":<br />

noi oggi leggiamo con qualche perplessità<br />

sulla data.<br />

C'erano, non lo si deve dimenticare,<br />

quelli come Placido Rizzotto, che "cercava<br />

l'interesse della gente" e si era messo<br />

contro i mafiosi: "ci rubavano l'olio ai<br />

contadini… e tra gli esercenti c'è sempre<br />

la mafia".<br />

Quanto alle terre incolte da dare ai contadini<br />

"queste terre le avevano tutte i mafiosi<br />

nelle mani". C'era il razionamento:<br />

"anche i magazzini li avevano i mafiosi<br />

nelle mani e intrallazzavano con il zucchero,<br />

intrallazzavano con la farina, intrallazzavano<br />

con la pasta, e oltre a questi<br />

intrallazzi erano riusciti a mettere un sovrapprezzo<br />

a questi generi mediante<br />

l'accordo con un assessore comunale".<br />

L'amico di Placido che racconta a Dolci<br />

queste cose conservando l'anonimo, certamente<br />

"un compagno", conclude tragicamente:<br />

"per questo l'ammazzarono". E<br />

confessa che, se vuol lavorare e sopravvivere,<br />

"devo uniformarmi all'ambiente".<br />

Un ambiente che descrive così: "gente<br />

che ammazza e poi porta la Madonna in<br />

processione… I ricchi, la Chiesa hanno<br />

paura che le cose possano cambiare in<br />

loro danno, ma i poveri sono enormemente<br />

sfiduciati. Per i ricchi il mondo è quello<br />

che è, adoperano tutti i mezzi per tenerlo<br />

nello stesso stato in cui si trova. E il Municipio,<br />

di sinistra, non li manda via perché<br />

uno dice 'qui comanda la scopetta e<br />

io mi devo far ammazzare?'… i braccianti,<br />

i contadini ci credevano che le cose potessero<br />

cambiare, oggi non più…. La Camera<br />

del lavoro si è rifatta più forte di prima<br />

che ci fosse Placido, molto più forte.<br />

Ma come fruttò? non abbiamo ottenuto<br />

niente, la gente si è sgretolata…".<br />

Non è fatalismo meridionale: capita tuttora<br />

in tutti i paesi poveri che subiscono<br />

l'urto della crisi. E' un dato umano su cui<br />

contano i poteri forti. Danilo Dolci insegnava<br />

- e dimostrava - che non è fatalità.<br />

A Trappeto, dove visse, l'idea del riscatto<br />

sociale si fece realtà mediante la<br />

creazione (che gli riuscì di realizzare con<br />

l'aiuto degli amici solidali) di strutture e<br />

programmi: assistenza, in primo luogo sanitaria,<br />

scuola e asili per i bimbi, università<br />

popolare e biblioteca, interventi per il<br />

diritto al lavoro. Il 2 febbraio 1956 fu arrestato<br />

alla testa di un gruppo di lavoratori<br />

che autonomamente riassestavano una<br />

trazzera, una strada abbandonata: una provocazione<br />

che, arrivata alla stampa, fu<br />

chiamata "sciopero alla rovescia". A tutti i<br />

manifestanti fu negata la libertà provvisoria<br />

per "occupazione di suolo pubblico e<br />

resistenza alla forza pubblica”.<br />

Diritto dei cittadini, dovere dello Stato<br />

Dolci, una volta scarcerato (ma condannato,<br />

non assolto, nonostante le reazioni<br />

in tutta Italia) scrisse Processo all'art.4<br />

della Costituzione, quello che rende il lavoro<br />

non solo un diritto dei cittadini, ma<br />

anche un dovere dello Stato.<br />

Se il territorio di Partinico non cambierà<br />

- diceva Danilo - e i motopescherecci<br />

pescheranno ancora fuori legge, i poveri<br />

non avranno assistenza o i ragazzi scuola<br />

e se continueranno le "ammazzatine",<br />

questo processo almeno impedirà che si<br />

possa dire "non sapevamo". Quanto a lui,<br />

"meglio in galera con le vittime che liberi<br />

se privilegiati". Uno così ha incrociato altre<br />

volte la "giustizia", da ultimo quando<br />

denunciò, insieme con il giornalista Franco<br />

Alasia e con ampiezza di documentazione<br />

(cfr. Spreco, 1960 e Chi gioca solo<br />

1966) l'incrocio mafia/politica di esponenti<br />

importanti della vita politica siciliana<br />

e nazionale, tra cui i democristiani on.<br />

Calogero Volpe e il ministro Bernardo<br />

Mattarella democristiani, che querelarono.<br />

Fu un processo-scandalo: durò sette anni e<br />

finì con una condanna non scontata in carcere<br />

per amnistia.<br />

Anche in questo caso valeva la testimonianza<br />

pubblica: non si poteva dire che<br />

non si sapeva che cosa fosse la mafia.<br />

“Subire e tacere è peggio del ricatto”<br />

Ai tempi di Trappeto e del "Borgo di<br />

Dio" non si parlava comunemente di "mafia",<br />

si usava il più anodino "banditismo".<br />

Ma Dolci denuncia fin dagli anni Cinquanta<br />

che in quel paese di 3.000 anime,<br />

in cinque anni un mugnaio era stato sequestrato<br />

tre settimane "per 20 milioni", si<br />

era verificata una ventina di estorsioni<br />

forti, oltre ad una cinquantina per cifre inferiori<br />

al milione.<br />

Nessun dubbio, dunque, sulla qualità<br />

della presenza criminale. Ma "subire e tacere"<br />

è peggio del ricatto. Dolci non si<br />

stancò , come è noto, di denunciare e fare<br />

digiuni di protesta: altrimenti "mi vergognerei<br />

di sopravvivere".<br />

Noi non ci vergogniamo abbastanza.<br />

Ma non noi di Palermo o di Partinico,<br />

bensì noi di Milano, di Modena. Di Roma.<br />

Eppure viviamo nell' "età della conoscenza".<br />

“C'è chi insegna / guidando gli altri<br />

come cavalli / passo per passo: / forse c'è<br />

chi si sente soddisfatto / così guidato. /<br />

C'è chi insegna lodando / quanto trova di<br />

buono e divertente: / c'è pure chi si sente<br />

soddisfatto se si sente incoraggiato. / C'è<br />

pure chi educa senza nascondere / l'assurdo<br />

che è nel mondo, aperto ad ogni / sviluppo,<br />

ma cercando / d'essere franco<br />

all'altro come a sé, / sognando gli altri<br />

come ora non sono: / ciascuno cresce solo<br />

se sognato”<br />

(Poema umano, Einaudi, 1974)<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 71


www.isiciliani.it<br />

Chiesa<br />

Un decreto<br />

contro la mafia<br />

Ma c'è chi fa finta di<br />

non sentire...<br />

di Salvo Ognibene<br />

www.diecieventicinque.it<br />

«Non possono essere accolti coloro<br />

che si sono resi colpevoli di reati<br />

disonorevoli o che con il loro<br />

comportamento provocano scandalo;<br />

coloro che appartengono ad<br />

associazioni di stampo mafioso o ad<br />

associazioni più o meno segrete<br />

contrarie ai valori evangelici ed hanno<br />

avuto sentenza di condanna per delitti<br />

non colposi passata in giudicato».<br />

Il decreto dell’arcivescovo di Monreale,<br />

mons. Michele Pennisi, rappresenta un<br />

vero e netto spartiacque nel rapporto tra<br />

mafia e Chiesa.<br />

E' il primo documento che ha la forza<br />

per intervenire, veramente, sia in modo<br />

formale ma soprattutto in modo<br />

sostanziale, a bloccare quel processo di<br />

“cattolicizzazione dei mafiosi”.<br />

Aveva fatto scalpore, lo scorso anno, il<br />

decreto del vescovo di Acireale, mons.<br />

Antonino Raspanti, che vietava le<br />

pubbliche esequie ai soggetti condannati<br />

per mafia. Un documento rivoluzionario<br />

sul tema, che agisce post mortem, sempre<br />

che prima non si fosse verificato un<br />

pentimento (e quindi un ravvedimento)<br />

durante la vita degli stessi. Il decreto<br />

emanato da Pennisi, rompe, senza alcuno<br />

indugio, il rapporto tra mafia, Chiesa e<br />

quei “fedeli” che grazie alle confraternite<br />

riescono ad accaparrarsi quella<br />

legittimazione sociali derivante dalla<br />

presenza alle feste religiose.<br />

Del resto, ed è bene ricordarlo, questo<br />

decreto è stato reso necessario dopo i fatti<br />

che hanno coinvolto la Confraternita delle<br />

Anime Sante di piazza Ingastone, a<br />

Palermo, e l’arresto del suo superiore,<br />

Stefano Comandè. Pregiudicato per droga<br />

e boss di “cosa nostra”, è stato arrestato il<br />

19 aprile scorso, nel bel mezzo dei riti<br />

pasquali.<br />

Poche ore prima dell'arresto...<br />

Proprio poche ore prima dell’arresto,<br />

durante la solenne funzione religiosa del<br />

Venerdì Santo, Comandè portava in<br />

processione le statue del Cristo morto e di<br />

Maria addolorata. E ancora qualche<br />

giorno prima, accompagnava con il<br />

gonfalone della sua confraternita, il<br />

defunto boss Giuseppe Di Giacomo,<br />

freddato mentre stava rientrando verso<br />

casa. Un funerale di “mafia”, con gli<br />

onori del caso e nuovi e vecchi padrini<br />

dietro al feretro.<br />

In seguito a questi fatti e al successivo<br />

silenzio di Paolo Romeo, cardinale di Palermo<br />

(silenzio che dopo due settimane<br />

dall’arresto di Comandè comportava che<br />

questi manteneva ancora il posto di superiore<br />

della Confraternita delle Anime Sante),<br />

interveniva proprio Pennisi che durante<br />

un convegno a Monreale sull’importanza<br />

delle stesse confraternita in relazione al<br />

territorio asseriva: «Tutti coloro che appartengono<br />

ad associazioni di stampo mafioso<br />

o ad associazioni più o meno segrete<br />

contrarie ai valori evangelici non possono<br />

Chiesa<br />

La Madonna non s'inchina<br />

dinanzi alla mafia<br />

di don Ezio Coco<br />

parroco di S.Cristoforo alle Sciare, Catania<br />

Abbiamo tutti partecipato allo scandalo mediatico dell’inchino<br />

della statua della “Madonna delle grazie” dinanzi alla casa del<br />

boss Peppe Mazzagatti, durante la processione a Oppido Mamertina<br />

in Calabria.<br />

È un gesto paradossale perchè comprendiamo come strida questo<br />

segno “religioso” con il messaggio rivoluzionario del Vangelo<br />

che invece proclama, in maniera incontrovertibile, la liberazione<br />

dei poveri e degli oppressi. Sembrerebbe quasi che si sia “costretta”<br />

la Madonna a compiere questo gesto, ma tutto ciò ci fa sorridere,<br />

anzi ridere, uno scherzo beffardo, pensando all’immagine di<br />

quella giovane vergine che dice incondizionatamente “sì” alla volontà<br />

di Dio per compiere il Suo progetto di liberazione a favore<br />

del Suo popolo.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 72<br />

Nonostante il mio modesto parere possa sembrare di parte per il<br />

ruolo che ricopro, ritengo che in queste occasioni si additi con faciloneria<br />

la Chiesa come unica responsabile, dimenticando però,<br />

che queste processioni popolari di statue e di fercoli, sono completamente<br />

gestite da gente che durante i percorsi cittadini si “appropriano”,<br />

nel vero senso della parola, di queste effigi di culto.<br />

Un percorso che potrebbe aiutarci a comprendere con verità le<br />

posizioni della Chiesa in merito, sarebbe quello di rileggere alcuni<br />

ultimi eventi della storia della chiesa, partendo dall’omelia di<br />

Giovanni Paolo II il 9/5/93 ad Agrigento “convertitevi! Un giorno<br />

verrà il giudizio di Dio!”, all’Angelus del 26/5/13 di Papa Francesco,<br />

alla scomunica pronunciata da Papa Francesco il 21/6/14<br />

“La ’ndrangheta è questo, adorazione del male e disprezzo del<br />

bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna<br />

dirgli di no! Coloro che nella loro vita seguono questa strada<br />

di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio:<br />

sono scomunicati!”; a livello locale, il presidente dei vescovi<br />

calabresi, “Bisogna fermare le processioni!”.<br />

Tutto questo per indicare una direzione, un movimento, un desiderio<br />

a cui la Chiesa stessa tende. Ci affidiamo in modo speciale<br />

alla Vergine Maria, che non si inchina ai mafiosi, ma al contrario,<br />

ci sostiene nella lotta contro questo cancro sociale che tanto affligge<br />

e causa morte.


www.isiciliani.it<br />

“Applicando,<br />

semplicemente,<br />

il Vangelo”<br />

Don Giuseppe Diana,<br />

Don Pino Puglisi.<br />

far parte di associazioni religiose, confraternite,<br />

comitati festa o consigli<br />

pastorali». Due giorni dopo Pennisi firmava<br />

il decreto in oggetto e subito dopo<br />

la Curia palermitana lasciava decadere<br />

Comandè dal suo ruolo di superiore della<br />

Confraternita che veniva sospesa a tempo<br />

indeterminato e affidata ad un commissario<br />

visitatore.<br />

Una situazione paradossale ma sicuramente<br />

non è la prima volta che vi sono<br />

delle commistioni di questo genere.<br />

Il caso del boss D'Ambrogio<br />

Per fare alcuni esempi in terra di Sicilia<br />

si potrebbe citare il caso, avvenuto<br />

nell’estate del 2012, del boss Alessandro<br />

D’Ambrogio che con tanto di pettorina,<br />

utile per distinguere i confrati dalla massa,<br />

sfilava dietro la vara della Madonna<br />

del Carmelo nel quartiere di Ballarò, a Palermo.<br />

Una festa religiosa che a Palermo,<br />

é seconda solo a quella della “Santuzza”,<br />

di Santa Rosalia.<br />

In questi due anni, D’Ambrogio, 40<br />

anni e una condanna definitiva per associazione<br />

mafiosa, è tornato in carcere nel<br />

corso dell’operazione Alexander e proprio<br />

pochi giorni fa, mentre lui si ritrovava rinchiuso<br />

nella sezione 41 bis a Novara, la<br />

“Madonna” si è inchinata davanti al covo<br />

del boss, l’ agenzia di pompe funebri della<br />

sua famiglia.<br />

Ma se Comandè è stato rimosso dal suo<br />

ruolo di superiore ad Alessandro<br />

D’Ambrogio, «nessuno l’ha ancora sospeso<br />

dalla confraternita di Ballarò. Anche il<br />

suo vice, Tonino Seranella, è un devoto<br />

speciale della processione di fine luglio,<br />

pure lui due anni fa spingeva la vara per<br />

le strade del popolare mercato palermitano».<br />

Sarebbe auspicabile un maggiore controllo<br />

sui soggetti facenti parte della Confraternita,<br />

anche richiedendo il certificato<br />

penale, se necessario. A differenza di<br />

quanto pensa monsignor Barbaro Scionti,<br />

parroco della basilica cattedrale di Catania,<br />

che così rispondeva in merito alle infiltrazioni<br />

mafiose nel circolo di<br />

Sant’Agata: «Non siamo qui per cacciare<br />

la persone, non possiamo chiedere il certificato<br />

penale a chiunque chieda di entrare<br />

in un’associazione religiosa. La Chiesa<br />

non può imporre questi limiti, ma siamo<br />

chiamati a pronunciarci affinché i suoi<br />

membri siano dei buoni cittadini,<br />

rinnovando le coscienze e fissando delle<br />

regole che ci impegneremo a far<br />

rispettare».<br />

Quello delle infiltrazioni mafiose nelle<br />

Confraternite e la loro strumentalizzazione<br />

per fini diversi da quello del culto cattolico,<br />

non rappresenta però, l’unico fronte<br />

da arginare. Anzi, il problema é molto<br />

più complesso. Il decreto di Pennisi, così<br />

come quello di Raspanti citato all’inizio,<br />

rappresenta l’elemento quasi ultimo per<br />

porre fuori, definitivamente e veramente, i<br />

mafiosi dalla Chiesa.<br />

Incompatibilità religiosa ed etica<br />

Sicuramente può svolgere una funzione<br />

eterrente per giungere al provvedimento<br />

più naturale che la Chiesa nazionale<br />

dovrebbe adottare e su cui ha perso tempo<br />

prezioso: la scomunica. Certo, le parole di<br />

Papa Francesco, forti e precise, non<br />

lasciano dubbi sull’incompatibilità<br />

religiosa ed etica tra la mafia e la Chiesa.<br />

Rimangono parole però a cui nessuna<br />

diocesi, nessun parroco è tenuto a sottostare,<br />

così come accaduto in tutti questi<br />

anni. È arrivato il momento di trasformare<br />

le parole in azioni affinché non accadano<br />

più fatti come quelli avvenuti recentemente<br />

in Calabria, e che per fortuna sono<br />

stati oggetto dell’attenzione dei media nazionali.<br />

Mi riferisco a Oppido Marmetina,<br />

San Procopio e Vibo Valentia.<br />

Escluderli una volta per tutte<br />

Urge, sempre più, un provvedimento<br />

che escluda, una volte e per tutte, i mafiosi<br />

dalla Chiesa. Provvedimento, che dia<br />

attuazione ai buoni intenti di Francesco e<br />

della sua Chiesa e che spieghi come cambiare<br />

l’ordinamento canonico ed ecclesiastico<br />

per evitare l’accesso dei mafiosi alla<br />

comunità ecclesiastica.<br />

Del resto, nel corso degli anni, la varie<br />

Conferenze Episcopali, nazionale e regionali,<br />

hanno prodotto dei buoni documenti<br />

per sancire l’incompatibilità tra la mafia e<br />

la Chiesa. Per questi motivi non c’è più<br />

tempo per aspettare. E ce lo conferma la<br />

beatificatio di Puglisi quale martire della<br />

Chiesa, ucciso in odio alla fede. Proprio<br />

lui, non appena giunto nella sua parrocchia<br />

a Brancaccio, non perse tempo a<br />

sciogliere la Confraternita di San Gaetano<br />

per infiltrazioni mafiose e a mettere fuori<br />

i boss dalla comunità della Chiesa. Chiesa<br />

che ha continuato ad accoglierli e Chiesa<br />

che può dimostrare al suo popolo di aver<br />

sbagliato, prima, e di seguire l’esempio<br />

del suo beato, ora.<br />

Applicando, semplicemente, il Vangelo.<br />

1<br />

S. Palazzolo, Mafia nelle confraternite, Romeo tace e<br />

Pennisi attacca: “Fuori i collusi dalla Chiesa”, palermo.repubblica.it/cronaca/2014/05/03/news/mafia_nelle_confraternite_il_vescovo_pennisi_all_attacco_fuori<br />

_i_collusi_dalla_chiesa-85096000/<br />

2<br />

S. Palazzolo, G. Ruta, La Madonna si inchina al covo<br />

del padrino, processione shock tra i vicoli di Ballarò,<br />

palermo.repubblica.it/cronaca/2014/07/29/news/la_ma<br />

donna_si_inchina_al_covo_del_padrino_processione_<br />

shock_tra_i_vicoli_di_ballar-92633490/?ref=HRER3-<br />

1#gallery-slider=90944559<br />

3<br />

A. Sessa, Sant’Agata, la festa religiosa che “dava la<br />

tessera” al boss Santapaola, www.linkiesta.it/santagata-catania-santapaola#ixzz2iXgn549N<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 73


www.isiciliani.it<br />

Pozzallo<br />

Le stragi<br />

e il Nostrum Mare<br />

Il muro che “difende”<br />

la Fortezza Europa. La<br />

drammatica testimonianza<br />

di Nello Lo Monaco,<br />

della locale Protezione<br />

Civile<br />

di Giuseppe Cugnata<br />

www.generazionezero.org<br />

Gli uomini in tuta bianca e con le mascherine<br />

sono vigili del fuoco. Armati di<br />

motosega, ricavano un varco nel ponte<br />

del peschereccio appena attraccato al<br />

molo. Dalla botola risalgono ad uno ad<br />

uno i cadaveri di quarantacinque uomini,<br />

morti per asfissia durante una delle<br />

tante tratte che dal Nordafrica portano<br />

alle coste siciliane.<br />

Siamo a Pozzallo, alla periferia meridionale<br />

della Sicilia, in quella località che<br />

per numero di sbarchi è seconda forse<br />

solo a Lampedusa e in cui, a ritmo costante,<br />

si consuma la tragedia delle morti in<br />

mare.”<br />

La sensazione che si prova all’inizio è<br />

lo sgomento, ma dopo due minuti si ritorna<br />

alla solita vita, come se nulla fosse”,<br />

dichiara Enzo De Benedittis, gestore della<br />

bottega solidale di Pozzallo, luogo di incontro<br />

per i <strong>giovani</strong> migranti e per gli abitanti<br />

del paese, e continua: “Noi in bottega<br />

ne parliamo molto tra di noi. Per quanto<br />

riguarda i nostri amici africani cala il<br />

silenzio.”<br />

I morti di Pozzallo non sono che la punta<br />

d’iceberg dell’immane tragedia delle<br />

morti in mare che puntualmente si compie<br />

durante l’arco della stagione estiva, quando<br />

il mare è più calmo e la densità degli<br />

sbarchi aumenta. E proprio in seguito ad<br />

un’altra tragedia – stavolta quella del 3 ottobre<br />

del 2013, quando morirono a largo<br />

di Lampedusa quasi quattrocento uomini<br />

– è stata attivata l’operazione “Mare Nostrum”<br />

da parte della Marina Militare italiana,<br />

che prevede la sostituzione del piano<br />

di soccorso della Guardia Costiera, con<br />

un programma di salvataggio in mare da<br />

parte delle navi militari.<br />

Per capire meglio come funziona il nuovo<br />

programma di salvataggio in mare e<br />

come operano, invece, i volontari sulla<br />

terraferma abbiamo intervistato il capo<br />

della Protezione Civile ragusana Nello Lo<br />

Monaco. Pochi giorni dopo l’ennesima –<br />

e non ultima – tragedia del mare.<br />

Il barcone dei migranti<br />

- A soccorrere il barcone con a bordo<br />

i cadaveri dei migranti è stata la “Grecale”,<br />

un’imbarcazione della Marina<br />

Militare: crede che uno dei motivi della<br />

strage possa essere stata una cattiva gestione<br />

dell’operazione di salvataggio?<br />

“Non ho alcun motivo per esprimermi<br />

in questo senso né positivamente né negativamente,<br />

a quanto so la tragedia si era<br />

già consumata quando i militari sono intervenuti”.<br />

L'operazione “Mare Nostrum”<br />

- Il 18 ottobre scorso è stata attivata<br />

l’operazione Mare Nostrum: cos’è cambiato<br />

realmente nella gestione del soccorso<br />

in mare dei migranti?<br />

“La nuova modalità di recupero dei migranti,<br />

che prima venivano intercettati e/o<br />

soccorsi in prossimità delle nostre coste<br />

mentre adesso vengono intercettati in<br />

mare, cambia il quadro delle operazioni e<br />

rende imperativa la predisposizione di un<br />

piano di emergenza per questo evento che<br />

è completamente differente dagli “spiaggiamenti”<br />

delle “carrette del mare”; mi risulta<br />

che la Prefettura abbia allo studio<br />

una revisione del Piano sbarchi del febbraio<br />

2010.<br />

Scheda<br />

EXODUS<br />

6 agosto (ANSA). A Pozzallo arrivati 948 tra uomini donne<br />

e minori. Ad Augusta altri 549. Nella notte a Palermo annuncianti<br />

altri 530 arrivi e ieri sera nel Trapanese un altro sbarco<br />

sulla spiaggia di Triscina...<br />

* * *<br />

Fra il 1988 al 2007 (ultimi dati relativamente certi) almeno<br />

8165 emigranti sono morti nel tentativo di attraversare il Mediterraneo;<br />

per metà di loro non è stato possibe nemmeno recuperare<br />

i corpi. Delle vittime, 2487 erano dirette in Sicilia, 885<br />

in Grecia, 4030 in Spagna.<br />

Dei 245531 emigranti che hanno cercato di sbarcare in Italia<br />

ne sono annegati in totale, secondo il Viminale, 6323.<br />

Il massimo delle vittime accertate, fra quelle che cercavano<br />

di raggiungere il nostro Paese, si è avuto nel 2011 (fughe di<br />

massa per cause di guerra da Tunisia e Libia), quando di 64261<br />

emigranti ne morirono in mare ben 2353.<br />

In Italia, come in molti altri Paesi europei, da tempo l’immigrazione<br />

d’emergenza è vietata per legge.<br />

Viene fra l'altro disattesa di fatto la disposizione costituzionale<br />

(art.10, comma tre) secondo cui “Lo straniero, al quale<br />

sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche<br />

garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto<br />

d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni<br />

stabilite dalla legge”.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 74


www.isiciliani.it<br />

“Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese<br />

l'effettivo esercizio delle libertà democratiche<br />

garantite dalla Costituzione italiana,<br />

ha diritto d'asilo<br />

nel territorio della Repubblica”<br />

Ma a mio avviso più che di revisione si<br />

dovrebbe trattare della redazione di un<br />

nuovo piano, nuovo in quanto si riferisce<br />

a un evento completamente differente; viceversa,<br />

sarebbe come fronteggiare un<br />

evento sismico con un piano di emergenza<br />

per il rischio idrogeologico.<br />

In ogni caso, la Prefettura non ha sinora<br />

ritenuto opportuno il coinvolgimento dei<br />

vari attori dell’emergenza, dimenticando<br />

che la protezione civile è un sistema,<br />

come più volte ribadito nella stessa<br />

legge”.<br />

Mancano mezzi e strutture<br />

- Nelle ore successive alla strage, il<br />

sindaco di Pozzallo, Luigi Ammatuna,<br />

denunciava la mancanza perfino delle<br />

celle frigorifere per i cadaveri dei migranti:<br />

qual è la la situazione reale di<br />

Pozzallo e come riesce la Protezione Civile<br />

a lavorare, nonostante la mancanza<br />

di mezzi e di strutture?<br />

“Non è possibile prevedere in maniera<br />

strutturale celle frigorifere in numero idoneo<br />

a contenere una tale quantità di cadaveri;<br />

la Protezione Civile della Regione<br />

Siciliana, che integra e coordina il “sistema”<br />

di p.c. presente sul territorio, è al momento<br />

carente di mezzi ma soprattutto il<br />

coordinamento è affidato a chi ha autorità<br />

e ritiene di restare da solo nella “stanza<br />

dei bottoni”.<br />

Anche in occasione dell’ultimo evento<br />

disastroso, è stato il Dipartimento Regionale<br />

a reperire, mediante il censimento in<br />

proprio possesso, la struttura della Ex<br />

Provincia e a renderla fruibile in tempi rapidi<br />

mediante l’allertamento dei propri<br />

funzionari.<br />

Il nostro Dipartimento è composto da<br />

varie professionalità, uomini addestrati<br />

alla gestione di varie emergenze, sia in<br />

fase di pianificazione che di prevenzione,<br />

ma questo sembra non essere un requisito<br />

preferenziale”.<br />

L'assenza delle istituzioni<br />

- La Protezione Civile di Ragusa lavora<br />

costantemente per gestire il soccorso<br />

dei migranti: venite sostenuti dalle istituzioni?<br />

“Il sostegno delle istituzioni manca del<br />

tutto per quanto attiene alla parte finanziaria,<br />

e spesso assistiamo sconcertati anche<br />

a richieste di materiali e mezzi, o prestazioni,<br />

con la pretesa che la protezione civile<br />

debba e possa provvedere a tutto, che<br />

si tratti di attrezzature o uomini disponibili<br />

a farsi carico di ogni cosa (anche il trasporto<br />

di rifiuti speciali); dimenticando<br />

che la nostra principale risorsa è data dai<br />

volontari, che dedicano il proprio tempo<br />

ed energia a colmare le inadempienze della<br />

macchina pubblica, ma che non possono<br />

comprensibilmente investire anche i<br />

propri soldi.<br />

Andrebbe tributato il massimo plauso e<br />

ringraziamento a queste persone che troppo<br />

spesso vengono invece bistrattate e<br />

considerate alla stregua della servitù in un<br />

palazzo nobiliare, un atteggiamento discutibile<br />

che mette in dubbio legittimamente<br />

la collaborazione del volontariato ad attività<br />

che andrebbero pianificate e organizzate<br />

in maniera strutturata.<br />

Come mai si impiegano i militari (Marina)<br />

nelle operazioni di mare, e al momento<br />

dello sbarco, a terra, non ci sono altri<br />

militari (Esercito) a fornire bus, tende,<br />

medici?<br />

E come mai troppo spesso le navi militari<br />

non attraccano al porto, rendendo le<br />

operazioni di sbarco dai tempi incerti e<br />

quadruplicati a causa dei trasbordi?”.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 75


www.isiciliani.it<br />

Ecomafie<br />

Torna la Summer School<br />

La scuola di lotta al crimine<br />

organizzato gestita<br />

dalla Facoltà di sociologia<br />

dell'Università<br />

di Milano: quest'anno<br />

si fa il punto sulle ecomafie<br />

Dopo la prima, la seconda e la terza edizione,<br />

torna la Summer School in Organized<br />

Crime. Quest’anno l’attenzione sarà<br />

dedicata al tema delle Ecomafie, attualissimo<br />

e pressante. Abbiamo chiesto al suo<br />

direttore, Nando dalla Chiesa, il perchè di<br />

questa scelta: “Ecomafie perché è la questione<br />

che sta esplodendo in tutti i modi:<br />

dall’uso e abuso del suolo all’inquinamento,<br />

dallo smaltimento dei rifiuti tossici<br />

(la terra dei fuochi…) alle agromafie,<br />

all’eolico… Insomma: ambiente, cibo, salute…mai<br />

così in profondità”. Questa<br />

quarta edizione, che si terrà presso la Facoltà<br />

di Scienze Politiche Economiche e<br />

Sociali dell’Università degli Studi di Milano<br />

dall’8 al 12 settembre, pone molti<br />

importanti interrogativi su cui vale la pena<br />

riflettere. Se volete informarvi sul programma,<br />

sui costi e sulle modalità di iscrizione,<br />

potete cliccare qui.<br />

http://www.stampoantimafioso.it/2014/07/<br />

19/ecomafie-torna-summer-school-inorganized-crime/#sthash.ZfxGmb0H.dpuf<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 76


www.isiciliani.it<br />

Pianeta<br />

Le banche<br />

contro Bitcoin<br />

La moneta senza banche<br />

Trend, tecnologia, applicazioni, mercati<br />

Tutto sul bitcoin, in tempo reale<br />

Un bancomat<br />

per bitcoin<br />

Unicredit chiude il conto<br />

bancario a Bitstamp.<br />

Novità sulla Bitlicense<br />

a New York<br />

di Fabio Vita<br />

www.bitcoinquotidiano.com<br />

Una delle cause della recente stagnazione<br />

di prezzo di bitcoin, attorno ai<br />

500 dollari, viene attribuita ai problemi<br />

bancari di Bitstamp; il principale exchange<br />

bitcoin in occidente per liquidità<br />

e volumi (quanti soldi ci stanno dentro<br />

e quanti ne vengono scambiati).<br />

Unicredit, nel dettaglio Unicredit banka<br />

Slovenija d.d., ha chiuso, sembra senza<br />

fornire spiegazioni l'account bancario di<br />

Bitstamp; compagnia slovena con sede<br />

nel Regno Unito, che utilizzava Unicredit<br />

come base europea per i bonifici, sostituita,<br />

ma non senza creare disagi per i bonifici<br />

già in corso, con la terza banca svizzera<br />

Raiffeisen (usando la sede austrica).<br />

La scelta di questa banca ha suscitato<br />

stupore e perplessità nella comunità Bitcoin,<br />

proprio perchè un memorandum interno<br />

di Raiffeisen contro Bitcoin uscito<br />

su Reddit nell'aprile scorso; in cui si diceva<br />

tra le altre cose: "per la vostra sicurezza<br />

raccomandiamo a tutti gli impiegati di<br />

astenersi dal minare, comprare o vendere<br />

bitcoin"). Ora il principale exchange occidentale<br />

(ma Kraken e Bitfinex potrebbero<br />

in breve mostrarsi come piattaforme più<br />

mature) si poggia proprio su di loro.<br />

Bitlicence<br />

Mentre la California nel giugno scorso<br />

ha cambiato le poprie leggi monetarie<br />

vecchie di qualche secolo; prima era possibile<br />

accettare solo dollari in pagamento;<br />

adesso criptomonete come Bitcoin, Litecoin,<br />

Dogecoin, ma anche monete delle<br />

multinazionali: come Amazon Coin e<br />

Starbucks Stars.<br />

New York invece propone una regolamentazione<br />

di Bitcoin (chiamata Bitlicense<br />

perchè le aziende che operano con bitcoin<br />

a New York dovranno registrarsi e attenersi<br />

alla regolamentazione).<br />

La proposta ha creato subito aspre e<br />

estese polemiche. Tante nuove aziende,<br />

principalmente della Silicon Valley, hanno<br />

raccolto finanziamenti per centinaia di<br />

migliai di dollari, (nel solo 2014 più di<br />

250 milioni di dollari) numeri superiori a<br />

quelli raccolti dalle aziende nei primi anni<br />

di Internet.<br />

Le loro proteste hanno già portato il<br />

procuratore, Benjamin Lawsky, (del New<br />

York Department of Financial Services.<br />

NYDFS) a prendere altri 45 giorni di tempo<br />

e a fare una serie di precisazioni. Intervistato<br />

da Coindesk dichiara che "è stato<br />

impressionato dal numero di aziende e<br />

singoli che prendono seriamente l'industria<br />

e seguono con attenzione la tecnologia<br />

che gli sta dietro". Il suo dipartimento<br />

– precisa - non cerca l'approvazione di<br />

ogni pezzo di codice creato dalle aziende<br />

che operano con Bitcoin, anche se le parole<br />

usate prima potevano lasciare questa interpretazione.<br />

"I creatori di software non devono chiedersi<br />

se si applica a loro la Bitlicense, infatti<br />

non si applica a loro, ma vale per gli<br />

intermediari finanziarsi". "Noi – aggiunge<br />

- non siamo il tipo di agenzia che pensa di<br />

avere il monopolio della verità e fare sempre<br />

la cosa giusta.<br />

Ci sentiamo<br />

forti su<br />

molte delle<br />

disposizioni<br />

contenute<br />

nei regolamenti<br />

proposti<br />

ma<br />

sappiamo anche che ci potrebbero essere<br />

cose che possiamo migliorare". "Se facciamo<br />

le cose giuste, penso che le prospettive<br />

per la monete elettronica in una<br />

forma o in un'altra sono ottime nello stato<br />

di New York, ma dovremo fare una cosa<br />

alla volta, giorno per giorno".<br />

Ue su Bitcoin e Iva<br />

La Corte di Giustizia dell'Unione europea<br />

(Cgue) sta considerando se debbano<br />

essere aggiunte o meno tasse come l'Iva<br />

per gli exchange di monete digitali.<br />

La domanda è stata presentata alla Cgue<br />

dalla Svezia a giugno di quest'anno. Estoban<br />

van Goor, avvocato specialista in tasse<br />

europee, avvisa che la corte potrebbe<br />

impiegare anche più di due anni per prendere<br />

una decisione; il risultato della dicisione<br />

avrebbe valore per l'intera Unione<br />

Europea. Altrove, sempre in Europa, il<br />

Regno Unito aveva già esplicitamente dichiarato<br />

a marzo che il trading di Bitcoin<br />

è esente da Iva.<br />

Link:<br />

http://www.reddit.com/r/Bitcoin/comments/22i76<br />

8/raiffeisen_bank_international_internal_memo/<br />

http://www.coindesk.com/price-bitcoin-falls-500-<br />

lowest-level-since-may/<br />

http://www.coindesk.com/ben-lawsky-bitcoinregulation/<br />

http://www.coindesk.com/europe-inchestowards-decision-bitcoin-vat/<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 77


www.isiciliani.it<br />

DA’ UNA MANO<br />

AI SICILIANI GIOVANI:<br />

IT 28 B 05018 04600<br />

000000148119 BANCA ETICA<br />

oppure: C/C 0010008725614<br />

Assoc.Culturale I Siciloiani Giovani<br />

via Cordai 47 Catania<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 78


www.isiciliani.it<br />

Storie<br />

La leggenda<br />

del beato Matteo<br />

dajackdaniel.blogspot.it/<br />

Narrasi che il Beato Matteo, ascesa la collina de<br />

lo Fiesole, la città di Florentia giuso rimirasse...<br />

di Jack Daniel<br />

Narran le chronicae come qualmente<br />

‘l Beato Matteo iovane ascendesse a la<br />

collina de lo Fiesole, et ivi stando e la<br />

cittade di Florentia giuso rimirando,<br />

vide ch’ella cittade repleta era da vitii<br />

et dimoni et in cor suo ripromisesi di<br />

mondarla d’onne peccata.<br />

L’erta collina discendendo, capitolli<br />

d’imbattersi in povero tapino, da<br />

molt’anni ormai di scrofola paziente, e ‘l<br />

Beato Matteo, le mani imposte sul suo<br />

capo, tosto ‘l<br />

sanò. Et avvenne<br />

puro, dismesso ‘l<br />

scrofoloso, che in<br />

passerotti, merli,<br />

cinciallegre, pettirossi<br />

et financo in<br />

uno Albatros de le<br />

Galapagos s’imbattette e con ciascheduno<br />

d’essi uccelli amenamente disquisì d’Aristotile<br />

et Platone non disdegnando l’economica<br />

congiuntura.<br />

Repente la Fama di tali prodigi diffusesi<br />

nel contado e, saio vestita, s’avanzò la<br />

Beata Maria Elena a implorar considerazione.<br />

L’ebbe, e subitamente principiò<br />

quel pio Ordine delle Boschive, ch’ a riformar<br />

lo Mundo cum implorazioni et decretazioni<br />

si votò.<br />

Nell’appressarsi a le mura di Florentia,<br />

cospicua moltitudine s’approprinquò, le<br />

Porte aprendo e le chiavi donando e primus<br />

super alios nomandolo.<br />

Non giunto era anchora a la Signoria<br />

ch’ecco una voce di plurimo cencioso alta<br />

levossi “Guai a te, anima prava”.<br />

Venia, il cencioso, d’oltre Ponte Vecchio,<br />

anima assatanata, che il mondo in<br />

genere, e il capitalismo in specie avea in<br />

gran dispitto. Erat elli da li sette demoni<br />

de lo socialismo posseduto sì da bestemmiar<br />

le presenti cose et le sorti magnifiche<br />

e progressive.<br />

“Guai a te, anima prava!”<br />

Avea in juventude la rossa bandiera levata<br />

e di rivoluzion fantasticato ma, a tarda<br />

età ormai giunto, raminghi gl’ideali,<br />

s’accostumava a trascorrer breve vecchiezza<br />

maledicendo li maggior sui ch’a<br />

sperar lo crebbero. Bestemmiava l’ordine<br />

e ‘l sistema ma, deficitando l’uno et<br />

l’altro di presenziare, s’appagava nel contumeliar<br />

ciascheduno che incautamente<br />

transitasse per sua via.<br />

Da lunge dismesse le speranze di mutar<br />

del mondo ‘l destino, non s’era del tutto<br />

placato ‘l desio di mutar lo destino suo.<br />

Che, siccome insegnaci Eraclito, a inseguir<br />

vani ideali sovente s’abrinunzia a<br />

concreti guadagni. Era poi l’Eraclito? O<br />

forse trattavasi del Briatore, l’illustre pensatore<br />

coevo del Beato?<br />

Come che sia, capitovvi in sui passi ‘l<br />

Beato Matteo lo quale, pur riprovato e<br />

contumeliato siccome costumanza,<br />

s’appressò al posseduto e mirandolo in<br />

angustie domandolli s’elli di minestra abbisognasse.<br />

E ‘l satanasse, mal intendendo “Ministero<br />

dici?”<br />

“Oh no, intendea minestra”.<br />

Al che l’ossesso, rassettandosi “Sia Ministra,<br />

se tal dee esser, acconcerommi<br />

all’uopo”.<br />

E ‘l Beato, levati gl’occhi al Cielo<br />

“Minestra, dicea, ma cosa fia una vocale<br />

dianzi all’avvenir?”.<br />

E fu questa la prima conversion che<br />

l’aurea historia ci tramanda de le molti e<br />

molti che seguiron nelli tempi avvenire.<br />

Dopo picciol tempo, sanata e mondata<br />

et in fide mani lasciata Florentia,<br />

s’incamminaron su la Francigena che<br />

mena a Roma per la Toscana.<br />

Et ivi giunti l’ossesso di minestre si saziò<br />

e ‘l Beato Matteo miracol mostrò, a<br />

principiar da la moltiplicazion de le mercedi<br />

con la trasmutazion del nulla in octaginta<br />

euri e della mirifica apparizion d’un<br />

bastimento inabissato nel porto di Genua.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 79


www.isiciliani.it<br />

Bologna<br />

Reti di memorie:<br />

2 agosto 1980-2014<br />

Info:<br />

www.prendiparte-bo.it<br />

www.piantiamolamemoria.org<br />

www.diecieventicinque.it<br />

Gruppo fb:<br />

www.facebook.com/groups/587095351403343/<br />

Un'iniziativa di tre associazioni<br />

bolognesi<br />

per i trentaquattro anni<br />

dalla strage alla Stazione<br />

che coinvolge l'intera<br />

cittadinanza, non<br />

solo bolognese<br />

di Valeria Grimaldi<br />

www.diecieventicinque.it<br />

Insieme alle associazioni PrendiParte e<br />

Piantiamolamemoria, la nostra redazione<br />

è stata coinvolta nell'organizzazione di<br />

un'iniziativa per il giorno della commemoriazione<br />

della strage.<br />

Dopo una serie di incontri organizzativi,<br />

l'idea che si è voluta rappresentare è stata<br />

quella della “rete”, a partire da una foto<br />

ritrovata tra gli archivi dell'Associazione<br />

familiari delle Vittime che riprende una<br />

rete metallica issata per dividere l'ala ovest<br />

colpita dalla bomba e la zona antistante<br />

la stazione, sulla quale i cittadini bolognesi<br />

si ritrovarono ad appendere oggetti,<br />

foto e simboli di cordoglio, dolore e vicinanza<br />

per l'evento che aveva colpito la<br />

cittadinanza.<br />

Si vuole ricostruire questa rete, insieme<br />

all'intreccio di una rete più moderna: la<br />

rete di internet.<br />

E' stato infatti creato un gruppo facebook<br />

dove chiunque può iscriversi e raccontare<br />

proprie impressioni, ricordi di<br />

quel tragico 2 agosto; ma soprattutto, pubblicare<br />

foto degli oggetti che si vorrebbero<br />

appendere sulla rete che sarà fisicamente<br />

allestita il giorno della commemorazione.<br />

Chi potrà esserci fisicamente appenderà<br />

l'oggetto che ha scelto, chi non ci<br />

sarà lo vedrà comunque raffigurato. E'<br />

quindi un'iniziativa estesa non soltanto<br />

alla cittadinana bolognese e dell'Emilia-<br />

Romagna, ma a tutta Italia, proprio per<br />

esprimere l'idea della rete che unisce persone<br />

e tempi tra lodo distanti.<br />

Riportiamo qui la descrizione dell'evento<br />

e invitiamo chiunque voglia a condividere<br />

e a partecipare.<br />

Un oggetto di quel giorno<br />

“Una rete metallica, trentaquattro anni<br />

fa, separava la zona colpita dalla strage<br />

dal piazzale davanti alla stazione. Su<br />

quella rete tanti cittadini vollero esprimere<br />

il loro dolore annodando fazzoletti, appendendo<br />

fogli e riquadri. I bolognesi la<br />

chiamavano “rete del pianto”.<br />

Quella rete (ma non quella memoria!)<br />

purtroppo è andata perduta.<br />

Trentaquattro anni dopo vogliamo ricostruirla,<br />

insieme a voi. Sabato 2 agosto<br />

2014, alla commemorazione della strage,<br />

un'altra rete è stata eretta nei pressi della<br />

stazione: su di essa chiunque - da qualunque<br />

parte di Bologna, dell'Emilia-Romagna<br />

o del mondo provenga - potrà venire<br />

ad appendere alla rete un oggetto che gli<br />

ricordi quel giorno, quella strage, quelle<br />

85 vittime, o che semplicemente lo leghi<br />

ad essa da un profondo senso del ricordo.<br />

Chi c'era e chi non era ancora nato, chi si<br />

trovava nelle vicinanze o invece da<br />

tutt'altra parte. Chi non potrà veire a Bologna<br />

può utilizzare questa bacheca per “appendere”<br />

foto, pensieri, canzoni...<br />

Per riannodare i fili di una storia che ha<br />

colpito tutti. Per ricostruire una rete tra<br />

presente e passato. Per rafforzare un legame<br />

fra le persone che, dopo 34 anni, chiedono<br />

ancora verità e giustizia. Perché,<br />

come disse Torquato Secci, primo presidente<br />

dell'Associazione Familiari delle<br />

Vittime, alla prima commemorazione, il 2<br />

agosto 1981:<br />

“Un Paese che rinuncia alla speranza di<br />

avere giustizia ha rinunciato non soltanto<br />

alle proprie leggi, ma alla sua storia stessa.<br />

Per questo severamente, ma soprattutto<br />

ostinatamente, aspettiamo.”<br />

E ALLORA, TU: COSA RICORDI<br />

DEL 2 AGOSTO 1980?<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 80


www.isiciliani.it<br />

Questionario/ Chiesa, mafia e religione<br />

Mafia: cosa ne pensa<br />

la comunità dei fedeli?<br />

“La scomunica per i<br />

mafiosi è necessaria?<br />

di Salvo Ognibene<br />

www.diecieventicinque.it<br />

Sesso [] F [] M<br />

Residenza ................................<br />

Età ...............................<br />

Data ................................<br />

Praticante [] Si [] No<br />

1. Quante volte frequenta la Chiesa<br />

durante la settimana?<br />

[] Nessuna<br />

[] Soltanto la Domenica<br />

[] Meno di tre giorni<br />

[] Tutti i giorni<br />

2. Secondo lei, è più importanti essere<br />

credibili o credenti?<br />

[] Credenti<br />

[] Credibili<br />

3. Si definisce più cattolico o più<br />

cristiano?<br />

[] Cattolico<br />

[] Cristiano<br />

[] È uguale<br />

[] Non so la differenza<br />

4. Devozione e fede sono sinonimi?<br />

[] Si [] No<br />

5. Secondo lei il maggior male della<br />

società è la mafia?<br />

[] Si [] No<br />

6. Se la risposta è no, qual è secondo lei<br />

il maggior male della società?<br />

…………………………..........................<br />

..................................................................<br />

..................................................................<br />

7. Secondo lei è giusto “accogliere”<br />

all’interno della comunità della Chiesa<br />

persone che nonostante i tanti mali<br />

compiuti non si siano mai ravveduti?<br />

[] Si [] No<br />

8. Secondo lei in cosa consiste il<br />

pentimento?<br />

…………………………..........................<br />

..................................................................<br />

..................................................................<br />

..................................................................<br />

9. C’è differenza tra massoneria e mafia?<br />

[] Si [] No<br />

10. Se la risposta è sì, è più grave<br />

appartenere alla massoneria o alla mafia?<br />

[] massoneria<br />

[] mafia<br />

[] entrambe [] nessuna<br />

11. La scomunica per i mafiosi é<br />

necessaria?<br />

[] Si [] No<br />

[] Sono scomunicati<br />

[] Non sono scomunicati<br />

12. Se durante la santa messa il prete<br />

somministrasse il sacramento della<br />

comunione a un mafioso, lei rimarrebbe<br />

indifferente?<br />

[] Si [] No [] Farei notare il fatto<br />

13. Lo sa che in molte processioni<br />

religiose, le statue vengono portate a<br />

spalla da adepti alla mafia?<br />

[] Si [] No [] Non è vero<br />

14. Ha mai notato episodi del genere?<br />

[] Si [] No<br />

15. É a conoscenza del fatto che alcune<br />

confraternite sono gestite dai clan o dai<br />

boss stessi?<br />

[] Si [] No<br />

16. Secondo lei una persona condannata<br />

per favoreggiamento alla mafia o per<br />

concorso esterno in associazione mafiosa<br />

che non si è mai pentita di quanto fatto, è<br />

meritevole di appartenere alla sua stessa<br />

comunità da cui le derivano i diritti<br />

concessi ad un fedele di Dio?<br />

[] Si [] No<br />

17. E se in mancanza di una condanna si<br />

accertassero comunque gravi fatti che<br />

riconducono il soggetto ad ambienti più<br />

o meno vicini a quelli mafiosi da cui<br />

l’organizzazione criminale ne consegue<br />

sicuramente un vantaggio?<br />

[] Si [] No<br />

18. Crede sia giusto concedere i funerali<br />

(in forma pubblica) ai condannati per<br />

reati di mafia?<br />

[] Si [] No<br />

19. Crede che la Chiesa abbia nascosto<br />

delle verità sui misteri che l’avvolgono?<br />

[] Si [] No [] Sono tutte menzogne<br />

20. Lo sa che all’interno dello IOR<br />

(Istituto per le Opere Religiose) sono<br />

stati riciclati i soldi della mafia?<br />

[] Si [] No<br />

Le informazioni ricavate tramite questo<br />

questionario saranno utilizzate in forma del<br />

tutto anonima per uno studio sul rapporto tra<br />

Chiesa, mafia e religione. Non ci sono risposte<br />

corrette o errate, pertanto la invitiamo a<br />

rispondere con la massima sincerità,<br />

rispettando le proprie opinioni personali.<br />

È possibile barrare una o più caselle.<br />

La invitiamo a inviare il questionario<br />

compilato a:<br />

ognibene.salvatore@libero.it<br />

La ringraziamo anticipatamente per la<br />

collaborazione e la disponibilità.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 81


www.isiciliani.it<br />

Giornalismo/ Baldoni<br />

“Chi sogna di giorno<br />

vede molte più cose”<br />

Il 26 agosto 2004 veniva<br />

ucciso in Iraq<br />

Enzo Baldoni, uno<br />

dei più interessanti<br />

giornalisti del nostro<br />

tempo. Lo ricordiamo<br />

con i suoi post di allora<br />

sulla “Catena di<br />

San Libero”, l'e-zine<br />

indipendente antenata<br />

dei twitter d'informazione<br />

di oggi<br />

*<br />

La Catena di San Libero<br />

3 agosto 2004 n. 242<br />

Enzo Baldoni wrote:<br />

< L'americano coi baffoni da tricheco si<br />

sposta al mio fianco. Attacchiamo discorso.<br />

E' del Texas, si chiama Lee e, come<br />

immaginavo, è un contractor che sta andando<br />

a Baghdad. Lavorerà a rimettere in<br />

piedi una fabbrica di corn flakes per la<br />

Kellog's. Ha già lavorato in Cile, in Brasile,<br />

in Colombia. Molto americano: prima i<br />

Bradley, poi i Caterpillar. E' convinto di<br />

riportare la libertà all'Iraq. Gli iracheni<br />

sono contenti che noi americani siamo intervenuti,<br />

dice. E probabilmente, per una<br />

buona fetta della popolazione, è anche<br />

vero. Nel cuore tatuato sul braccio sono<br />

incise tre lettere: "L.A.L." Qualche società<br />

segreta? Ma no. Più modestamente,<br />

sono le iniziali di Lee And Linda: "Venticinque<br />

anni di matrimonio e una figlia di<br />

diciassette anni" borbotta con orgoglio.<br />

Ha l'aria di un brav'uomo><br />

Bookmark: bloghdad.splinder.com<br />

______________________________<br />

10 agosto<br />

Enzo Baldoni, from Bagdad, wrote:<br />

< Finalmente ho un angelo custode. Si<br />

chiama Ghareeb, è palestinese, è molto<br />

bene introdotto nei posti che contano e di<br />

più non posso dire. Come l'ho conosciuto?<br />

Un colpo di culo, e che altro? Stasera, finalmente<br />

a cena fuori dal compound del<br />

Palestine - Sheraton, che è pesantemente<br />

controllato dagli americani e dalla neonata<br />

polizia irachena. Ceniamo in un kebab<br />

sulla strada, nessuno parla inglese, non<br />

esistono menù e nemmeno la birra, ma il<br />

pollo è delizioso (si mangia con le mani,<br />

chiaro).<br />

Ghareeb è ingegnere, è intelligente e<br />

molto colto, come gran parte dei palestinesi,<br />

parla un discreto inglese e conosce<br />

bene la storia. Una compagnia piacevole.<br />

E poi è più grosso di me e somiglia moltissimo<br />

a un certo Giodi di cui sono molto<br />

amico. Cosa chiedere di più alla vita?<br />

Lontano scoppia una bomba. Poi<br />

un'altra. Poi un'altra. Allora cominciamo a<br />

contare.<br />

Booom! - Quattro.<br />

Boom! - Cinque.<br />

Booom! - Sei.<br />

Boom! - Sette.<br />

Questa è la reazione alla conferenza<br />

stampa del primo ministro Allawi, che<br />

oggi non ha dato la minima chance alla<br />

resistenza: ha detto che sono fuorilegge,<br />

che saranno cacciati e arrestati.<br />

Boom! - Otto. Mmmm ... As Sadr sta<br />

veramente incazzato.Nella Zona verde<br />

partono le sirene.<br />

- Le suonano adesso, le sirene: a chi è<br />

ferito non serviranno gran che.<br />

Boom! - Nove.<br />

Passano veloci quattro Humvees dell'<br />

esercito Usa, saettando un faro sulla folla.<br />

Sembra che scappino. Tutti gli avventori<br />

del ristorante mettono si a ridere e<br />

schiaazzano all'indirizzo degli americani.<br />

Boom! - Dieci.<br />

La gente è tranquilla, continua a mangiare<br />

e a ridere. I missili sono diretti sulla<br />

Zona Verde, quartier generale dei sempre<br />

più odiati statunitensi.<br />

Boom! - Undici.<br />

Boom! - Dodici.<br />

Dodici bombe nel giro di un'ora. Difficile<br />

sottovalutarne il significato.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 82


www.isiciliani.it<br />

“Dove non c'è<br />

l'attenzione dei<br />

media le cose<br />

non succedono,<br />

la gente non muore”<br />

Fantastici americani. In un anno di arroganza,<br />

violenza, maltrattamenti in carcere,<br />

arresti illegali e disordini sono riusciti a<br />

sprecare tutto il capitale di credibilità che<br />

si erano costruiti con la cacciata di<br />

Saddam. Adesso anche chi li aveva festeggiati<br />

all'arrivo non aspetta altro che si<br />

tolgano dai coglioni. ><br />

Bookmark: bloghdad.splinder.com<br />

______________________________<br />

17 agosto<br />

Enzo Baldoni, Bagdad, wrote:<br />

< Si parla tanto di Najaf, giustamente.<br />

Ma nel frattempo nessuno dice che, a Kut,<br />

ci sono state decine di morti per i bombardamenti<br />

dgli F 16. E' che dove non c'è<br />

l'attenzione dei media le cose non succedono,<br />

la gente non muore ><br />

* * *<br />

< Sono nella sede della CRI di Baghdad,<br />

l'unico centro iracheno dove si curano<br />

i grandi ustionati. Ho ancora nelle<br />

orecchie le urla di due soldatini iracheni<br />

orribilmente bruciati dal "fuoco amico"<br />

degli F16. Il personale qui è ammirevole,<br />

non si risparmia. Stanno caricando camion<br />

e ambulanze di medicinali destinati<br />

a Najaf. Hanno già l'autorizzazione delle<br />

autorità islamiche.<br />

Ma più di tutti hanno paura degli americani,<br />

che hanno il curioso vizietto di sparare<br />

sulle ambulanze. Partiranno appena<br />

avuta la clearance. Assieme al convoglio<br />

va Pino Scaccia, della RAI e uno sconosciuto<br />

Volontario del Soccorso con un<br />

gran culo ><br />

* * *<br />

< ...Anna è un'infermiera volontaria di<br />

Messina, una bella faccia italiana, sorridente<br />

e concreta: "Lo stress più grande,<br />

per noi, sono i bambini. Arrivano qui,<br />

ustionati, hanno dolori terribili, urlano,<br />

piangono: come fai a non affezionarti? Le<br />

loro mamme sono dolcissime, fra donne<br />

ci capiamo. Ma ne abbiamo persi tre, in<br />

questi ultimi giorni. E questo pesa, pesa.<br />

Siamo quasi tutte mamme anche noi".<br />

Beppe: "Anche qui ci sono i pregiudizi.<br />

Tempo fa una donna m'ha detto, baciandomi<br />

le mani (e ero imbarazzato): "Grazie,<br />

grazie per aver salvato la mia bambina.<br />

Mi avevano detto che voi cristiani<br />

avete il cuore nero. Ho scoperto che non è<br />

vero". Ecco, queste sono le cose che ci<br />

aiutano a tirare avanti" ><br />

* * *<br />

< Facciamo in giro per i reparti. Ci avviciniamo<br />

a un piccolo paziente sdraiato.<br />

Vicino a lui c'è il papà, un bel signore<br />

elegante nella sua lunga dishdasha blu.<br />

Lo chiama: "Ahmed? Ahmed? Guarda<br />

questo signore italiano che ti vuol fare<br />

la fotografia!". Io vorrei dire: no, no,<br />

lasciatelo in pace, povero cristo. Ma<br />

anche Anna, l'infermiera, che sa quel<br />

che fare, lo chiama: "Ahmed? Ahmed?<br />

Get up!".<br />

Forse gli fa bene reagire agli stimoli.<br />

Allora, tremolando, aiutato dal padre,<br />

un troncone umano annerito e parzialmente<br />

coperto di creme che forse è stato<br />

un ragazzino si alza a fatica, senza dire<br />

parola. La faccia è una crosta immobile<br />

in cui solo gli occhi riescono a roteare<br />

verso di me. Impressionante.<br />

Misericordiosa morfina ><br />

Bookmark: bloghdad.splinder.com<br />

* * *<br />

< tornato da najaf, consegnati medicinali,<br />

portati fuori donne e bambini nascosti<br />

nel camion, stato in casa as sadr,<br />

entrato mausoleo ali, visto morire guerrigliero,<br />

incontrato comandante esercito al<br />

mahdi, cagato sotto causa torretta bradley<br />

che si spostava tenendomi di mira, incontrati<br />

marines che stavano pian piano<br />

entrando a piedi in najaf, lussata clavicola,<br />

ricoverato osped. italiano. scusate imprecisioni<br />

e stile telegrafico, scrivo solo<br />

mano sinistra, tutto bene. forse dovrò interrompere<br />

viaggio. presto racconto. vi<br />

voglio bene, grazie per starmi vicini ><br />

Bookmark: bloghdad.splinder.com<br />

______________________________<br />

18/08/2004 14:20<br />

E via: con un giorno di ritardo, ma si va<br />

a Najaf assediata con la copertura della<br />

Croce e della Mezzaluna Rossa. Scendo:<br />

nel piazzale alcuni volontari stanno staccando<br />

dai camion le bandiere e i manifesti<br />

con la Croce.<br />

"Ma Beppe!"<br />

Beppe è più nero che mai:<br />

"Ordini di stamattina. Il carico non può<br />

avere nessun simbolo della Croce Rossa:"<br />

"Stai scherzando, spero."<br />

"Ordini precisi da Roma."<br />

"Ma è un suicidio. Gli elicotteri americani<br />

dall'alto vedranno solo dei camion<br />

bianchi.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 83


www.isiciliani.it<br />

“Ghareeb è veramente teso. Continua a dirmi<br />

di non sembrare straniero: niente foto, niente appunti<br />

sul taccuino, stai dritto, non ti voltare, niente cintura”<br />

“Tocca a me. Prendo la bandiera della Croce Rossa fissata a un<br />

manico di scopa, apro la portiera e scendo lentamente in strada”<br />

Il primo mitragliere un po' cowboy prima<br />

ci spara e poi chiede chi siamo."<br />

"E' arrivato il divieto formale di usare la<br />

bandiera di guerra della Croce Rossa per<br />

questa missione."<br />

"Ma qui siamo a Kafka! E' ridicolo!"<br />

"Senti, Enzo: lo sai. Se potessi decidere<br />

io, salterei immediatamente su quei camion<br />

e andrei a Najaf. Ma io non posso.<br />

Tu sei libero: se non te la senti, resta a Baghdad."<br />

"Figurati. Ma così davvero è un suicidio,<br />

Beppe."<br />

Non risponde, mi volta le spalle e se ne<br />

va, furibondo.<br />

Va bene, ci penso io. Vado in una stanza,<br />

stacco la bandiera della Croce Rossa<br />

dal muro e me la infilo nello zaino. Ne<br />

vedo un'altra ripiegata su un ripiano e<br />

ops! dentro anche quella.<br />

Vado in cucina da Doriana e Francesco<br />

e gli chiedo un manico di scopa. Capiscono<br />

al volo e lo svitano dallo spazzolone<br />

che stanno usando. Trattasi di furto? Mi<br />

faccia causa, la Croce Rossa Italiana: ci<br />

facciamo due risate, quando torno.<br />

* * *<br />

19/08/2004 17:17<br />

Ripartiamo con l'unico camion<br />

sovraccarico: dovremo andare lentamente,<br />

e speriamo che tenga botta.<br />

Salah commenta: "Bene. Quello che poteva<br />

andar male è andato male. Ora, se saremo<br />

puri nelle nostre menti e nei nostri<br />

cuori, tutto andrà bene." E' un duro, Salah.<br />

Mi piace.<br />

Ghareeb è veramente teso. Continua a<br />

dirmi di non sembrare straniero: niente<br />

foto, niente appunti sul taccuino, stai dritto,<br />

non ti voltare, niente cintura. Ho insistito<br />

sul fatto che lui sia il capo indiscusso<br />

della spedizione e che tutti - io per primo<br />

- obbediremo ai suoi ordini senza far domande.<br />

Lui penserà ai rapporti con gli irakeni<br />

e io a quelli con gli americani.E poi,<br />

dopo molta, molta strada e molti, molti<br />

posti di blocco – oops: a questo posto di<br />

blocco non ci sono le camicie azzurro<br />

ATM dei poliziotti iracheni.<br />

Ci sono dei signori molto armati. Vestiti<br />

di nero. Con la fascia verde in testa.<br />

Tana.<br />

* * *<br />

19/08/2004 17:21<br />

"Si apprende che il convoglio della Croce<br />

Rossa attaccato sulla strada per Najaf<br />

non era stato autorizzato dalla sede centrale<br />

ed anzi vietato, per motivi di sicurezza,<br />

dal Commissario Straordinario Maurizio<br />

Scelli. Quest'ultimo ha disposto<br />

l'immediato rientro in Italia del capo missione<br />

per riferire sull'iniziativa."<br />

questa non ci voleva.<br />

19/08/2004 19:57<br />

Nel caldo feroce del primo pomeriggio,<br />

seguiti dal vecchio Ford sovraccarico, entriamo<br />

nella periferia di Najaf. La situazione<br />

è pesante, si sentono esplosioni dappertutto,<br />

ci sono combattimenti molto duri<br />

intorno al cimitero. Dobbiamo prendere<br />

strade e stradine polverose.<br />

Un sistema invisibile di staffette ci sta<br />

guidando: qui un uomo esce dal portone e<br />

ci fa segno di voltare a destra, qui un ragazzino<br />

ci manda a sinistra, là un vecchio<br />

accovacciato a vendere cavolfiori ci suggerisce<br />

di andare diritto.<br />

Ora Ghareeb è sudatissimo, basterebbe<br />

una strada sbagliata per portarci dritti dritti<br />

tra le braccia degli americani che stanno<br />

accerchiando la città.<br />

* * *<br />

Ogni tanto, prima di un incrocio, Ghareeb<br />

chiede:<br />

"Uko dabbaba?" (C'è un carro?<br />

Dabbaba è un'antica parola che significa<br />

"qualcosa che cammina pesantemente e<br />

con rumore")<br />

Oppure:<br />

"Uko dabbabat?" (Ci sono carri?)<br />

Fino a un certo punto la gente risponde:<br />

"Makow." (non ce ne sono).<br />

E poi, alla fine, qualcuno risponde:<br />

"Ey!" (sì)<br />

Tocca a me. Prendo la bandiera della<br />

Croce Rossa fissata a un manico di scopa,<br />

apro la portiera e scendo lentamente in<br />

strada.<br />

* * *<br />

20/08/2004 08:36<br />

ANSA - Della ingannevole atmosfera di<br />

speranza che si era creata ieri dopo le offerte<br />

di resa di Sadr ha fatto le spese anche<br />

un convoglio della Croce Rossa italiana<br />

che stamattina era partito da Baghdad<br />

con aiuti per la popolazione di Najaf ed e'<br />

stato investito dall'esplosione di una mina<br />

nei pressi della citta' di Babilonia. I vetri<br />

di un'ambulanza e di un camion sono andati<br />

in frantumi, ma gli operatori della Cri<br />

sono rimasti illesi. Il convoglio ha poi<br />

proseguito per la citta' santa, per trovarla<br />

nuovamente in preda ai combattimenti e<br />

riamanendo bloccato per alcune ore,<br />

prima di poter fare rientro nella capitale.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 84


Diario<br />

“IL TEPORE DELLA TERRA<br />

CHE MI RISCALDA IL CULO”<br />

24 luglio 2004 enzo wrote:<br />

< E' tornato. E' tornato il momento di<br />

partire. Da un po' di tempo la solita<br />

vocina insistente tra la panza e la coratella<br />

mi ripeteva: "Baghdad! Baghdad!<br />

Baghdad!". Ho dovuto cedere.<br />

Come sempre, quando si prepara un<br />

viaggio importante, cominciano a grandinare<br />

le coincidenze. E chissà quanto sono<br />

segni e quanto le provochiamo noi.<br />

Ancora una volta, prima di una partenza,<br />

mi sono sdraiato sotto le stelle, nella<br />

Romagna dei miei nonni e della mia infanzia,<br />

in cima a Monte Bora, sulla terra<br />

notturna ancora calda del sole di luglio.<br />

La terra, sotto, mi riscaldava il corpo.<br />

La brezza, sopra, lo rinfrescava.<br />

Lucciole, profumo di fieno tagliato, il<br />

canto di milioni di grilli.<br />

E' qui che da piccolo studiavo spagnolo<br />

su un libro trovato in soffitta. E' qui, davanti<br />

a un piatto di tagliatelle, che tre anni<br />

fa si è fatta sentire la solita vocina che ripeteva:<br />

"Colombia, Colombia,<br />

Colombia!"<br />

Si è parlato molto di morte in questi<br />

giorni: della morte serena di Zio Carlo, filosofo<br />

e yogi, che forse sapeva la data del<br />

suo trapasso. Guardando il cielo stellato<br />

ho pensato che magari morirò anch'io in<br />

Mesopotamia, e che non me ne importa<br />

un baffo, tutto fa parte di un gigantesco<br />

divertente minestrone cosmico, e tanto<br />

vale affidarsi al vento, a questa brezza<br />

fresca da occidente e al tepore della Terra<br />

che mi riscalda il culo ><br />

20/08/2004 19:00<br />

Bene, ci siamo. Ora tocca a me. Dietro<br />

quest'angolo c'è un carro armato americano.<br />

Forse l'equipaggio è nervoso. Forse<br />

hanno l'ordine di sparare o forse no, ma<br />

noi non lo sappiamo. Non posso togliermi<br />

dalla testa quel che è successo all'amico e<br />

collega di penna Raffaele Ciriello, ucciso<br />

in mezzo alla strada dalla raffica di un mitragliere<br />

nervoso quando era di fronte -<br />

armato solo di una macchina fotografica -<br />

a un Merkava israeliano.<br />

Bon, vediamo che succede.<br />

Sventolo cautamente da dietro l'angolo<br />

la bandiera con la croce rossa. Poi la<br />

sventolo più forte. Sbircio dietro lo spigolo.<br />

E' un Bradley. E' una specie di rospo<br />

color sabbia su una strada color sabbia tra<br />

case color sabbia. Sta lì, indifferente, tetragono,<br />

acquattato, pronto a sparare la<br />

sua lingua vischiosa per catturare l'insetto.<br />

Solo che l'insetto sono io, cazzo.<br />

www.isiciliani.it<br />

Ricordo<br />

UN MEZZO SORRISO<br />

AUTOIRONICO<br />

27 agosto 2004<br />

Non c'era pacifista più pacifista di Enzo<br />

Baldoni, con la sua bandiera della croce rossa<br />

sventolata fisicamente fra i due fuochi.<br />

Non c'era giornalista più giornalista, col<br />

suo "dilettantismo" sofisticatissimo, figlio di<br />

internet, una generazione piu in là della carta<br />

stampata. Non c'era sessantottino più coerente,<br />

a cinquantasette anni, morto così.<br />

Qualcuno ha pensato che il primo video<br />

fosse fasullo perché il viso "non rivela contrazioni<br />

inevitabili per chi si trovi sull'orlo<br />

dell'abisso". Infatti. Cosa doveva fare, tremare,<br />

supplicare, gridare viva l'Italia? No.<br />

Un mezzo sorriso autoironico, tranquillo,<br />

quello dei personaggi di Doonesbury, senza<br />

nemmeno bisogno di fumetto.<br />

E' morto un grande, un grande piccolo<br />

uomo, uno di noi tutti. Del resto ne parleremo<br />

dopo, quando ci sarà la mente più tranquilla.<br />

* * *<br />

"A che serve vivere, se non c'è il coraggio<br />

di lottare?"<br />

Sventolo ancora la bandiera, faccio un<br />

passo, mi riparo dietro un palo della luce<br />

e urlo:<br />

"Ehi, boys! Italian Red Cross! Don't<br />

shoot! We are here for humanitarian reasons!<br />

Can we come forward?"<br />

"Ehi, boy, don't shoot! I'm coming!"<br />

Faccio un passo laterale e mi metto in<br />

vista, pronto a schizzare al riparo del palo<br />

di cemento. In una mano ho lo bandiera e<br />

nell'altra il distintivo dei Volontari del<br />

Soccorso, è ridicolo, da laggiù non riescono<br />

certo a leggerlo, ma forse per un ragazzotto<br />

dell'Ohio o del Wisconsin fa "legality",<br />

come quando un poliziotto viene<br />

avanti tenendo il distintivo in una mano e<br />

la pistola nell'altra.<br />

Solo che qui i distintivi, come le chiacchiere,<br />

stanno a zero.<br />

Sono le tre del pomeriggio, ho la gola<br />

secca, ma non credo dipenda dalla calura.<br />

Faccio un altro passo di lato, cauto.<br />

Sbircio indietro: al riparo dietro l'angolo<br />

Gareeb e Salah mi guardano, tesi.<br />

Vaffanculo, vaffanculo, vaffanculo, mi<br />

porto in mezzo alla strada sventolando disperatamente<br />

la bandiera con la sensazione<br />

che da un momento all'altro mi faranno<br />

secco, continuo a urlare red cross don't<br />

shoot, con la sensazione di camminare in<br />

equilibrio su un filo.<br />

Faccio segno a Ghareeb di avanzare<br />

lentamente con la Nissan.<br />

“Ehi, boys!<br />

Italian<br />

Red Cross!<br />

Don't shoot!”<br />

L'imbecille accelera e schizza via brusco,<br />

alle mie spalle. Lo segue il camion<br />

dei medicinali. Wew, passato: raggiungo<br />

anch'io piano piano l'altro lato, gridando<br />

"Thank you! Thank you!" all'indirizzo dei<br />

carristi invisibili.<br />

* * *<br />

20/08/2004 19:01<br />

"Uko dabbaba?"<br />

"Uko dabbabat?"<br />

C'è un secondo Bradley sul nostro cammino,<br />

e poi un terzo: la procedura è la<br />

stessa. Smonta, sventola, urla, dirigi il<br />

traffico, e nel frattempo càgati sotto. Al<br />

terzo è già routine. Nessuno spara, e questo<br />

è buono, anche se vicino si sentono<br />

raffiche e colpi di mortaio.<br />

Gli abitanti di Najaf si sporgono dalle<br />

case, salutano, ci indicano la via verso il<br />

Mausoleo di Ali. Vediamo i primi armati<br />

vestiti di nero con la fascia verde sulla<br />

fronte. Poi irrompiamo nel corso principale:<br />

in fondo la splendida piastrelltura multicolore<br />

del Mausoleo, una fantasmagoria<br />

araba di grande bellezza.<br />

Il corso è pieno di armati, Ghareeb comincia<br />

a suonare i clacson, tutti alzano in<br />

aria i mitragliatori aprono le dita a V, ci<br />

applaudono, urlano, passiamo tra due ali<br />

di uomini festanti armati fino ai denti,<br />

anch'io sporgo le dita aV fuori del finestrino,<br />

è una festa.<br />

* * *<br />

In fondo al corso un gruppetto di uomini<br />

vestiti di nero ci punta le armi. Ci fermiamo.<br />

Ghareeb scende. Questo è compito<br />

suo. Cominciano a urlare in arabo.<br />

Ghareeb sembra furibondo. Urla fortissimo.<br />

Un ragazzino con la fascia verde sulla<br />

fronte si mette dietro di noi e punta il lanciagranate<br />

RPG-7 sul camion. Porca troia.<br />

L'autista della Mezzaluna scende, pallido,<br />

e aziona il portellone.<br />

Lentamente, il portellone si abbassa: si<br />

vedono le casse di medicinali con la scritta<br />

Italian Red Cross. Il giovanotto alza il<br />

lanciagranate e sorride.Gli armati rimettono<br />

il mitra in spalla e abbracciano Ghareeb,<br />

che è sudatissimo. Via libera per il<br />

Mausoleo di Ali.<br />

Bookmark: bloghdad.splinder.com<br />

______________________________<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 85


Mestiere<br />

IL GIORNALISMO<br />

AI TEMPI<br />

DI INTERNET<br />

Modello Feltri o modello Baldoni?<br />

www.isiciliani.it<br />

Giornalismo. Che differenza c'è fra il<br />

giornalismo - per esempio - di Feltri e<br />

quello - per esempio - di Baldoni? Non<br />

parlo di differenze "politiche". Da un<br />

punto di vista tecnico, voglio dire.<br />

La differenza è che Feltri grida, mentre<br />

Baldoni parla a bassa voce. Non è una novità:<br />

anche Appelius gridava ("Il generale<br />

Badoglio è entrato ieri ad Addis Abeba") e<br />

anche Hemingway ("Vecchio al ponte")<br />

parlava a bassa voce. Destra e sinistra<br />

dunque, attraverso le generazioni? Non<br />

solo. C'è qualcosa di più, che attiene proprio<br />

alle radici profonde del mestiere.<br />

Il giornalismo di Feltri nasce in un<br />

mondo sostanzialmente povero di notizie.<br />

Un mondo in cui ciò che succede accade<br />

lontano, arriva tardi, e incide relativamente<br />

poco sulla vita quotidiana. Quest'ultima,<br />

a sua volta, è una vita "normale". Di<br />

una normalità che nessuno mette in discussione.<br />

"Il generale è entrato ad Addis<br />

Abeba"? E che ce ne frega. Non ha importanza,<br />

poi, sapere che cosa ne pensa il barbiere<br />

di Addis Abeba. Tanto non lo incontreremo<br />

mai - il mondo in cui viviamo<br />

non ha nulla a che vedere col suo.<br />

La notizia e lo scoop<br />

Da questo discendono subito due cose.<br />

La prima è che la notizia coincide con lo<br />

scoop, deve avere un "effetto" traumatico<br />

immediato e dev'essere gridata.<br />

La seconda è che il gestore di questa<br />

notizia, essendo uno dei pochissimi autorizzati<br />

a gestirla, è una persona importante.<br />

Poiché non mette assolutamente in discussione<br />

(e perché dovrebbe?) la "normalità"<br />

del sistema, e poiché questo sistema<br />

è basato su una gerarchia - ristretta e<br />

distinguibile - di piccole e grandi Autorità<br />

locali, di notabili insomma, ecco che il<br />

giornalista diventa un notabile anche lui.<br />

Feltri, e Appelius, in fondo non sono dei<br />

giornalisti "fascisti". Sono semplicemente<br />

dei gerarchi, dei notabili, esattamente<br />

come il sottosegretario dei trasporti o il<br />

podestà di Ravanusa.<br />

Gridare è inutile: meglio parlare tutti<br />

In più, hanno il bisogno fisiologico di<br />

"alzare" emotivamente le "notizie" che<br />

danno ("il Negus è semianalfabeta", "Baldoni<br />

è d'accordo coi terroristi") perché il<br />

valore delle loro notizie dipende principalmente<br />

dall'emotività che veicolano qui<br />

e ora.<br />

Nel caso di Baldoni - del giornalismo di<br />

Baldoni - il background è ben diverso.<br />

Non siamo più in un mondo in cui si aggirano<br />

pochi e stenti segnali. Siamo in un<br />

mondo pieno di informazioni, piccole e<br />

grandi, per lo più immediatamente visibili<br />

nella nostra vita quotidiana.<br />

Il somalo, per me, non è un oggetto esotico<br />

che trovo sul giornale: è semplicemente<br />

il tizio che sta sull'autobus accanto<br />

a me. Siamo nello stesso mondo. Da lui, e<br />

dal suo mondo, mi giungono continuamente<br />

delle informazioni.<br />

Il mondo non è nemmeno più un mondo<br />

notabilare, retto da pochi. E' un mondo ramificato<br />

e complesso, in cui il potere è<br />

dato dal consenso. Se al mio nipotino non<br />

piacciono le patatine McDonald, e questo<br />

finisce nei sondaggi, il presidente Mc Donald<br />

- un uomo potente - è nei guai. Questa<br />

è una novità, una novità che pesa.<br />

Così lo scoop, l'effetto, perdono di valore.<br />

Gridare è quasi inutile, perché qua parlano<br />

tutti.<br />

Un vecchio Mac<br />

Scrivo da un vecchio iMac, in Sicilia, che<br />

era (me lo fece avere mesi fa, sapendo che<br />

ero senza) di un amico pubblicitario, uno<br />

che nel tempo libero se ne andava in giro a<br />

raccontare il mondo ed era, fra le altre cose,<br />

fra i nostri primissimi lettori.<br />

Si affaccia, non malinconico nè debole ma<br />

sereno, un senso di struggimento per chi<br />

avrebbe potuto essere qui a ridere con gli<br />

altri e invece è rimasto là, sulla via dell'umanità<br />

e dell'impegno. Vorremmo che la gioia<br />

collettiva di queste ore, la solidarietà, la forza<br />

che genera, viaggiassero fino a raggiungere<br />

coloro che ne hanno più bisogno e più<br />

merito adesso, i figli di Enzo Baldoni.<br />

(ott.2004)<br />

Una vociata occasionale può turbare il<br />

lettore d'oggi, ma non persuaderlo. Bisogna<br />

convincerlo a poco a poco, sommessamente.<br />

Ragionare. Parlare. Portare le<br />

cose "piccole", ma fondamentali, su cui la<br />

nostra vita si basa, dappertutto. Perciò, se<br />

il giornalismo vecchio era quello dell'"effetto",<br />

il giornalismo moderno è quello<br />

della "storia di vita".<br />

La storia si può raccontare con molti<br />

trucchi tecnici, per lo più molto antichi<br />

(presente Erodoto?). Ma i suoi strumenti<br />

fondamentali appartengono all'intellettuale<br />

umanistico, alla persona; non al "giornalista"<br />

nel senso (specialistico) feltriano.<br />

Io per esempio sono un giornalista perché<br />

so usare XPress, calcolare un battutaggio,<br />

passare un pezzo, mettere in piedi<br />

un cartaceo e così via. Non sono un giornalista<br />

per quel che scrivo. Questo può<br />

farlo "chiunque", con una determinata formazione,<br />

e lo farà tanto meglio quanto più<br />

sarà vivo.<br />

Lo strumento culturale di base non è più<br />

cioè l'appartenenza a un notabilato specialistico,<br />

ma la partecipazione colta e cosciente<br />

alla vita quotidiana delle persone.<br />

Questo significa subito che, se faccio il<br />

giornalista, non sono necessariamente un<br />

notabile: sono semplicemente un tecnico<br />

specializzato (in XPress). Per il resto, valgo<br />

quanto vale la mia sensibilità e la mia<br />

cultura: come tutti.<br />

Come ti libera la tecnologia<br />

Il giornalismo antico aveva dei mezzi di<br />

distribuzione assai limitati. Marco Polo è<br />

riuscito a raccontare quel che aveva visto<br />

solo grazie a una serie di colpi di culo (finire<br />

in cella con un intellettuale) del tutto<br />

imprevedibili. Kipling aveva bisogno di<br />

un editore. E tutti abbiamo avuto bisogno<br />

di rotative, di distributori, di macchine, in<br />

ultima analisi (salvo eccezioni: I <strong>Siciliani</strong>,<br />

Avvenimenti e altri pochi) di un padrone.<br />

Il giornalismo antico è, per sua tecnologia,<br />

coartabile e centralizzato.<br />

Il giornale di Baldoni invece si chiama<br />

Bloghdad.splinder.com. Se vai su Splinder,<br />

puoi farti il tuo giornale - non dico i<br />

contenuti - nel giro d'un paio di ore.<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 86


Una mail, un sito, una e-zine...<br />

Difatti, ce ne sono migliaia. Puoi farlo<br />

benissimo anche tu. O puoi fare una mail,<br />

un sito, una e-zine come questa. Puoi comunicare.<br />

Il giornalismo moderno ha dei mezzi di<br />

distribuzione illimitati. Non è centralizzato,<br />

e non è coartabile da nessuno. L'unica<br />

cosa che gli manca è l'antico status notabilare.<br />

Questo è un guaio per il giornalista.<br />

Ma non per il lettore.<br />

Questa trasformazione è avvenuta ormai<br />

da diversi anni, il suo strumento tecnico<br />

è l'internet, la sua ideologia l'umanesimo<br />

e il suo backgound storico la globalizzazione.<br />

Baldoni c'era dentro fino al<br />

collo.<br />

Adesso, naturalmente, è un "giornalista"<br />

anche lui, ora che è morto. Come la Cutuli<br />

(promossa inviata dopo), come Ciriello,<br />

come Beppe Alfano ucciso dai mafiosi in<br />

Sicilia e pagato tremila lire a pezzo, come<br />

quel collega di Catania che in questo momento,<br />

per sopravvivere, sta scaricando<br />

casse e imballaggi all'aeroporto. "Giornalisti"<br />

tutti.<br />

Ma forse è arrivato il momento di separare<br />

le razze. Se Feltri è giornalista, evidentemente<br />

Baldoni non lo è. E viceversa.<br />

Non è un discorso moralistico, come si<br />

dice. E' semplicemente un fatto tecnico, di<br />

mestiere. Fra vent'anni, vedremo chi dei<br />

due sarà considerato storicamente un giornalista<br />

e chi no.<br />

“Amico dei terroristi”, disse Farini<br />

Sarebbe bene che anche coloro che -<br />

notabilarmente - tengono i registri del<br />

"giornalismo" comincino a riflettere un<br />

po' su queste cose. Mi riferisco all'Ordine<br />

dei giornalisti e alla Federazione della<br />

stampa. Sono dei club simpatici, che hanno<br />

avuto una loro funzione ai tempi del<br />

giornalismo antico. Adesso però debbono<br />

decidere se vogliono continuare a occuparsi<br />

di giornalismo o no.<br />

Che fine fanno - tanto per dirne una -<br />

tutte le polemiche di salotto su Farini?<br />

Roberto Farini, braccio destro di Feltri, è<br />

quello che ha affermato che Enzo Baldoni<br />

era amico dei terroristi iracheni.<br />

Promemoria<br />

Gli insulti<br />

a Baldoni<br />

dei “giornalisti”<br />

Feltri e<br />

www.isiciliani.it<br />

L'ha scritto nero<br />

su bianco, avendone<br />

dunque (visto<br />

che è un giornalista)<br />

le prove. Non<br />

l'ha scritto perché<br />

ce l'avesse in particolare<br />

con Baldoni<br />

- che gliene frega -<br />

ma così tanto per<br />

fare lo scoop, per<br />

l'"effetto". Bene:<br />

questo Farini è un<br />

"giornalista" o no?<br />

In questo<br />

momento, nel<br />

sistema dei notabili,<br />

c'è un'autorità<br />

precisa che può<br />

stabilirlo, ed è<br />

l'Ordine dei giornalisti.<br />

Mi aspetto che<br />

esso risponda a<br />

questa domanda,<br />

visto che tocca a lui<br />

rispondere. Se no,<br />

bisognerà pur trarne<br />

qualche conseguenza.<br />

Non è solo l'Ordine il problema...<br />

Non è solo l'Ordine, il notabilato, ad essere<br />

stato povero in questa vicenda. Io<br />

temo che anche la categoria nel suo complesso<br />

abbia capito poco di quel che è<br />

successo con Baldoni.<br />

Il sito non ufficiale più autorevole del<br />

giornalismo italiano è, secondo me, il<br />

Barbiere della Sera. E' nato come "giornale"<br />

spontaneo dei giornalisti, col preciso<br />

intento di mettere in piazza ciò che<br />

succedeva dietro le quinte dell'informazione.<br />

Povero, scattante, appassionato, ha<br />

avuto un suo ruolo preciso in quegli anni.<br />

Poi, come a tanti succede, s'è ingrassato e<br />

s'è ingrandito, e ora è un bel portale di<br />

quelli che appena li clicchi ti sparano subito<br />

i flash di pubblicità. Non lo leggevo<br />

da qualche tempo, l'ho fatto adesso per<br />

vedere il dibattito su Baldoni. Ho trovato<br />

quanto segue:<br />

"Poi però al fine settimana, il nostro si<br />

mette la tutina da Superman e va a giocare<br />

all’inviato di guerra".<br />

"Lo spirito da avventuriero con cui affronta<br />

le sue imprese".<br />

"E non è un caso che anche ai dirigenti<br />

della nostra categoria non sia piaciuto<br />

questo finto inviato di guerra".<br />

"Deaglio, snob della sinistra, vergognati!".<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 87<br />

"Non conosco personalmente Enzo Baldoni,<br />

ma che sia un personaggio un po'<br />

egocentrico, e forse anche leggero ma non<br />

per questo buono...".<br />

"Baldoni è simpatico, ma, ripeto, NON<br />

lo considero un giornalista".<br />

"Una persona così è un danno per la categoria".<br />

Questa, naturalmente, non era l'opinione<br />

di tutti. La maggior parte degli interventi<br />

erano complessivamente civili. Ma<br />

c'erano anche questi - una consistente minoranza<br />

- e facevano opinione.<br />

Notabili o giornalisti?<br />

Anche le giornaliste Rai, se ve lo ricordate,<br />

erano "amiche dei terroristi". Quelle<br />

inviate in Iraq, durante e dopo la guerra:<br />

sono state insultate esattamente come Baldoni,<br />

perché "non erano professionali",<br />

erano "simpatizzanti di Saddam" e compagnia<br />

bella. Va bene: in questo momento,<br />

purtroppo, la cultura di destra in Italia è<br />

ridotta a un livello molto basso, e ne escono<br />

cose come queste.<br />

Potremmo "buttarla in politica", e finirla<br />

qui. Purtroppo, il problema è più profondo<br />

e riguarda la complessiva concezione<br />

del giornalismo in Italia, l'uscita - per<br />

chi vuole e può - dal notabilato e il ruolo,<br />

nel giornalismo moderno,dei "giornalisti".<br />

(La Catena di San Libero, 30 agosto 2004 n. 246)


www.isiciliani.it<br />

IL FILO<br />

Vivere<br />

sotto le bombe<br />

di Giuseppe Fava<br />

“Lungo la strada,<br />

accanto al cimitero,<br />

c'erano quattrocento<br />

miei<br />

compaesani morti nel<br />

bombardamento di sette<br />

giorni prima, una<br />

montagna di corpi<br />

spezzati, divelti, gonfi,<br />

dilaniati, putrefatti, e<br />

in mezzo a loro c'erano<br />

esseri umani che per<br />

anni io avevo salutato<br />

per strada”<br />

Le bombe che distrussero il mio paese<br />

Io ero un ragazzo e rimasi ferito sotto<br />

un bombardamento aereo che distrusse il<br />

mio paese. Ebbi una gamba e un braccio<br />

spezzati, e un occhio quasi lacerato da una<br />

scheggia. Mi tennero una settimana in un<br />

ospedale da campo, mi ricucirono le ferite<br />

e tolsero le schegge senza anestesia.<br />

Ci davano un pomodoro al giorno per<br />

sopravvivere, dopo una settimana finirono<br />

anche i pomodori. Allora scappai; avevo<br />

ancora le stesse bende insanguinate e putrefatte<br />

del primo giorno, avevo perduto<br />

dieci chili, con quella gamba spezzata<br />

percorsi venti chilometri per tornare al<br />

mio paese, volevo soprattutto disperatamente<br />

sapere se mia madre era ancora<br />

viva.<br />

____________________________________<br />

La Fondazione Fava<br />

La fondazione nasce nel 2002 per mantenere<br />

vivi la memoria e l’esempio di Giuseppe Fava,<br />

con la raccolta e l’archiviazione di tutti i suoi<br />

scritti, la ripubblicazione dei suoi principali libri,<br />

l'educazione antimafia nelle scuole, la promozione<br />

di attività culturali che coinvolgano i <strong>giovani</strong><br />

sollecitandoli a raccontare<br />

Il sito permette la consultazione<br />

gra tuita di tutti gli articoli di Giuseppe<br />

Fava sui <strong>Siciliani</strong>. Per consultare<br />

gli archivi fotografi co e teatrale,<br />

o altri testi, o acquistare i libri della Fondazione,<br />

scrivere a elenafava@fondazionefava.it<br />

mariateresa.ciancio@virgilio.it<br />

____________________________________<br />

Il sito “I <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava”<br />

Pubblica tesi su Giuseppe Fava e i <strong>Siciliani</strong>, da<br />

quelle di Luca Salici e Rocco Rossitto, che ne<br />

sono i curatori. E' un archivio, anzi un deposito<br />

operativo, della prima generazione dei <strong>Siciliani</strong>.<br />

Senza retorica, senza celebra zioni,<br />

semplicemente uno strumento di<br />

lavoro. Serio, concreto e utile: nel<br />

nostro stile.<br />

“Seppellisci quei morti!”<br />

Quando arrivai alla periferia del mio<br />

paese distrutto, c'erano i soldati inglesi<br />

che rastrellavano i vecchi contadini e i ragazzi<br />

delle campagne. Presero anche me e<br />

mi dettero una vanga. “Seppellisci quei<br />

morti!” dissero.<br />

Lungo la strada, accanto al cimitero,<br />

c'erano quattrocento miei compaesani<br />

morti nel bombardamento di sette giorni<br />

prima, una montagna di corpi spezzati, divelti,<br />

gonfi, dilaniati, putrefatti, e in mezzo<br />

a loro c'erano esseri umani che per anni<br />

io avevo salutato per strada, ragazzi con<br />

cui avevo giocato, certo anche miei compagni<br />

di scuola, nessuno tuttavia riconoscibile<br />

poiché nessuno aveva sembianza<br />

umana. Con le baionette innestate i soldati<br />

inglesi ci spinsero verso quella cosa orrenda.<br />

“Seppelliteli!”.<br />

Con i bulldozer avevano scavato<br />

un'immensa fossa in un campo. Io ero un<br />

ragazzo, con la gamba e il braccio spezzati,<br />

una crosta di sangue su mezza faccia e<br />

almeno cinque o sei schegge ancora dentro<br />

che l'ufficiale medico non aveva avuto<br />

tempo di estrarmi, pesavo altri dieci chili<br />

di meno e soprattutto ero convinto che sarei<br />

morto per la fame.<br />

Ero cioè in uno di quei momenti eccezionali<br />

della vita (può capitare una volta,<br />

talvolta non capita mai) in cui ci si sente<br />

disposti a un gesto di eroismo.<br />

Perciò finalmente dissi: “Perché io?”. E<br />

l'ufficiale inglese, con la benda bianca sul<br />

naso e il berretto rosso disse dolcemente<br />

su per giù: “because you fall the war and<br />

those are your dead people!”. Pressappoco:<br />

perché tu hai perduto la guerra e questo<br />

è il tuo popolo sconfitto!<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 88


www.isiciliani.it<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

Rivista di politica, attualità e cultura<br />

Webmaster: Max Guglielmino max.guglielmino@isiciliani.org<br />

Net engineering: Carlo Gubitosa gubi@isiciliani.it<br />

Art director: Luca Salici lsalici@isiciliani.it<br />

Revisione testi: Sabina Longhitano ignazia@mail.com<br />

Web editing: Salvo Ognibene salvatoreognibene@hotmail.it<br />

Ebook editing: Carmelo Catania carmelo.catania@gmail.com<br />

Coordinamento: Giovanni Caruso gcaruso@isiciliani.it<br />

Segreteria di redazione: Riccardo Orioles riccardo@isiciliani.it<br />

Progetto grafico di Luca Salici<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>/ Reg.Trib.Catania n.23/2011 del 20/09/2011 / d.responsabile riccardo orioles<br />

redazione:<br />

redazione@isiciliani.it<br />

tel. 3481223253<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

– pag. 89


I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

www.isiciliani.it<br />

Una piccola<br />

Giambattista<br />

Scidà e Gian<br />

Carlo Caselli<br />

sono stati fra<br />

i primissimi<br />

promotori della<br />

rinascita dei <strong>Siciliani</strong>.<br />

Lo spirito di un<br />

giornale<br />

"Un giornalismo fatto di<br />

verità impedisce molte<br />

corruzioni, frena la<br />

violenza e la criminalità,<br />

accelera le opere<br />

pubbliche indispensabili.<br />

pretende il funzionamento<br />

dei servizi sociali. tiene<br />

continuamente allerta le<br />

forze dell'ordine, sollecita<br />

la costante attenzione<br />

della giustizia, impone ai<br />

politici il buon governo".<br />

Giuseppe Fava


libertà<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

www.isiciliani.it<br />

SOTTOSCRIVI PER I SICILIANI GIOVANI<br />

IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica


I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

Cronache<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> ­ rivista di politica, attualità e cultura<br />

fatta da: Gian Carlo Caselli, Nando dalla Chiesa, Antonio Roccuzzo,<br />

Giovanni Caruso, Margherita Ingoglia, Norma Ferrara, Michela<br />

Mancini, Sara Spartà, Francesco Feola, Luca Rossomando, Lorenzo<br />

Baldo, Aaron Pettinari. Salvo Ognibene, Beniamino Piscopo, Giulio<br />

Cavalli, Paolo Fior, Arnaldo Capezzuto, Pino Finocchiaro, Luciano<br />

Mirone, Rino Giacalone, Ester Castano, Antonio Mazzeo, Carmelo<br />

Catania, Giacomo Di Girolamo, Francesco Appari, Leandro Perrotta,<br />

Giulio Pitroso, Giorgio Ruta, Carlo Gubitosa, Mauro Biani, Kanjano,<br />

Luca Ferrara, Luca Salici, Jack Daniel, Anna Bucca, Grazia Bucca,<br />

Luciano Bruno, Antonello Oliva, Elio Camilleri, Fabio Vita, Diego<br />

Gutkowski, Giovanni Abbagnato, Pietro Orsatti, Roberto Rossi, Bruna<br />

Iacopino, Nerina Platania, Nadia Furnari, Riccardo De Gennaro, Fabio<br />

D'Urso, Sabina Longhitano, Salvo Vitale.<br />

www.isiciliani.it<br />

SOTTOSCRIVI IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica


dalla vita com'è<br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

redazione@isiciliani.it<br />

Webmaster: Max Guglielmino. Net engineering: Carlo<br />

Gubitosa. Art director: Luca Salici. Coordinamento:<br />

Giovanni Caruso e Massimiliano Nicosia. Segreteria di<br />

redazione: Riccardo Orioles.<br />

Progetto grafico di Luca Salici<br />

Gli ebook<br />

dei <strong>Siciliani</strong><br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> sono stati fra i primissimi in Italia ad<br />

adottare le tecnologie Issuu, a usare tecniche di<br />

impaginazione alternative, a trasferire in rete e su Pdf i<br />

prodotti giornalistici tradizionali. Niente di strano,<br />

perché già trent'anni fa i <strong>Siciliani</strong> di Giuseppe Fava<br />

furono fra i primi in Italia ad adottare ­ ad esempio ­ la<br />

fotocomposizione fin dal desk redazionale.<br />

Gli ebook dei <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, che affiancano il<br />

giornale, si collocano su questa strada ed affrontano<br />

con competenza e fiducia il nuovo mercato editoriale<br />

(tablet, smartphone, ecc.), che fra i primi in Italia hanno<br />

saputo individuare.<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>/ Reg.Trib.Catania n.23/2011 del 20/09/2011 / Dir.responsabile Riccardo<br />

Orioles/ Associazione culturale I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>, via Cordai 47, Catania / 30 agosto 2012<br />

www.isiciliani.it


www.isiciliani.it<br />

Ai lettori 1984<br />

Caro lettore, sono in tanti, oggi, ad accusare la Sicilia<br />

di essere mafiosa: noi, che combattiamo la mafia in<br />

prima fila, diciamo invece che essa è una terra ricca di<br />

tradizioni, storia, civiltà e cultura, tiranneggiata dalla<br />

mafia ma non rassegnata ad essa. Questo, però,<br />

bisogna dimostrarlo con i fatti: è un preciso dovere di<br />

tutti noi siciliani, prima che di chiunque altro; di fronte<br />

ad esso noi non ci siamo tirati indietro.<br />

Se sei siciliano, ti chiediamo francamente di aiutarci,<br />

non con le parole ma coi fatti. Abbiamo bisogno di<br />

lettori, di abbonamenti, di solidarietà. Perciò ti<br />

abbiamo mandato questa lettera: tu sai che dietro di<br />

essa non ci sono oscure manovre e misteriosi centri di<br />

potere, ma semplicemente dei siciliani che lottano per<br />

la loro terra. Se non sei siciliano, siamo del tuo stesso<br />

Paese: la mafia, che oggi attacca noi, domani<br />

travolgerà anche te.<br />

Abbiamo bisogno di sostegno, le nostre sole forze non<br />

bastano. Perciò chiediamo la solidarietà di tutti i<br />

siciliani onesti e di tutti coloro che vogliono lottare<br />

insieme a loro. Se non l'avremo, andremo avanti lo<br />

stesso: ma sarà tutto più difficile.<br />

I <strong>Siciliani</strong><br />

Ai lettori 2012<br />

Quando abbiamo deciso di continuare il percorso,<br />

mai interrotto, dei <strong>Siciliani</strong>, pensavamo che questa<br />

avventura doveva essere di tutti voi. Voi che ci avete<br />

letto, approvato o criticato e che avete condiviso con<br />

noi un giornalismo di verità, un giornalismo giovane<br />

sulle orme di Giuseppe Fava.<br />

In questi primi otto mesi, altrettanti numeri dei<br />

<strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> sono usciti in rete e i risultati ci<br />

lasciano soddisfatti, al punto di decidere di uscire entro<br />

l'anno anche su carta e nel formato che fu<br />

originariamente dei <strong>Siciliani</strong>.<br />

Ci siamo inoltre costituiti in una associazione<br />

culturale "I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong>", che accoglierà tutti i<br />

componenti delle varie redazioni e testate sparse da<br />

nord a sud, e chi vorrà affiancarli.<br />

Pensiamo che questo percorso collettivo vada<br />

sostenuto economicamente partendo dal basso,<br />

partendo da voi. Basterà contribuire con quello che<br />

potrete, utilizzando i mezzi che vi proporremo nel<br />

nostro sito.<br />

Tutto sarà trasparente e rendicontato, e per essere<br />

coerenti col nostro percorso abbiamo deciso di<br />

appoggiarci alla "Banca Etica Popolare", che con i suoi<br />

principi di economia equa e sostenibile ci garantisce<br />

trasparenza e legalità.<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong><br />

I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

Chi sostiene i <strong>Siciliani</strong><br />

Una pagina dei <strong>Siciliani</strong> del 1993<br />

Nel 1986, e di nuovo nel 1996, i <strong>Siciliani</strong><br />

dovettero chiudere per mancanza di<br />

pubblicità, nonostante il successo di<br />

pubblico e il buon andamento delle<br />

vendite. I redattori lavoravano gratis, ma<br />

gli imprenditori non sostennero in alcuna<br />

maniera il giornale che pure si batteva per liberare anche<br />

loro dalla stretta mafiosa.<br />

Non è una pagina onorevole, nella storia dell'imprenditoria<br />

siciliana.<br />

SOTTOSCRIVI IT 28 B 05018 04600 000000148119<br />

Associazione I <strong>Siciliani</strong> Giovani/ Banca Etica


I <strong>Siciliani</strong><strong>giovani</strong><br />

In rete, e per le strade<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> che cos'è<br />

I <strong>Siciliani</strong> <strong>giovani</strong> è un giornale, è un pezzo di storia,<br />

ma è anche diciotto testate di base - da Milano a<br />

Modica, da Catania a Roma, da Napoli a Bologna, a<br />

Trapani, a Palermo - che hanno deciso di lavorare<br />

insieme per costituire una rete.<br />

Non solo inchieste e denunce, ma anche il racconto<br />

quotidiano di un Paese giovane, fatto da <strong>giovani</strong>, vissuto in<br />

prima persona dai protagonisti dell'Italia di domani. Fuori dai<br />

palazzi. In rete, e per le strade.<br />

facciamo rete!<br />

www.isiciliani.it


“a che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?”<br />

Per dare una mano:<br />

IT 28 B 05018 04600 000000148119

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!